CAPITOLO II. Ipotesi di riutilizzo
2.1 L’area interessata del progetto del porto
Questo studio è nato dall’esigenza di trovare un’alternativa all’uso d’acqua potabile, principalmente per il lavaggio delle imbarcazioni da diporto all’interno del futuro porto turistico di Marina di Pisa. Infatti, l’inserimento di una marina all’interno di una località turistica balneare caratterizzata da momenti di sofferenza per la scarsità della risorsa idrica nei periodi estivi, indirizza obbligatoriamente verso scelte d’uso razionale dell’acqua a cominciare da una rete duale per la fornitura separata d’acqua potabile e d’acqua non potabile. In questo senso è stata avanzata l’ipotesi di riutilizzare le acque reflue rigenerate provenienti dal vicino depuratore della fognatura mista di Marina di Pisa per l’approvvigionamento d’acqua non potabile. Il porto turistico in progetto insiste nei pressi della foce del fiume Arno, in riva sinistra a circa 300 metri dallo sbocco nel Mar Tirreno (Fig. 2.1) in aree per la maggior parte di proprietà della Borrello s.p.a. e in minor parte di proprietà demaniale. L’imboccatura portuale progettata è aperta verso l’Arno e quindi ridossata dalle inondazioni provenienti dal largo (Fig. 2.2 e Fig. 2.3).
Figura 2.1. Pianta della zona di Marina di Pisa; evidenziata in rosso l’area in cui sorgerà il futuro porto turistico (Dal Progetto preliminare del porto turistico di Marina di Pisa).
L’area interessata dal progetto di porto turistico vede iniziare il suo sviluppo industriale nel 1917 con l’edificazione degli stabilimenti Gallinari. Successivamente l’area passò di proprietà alla CMASA (Costruzioni Meccaniche Aeronautiche Soc. An.) e nel 1930 subentrò la FIAT. Dopo varie conversioni nella produzione, nel 1988 lo stabilimento chiuse definitivamente. Nel 1991 la proprietà passò alla Borrello s.p.a., attuale proprietaria dell’area.
Da un punto di vista territoriale, la destinazione ad attività produttive non era coerente con la specificità di un’area delicata da un punto di vista ambientale e paesaggistico. La presenza del porto turistico, invece, s’inserisce nel paesaggio valorizzando ancor di più lo scenario circostante; il porto si collocherebbe com’elemento cerniera tra l’ambiente biotico e l’insediamento urbano. Inoltre la presenza del porto si propone di incrementare il turismo nell’area e la fruizione delle vie d’acqua.
Figura 2.2. Vista a volo d’ uccello post - operam ed ante-operam (Dal Progetto preliminare del porto turistico di Marina di Pisa).
Figura 2.3. Vista a volo d’uccello ante-operam e post-operam (Dal Progetto preliminare del porto turistico di Marina di Pisa).
2.2 Strutture di un porto e richiesta idrica
Lo sviluppo della nautica da diporto nel trascorso trentennio ha favorito nella nostra Nazione la realizzazione d’infrastrutture portuali specializzate, in grado di offrire tutti i servizi necessari ad una sicura e comoda permanenza.
Fra i servizi ritenuti primari indispensabili all’utente di un porto turistico vi è la fornitura d’acqua per usi che possono essere così suddivisi (Marconi e Noli, 1990):
1. Uso potabile ed igienico (serbatoi natanti e servizi igienici generali). 2. Uso industriale (lavaggio imbarcazioni ed irrigazione aree verdi). 3. Impianto antincendio.
4. Uso commerciale (non strettamente legato al diporto).
L’acqua è normalmente distribuita mediante tubazioni lungo i principali percorsi di una marina ed in corrispondenza d’ogni ormeggio.
In generale, per la distribuzione d’acqua agli ormeggi è preferibile installare due diverse reti: una per l’acqua potabile da utilizzare negli impianti sanitari delle barche e per il rifornimento dei relativi serbatoi; la seconda rete con acqua di mare o salmastra o non potabile, è impiegata per il lavaggio delle imbarcazioni e per estinguere gli incendi. Recenti studi nei porti italiani hanno dimostrato che il consumo medio annuo d’acqua è di circa 50-70 m3 (150-200 litri al giorno) per barca, ove il valore più alto include i consumi dell’area commerciale. I picchi massimi giornalieri sono di 750 l/barca in Luglio-Agosto (Franco e Marconi, 1999).
