– I.F.M. n. 3 anno 2005
DAVIDE MELINI (*)
LA GESTIONE FORESTALE NEI SITI DI IMPORTANZA COMUNITARIA. IL SITO «POGGI DI PRATA» (GR)
Il lavoro tratta delle linee guida per la gestione forestale di un Sito di Importanza Comunitaria proposto (pSIC), individuato secondo la Direttiva 92/43/CEE «Habitat».
Nel territorio del pSIC, situato nelle Colline Metallifere (Provincia di Grosseto – Toscana meridionale), si trovano varie tipologie di soprassuoli forestali governati a ceduo. Sono presenti anche aree aperte invase da vegetazione arbustiva ed arborea, castagneti, praterie.
Dopo aver analizzato le caratteristiche del sito e degli ecosistemi forestali, si esaminano le relazioni tra gestione forestale e biodiversità e si definiscono linee guida finalizzate alla conservazione della diversità biologica.
Parole chiave: Rete Natura 2000; siti di importanza comunitaria; gestione forestale; conser- vazione della biodiversità.
Key words: Natura 2000 network; sites of community importance; forest management; bio- logical diversity conservation.
1. I NTRODUZIONE
Nell’immediato futuro i temi e le criticità relativi alla gestione forestale all’interno di aree protette sono probabilmente destinati a emergere in modo significativo. Un caso particolare è rappresentato dai siti individuati per creare la rete europea di aree protette «Natura 2000».
I pSIC sono individuati dalle Regioni in attuazione della direttiva 92/43/CEE «Habitat», finalizzata alla conservazione di specie e habitat di interesse comunitario. Della rete «Natura 2000» fanno parte anche le Zone di Protezione Speciale (ZPS), individuate secondo la direttiva 79/409/CEE riguardante la protezione degli uccelli.
(*) Dottorando di ricerca in Economia, Pianificazione Forestale e Scienze del Legno. Diparti- mento di Scienze e Tecnologie Ambientali Forestali. Coordinatore Prof. O. Ciancio.
L’ITALIA
FORESTALE E MONTANA
RIVISTA DI POLITICA ECONOMIA E TECNICA
ANNO LX- NUMERO 3 - MAGGIO - GIUGNO 2005
I pSIC, una volta che sarà completato un complesso iter che coinvolge sia gli Stati membri sia la Commissione UE, saranno definitivamente designati come Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e si aggiungeranno alle ZPS.
La direttiva Habitat, resa esecutiva in Italia con DPR 357/97 e succes- sive modifiche, prescrive che durante l’iter di istituzione dei pSIC, che porta alla designazione delle ZSC, sia garantita la conservazione delle spe- cie e degli habitat segnalati nei siti (B ARBATI et al., 2002).
Nell’80% dei 2565 siti individuati nel nostro Paese come pSIC e ZPS sono presenti habitat forestali. Risulta dunque interessante valutare i rap- porti tra gestione forestale e conservazione della diversità biologica, della flora e della fauna.
Il presente lavoro prende in considerazione il pSIC Poggi di Prata, situato sulle Colline Metallifere in Provincia di Grosseto. Il sito oggetto di studio è stato riconosciuto anche come sito di importanza regionale (SIR) ai sensi della LR 56/2000 «Norme per la tutela e la conservazione degli habi- tat naturali, seminaturali e della flora e fauna selvatiche». La categoria
«SIR» comprende i siti di importanza comunitaria proposti dal nostro Paese all’UE per essere designati come ZSC e le ZPS già individuate ai sensi della direttiva 79/409/CEE. La Regione Toscana, emanando questa legge, ha scelto di rendere piena e completa la loro tutela indipendente- mente dall’esito dell’iter previsto dalla direttiva Habitat.
2. A REA DI STUDIO
Nel sito, dove si raggiunge la quota massima di 916 m s.l.m., sono pre- senti soprassuoli forestali di origine naturale governati a ceduo, castagneti, praterie, arbusteti, piccoli rimboschimenti con conifere. Le principali carat- teristiche del pSIC e SIR, esteso su 1063 ettari, sono state descritte in M ELI -
NI (2005).
Poco più di metà dei terreni inclusi nel sito sono di proprietà pubblica e ricadono nel complesso «Bandite di Follonica» (Patrimonio Agricolo - Forestale della Regione Toscana), gestito dalla Comunità Montana «Colline Metallifere».
Il resto dei terreni è di proprietà privata.
3. I DENTIFICAZIONE DEGLI H ABITAT E DELLE SPECIE DI INTERESSE COMUNITARIO
Gli habitat per proteggere i quali il pSIC e SIR è stato individuato
sono tre: Castagneti, Faggeti degli Appennini con Taxus e Ilex, Praterie sub-
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atlantiche calcicole e xerofile. Gli ultimi due, secondo la direttiva Habitat, sono considerati habitat prioritari.
Di vere e proprie faggete, in effetti, si può parlare solo riguardo a soprassuoli estesi alcune migliaia di metri quadrati.
La specie caratteristica del tipo di praterie presente è Sesleria tenuifolia Schr. (F OGGI , com. pers.). L’esempio in questione è l’unico noto in Toscana al di fuori delle Alpi Apuane (S ELVI , com. pers.).
