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CAPITOLO 3 LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO IMMOBILIARE PUBBLICO ITALIANO: SITUAZIONE DEL MERCATO E NUOVE POLITICHE DI GESTIONE

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CAPITOLO 3

LA VALORIZZAZIONE DEL PATRIMONIO

IMMOBILIARE PUBBLICO ITALIANO:

SITUAZIONE DEL MERCATO E NUOVE

POLITICHE DI GESTIONE

1 La situazione del patrimonio immobiliare pubblico

La prima osservazione da fare parlando di patrimonio immobiliare pubblico è che non esiste un unico portafoglio immobiliare, bensì diversi in base alla combinazione di tre elementi1: 1) il soggetto proprietario che può essere lo Stato, la Regione, la Provincia, il Comune o altri soggetti pubblici ad essi collegati; 2) la natura dell’immobile; 3) lo scopo della sua funzione.

Sebbene con le operazioni di cartolarizzazione svolte tra il 2001 e il 2005 sia stato avviato un processo di ricognizione fisica dei beni immobiliari di proprietà pubblica fino a quel momento assente2 (oggi sappiamo che gli immobili di proprietà dell’Agenzia del Demanio in tutta Italia sono 46.000 e

1 Politiche e strumenti per la valorizzazione economica e sociale del territorio attraverso il miglior

utilizzo degli immobili pubblici. Guida alle innovazioni legislative, Aggiornamento settembre 2012, a

cura dell’Agenzia del Demanio - Stefano Scalera, Introduzione. Nuove Politiche del Patrimonio

Immobiliare Pubblico, p.8.

2

Corte dei Conti, Ufficio di controllo sulla gestione dei Ministeri economici finanziari, Analisi dei

risultati delle cartolarizzazioni, Magistrato Istruttore e Relatore Cons. Luigi Mazzillo, Roma, 21 marzo

2006, p.21 «l’avvio delle operazioni di cartolarizzazione ha indotto le pubbliche amministrazioni ad

acquisire la consapevolezza della necessità di una ricognizione accurata ed attenta degli attivi pubblici, della ricostruzione del loro valore di mercato e della rilevazione degli oneri che la detenzione dei singoli beni comporta. Bene hanno fatto, quindi, i Ministri dell’economia e delle finanze a ripetutamente evidenziare che il patrimonio pubblico, con il tradizionale conto generale del patrimonio, fosse rimasto quasi del tutto sconosciuto, registrando gli attivi sostanzialmente ai valori storici, ossia al costo di acquisizione, valori che non avevano, quindi, alcun significato economico. Pur dovendosi notare che alla Corte l’Amministrazione non è stata in grado di fornire neppure i valori storici richiesti (necessari per verificare l’impatto delle cessioni sul sia pure tradizionale conto patrimoniale), bene si è fatto a decidere di arrivare a produrre uno stato patrimoniale delle Pubbliche Amministrazioni redatto ai prezzi di mercato, secondo i criteri del SEC95».

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che l’80% di questi è utilizzato dalla Pubblica Amministrazione3

), continua tuttavia a mancare una stima dei loro prezzi di mercato; pertanto «si è ancora lontani dalla possibilità di disporre di una contabilità economica del patrimonio dello Stato (ed ancor più degli enti pubblici, territoriali e non)»4. Per questi motivi, la prima azione urgente da compiere, preliminarmente a qualunque discussione riguardo alla gestione economica del patrimonio immobiliare pubblico orientata ai principi di efficacia ed efficienza, sarebbe per l’appunto una completa ricognizione in merito alla natura oggettiva, alle funzioni e allo stato manutentivo degli immobili stessi. Senza una visione complessiva di questo genere, inutile sarebbe parlare di programmazione per

il miglior utilizzo del patrimonio immobiliare pubblico 5; molto più semplice cedere ad azioni dettate dall’urgenza che niente hanno a che vedere con gli interventi sistematici e strutturali che il nostro patrimonio immobiliare pubblico necessiterebbe.

Ultime osservazioni di carattere generale sul patrimonio immobiliare pubblico riguardano la sua consistenza quasi sempre rilevante se paragonata alla dimensione urbana, la sua localizzazione spesso in aree particolarmente pregevoli del contesto urbano, il suo spiccato valore storico-artistico che ne fa spesso un elemento identitario e culturale, e infine il valore sociale della funzione che esercita o che ha esercitato nei confronti della cittadinanza6.

3

AGR – Agenzia Giornalistica Repubblica,

http://www.agenziademanio.it/export/download/demanio/ComunicatiStampa/Agenzia_Demanio_V alore_Paese_Dimore_dossier_media.pdf

4

Corte dei Conti, cit. n.46, Costo di detenzione e rendimento sociale del patrimonio pubblico, p 22.

5 S. Scalera, cit. n.45, Il miglior utilizzo degli immobili pubblici: esperienze, nuovi strumenti e

prospettive future, p.11.

6

S. Scalera, cit. n.45, Situazione del mercato e del patrimonio: conseguenti limiti alle azioni

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46

2 La situazione del mercato del patrimonio immobiliare

pubblico

Avere una visione chiara e precisa dello stato in cui attualmente versa il mercato del patrimonio immobiliare pubblico risulta, per i motivi finora esposti, un’impresa particolarmente ardua; ciò che tuttavia può ritenersi un dato acquisito è che «l’attuale crisi del settore immobiliare sia di natura strutturale, investa tutti i settori del real estate e abbia una durata più lunga dei precedenti cicli immobiliari.»7 Per il mercato immobiliare in generale, si tratta perciò di trovare nuove basi e nuovi strumenti su cui fondare la propria ripresa, una vera e propria sfida da cui il mercato immobiliare pubblico non può, dal canto suo, sottrarsi.