La pressione di esercizio della rete idrica alla radice dei pontili può assumersi pari a 2-2,5 Atm. (Franco e Marconi, 1999).
L’aliquota dell’utilizzo idrico portuale per uso industriale incide in modo rilevante sul bilancio generale dell’acquedotto.
Il principale impiego è costituito dalla voce lavaggio ed è quindi legato alla cura che i proprietari riservano alle proprie imbarcazioni nel ristretto periodo di utilizzo (mesi estivi e fine - settimana). L’abitudine di cui sopra comporta un forte utilizzo della
risorsa idrica proprio in corrispondenza dei periodi di maggior impiego degli acquedotti delle località turistiche (Franco e Marconi, 1999).
Per quel che riguarda l’impianto antincendio, nel caso in cui non si utilizza acqua di mare, è sempre presente un serbatoio di compenso da 50-100 m3 per la disponibilità d’emergenza in caso d’interruzione di flusso nell’adduttrice principale (Franco e Marconi, 1999).
Nel progetto preliminare del porto turistico di Marina di Pisa presentato al Comune di Pisa dalla società Borello-s.p.a.-Torino è riportato solo un breve accenno alle dotazioni impiantistiche previste. Sono infatti necessari ad un moderno porto turistico gli impianti tecnici generali tra i quali in particolare quelli idrico, antincendio e fognario. Dal progetto risulta che tali impianti passeranno in cavedii ricavati all’interno dei pontili e l’erogazione è prevista a mezzo di colonnine poste sfalsate su entrambi i lati del pontile stesso (dal Progetto preliminare del porto turistico di Marina di Pisa).
2.3 Esigenze del porto turistico di Marina di Pisa e
richiesta idrica
Dal progetto preliminare del porto turistico di Marina di Pisa presentato al Comune di Pisa dalla società Borello-s.p.a.-Torino, emerge la necessità di prevedere un impianto idrico capace di soddisfare le necessità dell’utenza. La configurazione planimetrica progettata offre ormeggio a 500 posti barca (Fig. 2.4).
Figura 2.4. Configurazione planimetrica del porto (Dal Progetto preliminare del porto turistico di Marina di Pisa).
La richiesta d’acqua di bassa qualità è per ora limitata al solo impiego per il lavaggio delle imbarcazioni, quindi quando si parlerà di fabbisogno idrico si farà riferimento a quest’unica finalità. In realtà esistono altre possibili destinazioni d’uso dell’acqua reflua depurata, sempre all’interno del porto.
Sono previsti nel progetto preliminare locali per i servizi igienici pubblici collocati ad una distanza non superiore a 250 m dal posto barca più lontano (Dal Progetto preliminare del porto turistico di Marina di Pisa). Gli scarichi dei servizi igienici possono essere alimentati da acque reflue recuperate come previsto dal D.M. 185/03
tra le destinazioni d’uso civili (art. 3 comma 3). Oltre a quest’ulteriore possibilità di riuso le acque reflue rigenerate possono servire anche per irrigare le numerose aree verdi ornamentali previste all’interno del porto (Fig. 2.5) come ammesso dal D.M. 185/03 tra le destinazioni d’uso irriguo (art. 3, comma 2).
Figura 2.5. Planimetria generale del porto (Dal Progetto preliminare del porto turistico di Marina di Pisa).
Pisa, Servizio Pianificazione del Territorio, Ufficio Valutazioni Ambientali dalla dottoressa Antonella Salani (Allegato 2). Questo studio si basa su un campione di porti turistici (Isola di Capraia, Riva di Traiano, Marina di Nettuno, Cala Galera e Punta Ala), sui dati raccolti nella Guida Maggioli alla Progettazione e Costruzione di Porti Turistici (Franco e Marconi, 1999) e sul testo di un articolo “Indagine su caratteristiche e valori dei consumi idropotabili nell’ambito di strutture portuali turistiche” tratto dal convegno tenutosi a Sorrento nel 1990: ” La conoscenza dei consumi per una migliore gestione delle infrastrutture acquedottistiche”.
