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(1)2.RICEZIONE E FORTUNA Oggi il nome di Arthur Machen è associato soprattutto a due opere: il romanzo breve The Great God Pan e il racconto “The Bowmen”

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2.RICEZIONE E FORTUNA

Oggi il nome di Arthur Machen è associato soprattutto a due opere: il romanzo breve The Great God Pan e il racconto “The Bowmen”. Per il resto, la sua produzione è conosciuta solo dagli appassionati dell’orrore o del fantastico, i quali sembrano apprezzare molto l’autore gallese. Molti critici contemporanei, invece, sono d’accordo nel considerare The Hill of Dreams come il suo capolavoro, un romanzo che, quando fu pubblicato nel 1904, non ricevette grande attenzione dalla critica del tempo.

La prima recensione che arrivò fu quella riguardante The Anatomy of Tobacco (1884), in cui il critico della «St. James’s Gazette» riconobbe i meriti dell’opera ma anche una certa inesperienza nell’autore: lo definí un

«“witty and humorous book”, while he said, with absolute justice, that I had ruined the popularity of my parodies by their prolixity»1. Anche Mark Valentine, critico e biografo di Machen, sembra avere sentimenti contrastanti nei confronti di quest’opera: «His pastiche is still diverting […]

but the subject is not deep enough to sustain interest over more than eighty pages […]»2.

                                                                                                               

1 A. MACHEN, FOT, p. 143.

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Il primo racconto di una certa rilevanza, e che provocò una qualche reazione di scandalo, fu “The Double Return”, pubblicato in forma anonima nel numero dell’11 settembre del 1890 del «St. James’s Gazette». La sua pubblicazione fece infuriare i lettori (a causa dell’adulterio accidentale di cui tratta il racconto), al punto che il direttore fu costretto a comunicare a Machen che non avrebbe pubblicato altri suoi racconti3. Nella primavera del 1890, grazie al suo lavoro presso il «St. James’s Gazette», Machen aveva conosciuto Oscar Wilde, col quale cenò insieme un paio di volte. In una di queste cene Machen confessò d’aver iniziato a scrivere racconti dopo il loro primo incontro. L’episodio è ricordato dallo stesso Machen nell’introduzione della raccolta di racconti The House of Souls (pubblicata nel 1906): «Well, Oscar Wilde asked: ‹Are you the author of that story that fluttered the dovecotes? I thought it was very good›. But: it did flutter the dovecotes, and the St. James’s Gazette and I parted»4.

Nel dicembre del 1894 l’editore John Lane accettò di pubblicare The Great God Pan, che scandalizzò i lettori londinesi e offese la morale vittoriana. Tuttavia, questo romanzo breve ricevette anche delle recensioni positive, almeno in parte. Escludendo Oscar Wilde, che in fugace incontro si complimentò con Machen per un grand succes (sebbene sia possibile che si stesse riferendo soltanto al clamore suscitato), alcuni critici paragonarono Machen a Robert Louis Stevenson, e lo videro come un suo successore. Per esempio «The Pall Mall Gazzette» scrisse: «Since Mr Stevenson played with the crucibles of science in Dr Jekyll and Mr Hyde we have not                                                                                                                

3 Cfr. J. GAWSWORTH, The Life of Arthur Machen, a cura di R. Dobson, Tartarus Press, Leyburn 2013, p. 103.

4 A. MACHEN, The House of Souls, AYER Company, North Stratford 1999, p. viii.

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encountered a more successful experiment of the sort»; e il «Glasgow Herald»: «Nothing more striking or more skilful than this book has been produced in the way of what one may call Borderland fiction since Mr Stevenson’s … Dr Jekyll and Mr Hyde»5.

A Machen piacque cosí tanto leggere le recensioni negative dei suoi lavori da raccoglierle in un volume intitolato Precious Balms (1924).

Alcune tra le piú rappresentative riguardo a The Great God Pan sono le seguenti: «The book is, on the whole, the most acutely and intentionally disagreeable we have yet seen in English»; «The book is gruesome, ghastly, and dull… the majority of readers will turn in utter disgust»; «It is not Mr Machen’s fault but his misfortune, that one shakes with laughter rather than with dread»6.

