A
Luca Vittorio Raiola
Federalismo, sussidiarietà
e Questione meridionale
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I edizione: novembre
Agli Avv.ti Ennio Magrì, Cristina Magrì e Massimo Ambroselli con stima, amicizia e gratitudine
Indice
Introduzione
Capitolo I Il federalismo
.. Federalismo e Stato federale, – .. Le ragioni istituzionali del federalismo, – .. Il federalismo fiscale, .
Capitolo II
Principio di sussidiarietà e federalismo fiscale: la sussidiarietà fiscale
.. Il principio di sussidiarietà, – .. Il principio di sussidiarietà nell’ordinamento comunitario, – .. Il principio di sussidiarietà nel diritto costituzionale, – .. La sussidiarietà fiscale, .
Capitolo III
Federalismo all’italiana
.. Tra federalismo e regionalismo: la ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni dopo le riforme del Titolo V, – .. La “via italiana”
al federalismo fiscale, – ... Gli istituti di governance del federalismo fiscale, – .... La Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, – ... Le principali audizioni e comunicazioni della Copaff, – .... Insediamento della Commissione tecnica paritetica,
settembre, – .... Audizione del professor Luca Antonini, Presidente della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, presso la Camera dei deputati, Commissione V, Bilancio, Tesoro e Programma- zione, aprile , – .... Audizione del Presidente della Commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, Luca Antonini, in ordine alle attività della Commissione medesima, presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, aprile , – .... Audizione dei professori Antonini e Longobardi presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, maggio , – .... Audizione del Presidente della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federa-
Indice
lismo fiscale, presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, luglio , – .... Audizioni del professor Luca Antonini, Presidente della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federali- smo fiscale, e del professo Longobardi presso la Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, settembre , – .... Audizione del Presidente della Commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale Luca Antonini, nell’ambito dello schema di decreto legislativo in materia di determinazione dei fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province, presso le Commissioni Riunite Commissione parlamentare per l’at- tuazione del federalismo fiscale, V Camera e V Senato (atto n.), ottobre
, – .... La relazione sul federalismo fiscale del Governo alle Ca- mere ex art., comma , della l.n. / del giugno : struttura,
– .... Il rapporto della Copaff, – .... Approfondimento tecnico n.
, – .... Approfondimento tecnico n. , – .... Approfondimento tecnico n., – .... Approfondimento tecnico n. , – .... Ap- profondimento tecnico n., – .... Approfondimento tecnico n. , –
.... L’audizione del Ministro dell’Economia e delle Finanze sulla Relazio- ne sul federalismo fiscale presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale del luglio , – .... Audizione del Presidente della Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, Prof. Luca Antonini, presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, nell’ambito dell’esame dello schema di decreto legislativo recante meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni province e co- muni (Atto di governo n.), – .... I nuovi istituti della dinamica fisiologica dell’accountability: inventario di fine legislatura e di fine manda- to, – .... La Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica, – .... La Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, – .... La Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria, – ... Attuazione del federalismo fiscale e forma di governo, – ... Attuazione del federalismo fiscale e sistema delle auto- nomie, – ... I decreti attuativi della legge/, – .. La questione federalista in Italia e la Questione meridionale, – ..... La conta- bilità nazionale liberale, – .. La Questione meridionale: modelli ed interpretazioni, – ... Interpretazione politico–economica, – ... Il modello dualistico di Vera C. Lutz, – ... Il modello dualistico di Grazia- ni, – ... L’interpretazione storico–sociologica, – ... Lo sviluppo senza autonomia, – ... L’interpretazione storico–istituzionale, –
... Riflessioni sulle varie interpretazioni della Questione meridionale, .
Conclusioni
Bibliografia
Introduzione
Il disegno di legge costituzionale di riforma del Senato della Repubbli- ca con le conseguenti infuocate polemiche, ha riportato sotto i rifletto- ri dell’attenzione pubblica un tema che era stato un po’ abbandonato dalla cronaca politica: il tema del federalismo.
In realtà sono almeno vent’anni che tale argomento è oggetto di furiose prese di posizione, in particolare da quando un partito, la Lega Nord, ne ha fatto il suo vessillo.