L’elenco delle specie di interesse comunitario per proteggere le quali il pSIC è stato individuato, segnalate nella scheda di identificazione del sito predisposta dalla Regione, è riportato nella Tabella 1.
Tabella 1 – Contenuto della scheda di identificazione del sito: specie segnalate. Per le specie contrasse- gnate con « * » non sono noti legami con gli ecosistemi forestali oggetto dello studio.
Nome volgare Nome specie Ordine Famiglia
Miniottero Miniopterus schreibersii Chirotteri Vespertilionidi * Rinolofo euriale Rhinolophus euryale Chirotteri Rinolofidi * Rinolofo maggiore Rhinolophus ferrum-equinum Chirotteri Rinolofidi *
Ramarro Lacerta viridis Squamati Lacertidi *
Biancone Circaetus gallicus Accipitriformi Accipitridi
Ortolano Emberiza hortulana Passeriformi Emberizidi *
Gheppio Falco tinnunculus Falconiformi Falconidi *
Averla piccola Lanius collurio Passeriformi Lanidi *
Aethionema saxatile Angiosperme Crucifere *
Anemone apennina Angiosperme Ranuncolacee
aquilegia comune Aquilegia vulgaris Angiosperme Ranuncolacee
Centaurea triumfetti Angiosperme Asteracee *
Crocus etruscus Angiosperme Iridacee
bucaneve Galanthus nivalis Angiosperme Amaryllidacee
Inula montana Angiosperme Asteraceae *
giglio di San Giovanni Lilium croceum Angiosperme Liliacee giglio martagone Lilium martagon Angiosperme Liliacee
Orchis pauciflora Angiosperme Orchidacee *
pungitopo Ruscus aculeatus Angiosperme Liliacee
tiglio selvatico Tilia cordata Angiosperme Tiliacee
viola estrusca Viola etrusca Angiosperme Violacee *
Tra le specie elencate nella Tabella 1 ve ne sono alcune che durante l’attività in campagna non sono state rilevate: si tratta dell’Ortolano (Embe- riza hortulana L.), del Gheppio (Falco tinnunculus L.), dei Chirotteri.
Sino a oggi si è ritenuto che fosse corretto, anche nel caso degli ecosi- stemi forestali, concentrare l’attenzione su liste di specie scelte come quelle più rilevanti ai fini della conservazione della biodiversità, considerate come
«specie ombrello» (B ERNETTI , 2001) la cui protezione, in ragione dell’ampia
diversità ecologica rappresentata, garantisce anche quella della maggior
parte delle specie non analizzate e la copertura delle esigenze di tutta la
flora e fauna.
4. L A PIANIFICAZIONE FORESTALE DELLA PROPRIETÀ PUBBLICA
Il Piano di Gestione Forestale 1994-2003 (D.R.E.A.M. I TALIA , 1994) ha sottoposto a pianificazione circa 5600 ettari di proprietà regionali gestite dalla Comunità Montana «Colline Metallifere». Il piano interessa poco più di metà del territorio occupato dal pSIC e SIR, per un totale di circa 580 ettari.
Al 1994 l’84% di tale superficie era occupato da boschi cedui, la gran parte dei quali aveva una età superiore a 30 anni, il 5% era occupato da rimboschi- menti con conifere, l’11% da aree aperte (pascoli, arbusteti, etc.).
Nel piano, per 1137 ettari di cedui inclusi nella compresa dei cedui al taglio, si è scelto di ritornare al taglio raso con rilascio di matricine. L’avvia- mento a fustaia, eseguito nel recente passato su circa 800 ettari, è stato riser- vato solo a situazioni specifiche. La compresa delle cosiddette fustaie transito- rie, nel suo complesso, è estesa 982 ettari. La compresa dei cedui in evoluzione naturale è estesa 2463 ettari.
Nel piano si tracciano obiettivi da perseguire anche nel lungo termine, oltre il periodo di validità. Per la compresa dei cedui al taglio nel periodo 1994-2011 il piano prevede un «ciclo transitorio di normalizzazione», duran- te il quale sono previsti un «turno transitorio di svecchiamento» di 18 anni e una ripresa annua media di circa 65 ettari nel periodo dal 1994 al 2005 e di circa 40 ettari nel periodo dal 2006 al 2011. Dal 2015 al 2020 si prevede un
«periodo di attesa con sospensione dei tagli», dopo il quale si prevede di applicare un turno di 22 anni, con possibilità di prolungarlo fino a 30 anni.
Dopo il 2020 si prevede di «regolarizzare definitivamente» la distribuzione delle superfici in classi cronologiche, e di realizzare una ripresa annua media pari a circa 45 ettari.
Per il periodo di validità del piano la gestione dei cedui di proprietà pub- blica che ricadono nel pSIC e SIR è stata incentrata, in larga misura, sul taglio raso con rilascio di matricine. Per casi specifici è stato previsto l’avviamento a fustaia, una parte dei cedui è stata lasciata in evoluzione naturale.
5. M ETODOLOGIA DEI RILIEVI
L’indagine si è basata sull’individuazione e la descrizione dei tipi fore- stali presenti all’interno del pSIC-SIR e sul rilievo dei principali paramatri dendrometrici all’interno di aree di saggio.