Quest’acqua servirà principalmente per il lavaggio barche ma potrà essere utilizzata anche per irrigazione delle aiuole, lavaggio strade ed eventualmente per irrigare il futuro campo da golf.
Per quel che riguarda la valutazione delle acque per lavaggio barche non esistono particolari necessità qualitative.
Per quel che riguarda le necessità quantitative ecco una sintesi della relazione redatta dalla dottoressa Antonella Salani . I dati dei consumi idrici raccolti nei porti turistici d’Isola di Capraia, Riva di Traiano, Marina di Nettuno, Cala Galera e Punta Ala hanno rivelato un andamento dei consumi molto variabile tra il periodo estivo e quello invernale. Per questo motivo si è ripartito il 77.5% del consumo annuale ai mesi di Luglio e Agosto e la restante quota in maniera non omogenea tra gli altri mesi come riportato in tabella 7.
Mesi % sul totale Gennaio 0,50 Febbraio 0,50 Marzo 0,50 Aprile 0,50 Maggio 2,67 Giugno 10,00 Luglio 38,75 Agosto 38,75 Settembre 6,33 Ottobre 0,50 Novembre 0,50 Dicembre 0,50
Tabella 7. Percentuale di consumi in un porto turistico ripartita nei diversi mesi.
Per stimare la suddivisione del fabbisogno idrico in frazione potabile e frazione non potabile la dott.sa Salani ha previsto tre diverse serie di dati:
1. prima serie di dati con frazione potabile al 72% e non potabile al 28%; 2. seconda serie di dati con frazione potabile al 64% e non potabile al 36%; 3. terza serie di dati con frazione potabile al 46% e non potabile al 54%;
Il confronto tra i fabbisogni idrici e le portate effluenti dal depuratore è stato condotto sulla base del dato più limitativo, in altre parole supponendo la massima percentuale di consumo d’acqua non potabile rispetto al totale (Tab. 8).
Tabella 8. Fabbisogno mensile con frazione potabile al 46% e non potabile al 54%. mesi Consumo totale in m3 Consumo potabile in m3
Consumo non potabile in m3
dato dato giornaliero dato mensile
dato
giornaliero dato mensile
dato giornaliero Gennaio 150,00 69,00 81,00 Febbraio 150,00 69,00 81,00 Marzo 150,00 69,00 81,00 Aprile 150,00 69,00 81,00 Maggio 800,00 25,81 368,00 11,87 432,00 13,94 Giugno 3000,00 100,00 1380,00 46,00 1620,00 54,00 Luglio 11625,00 375,00 5347,50 172,50 6277,50 202,50 Agosto 11625,00 375,00 5347,50 172,50 6277,50 202,50 Settembre 1900,00 63,33 874,00 29,13 1026,00 34,20 Ottobre 150,00 69,00 81,00 Novembre 150,00 69,00 81,00 Dicembre 150,00 69,00 81,00 Totale 30000,00 13800,00 16200,00
Per quel che riguarda la valutazione dei valori di portata effluenti dal depuratore di Marina di Pisa sono stati forniti i dati relativi al solo anno 2003 dal Ente gestore di tale depuratore Acque s.p.a. (Tab. 9).
mesi m3 Gennaio 25.331 Febbraio 11.914 Marzo 9.948 Aprile 16.670 Maggio 11.161 Giugno 12.547 Luglio 15.136 Agosto 15.125 Settembre 14.542 Ottobre 28.201 Novembre 31.830 Dicembre 26.680 Totale 219.085 media mensile 18.257
Tabella 9. Portata uscente dal depuratore di Marina di Pisa in m3.
Sono stati così stimati i volumi residui effluenti dal depuratore da poter utilizzare per altri scopi oltre a quelli strettamente necessari per uso non potabile nel porto in progetto. Per ricavare tali valori si è semplicemente sottratto alle portate uscenti dal depuratore i volumi previsti come consumo non potabile del futuro porto di Marina di Pisa nei vari mesi dell’anno (Tab. 10).
mesi m Gennaio 25.250 Febbraio 11.833 Marzo 9.867 Aprile 16.589 Maggio 10.729 Giugno 10.927 Luglio 8.859 Agosto 8.848 Settembre 13.516 Ottobre 28.120 Novembre 31.749 Dicembre 26.599 Totale 202.886 media mensile 16.907
Tabella 10. Valutazione volume residuo acqua non potabile.
