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Partendo da un’analisi del contesto storico-culturale relativo alla nascita e allo sviluppo dell’Islam vediamo che l’esistenza del dialogo islamo-cristiano è tanto antica quanto l’incontro tra le due religioni

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INTRODUZIONE

Qual è l’origine del dialogo islamo-cristiano? Quali sono i caratteri principali delle dispute islamo-cristiane delle origini? Quali sono gli spunti per un odierno dialogo interconfessionale? Nell’elaborato mi propongo di rispondere in modo chiaro ed esaustivo ad ognuna di queste domande. Il percorso di studi che ho fatto mi ha portato a sviluppare un forte interesse per il tema del dialogo interreligioso in quanto la ricerca di un dialogo tra Cristiani e Musulmani è apparsa ai miei occhi, visti gli avvenimenti storico politici degli ultimi anni, la vera sfida intellettuale odierna. Mi sono chiesta quali siano le somiglianze e i punti di conflitto di queste due fedi, da dove hanno origine le dispute teologiche e che spunti possiamo ottenere dal passato per un possibile dialogo odierno. Per rispondere a queste questioni cerco di offrire in questo elaborato del materiale per una comparazione tra le dispute islamo-cristiane delle origini e il dibattito contemporaneo. Partendo da un’analisi del contesto storico-culturale relativo alla nascita e allo sviluppo dell’Islam vediamo che l’esistenza del dialogo islamo-cristiano è tanto antica quanto l’incontro tra le due religioni. Seguendo l’analisi di W.M. Watt in Muslim-Christian encounters. Perceptions and Misperceptions, vediamo quale tipo di Cristianesimo incontrò l’Islam valutando questo incontro sulla base di alcuni fattori di debolezza del Cristianesimo dell’epoca. Watt mette in evidenza un punto che per me si rivela fondamentale per lo sviluppo del dialogo tra le due religioni ovvero la scarsa conoscenza da parte dei Musulmani dei fondamenti della religione cristiana, in quanto essi respingono nel Corano due elementi cruciali della

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fede cristiana: la morte di Gesù e la sua divinità. L’immagine che i musulmani hanno del Cristianesimo si basa quindi sulla negazione di due dogmi fondamentali di questa religione. Dall’altra parte la concezione cristiana dell’Islam, soprattutto nel periodo post-crociate, risulta dettata dalle situazioni contingenti che avevano fatto sì che l’immagine che i Cristiani tratteggiavano dell’Islam fosse quella di una falsa religione, professata da un falso Profeta, visto come anticristo ed emissario del demonio. Sulla base di quanto detto passo dunque a prendere in considerazione la teologia islamica nel suo intreccio con quella cristiana mostrando quanto può dirsi forte l’influenza del Cristianesimo negli articoli di fede presi in considerazione nel kalam o apologia islamica. Per affrontare questo importante tema faccio riferimento al lavoro di Wolfson in The Philosophy of the Kalam. Entrando nel vivo del dibattito islamo-cristiano delle origini vado ad analizzare tre opere di due autori che molto hanno dato a questo confronto interreligioso, la Centesima eresia e la Controversia tra un Saraceno ed un Cristiano di Giovanni Damasceno e l’Apologia del Cristianesimo di al-Kindi. Tramite questi testi possiamo vedere quelli che sono due diversi approcci al dialogo tra Islam e Cristianesimo da parte dei controversisti del passato. Il primo è caratterizzato da una chiusura nei confronti della religione islamica, e da una strenua difesa del Cristianesimo.

Esso indubbiamente risente della situazione storica di forte conflittualità tra Musulmani e Cristiani. Il secondo invece si contraddistingue per il tentativo di creare un vero dialogo, basato sul rispetto reciproco e pari dignità. E’ così che passo a cercare di rispondere all’ultima domanda che mi sono posta: è possibile un dialogo islamo-cristiano ad oggi? Si va ad aprire lo scenario degli spunti per un odierno dialogo interconfessionale che vede la presa in

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considerazione di teologi e religiosi affermati in questo ambito. Al termine dell’elaborato posso dire di aver risposto alle domande iniziali ed essere riuscita a raccogliere del materiale per la comparazione tra le dispute delle origini ed il dibattito contemporaneo. Lo svolgimento della tesi mi ha portata a comprendere l’importanza del passato, delle origini per una giusta comprensione del presente e soprattutto per uno sviluppo positivo del dibattito futuro. E’ soltanto attraverso la conoscenza dei diversi passaggi che si sono susseguiti nel corso del tempo in questo dialogo interreligioso che si può arrivare a comprendere al meglio la situazione attuale e a cercare di indirizzare tale dialogo nel futuro. Ciò che ai miei occhi sembra necessario è una profonda conoscenza reciproca che, insieme al rispetto della controparte, possa essere la base di un dialogo. Vi è davvero possibilità di confronto se ci si dice aperti alla comprensione mantenendo le proprie peculiarità senza andare a sminuire l’altro. Resta per me che la ricerca di questo dialogo sia una sfida odierna da prendere in considerazione e sviluppare al meglio per un futuro di pacifica convivenza tra i fedeli del mondo.

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Capitolo Primo

“ Islam e Cristianesimo: alle origini dell’incontro”

1.1 Le origini del dialogo islamo- cristiano: la nascita dell’Islam

L’esistenza del dialogo islamo-cristiano è tanto antica quanto l’incontro tra le due religioni. Tale dialogo ha le sue radici nel tempo e nello spazio in cui nacque l’ Islam, ovvero nell’ Hiğāz, la parte nord- occidentale della penisola arabica, in particolar modo a La Mecca, dove nacque il profeta Muhammad tra il 569 e il 570 d.C.

La penisola arabica, situata tra l’Africa e l’Asia, è un vasto tavolato desertico con rilievi lungo le coste caratterizzato da un clima caldo e secco.

La maggior parte degli abitanti apparteneva a tribù nomadi che praticavano allevamento, commercio e razzie; erano presenti anche piccole tribù sedentarie che vivevano in villaggi di fellahin, contadini. In Arabia il quadro religioso era composito e frammentato, caratterizzato in prevalenza dal politeismo, anche se erano presenti in misura largamente minoritaria Ebraismo e Cristianesimo1. Si dice che i nomadi arabi praticassero culti politeistici, e l’insieme di queste forme di culto è stata definita dagli studiosi

“umanesimo tribale”, l’insieme di credenze religiose e tradizione poetico- letteraria di queste popolazioni. Era presente un codice etico, associato al sistema tribale, secondo cui la tribù o clan era diretta responsabile delle colpe di ognuno dei suoi membri; vigendo la legge del taglione, tutto questo portava a faide lunghe e sanguinose. Nel momento storico in questione, La