5.1. Individuazione dei tipi forestali
I tipi forestali sono unità di vegetazione omogenee sotto il profilo flori-
stico, evolutivo e dei fattori ecologici. B ARBATI et al. (1999) sostengono che
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una varietà di tipi forestali fornisce un ampio spettro di habitat per la fauna selvatica, le piante, i funghi.
Il rilevamento della presenza dei diversi tipi forestali è utile per ottene- re le prime indicazioni – di larga massima – sul livello di biodiversità che caratterizza la porzione forestale del paesaggio.
Per i tipi forestali sono stati eseguiti rilievi sulla composizione dello strato erbaceo e arbustivo; per l’identificazione delle specie è stata utilizzata la Flora D’Italia (P IGNATTI , 1982). Sono stati presi in considerazione anche il clima, il substrato, le esposizioni. Le formazioni presenti sono state riferi- te ai tipi forestali individuati per la Regione Toscana da M ONDINO e B ER -
NETTI (1998a). Dai rilievi, vista l’esiguità delle superfici occupate, sono stati esclusi i piccoli rimboschimenti con conifere.
5.2. Aree di saggio
Sono state delimitate 7 aree di saggio, con superfici di 800, 400, o 200 m
2. Le aree di saggio estese 200 m
2sono state realizzate nei cedui dove il numero di polloni a ettaro era più elevato. Quelle estese 400 m
2sono state realizzate in un castagneto e in un ceduo dominato da carpino nero e casta- gno, dove è presente anche il faggio. Quella estesa 800 m
2è stata realizzata in un ceduo dominato da carpino nero e orniello, dove è presente anche il faggio. Nella. Due aree di saggio, le aree di saggio 1 e 2, sono state realizza- te in soprassuoli di proprietà privata.
Per il calcolo dell’altezza dominante, che è definita come media delle altezze delle 100 piante per ettaro con le maggiori dimensioni diametriche, in ciascuna delle aree di saggio per ogni 100 m
2di superficie è stata misura- ta l’altezza su una delle piante con il diametro maggiore, a partire da quella più grossa. Il numero di altezze rilevate per calcolare la media, pertanto, riportato a ettaro è pari a 100. Sono stati calcolati anche l’area basimetrica e il diametro corrispondente alla pianta di area basimetrica media.
6. R ISULTATI
6.1. I tipi forestali
I tipi forestali rilevati sono 5: Cerreta mesofila collinare, Carpineto misto
collinare ( – submontano) a cerro, Ostrieto mesofilo dei substrati silicatici,
Castagneto mesofilo su arenaria, Lecceta di transizione a boschi di caducifo-
glie. Tutti i tipi, escluso il castagneto mesofilo, almeno nel passato sono stati
governati a ceduo: per la loro dettagliata descrizione si rimanda a M ONDINO e
B ERNETTI (1998a). Nella Tabella 2 è riportata l’indicazione dei tipi rilevati
nelle aree di saggio e la localizzazione dell’unico tipo rilevato al di fuori di esse.
6.2. Aree di saggio
Nella Tabella 3 sono descritti nel dettaglio i risultati e le informazioni ottenute.
Nei cedui abbandonati dove i suoli sono profondi e i terreni fertili, i processi di competizione, selezione e mortalità, che coinvolgono polloni della stessa ceppaia e polloni che crescono su ceppaie diverse, sono piutto- sto rapidi: in pochi decenni si verifica autonomamente l’evoluzione verso un soprassuolo transitorio in cui su molte delle ceppaie resta un solo pollone.
Dove sono presenti esemplari di faggio in grado di disseminare la spe- cie si rinnova e la rinnovazione è in grado di affermarsi.
Nei castagneti abbandonati può insediarsi e affermarsi rinnovazione di faggio, acero di monte (Acer pseudoplatanus L.), cerro, carpino nero.
7. R APPORTI TRA GESTIONE FORESTALE E BIODIVERSITÀ
Nei boschi inclusi nel sito, sia nelle proprietà private sia nelle pro- prietà pubbliche, la gestione forestale è incentrata in larga misura sul taglio raso dei cedui (vedi paragrafo 4).
Le relazioni della gestione forestale con la diversità biologica sono molteplici e complesse.
La gestione forestale deve prendere in considerazione la presenza e le esigenze ecologiche di specie rare o protette, di specie animali la cui conser- vazione, in ragione della particolare posizione nelle reti alimentari o delle specifiche esigenze ambientali, garantisce anche quella di habitat, nicchie ecologiche, spazi trofici utilizzabili da un ampio spettro di vegetali e anima- li. Occorre tuttavia evitare che gli ecosistemi forestali siano considerati solo come la sommatoria di una lista di specie, l’attenzione deve soffermarsi anche sulle strutture, sulla funzionalità dei soprassuoli, sul dinamismo che li caratterizza (N OCENTINI , 2003).
La gestione deve prendere in considerazione anche lo stato e il dinami- smo delle aree aperte invase da vegetazione arborea e arbustiva e dei pasco- li, in ragione degli effetti che sarebbero provocati dalla loro eventuale evo- luzione verso il bosco.
Tabella 2 – Identificazione dei tipi forestali.