Dai dati di tabella 10 si è ricavato il grafico (Fig. 2.6) ottenuto riportando i volumi d’acqua reflua depurata restanti successivamente all’uso d’acqua non potabile all’interno del porto suddivisi nei vari mesi dell’anno.
valutazione volumi residui
13.516 28.120 31.749 26.599 16.589 10.927 25.250 10.729 8.848 8.859 11.833 9.867 5.000 10.000 15.000 20.000 25.000 30.000 35.000 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 mesi metri cubiFigura 2.6. Valutazione dei volumi residui nei vari mesi dell’anno.
Da queste valutazioni si è ricavato che il valore minimo di volume d’acqua residuo si aggira intorno ai 9000 m3 al mese che significa circa 300 m3 al giorno nel mese di maggior consumo ovvero il mese d’Agosto. Ciò significa di poter utilizzare il volume residuo per altri scopi, oltre quello strettamente necessario per lavaggio barche. Di seguito verranno analizzate le varie possibilità di impiego di questo volume d’acqua reflua recuperata residuo in accordo con le condizioni economiche e fisiche del territorio di Marina di Pisa.
2.4 Altre ipotesi di riuso: riuso irriguo
Per coprire i costi d’adeguamento dell’impianto e della costruzione di una rete duale è necessario prevedere la distribuzione dell’acqua rigenerata anche per altri possibili riusi oltre l’impiego per il lavaggio delle imbarcazioni.
Tra tutti i possibili riusi il più immediato risulta quello in campo agricolo. Si stima che in Italia i fabbisogni idrici totali si attestano in 45.5 miliardi di metri cubi annui di cui 7.9 per usi civili e domestici, 28.1 per l’agricoltura e 9.5 per l’industria. Da questi dati risulta quindi che l’agricoltura è responsabile di circa il 60% dei consumi idrici totali del nostro Paese. E’ perciò evidente che un piccolo risparmio percentuale d’acqua in agricoltura libera una quantità di risorsa che può rappresentare una grossa percentuale del consumo civile. Infine sarebbe preferibile capitalizzare le risorse di migliore qualità per gli usi prioritari rispetto all’uso irriguo.
2.4.1 Salinità ed intrusione marina
Il problema principale legato alla possibilità di riutilizzo in agricoltura delle acque reflue recuperate è il fatto che le acque di falda di Marina di Pisa, trovandosi in zona rivierasca soggetta ad intrusione marina, hanno una salinità molto elevata e quindi tale salinità si trova anche nell’effluente del depuratore di Marina di Pisa.
Per meglio comprendere questo fenomeno vengono di seguito illustrate una serie di teorie sugli acquiferi costieri.
Negli acquiferi costieri l’acqua defluisce verso il mare sulle acque salate che, per la maggiore densità, stazionano ai livelli più profondi. Per questo motivo gli acquiferi litoranei sono occupati solo parzialmente da acque dolci ed il loro volume sfruttabile è conseguentemente minore.
Oltre al minore volume di risorsa sfruttabile, diversamente per quanto avviene per gli acquiferi continentali, l’attenzione è diretta verso la protezione dalla salinizzazione progressiva dell’acquifero.
Il livello della falda d’acqua dolce diminuisce andando verso il mare lungo la linea di costa. Se vogliamo conoscere la distanza dell’interfaccia dal livello medio mare (Fig.2.7) in maniera approssimativa, ci si può basare sul noto principio d’Archimede.
Figura 2.7. Contatto acque di falda-marine secondo Ghyben e Herzberg.
