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PROGETTO DI UN EDIFICIO SPORTIVO POLIFUNZIONALE NEL NUOVO CAMPUS SCOLASTICO DI PONTEDERA

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(1)

Università di Pisa

DESTeC

Scuola di Ingegneria

Laurea magistrale in Ingegneria Edile - Architettura

a.a. 2017/2018

PROGETTO DI UN EDIFICIO SPORTIVO

POLIFUNZIONALE NEL NUOVO CAMPUS

SCOLASTICO DI PONTEDERA

Candidato: Christian Preziosi

Matricola: 455002

(2)
(3)

1 Abstract 11

2 Introduzione 14

2.1 Lo stato di salute della scuola italiana 15

2.2 Perché trasformare le scuole in un campus? 18

3 L’edilizia scolastica come elemento base 20

3.1 Brevi cenni: evoluzione delle strutture scolastiche 21

Dall’antichità al XIX secolo

La scuola dell’obbligo

Il periodo dei regimi autoritari

Dal dopoguerra ad oggi

3.2 La scuola al giorno d’oggi 24

I modelli scolastici

I nuovi riferimenti normativi

4 I campus 28

4.1 Evoluzione del modello di campus dei college

americani 29

Le origini “inglesi” dei colonial college

La pianificazione dei campus

L’esperienza di Thomas Jefferson

Fuori dalle città

L’esperienza “europea” di Mies van der Rohe

4.2 Esempi italiani e differenze dal modello americano 35

(4)

6

5 Pontedera nella storia 64

5.1 Pontedera dalla rivoluzione industriale al nuovo volto di fine

millennio 65

Posizione strategica e ferrovia come traino

Lo stabilimento Piaggio & C.

La deindustrializzazione

5.2 Un villaggio dedicato alle scuole secondarie superiori 70

La scolarizzazione di massa

Lo sviluppo dell’area

6 Indagine urbanistica 74

6.1 Il Piano di Indirizzo Territoriale della Regione Toscana 75 6.2 Il Piano Territoriale di coordinamento della Provincia di Pisa

77

6.3 Il Piano di gestione del rischio alluvione 79

6.4 Piano Strutturale e Regolamento Urbanistico del

Comune di Pontedera 84

6.5 Piano Comunale per la Mobilità Ciclabile “BICIPLAN

PONTEDERA” 88

4.3 Gli elementi del Campus 38

Strutture didattiche Biblioteche Centri di ricerca Attività extracurricolari Attività amministrative Residenze

Centri per attività sportive

Circolazione interna e parcheggi

Attività supplementari

4.4 Il campus delle scuole superiori di Pesaro, connubio tra scuola superiore secondaria e il concetto di campus 42

4.5 Analisi di alcune soluzioni contemporanee 46

Campus Luigi Einaudi a Torino, Italia

Vienna University of Economics and Business Campus a

Vienna, Austria

Cornell Tech campus a New York, Stati Uniti d’America

4.6 Elementi in comune 57

4.7 Le problematiche di campus al giorno d’oggi 59

Il rapporto tra stili e funzioni

(5)

8

10 Bibliografia e sitografia 152

11 Ringraziamenti 158

7 La progettazione del campus 92

7.1 Luogo, tessuto e aspetti naturalistici 93

7.2 La Viabilità 95

7.3 Le scuole presenti e le loro caratteristiche 97

7.4 Analisi dei servizi esistenti 103

7.5 Strategie di intervento 105

Eliminazione dei confini e del traffico veicolare Razionalizzazione della circolazione viaria e

Creazione di un bus terminal

Creazione di un boulevard principale

Ripristino della viabilità secondaria

Creazione di una piazza centrale

Inserimento di nuove funzioni

Oltrepassare l’argine

7.6 Il Masterplan 112

8 Il nuovo centro “Pontedera Sport & theater” 114

8.1 Sport e non solo 115

8.2 Percorsi chiari e aspetto semplice 117

L’impianto planimetrico

I prospetti

(6)

Nel corso dei secoli, l’esperienza educativa dei ragazzi ha acquisito sempre maggiore importanza. Affinché lo studente sia stimolato nei suoi studi, occorre che questi si svolgano in sedi adeguate. Il seguente lavoro di tesi si muove in questo ambito, riguardando la progettazione di un nuovo cam-pus scolastico, sito nel comune di Pontedera. Base di partenza, per questo tipo di lavoro, sono sicuramente le scuole esistenti nell’area, costruite in fasi storiche diverse, tuttora in funzione e lo-cate in un sito isolato situato tra l’argine del fiume Arno e quello del fiume Era.