Tipi forestali identificati Localizzazione
Cerreta mesofila collinare Ads 5,6,4
Carpineto misto collinare (– submontano) a cerro Ads 1,3 Ostrieto mesofilo dei substrati silicatici Ads 7
Castagneto mesofilo su arenaria Ads 2
Lecceta di transizione a boschi di caducifoglie Loc. Poggio Croce di Prata
Tabella 3 – Aree di saggio: superficie, localizzazione e descrizione delle informazioni ottenute. A.d.s.EstensioneLocalitàFisionomia Età mediaIndividuiArea DiametroH dominante Note della formazioneper ettarobasimetrica corrispondente (m) per ettaro (m2)alla pianta di area basimetrica media (cm)
1 800 m
2Fontalcinaldo Orno - ostrieto 50 538 piante T ot. 21,7 22,4 17,5 Sono presenti numerosi con faggio, ceduo carpino nero 58,5%; esemplari di agrifoglio. orniello 30,2%; faggio 11,3% 2 400 m
2Podere Castagneto da frutto 145 75 vecchi fruttiferi; T ot. 23,81 21,0 15.1 Lo stato fitosanitario alla fonte invaso da (età dei vecchi 225 piante di castagno; castagno 78,1%; castagno 24,3; del castagno è preoccupante. latifoglie mesofile fruttiferi) 75 ceppaie di castagno con cerro 20,9%; altre latifoglie 14,3 E’ presente rinnovazione un totale di 225 polloni; carpino nero 0,46%; affermata di cerro, 325 piante di altre latifoglie faggio 0,53% faggio, carpino nero, castagno, acero di monte. 3 400 m
2Alto corso del Ostrieto misto con 37 300 piante; T ot. 27,1 16,4 21,0 Sono numerosi gli Fosso V al d’Aspra castagno e altre 275 ceppaie con un carpino nero 60,1%; polloni 16,3 esemplari di agrifoglio. latifoglie, ceduo totale di 700 polloni castagno 18,7%; Sono presenti novellame faggio 7,3%; cerro 4,4%; e rinnovazione affermata orniello 9,6% di faggio. La proprietà è pubblica. 4 200 m
2Podere T roscione Ceduo di cerro 28 150 matricine; T ot. 29,3 10,9 12,5 La proprietà è pubblica. 2300 ceppaie con un (solo ceduo 26,4) polloni 10,6 totale di 3000 polloni 5 200 m
2Podere T roscione Ceduo di cerro 34 150 matricine; T ot. 21,1 17,2 22,0 La proprietà è pubblica. 700 ceppaie con un (solo ceduo 10,5) polloni 13,8 totale di 750 polloni 6 200 m
2,Podere Croce Ceduo misto 43 150 matricine; T ot. 22,4 13,2 15,4 Sorbo domestico, ciavardello, alla Selva di cerro e carpino nero 1050 ceppaie con un (solo ceduo 16,7) polloni 9,1 orniello e carpino nero si totale di 2550 polloni cerro 54%; trovano solo nello strato carpino nero 25,9%; ceduo; i polloni con orniello 14%; diametro inferiore a 5 cm ciavardello 2,8%; sono ancora numerosi. sorbo domestico 2,5%. La proprietà è pubblica. 7 200 m
2Pendice orientale Ceduo misto di 43 150 matricine; T ot. 26,0 10,7 10,3 Il carpino nero è presente del Poggio di Prata roverella, cerro, 1550 ceppaie con un (solo ceduo 22,2) polloni 10,1 solo nello strato ceduo. carpino nero totale di 2750 polloni roverella 38,5%; La proprietà è pubblica. cerro 33,3%; carpino nero 21,5%.
W ARREN e F ULLER (1993a, 1993b) ricordano che la ceduazione crea condizioni adatte per molte piante, insetti, uccelli, ma è particolarmente importante per le specie che richiedono habitat forestali molto aperti. D EL
F AVERO (2000), per esempio, chiarisce che «Il mosaico cronologico che si crea nel paesaggio, dovuto alla brevità del tempo di percorrenza della superficie, aumenta la biodiversità del sistema. Ciò favorisce, ad esempio, la vita di alcune specie ornitiche che trovano cibo nelle aperture delle tagliate e rifugio nel folto delle formazioni più vecchie».
La ceduazione periodica di superfici adiacenti alle strade forestali è utile per favorire la presenza di insetti: numerosi di essi, specialmente far- falle, frequentano soprattutto aree con microclimi particolarmente caldi e soleggiati. L’eliminazione temporanea della copertura arborea consente ad alcune specie di uccelli rapaci di cacciare le prede di cui si nutrono usual- mente (piccoli uccelli, micromammiferi, rettili, insetti).