1 G. Vitolo, Medioevo. I caratteri originali di un’età in transizione, Milano, Sansoni, 2000, p. 83.

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Mecca era una cittadina divenuta importante centro per il commercio grazie alla sua favorevole posizione. Al suo interno era presente acqua sorgiva sufficiente per mantenere una piccola comunità, e vi si trovava la Kaʽba, edificio sacro contenente la Pietra Nera, che si riteneva essere stata portata dall’arcangelo Gabriele. Durante il VI sec d.C. la Siria e l’Egitto facevano parte dell’impero bizantino, mentre l’Iraq dell’impero sasanide2. Le continue guerre tra questi due grandi imperi avevano rovinato le vie carovaniere per il commercio, recando molta fortuna ai mercanti della Mecca, poiché a partire dal 600 d.C. l’itinerario del commercio era quello che collegava lo Yemen a Gaza, passando per La Mecca. E’ qui che nacque Muhammad intorno al 570. Orfano di padre e successivamente di madre, fu affidato allo zio Abu-Talib. Sposò una ricca vedova, Khadija, e grazie alle cospicue sostanze della donna potette dedicarsi al commercio. Nel 610, all’età di quarant’anni gli apparve in una caverna del monte Hira, l’arcangelo Gabriele, rivelandogli di essere l’apostolo di Allah. L’inizio della predicazione pubblica è collocato nell’anno 613. Intorno a Muhammad si raccolse un gruppo di persone, composto soprattutto da giovani.

Analizzando il perché la gente fosse attratta dalle rivelazioni del Profeta c’è da dire che i giovani avevano assistito ad una degenerazione del cosiddetto

“umanesimo” tribale, per cui i capi dei clan più ricchi pensavano solo ai propri interessi, trascurando i propri tradizionali doveri. Il Corano insisteva sul fatto che il senso ultimo della vita non fosse l’accumulo di ricchezze e potere ma una vita retta in attesa dell’Ultimo Giorno. Ecco perché il

2 Dinastia che regnò nella Persia dalla caduta del regno degli Arsacidi (224 d.C.) alla conquista araba (650 ca.) . Al primo sovrano, Ardashir, ne successero circa trenta, l’ultimo dei quali fuggì nel 651 di fronte agli arabi invasori. Questa dinastia ebbe particolare importanza politica, culturale e religiosa per la Persia del VIII secolo. Impose lo zoroastrismo come religione di Stato, perseguitò cristianesimo e manicheismo, inoltre promosse un’intensa attività culturale con traduzioni dal greco e siriaco, diede al paese un struttura amministrativa forte, che sopravvisse in età musulmana, insieme ad altri elementi della loro cultura.

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messaggio di Muhammad faceva molta presa sulle persone ed in particolar modo sui giovani del tempo. A causa della condanna di alcuni comportamenti dei ricchi mercanti da parte del Corano, presto molti fra loro cominciarono ad opporsi a Muhammad e alla nuova religione. A partire dal 615 fu Abu-Jahl a porsi alla testa dell’opposizione. Il profeta prese con il tempo dei contatti con tribù nomadi che frequentavano le fiere nei dintorni, ma con scarsi risultati. Un avvenimento certamente importante fu il primo Pegno di alʽAqaba: durante il pellegrinaggio annuale a La Mecca del 620 sei pellegrini provenienti da Medina incontrarono Muhammad, rimasero così impressionati dal suo messaggio che cinque di loro tornarono l’anno dopo con altri sette uomini; essi accettarono di riconoscere Muhammad come profeta, gli promisero obbedienza e sostegno nella città di Medina, di cui erano personaggi influenti. Sfuggendo così all’opposizione presente alla Mecca, la maggior parte dei musulmani emigrarono a Medina in piccoli gruppi e furono raggiunti da Muhammad nel 622, l’anno appunto dell’egira, emigrazione.

Siamo venuti in possesso di un importante documento, la “Costituzione di Medina3”, contenente cinquanta articoli che gettano le basi di una federazione di tribù degli Emigranti della Mecca e gli otto clan di Medina.

Qui si proclama Muhammad come profeta e si stabilisce che le dispute particolarmente gravi dovessero essere portate di fronte a lui.

Di particolar rilievo sul periodo successivo all’ egira, sono i racconti sulle spedizioni, maghazi. Muhammad riuscì nel 628 a conquistare La Mecca e ad eliminare i tre principali clan ebrei a lui avversi. L’autorità del profeta divenne sempre più grande tanto da rendere il suo potere autocratico.

3 Cfr. W. Montgomery Watt, Muhammad at Medina, Oxford, Clarendon Press, 1956, pp. 221-225.

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Ci si rese conto ben presto che non si poteva permettere alle tribù musulmane di fare razzia l’una contro l’altra, secondo l’attività usuale dei nomadi. Il modo migliore per evitare queste razzie fu di incanalare tutta l’energia verso i confini, Siria e Iraq, dando così avvio ad una politica di espansione che fu continuata anche dai primi califfi e che diede ottimi risultati in termini di conquiste. Nel 632, dopo aver condotto il grande pellegrinaggio, hajj, Muhammad morì4.

1.2 Quale cristianesimo incontrò l’Islam e l’immagine di esso nel Corano

Come ho accennato prima nell’Arabia erano presenti, accanto ai maggioritari culti politeistici, anche la religione ebraica e quella cristiana; è interessante chiedersi quale tipo di Cristianesimo incontrò l’Islam. Questa questione è uno degli argomenti principali che Montgomery Watt5 discute nel suo testo Muslim-Christian encounters. Perceptions and misperceptions.

“When one begins to think about the Christianity encountered by Muhammad and the first Muslims, it has to be realized that it was very different from Christianity we know today.”6

Intorno al 600 d.C. la maggioranza dei cristiani costituivano una sola grande Chiesa; esistevano però dei nuclei importanti espulsi dal suo seno perché

4 Cfr. W. Montgomery Watt, A Shorth History of Islam, Oxford, Oneworld Pub, 1996, pp. 1- 20.

5 William Montgomery Watt (1909- 2006) è stato Professore Emerito di Arabo e d studi Islamici presso l’Università di Edimburgo. Studioso conosciuto e apprezzato nel campo degli studi islamici, è stato un orientalista e storico delle religioni britannico. Tra le sue opere principali da ricordare la biografia di Muhammad composta di due parti:

Muhammad at Mecca, 1953 e Muhammad at Medina, 1956.

6 W. Montgomery Watt, Muslim-Christian encounters. Perceptions and Misperceptions, London- New York, Routledge, 1991, cit., p. 1.