La particolare complessità che caratterizza la gestione del patrimonio immobiliare pubblico può essere ricondotta a due questioni cruciali: la prima, come anticipato, è rappresentata dall’esistenza non di uno solo ma di diversi portafogli immobiliari pubblici; la seconda consiste nell’articolato processo che richiede la verifica della condizione di vendibilità degli immobili stessi o della loro messa a reddito a valori commerciali. Relativamente alla seconda questione, è abbastanza intuitivo aspettarsi che il necessario coinvolgimento di diversi soggetti pubblici e privati esponga a una particolare complessità e difficoltà di concertazione con l’effetto di rendere le operazioni lente senza perciò rallentare il processo di degrado a cui inarrestabilmente gli immobili pubblici, non più utilizzati per la loro funzione, saranno comunque sottoposti.

Bisogna tuttavia riconoscere che la complessità della gestione del patrimonio immobiliare pubblico è connaturata alla ‘specialità’ dell’ottica dello ‘Stato proprietario’ che diversamente dal proprietario privato, deve creare valore sociale reinvestendo il valore immobiliare a favore della più generale crescita

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47

economica, tenendo sempre in mente, al tempo stesso, che la tutela del risparmio è un bene garantito dalla Costituzione (art.47)8.

La gestione economica del patrimonio immobiliare pubblico potrebbe trasformarsi in uno strumento potente di crescita economica del Paese oltre a contribuire al ‘ripianamento’ del debito pubblico. Utilizzare il valore immobiliare per ‘ripianare il debito’ del resto, non è di certo una novità essendo già stato oggetto di ben due leggi sin dal lontano 1862 di Quintino Stella che successivamente nel 1864 creò la prima società di ‘cartolarizzazione’ immobiliare.

Scegliere tra diverse possibilità di gestione del patrimonio immobiliare pubblico tuttavia è una scelta tutt’altro che semplice; si tratta di tener conto di diversi fattori riconducibili essenzialmente9: 1) alla variabile tempo che oltre a determinare l’incremento del valore immobiliare, influenza il rischio di ‘governo’ delle possibili operazioni; 2) al costo-opportunità rappresentato dalle alternative di gestione possibili; 3) al rischio di mercato nel caso in cui l’ipotesi di sviluppo non converga con gli interessi imprenditoriali trovando ostilità nel mercato degli investitori.

In sintesi, dal proprietario pubblico ci si aspetta una visione più ampia di quella di ciascun attore singolarmente coinvolto nell’attività immobiliare privata, attori questi ultimi tipicamente rappresentati dal proprietario dell’immobile, dal costruttore, dall’impresa utilizzatrice e dal gestore; il processo da attivare nel nostro caso si prospetta particolarmente articolato dovendo includere oltre ai già citati attori privati, vari soggetti pubblici.

Le difficoltà prospettate da tale scenario, tuttavia non devono indurre a dimenticare che «le potenzialità di contribuire alla trasformazione della città, da parte dei patrimoni immobiliari dello Stato è direttamente proporzionale

8

S. Scalera, cit. n.45, La curva del valore immobiliare e i tempi di attesa del proprietario pubblico:

differenza con l’ottica del proprietario privato, p.10.

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all’esistenza di una politica di governo del territorio nella quale questa potenzialità può essere effettivamente espressa»10.

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3 La legge 23 novembre 2001, n.410 nel processo di

privatizzazione

e

valorizzazione

del

patrimonio

immobiliare

Come le operazioni di cartolarizzazione attuate in Italia dal 1999 al 2005 dimostrano, il processo di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico sembra rappresentare una costante della politica economica degli ultimi anni. Tra le disposizioni normative più notevoli introdotte con l’obiettivo di sanare il deficit pubblico intervenendo sulla questione della gestione economica degli immobili di proprietà delle Pubbliche Amministrazioni, è stata la legge 23 novembre 2001, n.410 di conversione del d.l. 25 settembre 2001 n.351 recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di investimento immobiliare; alla medesima legge è stata poi rimandata la disciplina applicabile a tutte le operazioni di cartolarizzazione dei beni pubblici, compresa la cartolarizzazione dei proventi delle vendite degli immobili pubblici qui introdotta11.

La procedura di privatizzazione del patrimonio immobiliare pubblico introdotta con la legge in questione comporta fondamentalmente due operazioni: la

ricognizione e la cartolarizzazione.

La prima operazione spetta all’Agenzia del Demanio incaricata di distinguere tra i beni immobili di proprietà dello Stato, quelli demaniali da quelli del patrimonio indisponibile o disponibile; quali beni immobili sono di proprietà degli enti pubblici non territoriali; quali beni immobili non strumentali sono di proprietà dello Stato; quali beni di proprietà dello Stato sono ubicati all’estero. Tale ricognizione è poi estesa ai beni di regioni, province, comuni e altri enti locali nel caso in cui ne facciano richiesta.

Secondariamente la legge 23 novembre 2001, n.410 prevede il ricorso alla tecnica finanziaria della cartolarizzazione attraverso la cessione di immobili alle cosiddette società veicolo.