Poiché la densità dd delle acque dolci è pari a circa 1000 g/dm3 e quella dell’acqua marina dm è pari mediamente a 1025 g/dm3
, l’acqua salata che penetra in falda tende a disporsi sul fondo dell’acquifero al di sotto dell’acqua dolce, costituendo il cosiddetto cuneo salino. Secondo quanto fu formulato da Ghyben nel 1888 e da Herzberg nel 1901 l’interfaccia acque dolci - acque salate si trova al di sotto del livello del mare ad una profondità pari a:
H = dd .h dm - dd
auspicabile non favorire la diminuzione della quota a cui si trova l’interfaccia (quota H).
Dalla figura 2.8 si capisce in maniera chiara come il pompaggio d’acque di falda provochi la diminuzione di tale quota con il conseguente avanzamento del fronte d’acqua salata (cuneo salino). Questo fenomeno si verifica soprattutto nelle annate più siccitose durante le quali il più intenso prelievo richiesto facilita ancora di più l’intrusione del cuneo salino con conseguente possibile risalita della salinità fino alla superficie.
Sono quindi da evitare eccessivi prelievi d’acqua di falda.
Figura 2.8. Schema del regime dell’attingimento d’acque da pozzi (Da Cavazza, 2002).
Oltre alla riduzione di volume disponibile, la salinità degli acquiferi costieri è dovuta anche al miscelamento tra acque dolci e acque salate. Infatti, al contrario di quanto visto finora con l’ipotesi dell’esistenza di un’interfaccia, l’analisi sperimentale ha mostrato l’esistenza di un’ampia fascia di transizione nella quale acque dolci e acque salate si mescolano. Nella fascia di transizione la salinità ha valori intermedi crescenti fino a raggiungere l’acqua marina e quindi le acque salmastre possono talvolta anche raggiungere la superficie.
Oltre a questi processi di dispersione hanno un ruolo importante anche i processi di diffusione dovuti al passaggio di ioni dalle masse d’acqua a concentrazione maggiore verso quelle a concentrazione minore.
Pertanto la propagazione dell’acqua marina negli acquiferi è dovuta ad un’insieme di fenomeni dispersivi e diffusivi ai quali si aggiungono talvolta processi convettivi dovuti a variazioni di temperatura tra le masse dell’acquifero.
In conclusione è quindi importante prevedere una fonte idrica alternativa rispetto alle acque di falda attualmente utilizzate per irrigare i campi, in modo da evitare un progressivo avanzamento del cuneo salino con conseguente salinizzazione dell’acqua dolce. Per questo è importante prevedere in un futuro il riuso irriguo delle acque depurate rigenerate che diventeranno una fonte per la salvaguardia delle acque di maggior pregio.
2.4.2 Effetti dell’irrigazione con acque salmastre
Per meglio comprendere se sia realmente dannoso irrigare con acque ad elevato contenuto di cloruri, si ritiene opportuno riportare brevemente il risultato di alcune indagini eseguite negli ultimi anni sugli effetti dell’irrigazione con acque salmastre. L’interesse per tale risorsa idrica è dovuto alla continua ricerca di fonti d’acqua per irrigazione alternative all’acqua potabile: le acque salmastre o addirittura marine risultano una fonte pressoché inesauribile.
Gli effetti dell’irrigazione con acque salmastre si risentono principalmente sulle piante e sul suolo dove dimorano le colture.
Lo stress da elevata salinità provoca sulle piante manifestazioni del tutto analoghe a quelle da carenza idrica, diverse nelle diverse specie di piante in funzione del tipo di “alofilia”. Nella maggioranza delle specie agrarie lo stress salino comporta, in linea di massima, riduzione del contenuto idrico dei tessuti vegetali con generale abbassamento del potenziale totale dell’acqua nelle varie parti della pianta.
osmoliti tanto inorganici (specialmente nitrato di potassio o di cationi in genere mentre il cloro-ione tende a disporsi più uniformemente nella pianta) che organici (soprattutto zuccheri), s’ispessiscono le pareti cellulari del tessuto epidermico rendendo più coriacee le bucce dei frutti e meno elastiche le loro pareti (Cavazza, 2002).