Destra contro sinistra, Nord contro Sud; Regioni a statuto ordinario contro Regioni a statuto speciale: un fiume di polemiche che sono sfociate spesso in un desolante immobilismo politico. Si deve dire che all’ultimo governo Berlusconi, che pure aveva posto al centro della propria agenda politica il federalismo, non erano mancate le accuse quantomeno di “timidezza” sulla concreta realizzazione del disegno federalista se si pensa che il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, ebbe modo di dichiarare, polemicamente, che la manovra finanziaria del affossava definitivamente il federalismo fiscale, suscitando una serie di forti reazioni. Con i successivi governi Letta e Monti il tema sembra essere stato accantonato.
Oggi, invece, con il governo Renzi che mira a trasformare il Senato in Camera delle Autonomie il federalismo fiscale, e, di conseguenza, il tema del riparto delle risorse tra le Regioni e lo Stato centrale, torna prepotentemente sulla scena politica. Ma ciò non deve destare meraviglia.
Si deve altresì rilevare come le posizioni riguardanti il federalismo fiscale, pro o contro, siano indipendenti dagli schieramenti politici:
ad esempio Bill Emmott, che è stato direttore del The Economist, e non certo amico di Silvio Berlusconi e del suo governo, ha scrittoche il federalismo fiscale è la migliore idea politica italiana degli ultimi vent’anni.
. Cfr. B.E, Forza, Italia!, Rizzoli, , p. .
Introduzione
Si deve rilevare, infatti, che la globalizzazione lascia un forte spazio alla territorializzazione, alle differenze e quindi alla competizione e alla concorrenza fra territori: e la classe politica è in seria difficoltà ad affrontare la politica con gli strumenti culturali ed ideologici tradizio- nali, nati e modellati in un contesto e con dinamiche completamente diverse dalle attuali.
La grande novità istituzionale degli anni ’ un po’ in tutta Euro- pa è, infatti, consistita nell’imprevedibile riscoperta delle autonomie territoriali nel quadro della progressiva perdita di sovranità degli stati nazionali a beneficio delle istituzioni comunitarie e sovranazionali.
Questa apparente contraddizione è stata spiegata considerando il fatto che la globalizzazione dell’economia ha posto le autonomie terri- toriali dinanzi ad un nuovo fenomeno, la competizione tra territori, tra aree: il rapporto diretto tra U.E. e le autonomie, l’accesso di tipo concorsuale e selettivo agli stessi fondi di investimento statali, la neces- sità, posta dalla crisi di competitività del nostro sistema economico, di creare prima di tutto in sede locale le condizioni per attrarre le nuove opportunità di sviluppo e di investimento privato sul proprio territorio, tutti questi fattori hanno posto il tema delle politiche di sviluppo d’area come il problema centrale delle politiche pubbliche locali.
Si è così determinato, a livello regionale e locale, un nuovo intreccio tra politica ed economia, tra pubblico e privato, sempre più sganciato dalle logiche gerarchiche di dipendenza delle scelte locali da scelte del sistema politico e amministrativo statale (se non fosse per il ri- spetto del patto di stabilità) e sempre più caratterizzato da capacità di competizione del sistema locale.
La capacità di fare sistema, di offrire occasioni di insediamento delle attività produttive, di mettere in rete le risorse del territorio per aumentare la capacità di attrazione e di competizione, la necessità di assicurare un sistema di servizi che garantisca alta qualità della vita ai cittadini sono diventati, in breve tempo, i decisivi fattori di crescita del territorio e le nuove sfide del governo locale.
Questa situazione ha prodotto una profonda trasformazione politico–
istituzionale, ben al di là del dato normativo ordinamentale, che risulta
. Cfr. P. C, Federalismo e autonomie locali, in Elementi di diritto pubblico dell’economia, a cura di M. Pellegrini, CEDAM, , p. .
. Cfr. P. C, op. ult. cit., p. .
Introduzione
più facilmente percepibile se si guarda non tanto alle regioni quanto al sistema delle autonomie locali.
Per rendere più comprensibile il senso delle trasformazioni subi- te dal sistema delle autonomie, non tanto nelle relazioni reciproche, quanto soprattutto nella configurazione dell’autonomia stessa, è sem- brato utile fare uso di una serie di metafore: ente ordinamento, ente azienda, ente sistema.