11

http://www.giustamm.it/new_2005/ART_2071.htm, Ginevra Cerrini Feroni, Profili di diritto

amministrativo delle cartolarizzazioni del patrimonio immobiliare degli enti pubblici, «Giustizia

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50

La cartolarizzazione può essere brevemente descritta come una tecnica finanziaria che consente di convertire attività difficilmente negoziabili, come sono gli immobili pubblici, in strumenti finanziari collocabili sui mercati con più facilità12. Nel caso specifico degli immobili pubblici, questi vengono trasferiti ad una o più società a responsabilità limitata, denominate ‘società-veicolo’ costituite appositamente per la gestione dell’operazione di cartolarizzazione, che ne finanziano l’acquisto con l’emissione di titoli o per mezzo di finanziamenti acquisiti da terzi. L’esito di tali operazioni servirà alla società veicolo a versare un certo importo agli enti proprietari originari, a titolo di prezzo iniziale. Per ogni operazione di cartolarizzazione, i beni immobiliari precedentemente trasferiti alla società veicolo con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, costituiscono patrimonio separato da quello della società stessa e da quello delle altre operazioni di cartolarizzazione; ragion per cui delle obbligazioni nei confronti dei portatori dei titoli, risponde esclusivamente il patrimonio separato (si tratta del cosiddetto “principio della segregazione”). Compito della società veicolo è quello di rivendere gli immobili sul mercato e di ricavarne flussi sufficienti al rimborso del debito, degli interessi, degli oneri accessori e degli altri costi. L’eventuale residuo attivo costituisce infine ciò che viene definito prezzo ‘differito’, che la società veicolo è tenuta a retrocedere all’Ente originariamente titolare del diritto di proprietà, che avrà nell’ammontare del prezzo differito, il suo unico profitto oltre alla misura del successo/insuccesso dell’operazione di cartolarizzazione stessa.

Tra il 2001 e il 2005 si sono svolte in Italia due grandi operazioni di cartolarizzazione che hanno riguardato principalmente immobili di proprietà di sette Enti previdenziali (INPDAP, INPS, IPOST, IPSEMA, ENPALS, INAIL, e INPDAI) e solo in minor misura beni di proprietà statale, operazioni rispettivamente denominate SCIP 1 e SCIP 213. Tuttavia il risultato delle due operazioni è stato ben inferiore a quello atteso; il merito è da attribuire in parte all’eccezionale crisi economica internazionale in corso e alle condizioni

12

Cit. n.55.

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51

sfavorevoli del mercato immobiliare e dei mercati finanziari che hanno portato al d.l. 204/2008 convertito dalla legge n.14/2009 che ha posto in liquidazione il patrimonio separato relativo alle operazioni di cartolarizzazione svolte dalla SCIP (Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici s.r.l.), e con cui si è disposto che i beni immobili ancora di proprietà della SCIP fossero ritrasferiti agli Enti originariamente proprietari14; in parte alla superficialità delle analisi con cui il Governo aveva disposto l’avvio delle suddette operazioni di cartolarizzazione, puntualmente messe in luce dalla Corte dei Conti nella Relazione sull’indagine programmata con deliberazioni n.

1/2003/G del 2 gennaio 2003 (Indagine I.6) e n. 1/2004/G del 19 dicembre 2003 ed approvata il 21 marzo 2006 dall’Adunanza dei Collegi riuniti della Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato.

(9)

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4 Cartolarizzazione degli immobili pubblici: vantaggi e

punti deboli

La persistente e diffusa cultura amministrativa caratteristica del nostro Paese «per la quale fa premio esclusivamente la verifica preventiva della formale conformità a legge degli atti posti in essere, seguita dal sostanziale disinteresse per i successivi sviluppi nella fase attuativa»15, unita all’ottica emergenziale che sin dall’inizio ha informato le decisioni riguardanti le operazioni di cartolarizzazione, ha dato adito alla Corte dei Conti di sospettare da subito, come è stato poi confermato dai risultati dell’indagine svolta, che le stesse decisioni sono state «di natura squisitamente politica, basate più su considerazioni di necessità di breve termine e di consenso, e meno di accurati calcoli di convenienza economico-finanziaria»16.

Sempre secondo l’indagine della Corte dei Conti, è tuttavia innegabile che le operazioni di cartolarizzazione svolte hanno prodotto una serie di effetti positivi che possono essere sintetizzati come di seguito17:

1. Miglioramento della qualità e della quantità dei dati finalizzati al controllo di gestione;

2. Crescita della professionalità del personale interessato nelle operazioni;

3. Stimolo alla crescita della cultura dei risultati;

4. Introduzione alla cultura in materia di contrattualistica di natura finanziaria altamente qualificata;

5. Aumentata trasparenza dell’azione amministrativa e nella gestione interna dei flussi relativi ai crediti.

Tali benefici non bastano però ad oscurare le fragili basi su cui, come la Corte dei Conti con insistenza torna più volte a sottolineare nell’indagine svolta, si sono basate le decisioni di cartolarizzazione.

15

Corte dei Conti, cit. n.46, Il problema del monitoraggio dei risultati delle cartolarizzazioni, p.30.

16

Corte dei Conti, cit. n.46, Cartolarizzazioni come scelta necessitata, p.34.

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53

Innanzitutto viene più volte denunciata una grave carenza informativa riguardante da una parte i costi esatti della detenzione del patrimonio pubblico, dall’altra i costi esatti comportati dalla sua alienazione nelle diverse componenti dell’operazione; tale carenza informativa risulta ulteriormente aggravata dall’inadeguatezza dei dati relativi agli immobili stessi (valore economico dei beni, numero delle unità immobiliari di proprietà pubblica, caratteristiche, e loro utilizzo) a cui ha fatto necessariamente seguito l’incertezza sulle dimensioni dei portafogli cartolarizzati oltre a rendere impossibile il calcolo del costo-opportunità relativo alle opzioni detenzione/alienazione18.