Intervenire per rendere moder-na, vivibile, utile alla comunità quest’area risulta oggi una neces-sità sia sotto l’aspetto educativo degli studenti, sia per la comu-nità di residenti che ad oggi vive le scuole più come un problema che come vantaggio.

Gli obiettivi proposti da questo lavoro sono principalmente due. Il primo è sicuramente quello di rompere le barriere che attual-mente dividono i singoli istituti cercando di creare un contenitore unico, facilmente permeabile, che sia facilmente percorribile e ben

integrato con il quartiere. Il se-condo è quello di inserire nuove strutture per le funzioni collettive, in modo da garantire un notevo-le risparmio nella gestione degli istituti.

La parte finale riguarderà inve-ce la progettazione specifica di un nuovo centro polifunzionale capace di ospitare al suo interno alcune delle funzioni collettive.

(7)

The educational experience of children acquires an ever incre-asing importance with the pas-sage of the century. In order for student to be stimulated in their studies, these must take place in appropriate locations.

The following thesis covers this particular area, looking into the design of a new school campus, located in the municipality of Pontedera. The starting point for this kind of must lie with the exi-sting schools located in the area, which were built in different hi-storical periods, and are located in an isolated site between the banks of the river Arno river and the river Era.

An intervention to render this area modern, liveable and use-ful to the community is now a necessity both for educational purposes and for use by the com-munity .

The set goals set out by this work are mainly two. The first is to break down the barriers which currently divide the individual in-stitutions, in order to create a sin-gle area, easy to cross and well integrated with the neighborho-od. The second is to include new structures for common use, in

order to guarantee considerable savings in the management of the individual institutes.

The final part will focus on the specific design of a new multi-functional center that can host some of the common functions.

(8)

Analizzando i dati riportati nello “Schoolbook 2, il punto sull’edilizia scolastica” edito dalla Presidenza del consiglio dei ministri nell’a-prile 2016, si può capire quanto ancora bisogna fare per garantire agli studenti una esperienza sco-lastica dignitosa. Nello specifico, grazie alla nuova “Anagrafe dell’e-dilizia Scolastica” risulta che solo circa il 32% degli edifici è stato costruito dopo il 1976. Il 68% ha quindi almeno una cinquantina di anni. La vetustà degli edifici non significa necessariamente inefficienza, ma considerando al-tri dati si capisce quanto sia poco funzionale il nostro patrimonio edilizio. Nonostante la quasi to-talità degli edifici scolastici sia di proprietà pubblica, nel 29% dei fabbricati non sono mai stati messi in atto dispositivi per il su-peramento delle barriere architet-toniche, il 35% degli edifici non è facilmente raggiungibile median-te scuolabus e il 42% degli non ha accorgimenti per la riduzione dei consumi energetici. Ciò dimostra che in passato qualcosa è stato fatto, ma che siamo ancora ben

lontani da avere un patrimonio edilizio al passo coi tempi. Oltre a problemi di sicurezza, con un patrimonio edilizio di questo tipo non si riesce a garantire la corret-ta applicazione delle nuove linee guida redatte dal Ministero dell’I-struzione dell’Università e della Ricerca. Ad aggravare ancora di più la situazione, in fine, ci sono i dati di metà 2017 sulla percentua-le di PIL investita per l’istruzione nei vari paesi della zona EU. Dai dati si evince quanto ancora sia-mo lontani dai migliori standard europei. L’Italia, infatti, si piazza al terzultimo posto con solo il 4%, ben al di sotto della media euro-pea quantificata al 4,9% di PIL.1

Riflettendo su questi dati, non si può che auspicare un incremen-to degli investimenti nel setincremen-tore dell’istruzione, al fine di rendere adeguate le strutture che dovreb-bero essere la solida base del fu-turo di una nazione.

2.1 Lo stato di salute della scuola italiana

(9)

17 16

Focus sull’edilizia scolastica in italia: anno di costruzione, barriere architettoniche, consumi energetici, investimenti, ecc.

