6. OPERE RINASCIMENTALI
Nella cultura umanistico-rinascimentale, l’interesse per la tradizione mitologica si pone all’interno della più ampia riscoperta del mondo antico.
Il recupero, l’assimilazione e la diffusione dell’arte classica avvengono in modo molto graduale e ad ogni stadio la diffusione dell’immaginario mitologico diverge profondamente.
Già alla fine del XIV secolo, alla luce delle prime esperienze degli umanisti padovani, si incomincia ad attuare quella reintegrazione tra forme e contenuti classici, in cui Panofsky fa consistere la principale differenza tra il Rinascimento e le cosiddette rinascenze medievali.
111Nonostante la persistenza dell’Olimpo pagano in epoca medievale abbia generato una continuità tra Medioevo e Rinascimento nei riguardi dell’antico, l’esigenza storico-filologica di quest’ultimo periodo ha provocato una nuova o rinnovata adesione delle divinità pagane alle originarie fonti letterarie ed ai prototipi greco-romani. Solo in riferimento alla produzione artistica quattro e cinquecentesca si può dunque parlare di stile all’antica, metodo di raffigurazione che restituisce ai personaggi mitologici il loro aspetto classico, attraverso il ricorso da parte degli artisti e degli illustratori a modelli dell’antichità
112o a testi originali, rivisitati dall’opera filologica degli umanisti.
111
E. PANOFSKY, Rinascimento e rinascenze nell’arte occidentale (1960), Feltrinelli, Milano 1975.
112
La conoscenza dell’antica rappresentazione visiva degli dei pagani si basa principalmente sullo
studio della numismatica e della statuaria classica. La prima è considerata un mezzo di
documentazione riguardo alle abitudini religiose e sociali degli antichi, la seconda
un’esemplificazione delle loro abilità creative.
Il mito ricopre un ruolo fondamentale nel fenomeno rinascimentale e nelle varie manifestazioni di rinascenze anche per il valore allegorico e simbolico assunto lungo l’ampia parabola temporale della cultura occidentale; tali accezioni sono volte a schivare le potenziali accuse di paganesimo,
113attribuendo agli dei olimpici significati nuovi e compatibili con la coeva religione cristiana. Le divinità pagane divengono per lo più personificazioni di principi morali, di pianeti o di forze naturali.
La trasfigurazione allegorica della mitologia si fa, inoltre, portatrice di significati filosofici ed etici, finalizzati spesso a celebrare i signori del tempo, a porsi come elaborazioni concettuali all’interno di circoli intellettuali o semplicemente a riassumere in immagini l’eredità della cultura classica.
Nel corso del Cinquecento la raffigurazione delle divinità classiche si libera dall’obbligo di veicolare particolari significati ed assume una funzione principalmente decorativa, sebbene i soggetti siano accuratamente scelti in rapporto alla collocazione (ad esempio, la figura di Bacco abbellisce solitamente i giardini, quella di Nettuno è adibita al decoro della fontane).
114Gli dei pagani divengono, dunque, protagonisti delle decorazioni dei palazzi nobiliari e vanno a popolare i cortili e i giardini delle ville, dove gli esemplari classici convivono con le copie e le rielaborazioni classiciste degli scultori del tempo, in un dialogo serrato tra mito, natura, cultura e attualità.
Per tutta la prima metà del XV secolo, mentre il recupero dell’antico è un dato di fatto nell’architettura e nella scultura, ancora non è presente nella pittura, in cui prevale la tradizione tardo-gotica, che impedisce di dare alle divinità pagane e ai soggetti mitologici la loro originaria forma classica. La società delle corti italiane, infatti, ripropone nostalgicamente il mondo cortese e, con esso, i lussi e le raffinatezze che si manifestavano in una
113
La produzione scultorea, più che quella pittorica, poteva evocare le antiche statue adorate nelle cerimonie religiose pagane.
114
L. FREEDMAN, The revival of the olimpian gods in Renaissance art, Cambridge University
press, Cambridge 2003.
produzione aristocratica e decorativa, nell’ambito della quale ha inizio l’evoluzione della pittura profana e, in particolare, mitologica. Nella cosiddetta pittura di cassone, una produzione a scopo matrimoniale e domestico che include anche i deschi da parto e i cofanetti da fidanzamento, è frequente il ricorso alla mitologia e alle sue narrazioni relative a tematiche amorose, consone alla funzione a cui gli oggetti sono destinati. Le vicende mitologiche sono spesso ambientate in giardini o cortili, allietati da verzure e fresche fontane, che evocano lo spazio privilegiato della committenza aristocratica; questi luoghi sono animati da figure di dei ed eroi aggraziate e ben vestite, che, perso il carattere moraleggiante del periodo medievale, non hanno ancora realizzato quell’aderenza alle fonti letterarie e figurative che costituisce la grande novità in termini di riscoperta del mondo classico.
All’interno di questa produzione si pongono, in seguito, anche una serie di rappresentazioni dedicate a Venere o alla ninfa scoperta dal satiro, soggetti a sfondo ora erotico ora filosofico, che caratterizzano soprattutto la cultura veneta e nord-europea del primo Cinquecento. La matrice è forse da rintracciare nel romanzo di Francesco Colonna e nella xilografia che illustra appunto una ninfa scoperta da un satiro, affiancata da due amorini che versano dell’acqua; si tratta, come già visto, di una figurazione ecfrastica, che decora la fontana della vita e si avvicina molto all’immagine di Arianna dormiente scoperta da un membro del corteo bacchico.
Nel corso del tempo, le favole antiche più diffuse continuano ad essere quelle legate all’amore, che, oltre a trovare nelle Metamorfosi un ampio repertorio, rispondono più propriamente alla funzione privata degli ambienti domestici, in continuità con la produzione “al femminile” del primo Quattrocento, inaugurata dalla pittura di cassoni nuziali e deschi da parto.
115Una delle travagliate vicende amorose raffigurate dai pittori di cassoni è quella di cui sono protagonisti Teseo e la sventurata Arianna, ingannata dall’amante e abbandonata sull’isola di Nasso; gli artisti associano, dunque, la figura di Arianna all’eroe ateniese, piuttosto che a Bacco, nonostante
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Accanto a tali tematiche, e spesso ad esse collegate, sono largamente diffusi i miti legati alla
ciclicità e alla fecondità naturale.
Boccaccio riferisca chiaramente delle nozze tra il dio e la principessa di Creta.
Quando compare il tema di Bacco e Arianna, l’iconografia segue solitamente l’esempio offerto dagli antichi sarcofagi: le due figure sono distese, l’una accanto all’altra, sulla riva, oppure Bacco, appena approdato sull’isola a bordo di un maestoso carro, invita Arianna ad alzarsi e a seguirlo. Pochi artisti italiani indicano il modo in cui Bacco giunge sull’isola di Nasso, in soccorso di Arianna; gli artisti francesi, invece, sono meno inclini a dimenticare come il dio si spostasse a bordo di una nave, peculiarità che rivela la sua ambigua posizione all’interno della mitologia classica.
116I sarcofagi romani suggeriscono anche l’iconografia del trionfo indiano di Bacco, frequentemente collegato alla vicenda dell’unione con l’eroina cretese, tanto che il trionfo di Bacco e Arianna diviene uno dei temi bacchici più diffusi nelle arti visive. Si tratta di un soggetto essenzialmente nuovo, privo di un preciso riferimento letterario
117e con scarsi precedenti nell’arte classica. Esso nasce dalla combinazione di fonti visive, in quanto deriva dalle immagini presenti su due diverse tipologie di sarcofago. Il primo modello illustra una processione bacchica, con le figure abbracciate di Bacco e Arianna sedute su un carro e precedute da Sileno sul proprio asino o da menadi e satiri danzanti; il secondo riproduce il Trionfo indiano del dio, privo della compagna prediletta, ma circondato da un gruppo più folto di personaggi e da animali esotici.