Esistono specie meno soggette a stress salino. Le “eualofite” tollerano meglio rispetto alle “glicofite” livelli di cloruri elevati. Tuttavia anche tra le glicofite la ricerca è riuscita a selezionare linee particolarmente resistenti; è il caso d’alcuni ibridi di pomodoro e di parecchie varietà di riso, orzo, mais, medica e trifoglio. Un aspetto positivo dell’irrigazione con acque salmastre è il miglioramento del contenuto zuccherino dovuto all’aumento del contenuto di zuccheri (Regione Siciliana, 2001). Gli effetti dell’irrigazione con acque ad elevata concentrazione di cloruri per quel che riguarda il terreno dipendono soprattutto dalla durata e dalla frequenza di somministrazione di acqua alle colture.
Se si irriga con acqua contenente cloruro di sodio, gli ioni Cl- e Na+ si possono combinare con ioni di altri sali già presenti nel terreno allo stato solido. Da questo processo chimico possono nascere altri sali che, essendo meno solubili in acqua rispetto al cloruro di sodio, possono solidificare. Durante questa fase può avvenire che questi sali inglobino al loro interno granelli di terreno o precipitino, consolidando fra loro le varie particelle solide preesistenti nel suolo.
Questo fenomeno causa un aumento della fase solida complessiva nel terreno con conseguente diminuzione della percentuale degli spazi vuoti. Questa diminuzione di porosità e permeabilità del terreno provoca difficoltà nell’infiltrazione dell’acqua nel suolo.
L’aumento della concentrazione della soluzione nel terreno, dovuto all’aumento della fase solida, provoca anche effetti sulle piante. Infatti, a causa dell’aumento della tensione osmotica nella zona radicale, le piante devono spendere un’energia maggiore per estrarre l’acqua a loro necessaria dal terreno. Di conseguenza le piante nei suoli con elevate concentrazioni di cloruri hanno a disposizione un’energia minore per la
crescita rispetto alle piante in terreni con basso livello di salinità (Metcaf and Eddy, 1991).
Da quanto detto i pericoli maggiori derivanti dall’impiego di acque salmastre per irrigazione sono associati al terreno. Si tratta dei pericoli di salinizzazione o addirittura sodicizzazione del suolo che si traducono in alterazioni della sua permeabilità e delle altre proprietà fisiche (Cavazza, 2002).
E’ quindi necessario analizzare in maniera più approfondita se le acque in uscita dal depuratore di Marina di Pisa abbiano un livello medio di cloruri tali da risultare nocivi per il terreno. Questa parte verrà affrontata in maniera più dettagliata nell’ambito della sperimentazione riportata nel Capitolo III.
Il Dipartimento d’Ingegneria Agraria e Forestale, Università degli Studi di Firenze, ha realizzato uno studio particolarmente interessante al fine di sostenere la reale possibilità di riutilizzare le acque reflue rigenerate uscenti dal depuratore di Marina di Pisa.
Lo studio effettuato dal Dott. Ing. Fabio Bonacci sulla “ Valutazione dei reflui urbani depurati a diversi stadi del processo depurativo e in diverse percentuali di diluizione in acqua pulita” si è posto l’obiettivo di valutare gli effetti sul suolo e sulle colture dovuti all’impiego d’acque reflue uscenti dall’impianto di Marina di Pisa utilizzando tre diversi tipi di reflui (denominati R1, R2, R3) provenienti dallo stesso impianto di depurazione ma a differenti stadi del processo depurativo in quattro percentuali di diluizione (25%, 50%, 75%, 100% ovvero non diluito) in acqua pulita, più il testimone irrigato con acqua pulita.
La sperimentazione è stata condotta per due anni (1999-2000) in un campo nel podere sperimentale di Rottaia su pomodoro da industria in bina (varietà Incas).
La scelta di captare proprio le acque effluenti dall’impianto di Marina di Pisa ci è parso sicuramente l’aspetto di maggior rilievo perché riguarda una sperimentazione colturale proprio sulle acque che abbiamo a disposizione.
Una delle conseguenza più temute dall’irrigazione con acque reflue è la modificazione delle caratteristiche del terreno agrario. I reflui infatti, veicolano nel suolo composti ed elementi di vario genere; alcuni rappresentano nutrienti per le piante, altri, non biodegradabili, possono avere indesiderati effetti d’accumulo o
metalli pesanti sono di gran lunga inferiori ai limiti previsti dal decreto 185 e non vi è accumulo nel terreno.