Sulla base dell’indagine della Corte dei Conti, tra gli altri fattori a detrimento dei benefici delle operazioni di cartolarizzazione svolte, è bene citare19:

1. La mancanza di una reale interazione tra i diversi soggetti pubblici interessati nelle operazioni;

2. Il sistematico ricorso all’expertise ed alla collaborazione di soggetti esterni alla Pubblica Amministrazione che, oltre a far crescere i costi pubblici per l’operazione (costi di cui si è avuta frammentaria e non compiuta e sistematica conoscenza) con inevitabile riduzione dei ricavi dell’operazione, è valso solo in minima parte ad internalizzare le buone pratiche della pianificazione e della gestione strategica utilizzate da questi soggetti esperti (a tal proposito occorre ricordare che « la carenza di capacità gestionali delle pubbliche amministrazioni in termini di pianificazione strategica e di gestione produttiva degli attivi patrimoniali, ha indotto a quasi completamente esternalizzare i processi valutativi, progettuali, tecno-operativi e le connesse responsabilità decisionali e di verifica degli andamenti, riservando alle amministrazioni stesse compiti prevalentemente

18

Corte dei Conti, cit. n.46, Costo di detenzione e rendimento sociale del patrimonio pubblico, p.22.

19

Corte dei Conti, cit. n.46, Valutazioni sul conseguimento degli obiettivi dell’indagine, p.12,

(11)

54

routinari e burocratici, senza reali possibilità di effettiva interazione con i soggetti coinvolti e con il mercato»20;

3. Mancata predisposizione di meccanismi di monitoraggio concomitante e a consuntivo dei risultati delle operazioni;

4. Parzialità, frammentarietà, disomogeneità e inadeguatezza degli elementi informativi forniti alla Corte per le richieste istruttorie, che oltre a denunciare l’assenza di un effettivo controllo di gestione, ostacolano le necessarie valutazioni riguardanti l’imparzialità e la trasparenza del processo di alienazione.

In ultima analisi, come opportunamente ha tenuto a sottolineare la Corte in sede di indagine, la cartolarizzazione non è un’operazione che produce semplicemente un’anticipazione di entrate, al contrario ha un costo (ad esempio le “sovracollateralizzazioni”) che, in ottica pluriennale, può comportare oneri per la finanza pubblica.

(12)

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5 Nuovi strumenti e prospettive future per il migliore utilizzo

degli immobili pubblici

Gli esiti deludenti prodotti dalla gestione del patrimonio immobiliare pubblico attuata attraverso azioni di dismissione e alienazione come sono state le operazioni di cartolarizzazioni di cui si è trattato nei precedenti paragrafi, hanno indotto nel 2012 alla costituzione del principio di copianificazione e di

collaborazione istituzionale come base per lo sviluppo locale «attraverso il

reinvestimento del valore degli immobili pubblici»21 possibile «solo se le istituzioni hanno “progettualità” e “responsabilità” nel partecipare, in modo co-operativo, alle scelte di riqualificazione, ciascuna per le proprie competenze»22.

In proposito con l’introduzione dei “Programmi Unitari di Valorizzazione” (PUV,) viene convalidata la tesi per cui il processo di valorizzazione e di messa a reddito degli immobili pubblici attraverso la compartecipazione di vari soggetti pubblici a fronte della loro alienazione immediata, rappresenta una scelta lungimirante in termini di maggior valore ottenibile dall’immobile stesso.

I “Programmi Unitari di Valorizzazione del Territorio” (PUVaT), dal canto loro, spostano la questione dalla scelta tra valorizzazione futura e alienazione immediata al tema dello sviluppo del territorio attraverso l’operatività e la cooperazione istituzionale.

Oltre al binomio “progettualità - responsabilità”23

così introdotto, nuove possibilità per la riqualificazione dei tessuti urbani dove sono localizzati immobili pubblici, potrebbero provenire dall’introduzione di « forme competitive e comparative di collaborazione e partenariato pubblico-privato»24. 21S. Scalera, cit. n.49. 22 S. Scalera, cit. n.65. 23 S. Scalera, cit. n.49. 24S. Scalera, cit. n.49.

(13)

56

Intanto nei successivi paragrafi verranno esposte le innovazioni legislative in tema di miglior utilizzo degli immobili pubblici che, se opportunamente utilizzati, potrebbero consentire il raggiungimento di buoni risultati in termini di risparmio, rendimento e riqualificazione.

(14)

57

6 L’articolo 33 del d.l. 98/2011, n.98, convertito, con

modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011 n.111 e

successive modifiche

L’articolo 33 del d.l. 98/2011 pone le basi per l’introduzione di una serie di strumenti e procedure finalizzati all’operatività di nuovi veicoli finanziari e societari per l’incremento economico e sociale dei patrimoni immobiliari pubblici. Più precisamente l’articolo in questione interviene nella normativa riguardante la gestione, la valorizzazione, l’utilizzazione e la dismissione degli immobili pubblici creando un sistema integrato di fondi immobiliari finalizzato all’aumento dell’efficienza dei processi di sviluppo e valorizzazione dei patrimoni immobiliare pubblici (ossia di proprietà dello Stato, degli Enti territoriali, di altri Enti pubblici e degli Enti da questi vigilati).

Con le disposizioni del presente articolo, il legislatore ha voluto introdurre tutta una serie di strumenti-rimedio per far fronte alle principali criticità emerse e riscontrabili sostanzialmente nella mancanza di risorse finanziarie adeguate a sostenere gli interventi di cui i patrimoni immobiliari pubblici necessiterebbero per la loro valorizzazione e sviluppo, e nella mancanza di competenze professionali sufficientemente specializzate.