6.1. Due probabili Arianne sul fondale della Calunnia di Botticelli.
Nella storia rinascimentale della pittura a soggetto mitologico, un posto di rilievo spetta alle opere di Sandro Botticelli. Forse per la prima volta, il pittore fiorentino rende gli dei pagani i protagonisti assoluti di una serie di
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M. BULL, The mirror of the gods, Lane, London 2005.
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I Fasti di Ovidio possono offrire uno spunto in quanto l’autore riferisce del ritorno di Bacco da
Arianna, dopo la conquista dell’India; in ogni caso, non c’è alcun riferimento ad un trionfo.
dipinti di grande formato, misure fino ad allora riservate alle pale di tema religioso;
118si tratta di composizioni allegoriche e molto sofisticate, che abbondano non solo di figure mitologiche, ma anche di reminiscenze visuali di opere classiche.
119In base ad un’abitudine critica ormai consolidata, la produzione pittorica del Botticelli viene suddivisa in due fasi, caratterizzate da enormi differenze: il periodo della giovinezza e della prima età adulta, segnato dalla preferenza per soggetti di carattere allegorico e mitologico, e il periodo della tarda maturità, contraddistinto dalla predilezione per tematiche religiose e devozionali. Il dipinto intitolato La Calunnia di Apelle
120(fig.26), eseguito intorno al 1495 e donato all’amico Antonio Segni,
121può essere considerato, da diversi punti di vista, come una sorta di “cerniera” tra queste due fasi. Lo stile della composizione è quello tipico delle opere tarde del pittore, preludio dell’ultima e drammatica fase, solitamente definita savonaroliana: alla rinnovata preferenza che l’artista accorda, nei suoi ultimi anni di vita, all’arte sacra, corrisponde infatti anche un notevole mutamento stilistico, basato su una consapevole digressione verso canoni e procedure tipici dell’arte devozionale dei secoli precedenti; nella Calunnia questo mutamento ancora non è presente, ma si fa percepire tramite alcuni accenni, tra cui le torsioni e le sinuosità delle figure e, soprattutto, l’allontanamento dalla fedeltà al vero, che raggiunge un punto forse mai toccato in precedenza. Inoltre, l’imminente crisi religiosa del pittore è in
118
All’epoca in cui vengono eseguite le creazioni del Botticelli, i temi mitologici vengono spesso rappresentati sui cassoni nuziali, negli arazzi o nei cofanetti, ma non in tavole monumentali, cosa che sarà, invece, comune durante tutto il corso del XVI secolo.
119
Alcuni dipinti rinviano all’iconografia bacchica, come mostra un dettaglio della Tentazione di Cristo, uno dei tre affreschi realizzati per la Cappella Sistina, in cui vediamo una figura femminile accompagnata da un bambino, che reca in mano un grappolo d’uva e viene spaventato da un serpente.
120
Bibliografia: G. MANDEL, L’opera completa di Botticelli, Rizzoli, Milano 1967; H. P. HORNE, Botticelli, painter of Florence (1908), Princeton University press, Princeton 1980; S. MELTZOFF, Botticelli, Signorelli and Savonarola: theologia poetica and panting from Boccaccio to Poliziano, Olschki, Firenze 1987; R. LIGHTBROWN, Sandro Botticelli, Fabbri, Milano 1989; A. CECCHI, Botticelli, Motta, Milano 2003.
121
Antonio Segni (o Segnaguidi) fu un personaggio di spicco nella Firenze dell’epoca: molto
giovane, prestava saltuariamente la propria opera alla banca Bartolini di Firenze, in seguito si trasferì
a Roma, dove divenne banchiere della curia papale. Alla sua morte, il dipinto passò al figlio Fabio.
qualche modo anticipata dalla scelta del soggetto, che risente fortemente della situazione politico-sociale della Firenze di quegli anni.
Fig. 26 Sandro Botticelli, La Calunnia, ca 1495, tempera su tavola, 62x91 cm, Firenze, Galleria degli Uffizi.
La Calunnia botticelliana è la riconversione in immagini di un ekphrasis realizzata da Luciano di Samosata (ca 121-181), a partire da un
dipinto del celebre pittore greco Apelle. Lo scrittore, nel dialogo De Calumnia, narra di come Apelle fosse stato accusato da Antifilo, un artista
suo rivale, di aver tentato una cospirazione contro il loro comune mecenate,
il re d’Egitto Tolomeo IV Filopatore; una volta sventato l’inganno, Apelle
avrebbe dipinto la sua opera per dimostrare quanto possano essere dannose
le voci calunniose. Il dipinto mostrava una serie di figure allegoriche: la
Calunnia, una donna di divina bellezza acconciata dall’Insidia e dalla
Frode, trascinava per i capelli un giovane davanti ad un giudice,
presumibilmente re Mida, consigliato dall’Ignoranza e il Sospetto e con la
mano tesa verso il livore che guidava la Calunnia. Dietro, veniva la
Penitenza, una donna dall’aria dolente e coperta da un abito nero, che
indicava l’innocente, volgendosi verso la Verità nuda. Il racconto non
sembra avere una precisa fondatezza storica, ma il soggetto, così
puntualmente descritto da Luciano, ha molta fortuna nel XV secolo e viene ripreso dagli umanisti, avidi di modelli antichi da imitare.
122Rispetto alle numerose traduzioni in immagine del testo di Luciano, la Calunnia di Botticelli presenta una particolarità: l’opera non si limita a
riprodurre la scena allegorica, ma la colloca in un’ambientazione architettonica che contempla numerosi altri soggetti. La condanna del povero innocente avviene, infatti, in una grande sala marmorea di un palazzo regale, che, tramite le arcate di una loggia eretta su un prato verde, si apre su una spiaggia.
123La sala è riccamente decorata con rilievi, dipinti e statue poste all’interno di nicchie;
124quasi tutti gli episodi del fondale sono
stati identificati; alcuni riproducono o alludono a note composizioni
dentificazione
botticelliane,
125altri sono tratti da miti o storie dell’antichità.
In questa grande varietà di episodi si trova uno schema iconografico che ritorna in forme simili almeno per tre volte: una figura femminile distesa, in quella che è la postura canonica della donna abbandonata; essa compare in una delle basi poste sotto il trono del giudice e in due architravi con bassorilievi sulla parte alta del porticato, e fa subito pensare al mito di Arianna, essendo questa la relicta per antonomasia. Ma l’i
della figura con la principessa cretese non è così immediata.
La base (fig.27), l’unico riquadro a non essere un finto rilievo bensì un finto dipinto in prospettiva, raffigura sulla sinistra una donna distesa e presumibilmente addormentata, col braccio steso dietro la nuca e quello sinistro a coprire il pube con un sottile panneggio. Dietro di lei si scorgono alcuni alberi e al suo fianco compare un uomo imberbe, inginocchiato e
122
La descrizione del quadro di Apelle è stata diffusa da Leon Battista Alberti, che inserisce nel Della Pittura una versione dell’ekphrasis di Luciano e raccomanda agli artisti di esercitarsi nella riproduzione del soggetto. Molti, nel corso della seconda metà del secolo, seguono tale suggerimento poiché la riproduzione del quadro antico costituisce una prova di abilità e, al contempo, consente di porsi in gara, tramite la mediazione della descrizione lucianea, con l’opera di Apelle.
123
Non è da escludere la possibilità che Botticelli abbia collocato il palazzo sulla riva del mare per evocare quello dei Tolomei ad Alessandria.
124
L’ambientazione deve essergli stata ispirata da Luciano, poiché l’Alberti omette tutti i particolari della storia e si limita a riportare la descrizione che Luciano fa del dipinto originale. D’altronde, l’invenzione per l’intero dipinto deve derivare da una traduzione del testo lucianeo, poi arricchita con varianti tratte dall’Alberti.