Nonostante tutte le critiche, un certo settore del pubblico giudicò positivamente The Great God Pan, poiché comparve in un periodo in cui i lettori inglesi avevano ormai sviluppato una forte sensibilità per la letteratura dell’orrore e fantastica. Inoltre, è significativo sottolineare che non fu una popolarità momentanea; sappiamo infatti che era abbastanza diffusa da ispirare almeno due parodie: The Great Boo Plan and the Utmost Fright di Arthur Compton Rickett (1895) e The Great Pan –– Demon di Arthur A. Skyes (1896). E la sua popolarità continua fino a oggi, com’è dimostrato dal fatto che viene spesso inserito nelle antologie di racconti dell’orrore. Come scrive Roger Luckhurst in una di queste raccolte, «The Great God Pan has become the quintessential text of the late Victorian                                                                                                                

5 Recensioni citate in M. VALENTINE, AM, pp. 26-27.

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Gothic for many contemporary critics».7

Per Machen la vera notorietà arrivò grazie a un brevissimo racconto intitolato “The Bowmen”, importante non tanto per le sue qualità stilistiche o letterarie (lo stesso autore lo considerò «an indifferent piece of work») quanto per le reazioni che generò nel pubblico inglese. Da questo racconto, pubblicato sull’«Evening News» il 29 settembre del 1914, nacque la cosiddetta leggenda degli angeli di Mons, che Machen cerca di ricostruire nell’introduzione che si trovò costretto a scrivere per “The Bowmen” 8. Qui spiegava di esser stato spinto a scrivere il racconto dopo aver letto il resoconto della ritirata dell’esercito inglese durante la Battaglia di Mons (23 agosto 1914); tuttavia, il contenuto è assolutamente fittizio: in “The Bowmen” un soldato inglese invoca San Giorgio, affinché li aiuti a battere l’esercito tedesco, e subito dopo vede «a long line of shapes, with a shining about them»9. Questi arcieri spettrali scagliano le loro frecce contro i nemici, che cadono a migliaia; alla fine del racconto si spiega che San Giorgio ha mandato in aiuto degl’inglesi gli arcieri della battaglia di Azincourt (1415).

Molte riviste chiesero a Machen il permesso di ripubblicare il racconto, poiché ve n’era grande richiesta. Addirittura l’editore di una rivista gli chiese di specificare le sue fonti, che ovviamente non aveva; con sua enorme sorpresa, ricevette una risposta in cui si affermava con assoluta certezza che i fatti raccontati in “The Bowmen” erano sicuramente                                                                                                                

7 R. LUCKHURST (a cura di), Late Victorian Gothic Tales, Oxford University Press, Oxford 2005, p. xxix.

8 Cfr. A. MACHEN, The White People and Other Stories, a cura di S.T. Joshi, Chaosium, Oakland 2003, pp. 176-183.

9 Ibidem, p. 186.

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avvenuti.

Successivamente iniziarono ad apparire alcune varianti della storia fittizia, e nell’introduzione Machen spiega in che modo si sia arrivati alla leggenda degli angeli di Mons. Il soldato inglese del racconto vede «a long line of shapes, with a shining about them», e quindi Machen argomenta: «I conjecture that the word “shining” is the link between my tale and the derivative from it. In the popular view shining and benevolent supernatural beings are angels and nothing else […]»10.

L’«Evening News» fu tempestato di lettere contenenti teorie, spiegazioni e suggerimenti. Inoltre, cominciarono ad arrivare testimonianze di soldati inglesi che confermavano quanto raccontato da Machen, e che avallavano il miracolo degli angeli di Mons: «if I had failed in the art of letters, I had succeded, unwittingly, in the art of deceit»11. Il critico S.T.

Joshi ritiene che Machen non sia del tutto priva di colpa: «The mere fact that it was published in the newspaper […] and the fact that it was written with the plain-spoken sobriety expected of factual articles, suggest that Machen is not wholly blameless in the subsequent furor caused by his little tale»12.