A tal fine, il primo comma dell’articolo 33 dispone, con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, la costituzione di una società di gestione del risparmio (SGR) statale «avente capitale sociale pari ad almeno un milione e comunque non superiore a 2 milioni di euro per l’anno 2012, per l’istituzione di uno o più fondi d’investimento al fine di partecipare in fondi d’investimento immobiliari chiusi promossi o partecipati da regioni, province, comuni anche in forma consorziata associata ai sensi del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, ed altri enti pubblici ovvero da società interamente partecipate dai predetti enti, al fine di valorizzare o dismettere il proprio patrimonio immobiliare disponibile»25.

(15)

58

Alla SGR possono partecipare gli Enti previdenziali ed assicurativi, la Cassa Depositi e Prestiti, compagnie di assicurazione e investitori qualificati. Inoltre è disposto che «entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto la società Patrimonio dello Stato S.p.a. è sciolta ed è posta il liquidazione con le modalità previste dal codice civile»26.

Gli obiettivi strategici di questo “Fondo Nazionale” possono essere riassunti in un semplice elenco in quattro punti:

1. Assumere le sembianze di una sorta di “Fondo di Fondi” consentendo la partecipazione in fondi comuni di investimento immobiliari chiusi promossi dai predetti Enti pubblici;

2. Acquisizione della proprietà di immobili in locazione passiva alla Pubblica Amministrazione al fine di razionalizzare gli usi governativi; 3. Possibilità di partecipare a fondi titolari di diritti di concessione o d’uso

su beni indisponibili e demaniali;

4. Possibilità di acquistare immobili di proprietà degli enti territoriali ad uso ufficio o già inseriti in programmi di valorizzazione27.

Particolare importanza viene attribuita al ruolo degli Enti territoriali cui spetta l’iniziativa per l’avvio dei processi di valorizzazione dei propri patrimoni immobiliari; gli Enti territoriali infatti, possono costituire fondi comuni di investimento immobiliare (i cosiddetti “Fondi territoriali”) a cui però possono apportare beni esclusivamente sulla base di progetti di utilizzo o di valorizzazione provenienti anche da soggetti privati28.

Ai beni oggetto dei commi 2, 8-ter e 8-quater possono essere attribuite nuove destinazioni urbanistiche conseguibili attraverso un Accordo di Programma da concludere perentoriamente entro 180 giorni29.

26 Art. 33 D.L. 6 luglio 2011, n.98, comma 8. 27

Art. 33 D.L. 6 luglio 2011, n.98, comma 8-bis.

28

Art. 33 D.L. 6 luglio 2011 n.98, comma 2.

(16)

59

Agli immobili sottoposti alle norme di tutela stabilite dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42 recante Codice dei beni culturali e del paesaggio, si applicano gli artt. 12 e 112 dello stesso30.

Il comma 8-ter introduce, invece, un’ulteriore tipologia di fondo a cui possono essere apportati o trasferiti immobili o diritti reali di proprietà statale, di società controllate direttamente o indirettamente dallo Stato non utilizzati per finalità istituzionali o beni suscettibili di trasferimento agli Enti Territoriali ai sensi del D.Lgs. n. 85/2010 in materia di federalismo demaniale sulla base di manifestazione di interesse degli stessi Enti Territoriali. L’obiettivo che si vorrebbe raggiungere con l’istituzione di questo tipo di fondo sarebbe l’acquisizione di risorse per la riduzione del debito pubblico.

Sulla stessa base si introduce altresì la possibilità di creare ulteriori fondi immobiliari dove apportare o trasferire immobili di proprietà statale che hanno perso la loro funzione istituzionale, precedentemente individuati con decreto del Ministero della Difesa. In questo caso la procedura prevista con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze consiste nell’attribuzione al Ministero della Difesa del 30% delle risorse provenienti dalla cessione delle quote dei fondi, di una percentuale delle stesse quote compresa tra il 10% e il 25% da assegnare agli Enti Territoriali interessati dalle procedure di valorizzazione, destinando le restanti quote alla riduzione del debito pubblico dello Stato.

Da quanto detto, appare evidente che l’art.33 non solo stabilisce gli obiettivi, gli strumenti e le procedure per la costituzione di fondi immobiliari pubblici chiusi strumentali all’incremento del valore economico e sociale degli immobili stessi, ma al tempo stesso individua le risorse finanziare necessarie a renderli operativi. A questo proposito è bene sottolineare il grande favore che il legislatore manifesta verso equilibrate forme di partenariato pubblico-privato che possono esprimersi in progetti di valorizzazione degli immobili di proprietà degli Enti territoriali per iniziativa privata (comma 2) o in

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investimenti consentiti nel Fondo nazionale da parte di compagnie di assicurazione private (comma 3).