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considerati eretici. Questi erano i nestoriani e i monofisiti7, che includevano al loro interno giacobiti8 e copti9. La maggior parte dei Cristiani che vivevano in Arabia e che si trovavano nei primi territori occupati dai Musulmani, come Egitto, Siria, Palestina ed Iraq, appartenevano a questi gruppi eretici. Watt spiega come la distinzione religiosa tra ortodossia ed eresia fosse strettamente connessa alle differenze culturali tra le due parti. In questo periodo, la grande Chiesa si identificava con le classi dirigenti dell’impero bizantino, che dal punto di vista culturale era greco; mentre l’eresia monofisita e quella nestoriana, definiti rispettivamente “siriani d’Occidente” e “siriani d’Oriente” rappresentavano il risentimento anti- greco10. All’interno della grande Chiesa erano compresi anche i cristiani dell’Europa occidentale caratterizzati dalla cultura latina. Nonostante questo nei concili di Nicea11 e di Calcedonia12, riguardanti la sistemazione del corpus dottrinale, i vescovi orientali ebbero una posizione predominante, e le dottrine formulate in essi furono ispirate alla filosofia greca.

La cultura greca non era omogenea, una delle sue caratteristiche era l’adesione all’ortodossia, in quanto la completa aderenza ai principi della

7 Il monofisismo è una dottrina che teorizza in Cristo una sola natura umana e divina. Si diffuse nel V-VI secolo ad opera di Eutiche. Fu dichiarato eresia nel concilio di Costantinopoli del 448 d.C. e successivamente da quello di Calcedonia, che determinò il distacco della Chiesa copta, giacobita e armena.

8 Seguaci della Chiesa monofisita di Siria fondata da Ya‛qōb Būrde‛ānā (m. 578), vescovo d’Edessa; si chiamano anche Siri ortodossi.

9 La Chiesa copta è la principale Chiesa cristiana d’Egitto, teologicamente caratterizzata dalla confessione monofisita (vedi sopra), che la distingue dal Cattolicesimo e dalla confessione cosiddetta “ortodossa”; la concezione monofisita unisce invece i copti alla Chiesa siro-giacobita (vedi sopra).

10Cfr. W. Montgomery Watt, Muslim-Christian encounters. Perceptions and Misperceptions, pp.1-2.

11 Il concilio di Nicea del 351 d.C. è il primo concilio ecumenico, fu convocato dall’imperatore Costantino. Ad esso parteciparono dai 220 ai 318 vescovi , in maggioranza orientali. Con questo concilio fu condannata l’eresia di Ario, proclamando il Figlio consustanziale a Dio padre nel Credo.

12 Il concilio di Calcedonia del 451 d.C. è il quarto concilio ecumenico. Inaugurò l’epoca degli scismi tra le diverse Chiese. Ebbe luogo a Calcedonia, nella regione di Bitinia, e si concluse con l’affermazione della formula che considerava Cristo vero Dio e vero uomo, attribuendogli due nature distinte ma inseparabili. Sì aprì così un contrasto tra le comunità monofisite di Egitto, Siria e Armenia e la Chiesa di Roma e Costantinopoli.

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fede era considerata l’elemento fondante dell’unità della comunità cristiana.

Sostiene Watt:

“Greek culture in pre-Christian times had been characterized by a dualistic conception of the human person, in wich the soul was regarded as the real person and the body as a mere instrument.13

Gregorio di Nissa (m.394), rappresenta con la sua opera un stadio ulteriore del pensiero greco. Per lui la persona umana consiste nell’anima creata contemporaneamente al corpo. Il corpo non è di per sé un’entità negativa ma nel contatto con esso l’anima si lascia sporcare dalle passioni, per cui Cristo è venuto a purificare l’anima da questo sporco.

Per spiegare al meglio la distanza che separa la cultura greca da quella dei cristiani egiziani e siriani Watt preferisce concentrarsi sul Cristianesimo professato nella Chiesa copta:

“In such writers we find a monistic conception of the human person;

that is, though the person consists of soul and body, the body is as much part of the person as the soul. Human beings are by nature perishable or mortal like animals. God made them immortal. Human beings lost this immortality, however, because they were deceived by the devil, who, and not the body, is regarded as the source of evil. The incarnation of the divine Word in Jesus by which his human nature becomes incorruptible and is resurrected after death. Through association with the body of Christ Christians share in this incorruptibility or immortality.14

Ciò posto, non è difficile capire il perché molti dei pensatori egiziani e copti adottarono poi il monofisismo, dottrina che teorizza in Cristo una sola

13 W. Montgomery Watt, Muslim-Christian encounters. Perceptions and Misperceptions, cit., p. 3.

14 Ibid., p.4.

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natura, umana e divina, poiché se in Cristo le due nature restassero separate, come sostenevano i greci, la natura umana non sarebbe incorruttibile e quindi l’umanità dei cristiani rimarrebbe soggetta a morte, non risolvendo così il problema centrale della vita umana.

Parte centrale del pensiero dei nestoriani15 è invece la figura di un Dio eterno e impassibile, che li porta a contestare l’attribuzione a Maria del termine theotokos, portatrice di Dio, poiché Dio eterno non può divenire bambino. Preferivano attribuire a Maria l’appellativo di Madre del Cristo.

Al termine di questa analisi Watt discute nuovamente su quale tipo di Cristianesimo fosse conosciuto a La Mecca. Sicuramente tra i Cristiani dell’epoca di Muhammad i nestoriani e i monofisiti costituivano i nuclei più importanti.

“The form of Christianity best known to the people of Mecca at that time was that of small groups of Christians from a Jewish background, who had never accepted the credal formulations of the Great Church, but had managed to maintain their existence in relative isolation.

Such groups would accept Jesus as Messiah but not as a divine hypostasis.16

Nonostante la presenza di gruppi di Cristiani sia tra gli arabi nomadi che tra i sedentari, ci devono essere state pochissime persone ad avere una conoscenza profonda del Cristianesimo. In questo determinato periodo e nei luoghi oggetto della presente analisi, un arabo cristiano aveva una consapevolezza della propria religione molto superficiale. Tutto ciò comportava che i meccani sapessero dell’esistenza del Cristianesimo e del

15 Il nestorianesimo è una dottrina che vede come punto centrale l’immagine di un Dio eterno ed impassibile. Si diffuse nel IV secolo per opera di Nestorio. Fu condannato nel concilio di Efeso nel 431 d.C. e definitivamente nell’editto dei

“Tre Capitoli” del 553 dall’imperatore Giustiniano.

16 Cit. W. Montgomery Watt, Muslim- Christian encounters. Perceptions and Misperceptions, p. 6.

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Giudaismo, ma le informazioni che ne avevano erano poco accurate. Watt valuta l’incontro tra Cristianesimo e Islam attraverso la considerazione di tre fattori di debolezza della religione cristiana in quel periodo. Il primo fattore riguarda lo stretto legame tra Cristianesimo ortodosso, cioè la grande Chiesa, e l’impero bizantino. La conversione da parte dei meccani al Cristianesimo avrebbe comportato per loro il divenire sudditi dei bizantini, a scapito dei loro interessi commerciali per cui era meglio restare neutrali nei confronti dei due principali imperi, quello bizantino e quello sasanide. In secondo luogo la teologia greca ufficiale era divenuta troppo complessa dopo i concili ecumenici e quindi al di là della comprensione di un cristiano qualunque, implicando che un cristiano che avesse incontrato un meccano non sarebbe stato capace di spiegargli le astrazioni e le particolarità della dottrina che professava. Il terzo fattore riguarda la condanna da parte del Cristianesimo ortodosso di copti, giacobiti e nestoriani, la quale comportò la disgregazione all’interno della Chiesa indebolendola e facilitando così la conversione di molti membri di queste sette all’Islam.