125
Come i tre episodi della novella di Nastagio degli Onesti e il Ritorno di Giuditta a Betulia.
sorretto da un bastone, che sembra osservarla attentamente; attorno a lui vi sono tre bambini nudi dormienti. La scena è ambientata su una spiaggia, con il mare sullo sfondo, sopra cui si staglia la sagoma di una nave. In lontananza si intravedono montagne dalle cime aguzze, a strapiombo sullo
pecchio d’acqua.
s
Fig. 27 Sandro Botticelli, La Calunnia, particolare .
l’uomo non è minimamente caratterizzato come I primi studi relativi all’immagine hanno identificato i due personaggi con Giove e Antiope. Secondo le due versioni del mito di Antiope, il dio si sarebbe presentato alla donna (figlia del Tebano Nitteo, o del fiume Asopo) in forma di satiro e l’avrebbe sedotta; dalla loro unione sarebbero nati due gemelli, Anfione e Zeto, che avrebbe in seguito governato su Tebe. Ma alcuni particolari del riquadro smentiscono questa lettura: dal momento che Antiope avrebbe avuto due figli, risulta incomprensibile la presenza di tre bambini nel riquadro della Calunnia, così come non trova motivazioni la nave all’orizzonte; inoltre,
Giove né come un satiro.
Una seconda possibile lettura, sostenuta da Meltzoff, individua nei due protagonisti Teseo e Arianna; l’episodio raffigurato sarebbe quello dell’abbandono della fanciulla addormentata sull’isola di Nasso. Alcuni elementi sembrano confermare tale ipotesi, in modo particolare l’atteggiamento della donna, che ricalca la posa tipica di Arianna, e la pertinenza della nave sullo sfondo, dato che l’infedele si allontana proprio in nave. Risulta ancora incongrua la presenza dei tre bambini, ma Meltzoff risolve la questione identificandoli con le personificazioni di Eros, Anteros e Lyseros (l’Amore “sazio”) e leggendo così l’immagine: finché Eros e Anteros lottano tra loro, la passione amorosa resta viva, ma quando esauriscono le forze, interviene Lyseros, che placa il trasporto appassionato e fa cadere tutti in un sonno profondo. I tre bambini sarebbero dunque l’immagine dell’evoluzione dell’amore di Teseo nei confronti di Arianna, il cui triste epilogo è posto davanti agli occhi dello spettatore: l’eroe, con un’espressione mesta, abbandona la donna che non ama più. Tale interpretazione, tuttavia, appare troppo ardita, poiché non si basa su
e si scontrano diverse interpretazioni anche per quanto concerne seconda immagine di donna abbandonata presente sul fondale del dipinto (fig.28).
elementi iconografici precisi; non è dunque possibile stabilire con sicurezza quale sia la vicenda riprodotta in questo finto dipinto scorciato.
Sussistono la
Fig. 28 Sandro Botticelli, La Calunnia, particolare.
La figura femminile è distesa e appoggiata al braccio destro (l’avambraccio, però, non sostiene la guancia, ma si adagia a terra) accostato ad un cuscino.
Indossa una veste che le copre le gambe, la parte inferiore del busto e parte della testa, volgendo dietro la schiena della giovane. Un piccolo satiro cerca di scostarla, mentre un suo compagno tira un lembo di stoffa avvolta attorno al collo di un uomo, che si dirige verso la fanciulla e punta il braccio destro contro di lei. Non sono presenti coordinate spaziali, fatta eccezione per la piccola macchia di alberi dietro la figura femminile. Esistono due possibili letture della scena. Secondo una tesi sostenuta da Herbert Horne e basata sulla vicinanza della posa della fanciulla con quella di Venere nel dipinto botticelliano della National Gallery (fig.29), sarebbe raffigurato un incontro tra Marte e Venere. La motivazione di tale ipotesi può essere, però, facilmente contraddetta, considerando il fatto che le posture identiche sono dovute all’utilizzo di uno stesso modello classico. La seconda interpretazione, avanzata da Mandel e Meltzoff, riconosce nei due personaggi Bacco e Arianna. Oltre a reputare incompatibile la figura maschile con il virile Marte e più idonea ad effigiare il dio del vino, considerano questa scena il proseguimento della narrazione della saga cretese, se nelle figure del riquadro precedente si riconoscono Teseo e ianna. Con l’accostamento, i due episodi sembrano acquisire un nuovo significato.
Ar
Fig. 29 Sandro Botticelli, Marte e Venere, ca 1483, tempera su tavola, 69x172 cm,
Londra, National Gallery.
La comparsa della saga cretese sul fondale della Calunnia sarebbe, inoltre, pertinente con il messaggio allegorico-morale e con il pensiero filosofico sotteso all’opera: Teseo può ben rappresentare la caducità dell’amore terreno e Dioniso l’eternità dell’amore divino. Tuttavia, leggere nella scena della base il momento dell’abbandono di Arianna e nell’episodio dell’architrave il suo successivo incontro con il dio lascia aperti alcuni problemi. Non è possibile identificare i tre bambini dormienti della base, né giustificare la presenza del presunto Teseo sulla spiaggia, mentre la sua nave è già al largo; esempi di simile “contrazione iconografica”, in cui più momenti sono narrati nella stessa composizione, non sembrano molto utilizzati all’interno della Calunnia. Inoltre, la figura maschile non presenta
alcun attributo relativo a Teseo, anzi, avvolta in una veste rozza e assorta nell’ammirazione della fanciulla, risulta molto simile ad un personaggio posto vicino alla terza donna distesa del fondale (fig.30).
Tra le tre analizzate, quest’ultima scena è quella che sembra di più certa identificazione. La figura femminile volge la testa verso sinistra, appoggiata al gomito destro e con la mano destra a sostenere al guancia; il braccio sinistro cinge la vita, a sostenere pudicamente una veste che copre la parte inferiore del corpo. Vicino a lei si trova un uomo incurvato e coperto da una tunica dimessa e calzari; egli scruta attentamente la giovane addormentata, sostenendosi con un bastone. L’episodio è ambientato in un bosco, come provano gli alberi sullo sfondo e il piccolo ruscello che si scorge sulla destra. Sebbene la posa della fanciulla sia molto affine a quella canonica di Arianna abbandonata da Teseo, qui Botticelli rappresenta un momento preciso di una novella del Decameron; si tratta della prima novella della quinta giornata, incentrata sulla vita del cipriota Cimone e sul suo amore per la bella Efigenia.
126Il momento riprodotto nel finto rilievo è quello del
126
Cimone è figlio di un ricco e stimato cittadino di Cipro, la è del tutto disinteressato ad una vita agiata e sceglie di vivere come un contadino, con immenso rammarico del padre. Un giorno, però, incontra Efigenia e se ne innamora. Per conquistare la fanciulla, Cimone si trasforma profondamente: diventa estremamente educato e zelante, impara le arti militari, la musica e il canto;
in definitiva, diventa la persona che il padre aveva sempre desiderato. Efigenia, tuttavia, è già
promessa sposa a un altro, per questo Cimone decide di rapirla. A seguito di numerose peripezie, i
due riescono a vivere il loro amore.
loro primo incontro: vagando per i boschi, Cimone si imbatte nella fanciulla addormentata e, fissandola a lungo, se ne innamora. La sicurezza del fatto
protagonista assoluta, in virtù del passaggio ll’amore umano a quello divino; una fanciulla languidamente distesa può dunque essere sia causa che beneficiaria dell’ascesa spirituale, origine e, al contempo, esito della Poesia.
che non siamo di fronte ad un episodio della saga cretese trova conferma anche nella difficoltà di riconoscere nel rozzo contadino le figure di Teseo o Dioniso.
Oltre che iconografica, le figure di Efigenia e Arianna presentano anche un’affinità allegorica: se la prima dà avvio alla crescita spirituale dell’uomo, la seconda ne è la
da
Fig. 30 Sandro Botticelli, La Calunnia, particolare.
Secondo l’interpretazione iconografica della Calunnia di Meltzoff, l’unica proposta fino ad oggi, la vittima della calunnia sarebbe proprio la Poesia.