L’ESPERIENZA “EUROPEA” DI MIES VAN DER ROHE

Una spinta al cambiamento si ha alla fine del XIX secolo. In questo periodo il bisogno di nuovi edifici è così importante da dare la possibilità agli architetti di sperimentare nuove forme e funzioni. Dopo anni di cre-scita caotica si arriva agli anni 30 del 900, periodo nel quale, il rifugiato negli Stati Uniti, Mies van der Rohe viene incaricato di realizzare il campus dell’Illinois Institute of Technology.

Mies van der Rohe volle fortemente realizza-re un master plan che mettesse ordine alla progettazione. Partendo dal modulo neces-sario per realizzare lo spazio a lui congeniale per questo tipo di insegnamento, crea una griglia da 24 moduli per 24. Questa proget-tazione al contrario, dal modulo minimo quale il tavolo, determinò lo sviluppo nelle varie direzioni del campus.

PRIME PIANIFICAZIONI Il primo esempio di progettazione di un intero campus sarà l’Union College, risalente al 1813, ad opera di Jaques Ramée. Il proget-to di Ramée respingerà l’aspetproget-to monastico chiuso dell’istruzione. Il progetto è caratte-rizzato da una grande corte centrale rettan-golare contenuta tra due edifici a L conte-nenti gli alloggi per studenti e professori. La corte apre prospetticamente su un grande colonnato ad U contenente tre edifici più un grande Pantheon centrale. Un cambio di marcia avvenne grazie a Thomas Jefferson, fine architetto oltre che 3º presidente degli Stati Uniti d’America. Egli si occupò a tre-centosessanta gradi della costruzione della University of Virginia. Il progetto prevedeva due ali parallele contenenti le aule ai lati di un grande prato di forma rettangolare, collegate da un edificio rotondo e dai suoi colonnati.

ESEMPI ITALIANI E DIFFERENZE DAL MODELLO AMERICANO L‘origine antica delle istituzioni universitarie italiane, potrebbe essere la causa delle so-stanziali differenze con i modelli di campus nati in altre nazioni. La storia dei campus in Italia inizia molto in ritardo. Il primo esem-pio di campus nel vero senso del temine è rappresentato dall’Università della Calabria, costruita sulle colline di Arcavata, vicino Cosenza nel 1972. Gli edifici sono organizza-ti attorno ad un grande asse viario che gli conferisce un aspetto prettamente urbano nonostante la locazione in aperta campa-gna. Venendo a casi più recenti, possiamo prendere ad esempio il nuovo Campus Universitario di Forlì. Questo è collocato ai margini del centro storico della città, e il suo progetto si fa carico di rigenerare, riqualifi-care, integrare il tessuto urbano. Gli edifici dell’ex Ospedale Morgagni vengo così riqua-lificati e connessi con nuovi edifici-percorso. A sinistra: Vista aerea del campus dell’Illinois Institute of Technology

A fianco: L’ingresso della Crown Hall

A sinistra: La pianta del campus della University of Virginia progettata da Thomas Jefferson A fianco: Una veduta del cortile centrale

A sinistra: Il campus dell’Università della Calabria A fianco: La sede dell’Università di Bologna a Forlì

evoluzione del modello di campus dei college americani, Esempi italiani e differenze dal modello utilizzato oltreoceano

PERCHÉ

TRASFORMARE

LE SCUOLE IN

UN CAMPUS?

1_

LA VOLONTÀ DI STUDENTI E COMUNE

Nel processo partecipativo “Village People” ideato dal comune, realizzato con i ragazzi dell’anno accademico 2014/2015, gli studenti hanno individuato chiaramente le loro necessità, riassunte nella nuvola sulla destra

2_

I NOTEVOLI RISPARMI DI GESTIONE

Sempre più comuni in Italia si stanno dotando di campus scolastici riunendo il più possibile le scuole superiori. Questo al fine di garantire migliori servizi dividendo i costi fra più istituti

3_

MIGLIORARE L’ESPERIENZA FORMATIVA

Il campus migliora l’esperienza dei ragazzi, mettendoli al centro di una nuova dimensione educativa a loro misura con l’obiettivo di far si che gli anni trascorsi non siano anonimi

GLI ELEMENTI DEL CAMPUS

Le strutture didattiche: Rappresentano il vero

fulcro di un campus, nonché l’elemento da cui non si può prescindere. Che si parli o meno di campus o villaggio scolastico, le strutture didattiche rappre-sentano l’ambiente in cui il sapere viene tramesso e per questo costituiscono la maggior parte delle strutture presenti. Oltre ad essere numerose, devo-no essere versatili e devodevo-no comprendere vari tipi di aule, tra cui le aule per le lezioni frontali, aule per funzioni speciali, laboratori multifunzionali, aule per le conferenze.