Per comprendere al meglio l’immagine che il Corano presenta delle altre religioni in generale è importante prendere in considerazione la concezione di profezia in esso presente. Gli arabi non avevano redatto documenti storici scritti per cui la loro storia si fondava sulla tradizione orale. In questo modo essi erano a conoscenza della storia delle loro tribù per generazioni non molto precedenti. Gli arabi infatti ragionavano per generazioni e non per decadi, per loro dunque risultava difficile concepire una comunità come quella ebraica che aveva una storia di oltre mille anni, caratterizzata da più di trenta generazioni. Watt sostiene che in questo momento storico l’idea che queste tribù nomadi politeiste avevano della loro storia racchiudeva al

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suo interno una particolarità che divenne fondamentale per Muhammad e la concezione della profezia, ovvero la convinzione dell’immutabilità delle condizioni della vita umana e sociale, con la conseguente avversione alle innovazioni17. In questo quadro non sorprende che il Corano insista nel collocare Muhammad in una lunga linea di profeti che si erano succeduti nel tempo, puntando sul fatto che la sua missione non era niente di nuovo. Tutti i profeti avevano proclamato lo stesso messaggio invitandoli a credere in Dio e al giudizio dell’Ultimo Giorno18. Per rafforzare l’idea che Muhammad facesse parte di una lunga tradizione sono presenti nel Corano storie di profeti a lui precedenti. Sono riportati racconti riguardanti Abramo:

“ Recita loro anche la storia di Abramo, allorché disse a suo padre e al suo popolo : « Che cosa adorate?». Risposero: « Adoriamo degli idoli e siamo loro costantemente fedeli.» Chiese loro « Vi ascoltano essi, quando voi li invocate? Oppure vi giovano o vi recano danno?»

Risposero: « Abbiam provato che i nostri padri facevano lo stesso!».

Riprese Abramo: « Che pensate voi? Quelli che voi adorate, voi e i vostri padri antichi, ecco, sono miei nemici, ma non così il Signore del creato che mi ha creato, e che mi guida e che mi dà cibo e che mi dà bevanda e che quando mi ammalo mi sana e che mi uccide e poi mi suscita a vita e che bramo voglia perdonare la mia colpa il Dì del Giudizio! Signore! Dammi saggezza e uniscimi ai buoni! E accordami menzione sincera tra i posteri e fa’ di me un erede del giardino di delizie e perdona mio padre, che fu tra gli erranti, e non coprirmi di ignominia il giorno in cui verranno resuscitati gli uomini, il giorno quando a nulla serviranno ricchezza e figli e solo varrà chi avrà

17 Cfr. W. Montgomery Watt, Muslim- Christian encounters. Percpetion and Misperception, p.17-18.

18 Cfr. W. Montgomery Watt, A shorts History of Islam, p. 45.

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portato a Dio un cuore sincero, il giorno in cui sarà avvicinato il Giardino ai pii e sarà manifestato ai traviati l’Inferno, e sarà chiesto loro: «Dove sono quei che adoravate in luogo di Dio? Vi soccorrono ora? Potranno soccorrer se stessi?» E saranno rotolati nell’abisso d’Inferno, essi, e i traviati, e le armate di Satana tutte. E diranno colà disputando: « Per Iddio! Eravamo in errore manifesto quando vi uguagliammo al Signore del creato! Ma non ci spinsero al male altro che i malvagi, e ora non v’ha per noi intercessore né amico amoroso.

Ma se a noi fosse dato tornare sulla terra, si, certo saremmo credenti!»19. ( 26: 69-102)

E’ presente anche un racconto più breve della sua profezia:

“E nel Libro ricorda Abramo; in verità egli era un giusto, un profeta.

Allorché disse a suo padre: « O padre, perché adori tu chi non ode e non vede e a nulla ti giova? O padre, m’è giunta, per vero, da Dio scienza che tu non possiedi: seguimi dunque e io ti guiderò per una via piana. O padre, non adorare Satana, ché egli fu al Misericordioso ribelle. O padre, temo che ti colga un castigo da parte del Misericordioso e che tu divenga amico di Satana». Gli disse suo padre: «Sei tu avverso ai miei dei, Abramo? Se non desisti, ti lapiderò davvero; ora vattene via da me per un tempo.» Rispose Abramo: « Sia pace su di te! Chiederò perdono per te al Signore poiché Egli fu con me benevolo sempre. Si, io mi apparterò da voi e da quelli che voi adorate in luogo di Dio e invocherò il mio Signore: chissà che io non sia fortunato nella mia preghiera al Signore.» E allorché si fu

19 Corano, 26: 69-102.

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appartato da loro e da quelli che essi adoravano in luogo di Dio, donammo a lui Isacco e Giacobbe e d’ognuno facemmo un profeta”20. ( 19: 41-49)

Allo scopo di mostrare che coloro i quali rigettavano il messaggio del profeta sarebbero stati puniti, mentre il profeta e i credenti sarebbero stati salvati viene riportato l’esempio di Noè:

“ E così il popolo di Noè smentì gli Inviati di Dio. Allorché disse il loro fratello Noè: « Non temete voi Iddio? Io sono per voi Messaggero verace. Temete dunque Iddio e obbeditemi! Ché per questo non vi chiedo mercede, ché la mercede mia sta presso il Signore del creato.

Temete Iddio e obbeditemi!» Risposero: «Dovremmo dunque credere in te, in te che seguono i più vili di noi?» Rispose: «E che so io quel che fanno? E il contar le azioni loro spetta solo al Signore, se rettamente sentiste, e io mai scaccerò i credenti perché non sono un Ammonitore chiarissimo!» Dissero: «Se non cessi, Noè, certo sarai lapidato!». Gridò Noè: «Signore! Il popolo mio mi ha smentito! Apri dunque fra me e loro una via, e salvami, e con me salva i credenti!» E salvammo lui e chi era con lui nell’Arca, ripiena di esseri. Quindi annegammo, dopo, i restanti. E certo questo fu un segno, ma i più di loro non furono credenti.”21 (26: 105-121)

In alcuni punti del Corano sono presenti liste di personaggi biblici che venivano considerati profeti.