Intorno al 1495, infatti, Savonarola era già entrato nel suo periodo
integralista ed erano già iniziati i “roghi delle vanità”. Il frate chiedeva
giustizia e integrità morale, ma secondo il circolo ficiniano sbagliava
bersaglio: la pittura e l’arte non solo non allontanano l’uomo dalla verità,
ma, anzi, sono gli unici mezzi che gli permettono di raggiungerla. Nella
composizione botticelliana, progettata da Poliziano, la vittima è trascinata
da una Invidia maschile,
127vagamente somigliante a Savonarola, davanti ad un giudice che sembra essere l’immagine di Piero de’ Medici; il messaggio
ecessariamente destinate a scontrarsi; solo facendole convivere, è ossibile riscoprire la fondatezza delle radici classiche della cultura coeva.
contro le dottrine savonaroliane era, infatti, diretto al nuovo Signore di Firenze.
Ma come può essere motivata l’eventuale presenza di Arianna in questo contesto? Come si inquadra la sua vicenda nell’esaltazione del ruolo salvifico della Poesia? La risposta risulta semplice, purché si tenga conto che il pittore si rifà alla versione tarda del mito, che esclude la colpevolizzazione di Arianna e l’abbandono della giovane da parte di Dioniso. L’eroina viene, dunque, tradita da un amante terreno, ma con Dioniso conosce un amore nuovo e divino, che le dona felicità ed elevatezza spirituale. Da questo punto di vista, la vicenda di Arianna può contribuire a connettere il messaggio della mitologia classica con quello cristiano, assecondando gli scopi di Poliziano e Botticelli: il mito e l’antichità, denigrati da Savonarola e ritenuti, invece, dalla dottrina neoplatonica la via principale verso l’armonia vitale del mondo, fungono anche da prefigurazioni allegoriche di eventi della storia del Cristianesimo, a cui possono conferire valori aggiuntivi. Si tratta di un ulteriore messaggio contro i falò delle vanità: la mitologia e la cristianità non sono n
p
6.2. Un anonimo Trionfo di Bacco e Arianna.
Il nome di Botticelli si lega alla realizzazione di un anonimo Trionfo di Bacco e Arianna
128inciso su rame, il cui unico esemplare è conservato al British Museum di Londra (fig.31, 32). L’opera, composta da due parti, fu sicuramente realizzata a Firenze, ma restano ignoti l’autore e la datazione;
la complessità del processo di realizzazione, l’esiguità di opere di certa
127
Phthonos nel testo di Luciano è di genere maschile, ma molti artisti seguono la versione latina, e dipingono Invidia come una donna.
128
Bibliografia: A. EMMERLING-SKALA, Bacchus in der Renaissance, Olms, Hildesheim 1994.
attribuzione e l’incertezza relativa agli artisti coinvolti portano ad avanzare diverse ipotesi riguardo il nome dell’ideatore e dell’esecutore. Secondo Phillips,
129l’incisione sarebbe stata realizzata in una data anteriore al 1464, anno della morte di Maso Finiguerra, il quale sarebbe, a suo parere, l’autore dell’opera; più precisamente, l’artista avrebbe abbozzato un disegno del Trionfo, poi portato a termine da Antonio Pollaiolo e, infine, inciso dallo
stesso Maso da Finiguerra. Ma la convinzione di Phillips non trova un riscontro certo; anche la motivazione delle botticelliane vesti svolazzanti
orafo Baccio Baldini); in eguito, Horne rivede in parte la sua posizione ed attribuisce l’opera all’allievo di Botticelli, Bartolomeo di Giovanni.
delle menadi con l’influenza esercitata da Filippo Lippi su Maso da Finiguerra risulta poco attendibile.
Tale carattere del disegno attira sul problema dell’attribuzione dell’opera anche l’attenzione di Aby Warburg e Herbet Horne. Quest’ultimo individua immediatamente uno stretto rapporto tra Botticelli e il Trionfo di Bacco e Arianna, anche in virtù del fatto che l’attività di Botticelli spesso si intrecci
con la produzione grafica (basti ricordare i progetti per le illustrazioni della Divina Commedia o i disegni forniti all’incisore e
s
129
J. C. PHILLIPS, Early fiorentine designers and engravers: Maso Finiguerra, Baccio Baldini,
Antonio Pollaiolo, Sandro Botticelli, Francesco Rosseli: a comparative analysis of early florentine
nielli, intarsias, drawnings and copperplate engravings, Harvard University press, Cambridge 1995.
Fig. 31 Anonimo, Trionfo di Bacco (metà sinistra), incisione su rame, 20,5x27,6 cm, Londra, British Museum.
Fig. 32 Anonimo, Trionfo di Bacco (metà destra), incisione su rame, 19,2x27,6 cm, Londra, British Museum.
Il problema dell’attribuzione resta, tuttavia, irrisolto; la sola certezza, basata
è facilmente individuabile in un antico sarcofago, che nel Quattrocento era possibile ammirare nella chiesa romana Santa Maria Maggiore (fig.33).
su criteri stilistici, è che l’incisione sia stata realizzata nella cerchia di Botticelli.
Per quanto riguarda la datazione, l’incisione dovrebbe essere stata realizzata successivamente al soggiorno romano di Botticelli del 1482, poiché il modello del disegno
Fig. 33 Sarcofago romano, Trionfo di Bacco e Arianna, metà II sec. d.C., Londra, British Museum.
Nei sarcofagi classici con soggetti dionisiaci, il carro di Bacco e Arianna è
solitamente affiancato da menadi chiassose e frenetiche, secondo le
indicazioni contenute nelle fonti letterarie; l’incisione tuttavia, non rispetta questa consuetudine: le menadi, al seguito del carro, costituiscono un gruppo a se stante, insieme ad alcuni belve; davanti a loro compare un secondo gruppo, formato da tre menadi intente a far baccano con vasi metallici. Il corteo è aperto da due centauri che suonano il flauto e la lira e chiuso da un satiro che si diletta col flauto doppio. Nell’altra scena incisa, la coppia dionisiaca siede su un carro trainato da centauri e guidato da un satiro. Bacco, avvolto in una veste lussureggiante, ha aspetto umano ma orecchie e corna caprine; nella mano sinistra tiene un tirso, mentre la destra è poggiata sulle spalle di Arianna, che tiene il compagno tra le braccia.
Sulla testa della fanciulla è già posta la corona nuziale. L’intimità degli sposi non sembra minimamente scalfita dal turbine di satiri e menadi che li accompagnano. Davanti alla coppia, due satiri raccolgono grappoli d’uva dai tralci che fuoriescono dal carro di Bacco; si tratta di un motivo privo di precedenti, così come l’immagine delle menadi che catturano e lacerano
o, in cui compare
estremamente selvaggio tenuto dalle menadi. Ciò avviene nel passo che
animali della composizione precedente. Il paragone con il sarcofago di Santa Maria Maggiore non è, dunque, sufficiente a spiegare l’intera iconografia dell’incisione.
Ipotizzando che l’ideatore del disegno sia lo stesso Botticelli, Horne mette in relazione la scena bacchica con i testi di Lorenzo de’ Medici e Angelo Poliziano, della cui cerchia fa parte anche il pittore. Nonostante il Trionfo di Bacco e Arianna, da un lato, e la Favola di Orfeo,
130dall’altro, non chiariscano l’iconografia dell’incisione, rivelerebbero un profondo interesse per la figura di Bacco all’intero della cerchia del Magnifico. Più significative appaiono le Stanze per la Giostra di Polizian
il motivo del carro coperto di pampini, derivato dall’Ars Amatoria di Ovidio; tuttavia, né il testo classico né l’opera quattrocentesca contengono un riferimento all’anomalo atteggiamento delle menadi.
Solamente nella Tebaide di Stazio vengono menzionati sia il motivo del carro di Bacco avvolto da pampini sia quello del comportamento
130
La Favola di Orfeo si chiude con un richiamo alla figura di Bacco.
narra di un Bacco dispensatore di cultura e fonte di vitalità
131: il dio, nel viaggio di ritorno a Tebe, insegna la viticoltura agli uomini che incontra sul suo cammino; da qui, la viticoltura si diffonde di terra in terra e, infine, in tutto il mondo. Il testo era certo conosciuto alla corte medicea e lo stesso
vicina alla descrizione che ne fa Sidonio
lto iffusa in epoca rinascimentale. Bacco e Arianna, accompagnati da satiri e
enadi festanti, incarnano al contempo il piacere del vino e dell’amore.
rova del suo spessore
Poliziano era un eccellente conoscitore del poeta latino; tali fattori avvalorano l’ipotesi di una ripresa dell’opera di Stazio.