Poco dopo aver lasciato l’«Evening News» l’interesse nei confronti della produzione di Machen crebbe notevolmente, in particolar modo negli                                                                                                                

10 Ibidem, p. 180.

11 Ibidem, p. 179.

12 Ibidem, p. xi. Per altri motivi che aiutarono a far sembrare veritiero il racconto e per ulteriori dettagli sulla controversia intorno a “The Bowmen” cfr. J. GAWSWORTH, LAM, pp. 241-256 e M. VALENTINE, AM, pp. 99-103, e si veda, infine, D. CLARKE, Rumours of Angels: A Legend of the First World War, in «Folklore», Taylor & Francis, London 2 (2002),

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Stati Uniti. Viene da chiedersi il perché di questo riconoscimento, quasi improvviso, che gli era stato negato nei quarant’anni della sua carriera.

Probabilmente tutta l’attenzione intorno all’episodio degli angeli di Mons e le sue eccellenti autobiografie (pubblicate agl’inizi degli anni Venti) avevano mantenuto vivo il nome di Machen, e forse fecero passare in secondo piano l’associazione col macabro, che avrebbe potuto ostacolare l’avvicinamento dei lettori alle sue prime opere13. Reynolds e Charlton suggeriscono un altro motivo che spiegherebbe – almeno in parte – perché piacesse tanto agli americani, ovvero «Machen’s affinity to Edgar Allan Poe and his enthusiasm for Hawthorne, Mark Twain and Miss Wilkins», sebbene aggiungano che non può giustificare le opinioni stravaganti di questi ammiratori d’oltreoceano, che arrivarono ad acclamarlo addirittura come un mistico, un mago o un gran sacerdote14.

A dare il via a questo successo negli Stati Uniti fu il giornalista Vincent Starrett, che nel 1917 pubblicò lo studio Arthur Machen, Novelist of Sin and Ecstasy, in cui con termini magniloquenti esalta Machen: «He [Machen]

possesses an English prose style which in its mystical suggestion and beauty is unlike any other I have encountered. There is ecstasy in his pages»15; e chiude il suo saggio scrivendo: «Among other things, posterity is going to demand of us why, when the opportunity was ours, we did not open our hearts to Arthur Machen and name him among the very great»16.                                                                                                                

13 Cfr. M. VALENTINE, AM, p. 112.

14 A. REYNOLDS – W. CHARLTON, Arthur Machen: A Short Account of his Life and Work, Caermaen Books, Oxford 1988, pp. 127-128.

15 V. STARRETT, Arthur Machen, Novelist of Sin and Ecstasy, Walter M. Hill, Chicago 1918, p.5.

16 Ibidem, p.8.

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Anche se alcuni ammiratori americani mantennero contatti con l’autore, sia epistolari sia personali, questo grande entusiasmo nei confronti di Machen cominciò a scemare intorno alla fine degli anni Venti. Tuttavia, ancora nel 1948 Philip Van Doren Stern – nell’introduzione all’antologia Tales of Horror and Supernatural – continua a difendere la posizione di critici come Starrett, che presentavano Machen come il custode d’un culto segreto cui una schiera eletta poteva accedere17:

A taste for his work has to be acquired; the writing is polished and elaborate, the thinking is subtle, and the imagery is rich with the glowing colour that is to be found in medieval church glass. His style does not belong to our period

of stripped diction and fast-moving prose18.

E, poco piú avanti, afferma che «he was equipped for his work with the kind of imagination that can see the wonder and the glory that reside in things so common that they escape most people’s attention»19.