Le metafore utilizzate si addicono soprattutto all’ente comune, ma possono facilmente adattarsi anche alla regione e alle stesse autono- mie funzionali: esse, infatti, intendono segnalare il senso della trasfor- mazione dell’autonomia in generale, con riferimento a tutti i suoi possibili ambiti, territoriali e funzionali, con particolare riferimento all’economia.
Guardando alle vicende degli anni ’, è stato affermatoche si può definire ente ordinamento il modello di ente autonomo tracciato dalla legge /, perché la logica in cui si muove la legge è ancora quella classica, caratteristica di un sistema che ha un centro e una periferia, in cui l’ordine (soprattutto legislativo) imposto dal centro si irradia verso la periferia secondo una logica gerarchica, che viene riprodotta nella stessa struttura organizzativa dell’ente, fondato da e su uno statuto, su cui fondano la propria legittimità i regolamenti, su cui a loro volta si fondano atti amministrativi generali e particolari.
Questa catena di atti è garantita nella sua perfetta conformità al comando superiore attraverso un complesso meccanismo di controlli interni ed esterni all’ente di carattere puramente formale. Minima preoccupazione è dedicata ai risultati, all’efficacia delle azioni poste in essere, alla soluzione dei problemi reali: ci sono, naturalmente, an- che elementi di modernizzazione (c’è la delegificazione in materia organizzativa, ci sono le forme di cooperazione, c’è il principio fonda- mentale del pareggio del bilancio per le aziende pubbliche locali, c’è la separazione tra responsabilità politiche e gestionali, ecc.), ma l’intera costruzione dell’autonomia è dominata dal principio di legalità, quasi che fosse sufficiente scrivere dei buoni statuti per avere dei buoni rego- lamenti e dei buoni atti amministrativi e risolvere così, con una buona amministrazione, l’intera gamma dei problemi di ciascuna collettività.
. Cfr. P. C, op. ult. cit., p. .
. Cfr. P. C, op. ult. cit., p. .
Introduzione
Questo modello di autonomia era già in crisi prima ancora di trovare attuazione negli statuti locali: presto, già nel ’, esso fu sovver- tito da un’ipotesi diversa di costruzione dell’autonomia locale, quella che si potrebbe definire come ente azienda. La stagione di riforme della rappresentanza che si aprì nel ’ ha modificato profondamen- te quel quadro iniziale: improvvisamente arriva la democrazia del programma la democrazia del risultato.
La riorganizzazione degli apparati comunali, la spinta fornita dal- l’avvio della riforma della finanza locale (e dalla circostanza di poter disporre, finalmente, di risorse proprie e non più solo di quelle trasfe- rite dal governo centrale sulla base della c.d. spesa storica di ciascun ente), la forte legittimazione degli eletti direttamente dal corpo elet- torale, consentono un vero e proprio salto di qualità di autonomia:
l’ente azienda significa, in buona sostanza, la finalizzazione di tutta l’attività della macchina comunale alla realizzazione del programma di mandato; non conta più la legittimità (anche se i controlli interni ed esterni spariranno quasi del tutto solo con la seconda legge Bassanini, nel ’), quello che conta è l’efficienza della macchina.
Se non si può produrre all’interno si esternalizza, ci si rivolge al- l’esterno, al sistema delle aziende pubbliche ormai avviate verso la trasformazione in società di diritto privato (resa obbligatoria da impel- lenti contestazioni da parte dell’U.E., ma a lungo ritardata); in nome della flessibilità le piante organiche sono travolte dalla finanziaria del
, i piani esecutivi di gestione, introdotti nel ’, consentono final- mente (in apparati pubblici!) una gestione di tipo budgettario delle risorse umane, materiali e finanziarie che ha indubbiamente forti analogie col modello aziendale privatistico.
L’idea di ente azienda sta dunque in questa forte finalizzazione di tutti gli elementi (risorse umane, risorse finanziarie, risorse materiali) in vista di un progetto, di un programma che ha vinto la competizione elettorale e che vede uniti la maggioranza del corpo elettorale, le forze politiche e il capo dell’Amministrazione, ma anche l’amministrazione burocratica, nella sua realizzazione.