Un altro aspetto molto importante, messo in evidenza nel suo lavoro, è l’apporto dei nutrienti. Le acque reflue, infatti, sono ricche d’azoto e fosforo; l’irrigazione con reflui costituisce quindi una vera e propria fertilizzazione che va, almeno in parte, se non totalmente, a sostituire i concimi di tipo minerale. Balza così subito all’occhio la minore produzione delle tesi in bianco a conferma della bontà della concimazione somministrata attraverso i reflui.
Sono stati indagati anche gli effetti sulle colture durante tutto il ciclo colturale con osservazioni biometriche, analisi delle caratteristiche qualitative dei frutti, analisi chimiche sul contenuto d’azoto, fosforo, potassio e sodio della polpa dei frutti, analisi batteriologice sulla buccia.
Per quel che riguarda l’analisi delle caratteristiche qualitative dei frutti non si sono avute significative differenze del grado zuccherino dei frutti né tra i diversi reflui, né nelle diverse percentuali di diluizione. Nel solo anno 2000 sono state valutate altre caratteristiche qualitative dei frutti raccolti: il pH della polpa, l’acidità titolare della polpa e la resistenza alla penetrazione della buccia; anche in questo caso le caratteristiche non variano in maniera significativa rispetto alle tesi irrigate con acque bianche.
Particolare attenzione è stata posta nell’analisi dell’accumulo di microrganismi sulla buccia a causa delle molteplici e pericolose implicazioni sanitarie derivanti dall’uso d’acque reflue. Per stabilire il grado d’igienicità del prodotto si sono determinati i coliformi totali, i coliformi fecali, gli streptococchi fecali e gli Escherichia Coli; quali indicatori di pericolosità si sono ricercati salmonelle, vibrioni, elminti ed enterovirus. La presenza di questi ultimi non si è registrata in alcun caso mentre sono risultate positive le analisi di ricerca dei batteri fecali. La loro presenza è comunque a livelli non preoccupanti; in particolare tutti i valori d’escherichia coli sono nulli o di poche unità per 100 ml, livelli del tutto accettabili, eliminabili con le usuali tecniche di lavaggio dei frutti prima del loro arrivo alla catena di produzione.
Questa sperimentazione ha indagato anche gli effetti sulla falda acquifera analizzando la qualità e la quantità dei percolati al di sotto della zona interessata dalle radici della coltura. Nel corso di entrambi gli anni sperimentali si è osservata una totale assenza dei percolati durante la stagione irrigua al di sotto della root - zone (zona radicale) grazie all’attuazione di un’irrigazione “di precisione”.
In conclusione la sperimentazione ha confermato la possibilità di impiegare le acque reflue depurate nell’impianto di Marina di Pisa per irrigazione delle colture.
C’ è da aggiungere che nel suddetto studio sono state usate acque non sottoposte ad alcun trattamento terziario per cui, i già incoraggianti dati fanno sperare in un futuro effettivo riuso a scopo irriguo. In particolare il futuro trattamento di disinfezione ridurrà ulteriormente i rischi per la salute pubblica.
Purtroppo lo studio non ha messo in luce gli effetti derivanti dall’elevata concentrazione di cloruri. Per questo particolare aspetto è stata svolta una specifica sperimentazione di cui si tratterà nel Capitolo III.
2.4.3 Stima della superficie irrigabile
Si è visto (par.2.3, Cap. II) che esiste un consistente volume di acqua reflua recuperata residua equivalente alla differenza tra la portata uscente dal depuratore e il volume necessario per il lavaggio delle imbarcazioni nel porto di Marina di Pisa in progetto.
Per determinare con una certo fondamento scientifico l’area che è possibile irrigare con tale volume residuo ci si basa sul concetto di evapotraspirazione.
L’evapotraspirazione comprende i fenomeni di evaporazione dal terreno e dalla superficie delle piante e di traspirazione dell’acqua che passa dallo stato liquido allo stato di vapore attraverso la superficie fogliare delle piante.
umida, temperatura. Generalmente si parla di evapotraspirazione potenziale che rappresenta l’evapotraspirazione di una coltura di riferimento.