Le biblioteche: Storicamente sono sempre state

il centro di riferimento architettonico dei grandi campus, anche se hanno avuto un decorso diverso tra l’Europa e le vecchie colonie oltreoceano. I cam-pus più antichi in Europa, infatti, fondati attorno all’inizio del secondo millennio, videro la nascita delle loro biblioteche solo qualche secolo più tardi. Mentre nel vecchio continente le biblioteche na-scevano come completamento di un preesistente campus, oltreoceano succedeva esattamente il contrario.

Centri di ricerca: La fioritura dei centri di ricerca

all’interno dei campus si ha nel secondo dopo-guerra. Rappresentano più che altro l’istruzione universitaria.

Centri per attività extracurricolari:

Rappresenta-no elementi estremamente importanti nella vita quotidiana di un campus sebbene non siano fun-zioni puramente istituzionali. La loro espressione principale è rappresentata dagli auditorium e dai teatri che sostanzialmente esplicano due funzioni principali, quali provvedere alla necessità di avere uno spazio ampio per assemblee e avere uno spa-zio adatto all’arte alla musica e al teatro.

Attività amministrative: Includono tutte le

funzio-ni di direzione scolastica e di gestione di professori e studenti, relativamente a tasse, iscrizioni, stage e tirocini ecc. Nelle progettazioni sono sempre state relegate negli edifici in cui venivano considerate convenienti.

Residenze: Anche in questo caso, grandi

differen-ze vi furono tra Europa e Stati Uniti. Nel vecchio continente gli educatori non avevano alcun inte-resse per gli studenti al di fuori della loro parteci-pazione a lezione. Nelle colonie invece si adottò il modello Oxford secondo il quale gli studenti dovevano condividere una vita “accademica”. Così nacquero dei veri e propri dormitori in cui dormiva-no e mangiavadormiva-no gli studenti.

Centri per attività sportive: Le attività sono le

più disparate, dagli sport “al chiuso” quali tennis, basket, pallavolo, pallamano, calcetto, ecc. a quelli più dispendiosi a livello di attrezzature quali nuo-to, pallanuonuo-to, o quelli da praticare in uno stadio all’’aperto.

Circolazione interna e parcheggi:

Rappresen-tano gli elementi più difficoltosi da regolare all’in-terno del campus. Le nuove tendenze vanno nella direzione di campus liberi il più possibile dalle auto, cercando soluzioni alternative al traffico veicolare.

Attività supplementari: Sono tutte quelle funzioni

che integrano la vita all’interno dei campus e che la rendono gradevole. Comprendono le funzioni di ristorazione con mense ristoranti e caffetterie, quelle di vendita al dettaglio, ecc

Fonte: Schoolbook 2 Presidenza del consiglio dei ministri

Fonte: Schoolbook 2 Presidenza del consiglio dei ministri

Fonte: Schoolbook 2 Presidenza del consiglio dei ministri

Fonte: Schoolbook 2 Presidenza del consiglio dei ministri

Fonte: Il Sole 24 Ore Fonte: Miur, Anagrafe

edilizia scolastica Fonte: Miur, Anagrafe edilizia scolastica

Focus sull’edilizia scolastica in italia: anno di costruzione, barriere architettoniche, consumi energetici, investimenti, ecc.

L’ESPERIENZA “EUROPEA” DI MIES VAN DER ROHE

Una spinta al cambiamento si ha alla fine del XIX secolo. In questo periodo il bisogno di nuovi edifici è così importante da dare la possibilità agli architetti di sperimentare nuove forme e funzioni. Dopo anni di cre-scita caotica si arriva agli anni 30 del 900, periodo nel quale, il rifugiato negli Stati Uniti, Mies van der Rohe viene incaricato di realizzare il campus dell’Illinois Institute of Technology.