. Cfr. P. C, op. ult. cit., p. , il quale per tale definizione rinvia a L. A, L’azienda comune. Principi e metodologie economico–aziendali per gli enti locali,Rimini, .
. Cfr. P. C, op. ult. cit., p. .
. Cfr. P. C, op. ult. cit., pp. –.
Introduzione
Indubbiamente, come è stato affermato, almeno nei comuni più grandi, nella seconda metà degli anni novanta gli apparati comunali sono stati oggetto di una profonda modernizzazione che ha fatto vede- re le potenzialità di un’amministrazione innovata nell’organizzazione, nella struttura, nel modo di operare.
Ma la territorializzazione dell’economia (e quindi della società, dei modelli di sviluppo, dei sistemi di servizi) ha ormai ragioni oggettive, che è difficile contrastare, e costituisce l’innegabile sup- porto all’evoluzione dell’autonomia locale che si sta cercando di descrivere. È stato sostenutoche,in realtà, l’idea di ente azienda non risponde pienamente al modello di autonomia oggi operante:
l’azienda costituisce un sistema chiuso in se stesso, teso a massi- mizzare i profitti e a massimizzare l’efficienza di ciò che sa fare, poco aperto verso l’esterno (se non nel momento del marketing, della ideazione o della vendita del prodotto). Pertanto, in tale ottica, rende assai meglio l’attuale fase di sviluppo dell’autonomia l’idea di sistema: ente sistema è l’ente proiettato verso il suo territorio, verso gli altri soggetti pubblici (statali, locali, le altre autonomie funzionali, la stessa regione, lo Stato, l’U.E.) che vi operano, per realizzare forme di amministrazione integrata, e verso i soggetti privati per realizzare concertazione e comunque per coinvolgerli nei processi di sviluppo.
Ma il concetto di sistema spiega bene anche la trasformazione cui è stata assoggettata la sovranità, il potere, ed in particolare la necessità che governo oggi significhi soprattutto uno sforzo di integrazione di quella frammentazione dei poteri, di quella diffusione del potere che costituisce il più evidente risultato dei processi di globalizzazione.
Un potere diffuso, reticolare, che si risolve nel suo contrario, che si può tentare di governare (cioè di orientare verso determinati risultati) solo ed in quanto si riesca a ricomporlo, non importa se per singoli obiettivi e per brevi momenti, attraverso un’attività che è soprattutto se non esclusivamente relazionale, di rapporto e di accordo con tutti gli altri soggetti che agiscono sul territorio.
. Cfr. P. C, op. ult. cit., p. .
. Cfr. P. C, op. ult. cit., p. .
. Cfr. P. C, op. ult. cit., p. .
Introduzione
È quindi stato affermatoche è questo il paradosso dell’autono- mia contemporanea, generata da un processo di deconcentrazione, di decentramento: in una struttura reticolare o matriciale del potere paga la capacità dei vari soggetti di fare sistema, di ricomporre ad unità la frammentazione non secondo le tecniche gerarchiche tradi- zionali, bensì attraverso il ricorso alla negoziazione, al governo per accordi, per intese, al governo di tipo relazionale. In un contesto fondato sul mercato, sull’economia territorializzata, sulla compe- tizione, vince la competizione chi sa fare sistema, chi sa stabilire relazioni, chi meglio si adatta ad un sistema reticolare di sovranità, fondato sulla diffusione e frammentazione del potere. Questa la nuova connotazione dell’autonomia: un modello valido non solo per i comuni, ma dotato di validità generale, cui debbono ispira- re la propria logica di azione tutti i soggetti pubblici operanti sul territorio.
In questo ordinamento multilivello, costituito da ordinamenti che si interrelano l’uno con l’altro secondo logiche non sempre gerar- chiche, che esaltano il momento della relazionalità su quello della rappresentanza tradizionale, nel quale la sovranità assume sempre più natura reticolare, le relazioni diventano un elemento centrale e decisivo della sovranità poiché questa si esprime nella capacità — essenzialmente relazionale — di tenere insieme le varie componenti del sistema, di unificarle per progetti e per obbiettivi non imposti da un centro, bensì decisi consensualmente, comunque quantomeno condivisi.