Se i due canali principali attraverso cui il lettore di oggi può avvicinarsi ad Arthur Machen sono la lettura del The Great God Pan e di “The Bowmen”, possiamo affermare che, in realtà, ne esiste un terzo, ovvero la produzione di H.P. Lovecraft. I conoscitori del grande scrittore americano molto probabilmente avranno incontrato il nome di Arthur Machen, che viene appunto citato in alcuni dei suoi racconti, come “The Dunwich Horror” e “The Whisperer in Darkness”, in cui si legge: «[m]ost of my foes,                                                                                                                

17 M. VALENTINE, AM, p. 134.

18 A. MACHEN, Tales of Horror and the Supernatural, a cura di Philip Van Doren Stern, John Baker, London 1965, p. vii.

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however, were merely romanticists who insisted on trying to transfer to real life the fantastic lore of lurking “little people” made popular by the magnificent horror-fiction of Arthur Machen»20; inoltre, alcuni racconti dello scrittore di Providence si aprono con citazioni dello scrittore gallese, ad esempio “The Horror at Red Hook”, la cui epigrafe riprende “The Red Hand” di Machen:

[s]iamo circondati da sacri misteri del bene e del male, e viviamo e ci muoviamo in un mondo oscuro, un luogo di tenebre, caverne ed abittori del crepuscolo. Talvolta accade che l’uomo si volga indietro sulle tracce della propria evoluzione, ed è mia opinione che esistano segreti paurosi non ancora

dimenticati21.

Non solo: Lovecraft è stato uno dei piú grandi ammiratori di Machen, tanto da considerarlo uno dei maestri moderni della letteratura del soprannaturale, e da giudicare il racconto fantastico “The White People”

come il migliore che sia mai stato scritto (a pari merito con “The Willows”

di Algernon Blackwood).

Nel famoso saggio Supernatural Horror in Literature sono ben visibili l’ammirazione e il rispetto di Lovecraft nei confronti dell’autore di The Great God Pan: «Of living creators of cosmic fear raised to its most artistic pitch, few if any can hope to equal the versatile Arthur Machen»22; e                                                                                                                

20 H.P. LOVECRAFT, The Whisperer in the Darkness, a cura di M.J. Elliott, Wordsworth Editions, London 2007, p. 222.

21 H.P. LOVECRAFT, La casa stregata, tr. it. di G. Pilo, Newton Compton, Roma 2013, p.

79. 22 H.P. LOVECRAFT, Supernatural Horror in Literature and Other Literary Essays, a cura di D. Schweitzer, Wildside Press, 2008, p. 92.

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ancora: «his powerful horror-material of the ’nineties and earlier nineteen- hundreds stands alone in its class, and marks a distinct epoch in the history of this literary form»23. Evidentemente, a parte “The White People”, Lovecraft considerava un eccellente racconto (o meglio, romanzo breve) anche The Great God Pan, sul quale, nello stesso saggio, scrive:

But the charm of the tale is in the telling. No one could begin to describe the cumulative suspense and ultimate horror with which every paragraph abounds without following fully the precise order in which Mr Machen unfolds his gradual hints and revelations. Melodrama is undeniably present, and coincidence is stretched to a length which appears absurd upon analysis; but

in the malign witchery of the tale as a whole these trifles are forgotten […]24.

Anche il già citato Stern mostrò d’aver apprezzato molto The Great God Pan, soprattutto perché l’orrore non è mai mostrato completamente, ma anzi viene solo suggerito:

These two tales [The Great god Pan e The Inmost Light] show Machen’s mastery of the technique of the supernatual story, for he seems to have known, even in his earliest work in the field, that the best way to summon up horror is to do so by suggestion, by half-veiled hints, and by building up atmospheric effects rather than by the blood-and-thunder methods so often

used in such tales25.

Negli Stati Uniti si formò una Arthur Machen Society, che fu attiva dal 1948 fino agli anni Sessanta. Negli anni Ottanta, invece, si ebbe un’importante riscoperta dell’autore gallese, con la pubblicazione delle                                                                                                                

23 Ibidem, p. 93.

24 Ibidem, p. 95.

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Selected Letters, di nuove edizioni e traduzioni in varie lingue (in Italia in questi anni furono pubblicati almeno cinque traduzioni dei suoi racconti), e con la nascita di una nuova Arthur Machen Society, con sede nella sua città natale, Caerleon. Nel 1998 da quest’associazione letteraria nacque l’attuale FoAM, The Friends of Arthur Machen, che ha l’obbiettivo di far arrivare le sue opere a un pubblico piú ampio e d’incoraggiare la ricerca sui vari aspetti della sua vita e produzione. Oltre ad avere un fòro accessibile in Rete, attraverso il quale gli «amici» si confrontano e si scambiono idee, pubblicano due volte all’anno una rivista letteraria, «Faunus», che contiene sia articoli d’approfondimento sia brevi opere originali di Machen difficilmente reperibili.

