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INTRODUZIONE
Una questione di particolare interesse per le aziende è sicuramente quella di determinare la possibile reazione dei consumatori alle notizie negative riguardo alla propria attività.
La televisione, la carta stampata, i social network o il passaparola sono soltanto alcuni dei mezzi attraverso i quali circolano le informazioni, e spesso capita che sotto i nostri occhi scorrano messaggi del tipo “Toyota richiama 6,39 milioni di auto per problemi tecnici”, “Samsung ridicolizza gli utenti iPhone in un video sulla durata della batteria”,
“Apple multata per pubblicità ingannevole in Australia”. I fattori in grado di compromettere l’immagine di una marca sono molteplici, e possono avere effetti diversi sui destinatari. In particolare, è utile prevedere la reazione dei consumatori con una self- brand connection particolarmente pronunciata, poiché questi in genere rappresentano la principale fonte di guadagno per le aziende.
Le marche svolgono un ruolo importante nella vita dei consumatori: un gran numero di studi, in proposito, ha evidenziato il legame esistente tra il consumo e l’identità, mostrando che il consumo influenza l’identità e, a sua volta, l’identità influenza il consumo. L’identità di una persona, secondo la teoria dell’identità sociale [Tajfel &
Turner 1979], si compone di due parti: l’identità personale, che consiste in una definizione e valutazione di se stessi in termini di attributi personali, e l’identità sociale, che può essere considerata come una definizione e valutazione di se stessi in termini di attributi condivisi che definiscono l’appartenenza a un gruppo. Una minaccia a una marca a cui il consumatore è particolarmente legato può arrivare a minacciare quella sua particolare identità sociale che è costituita, appunto, dall’essere un fan di quella marca e appartenere all’insieme degli appassionati della marca stessa.
La presente ricerca si propone di comprendere se l’esposizione ad alcune minacce all’identità di una marca ha un effetto su alcune variabili: la visione di se stessi dei soggetti, la valutazione di un prodotto della marca utilizzato prevalentemente in un contesto privato e la valutazione di un prodotto della marca utilizzato prevalentemente in un contesto pubblico, in cui gli altri possono osservare il consumatore e riconoscere la marca dell’oggetto senza grandi difficoltà. Le risposte date dalla letteratura al problema della minaccia a una marca vanno sostanzialmente in due direzioni:
abbandono o difesa della marca minacciata. Le variabili in grado di moderare la risposta
dei consumatori sono numerose, e sono stati effettuati studi, tra gli altri, che hanno
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preso in considerazione il dominio a cui appartiene il prodotto o i potenziali utilizzatori indesiderati [Berger & Heath 2007; 2008], l’attaccamento alla marca [Cheng, White &
Chaplin 2012; Lisjak, Lee & Gardner 2012], l’autostima collettiva [White & Argo 2009] o il tipo di self-construal [Swaminathan, Page & Gürhan-Canli 2007; White, Argo & Sengupta 2012]. I fattori che abbiamo esaminato nella nostra ricerca, come possibili moderatori delle risposte dei soggetti, sono l’identificazione del soggetto con la marca, la natura del prodotto, il self-monitoring e il capitale culturale.
Allo scopo di capire quali prodotti fossero più adatti per essere valutati nel successivo questionario d’indagine, è stato effettuato in via preliminare un pretest online, facendo valutare a un gruppo di individui alcuni prodotti di marche diverse: a tali soggetti è stato chiesto se i prodotti proposti, secondo la loro percezione, fossero maggiormente
“privati” o “pubblici”, secondo l’accezione che abbiamo spiegato sopra. La natura del prodotto – e quindi la visibilità del consumo – è perciò una variabile di fondamentale rilevanza nella nostra indagine. La scelta è ricaduta su Samsung, un’azienda che commercializza prodotti utilizzati prevalentemente in privato e prodotti adatti a essere utilizzati anche in contesti pubblici, sotto lo sguardo degli altri: in particolare, abbiamo scelto una lavatrice nel primo caso e uno smartphone nel secondo.
La raccolta dei dati, come accennato, è stata effettuata tramite un questionario di tipo auto-somministrato, o auto-compilato, che prevede quindi la compilazione direttamente da parte dell'intervistato senza la presenza dell'intervistatore. Il link del questionario è stato inserito su Facebook, in numerosi gruppi di studenti dell’Università di Pisa e in alcuni gruppi dedicati alla marca presa in esame, ovvero Samsung. Le minacce, presentate per l’appunto sotto forma di post di Facebook, sono state strutturate per colpire l’identità della marca, e precisamente compromettere la sua autenticità: le accuse sono quelle di eccessiva commercializzazione, di copia di un’altra marca e di perdita di coerenza, mentre un quarto gruppo di rispondenti costituisce il gruppo di controllo.
Abbiamo chiesto ai rispondenti, relativamente alla lavatrice e allo smartphone
presentati, di valutare tre fattori, ovvero l’autenticità, l’atteggiamento e la disponibilità a
pagare. Un’analisi fattoriale è stata effettuata prima di procedere con l’elaborazione dei
dati e, in base ai risultati ottenuti, le voci relative alla disponibilità a pagare hanno
presentato una correlazione con più di un fattore, di conseguenza non è stato possibile
prendere in considerazione questo costrutto. L’indicatore sintetico che esprime la
valutazione del prodotto privato (lavatrice) racchiude in sé atteggiamento e autenticità,
mentre l’indicatore che esprime la valutazione del prodotto pubblico (smartphone)
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consiste precisamente in una valutazione di autenticità, poiché l’atteggiamento in questo caso era un costrutto correlato con più di un fattore. La tecnica a cui abbiamo fatto ricorso per elaborare i dati è l’analisi della varianza, univariata e fattoriale. Il grado di identificazione dei soggetti con la marca è uno dei moderatori più interessanti: si riscontra, infatti, che gli individui più attaccati alla marca rispondono in maniera sensibilmente diversa dai non appassionati quando devono esprimere una valutazione del prodotto pubblico (smartphone). Analizziamo in dettaglio anche le interazioni tra le tipologie di minaccia, il self-monitoring e il capitale culturale, che in alcuni casi risultano significative: per fare un esempio, troviamo che i soggetti con elevato capitale culturale risultano più influenzati dalla minaccia di copia nel caso in cui devono esprimere un giudizio relativamente all’oggetto privato, mentre coloro con minore capitale culturale esprimono i giudizi migliori proprio nei casi in cui sono stati esposti a questo tipo di minaccia.
Il nostro studio ribadisce l’esistenza di risposte di tipo difensivo degli individui con una self-brand connection elevata, e dimostriamo che questo effetto è particolarmente rilevante nel caso di un oggetto di uso pubblico, mentre la differenza con i meno appassionati è meno accentuata nel caso di un oggetto che si utilizza in un contesto puramente privato, in cui non è possibile mostrare agli altri il legame che possiamo avere con una marca, anche se minacciata.
L’elaborato è strutturato in quattro parti. Il primo capitolo è dedicato all’esposizione del
quadro teorico di riferimento; il secondo riguarda la metodologia seguita nello
svolgimento della ricerca; nel terzo sono esposti i risultati ottenuti; l’ultima parte è
dedicata alle osservazioni conclusive, alle implicazioni manageriali e naturalmente
all’esposizione dei limiti della ricerca, dato che nessuna indagine empirica può essere
priva di limiti. Il pretest e il questionario d’indagine utilizzati per la raccolta dei dati
sono disponibili in allegato.
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