La sovranità a rete, non a caso, piace soprattutto ai politologi e ai sociologi che studiano le tecniche di governance. Con questo termine, infatti, altro non si intende se non la capacità di qualcuno di tenere uniti molteplici soggetti, in genere sia pubblici che privati, grazie alla condivisione di uno o più obiettivi di azione comune. La governance richiede uno sforzo completamente diverso da quello proprio del governo rappresentativo, che esprime l’autorità gerarchicamente ri- conosciuta ed imposta eventualmente con la forza, perché esprime un’azione che si manifesta non più per linee verticali (il consenso dal basso verso l’alto e il comando dall’alto verso il basso), ma per linee che si possono metaforicamente immaginare circolari, secondo un
. Cfr. P. C, op. ult. cit., p. .
Introduzione
processo orizzontale di costruzione dell’unità per consenso intorno ad obbiettivi e progetti.
Il tema del federalismo, e del federalismo fiscale, inoltre, si inter- seca con almeno altri due aspetti da tenere ben presenti quando si parla di riforma delle istituzioni in senso federalista: quello relativo al principio di sussidiarietà, nel quadro del contesto globale e della crisi del Welfare State, e quello, molto sensibile quanto attuale, relativo alla questione meridionale. È indubbio, infatti, che il problema più rilevan- te per quanto attiene al federalismo fiscale sia quello della paventata compressione dei diritti sociali che si potrebbe verificare nei territori più deboli fiscalmente. Premesso tutto ciò è quindi il caso di porre sotto la lente d’ingrandimento il federalismo fiscale e, soprattutto, la
“via italiana” al federalismo fiscale.
Si deve dire che, come è stato osservato, in questa riscoperta delle esigenze di autonomia e di modelli di governo federale le esperienze istituzionali si sono fortemente modificate; molti paesi hanno abban- donato le tradizionali forme di stato centralizzate, assumendo modelli intermedi tra l’assetto propriamente federale e il rafforzamento delle istanze regionali. D’altra parte, il nome “Stato federale” o “Federa- zione” non è più sufficiente, giacché Stati che recano quella dizione sono spesso molto meno “federali” di paesi in cui quella formula non può nemmeno essere pronunciata: basti raffrontare l’Austria, che è federale nel nome (Bundesrepublik), ma molto meno nella pratica, con la Spagna, in cui, nonostante il fatto che il termine “Federazione” è escluso dal linguaggio politico, è conosciuta e praticata una amplissima autonomia, di tipo sicuramente federale, delle Comunità autonome;
egualmente, nella Costituzione indiana non è mai utilizzato il termine
“federale”, parlandosi dell’India invece come di una “Unione di Stati”. Il federalismo era e rimane “the political mechanism by which diversity could be reconciled with unity”: ma è profondamente mutato il contesto in cui questo meccanismo opera.
Va in primo luogo sottolineato come abbia ormai perso significato la discussione teorica sul significato di federalismo e, in particolare,
. Cfr. P. C, op. ult. cit., p. .
. Cfr. B. C, Lineamenti di diritto costituzionale federale e regionale, Giappichelli, Torino, , p. .
. B. C, op. ult. cit., p. .
. Supreme Court of Canada, Reference re Secession of Quebec, , punto .
Introduzione
sul rapporto tra federalismo e regionalismo, specie se condotta con i parametri della cultura ottocentesca, secondo cui nello Stato federale si riscontrerebbero ancora sintomi, elementi, spie di una perduta sovranità degli Stati membri, intesa come espressione di una situazione di superiorem non recognoscens, mentre il regionalismo altro non sarebbe che una forma di decentramento autartico. Lo Stato regionale — si sosteneva ancora — troverebbe la sua fonte nella Costituzione statale, mentre lo Stato federale scaturirebbe da un trattato internazionale, costituendo il passo di una Confederazione di Stati verso una maggiore unità ed integrazione, ovvero sarebbe prodromico a una situazione di dissoluzione dello Stato unitario.