La Rete è diventata ormai un indicatore della popolarità di un autore presso il grande pubblico: sono sempre di piú i siti Internet che ospitano discussioni sui testi di Machen o recensioni degli stessi, scritte sia da critici sia da lettori appassionati.

Franco Basso, nella postfazione che chiude la traduzione italiana del terzo volume dell’autobiografia di Machen, fa il punto sull’attuale pubblico («in notevole crescita») dello scrittore gallese, che comprende:

i lettori del terrore e del soprannaturale attirati dalla presenza nei suoi racconti dell’elemento pseudo-scientifico, i lettori affascinati delle atmosfere paganeggianti o da quelle dell’occulto, e infine i veri mistici o gli intellettuali, desiderosi di esplorare filosofie non necessariamente in armonia con il

materialismo26.

                                                                                                               

26 A. MACHEN, L’avventura londinese o l’arte del vagabondaggio, tr. it. di F. Basso, Tranchida Editore, Milano 1998, p. 129.

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Nell’àmbito della letteratura soprannaturale, oggi Machen viene considerato da molti critici come una figura autorevole, e spesso viene classificato come uno dei maestri del suo genere, insieme a scrittori come Joseph Sheridan Le Fanu, M.R. James, Algernon Blackwood e H.P.

Lovecraft. Esponenti moderni della letteratura dell’orrore hanno ammesso l’influenza di Machen sulle loro opere; Stephen King, per esempio, in un’intervista, alla domanda se il suo racconto “N” fosse un tentativo d’imitare Lovecraft, risponde: «Not Lovecraft; it’s a riff on Arthur Machen’s The Great God Pan, which is one of the best horror stories ever written. Maybe the best in the English language»27.

Machen ha influenzato anche registi e sceneggiatori cinematografici. Il romanzo breve The Terror (1917) racconta della rivolta di alcuni animali contro gli esseri umani, e quindi potrebbe aver ispirato la pellicola di Hitchcock Gli uccelli (1963) 28. Un ammiratore dichiarato di Arthur Machen è il messicano Guillermo del Toro che, oltre a scrivere una prefazione intitolata The Ecstasy of St. Arthur a un’antologia di racconti di Machen29, si è ispirato ai suoi racconti dell’orrore per Il labirinto del fauno (2006) e Non avere paura del buio (2011).

Come abbiamo visto, non sono mancati riconoscimenti a quest’autore                                                                                                                

27 Si veda l’intervista all’indirizzo http://www.stephenking.com/stephens_messages.html, consultato il 14.09.2013. Per maggiori dettagli sull’influenza di Machen sulla letteratura contemporanea, e non solo, cft. M. VALENTINE, AM, pp. 134-138.

28 Cfr. A. MACHEN, Oltre la soglia, Tranchida Editore, Milano 1993, p. 10. Si veda anche K. MOGG, The Day of the Claw: A Synoptic Account of Alfred Hitchcock’s The Birds (http://sensesofcinema.com/2009/51/hitchcock-birds-synoptic-account/, consultato il 10.10.2013). Per un’analisi di The Terror, cfr. A. MACHEN, The Terror and Other Stories, a cura di S.T. Joshi, Chaosium, Oakland 2005, pp. 9-11.

29 Cfr. A. MACHEN, The White People and Other Weird Stories, a cura di S.T. Joshi,

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del soprannaturale nel corso della sua vita, sebbene sia lecito affermare che gode di una maggiore fortuna oggi rispetto al passato. Per concludere, citiamo una frase di Arthur Conan Doyle, che dopo aver preso in prestito da un amico un’edizione di The Three Impostors, disse: «Your pal Machen is a genius right enough, but I don’t take him to bed with me again»30.

                                                                                                               

30 J. K. JEROME, My Life and Times, Harper & Brothers, New York 1926, p. 121.

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