In merito alle specie vegetali, S PINELLI (1999) ha illustrato un lavoro svolto da D ECONCHAT nella fascia collinare che collega i Pirenei alla Guasco- gna, caratterizzata da condizioni analoghe a quelle di molte Regioni d’Italia a cui somiglia, a esempio, per il clima mediterraneo e per la presenza di querceti e castagneti governati a ceduo, fornendo indicazioni circa gli effetti delle ceduazioni sulla biodiversità. Il termine biodiversità, in questo caso, è utilizzato in riferimento alle sole specie vegetali. Nel complesso risulta che il taglio comporta una minima perturbazione della diversità di specie vegetali, caratterizzata da un aumento temporaneo delle specie presenti sulla particel- la, riassorbito nel giro di pochi anni. L’aumento non è il risultato di sostitu- zioni, nessuna delle specie originarie scompare: le nuove specie si aggiungo- no a quelle già presenti. Si tratta perlopiù di specie ubiquitarie, con valore naturalistico limitato, la maggior parte sfrutta il vento per la disseminazione e proviene da altri habitat dispersi nel paesaggio rurale. L’aumento della diversità delle specie vegetali dipende molto dalla distanza tra la zona taglia- ta ed il margine del bosco, e dalla dispersione delle particelle nel paesaggio agricolo.
D E D OMINICIS et al. (1999), illustrando i cambiamenti occorsi durante gli ultimi decenni nei territori della Riserva Naturale Torrente Farma, situa- ta a cavallo tra le Province di Siena e Grosseto e dove sono presenti casta- gneti e querceti dominati dal cerro e che talvolta ospitano anche la rovere, sostengono che ‹‹L’abbandono dei tagli produttivi (nei cedui, n.d.A.) sta favorendo la consistenza delle specie più nemorali e lo sviluppo della com- ponente arborea››.
Mentre la prosecuzione delle ceduazioni può favorire temporaneamen-
te le specie vegetali – anche ubiquitarie – che si insediano dopo il taglio,
dove le ceduazioni cessano può aumentare la frequenza assoluta delle spe-
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cie erbacee il cui optimum ecologico coincide con condizioni spiccatamen- te nemorali, che diversamente dalle prime non sono favorite dalla periodica e repentina interruzione della copertura. A prescindere dai due casi sopra esposti, risulta però evidente che se si desidera comprendere lo sviluppo delle dinamiche in atto nei cedui «a regime» o non più sottoposti a taglio raso allo scadere del turno consuetudinario, prendere in considerazione solo l’andamento del numero delle specie erbacee è insufficiente, oppure può portare a risultati fuorvianti.
Alcune specie animali, per esempio, sono nettamente sfavorite dalla presenza di soli soprassuoli governati a ceduo. Tra i numerosi possibili esempi in proposito è interessante riportare quanto sostenuto da B OITANI et al. nei Piani di Gestione approvati nel 1999 dall’Amministrazione Provin- ciale di Siena per il proprio Sistema di Riserve Naturali: il Picchio rosso maggiore (Picoides major L.), specie nidificante anche nel sito «Poggi di Prata», è una specie chiave
1per l’incremento strutturale delle cavità utili per i popolamenti faunistici forestali. Ciò è da collegare all’attività di scavo di cavità, utilizzate per la nidificazione e per il rifugio anche durante il perio- do invernale. Una volta abbandonate, dette cavità sono utilizzabili come sito di nidificazione o rifugio da varie altre specie animali, per esempio di uccelli o piccoli mammiferi forestali. Il Picchio rosso maggiore, per poter mantenere popolazioni dense e per poter eseguire un’intensa attività di scavo, ha essenzialmente bisogno di una gestione a fustaia, piuttosto che a ceduo. La limitata disponibilità di fustaie è, per esso, un fattore limitante.
Le capacità di scavo sono «probabilmente superiori» rispetto a quelle del Picchio verde (Picus viridis L.)
2. Il Picchio verde, a sua volta, è avvantaggia- to dalla presenza di frequenti interruzioni nel continuun forestale e dalla presenza di ungulati selvatici e domestici, che tendono a mantenere scoper- to il suolo e ad aumentare la disponibilità di invertebrati di interesse ali- mentare. È svantaggiato, invece, dalla limitata disponibilità di alberi adatti allo scavo delle cavità di nidificazione.
Altre considerazioni possono essere svolte riguardo alla presenza delle strade forestali e delle radure. W ARREN e F ULLER (1993a, 1993b) sostengo- no che la presenza di strade e radure è da considerare utile per le popola- zioni di piccoli mammiferi, a loro volta necessari per l’alimentazione di rapaci notturni, ma è utile anche per fornire terreni di caccia per pipistrelli e aree i cui bordi sono frequentati dai rettili, durante le prime ore del gior- no, per il riscaldamento. I margini delle strade forestali e le radure ricche di
1
Le specie chiave occupano una posizione critica tale da rendere impossibile la loro sostituzio- ne e gravida di conseguenze la loro rimozione (M
ASSAe I
NGEGNOLI, 1999).
2
Anche il Picchio verde è nidificante nell’area di studio.
fiori garantiscono la presenza di polline e nettare per una grande varietà di insetti
Nelle aree aperte, invase o meno dalla vegetazione arbustiva e arborea del pSIC, tra le specie vegetali che sono parte di questi ecosistemi spicca Viola etrusca Erben, un endemismo segnalato solo su alcuni rilievi della Toscana meridionale. Gli ecosistemi incolti con arbusti, siepi e margini del bosco sono importanti per i piccoli Passeriformi, come l’Averla piccola (Lanius collurio L.), che nell’area è stata rilevata come probabilmente nidifi- cante ed è una delle specie di interesse comunitario segnalate nella scheda del pSIC. Le aree libere da vegetazione arbustiva e arborea (a es. i pascoli) possono essere utilizzate come terreno di caccia dal Biancone (Circaetus gallicus Gmel.), un rapace che si nutre prevalentemente di rettili, più volte osservato nel sito, che rientra tra le specie di interesse comunitario da tute- lare perché menzionate nella scheda di identificazione del pSIC.
