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Gli storici alla prima crociata

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Franco Cardini 4 gennaio 2011

Gli storici alla prima crociata

L’assedio di Gerusalemme raccontato con rigore da Conor Kostick

Decisamente, di questi tempi stanno andando di gran moda le battaglie raccontate. Non è un uso storiografico troppo diffuso nell’Europa continentale: direi che si tratta di un genere sto- riografico che ci perviene soprattutto dalla Gran Bretagna, maestra in questo genere di cose.

Ma ci sono anche in Italia studiosi che riescono a “raccontare le battaglie”: e non lo fanno trop- po “all’inglese”, cioè insistendo sui particolari e sulle fasi dello scontro, ma più “alla continenta- le”, badando anche ai contesti politici e sociali. Il caso più interessante tra questi storici è Ales- sandro Barbero, medievista dell’Università di Vercelli che si è occupato in modo magistrale del- le battaglie di Adrianopoli del 378, di quella di Campaldino del 1289, di quella – famosissima – di Waterloo, e che di recente è tornato, con un monumentale libro di oltre 750 pagine, su Le- panto (Laterza, 2010) a considerare quello scontro epocale: o che almeno venne presentato come tale.

Invece Conor Kostick, medievista del Trinity College di Dublino, nel libro tradotto in italiano col titolo L’assedio di Gerusalemme (Il Mulino, 2010, pp.275) ci racconta la conquista di Geru- salemme del 15 luglio 1099 da parte di un composito esercito formato di guerrieri soprattutto francesi, di marinai genovesi e di pellegrini provenienti da varie regioni dell’Europa occidentale del tempo. Erano tutti distinti da un segno di pellegrinaggio, il distintivo d’una croce di stoffa:

per questo le fonti del tempo li definiscono cruce signati. Insomma, siamo all’atto conclusivo di quella che noi chiamiamo «la prima crociata», anche se tale parola nei documenti del tempo non c’è.

Non siamo propriamente dinanzi a una storia della prima crociata. D’altronde, ciò non era nell’intenzione dell’autore. Però, considerando che la presa di Gerusalemme di quel lontano 1095 fu l’atto conclusivo di un movimento complesso, sul quale oggi si hanno davvero idee molto confuse, forse una minore stringatezza nel considerare il contesto sociopolitico e socioe- conomico sarebbe stata opportuna. Ma si tratta di un libro che mette largamente da parte gli aspetti problematici della storia e che preferisce narrare.

Agile l’apparato critico, scarna la bibliografia citata, rapido e convenzionale l’inquadramento della spedizione che noi chiamiamo appunto «crociata».

Vero è che Kostick ha pubblicato, nel 2008, un libro su The social structure of the first cru- sade: qui ha proposto di tornare ai cari buoni vecchi schemi dell’histoire-bataille. Un solo capi- tolo, quello conclusivo, è dedicato a Le eredità della crociata. Insomma, non si tratta di un cat- tivo libro, al contrario: esso viene proposto con garbo a un tipo di lettore colto e appassionato di storia, che forse non ama troppo le complicazioni di tipo critico, filologico ed esegetico e a cui piace sentir raccontare.

Molti studiosi riterranno poco opportuno questo tipo di libri che insistono molto sui fatti, po- co sulle strutture e le istituzioni, meno ancora sulla problematica. Io non sarei così severo: mi chiedo tuttavia perché, mentre l’interesse per la storia nella nostra società sta declinando, cre- sce invece la disponibilità a “sentir raccontare”, e soprattutto eventi come le battaglie.

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Probabilmente, sta accadendo che cresce tra gli interessati alla storia il livello delle persone di media cultura che però hanno poco rispetto per la ricerca specialistica e, con una punta di superficialità e d’arroganza, preferiscono il bricolage storico, il do it yourself. Fino a qualche anno fa, una linea piuttosto netta divideva la letteratura storica divulgativa dalla ricerca scien- tifica impegnata: e i ricercatori professionisti non indulgevano alla prima. Oggi, la “cultura di massa” e le sollecitazioni mediatiche hanno forse fatto crescere un po’ l’interesse per la storia, ma hanno parallelamente azzerato o quasi la possibilità di crescita intellettuale da parte di un

“ceto medio culturale” che ormai si sente autonomo e si crede detentore di cognizioni tali da farlo pensare di poter far a meno dei “professori”.

Ma in questo modo il livello culturale effettivo si abbassa, s’involgarisce, s’inquina. Bisogna far molta attenzione.

Il testo è tratto da

http://www.europaquotidiano.it/2011/01/04/gli-storici-alla-prima-crociata/

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