La cultura giuridica dell’Ottocento e della prima metà del Nove- cento ha esaltato il
dogma della sovranità dello Stato, indipendente da altri Stati, unità perfetta in se stesso, che si ammira nei trattati scolastici e si custodisce gelosamente come la gemma più preziosa del patrimonio nazionale;
ha dato spazio a quest’idea “massimamente malefica” dietro la quale vi è “l’attributo sovrano. . . di dichiarare la guerra e di firmare la pace” e da questo ha fatto discendere
tutte le altre qualità dello Stato sovrano e perfetto: di potere, esso solo, esigere ubbidienza assoluta dai suoi cittadini, far leve e riscuotere tributi, impartire giustizia, senza essere soggetto ad alcuna corte giudiziaria posta al di sopra di sé; far leggi obbligatorie per tutti gli enti morali e le persone fisiche viventi entro la cerchia del territorio nazionale; negare la sovranità indipendente di qualsiasi corpo, come la chiesa, esistente entro il territorio suo; stipulare con altri stati sovrani e denunciarli.
In realtà è stato affermato che il parametro della sovranità statale è ormai inutilizzabile nel mondo moderno, un mondo totalmente globalizzato e interrelato a tal punto da rendere priva di significato la pretesa statuale di escludere altri soggetti dal territorio in cui dovrebbe essere esercitato un dominio supremo; un mondo, d’altra parte, in
. Parlava così della sovranità L. E, Il dogma della sovranità e l’idea della Società delle Nazioni,in “Il Corriere della Sera”, dicembre , ora in I., Dallo Stato nazionale sovrano alla federazione dei popoli europei,Studio C, Torino, , p. così come cit. da B. C, op. ult. cit., p. n. .
Introduzione
cui la soggettività internazionale non è più patrimonio esclusivo degli Stati, di essa godendo ampiamente organizzazioni internazionali e sovranazionali.
Tutte le vicende dei primi anni di questo millennio dimostrano come il mondo ottocentesco della sovranità statale e della soggettività internazionale degli Stati sia irrimediabilmente giunto al capolinea:
la più grande potenza politico–militare del globo, finita la fase del confronto politico–militare con l’Unione Sovietica, in cui due Stati difendevano le parti di mondo assoggettate alla loro supremazia, ha dichiarato, già all’inizio del terzo millennio, di trovarsi in guerra, non già con uno Stato, bensì con il terrorismo, sigla dietro la quale si nascondevano gruppi, organizzazioni militari, finanziarie, politiche, che talvolta si sovrappongono agli Stati, si nascondono dentro o die- tro di essi, ne utilizzano eventualmente le strutture, ma certo non coincidono con essi.
Nella realtà del mondo globalizzato, gli Stati (anche gli Stati Uniti!) sono oramai troppo piccoli per fare (o per sopportare) la guerra (si consideri il tentativo degli Stati Uniti di costruire alleanze per contrasta- re il terrorismo o gli “Stati canaglia”) e per fare politiche economiche e finanziarie globali, per governare cioè i grandi flussi delle scelte ma- croeconomiche; sono però troppo grandi per svolgere efficacemente politiche sociali, economiche, industriali. Meglio a tal fine più piccole entità substatuali, in grado di adeguarsi più plasticamente alle esigen- ze economiche, sociali, culturali, identitarie di tipo micro, in grado di costruire istituzioni interregionali per seguire quella o quell’altra politica.
Il grande sviluppo della cooperazione regionale, sia infranazionale che transfrontaliera, dimostra come le entità substatuali si aggreghi- no trasversalmente con grande facilità per rispondere alle esigenze organizzative relative alle differenti politiche economiche e sociali;
la ricchissima esperienza delle euro regioni è lì a dimostrare questa
. Cfr. S. C, Gli Stati nella rete internazionale dei pubblici poteri, in Riv. trim. dir.
pubbl., , p. ss., cit. da B. C, op. ult. cit., p. , n. .
. Cfr. S. H, Lo scontro delle civiltà, trad. it., Garzanti, Milano, , p. , secondo cui la sicurezza militare del mondo dipende sempre più non dalla distribuzione globale del potere e dalle azioni delle superpotenze, bensì dalla distribuzione del potere all’interno di ciascuna regione del mondo e dal modo in cui gli stati guida delle diverse civiltà si muoveranno, così come cit. da B. C, op. ult. cit., p. , n. .
Introduzione
vicenda; d’altra parte, è noto ormai che non esiste un optimal size uni- co, buono per tutte le politiche, su cui ricalcare una organizzazione politico–amministrativa.