Ogni singola coltura ha un valore proprio di evapotraspirazione pari al prodotto dell’evapotraspirazione potenziale per la sua costante colturale. In questa valutazione è stata presa come coltura di indagine il mais perché rappresentativa della zona limitrofa al depuratore di Marina di Pisa che si vuole andare ad irrigare.
Sono stati considerati i dati riportati sul Bollettino Agrometeorologico Nazionale redatto dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Allegato 3) degli anni 2002-2003 limitatamente ai mesi irrigui (Maggio, Giugno, Luglio, Agosto e Settembre). Nel bollettino è fornito già il valore di evapotraspirazione relativo al mais. Il bollettino fornisce anche i valori delle precipitazioni. La stazione di misura scelta è quella di San Piero a Grado perché vicina alla zona interessata da questa valutazione.
In tabella 11 sono riportati il valore dell’evapotraspirazione reale giornaliera del mais (o, quando non presente, dell’ orzo), il valore delle precipitazioni mensili e il valore del fabbisogno irriguo del mais ottenuto dalla differenza tra i due valori precedenti relativi al medesimo mese.
Tabella 11. Stima del fabbisogno irriguo.
ETR(mm/
giorno)
I decade II decade III decade media2002
Maggio 2,80 3,70 3,60 3,37 Giugno 2,80 3,70 3,60 3,37 Luglio 2,20 2,90 3,10 2,73 Agosto 2,80 3,70 2,80 3,10 Settembre 1,90 2,30 1,60 1,932003
Maggio 3,00 2,00 1,20 2,07 Giugno 2,60 2,70 3,00 2,77 Luglio 2,00 0,90 0,80 1,23 Agosto 2,40 0,50 0,40 1,10 Settembre 0,20 0,80 0,40 0,47Precipitazioni
(mm)
Precipitazioni
(mm)
Fabbisogno
irriguo (mm/
giorno)
pioggia mensile media giornaliera
2002
Maggio 61,00 1,97 1,40 Giugno 73,00 2,43 0,93 Luglio 77,00 2,48 0,25 Agosto 122,00 3,94 -0,84 Settembre 71,60 2,39 -0,452003
Maggio 6,00 0,19 1,87 Giugno 6,20 0,21 2,56 Luglio 3,80 0,12 1,11 Agosto 1,80 0,06 1,04 Settembre 40,60 1,35 -0,89Le condizioni di portata residua minima effluente dal depuratore di Marina di Pisa si hanno nei mesi di Luglio e Agosto (Tab.10).
volume refluo depurato disponibile per irrigazione relativamente ai mesi di portata minima residua si ha nel mese di Luglio ed è pari a 300 m3/giorno.
Facendo una media tra i dati di Luglio di fabbisogno irriguo (Tab.11) dei due anni a disposizione si ottiene:
0,25+1,1/2 = 0,675 mm/giorno.
Per determinare il numero di ettari coltivati a mais che è possibile irrigare col volume residuo di acqua reflua depurata recuperata nel mese di Luglio, basta dividere la portata per il valor medio del fabbisogno irriguo:
0,675 mm/giorno = 0,000675 m/giorno 300/0,000675 = 444.444 m2 = 44,444 ha.
Da questa stima si è quindi valutato che è possibile irrigare una superficie di 45 ettari circa coltivati a mais.
2.5 Altre ipotesi di riuso: lavaggio strade e mezzi
meccanici
Nella valutazione delle attività per le quali è possibile utilizzare le acque reflue recuperate si sono prese in considerazione diverse ipotesi.
Un’alternativa per il riutilizzo di tali acque è quella di impiegarle per il lavaggio delle strade o per il lavaggio di mezzi meccanici.
Per avere conferma di tale possibilità è stato contattato l’Ente Geofor s.r.l. che si occupa della gestione dei rifiuti nel Comune di Pisa. Il responsabile tecnico dell’Ente Geofor s.r.l. ci ha informati del fatto che sia il lavaggio delle strade che il lavaggio dei mezzi della nettezza urbana vengono già effettuati con l’impiego di acque recuperate da attività industriali.
Si è quindi scartata questa ipotesi di riutilizzo delle acque reflue recuperate.