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61

7 L’articolo 33-bis del d.l. 6 luglio 2011, n.98, convertito con

modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n.111 e

successive modifiche

Se l’art.33 del d.l. 6 luglio 2011 n.98 pone l’accento sulla costituzione di un Fondo nazionale riconoscendo agli Enti territoriali accentuati poteri di iniziativa nell’ambito della valorizzazione degli immobili pubblici di loro proprietà e consentendo altresì l’introduzione di equilibrate forme di partenariato pubblico-privato, l’art. 33-bis approfondisce il tema del rapporto tra governance e government. Lo fa in primo luogo attribuendo all’Agenzia del Demanio un ruolo di primo piano nell’ambito della creazione di condizioni favorevoli per la concertazione istituzionale tra i vari soggetti pubblici interessati provenienti dagli Enti territoriali; l’obiettivo finale sarebbe quello di costituire nuovi veicoli societari e finanziari per la realizzazione di obiettivi condivisi, in cui conferire oltre agli immobili pubblici degli Enti territoriali, anche immobili di proprietà dello Stato, previa intesa con il Ministero dell’Economia e delle Finanze - Agenzia del Demanio. Dette società sarebbero beneficiarie delle agevolazioni fiscali già previste per le SIIQ31. Nel caso si costituiscano veicoli societari e finanziari (certamente sottoposti al controllo della Corte dei Conti) il legislatore torna a ribadire il suo favore per il coinvolgimento di partner privati da selezionare con procedure di evidenza pubblica32.

Nell’ambito del trasferimento/conferimento dei beni demaniali alle società, nell’articolo in oggetto, viene espressamente precisato che «il trasferimento alle società o l’inclusione nelle iniziative concordate ai sensi del presente articolo non modifica il regime giuridico previsto dagli articoli 823 e 829, primo comma, del Codice Civile, dei beni demaniali trasferiti»33.

31

Art.33-bis D.L. 6 luglio 2011 n.98, comma 1.

32

Art.33-bis D.L. 6 luglio 2011 n.98, comma 3.

(19)

62

Anche agli Enti previdenziali pubblici è riconosciuta la possibilità di investire nelle iniziative immobiliari ma solo in forma indiretta e rispettando il limite del 7% dei fondi disponibili34.

In base alle disposizioni del presente articolo si tratterebbe in buona sostanza della possibilità di ridefinire le procedure per il piano di alienazione e di valorizzazione avviabili dagli Enti territoriali in cui, previa intesa, possono essere inclusi immobili di proprietà statale ovvero dell’introduzione di nuove procedure di copianificazione per la trasformazione delle destinazioni urbanistiche.

Un concetto simile era già stato introdotto nel 2003 con l’art.30 del d.l. 269/2003, convertito dalla legge 326/2003 che contemplava la possibilità di promuovere Società di Trasformazione Urbana finalizzate alla valorizzazione, trasformazione, commercializzazione e gestione del patrimonio immobiliare dello Stato; anche in questo caso era ammessa la partecipazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, dell’Agenzia del Demanio, degli Enti territoriali e di azionisti privati. Tuttavia si è trattato di una normativa fino ad oggi mai attuata35.

34 Art.33-bis D.L. 6 luglio 2011 n.98, comma 6. 35

Politiche e strumenti per la valorizzazione economica e sociale del territorio attraverso il miglior utilizzo degli immobili pubblici. Guida alle innovazioni legislative, Aggiornamento settembre 2012, a

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8 L’articolo 3 ter del d.l. 351/2001, convertito con

modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n.410 e

successive modifiche

Tra gli strumenti legislativi in materia di valorizzazione economica e sociale del territorio attraverso la leva degli immobili pubblici, fa parte l’art. 3 ter del decreto legge 25 settembre 2001, n.351 che tra i suoi punti salienti ha:

1. L’istituzione del principio di copianificazione tra i vari soggetti istituzionali;

2. La promozione dei “Programmi Unitari di Valorizzazione del Territorio” (P.U.Va.T.);

3. L’istituzione di una struttura unica di attuazione del P.U.Va.T.; 4. L’introduzione dell’ “Accordo di programma”.

Posto che «i programmi unitari di valorizzazione territoriale sono finalizzati ad avviare, attuare e concludere, in tempi certi, autodeterminati dalle Amministrazioni partecipanti […] un processo di valorizzazione unico dei predetti immobili in coerenza con gli indirizzi di sviluppo territoriale e con la programmazione economica che possa costituire, nell’ambito del contesto economico e sociale di riferimento, elemento di stimolo ed attrazione di interventi di sviluppo sostenibile locale, nonché per incrementare le dotazioni di servizi pubblici locali e di quelle relative all’abitare»36

, la vera novità del presente articolo che sta alla base dei P.U.Va.T., consiste nell’istituzione del principio di copianificazione che, insieme al principio di cooperazione istituzionale, consente ai Comuni, Città metropolitane, Province, Regioni e Stato, di agire di concerto e in sedi stabili, attraverso intese e accordi procedimentali finalizzati ad un obiettivo comune. Dall’accordo di cooperazione non è escluso il legittimo intervento del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per l’identificazione degli elementi vincolanti ai quali la

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64

trasformazione degli immobili pubblici, se disposta nei P.U.Va.T., deve attenersi37.

L’articolo sancisce che la promozione dei P.U.Va.T. spetta al Presidente della Giunta regionale, diversamente il potere d’impulso viene attribuito all’Organo di governo degli Enti territoriali o al Ministero dell’Economia e delle Finanze – Agenzia del Demanio in base alla titolarità della proprietà degli immobili pubblici inclusi nel P.U.Va.T.38.

Tra le istituzioni interessate si impone il rispetto del principio di leale collaborazione, nonché di sussidiarietà, di differenziazione e di adeguatezza come disposto dall’art.118 della Costituzione39

.

Come anticipato, l’attuazione dei P.U.Va.T. è subordinata al compimento di un accordo di programma fatto in base alle leggi regionali, che deve essere concluso entro 120 giorni dalla data della sua promozione. Se durante il processo di approvazione dell’accordo di programma emergono criticità tali da non consentire il rispetto della scadenza fissata, viene concessa un’ ulteriore proroga di 60 giorni con intervento del “collegio di vigilanza”; se criticità continuano a persistere anche al termine della seconda scadenza fissata, si ritiene impossibile procedere ulteriormente40.