Esso non è, comunque, l’unica fonte letteraria da ricordare, poiché l’immagine di Bacco, coperto da una preziosa veste adornata da grappoli d’uva stilizzati, appare molto
Apollinare,
132un poeta cristiano del V secolo, la cui produzione era altrettanto nota agli umanisti.
Il dio, abbigliato lussuosamente, sprofonda tra le braccia dell’amata, la quale è portata in trionfo accanto allo sposo, secondo un’iconografia mo d
m
6.3 . Immagini di un abbandono.
Le principali fonti letterarie per la trasmissione e la rappresentazione del mito di Arianna in epoca rinascimentale restano i testi di Ovidio; le Eroidi, in particolare, collocano definitivamente l’eroina nella cerchia di giovani fanciulle il cui destino è incentrato sull’amore. La sua vicenda si presta a molteplici interpretazioni: la sventura che la colpisce può essere letta come espiazione per le azioni spregevoli commesse o, al contrario, il modo di affrontare la difficile situazione può essere una p
morale. In ogni caso, nelle illustrazioni del testo ovidiano la principessa cretese diviene l’emblema della delusione amorosa.
rsi, a cura di R. Scarcia, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1971,
131
STAZIO, Tebaide, tr. di G. Faranda Villa, Rizzoli, Milano 1998.
132
Sidonio Apollinare: antologia di ve
Carme XXII “Burgus Pontii Leontii”.
Esemplificative sono le miniature che arricchiscono i manoscritti di Octovien de Saint-Gelais,
133un umanista della cerchia di Carlo VIII, che nel 1497 terminò la propria traduzione delle Eroidi. Nel corredo illustrativo dei suoi testi, conservati nella Biblioteca Nazionale di Parigi, la figura di Arianna è spesso intenta a scrivere o a leggere l’accorata lettera indirizzata a Teseo (fig.34-36); in altri casi, l’eroina è raffigurata nell’atto di affidare la propria lettera ad un messaggero, che la dovrà consegnare nelle mani del
aditore; in alcune miniature, infine, la fanciulla appare addormentata su un letto matrimoniale o disperata sulla spiaggia di Nasso, alla vista della nave di Teseo che si allontana in mare aperto. Altri episodi della saga trovano, talvolta, spazio a margine dell’immagine principale.
tr
Fig. 34, 35, 36 Arianna abbandonata, miniature per la traduzione delle Eroidi di Ovidio di Octovien de Saint-Gelais, fine XV-inizio XVI sec., Parigi, Biblioteca nazionale di Francia, Manoscritti occidentali.
Una miniatura si distingue dalle altre poiché il corpo di Arianna non è coperto da un abito sontuoso, bensì è completamente nudo, fatta eccezione per le calzature scure e il fazzoletto che le cela la testa (fig.35). La delicata fanciulla è stante su un lembo di terra, circondato dalle acque del mare e su cui si muovono dei bizzarri animali; il suo corpo è alquanto goffo, a causa
di arti esili e sproporzionati e di un addome rigonfio, che contrasta con un
133
Bibliografia. A. EMMERLING-SKALA, Bacchus in der Renaissance, Olms, Hildesheim 1994.
seno appena abbozzato. La fanciulla tiene nella mano destra un foglio bianco, verosimilmente la lettera indirizzata a Teseo, la cui nave si sta allontanando alle sue spalle.
Le illustrazioni del manoscritto di Octovien de Saint-Gelais rendono al meglio la condizione di relicta propria della principessa cretese.
L’immagine dell’eroina abbandonata ritorna in un opera attribuita in modo dubitativo a Isofat Araldi (talvolta detto Girolamo “dai Libri”),
134attivo a Parma intorno al 1520 (fig.37).
135Fig. 37 Isofat Araldi (attrib.), Arianna abbandonata, ca 1520, olio su tavola, 128x119 cm, Amsterdam, Rijksmuseum.
La composizione raffigura Arianna stante, con i piedi immersi nelle acque
centro della scena,
marine e coperta da una lunga veste che, mossa dal vento, le lascia scoperte le gambe; congiunge le mani come in un gesto di preghiera e, ancora una volta, indossa un fazzoletto sul capo. La scena è ambientata in un paesaggio verdeggiante, nel quale trovano spazio alcuni edifici; al
l’immancabile nave di Teseo si accinge a prendere il largo.
134
Il dipinto è stato attribuito anche al Caroto.
135
Bibliografia: A. EMMERLING-SKALA 1994.
Analogamente alle miniature parigine, Arianna è raffigurata nel momento di massimo sconforto per Arianna. Ma, come è noto, il destino ha in serbo per lei un futuro felice e la sua grande sofferenza sarà completamente cancellata dall’amore reciproco che la legherà a Bacco.
Secondo il pensiero di Emmerling-Skala, la salvezza della giovane abbandonata da parte del dio sarebbe il soggetto di una miniatura realizzata da Giovanni di Paolo
136e facente parte del corredo illustrativo della Divina Commedia (fig.38).
137Un insolito Bacco alato discenderebbe dal cielo per avvicinarsi alla fanciulla, distesa sul suolo di una piccolissima isola, e portala con sé nell’Olimpo.
Fig. 38 Giovanni di Paolo, Arianna abbandonata, ca 1445, miniatura per la Divina Commedia, Londra, British museum, Ms Yates Thompson 36, fol. 152r.
Si trattarebbe di una versione ridotta del mito, in quanto l’immagine non mostra né l’arrivo del corteo bacchico a Nasso, né gli avvenimenti che gli fanno seguito; l’incontro tra i due amanti si tradurrebbe immediatamente nell’apoteosi di Arianna. Manca anche qualsiasi allusione al passato
rta il momento ell’uccisione del Minotauro per mano di Teseo, nonostante l’ambientazione sia anche, in questo caso, una spiaggia piuttosto che il canonico Labirinto cretese. L’identificazione del personaggio alato con Bacco appare, tuttavia, assai dubbia.
dell’eroina; la nave di Teseo, infatti, è già scomparsa. L’eroe appare, tuttavia, nella scena raffigurata sulla sinistra: essa ripo
d
136
Bibliografia: A. EMMERLING-SKALA, Bacchus in der Renaissance, Olms, Hildesheims 1994.
137
Paradiso XIII.
La medesima versione della saga cretese è illustrata in un’incisione, la cui idealizzazione è attribuita a Baccio Baldini (fig.39).
138Fig. 39 Baccio Baldini (attrib.), Teseo, ca 1470, incisione su rame, 19,7x27,6 cm, Londra, British Museum.
La composizione ripercorre i momenti salienti del mito: sulla sinistra si trova il Labirinto di Creta, all’interno del quale si accinge ad addentrarsi Teseo, dopo aver fissato, vicino all’entrata, la cima del filo donatogli da Arianna; il successo della sua impresa è reso evidente dal seguito della narrazione, poiché la scena successiva mostra Arianna seduta su uno scoglio e intenta a sventolare un lembo della sua veste (che ha legato ad un’asta) per richiamare l’attenzione dell’amato, che sta prendendo il mare.
Tutti i suoi sforzi, però, risultano vani, così la giovane disperata compie il tragico gesto di gettarsi in mare. A salvarla dalle acque accorre un dio alato,
che la porta in salvo e la conduce in cielo; la deduzione che si tratta di Bacco si rivela, in questo caso, errata, poiché un’iscrizione vicino alla figura indica che è Giove a salvare Arianna e ad introdurla nel suo regno.
grafia: EMMERLING-SKALA 1994.