“ In verità Noi ti abbiamo dato la rivelazione come l’abbiamo dato a Noè e ai profeti che lo seguirono, e l’abbiamo data ad Abramo e a

20 Corano 19: 41-49.

21 Corano 26: 105- 121.

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Ismaele, a Isacco e a Giacobbe e ai Patriarchi, e a Gesù e a Giobbe, a Giona e ad Aronne e a Salomone, e a Davide demmo i Salmi”

22(4:163)

E’ implicito nel testo sacro che tutti questi profeti portassero essenzialmente lo stesso messaggio23 e che dunque il profeta fosse colui a cui Dio si è rivelato e che risponde chiamando il suo popolo a credere in Dio, chi accetta lui e il suo messaggio sarà salvato dal Signore mentre chi lo respinge sarà punito. Muhammad nel Corano è chiamato sigillo dei profeti, espressione che fu intesa a significare che egli era l’ultimo dei profeti.

Secondo Watt con una concezione di profezia come questa e vista la storia dei profeti condivisa dai Musulmani era impossibile per loro avere un’idea adeguata della storia del Giudaismo e del Cristianesimo. In particolar modo Watt insiste sull’importanza del rendersi conto di ciò che il Corano non dice oltre a ciò che invece riporta.

“Thus there are stories about Noah, Abraham and Moses (sill regarded as prophets) and other Old Testa ment characters, but virtually no indication is given of how they relate to one another in time. Similarly there are many details about Moses from his infancy onwards, but events are treated in isolation and not put into chronological order… It is further to be noted that there is nothing in the Qur’an about Joshua and the settlement of the Banu Isra’il in the Promised Land, nothing about the establishment of the kingdom under David, nothing about the Exile and the return from exile.24

22 Corano 4: 163.

23 “ E dite loro ancora: « Noi crediamo in Dio, in ciò che è stato rivelato a noi e in ciò che fu rivelato ad Abramo, a Ismaele, a Isacco, a Giacobbe e ai Patriarchi, e in ciò che fu dato a Mosè e a Gesù e ai profeti dal Signore; non facciamo differenza alcuna fra loro e Lui tutti ci diamo come musulmani!»” Corano 2. 136.

24 W. Montgomery Watt, Muslim-Chrstian encounters. Perceptions and Mispercepionts, cit. pp 12-13.

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Nel Corano Ebrei e Cristiani sono pur sempre riconosciuti come credenti in Dio; vi sono alcuni passi più antichi che pongono in buona luce i Cristiani rispetto ai giudei e parlano di essi in modo amichevole.

“ Troverai che i più feroci nemici di coloro che credono sono i giudei e i pagani, mentre troverai che i più cordialmente vicini a coloro che credono sono quelli che dicono: «Siamo cristiani!». Questo avviene perché tra loro vi sono preti e monaci ed essi non sono superbi25 (5: 82)

Questo sentimento benevolo nei confronti dei Cristiani può essere nato dalla stessa benevolenza che un gruppo di Musulmani ricevette nell’impero cristiano di Abissinia quando vi si recarono per sfuggire alle persecuzioni a La Mecca26. Le critiche mosse a Cristiani ed Ebrei erano dovute al fatto che essi erano credenti in Dio ma si rifiutavano di riconoscere Muhammad come ultimo profeta, pretendendo di essere gli unici depositari della verità.

Proprio da qui parte uno dei principali argomenti apologetici della religione musulmana ovvero l’affermazione che il Corano presenta la pura religione di Abramo, che viene indicato con il termine hanif, seguace di culto e fede pura. Tale termine viene applicato nel Corano solo ad Abramo, Muhammad e ai suoi seguaci.

Dopo aver preso in considerazione ciò che il Corano non dice rispetto ai profeti del giudaismo, Watt analizza l’evidenza della scarsa conoscenza dei fondamenti delle religioni ebraica e cristiana da parte dei Musulmani,

25 Corano, 5: 82

26 Un altro passo che parla in modo favorevole dei cristiani è il seguente “ Demmo a Gesù il Vangelo e ponemmo nei cuori di coloro che lo seguirono mitezza e misericordia; quanto al monachesimo, fu da loro istituito solo per desiderio del compiacimento di Dio; ma non lo osservarono come andava osservato” Corano 57: 27.

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esaminando i due punti in cui il Corano respinge gli elementi cruciali della fede cristiana: la morte in croce di Gesù e la sua divinità.

I versetti che riguardano il rifiuto della morte in croce sono i seguenti27:

“ e ancora per la loro [ degli ebrei ] incredulità e per aver detto contro Maria calunnia orrenda, e per aver detto: «Abbiamo ucciso il Cristo, Gesù figlio di Maria, Messaggero di Dio», mentre né lo uccisero né lo crocifissero, bensì qualcuno fu reso ai loro occhi simile a Lui (e in verità coloro la cui opinione è divergente a questo proposito sono certo in dubbio né hanno di questo scienza alcuna, bensì seguono una congettura, ché certo essi non lo uccisero, ma Dio lo innalzò a sé)”28. (4: 156-158)

Tale questione è rilevante per il futuro delle relazioni islamico- cristiane. Lo scopo principale di questi versetti è negare che la crocifissione fosse una vittoria per gli Ebrei; ma i cristiani non possono certo accettare la negazione della morte in croce. Watt riporta il pensiero corrente dei musulmani a riguardo:

A common interpretation among Muslims is that some other person, possibly Judas, was substituted for Jesus. The modern heretical sect of the Ahmadiyya hold that he only fainted on the cross, was taken down alive and recovered, and then went eastwards preaching… In the centuries before Muhammad various heretical Christian groups tried to explain away the death on the cross in similar

27 Watt nella sua opera cita il seguente passo meno chiaro sempre relativo al rifiuto della morte in croce di Gesù:

“Quando Dio disse: « O Gesù, io ti farò morire e poi ti innalzerò fino a me, e ti purificherò dagli infedeli e porrò coloro che ti hanno seguito alti sopra gli infedeli fino al dì della Resurrezione; poi a me tutti tornerete e Io giudicherò fra voi delle vostre discordie.»” ( Corano 3: 55).

28 Corano, 4: 156-158.

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ways. In recent years one or two Muslims have tried to find interpretations of the passage which would not contradict the Christian belief that Jesus really died29.

