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C Il SIVeMP compie 50 anni

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Academic year: 2022

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2 Aldo Grasselli

inquant’ anni di sindacato sono stati cinquant’anni di impegno, di studio, di mobi- litazione, di testimonianza, di contrattazione, di tutela e di pro- mozione dei diritti dei veterinari ita- liani. Cinquant’anni di democrazia e di lavoro appassionato che ci hanno resi orgogliosi della nostra professio- ne e della nostra organizzazione.

La Costituzione della Repubblica Italiana:

principi fondamentali

«Articolo 1

L’Italia è una Repubblica democrati- ca, fondata sul lavoro.

La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limi- ti della Costituzione.

Articolo 2

La Repubblica riconosce e garanti- sce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personali- tà, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Articolo 3

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opi- nioni politiche, di condizioni perso- nali e sociali.

È compito della Repubblica rimuove- re gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini,

impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva parteci- pazione di tutti i lavoratori all’orga- nizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Articolo 4

La Repubblica riconosce a tutti i cit- tadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.

Ogni cittadino ha il dovere di svolge- re, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una fun- zione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Articolo 5

La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendo- no dallo Stato il più ampio decentra- mento amministrativo; adegua i prin- cipi ed i metodi della sua legislazio- ne alle esigenze dell’autonomia e del decentramento».

Nei primi cinque articoli della nostra Costituzione c’è tutta l’essenza della nostra storia democratica.

Bastano da soli a spiegare quale tipo di società vogliono prefigurare e quali siano i sostanziali successi e insuccessi dei governi, centrali e locali, che si sono succeduti dalla nascita della Repubblica Italiana.

La Costituzione ha anche fortemente ristabilito un diritto abolito nel ven- tennio fascista. Quello della libera associazione dei lavoratori in sinda- cati rappresentativi e autonomi da qualsiasi potere. Lo fa senza indugi ed esplicitamente con gli articoli 39 e 40.

Il SIVeMP compie 50 anni

C

EDITORIALE

anno XV - N. 1 - marzo 2012 02_03_editoriale_02_03_editoriale 22/02/12 11.36 Pagina 2

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«Articolo 39

L’organizzazione sindacale è libera.

Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registra- zione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. È condi- zione per la registrazione che gli sta- tuti dei sindacati sanciscano un ordi- namento interno a base democratica.

I sindacati registrati hanno persona- lità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

Articolo 40

Il diritto di sciopero si esercita nel- l’ambito delle leggi che lo regolano».

Il nostro sistema di protezione e pro- mozione sociale, il sistema dei diritti del lavoro, il livello delle garanzie contrattuali degli occupati e quello dei disoccupati o dei “diversamente occupati” sono in discussione da anni e in questi mesi di crisi - la crisi fan- tasma che dal 2008 sino a ottobre 2011 è stata ostinatamente nascosta agli italiani - sta giustificandone una rapida manomissione.

Una raffica di leggi speciali, di misure e di manovre hanno colpito duramente il mondo del lavoro senza più di tanto impensierire i santuari della finanza e delle grandi industrie che si autodeterminano senza che la politica e i governi siano in grado di interferire.

Indubbiamente le trasformazioni della demografia, della famiglia e del lavoro, sono fenomeni che stanno rendendo meno solido l’impianto giu- ridico, economico e valoriale che ha caratterizzato il secolo scorso.

Non sono mancati i tentativi di cor- reggerne difetti e inefficienze. Ma, messi sempre in campo sull’onda del- l’emergenza, hanno avuto un’effica- cia limitata.

Oggi si continuano a versare fiumi d’inchiostro sulle distorsioni del mer- cato del lavoro, molte delle argomen- tazioni ripetutamente propagandate

hanno sostanzialmente manipolato la nostra coscienza sociale e hanno indotto a diffidare del sindacato, dei lavoratori dipendenti, specialmente dei dipendenti pubblici, del “posto fisso”, come se tutte le conquiste dei lavoratori fossero l’unico elemento negativo della nostra economia tra- ballante.

È una delle molte forme di “controllo sociale” che larvatamente e subdola- mente hanno caratterizzato l’educa- zione civica impartita di ventennio in ventennio agli italiani già atropologi- camente mossi – secondo Ennio Flaiano – da un «Irrefrenabile biso- gno di privilegi e quindi di ingiusti- zie».

Stenta ancora a farsi largo un proget- to complessivo di cambiamento, ispi- rato a una visione del futuro capace di tenere insieme e di far collaborare per la prosperità i diversi corpi socia- li del Paese.

Questa difficoltà chiama in causa anche il movimento sindacale.

Il tema della riforma dello stato sociale era attuale già negli anni ’80 ed era considerato un passaggio cru- ciale e una tappa obbligata di quel percorso di ricerca necessario a ride- finire le prospettive strategiche del

«sindacato dei diritti».

La riforma del Welfare – di cui sanità, previdenza e modelli contrat- tuali del lavoro sono i pilastri - è una rivoluzione copernicana che ha il compito di ridimensionarne dra- sticamente la funzione risarcitoria, sostituendola con la logica della promozione.

Solo con la pazienza e il coraggio che le grandi idee infondono sarà possibile affrontare le sfide che la storia mette in agenda.

Il movimento sindacale deve saper guardare al nuovo ordine sociale cogliendo l’occasione di ribadire la difesa dei diritti essenziali, ma aumentando necessariamente le opportunità di sviluppo del merito e del talento.

Molte categorie deboli – anziani, gio- vani precari, piccole imprese – stanno voltando le spalle alle iniziative rifor-

miste, al sindacato e allo stesso siste- ma dei diritti. Dopo aver espresso una domanda risoluta di sicurezza e di solidarietà sociali più inclusive, in assenza di risposte convincenti, hanno finito col trovare rappresentan- za nel populismo e nella contrapposi- zione faziosa, tipica delle guerre tra poveri.

Il terremoto finanziario internaziona- le degli ultimi mesi dimostra che è saltata una peculiare alleanza tra eco- nomia di mercato e welfare. Nell’area Euro l’impossibilità di sostenere l’e- conomia con la svalutazione moneta- ria volta a favorire le esportazioni si sta sostituendo con la svalutazione del lavoro, con la riduzione dei salari e degli stipendi.

Ciò che sta accadendo è frutto della più cieca mancanza di strategie eco- nomiche, il blocco delle retribuzioni sta impoverendo drammaticamente i lavoratori, a tutti i livelli di reddito, e sta portando alla più dura recessione che si sia mai vista dalla prima guer- ra mondiale.

C’è un contratto sociale europeo da riscrivere e un’autorità democratica da ristabilire, che si prendano cura sul serio delle sorti della nostra eco- nomia e delle nostre prospettive di crescita, senza dimenticarsi degli esclusi e dei perdenti, che siano strati sociali o interi Paesi, nella lotteria della vita come nella competizione globale.

Ci sono attualissimi motivi, insom- ma, per cui vale la pena ritornare su un’idea di “welfare society” in cui siano dati a ciascuno i mezzi (i diritti per poterli usare) che gli consentano di realizzare al meglio le proprie aspirazioni personali o di impresa.

Si tratta di realizzare una specie di utopia laica, per così dire più luterana e liberale, che richiede proprio ciò che adesso manca: un progetto che sappia tradurre in energia politica e morale l’esigenza di dare un senso all’avvenire.

Un senso carico di speranze, e non di angosciose inquietudini.

Da 50 anni noi facciamo la nostra parte, e la faremo ancora.

02_03_editoriale_02_03_editoriale 22/02/12 11.36 Pagina 3

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