138
Biblio
Bardon ha tentato di interpretare l’anomala raffigurazione sulla base ide moralisé: Arianna specchierebbe il popolo ebraico, il quale, perduto a causa dei propri
ta dipinti che formano il catalogo dell’opera di Piero
ra confermata dal carattere particolare di una parte della sua pera, costituita soprattutto da quadri da stanza concepiti spesso in unitari com
A qu sogg Giov di C
ggi di Pier Salviati,
141alcune storie baccanarie che sono intorno a una camera; nelle quali fece sì strani fauni, satiri e silvani, e putti e baccanti, che è una maraviglia a vedere la diversità de’ zaini e delle vesti, e la varietà
dell’esposizione della saga cretese contenuta nell’Ov ri
peccati, riceve la salvezza da Dio, rappresentato da Bacco nella miniatura di Giovanni di Paolo e da Giove nell’incisione di Baccio Baldini.
6.4. Le “storie baccanarie” di Piero di Cosimo.
Dei circa cinquan
di Cosimo una parte considerevole è dedicata a soggetti ispirati a fonti classiche. La figura di Piero è nota per le sue peculiarità di artefice “strano e fantastico”; la singolare descrizione della sua psicologia tramandata dal Vasari semb
o
plessi figurativi.
esto tipo di produzione appartiene una serie formata da due dipinti di etto bacchico, dedicati alle Storie di Sileno
139e commissionati da
anni Vespucci,
140come riferisce Vasari in un passo della vita di Piero osimo:
espucci, che stava dirimpetto a S. Michele della via Lavorò per Giovanni V
de’ Servi, o
139
Bibliografia: E. PANOFSKY, Studi di Iconologia (1939), Einaudi, Torino 1975; L. GRASSI, Piero di Cosimo e il problema della conversione al Cinquecento nella pittura fiorentina ed emiliana, edizioni dell’Ateneo, Roma 1963; A. FORLANI TEMPESTI, E. CAPRETTI, Piero di Cosimo,
ette all’Arte del Cambio, da cui Guidantonio Vespucci lo acquistò il 5 rnio.
catalogo completo, Octavo, Firenze 1996; D. GERONIMUS, Piero di Cosimo: vision beautiful and strange, Yale University press, New Haven 2006.
140
I due pannelli furono commissionati in occasione delle nozze tra Giovanni Vespucci e Namiciana di Benedetto Nerli, celebrate nel 1550; essi erano destinati a decorare la stanza da letto degli sposi.
141
Il palazzo fiorentino della famiglia Vespucci, ubicato in via dei Servi, di fronte alla chiesa di S.
Michele Visdomini, era appartenuto a Piero (“Il Gottoso”) de’ Medici e, in seguito, al fratello Lorenzo. Quest’ultimo lo vend
marzo 1499. L’edificio fu quindi venduto a Piero Salviati nel 1533, per passare, sedici anni dopo, a
Giovanni di Bardi di Ve
delle cere caprine, con una grazia e imitazione verissima. Evvi in una storia Sileno a cavallo su uno asino con molti fanciulli,chi lo regge e chi gli da’ da bere; e si vede una letizia al vivo, fatta con grande ingegno.
142Nella mitologia classica i sileni sono semplicemente satiri in età avanzata e i rari riferimenti a Sileno in quanto un individuo specifico non sono sufficienti a delineare una precisa identità. In epoca rinascimentale e barocca, al contrario, Sileno è raffigurato come una figura quasi umana e, indispensabile compagno di Bacco, è immediatamente riconoscibile grazie a determinati tratti caratteristici: sempre stordito dal vino, cade inesorabilmente dal suo asino oppure è sostenuto da altri membri del corteo
acchico; egli illustra al meglio gli effetti negativi della bevanda sacra a
Bacc o. Questi aspetti della figura di
Silen sso dell’Ars Amatoria dedicato alla
desc sola di Nasso:
va
upede egli, inesperto cavaliere, urgeva,
Panofsky ha identificato proprio in questo testo (III; 735-760) la fonte dei di una
b
o, svincolando il dio da questo compit o emergono con evidenza nel pa rizione dell’arrivo di Bacco sull’i
[…] ecco il vecchio Sileno ebbro, sul suo curvo asinello; a stento ei si regge
aggrappandosi stretto alla criniera.
Mentre ei seguiva le Baccanti, ed esse fuggiano o l’assalivano, e il quadr
dall’orecchiuto asinel scivolando giù cadde a capofitto. “Alzati, babbo”, i Satiri dicevano, “alzati, su!”.
143La principale fonte letteraria a cui si deve la creazione della nuova figura di Sileno, quasi elevato al rango di personaggio mitologico, è tuttavia, un’altra opera di Ovidio, ovvero i Fasti.
dipinti di Piero di Cosimo, ispirati al passo in cui è narrata la storia
142
G. VASARI, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architetti (1568), a cura di G. Milanesi, elli, Bologna 1971, I, vv. 541-545.
Sansoni, Firenze 1981.
143
OVIDIO, L’arte dell’amore, tr. di G. Vitali, Zanich
divinità portatrice di civiltà tra gli uomini.
144Secondo il poeta latino fu Bacco a scoprire il miele
145e ad insegnare agli uomini i rituali religiosi e i piaceri della vita pastorale; gli uomini lo ricambiarono donandogli focacette preparate con il miele. La figura della divinità compare in entrambi i dipinti, al fianco della compagna prediletta, ormai integrata nel corteo dionisiaco e al seguito dello sposo nelle sue molteplici avventure. La fedele trasposizione in immagine del testo ovidiano non impedisce all’artista di conferire un accento gioioso alla narrazione; l’erudizione, presupposto fondamentale per la realizzazione e la ricezione delle due composizioni, va
del committente, Giovanni Vespucci; lo stesso
di pari passo con la ricerca di soluzioni divertenti e sagaci, rese possibili dal comportamento invasato dei compagni di Bacco.
146L’opera, conservata a Worcester, illustra l’episodio della scoperta del miele (fig.40). La scelta dell’inusuale soggetto si spiega con l’assonanza tra il termine vespae e il nome
emblema della famiglia Vespucci era un nido di api, raffigurato anche nel pannello di Cambridge.
147A differenza della maggior parte dei dipinti mitologici di Piero successivi al 1500, che tendono a fondere più episodi, la Scoperta del miele illustra un’unica vicenda. Il campo pittorico è suddiviso in tre aree distinte. Sulla sinistra, alcuni satiri schiamazzano e rumoreggiano per far uscire le api dal favo dentro la cavità di un tronco e quindi catturarle per produrre il miele.
Dietro di loro avanza il fragoroso corteo bacchico, i cui membri, in una sorta di parodia della fonte classica, battono comuni utensili da cucina piuttosto che strumenti di ottone; nell’angolo in primo piano, compare un’intera famiglia di satiri. Accanto all’albero centrale, il panciuto Sileno siede su un asino, accompagnato da satiri di ogni età. Alla sua destra si
144
A tale tematica si ispirano anche il ciclo del Pugliese con le Storie di Vulcano e i dipinti con le Storie di Prometeo ed Epimeteo.
145
Secondo la narrazione ovidiana Bacco scoprì il miele quando le api uscirono dalla cavità di un albero, attirati dal suono dei cembali del suo corteo.
146
La connessione tra il mito di Bacco e la sfera del diletto emerge anche dalle danze popolari e dai canti carnascialeschi ideati all’interno della cerchia di Poliziano, primo fra tutti il Trionfo di Bacco e Arianna del Magnifico.
147
Lo stesso emblema compare nel dipinto di Botticelli con Venere e Marte, commissionato
evidentemente dalla stessa famiglia, anche se in data molto diversa.
trovano Bacco e Arianna, a presiedere alla festosità del corteo (fig.41); il dio tiene in mano il thyrsos ricoperto da tralci di edera, suo inconfondibile attributo, mentre la fanciulla regge una brocca contenente del vino e dà prova della propria divinità, additando la ghirlanda frondosa che adorna le lunghe ciocche del sorridente sposo. Vicino alla coppia divina compare Pan, il quale, sorridente e seduto scompostamente a terra, estrae da una sacca alcune cipolle, reputate lenitive per le punture di insetti.