Mies van der Rohe volle fortemente realizza-re un master plan che mettesse ordine alla progettazione. Partendo dal modulo neces-sario per realizzare lo spazio a lui congeniale per questo tipo di insegnamento, crea una griglia da 24 moduli per 24. Questa proget-tazione al contrario, dal modulo minimo quale il tavolo, determinò lo sviluppo nelle varie direzioni del campus.

PRIME PIANIFICAZIONI Il primo esempio di progettazione di un intero campus sarà l’Union College, risalente al 1813, ad opera di Jaques Ramée. Il proget-to di Ramée respingerà l’aspetproget-to monastico chiuso dell’istruzione. Il progetto è caratte-rizzato da una grande corte centrale rettan-golare contenuta tra due edifici a L conte-nenti gli alloggi per studenti e professori. La corte apre prospetticamente su un grande colonnato ad U contenente tre edifici più un grande Pantheon centrale. Un cambio di marcia avvenne grazie a Thomas Jefferson, fine architetto oltre che 3º presidente degli Stati Uniti d’America. Egli si occupò a tre-centosessanta gradi della costruzione della University of Virginia. Il progetto prevedeva due ali parallele contenenti le aule ai lati di un grande prato di forma rettangolare, collegate da un edificio rotondo e dai suoi colonnati.

ESEMPI ITALIANI E DIFFERENZE DAL MODELLO AMERICANO L‘origine antica delle istituzioni universitarie italiane, potrebbe essere la causa delle so-stanziali differenze con i modelli di campus nati in altre nazioni. La storia dei campus in Italia inizia molto in ritardo. Il primo esem-pio di campus nel vero senso del temine è rappresentato dall’Università della Calabria, costruita sulle colline di Arcavata, vicino Cosenza nel 1972. Gli edifici sono organizza-ti attorno ad un grande asse viario che gli conferisce un aspetto prettamente urbano nonostante la locazione in aperta campa-gna. Venendo a casi più recenti, possiamo prendere ad esempio il nuovo Campus Universitario di Forlì. Questo è collocato ai margini del centro storico della città, e il suo progetto si fa carico di rigenerare, riqualifi-care, integrare il tessuto urbano. Gli edifici dell’ex Ospedale Morgagni vengo così riqua-lificati e connessi con nuovi edifici-percorso. A sinistra: Vista aerea del campus dell’Illinois Institute of Technology

A fianco: L’ingresso della Crown Hall

A sinistra: La pianta del campus della University of Virginia progettata da Thomas Jefferson A fianco: Una veduta del cortile centrale

A sinistra: Il campus dell’Università della Calabria A fianco: La sede dell’Università di Bologna a Forlì

evoluzione del modello di campus dei college americani, Esempi italiani e differenze dal modello utilizzato oltreoceano

PERCHÉ

TRASFORMARE

LE SCUOLE IN

UN CAMPUS?

1_

LA VOLONTÀ DI STUDENTI E COMUNE

Nel processo partecipativo “Village People” ideato dal comune, realizzato con i ragazzi dell’anno accademico 2014/2015, gli studenti hanno individuato chiaramente le loro necessità, riassunte nella nuvola sulla destra

2_

I NOTEVOLI RISPARMI DI GESTIONE

Sempre più comuni in Italia si stanno dotando di campus scolastici riunendo il più possibile le scuole superiori. Questo al fine di garantire migliori servizi dividendo i costi fra più istituti

3_

MIGLIORARE L’ESPERIENZA FORMATIVA

Il campus migliora l’esperienza dei ragazzi, mettendoli al centro di una nuova dimensione educativa a loro misura con l’obiettivo di far si che gli anni trascorsi non siano anonimi

GLI ELEMENTI DEL CAMPUS

Le strutture didattiche: Rappresentano il vero

fulcro di un campus, nonché l’elemento da cui non si può prescindere. Che si parli o meno di campus o villaggio scolastico, le strutture didattiche rappre-sentano l’ambiente in cui il sapere viene tramesso e per questo costituiscono la maggior parte delle strutture presenti. Oltre ad essere numerose, devo-no essere versatili e devodevo-no comprendere vari tipi di aule, tra cui le aule per le lezioni frontali, aule per funzioni speciali, laboratori multifunzionali, aule per le conferenze.

