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Quali sono i reattori per le cellule immobilizzate?

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Academic year: 2021

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Quali sono i reattori per le cellule immobilizzate?

Per i sistemi immobilizzati, la scelta del bioreattore deve tener conto anche dei parametri di

trasferimento di massa all’interno del sistema e della struttura e delle proprieta’ degli aggregati

-Tecnica di immobilizzazione.

- Caratteristica dell’immobilizzato ( forma, dimensioni, resistenza meccanica).

- Possibili effetti di inibizione. - Considerazioni idrodinamiche. - Considerazioni economiche.

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Reattori di superficie per sistemi ottenuti mediante

adsorbimento

Surface reactors: reattore a

tamburo o reattore a biodischi

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Reattori a letto fisso o fluido per sistemi ottenuti mediante intrappolamento in gel Dispositivi di ritenzione Cellule immobilizzate

La fase liquida e’ introdotta dal basso attraverso il sistema

immobilizzato

Questo dispositivo (packed bed) puo’ essere critico nel caso di processi aerobi per la difficolta’ di fornire ossigeno e rimuovere anidride carbonica.

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Reattore a letto fluido

Rispetto al packed bed questo sistema ha sicuramente un piu’ basso contenuto in cellule

per unita’ di volume ma ha una maggiore efficienza:

Facilita’ di controllo

Possibilita’ di impiego di sitemi immobilizzati di piccole dimensioni

Facilita’ di separazione delle fasi liquida e gassosa.

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Reattori a membrana e fibre cave per sistemi confinati

Questi reattori sono basati sull’impiego di membrane in grado

di mantenere cellule o enzimi pur consentendo la libera

permeazione di nutriliti e prodotto

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Sintesi di nanoparticelle d’oro

Thermomonospora sp.:

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Sintesi di xanthine (antiossidanti)

Dietzia sp. : batteri alcalinotolleranti

Xanthophyllomyces dendrorhous: lievito mesofilo

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Vivere alle alte temperature:

problemi

e soluzioni

• Le proteine si denaturano alle alte temperature.

• Molte macromolecole essenziali quali ATP, NADH etc sono instabili alle alte temperature. • Le membrane diventano

piu’ fluide alle alte temperature.

• La velocita’ delle reazioni enzimatiche aumenta con la temperatura.

• Aumento della stabilita’ delle proteine.

• Meccanismo non ancora delucidato (canalizzazione metabolica?).

• Modifica della composizione dei lipidi di membrana per ridurre la fluidita’.

• Velocita’ metaboliche

controllate dalla mobilita’

conformazionale degli enzimi e dai livelli di espressione.

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Meccanismi molecolari per la stabilizzazione delle

proteine

• Le proteine sono stabilizzate da interazioni molecolari deboli e da interazioni proteina-solvente.

• Il confronto fra le strutture tridimensionali di proteine omologhe di mesofili e termofili ha messo in evidenza in questi ultimi alcuni aspetti generali tra cui:

– > Impaccamento intramolecolare – < Loops esterni

– > aa coinvolti nella formazione di a-eliche – > residui di prolina

– < residui di asparagina e cisteina

– La presenza di network di ponti salini.

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• Basse velocita’ metaboliche • Rigidita’ della membrana • Rigidita’ strutturale delle proteine • Congelamento del citoplasma • Crescita lenta

Adattamento fluidita’ della membrana – > Insaturazione

– < Lunghezza delle catene alifatiche

• Aumento della flessibilita’ conformazionale

– Riduzione legami intermolecolari

• Accumulo di soluti (freeze prevention)

• Ice-nucleating proteins (freeze control)

Vivere alle basse temperature:

problemi

e

soluzioni

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• Osmoregolazione

. Stabilita’ proteica

• Archaea

– Accumulo di elevate

concentrazioni intracellulari di sali (ad es. 5M KCl).

• Bacteria

– Accumulo di soluti a basso peso molecolare (osmoliti) con

potenziale osmotico (zuccheri, aa, metaboliti)

• Aumento di amminoacidi acidi.

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Protein stability in Halophiles

• Elevate concentrazioni di sale (alta forza ionica) denatura le proteine.

– Dissociazione dei ponti salini.

– Rimozione dell’acqua di solvatazione.

• Le proteine alofile mostrano una maggiore presenza di residui di superficie carichi

• - Stabilizzati da network salini con ioni K+.

- Interazione con le molecole di acqua di solvatazione.

• Molte proteine alofile richiedono KCl per l’attivita’.

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Gli enzimi da estremofili piu’ frequentemente

utilizzati per scopi industriali:

Esterasi e lipasi

Glicosidasi ed enzimi

coinvolti nella chimica

degli zuccheri

Proteasi e peptidasi

Deidrogenasi

Idrolisi del legame estereo

nei lipidi Reazioni di ossidoriduzione

Idrolisi del legame peptidico e altri legami

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ENZIMI PROTEOLITICI

La maggior parte delle proteasi da

Archaea appartengono alla classe

delle serin-proteasi e sono stabili

alle alte temperature anche in

presenza di elevate concentrazioni

di detergenti e di agenti

denaturanti.

