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Academic year: 2021

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Introduzione

Il 27 giugno 1980, alle ore 20.08, un aereo DC9 Serie 10 Modello 15, appartenente alla compagnia Itavia, decollò dalla pista dell’aeroporto di Bologna. A bordo c’erano ottantuno persone, settantasette passeggeri e quattro membri dell’equipaggio. Dopo un volo relativamente tranquillo, a parte qualche incomprensione con la torre di controllo dell’aeroporto di Ciampino, alle 20.59,45s fu perso qualsiasi contatto radar con il DC9 che risultò scomparso.

Da quel momento intorno a questa vicenda si intrecciarono le storie di militari, politici, Pubblici Ministeri, giornalisti, giudici, ingegneri, e poi ancora orfani, vedove, padri senza più una figlia, sorelle senza più un fratello…

L’obiettivo del lavoro si incentra sulla ricostruzione degli eventi correlati alla strage di Ustica intorno a quattro filoni: quello delle indagini tecniche, quello giudiziario, quello politico e quello riguardante i rapporti internazionali. Infatti, ad opinione di chi scrive, solamente delineando e approfondendo i vari settori della vicenda può risultare maggiormente comprensibile al lettore l’importanza che nella storia del nostro paese può aver avuto questa terribile tragedia.

A questo punto però appare necessario mettere in chiaro che, nonostante possa sembrare che le parti interessate siano così diverse l’una dall’altra, esse sono tutte legate da un filo comune: quello di non esser riusciti a dare, in primis ai familiari delle vittime, delle risposte certe circa quello che successe nei cieli di Ustica in quella sera di giugno di ben trentun anni or sono. Le indagini tecniche furono uno dei settori fondamentali della fase investigativa promossa, a seguito del disastro, sia dall’autorità politica che da quella giudiziaria. Nonostante però i molti soldi investiti, soprattutto nel recupero del relitto, e i lunghi anni di lavoro dei periti, non è stato possibile giungere ad una risposta definitiva e certa circa la dinamica dell’incidente. Ancora oggi infatti il dibattito sull’accaduto ruota attorno a tre possibili ipotesi ritenute valide a seconda dello “schieramento” che si intende seguire: quella della bomba a bordo dell’aereo, quella del missile lanciato contro l’I-TIGI e quella della quasi collisione con un aereo militare.

Delle istituzioni politiche e giudiziarie invece è importante sottolineare l’assoluta approssimazione con la quale lavorarono, sia per la scarsissima attenzione che fu data alla vicenda dal Parlamento e dal Governo, sia per la pessima fase istruttoria portata avanti, anche grazie alla mancanza di collaborazione dell’Aeronautica Militare, soprattutto Pubblico Ministero Santacroce e dal Giudice Istruttore Bucarelli. Il lavoro lento e inefficiente dell’apparato giudiziario e politico ebbe come ripercussione l’impossibilità di intavolare un processo per il reato di strage, nei confronti di coloro che, qualunque sia la dinamica dell’incidente ritenuta valida, causarono la morte di ottantuno cittadini italiani.

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2 Ciò che però, almeno a parere di chi scrive, è importante analizzare in maniera approfondita della strage di Ustica, perché quello è probabilmente l’ambito nel quale trovare le risposte, è il contesto internazionale nel quale il fatto ha avuto luogo. Che la vicenda non fosse circoscrivibile all’interno dei confini nazionali si comprese immediatamente. Il 18 luglio 1980, infatti, ventuno giorni dopo il disastro di Ustica, fu ritrovato ad Agro di Castelsilano, nella località Colimiti sulla Timpa delle Magare, un aereo militare che aveva subito anch’esso, come l’I-TIGI, un drammatico incidente. L’aereo in questione era un MiG-23 MS appartenente alla Libia. Dopo che sul fatto sorsero alcune incongruenze circa la data di morte del pilota, e quindi l’effettivo giorno di caduta del velivolo, la causa dell’incidente fu attribuita ad un attacco perpetrato da alcuni caccia di una nazione facente parte della NATO e avvenuto negli ultimi giorni del mese di giugno. Il collegamento con l’incidente del DC9 Itavia fu automatico.

Da quel momento allora la trattazione della vicenda in questione non può prescindere da un’analisi approfondita dello stato di tensione crescente tra alcuni paesi occidentali, su tutti Francia e Stati Uniti, e lo stato presieduto dal colonnello Muhammar Gheddafi. Ma questo lavoro avanza un’ulteriore chiave di lettura. Proponendo infatti un parallelismo tra le contingenze politico-economiche nelle quali si trovarono coinvolti l’Italia, la Libia, la Francia e gli Stati Uniti nell’estate del 1980 e lo stato di tensione scoppiato con la rivolta in Libia del febbraio appena trascorso, si è cercato di evidenziare un inquietante tratto comune: il tentativo franco-americano di eliminare, a discapito degli interessi italiani nella sua ex-colonia, il colonnello Gheddafi dalla guida dello Stato.

Questi sono gli ambiti nei quali la strage di Ustica e le successive indagini si sono svolti. Il soggetto di questa tesi appartiene, così come altre terribili vicende che hanno attraversato il periodo storico caratterizzato dal terrorismo, alla storia più oscura e impronunciabile del nostro paese. A mio avviso però, solo attraverso il ricordo, la memoria e una nuova analisi a livello puramente critico e conoscitivo, sarà possibile imparare a esorcizzare e a convivere con il nostro passato. Questo è il motivo per cui mi sono interessato alla strage di Ustica, uno dei più grandi e inestricabili misteri dell’Italia repubblicana.

L’analisi dell’argomento scelto cercherà di essere, almeno in alcuni suoi passi, il più attinente possibile ai dati oggettivi. L’interesse è quello innanzitutto di informare e far conoscere al lettore gli eventi e le dinamiche di questa triste storia. Purtroppo però la peculiarità del soggetto trattato è quella di essere tutt’altro che analizzabile in maniera imparziale. Occuparsi della strage di Ustica significa anche schierarsi e cercare di mettere in evidenza le mancanze o le scorrettezze operate, in questo caso dalle più alte autorità della nostra Repubblica. Tutte le opinioni personali saranno comunque accompagnate da una preventiva descrizione dell’evento in questione, anche

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3 attraverso l’utilizzo e il richiamo ad alcuni documenti ufficiali: a partire dalle registrazioni delle telefonate occorse tra i vari siti radar la notte del disastro, passando dagli elaborati finali delle perizie compiute per conto della magistratura e delle autorità politiche, arrivando alle carte istruttorie e processuali e ai resoconti delle sedute parlamentari, sia della Camera dei Deputati che del Senato.

Concludendo questa introduzione vorrei riservare un doveroso ringraziamento alla senatrice, nonché presidentessa dell’associazione dei parenti delle vittime, Daria Bonfietti, che è stata tanto gentile da rilasciarmi un’intervista, svoltasi a casa sua a Bologna il 12 maggio scorso, incentrata sulle vicende che hanno direttamente coinvolto a partire sin dal 1985, sia lei sia i parenti delle vittime in veste di associazione. La mia speranza è che tutte le domande che ancora l’associazione sta avanzando nei confronti delle autorità giudiziarie e politiche possano trovare una doverosa risposta.

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