Le biblioteche: Storicamente sono sempre state

il centro di riferimento architettonico dei grandi campus, anche se hanno avuto un decorso diverso tra l’Europa e le vecchie colonie oltreoceano. I cam-pus più antichi in Europa, infatti, fondati attorno all’inizio del secondo millennio, videro la nascita delle loro biblioteche solo qualche secolo più tardi. Mentre nel vecchio continente le biblioteche na-scevano come completamento di un preesistente campus, oltreoceano succedeva esattamente il contrario.

Centri di ricerca: La fioritura dei centri di ricerca

all’interno dei campus si ha nel secondo dopo-guerra. Rappresentano più che altro l’istruzione universitaria.

Centri per attività extracurricolari:

Rappresenta-no elementi estremamente importanti nella vita quotidiana di un campus sebbene non siano fun-zioni puramente istituzionali. La loro espressione principale è rappresentata dagli auditorium e dai teatri che sostanzialmente esplicano due funzioni principali, quali provvedere alla necessità di avere uno spazio ampio per assemblee e avere uno spa-zio adatto all’arte alla musica e al teatro.

Attività amministrative: Includono tutte le

funzio-ni di direzione scolastica e di gestione di professori e studenti, relativamente a tasse, iscrizioni, stage e tirocini ecc. Nelle progettazioni sono sempre state relegate negli edifici in cui venivano considerate convenienti.

Residenze: Anche in questo caso, grandi

differen-ze vi furono tra Europa e Stati Uniti. Nel vecchio continente gli educatori non avevano alcun inte-resse per gli studenti al di fuori della loro parteci-pazione a lezione. Nelle colonie invece si adottò il modello Oxford secondo il quale gli studenti dovevano condividere una vita “accademica”. Così nacquero dei veri e propri dormitori in cui dormiva-no e mangiavadormiva-no gli studenti.

Centri per attività sportive: Le attività sono le

più disparate, dagli sport “al chiuso” quali tennis, basket, pallavolo, pallamano, calcetto, ecc. a quelli più dispendiosi a livello di attrezzature quali nuo-to, pallanuonuo-to, o quelli da praticare in uno stadio all’’aperto.

Circolazione interna e parcheggi:

Rappresen-tano gli elementi più difficoltosi da regolare all’in-terno del campus. Le nuove tendenze vanno nella direzione di campus liberi il più possibile dalle auto, cercando soluzioni alternative al traffico veicolare.

Attività supplementari: Sono tutte quelle funzioni

che integrano la vita all’interno dei campus e che la rendono gradevole. Comprendono le funzioni di ristorazione con mense ristoranti e caffetterie, quelle di vendita al dettaglio, ecc

Fonte: Schoolbook 2 Presidenza del consiglio dei ministri

Fonte: Schoolbook 2 Presidenza del consiglio dei ministri

Fonte: Schoolbook 2 Presidenza del consiglio dei ministri

Fonte: Schoolbook 2 Presidenza del consiglio dei ministri

Fonte: Il Sole 24 Ore Fonte: Miur, Anagrafe

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18

Fig 1: Una nuvola ela-borata sulla base delle richieste espresse dai ragazzi

Fonte: elaborato proprio

1 Il Sole 24 Ore (30 agosto 2017), Italia terzultima in Europa per spesa in Istruzione.

La Germania spende il doppio.

http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2017-08-29/italia-terzultima-europa-spesa-istru-zione-germania-spende-doppio-190050.shtml?uuid=AE8jEVJC

2 Silvi T. (31 gennaio 2015) in Il tirreno, Scuole, il villaggio come un campus.

http://iltirreno.gelocal.it/pontedera/cronaca/2015/01/31/news/scuole-il-villaggio-co-me-un-campus-1.10771824

I motivi per la trasformazione del-le scuodel-le in un campus sono prin-cipalmente tre.

Il primo è rappresentato dalla volontà congiunta degli studenti e del Comune di Pontedera. Nel processo partecipativo “Village People”, organizzato dal perso- nale dell’Ufficio Tecnico comu-nale e realizzato con i ragazzi nell’anno accademico 2014/2015, gli studenti hanno individuato chiaramente le loro necessità riguardo il villaggio scolastico di Pontedera2. Tema ricorrente

nel-le loro richieste è quello di avere strutture comuni dove svolgere le attività extrascolastiche e il totale abbattimento delle barriere tra i vari istituti. Altra richiesta è quel-la di avere luoghi di ritrovo che mantengano attiva l’area nelle ore al di fuori dell’insegnamento. In sostanza i ragazzi delle scuo-le superiori vogliono far parte di qualcosa di più grande della loro singola istituzione, introducendo il concetto di condivisione e di scambio.