Spostando l’attenzione verso le strutture e i processi è possibile svolge- re le seguenti considerazioni:
– la durata del ciclo colturale del ceduo corrisponde a una piccola frazione della longevità delle specie forestali presenti nell’area. La ceduazione impedisce la diversificazione delle strutture, lo sviluppo dei diametri e delle altezze. In molti casi il dinamismo che caratterizza i cedui che hanno superato il turno consuetudinario è in grado di determinare l’in- cremento della complessità strutturale, la diversificazione delle nicchie ecologiche e degli spazi trofici, l’aumento progressivo della biomassa. In sostanza possono instaurarsi condizioni più simili a quelle proprie degli ecosistemi forestali che si trovano nelle fasi avanzate dell’evoluzione
3. – l’avviamento a fustaia costituisce un complesso di pratiche colturali che
consente contemporaneamente di proseguire i prelievi legnosi e di asse- condare attivamente il dinamismo evolutivo e strutturale dei soprassuoli di origine cedua.
– le strutture e i processi che caratterizzano i cedui gestiti «a regime» sono diversi da quelli che caratterizzano i soprassuoli avviati alla conversione a fustaia. Se le superfici con soprassuoli avviati o governati a fustaia si affiancassero almeno in modo bilanciato alle superfici dei cedui attiva- mente gestiti, complessivamente la diversità di strutture e processi sareb- be superiore rispetto a quella ottenibile applicando esclusivamente l’una o l’altra forma di governo. È opportuno prevedere che si verifichino con-
3
La ricchezza in termini di specie, in un ecosistema forestale, aumenta all’aumentare dell’età
della componente arborea e passando attraverso fasi successionali via via più avanzate, ciò dipende
anche dal fatto che la complessità verticale dei soprassuoli aumenta con l’età e con la fase di sviluppo
(B
ROKAWe L
ENT, 1999, in C
IANCIOe N
OCENTINI, 2003).
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dizioni di contiguità e collegamento spaziale dei tratti di foresta interes- sati dall’avviamento alla conversione o dal rilascio all’evoluzione natura- le. Ciò è necessario per garantire e mantenere il pieno collegamento fun- zionale dei popolamenti che sono in grado di raggiungere un più elevato grado di complessità.
L’esame della questione dal punto di vista delle strutture e dei processi non si esaurisce analizzando le condizioni degli ecosistemi forestali. Occor- re considerare che la conservazione attiva di praterie, pascoli, aree invase da vegetazione arbustiva, che in assenza di interventi tenderebbero a evolvere verso il bosco in tempi più o meno lunghi, contribuisce in modo sostanziale a elevare il livello di diversità strutturale e funzionale del paesaggio.
8. L INEE GUIDA PER LA GESTIONE FORESTALE
Dall’esame della situazione forestale del pSIC e SIR è possibile indivi- duare linee guida per la gestione forestale, finalizzate alla conservazione della biodiversità. Queste devono tener conto delle esigenze economiche locali
4. Esse sono illustrate, di seguito, in riferimento alle diverse tipologie di copertura del suolo.
8.1. Cedui
La gestione dei cedui dovrebbe essere impostata ricorrendo a un ampio spettro di azioni:
a. La preservazione da ogni intervento. Nel pSIC e SIR vari soprassuoli dovrebbero essere preservati da ogni intervento e lasciati alla libera evo- luzione. A esempio:
– nei soprassuoli di proprietà privata situati in Località Fontalcinaldo, che ospitano numerosi esemplari di faggio e agrifoglio, è utile monito- rare l’espansione del faggio a quote relativamente basse rispetto a quel- le usuali per la specie.
– nei soprassuoli di proprietà pubblica dominati dal carpino nero situati sul Poggio di Prata, che hanno superato i 40 anni di età, sarebbe possi- bile osservare la dinamica evolutiva degli ostrieti non più interessati dal taglio raso con rilascio di matricine. In questo caso si tratta solo di confermare in modo definitivo quanto previsto nel Piano di Gestione Forestale 1994-2003.
4
L’art. 2 della direttiva «Habitat» e l’art. 1 della LR 56/2000 prevedono espressamente che le
specie e gli habitat naturali e seminaturali siano tutelati tenendo conto delle esigenze economiche,
sociali e culturali.
Per i soprassuoli di proprietà privata soggetti a preservazione sarebbe opportuno il ricorso all’acquisto oppure il ricorso a indennizzi per i manca- ti redditi.
b. La sostituzione delle ceduazioni previste nella proprietà pubblica dal Piano di Gestione Forestale 1994-2003, nel maggior numero possibile di casi, con interventi di avviamento alla conversione a fustaia. Sarebbe utile pre- disporre un piano particolareggiato con media-lunga scadenza, allo scopo di avviare a fustaia superfici annue costanti. Per l’assestamento, nei soprassuoli transitori derivanti dall’avviamento alla conversione a fustaia, si potranno applicare il metodo colturale e il metodo del controllo.