Tutti i Musulmani da Muhammad ad oggi hanno creduto che il Corano insegni che Gesù non è morto sulla croce. L’immagine che essi hanno del Cristianesimo si basa dunque sulla negazione di uno dei dogmi fondamentali. L’altro dogma che viene rifiutato è quello relativo alla divinità di Gesù ed è accoppiato al rifiuto della dottrina della divinità. I versetti riguardanti ciò si trovano in tre luoghi:

“ O Gente del Libro! Non siate stravaganti nella vostra religione e non dite di Dio altro che la Verità! Ché il Cristo Gesù figlio di Maria non è che il Messaggero di Dio, il suo Verbo che Egli depose in Maria, uno Spirito da Lui esaltato. Credete dunque in Dio e nei suoi Messaggeri e non dite: «Tre». Basta! E sarà meglio per voi! Perché Dio è un Dio solo, troppo glorioso e alto per avere un figlio!”30. (4: 171)

“ Certo sono empi quelli che dicono: « Il Cristo, figlio di Maria, è Dio», mentre il Cristo disse: «O figli di Israele! Adorate Dio, mio e vostro Signore». E certo chi a Dio dà dei compagni, Dio gli chiude le porte del paradiso: la sua dimora è il Fuoco… E sono empi quelli che dicono: « Dio è il terzo di tre». Non c’è altro Dio che un Dio solo.”31 (5: 72-73)

29 W. Montgomery Watt, Muslim-Christian encounters. Perceptions and misperceptions, cit., p.22.

30 Corano, 4: 171.

31 Corano, 5: 72-73.

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“ E quando Dio disse: «O Gesù, figlio di Maria, sei tu che hai detto agli uomini: “Prendete me e mia madre come dei oltre a Dio?”». E rispose Gesù:« Gloria a Te! Come mai potrei dire ciò che non ho il diritto di dire? Se lo avessi detto, Tu lo avresti saputo… Io non dissi loro se non quello che Tu mi ordinasti di dire, cioè: “ Adorate Iddio, mio Signore e Signor vostro”, e fui testimone contro di loro finché fui tra di loro e, quando Tu mi chiamasti a Te, restasti Tu allora a spiarli».” 32(5: 166-179)

Nonostante l’immagine inadeguata che il Corano fornisce del Cristianesimo e del Giudaismo, Muhammad non poteva negare che essi fossero gente del Libro, che non avevano accolto il suo messaggio. E’ quanto esprime Watt:

“The main Qur’anic perception of Jews and Christians may be said to be that they were people of the book, who had received scriptures proclaiming doctrines essentially the same as those of the Qur’an, but that they had somehow come to deviate from the purity of scriptural truth, at least to the extent of not recognizing and acknowledging Muhammad”33.

E’ in base a questa concezione che Muhammad formulò il principio delle

“minoranze protette”, dhimmì, all’interno dello stato islamico. Ad Ebrei e Cristiani venne concessa autonomia sotto la guida dei propri capi religiosi, purché pagassero delle imposte. Questo meccanismo era utile agli arabi per evitare di dover convertire tutti con la forza.

32 Corano, 5: 116-117.

33 W. Montgomery Watt, Muslim-Christian encounters. Perceptions and Misperceptions, cit., p. 26.

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1.3 Il mondo islamico dopo Muhammad: storia politica

Alla morte di Muhammad, considerato guida degli Emigranti, insorsero problemi circa la sua successione, poiché il profeta non aveva indicato nessuno come suo successore. Si tenne perciò un’assemblea in cui gli Aiutanti di Medina volevano che succedesse a Muhammad il loro rappresentante maggiore, Saʽd ibn-ʽUbada, mentre gli Emigranti non si trovavano d’accordo con tale scelta. Fu infine deciso che Abu- Bakr sarebbe divenuto successore del profeta con il titolo di khalifa, califfo, senza però assumere su di sé la dignità di profeta ma esclusivamente quella di successore.

Il periodo che va dalla morte di Muhammad al 661 è noto come il periodo dei “quattro califfi ben guidati”, rashidun. Si alternarono in successione Abu- Bakr (632-634); ʽUmar (634-644); ʽUthman (644-656) e ʽAli (656- 661). Al termine di questo periodo il califfato fu assunto da Muʽawiya del clan degli Umayya e restò nelle loro mani fino al 750. Questa dinastia califfale araba è denominata degli Omayyadi; essa, come ho detto, regnò dal 661 al 750 sull’impero islamico, ed ebbe, appunto, come fondatore Mu‛awiya ibn Abi Sufyan, il quale, alla morte di ‛Ali ibn Abi Talib, ultimo califfo ortodosso e suo avversario politico, istituì in Siria la sede del suo potere ed elesse come capitale Damasco. Con la successione alla dinastia abbaside la capitale fu trasferita a Baghdad; essi persero tutto il loro potere politico dagli inizi del X secolo anche se conservarono il califfato fino al 1258, quando i mongoli saccheggiarono la capitale. Questa dinastia califfale (Banū l-‘Abbās) fu la più duratura del mondo medievale islamico;

governò infatti dal 750, quando gli Abbasidi strapparono il potere agli

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Omayyadi, fino al 1258, quando Baghdad fu conquistata dai Mongoli. I cinque secoli della dinastia abbaside nell' Iraq coincidono con la maggior fioritura della civiltà araba.

Il califfato di Abu- Bakr come già visto durò solo due anni, in cui per la maggior parte del tempo egli fu impegnato a domare le lotte intestine contro la confederazione musulmana. Queste rivolte sono note con il nome di guerre della ridda o apostasia. Il califfo si rese conto ben presto dell’importanza di dirigere l’aggressività dei nomadi verso l’esterno, per questo una volta domate le rivolte interne, furono inaugurate spedizioni con cadenza regolare e carattere militare vista la necessità di far fronte agli eserciti degli imperi bizantino e sasanide. La rivalità tra questi due grandi imperi era nota da tempo. Inizialmente l’impero sasanide aveva avuto la meglio sull’impero bizantino riuscendo a conquistare Gerusalemme, successivamente grazie all’imperatore Eraclio i bizantini riuscirono a riprendere territori importanti. I due grandi imperi si trovarono a dover far fronte agli attacchi dei musulmani. Contro i bizantini fu decisivo lo scontro nel 636 presso il fiume Yarmuk, grazie al quale successivamente riuscirono ad occupare la Siria fino alle montagne del Tauro, e anni più tardi, nel 642 cacciarono i bizantini dall’Egitto. Contro i sasanidi ottennero un’importante vittoria nel 636 a Qadisiyya, grazie alla quale iniziarono ad avanzare verso est. Nel 652 i musulmani detenevano il controllo su tutto l’Iran.

L’espansione dello stato islamico si arrestò sotto il califfato di Ali34 a causa delle lotte intestine, ma riprese una volta che gli omayyadi si consolidarono al potere. Nel 711 un esercito di arabi e berberi sconfisse in Spagna il re

34 ʿAlī ibn Abī Ṭālib (m. Kufa 662), compagno, cugino e genero di Maometto, egli è il quarto califfo dell'Islam ed è considerato dagli Sciiti il primo Imam.

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visigoto Roderico (m.711) ed occupò tutte le principali città della penisola iberica. Vi furono spedizioni verso nord caratterizzate da sconfitte che determinarono la fine dell’espansione musulmana in quella direzione. Dopo la caduta della dinastia omayyade nel 750 uno dei principi appartenenti a questa famiglia riuscì a fuggire in Spagna e sotto il suo potere la Spagna islamica divenne uno stato separato. Con il crollo degli omayyadi i principati Cristiani riuscirono a riconquistare terreno; si assistette nel 1085 alla presa di Toledo. I musulmani spagnoli per arginare questa offensiva chiesero aiuto a due potenti dinastie nord africane, gli almoravidi e gli almohadi, fu così che i cristiani riuscirono a conquistare Cordoba e Siviglia solo nella prima metà del XIII secolo. Nel 1492 continuò a sopravvivere a Granada un piccolo stato islamico.