Le proteasi, resistenti anche ai solventi organici, sono

anche utilizzate per la sintesi dei peptidi sfruttando la

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L’amido è composto da unità di D-glucosio

legate da legami glicosidici α-1,6 e α -1,4.

Componenti dell’

amido

sono: amilosio

amilopectina

Struttura del glicogeno

Il glicogeno rappresenta un materiale di riserva in molti

archaea. Strutture simile all’amilopectina ma molto piu’

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Molti enzimi degli archeobatteri sono coinvolti nel

metabolismo dei carboidrati.

In particolar modo quelli appartenenti alla famiglia

delle glicosil-idrolasi sono molto interessanti da un

punto di vista industriale.

Questi enzimi possono essere classificati in :

ENDO IDROLASI (α AMILASI)

ESO IDROLASI (β AMILASI,

GLUCOAMILASI

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L’amido viene convertito in prodotti come

In tutti i processi di conversione dell’amido è richiesta un’elevata temperatura per liquefare l’amido e renderlo

accessibile all’idrolisi enzimatica.

L’utilizzo di enzimi amilolitici termostabili porta alla produzione di prodotti dolcificanti aventi caratteristiche simili alla gelatina, i quali

possono essere utilizzati come sostituti di grassi e stabilizzanti di aromi.

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L’enzima CGTasi (ciclodestrina

glicosiltransferasi) produce

destrine cicliche

da

amido, amilosio e altri polissaccaridi

Spesso le ciclodestrine vengono

utilizzate:

In campo alimentare per

rilasciare aromi ed essenze

Donare nuove caratteristiche a

tessuti e indumenti

Aumentare la solubilità dei

composti idrofobici in soluzione

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Esempi:

-

a

-amilasi da Pyrococcus sp. (attivita

anche a 130

°

C e

dopo aver autoclavato per 4h a 120

°

C!!! );

- Pullulanasi da ipertermofili che idrolizzano il legame

a

-1,6

glicosidico nel pullulano e in oligosaccaridi ramificati; hanno

un optimum di temperatura tra 90

°

C e 105

°

C;

- Glucoamilasi da Thermoplasma acidophilum, Picrophilus

torridus e Picrophilus oshimae sono attive a pH 2 e T= 90

°

C

;

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ENZIMI CHE DEGRADANO LA CELLULOSA

La cellulosa è uno dei più importanti polisaccaridi. È costituita da un gran numero di molecole di glucosio (da circa 300 a

3.000 unità) unite tra loro da un legame β-1,4 glicosidico.

La cellulosa può essere idrolizzata a glucosio dalle cellulasi. Le cellulasi sono costituite da tre tipi di enzimi che agiscono in sinergia e degradano la cellulosa con una reazione di idrolisi.

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DEGRADAZIONE DELLA CELLULOSA AD OPERA DI:

Endoglucanasi (EG) Esoglucanasi (CBHI e CBHII)

Diverse cellulasi sono state isolate da S.solfataricus e da

P.furiosus e sono state utilizzate nell’industria tessile e in

detergenza per aumentare la luminosità dei colori, la morbidezza dei capi e favorire la rimozione dello sporco.

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ENZIMI CHE DEGRADANO LO XILANO

Lo xilano costituisce il composto polimerico più importante dell’emicellulosa. La catena principale di questo polimero è composta da residui di xilosio uniti da legami glicosidici beta 1,4

con catene laterali di varia natura. Ad oggi solo pochi organismi ipertermofili sono in grado di crescere su xilano e secernere enzimi xilanolitici termoattivi (Sulfolobus solfataricus). Altre xilanasi sono state ad esempio isolate da Pyrodictium abyssi e

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ENZIMI CHE DEGRADANO LA CHITINA

Attualmente tre ipertermofili sono in grado di crescere trasformando la chitina: Thermococcus chitonophagus, Thermococcus kodakaraensis KOD1, e P. furiosus. Di

particolare interesse industriale e’ una endochitinasi estremamente termostabile isolata da Thermococcus chitonophagus, che ha il 50% di attività anche dopo un’ora a

120 °C, ed è resistente all’urea e al SDS.

Da esoscheletro insetti parete cellulare di funghi

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Applicazioni industriali di chitina e chitosano

parzialmente idrolizzati

• Fili da sutura auto-degradabili, bende ed anche pelle sintetica.

• Condizionanti e idratanti in creme cosmetiche.

• Agenti protettivi per semi e frutti, avendo scarsa permeabilità all'ossigeno e un elevato effetto antibatterico.

• Agenti cicatrizzanti

• Ausiliari tessili come uniformanti di tintura per capi in cotone , antiinfeltrenti della lana

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Alcool deidrogenasi

Questi enzimi possono essere efficientemente utilizzati nella sintesi molecole che rappresentano costituenti di partenza importanti per l’industria chimica. L’ADH da S.

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Alcool deidrogenasi

L’omologo enzima da Thermococcus litoralis non contiene metalli e catalizza perlopiu’ l’ossidazione di alcoli primari utilizzando il NADP come cofattore. E’ termostabile con una emivita di 15 min at 98 °C e 2 h at 85 °C.

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