148Sullo sfondo si scorgono una città e un bosco che ospita alcuni satiri, una scimmia e un leone; secondo Panofsky, questi due elementi costituiscono paesaggio moralizzato, in quanto la città simboleggia la civiltà di cui è portatore Bacco, mentre il bosco selvaggio, sovrastato da nubi minacciose, allude all’arretratezza della vita condotta dai satiri e dallo stesso Sileno.
Tale pensiero non è condiviso da Geronimus, il quale sostiene che il contrasto tra primitivismo e civilizzazione non sia riscontrabile nel dipinto e che lo scenario selvaggio sia semplicemente un elemento formale della
omposizione, piuttosto che un termine di paragone per l’evoluta città sulla sinistra. La composizione sarebbe volta esclusivamente a raffigurare le festività tenute in onore di Bacco, così come sono descritte da Ovidio, ricreandone l’atmosfera di gioia e spensieratezza, dietro la quale non si celerebbe alcun significato recondito.
c
148
Si tratta di una delle frequenti vignette che arricchiscono la narrazione, analogamente al
particolare della satiressa che allatta il proprio piccolo.
Fig. 40 Piero di Cosimo, La scoperta del miele, ca 1499, tempera su legno, 79,2x128,5 cm, Worcester, Art Museum.
Un’ulteriore interpretazione della favola mitologica di Piero è quella fornita da Mathews,
149il quale cerca di individuare un significato più profondo di quello unicamente evoluzionistico e pone l’accento sulla sfera dell’amore e della fertilità.
150La sua teoria si basa su quattro elementi: la posizione prominente di Pan, che maneggia cipolle afrodisiache e vanta una grande forza seduttiva; il dualismo tra le personalità di Bacco e Pan, simboli rispettivamente della civilizzazione e del primitivismo, e l’esaltazione di quest’ultimo aspetto; la cavità dell’albero intesa come metafora del grembo materno; infine, la presenza di Arianna, accompagnata da alcune ninfe, che sorvegliano sulla sua unione con il dio. La lettura proposta è reputata più vicina alle originali intenzioni del committente e alla destinazione dell’opera.
149
Opinione riportata da D. GERONIMUS in Piero di Cosimo: vision beautiful and strange, Yale University press, New Haven 2006.
150
cit. da GERONIMUS 2006.
Fig. 41 Piero di Cosimo, La scoperta del miele, particolare.
Da un punto di vista stilistico, la creazione di Piero di Cosimo si distingue per l’originale vena narrativa, le singolari invenzioni e la fusione di naturalismo e irrealismo (si osservi, ad esempio, l’abnorme struttura dell’albero che si erge al centro della scena). Per quanto concerne il problema della datazione, esso resta aperto, poiché la vicinanza stilistica alla Madonna Cini e all’Incarnazione può far risalire l’esecuzione del dipinto alla metà del primo decennio del cinquecento, mentre Panofsky anticipa ulteriormente la datazione al 1498-1499.
La coppia dionisiaca fa la sua comparsa anche nell’altro pannello di soggetto bacchico, conservato a Cambridge e noto come Le disavventure di Sileno (fig.42). L’opera presenta uno stato di conservazione peggiore rispetto al pendant di Worcester, tanto che è stata giudicata non finita a
tecniche (basate sull’impiego della reflectografia ad infrarossi e immagini causa del modellato lacunoso delle figure; in realtà, l’autore aveva terminato il dipinto, ma alcune parti oggi non sono più visibili. Analisi
fotografiche digitali), hanno rivelato come il dipinto sia stato soggetto a
trattamenti di pulitura dannosi, che hanno causato una perdita del colore, e all’eliminazione o alla copertura di alcuni dettagli della composizione, legati all’eccitamento sessuale dei personaggi. Questa sorta di censura ha interessato i satiri impegnati a cercare di sollevare Sileno e la figura, non più visibile, di un satiro che compariva sullo sfondo, alla destra dell’albero centrale, e che saliva su di un asino, con intenzioni poco onorevoli.
151I tentativi di castigare le parti più oscene del dipinto, mitigando il carattere malizioso della narrazione, devono aver avuto inizio quando esso è passato dalle mani dei Vespucci a quelle del nuovo proprietario del palazzo; un indizio, in questo senso, è offerto dall’assenza del nido di vespe, preciso riferimento alla famiglia del committente, oltre che dettaglio integrante della vicenda raffigurata.
La scena illustra gli eventi successivi alla vicenda raffigurata sul pannello di Worcester e, a differenza di questo, si compone di tre diversi episodi, disposti in un ordine imprevisto. La narrazione, infatti, non segue l’usuale l’andamento dei dipinti su spalliere, da sinistra verso destra, ma il primo pisodio si svolge nel centro della scena, il secondo nella parte destra e il terzo sulla sinistra. Dopo aver assaggiato il dolce nettare scoperto da Bacco, Sileno si ingegna per trovarne ancora: avanza con il suo asino verso un albero cavo, analogo a quello posto al centro del pendant, e si aggrappa ad un ramo per salirvi, ma questo si spezza e il pingue Sileno cade rovinosamente a terra. Il vecchio satiro non ha avuto la stessa fortuna di Bacco, in quanto non si imbatte in un produttivo alveare, bensì in un nido di vespe, che iniziano a pungerlo sulla testa. I compagni del corteo bacchico accorrono sulla sinistra e, deridendo il malcapitato, cercano, prima, di alleviargli il dolore delle punture con impacchi di fango e, in seguito, di
llevarlo, aiutandosi con un tronco. Il thiasos è guidato da Bacco e
ortale, la quale è parte integrante del seguito dello sposo e protagonista ttiva dei baccanali, coinvolta nel turbine danzante di menadi e satiri.
e
so
Arianna; il dio del vino è, ancora una volta, accompagnato dalla compagna m
a
Le analisi condotte sul dipinto di Worcester hanno, al contrario, messo in luce pochi pentimenti o ridipinture.
151
Fig. 42 Piero di Cosimo, Le disavventure di Sileno, ca 1499, olio su tavola, 76,2x126,3 cm, Cambridge (Mass.), Fogg Art Museum.
6.5. Il Bacco e Arianna di Tullio Lombardo. Una molteplicità di interpretazioni.
Nella Kunstkammer del Kunstistorisches Museum di Vienna è possibile ammirare un rilievo in marmo raffigurante due giovani amanti di ideale bellezza (fig.43)
152; l’opera non presenta alcuna iscrizione,
153tuttavia non sussiste alcun dubbio riguardo all’attribuzione a Tullio Lombardo,
posta per la prima volta da Hermann Julius Hermann nel 1906.
154pro
152
Bibliografia; S. WILK, Iconological problems in the sculpture of Tullio Lombardo: (summary of dissertation),in Marsyas, 19. 1977/78, p. 71; S. WILK, The sculpture of Tullio Lombardo: studies in sources and meaning, Garland, New York 1978; C. KRYZA-GERSH, Il poeta cantore e l’amante, in Tullio Lombardo: scultore e architetto nella Venezia del Rinascimento, atti del convegno di studi, Venezia, Fondazione Giorgio Cini, 4-6 aprile 2006, a cura di M. Ceriana, Cierre Edizioni, Verona 2007.
153
A differenza dell’affine Doppio ritratto della Ca’ d’Oro di Venezia, firmato dall’artista.
154
O. Egger e H. J. Hermann, Aus den Kunstsammlungen des Hauses Este in Wien, in Zeitschrift für
Bildende Kunst, XVII, 1906, pp. 84-105.
Fig. 43 Tullio Lombardo, Bacco e Arianna, ca 1510, h. 56 cm, Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Secondo la tesi sostenuta da Matteo Ceriana, l’enigmatica scultura sarebbe stata realizzata prima del 1507 e farebbe parte di una serie di manufatti prodotti all’interno della fiorente bottega ferrarese di Antonio Lombardo.