Nell’ambito dell’accordo di programma può essere contemplata la vendita degli immobili valorizzati di proprietà statale con attribuzione di una quota del ricavato agli Enti Territoriali interessati. Invece nel caso in cui gli immobili pubblici di proprietà dello Stato «siano oggetto di concessione o locazione onerosa, all’Amministrazione comunale è riconosciuta una somma non inferiore al 50% e non superiore al 100% del contributo di costruzione […] che il concessionario o il locatario corrisponde all’atto del rilascio o

37 Art. 3 ter D.L. 25 settembre 2001, n.351, commi 1 e 9. 38

Art. 3 ter D.L. 25 settembre 2001, n.351, comma 2.

39

Art. 3 ter D.L. 25 settembre 2001, n.351, comma 3.

(22)

65

dell’efficacia del titolo abilitativo edilizio»41

. Sulla concessione di valorizzazione si tornerà a parlare più approfonditamente in seguito.

Per l’attuazione dei P.U.Va.T. così come dei “piani di valorizzazione, è espressamente consentito il ricorso a strumenti come il “Fondo dei fondi”, dei “Fondi territoriali” o di altri strumenti societari secondo quanto previsto negli articoli 33 e 33-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n.98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.11142.

Le ultime due disposizioni dell’articolo riguardano gli immobili in uso al Ministero della Difesa non più utili per la sicurezza nazionale; a riguardo vengono prospettate due possibilità: 1) operare autonomamente per la valorizzazione immobiliare ma d’intesa con le Autonomie locali; 2) affidare gli immobili in uso ma non più utili alla sicurezza nazionale in concessione di valorizzazione con il limite di apportare interventi esclusivamente di restauro e risanamento conservativo.

41

Art. 3 ter D.L. 25 settembre 2011, n.351, comma 7.

(23)

66

9

L’articolo 5, comma 5 del d.lgs. 28 maggio 2010, n.85

Nell’ambito della valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, l’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 28 maggio 2010, n.85 recante

attribuzione ai comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, rappresenta una concreta opportunità per lo Stato e per tutti gli

Enti territoriali di ridare funzionalità al patrimonio culturale statale. Nello specifico l’articolo in questione introduce una forma di “federalismo

demaniale culturale speciale” che consente agli Enti territoriali interessati di

presentare all’Agenzia del Demanio istanza di acquisizione gratuita del titolo di proprietà del bene, con un termine per la conclusione del procedimento di trasferimento fissato con carattere meramente sollecitatorio, a un anno. Tale istanza è però subordinata alla proposta da parte degli stessi Enti richiedenti, di «programmi e piani strategici di sviluppo culturale, definiti ai sensi e con i contenuti di cui all’art. 112, comma 4, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42»43 che a sua volta dispone che «lo Stato, le Regioni e gli altri Enti pubblici territoriali stipulano accordi per definire strategie ed obiettivi comuni di valorizzazione nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e i programmi, relativamente ai beni culturali di pertinenza pubblica»44.

La “specialità” del federalismo demaniale culturale è da attribuire all’enfasi data ai progetti di valorizzazione degli immobili stessi che devono in tutti i casi essere finalizzati alla massimizzazione della pubblica fruizione. La logica sottostante all’introduzione del federalismo demaniale culturale è perciò quella di ritenere prioritaria la migliore gestione possibile dei beni culturali fatti oggetto di tutela, rispetto a quella di stabilire a quale soggetto pubblico spetti la titolarità formale del bene.

Il trasferimento gratuito della proprietà dei beni tuttavia, non può avvenire in assenza di un preciso programma di valorizzazione proposto nell’ambito

43

Art. 5, d.lgs. 28 maggio 2010, n.85, comma 5.

44

Art. 112, comma 4 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 recante codice dei beni culturali e del paesaggio.

(24)

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dell’accordo di valorizzazione da parte dell’Ente territoriale interessato; non per questo l’accordo di valorizzazione può dirsi condizione sufficiente per il trasferimento della proprietà dei beni che può avvenire solo in seguito alla stipula di uno specifico atto pubblico a cura dell’Agenzia del Demanio.

Per finire rimane da precisare che il bene culturale trasferito secondo le norme del federalismo demaniale culturale, non entra perciò a far parte del patrimonio disponibile ma viene iscritto nel demanio culturale dell’Ente territoriale destinatario.

Con il Protocollo d’intesa sottoscritto dal Segretariato generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e l’Agenzia del Demanio in data 9 febbraio 2011, è stata data attuazione all’articolo 5, comma 5, del D.Lgs. n. 85/2010; il Protocollo sottoscritto prevede la costituzione di una Cabina di regia nazionale e di Tavoli tecnici operativi regionali. A tal proposito resta da citare la circolare n.18 del Segretariato generale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali corredata da quattro allegati:

1. l’allegato A in cui si espone l’iter procedurale per il trasferimento degli immobili;

2. l’allegato B che contiene il “Decreto costitutivo del Tavolo tecnico operativo”;

3. l’allegato C che contiene le “Linee guida per la elaborazione del programma di valorizzazione” di seguito brevemente riportati45

:

 Descrizione e interesse culturale del bene (individuazione del bene, situazione vincolistica del bene ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 – Codice dei beni culturali e del paesaggio, destinazione d’uso attuale);

 Programma di valorizzazione del bene (descrizione sintetica del programma, obiettivi e strategie del programma, piani strategici di sviluppo culturale, modalità di attuazione del programma,

45

Circolare Segretariato Generale MiBAC n. 18/2011, Allegato C: Linee guida per la elaborazione del programma di valorizzazione.