Il metodo colturale comporta l’individuazione della ripresa, del tipo e del grado di intervento secondo le esigenze colturali del bosco. Gli inter- venti sono individuati e prescritti particella per particella, con lo scopo di migliorare la funzionalità del sistema.
L’applicazione del metodo del controllo implica la rinuncia alla codifi- cazione di un modello normale: si rinuncia a plasmare la struttura e la com- posizione specifica dei soprassuoli in modo che aderiscano a un modello ideale. La determinazione della ripresa è in stretta relazione con due para- metri: la situazione provvigionale e la risposta del bosco al trattamento adottato nei precedenti periodi di applicazione del metodo. Tale risposta è valutata sulla base dell’incremento prodotto dal bosco, eseguendo inventari successivi contestualmente al rinnovo del piano, con cadenza decennale.
La provvigione minimale è il parametro che permette di valutare l’effi- cienza gestionale e funzionale del sistema (C IANCIO et al., 1981 e C IANCIO et al., 2002 in M INISTERO DELL ’A MBIENTE , 2003), i relativi valori di larga mas- sima sono:
– 150 m
3/ha per le fustaie a prevalenza di specie arboree a fototempera- mento eliofilo;
– 200-250 m
3/ha per le fustaie a prevalenza di specie arboree a fototempe- ramento intermedio;
– 300-350 m
3/ha per le fustaie a prevalenza di specie arboree che sopporta- no l’aduggiamento.
La ripresa non deve superare il saggio di accrescimento naturale. Si
tenderà a favorire, intervenendo su piccole superfici con trattamenti diver-
sificati o combinati e con il taglio di singoli individui o di piccoli gruppi di
piante, l’insediamento della rinnovazione naturale, l’allargamento dei nuclei
di rinnovazione già esistenti, la diversificazione delle strutture sul piano
verticale e su quello orizzontale, la presenza contemporanea su superfici
contigue di strutture a diverso grado di sviluppo. È probabile che gran
parte dei soprassuoli presenterà anche in futuro la tendenza a formare
strutture monoplane con tessitura grossolana: in tali situazioni gli interventi
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saranno tesi alla costituzione di zone di habitat con tessitura più fine. È opportuno pianificare accuratamente l’ apertura e l’integrazione della viabi- lità permanente e temporanea per l’accesso e l’esbosco, in modo da garanti- re la possibilità di effettuare interventi cauti, continui, capillari ed evitare il danneggiamento di stazioni che ospitano particolari emergenze floristiche (es. stazioni di gigli (Lilium martagon L. e Lilium croceum L.), Crocus etru- scus Parl., Anemone apennina L., bucaneve (Galanthus nivalis L.)).
c. L’esecuzione di ceduazioni, nella proprietà pubblica, su superfici accorpate non superiori a 5 ettari, da selezionare tra quelle situate in prossimità della viabilità di servizio alla foresta.
d. Lo scorporo della programmazione dei tagli da effettuare nel pSIC e SIR dalla successione temporale e spaziale degli interventi previsti nelle compre- se del Piano di Gestione Forestale della proprietà regionale. Si ritiene necessaria la creazione di una unità gestionale distinta da quelle che inte- ressano le superfici non ricomprese nel sito. Ciò permetterebbe di piani- ficare i tagli riconoscendo la specificità dei cedui di proprietà pubblica inclusi nel pSIC e SIR.
e. La ricerca di accordi volontari con i privati che consentano, con il sostegno finanziario pubblico previsto dalla LR 56/2000 (art. 18
5), di avviare alla conversione a fustaia soprassuoli per i quali è richiesta l’autorizzazione al taglio ceduo, che siano idonei al cambiamento della forma di governo.
f. Il miglioramento delle pratiche di ceduazione, finalizzato per quanto possi- bile alla conservazione di variabilità e complessità del sistema. Sarebbe opportuno, in occasione della ceduazione, il rilascio a invecchiamento indefinito di un buon numero di esemplari scelti tra quelli con età più elevata, in modo che col tempo la frequenza di alberi vetusti, cavi, marce- scenti, possa aumentare anche nei cedui. La normativa toscana, inoltre, prescrive che numerose specie arboree, quando sono presenti in forma sporadica, siano protette dal taglio
6. È opportuno pianificare in modo accurato l’apertura di viabilità temporanea per l’esbosco, in modo da evi- tare il danneggiamento di stazioni che ospitano particolari emergenze flo- ristiche.
5
Secondo l’art. 18 della LR 56/2000 la Regione considera prioritario, ai fini dell’erogazione di cofinanziamenti per interventi da eseguire nei territori che ricadono nei Siti di Interesse Regionale e nelle aree protette, il sostegno per «pratiche e metodologie di selvicoltura naturalistica».
6
L’ art. 15 del Regolamento di attuazione della LR 39/2000 «Legge forestale della Toscana» e
successive modifiche prescrive la protezione dal taglio di agrifoglio, tasso, ciliegio, tigli, aceri, olmi,
sorbi, meli e peri selvatici, quando presenti con densità inferiore a venti piante ad ettaro per singola
specie e aventi diametro maggiore di 8 centimetri.