E’ utile prendere in considerazione anche il fenomeno delle Crociate, vista l’influenza che ebbero sulla concezione cristiana dell’Islam. Le Crociate ebbero la loro origine da una rinascita del sentimento religioso nell’Europa occidentale. Questo sentimento si esprimeva anche attraverso la partecipazione ai pellegrinaggi che avevano come meta Santiago di Compostela e il Santo Sepolcro a Gerusalemme. Nel 1076 un emiro turco conquistò Gerusalemme e creò non pochi problemi ai pellegrini. Ciò spinse papa Urbano II35 a proclamare la prima Crociata nel 1095. Le ragioni della spedizione però furono molto diverse: l’impero bizantino aveva chiesto l’aiuto del papa per arginare l’avanzata musulmana ed il peggioramento dei rapporti tra la Chiesa d’occidente e quella d’oriente richiedevano l’impegno delle energie bellicose contro un comune nemico per ridurre così le lotte intestine. Ciò che è veramente interessante è come vissero i Musulmani le

35 Ottone di Lagery (m. 1099) fu eletto al soglio pontificio nel 1088.

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Crociate, per loro infatti erano solo un incidente di frontiera di scarsa importanza. Il califfo di Baghdad ne era informato ma non se ne curava molto. Il centro del potere islamico si trovava a molti kilometri ad est dell’Iraq e quindi non si era veramente e conoscenza di ciò che succedeva in Siria e in Palestina. Con l’ascesa al potere degli abbasidi la spinta espansionistica perse energia fino a che nel IX secolo il loro potere iniziò a declinare. Nel corso del X secolo persero tutto il loro potere politico effettivo conservando il titolo di califfi fino al saccheggio di Baghdad da parte dei mongoli.

1.4 La concezione coranica e la sua elaborazione

La storia politica del mondo islamico di cui ho presentato nei paragrafi precedenti, in estrema sintesi, i momenti fondamentali ci dimostra la presenza di una “convivenza” tra Musulmani e Cristiani che determinò un confronto tra loro, il quale portò ad evidenziare le discrepanze tra Corano e Bibbia. Come già ampiamente detto la concezione coranica del Cristianesimo era inadeguata, ma secondo Watt non poteva essere rigettata senza rigettare il Corano stesso, per cui gli studiosi Musulmani rividero alcuni aspetti di questa concezione per indebolire le argomentazioni anti- islamiche elaborate da alcuni Cristiani36.

Da questo punto di vista fu importante l’elaborazione della “dottrina dell’alterazione o corruzione”, tahrîf37, che permetteva ai Musulmani di contestare le argomentazioni che i cristiani avessero elaborato partendo dalla Bibbia. Watt spiega così questa dottrina:

36 Cfr. W. Montgomery Watt, Muslim- Christian encounters. Percpetions and Misperceptions, p. 30.

37 Cfr. Ida Zilio-Grandi, Le opere di controversia islamo-cristiana nella formazione della letteratura filosofica araba in C. D’Ancona, Storia della filosofia nell’Islam medievale, Torino, Einaudi editore, 2005., pp. 112- 118.

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“One of the most important achievements of the early Muslim scholars was the development of the doctrine that at some unspecified point in the past the Jews and Christians had corrupted or altered their scriptures, so that these were no longer the real Torah and Gospel received from God by Moses and Jesus respectively.”38

I dotti Musulmani ritenevano che l’idea della corruzione si trovasse nel Corano in quanto di fatto esistono quattro passi in esso in cui compare il termine yuharrifûna, forma verbale da cui deriva il nome tahrîf. Un’analisi attenta dei quattro passi, afferma Watt, dimostra invece che essi non contengono niente di assimilabile ad una dottrina della corruzione39, ma che nella traduzione coranica i verbi utilizzati rendono tutti l’arabo yuharrifûna:

“ Vi piacerebbe forse che essi credessero per dar gusto a voi, mentre c’è fra loro una banda di gente che ascoltano la parola di Dio per poi alterarla dopo averla ben compresa?” ( 2- 75)40

Alcuni dei giudei storpiano le parole dai loro luoghi e dicono:

«Udiamo e disobbediamo», e «Ascolta qualcosa di non udito» e

«Consideraci», torcendo la loro lingua e diffamando la religione. Ma se invece dicessero: «Udiamo e obbediamo» e «Ascolta» e

«Guardaci», sarebbe stato meglio per loro e cosa più retta; ma Dio li ha maledetti per la loro pertinace infedeltà e solo pochi di loro crederanno.” ( 4- 46)41

38 W. Montgomery Watt, Muslim- Christian encounters. Perceptions and Misperceptions., cit., p. 30.

39Ibid., p. 31.

40 Corano, 2, 75.

41 Corano, 4, 46.

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“Ma poiché essi ruppero il loro patto, li abbiamo maledetti e indurimmo i loro cuori, sì che essi hanno stravolto le parole dai loro luoghi e hanno obliato parte di quel che fu loro insegnato.” (5, 13)42

“O Messaggero di Dio, non rattristarti al vedere coloro che si precipitano nell’empietà, fra quelli che dicono: «Abbiamo creduto»

con le loro bocche, ma non credono i loro cuori, e fra i giudei con le orecchie sempre tese ad ascoltar la menzogna, con le orecchie sempre pronte ad ascoltar altri che non vengono a te, che distorcono le parole dopo averle messe nei loro luoghi, e dicono: «Se questo vi è stato dato da Muhammad prendetelo, se non vi è stato dato, state in guardia!».”

(5- 41)43

Da questi passi si evince che la corruzione è attribuita agli Ebrei di Medina contemporanei di Muhammad; sostiene Watt:

the impression is given that what they were altering was only certain passages and not the complete Torah.”44

La tesi della corruzione viene enunciata secondo due forme: alcuni studiosi erano convinti di una complessiva deformazione del testo, altri, più moderati, sostenevano non la corruzione del testo sacro ma la sua interpretazione.

Questa dottrina viene però contraddetta dall’assunto per cui la missione profetica di Muhammad sarebbe stata preannunciata nella Bibbia. Troviamo riscontro di ciò nel Corano, dove Muhammad viene presentato come profeta

42 Corano, 5, 13.

43 Corano, 5, 41.

44 W. Montgomery Watt, Muslim- Christian encounters. Perceptions and Misperceptions., cit., p.32.

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“ che essi troveranno annunciato presso di loro nella Torah e nel Vangelo” (7, 157)45.

