Innesti di osso in blocchi nel trattamento delle
creste alveolari atrofiche
S. Santini A. Barone O. Marconcini U. Covani
Osso alveolare
Classificazione delle atrofie dei mascellari Diagnosi e piano di trattamento
Basi biologiche della guarigione degli innesti ossei
Tecnica chirurgica per gli innesti ossei in blocco
esili strutture vascolari. Ai margini del coagulo il tessuto osseo dimostra una vivace attivi- tà osteoclastica. Dopo una settimana, il tessuto di granulazione ha sostituito in gran parte il coagulo, a partire dalle aree più profonde verso quelle più superficiali, mentre l’attività osteoblastica, dalla superficie ossea periferica, si muove in senso centripeto, con la for- mazione di nuovo tessuto osteoide. La scomparsa del coagulo si accompagna alla comple- ta ricopertura epiteliale del sito estrattivo. Dopo due mesi l’osso alveolare neoformato mostra una struttura già definita, ma è solo dopo un anno che si verifica il completamen-
Figura 17.1 Disegno schema- tico di denti in osso alveolare.
to della struttura a osteoni. La guarigione esita quasi sempre in un difetto: la bozza radi- colare si riassorbe completamente lasciando una lieve depressione e, in senso apico-coro- nale, si assiste solitamente a una moderata retrazione tissutale, che solo in alcuni casi può risultare clinicamente poco significativa (Fig. 17.2). Molto frequentemente, nel ri- modellamento osseo si verifica una certa perdita di attacco parodontale in corrisponden- za del colle degli elementi dentari adiacenti che risulta clinicamente poco visibile solo dove la festonatura papillare è scarsamente rappresentata (Fig. 17.3).
La perdita di un numero elevato di denti contigui o della loro totalità determina nel tempo la scomparsa di gran parte dell’osso alveolare; questo fenomeno è particolarmen- te evidente quando si è fatto uso di protesi mobili incongrue o che producono un carico
Figura 17.2 (a) Canino ma- scellare prima dell’estrazione.
(b) Alveolo postestrattivo.
(c) Guarigione.
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Figura 17.9 (a) Visione clinica di arcata superiore edentula atrofica. (b) Ceratura diagnostica nella fase di progettazione.
Figura 17.10 (a) Area edentula mascellare con lieve atrofia; (b) area edentula riabilitata con impianto. L'atrofia è compensata con un modesto innesto di tessuto connettivale.
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tipo di progettazione. In questi casi è necessario realizzare una dima radiologica, analo- ga a quella protesica precedentemente realizzata, provvista di denti leggermente radio- pachi (per esempio 30% di polvere di bario in volume), con la quale il paziente esegue una TC con programma dedicato di scansione tomografica delle ossa mascellari e della mandibola (Fig. 17.11).
Questa indagine consente di valutare la quantità di tessuto osseo mancante da rigene- rare e – in relazione alle valutazioni cliniche – anche la sede di posizionamento, la dis- posizione e il tipo di innesti. Si renderà necessario il ricorso a:
• innesti in blocco, se è possibile ancorarli con sicurezza al sito osseo e il loro posizio- namento è compatibile al progetto riabilitativo;
• interventi di osteotomia tipo Le Fort I con interposizione ossea nel caso in cui il ricor- so a innesti in blocco non sia sufficiente a soddisfare il progetto riabilitativo.
Per quanto attiene alle sedi di intervento, gli innesti devono essere posizionati dove è ne- cessario sulla base del progetto protesico e radiologico. Nella simulazione, che verrà uti- lizzata durante l’intervento chirurgico (dima chirurgica), non deve essere presente alcuna flangia di sostegno visibile e i denti devono risultare di forma, dimensioni e posizione corretti (Fig. 17.12). In questo modo è possibile quantificare il deficit presente e valuta- re la necessità di effettuare incrementi volumetrici di osso. In alcuni casi di atrofia del- l'osso mascellare edentulo il progetto riabilitativo può non includere il settore degli inci- sivi centrali; questo consente, in alcuni casi, di facilitare la gestione estetica dei manu- fatti protesici.
La dimensione degli innesti a blocco (costituiti da osso corticale o cortico-midollare) può essere variabile a seconda delle esigenze; è necessario considerare che la facilità di posizionamento e la buona adattabilità sono maggiori quando la lunghezza e la larghez- za dei singoli blocchi non superano 1,5 cm. Lo spessore può essere molto variabile, in
Figura 17.11 Immagine radiologica con dima in solfato di bario. (a) Immagini para-assiali che evidenziano la discrepanza fra la dima e l'osso al- veolare. (b) Immagine assiale che mette in evidenza dima chirurgica in solfato di bario. (c) Immagine panorex con dima chirurgica in solfato di bario.
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relazione alla quantità di incremento osseo che deve essere ottenuto. In ogni caso, uno spessore corticale dell’osso innestato di almeno 3-5 mm è indispensabile per ridurre i rischi di riassorbimento; è necessario tenere in considerazione che l’entità del riassorbi- mento a carico degli innesti ossei in blocco muta in relazione a diverse variabili, per esempio, la microarchitettura dell’innesto (il rapporto componente corticale/midollare), la tipologia di paziente, la sede anatomica (mascella o mandibola) e l’area (anteriore o posteriore), la qualità dei tessuti molli e le trazioni muscolari.
La disposizione degli innesti può essere operata in quattro modi:
• Onlay orizzontale: l’innesto in blocco deve essere fissato vestibolarmente al sito riceven- te senza sopravanzare apicalmente, o sopravanzando appena, l’osso basale (Fig. 17.13).
• Onlay verticale: l’innesto deve essere fissato coronalmente al sito ricevente adattan- dosi perfettamente all’osso basale sottostante (Fig. 17.14).
• Onlay a J: prima di essere posizionato, l’innesto deve essere modellato a forma di J in modo che, una volta fissato, abbracci sia la porzione vestibolare dell’osso basale sia quella apicale, configurando un incremento sia orizzontale sia verticale (Fig. 17.15).
• Inlay: l’innesto deve essere interposto e fissato fra due letti riceventi creati chirurgi- camente (Fig. 17.16).
In zone particolari possono essere eseguiti innesti misti e in alcuni casi si può riccorre- re a interventi successivi di incremento osseo orizzontale e/o verticale.
Il piano di trattamento si completa con la scelta del tipo di innesto da utilizzare.
Attualmente vi sono due alternative che risultano essere più indagate (il tessuto etero- logo in blocchi è nella fase iniziale di sperimentazione):
• tessuto osseo autologo;
• tessuto osseo omologo.
Il tessuto osseo autologo è oggi considerato il “gold standard” perché il suo utilizzo è am- piamente documentato con risultati che sembrano affidabili nel tempo; inoltre ha un po-
tere osteogenico e osteoinduttivo che il tessuto omologo non possiede. Il tessuto osseo omologo ha recentemente mostrato un sempre maggiore utilizzo e numerosi studi ne di- mostrano la sicurezza e la validità clinica. A favore di quest’ultimo gioca il fatto che non è necessario individuare un sito donatore e quindi l’esecuzione di un secondo intervento
Figura 17.13 Immagine clinica di innesto a onlay orizzontali.
Figura 17.14 Immagine clinica di innesto a onlay verticale.