8.2. Castagneti
E’ opportuno predisporre incentivi per i proprietari privati di casta- gneti, in modo da favorirne il recupero. L’effettiva possibilità di procedere nel recupero dovrebbe essere valutata caso per caso attraverso indagini par- ticolareggiate. In alternativa, dove il castagneto è ormai del tutto compro- messo per problemi di tipo fitosanitario, eliminando progressivamente il castagno potranno essere favorite le dinamiche legate all’espansione di altre latifoglie. Dovrebbero essere eliminati per primi i castagni in pessimo stato vegetativo e quelli che ombreggiano i nuclei di rinnovazione affermata di latifoglie: faggio, cerro, carpino nero, orniello, acero di monte.
8.3. Impianti di conifere
Si dovrebbe intervenire alleggerendo con cautela la copertura esercita- ta dalle conifere, nelle situazioni in cui i soprassuoli artificiali mostrano di poter evolvere con l’ingresso delle latifoglie autoctone, in modo da favorire la rinaturalizzazione di questi soprassuoli.
8.4. Praterie sommitali
Sarebbe opportuno monitorare l’evoluzione delle praterie. Se esse fos- sero invase da specie arboree e arbustive (a esempio roverella e ginepro comune) sarebbe necessario intervenire con rapidità, eventualmente pro- grammando la ripresa del pascolo a partire da superfici campione.
8.5. Pascoli e coltivi
Per i coltivi e i pascoli «a regime» l’utilizzazione dovrebbe continuare.
Si ritiene però necessario razionalizzare le pratiche di pascolo, introducen- do rotazione e riposo periodico. Si potrebbe garantire un anno di riposo ogni due anni di pascolamento, al quale far seguire sfalci e decespugliamen- ti tardivi, dopo la fine del periodo riproduttivo dell’avifauna nidificante. Il materiale vegetale ottenuto dovrebbe essere rilasciato in loco, per migliora- re il contenuto di sostanza organica del terreno.
8.6. Aree aperte invase da specie arbustive e arboree
Sarebbe opportuno sperimentare il taglio periodico in alcuni sopras- suoli arbustivi. L’acquisizione di informazioni permetterebbe di program- mare interventi periodici in grado di mantenere artificialmente l’evoluzione di questi soprassuoli nelle prime fasi, caratterizzate dalla dominanza degli arbusti.
È necessario incentivare, su altri terreni, interventi di decespugliamen- to e taglio di alberi, tesi a impedire l’espansione dei soprassuoli forestali.
Agli interventi di decespugliamento dovrebbe seguire il pascolamento.
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POGGI DI PRATA» 9. C ONCLUSIONI
L’individuazione del pSIC e SIR «Poggi di Prata», resa operativa con l’e- manazione della LR 56/2000, ha comportato un mutamento del quadro nor- mativo. L’art. 15 comma 3 della LR 56/2000 prescrive che durante la proce- dura di approvazione degli atti di pianificazione di settore – ivi compresi i piani forestali sovracomunali – , si valutino gli effetti sullo stato di conserva- zione dei SIR. In generale, secondo il comma 1 dell’art. 27 della L.R. 39/2000
«Legge forestale della Toscana» e successive modificazioni, la funzione di tutela della biodiversità e protezione della flora e della fauna rientra tra le fina- lità dell’amministrazione del patrimonio forestale di proprietà della Regione.
Nel sito «Poggi di Prata» la diversità biologica può essere conservata e migliorata incrementando la diversità delle forme di gestione, governo e tratta- mento delle varie tipologie forestali, conservando attivamente gli ecosistemi dominati dagli arbusti, impedendo l’espansione del bosco nelle aree aperte.
Il caso di studio conferma quanto previsto dalla direttiva Habitat riguar- do all’inclusione delle attività umane in tutti i casi in cui esse non siano in aperto contrasto con gli obiettivi di conservazione. Nel sito è necessario man- tenere le attività tradizionali di pascolo e coltivazione dei castagneti ed è pos- sibile mantenere, con opportune modifiche, le pratiche di ceduazione. L’o- biettivo della gestione deve essere quello di favorire l’incremento della com- plessità degli ecosistemi forestali e la loro diversificazione strutturale e fun- zionale.
10. R INGRAZIAMENTI
Si ringraziano il Prof. Orazio Ciancio e la Prof. ssa Susanna Nocentini per la lettura critica del testo e per il supporto offerto. Si ringraziano Bruno Foggi e Federico Selvi (Università di Firenze, Dipartimento di Biologia Vege- tale) per le informazioni fornite in merito alle praterie su substrato calcareo e alla localizzazione delle specie vegetali di interesse comunitario.
SUMMARY
Forest management in proposed sites of Community importance.
The «Poggi di Prata» site (GR, Tuscany, IT)
The paper discusses forest management guidelines for a proposed site of
Community importance, recognized by Toscan regional laws as a site of Regional
importance. The connections between forest management and biological diversity
conservation, resulting from the fulfilment of the EU «Habitat» directive, are examined. The paper analyses the main features of forest cover in the site, and describes the current forest management plan for the public property. Forest management guidelines are proposed including also economic aspects. Site conservation requires different actions, including preservation, coppice convertion to high forest, transitory stands management, open areas management and monitoring.
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