I tre luoghi biblici che si pensava annunciassero la venuta di Muhammad furono mostrati dal califfo al- Mahdî a Timoteo:

“ Susciterò per loro, in mezzo ai loro fratelli, un profeta come te, porrò le mie parole sulla sua bocca, ed egli dirà loro tutto ciò che gli ordinerò”.46

(Dt. 18, 18)

“ Vedrà una carovana, delle coppie di cavalieri, uomini montati su asini, uomini montati su cammelli e osserverà con attenzione, con grande attenzione”47. ( Is. 21, 7)

Il terzo luogo è l’annunciazione del Paracleto nel Nuovo Testamento48. L’interpretazione di questi passi come l’annunciazione di Muhammad presuppone l’autenticità del testo biblico e come precedentemente detto contraddice la dottrina per cui il Libro Sacro fosse inaffidabile nella sua interezza.

E’ utile adesso tornare a prendere in considerazione la visione islamica della storia e dei suoi processi, analizzata molto brevemente nel secondo paragrafo.

In pre-Islamic Arabia there was little understanding of history or the historical process49.”

45 Corano, 7, 157.

46 Deuteronomio, 18, 18.

47 Isaia, 21, 7.

48 Giovanni, XIV, 16-26, XV, 26, XVI, 7.

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E’ ciò che asserisce Watt a riguardo. Nel Corano, come abbiamo visto, si punta molto nel collocare Muhammad all’interno di una lunga linea di profeti che lo avevano preceduto, ma si ottiene anche l’impressione che questi profeti portano il loro messaggio a comunità isolate l’una rispetto all’altra. Le vicende religiose che si trovano nel Corano sono raccontate in modo piuttosto allusivo, dando così l’idea che l’auditorio fosse già al corrente dei fatti. Con la seconda generazione di Musulmani si inizia a sentire l’esigenza di descrizioni di eventi più particolareggiate. Per questo nascono i “narratori di storie”, qussǎs, che formulano resoconti più ampi di storie contenute nel Corano. Appartenevano a tale categoria persone colte e non, per questo i giuristi cercarono di limitare e regolamentare la loro attività.

Le conquiste del I secolo avevano portato ad un piccolo sviluppo della concezione del futuro nella storia universale. Il mondo restava pur sempre suddiviso in due parti, quella dell’Islam e quella della guerra. Nella prima parte i Musulmani governavano secondo la Legge Islamica, nella seconda erano presenti i luoghi dove non si erano ancora verificate le condizioni adeguate per farlo.

Nel mondo islamico vigeva un atteggiamento di auto- sufficienza. Watt spiega così tale approccio:

“for the traditionalist Muslim, knowledge is essentially religious and moral knowledge, or, as I have called it elsewhere, “knowledge for living’ ’, and this is really all contained in the Qur’an and Hadith. For the westerner, on the other hand, knowledge is mainly “knowledge for power’ ’, namely, knowledge about the natural world and about

49W. Montgomery Watt, Muslim- Christian encounters. Perceptions and Mispercepions, cit., p. 41.

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human individuals and communities, since this knowledge makes it easier to control things and people.50” .

Lo studioso riporta due episodi utili per comprendere meglio la questione. Il primo è contenuto nel cinquantunesimo capitolo di The History of the Decline and Fall of the Roman Empire di Edward Gibbon. Il racconto riguarda la sorte della biblioteca di Alessandria. Quando la città fu conquistata nel 641, il comandante arabo scrisse al califfo Omar per sapere come dovesse agire riguardo la famosa biblioteca. Il califfo rispose dicendo che i testi in accordo con il Corano potevano essere distrutti perché inutili e quelli che lo contraddicevano dovevano essere eliminati a maggior ragione perché pericolosi. Watt sostiene che questa vicenda non può essere considerata vera e credibile ma comunque mostra il tipo di atteggiamento mentale degli studiosi Musulmani nei secoli. Il secondo episodio riguarda la critica durissima da parte di Ibn Hanbal nei confronti di un sapiente che scrisse una Confutazione dei Muʽtaziliti. Per Ibn Hanbal ciò che c’era di sbagliato nel testo del sapiente era la presenza di una descrizione minuziosa delle teorie eretiche al fine poi di confutarle; questo poteva portare qualcuno ad abbracciare tali teorie senza curarsi della confutazione successiva.

L’atteggiamento di tutela appena visto, inteso ad evitare che le persone potessero anche solo ascoltare le false dottrine, ebbe molto successo tra i sapienti Musulmani nei secoli. Gli ulema, cercarono di impedire ai credenti di informarsi sulle teorie false ed eretiche.

Alla base dell’atteggiamento di auto-sufficienza islamica è presente la credenza che l’Islam sia l’ultima religione, in quanto Muhammad è l’ultimo profeta, e che tutto ciò che veramente è necessario sia per quanto riguarda la

50 W. Montgomery Watt, Muslim- Christian encounters. Perceptions and Misperceptions., cit., p. 42.

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sfera religiosa che la sfera morale è interamente contenuto nelle verità del Corano, per cui l’Islam non ha niente da imparare riguardo sistemi di pensieri differenti.

1.5 L’Islam e la filosofia greca

Si è soliti pensare che i Musulmani vennero a contatto con il pensiero greco fin dalla metà dell’VIII secolo in seguito alla loro espansione oltre i confini della penisola araba51, ma l’esistenza di una tradizione di studi che condusse alla traduzione di opere dal greco al siriaco era presente molto prima di queste conquiste52. Sin dagli ultimi anni del XIX secolo, il fenomeno delle traduzioni è stato oggetto di interesse via via crescente presso gli studiosi, e molti importanti studi sono stati pubblicati. Per non ricordarne che alcuni esempio, partendo da De philosophia peripatetica apud Syros di Ernest Renan, e gli studi di Anton Baumstark riguardo la traduzione aristotelica in siriaco tra il V e il VII secolo, fino ad arrivare all’approfondimento sulle traduzioni delle Categorie di Georr. Quest’ultimo divideva in tre grandi fasi l’ingresso della cultura: dalla prima metà del V secolo agli inizi del VI, un periodo caratterizzato dall’interesse per la logica aristotelica; dai primi decenni del VI secolo fino alla conquista araba in Siria, un periodo definito

“enciclopedico” ; dalla conquista araba al califfato abbaside. Questa periodizzazione fu modificata con gli studi successivi grazie all’ emergere dell’importanza del legame tra la circolazione siriaca delle opere filosofiche e la tradizione neoplatonica di commento ad Aristotele. Tra i nuovi elementi venuti alla luce durante la metà del secolo scorso troviamo traduzioni

51 Cfr. W. Montgomery Watt, Muslim- Christian encounters. Perceptions and Misperceptions., p.52.

52 Cfr. C. D’Ancona, Le traduzioni di opere greche e la formazione del corpus filosofico arabo in C. D’ancona Storia della filosofia nell’Islam medievale, p. 180.

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