È stato affermatoche la crisi della sovranità dello Stato non con- traddice la tesi recentemente avanzata da Francis Fukuyama, secondo cui
state–building is one of the most important issues for the world community because weak or failed states are the sources of many of the world’s most serious problem.
Invero, come è stato sostenuto, la ricostruzione di Fukuyama è rivolta a dimostrare la necessità di forti istituzioni pubbliche, non la riedizione del vecchio e sorpassato modello dello Stato sovrano, come dimostrano gli argomenti da lui usati, laddove riconosce che in Africa gli investimenti nelle infrastrutture di base come strade e sanità pubblica sono drammaticamente diminuiti negli ultimo venti anni, così come gli investimenti nella scuola primaria e in agricoltura;
nello stesso tempo, le spese così dette di sovranità come spese militari, servizi diplomatici, attività connesse alla presidenza sono aumentate vertiginosamente.
Come è stato affermatoistituzioni pubbliche in grado di controlla- re il mercato e di distribuire il benessere sono sicuramente necessarie, senza che per costruirle sia necessario scimmiottare gli attributi della sovranità statale ottocentesca, tentativo che negli Stati di più recen- te formazione e di più debole struttura istituzionale ha condotto a costruire regimi che ben possono essere definiti neopatrimoniali.
Così come sul versante sovranazionale il trinomio Stato–sovranità–
Costituizone non è più sufficiente, egualmente sul versante subnazio- nale si devono individuare nuovi parametri per riuscire ad afferrare la natura delle realtà istituzionali di fronte alle quali ci troviamo.
Così, nel continuum tra Stato unitario e Confederazione di Stati esistono una serie di realtà intermedie, che non possono essere distin-
. Cfr. F. F, State building. Governance and World Order in the Twewnty-First Century, Profile Books, London, , IX, così come cit. da B. C, op. ult. cit., p. , n.
.
. Cfr. B. C, op. ult. cit., p. .
. Cfr. B. C, op. ult. cit., p. .
Introduzione
te le une dalle altre facendo riferimento al “concetto dogmatico di sovranità come potere originario, assoluto ed illimitato di comando che sarebbe caratteristico dell’ente stato”.
D’altra parte, anche sotto il profilo teorico, le Costituzioni demo- cratiche moderne hanno spostato l’asse della sovranità dallo Stato al popolo.
Questa è stata l’intuizione dei padri costituenti americani: come dice ancora Elazar,
il significato profondo della soluzione americana fu quello di escogitare un modo di eludere il problema della sovranità esclusiva degli stati; in altre pa- role, di fornire un’alternativa moderna per l’organizzazione della comunità politica su una base più democratica di quella dello Stato giacobino. Invece di accettare le concezioni europee del XVI secolo dello Stato sovrano, gli americani considerarono che la sovranità appartenesse al popolo. Le varie unità di governo–federali, statali, locali — potevano esercitare solo poteri delegati.
Questa, ancora, è la posizione scolpita nelle Costituzione italiana, all’art. , e interpretata dalla Corte costituzionale in cui si afferma con grande forza:
l’articolo della Costituzione, nello stabilire, con formulazione netta e de- finitiva, che la sovranità “appartiene” al popolo, impedisce di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell’organizzazione costituzionale nella quale essa si possa insediare esaurendovisi. Le forme e i modi nei quali la sovranità può svolgersi, infatti, non si risolvono nella rappresentanza, ma permea- no l’intera intelaiatura costituzionale: si rifrangono in una molteplicità di situazioni ed istituti ed assumono una configurazione talmente ampia da ricomprendere certamente il riconoscimento e la garanzia delle autonomie territoriali. Per quanto riguarda queste ultime, risale alla Costituente la visio- ne per la quale esse sono a loro volta partecipi dei percorsi di articolazione e diversificazione del potere politico strettamente legati, sul piano storico non meno che su quello ideale, all’affermarsi del principio democratico e della sovranità popolare.
. Cfr. B. C, op. ult. cit., p. , il quale per l’espressione rinvia a G. B, Federalismo, Utet, Torino, .
. Cfr. B. C, op. ult. cit., pp. -.
. Cfr. Corte cost. sent. n. /.