(25)

68

sostenibilità economica del programma, tempi di realizzazione del programma);

 Analisi e approfondimento conoscitivo del bene (stato di conservazione, principali fattori di rischio, esigenza di piani di manutenzione);

 Contesto territoriale di riferimento (opportunità e criticità rispetto agli obiettivi di valorizzazione, analisi socio-economica del contesto territoriale);

 Specifiche di attuazione del programma di valorizzazione;  Sostenibilità economico-finanziaria e tempi di attuazione del

programma di valorizzazione.

4. l’allegato D che contiene lo schema di “Accordo di valorizzazione”. Va da sé che il trasferimento effettivo della proprietà del bene è subordinato alla stipula di appositi atti pubblici e non rappresenta operazione irreversibile perché l’inadempienza degli impegni presi in sede di programma e accordo di valorizzazione, comporta la retrocessione del bene.

(26)

69

10 Articolo 58 del d.l. 25 giugno 2008, n.112 e successive

modifiche

L’art. 58 del decreto legge 25 giugno 2008, n.112, convertito con modificazioni, dall’articolo 1, comma 1, legge 6 agosto 2008, n.133 ha introdotto Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione,

la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.

Prima di illustrare sinteticamente la procedura introdotta dall’articolo, è bene notare da subito che, in materia di buon utilizzo degli immobili pubblici, la principale novità introdotta, è stata quella di un “Piano delle alienazioni e valorizzazioni” inserito all’interno della più ampia politica di promozione, programmazione e sviluppo dei territori; nella sua prima formulazione, l’articolo 58 si rivolgeva agli Enti territoriali con tre finalità principali:

1. Identificazione precisa dei beni di proprietà degli stessi, realizzando un inventario;

2. Approvazione del piano di alienazioni immobiliari;

3. Definizione di un programma di valorizzazione del patrimonio immobiliare.

In seguito alle successive modifiche, da una parte è stata estesa la possibilità di inserire negli appositi elenchi anche immobili di proprietà dello Stato, precedentemente individuati dall’Agenzia del Demanio previa intesa con l’Ente territoriale interessato, dall’altra è stata restituita la potestà di controllo in materia urbanistica alle Regioni in conformità agli articoli 117 e 118 della Costituzione (“potestà legislativa concorrente”) nell’ambito della procedura per l’approvazione delle varianti urbanistiche. In questo caso, ossia nella previsione di variante urbanistica, la procedura prevista è la seguente:

1. Adozione da parte del Comune del “Piano delle valorizzazioni e alienazioni” con la variazione urbanistica prevista;

(27)

70

2. Pubblicazione del “Piano” per il deposito delle osservazioni;

3. Trasmissione del “Piano” alla Regione che entro 120 giorni dovrà comunicare le proprie determinazioni;

4. Approvazione del “Piano” con la variazione;

5. Pubblicazione dell’avvenuta approvazione del “Piano”. In breve, la procedura dell’articolo 58 può essere così riassunta:

1. Individuazione dei beni non strumentali all’esercizio delle proprie funzioni istituzionali e suscettibili di valorizzazione ovvero di dismissione, ricadenti nel territorio di competenza, da parte di Regioni, Province, Comuni e altri Enti Locali46;

2. Fatto salvo il rispetto delle tutele di natura storico-artistica, archeologica, architettonica e paesaggistico - ambientale, i beni prima individuati vengono inseriti in un “Piano delle alienazioni e valorizzazioni” classificandosi come “patrimonio disponibile”; gli Enti competenti dovranno esprimersi entro 30 giorni dalla redazione del piano, «decorsi i quali, in caso di mancata espressione da parte dei medesimi Enti, la predetta classificazione è resa definitiva»47. Nel “Piano”, previa intesa con gli Enti territoriali, possono essere inseriti anche beni di proprietà statale individuati dal Ministero dell’economia e delle finanze-Agenzia del Demanio, ubicati nel relativo territorio48. 3. La pubblicazione degli elenchi con effetto dichiarativo della proprietà,

avviene con l’approvazione del piano deliberata dal Consiglio Comunale. L’approvazione del piano viene assunta come variante allo strumento urbanistico generale e le Regioni non possono che disciplinare, entro 60 giorni, l’equivalenza della deliberazione del Consiglio Comunale49.

46 Art. 58 del D.L. 25 gennaio 2008, n.112, comma 1. 47

Art. 58 D.L. 25 giugno 2008, n.112, comma 2.

48

Art. 58 D.L. 25 giugno 2008, n.112, commi 1 e 2.

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71

Nell’elenco dei beni da destinare al “Piano delle alienazioni e valorizzazioni” possono anche essere inseriti i beni immobili inclusi nella concessione di valorizzazione (art. 3 bis L. 351/2001)50.

E’ consentita agli enti proprietari l’individuazione di «forme di valorizzazione alternative, nel rispetto dei principi di salvaguardia dell’interesse pubblico»51

, nonché la possibilità di conferire i propri beni immobili anche residenziali a fondi comuni di investimento immobiliare52. Relativamente agli immobili conferiti o dismessi inclusi negli elenchi di cui al comma 1, sugli Enti competenti non grava l’obbligo di consegna dei documenti relativi alla proprietà e alla regolarità urbanistica-edilizia e fiscale53.

50 Art. 58 D.L. 25 giugno 2008, n.112, comma 6. 51

Art. 58 D.L. 25 giugno 2008, n.112, comma 7.

52

Art 58 D.L. 25 giugno 2008, n.112, comma 8.

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