155Hermann per primo ha interpretato il capolavoro di Tullio Lombardo come un’immagine della coppia dionisiaca; tale supposizione si basa principalmente sulla corona di edera che orna la testa della figura maschile, elemento che ne rende inequivocabile l’identificazione con Bacco; una foglia accarezza la fronte della compagna, verso la quale il dio reclina teneramente la testa, in un profondo legame emotivo (fig.44). Per quanto
itologica che può essere associata a Bacco pur essendo priva di ogni
concerne l’individuazione della figura femminile, l’unica fanciulla m
preciso attributo è proprio Arianna, in quanto è egli stesso a renderla identificabile.
155
cit. da M. CERIANA, Il Camerino di alabastro. Antonio Lombardo e la scultura all’antica,
catalogo mostra a Ferrara 14 marzo-13 giugno 2004, Silvana Editoriale, Milano 2004.
Fig. 44 Tullio Lombardo, Bacco e Arianna, particolare.
L’interpretazione di Hermann ha avuto largo seguito tra gli studiosi successivi, tra i quali Keller,
156fermamente convinto che la scultura possa essere inserita nel catalogo di immagini nuziali raffiguranti la coppia dionisiaca. A sostegno di tale ipotesi, Keller mette in evidenza un potenziale legame tra la doppia effige realizzata dall’artista veneziano agli esordi del XVI secolo e i busti di giovani fanciulle prodotti principalmente a Firenze in occasione delle loro nozze; questi dovevano essere collocati nella casa paterna dopo la celebrazione della cerimonia. Ulteriore conferma è data dalla presenza della corona d’edera, in quanto, nell’antichità, essa assume talvolta un significato prettamente nuziale poiché è la pianta utilizzata per adornare la casa in cui saranno celebrate delle nozze.
L’identificazione dei due personaggi scolpiti con Bacco e Arianna, tuttavia, non è unanimemente accettata. Leithe-Jasper considera la scultura un Doppio ritratto all’antica di una giovane coppia patrizia veneziana, pensiero ripreso dalla Stedman Sheard, la quale sottolinea come
156
Opinione riportata da A. EMMERLING-SKALA in Bacchus in der Renaissance, Olms,
Hildesheim 1994.
l’identificazione con i protagonisti del mito non escluda la lettura dell’immagine come il ritratto idealizzato di una coppia reale. Poco convincente risulta il successivo suggerimento di Scalini di individuare nelle due figure Francesco Gonzaga e Isabella d’Este, mentre scarso sviluppo ha avuto l’ipotesi di Valcanover di leggere l’immagine semplicemente come due Amanti.
Accuratamente argomentata è, invece, l’ipotesi avanzata da Sara Blake Wirk, la prima a guardare con interesse specifico al soggetto dell’opera. La studiosa ha individuato le principali fonti formali dell’opera nella tradizione ritrattistica nord-europea del XV secolo e nelle effigi scultoree delle tombe dell’antica Roma, cui si rifanno gli stessi artisti nordici. La Wirk ha, inoltre, messo in relazione il rilievo di Tullio Lombardo con l’atmosfera culturale veneta che guarda con nostalgia alla perduta civilizzazione antica e che produce l’Hypnerotomachia Poliphili e le “poesie” dipinte di Giorgine; tale legame con il testo di Francesco Colonna offrirebbe una chiave di lettura per l’iconografia dell’opera. Lo stato frammentario delle due figure di Tullio Lombardo e la loro ispirazione alla ritrattistica funeraria romana costituirebbero un parallelo con la vicenda di Polifilo, i cui incontri con
imbatte Polifilo, la quale sottolinea come l’offerta dell’uva e delle spighe di Polia avvengono frequentemente tra rovine classiche o in cimiteri dedicati a coppie di amanti defunti; come il protagonista dell’Hypnerotomachia non può avere l’amata, nel XV secolo non può essere recuperata la civiltà antica. L’espressione ansiosa e patetica delle figure del rilievo troverebbe giustificazione proprio in questo desiderio di ritorno alla classicità.
Riguardo l’identificazione dei due amanti, la studiosa vede nel rilievo di Vienna la raffigurazione di Bacco e Cerere, in base al ricorrere della coppia mitica nel testo di Francesco Colonna. La loro associazione a Venere, che li connota come amanti, alluderebbe al celebre proverbio “Sine Cerere et Baccho friget Venus”, famoso tra greci e latini: solo il grano e l’uva donati
da Bacco e Cerere all’umanità rendono possibile l’amore. Tale pensiero trova riscontro in un’iscrizione presente su un antico edificio in cui si
grano sia stata al servizio dell’amore. La Wirk giunge dunque alla
conclusione che la scultura rappresenti una poesia scolpita, nella quale il dio del vino farebbe coppia con Cerere, concordemente con il suggerimento di un loro legame amoroso contenuto nel testo di Francesco Colonna.
n’ulteriore ipotesi relativa all’iconografia del rilievo viennese è stata avanzata da Claudia Kriza-Gersh, la quale mette in dubbio non solo l’identificazione della figura femminile con Arianna, ma anche quella della figura maschile con Bacco. La studiosa sostiene, infatti, che la corona d’edera, attributo inequivocabile del giovane dio Bacco, sia da interpretare piuttosto come simbolo d’eternità, e quindi come fama duratura, impiegata in particolare per le celebrazioni della fama artistica; ne deriva la supposizione che l’uomo effigiato sia un poeta e un musico.
157La sua argomentazione si fonda sul confronto del rilievo di Tullio Lombardo con un dipinto attribuito a Giovanni Cariani (fig.45), conservato anch’esso al Kunsthistorisches Museum, nel quale si vede un uomo intento a suonare una ghironda per una giovane donna. Sulla base di alcune affinità formali (la raffigurazione a mezzo busto delle due figure, la loro grande intimità e retazione onografica comparabile.
U
le acconciature molto simili) tenta di condurre un’interp ic
157
Non sorprende l’ipotesi che la figura possa essere sia musico che poeta poiché la lirica,
specialmente quella pastorale, era spesso presentata in forma musicale.
Fig. 45 Giovanni Cariani (attr.), Poeta che suona la ghironda con giovane donna, Vienna, Kunsthistorisches Museum.
Analogamente all’uomo del dipinto, col capo coronato d’edera, la figura maschile del rilievo sarebbe un musico; la bocca socchiusa e la laringe lievemente rigonfia proverebbero il fatto che stia cantando,
158così come gli occhi rivolti verso l’alto, atteggiamento tipico di un’esecuzione musicale (una poesia, al contrario, è solitamente recitata con lo sguardo fisso sul pubblico).
159Anche le labbra della fanciulla sono dischiuse, ma in modo talmente lieve da non sembrar emettere alcun suono; essa sembrerebbe piuttosto concentrata ad ascoltare il compagno, come proverebbe lo sguardo assorto. I ruoli risultano invertiti rispetto all’opera di Cariani, in quanto nel dipinto è la donna ad intonare una canzone, accompagnata dalla ghironda
dell’uomo.
158
La bocca socchiusa, unitamente a occhi e sopraciglia esprimenti sofferenza, è la rappresentazione convenzionale d
tensione del lab
el pathos; ciò che distingue il volto della figura dall’espressione patetica sono la bro inferiore, la posa rilassata degli occhi e le grinze verticali delle sottili he esprimono una piacevole concentrazione.
L’immagine si inserirebbe in un genere che ebbe grande popolarità nella Venezia di inizio o, ovvero la raffigurazione di musicisti, di amanti che fanno e ascoltano musica o di rsonaggi riuniti in un paesaggio pastorale e intenti a eseguire un concerto privato. Tale genere di figurazione era volta a commuovere in modo piacevole lo spettatore, dipingendo non solo gli strumenti, ma anche lo stato d’animo e le emozioni che la musica suscita negli uomini. La tematica lla musica ricorreva sia nell’ambito della pittura religiosa, sia nelle opere di soggetto pagano, nelle quali acquista sempre maggior spazio, fino a raggiungere l’apice nel Concerto Campestre di Tiziano.
sopracciglia, c
159