Il secondo punto per questa tra-sformazione è riconducibile ai

notevoli risparmi nella gestione. Sempre più comuni in Italia si stanno dotando di campus sco-lastici riunendo il più possibile le scuole superiori. Ottimizzare gli orari di apertura delle specifiche istituzioni, condividendo funzioni tra istituti, consente di ridurre il bisogno sia in termini di perso-nale che di consumi energetici, riducendo così notevolmente le spese di gestione.

Ultimo punto, ma non meno im-portante, è migliorare l’esperien-za formativa: il campus migliora la vita dei ragazzi, mettendoli al centro di una nuova dimensione educativa, regalando loro oppor-tunità che nei singoli istituti non sarebbero possibili.

(11)

Dall’antichità al XIX secolo In antichità, prima che la scuo-la fosse per tutti, le varie cscuo-lassi erano distinte da una forte diffe-renziazione sociale. La cultura si tramandava nel clero e tra i nobili, che istruivano i propri figli perso-nalmente in casa. In generale non esistevano edifici dedicati all’i-struzione ad eccezione dei con-venti. Proprio ad alcuni conventi ci possiamo riferire parlando di

scholae, luoghi in cui anche i laici

venivano istruiti all’insegnamento superiore, con l’unica condizione di dover prendere i voti minori. Nell’Ottocento, Jean-Nico-las-Louis Durand, architetto e professore alla École royale

polytechnique inserisce l’edificio

scolastico tra gli edifici pubblici, descrivendolo dettagliatamen-te a partire da quello che ritiene essere più simile da un punto di vista di matrice tipologica: il gin-nasio. Durand descrive il ginnasio come un edificio a corti e aule, con deambulatorio porticato. La

caratteristica principale è data dall’esedra del teatro in asse con l’ingresso e un vestibolo a forma di circo romano per la corsa. In sintesi, l’edificio per l’istruzione com’è inteso oggi, pur riportando sostanziali novità, ha notevoli affi-nità con la matrice tipologica del ginnasio3.

La scuola dell’obbligo

La prima forma di istruzione sco-lastica obbligatoria risale al perio-do dell’impero prussiano.

In Italia la prima forma di obbli-gatorietà si deve alla Legge Casati del 1859 che rappresenta il vero atto di nascita del sistema scola-stico italiano. Con la Legge Casati si istituivano le elementari forma-te in due bienni, il primo dei quali obbligatorio.

Nel 1877 la Legge Coppino mo-difica quella del ’59, portando le elementari a cinque anni, dei quali solo i primi tre obbligatori. Con quest’ultima si cercava di recuperare i ceti più bassi,

im-3.1 Brevi cenni: Evoluzione della scuola e delle

strutture scolastiche

(12)

22

diverso trapela la stessa struttura compositiva che organizzava l’ar-chitettura delle scuole chiostro medievali o delle scuole in ca-serma del tardo ottocento; netta separazione tra esterno e interno, impianti planimetrici additivi, ca-denze ritmate degli elementi di facciata, visuali monocentriche, monotonia di materiali, austerità tecnologica, ripetibilità

decorati-va, ecc.”7 sottolineando la scarsa

qualità riscontrabile anche sotto il punto di vista del linguaggio compositivo. Arrivando ai gior-ni nostri, possiamo certamente constatare che il problema delle infrastrutture scolastiche è tutt’al-tro che risolto. Gli edifici scolastici esistenti inoltre sono stati pensati con una struttura di insegna-mento di tipo frontale tale da permettere una relazione diretta insegnante-alunni senza però prevedere luoghi e spazi deputati ad interazioni più complesse. A più quaranta anni dall’uscita delle norme tecniche si assiste oggi ad un rinnovato interesse ri-spetto al tema della nuova scuola, la cui progettazione è seguita di pari passo da tecnici e da psico-pedagoghi.8

pegnandosi organicamente nel passaggio da una società di tipo rurale agricola ad una di tipo in-dustriale in forte via di sviluppo4.

Il periodo dei regimi autoritari Durante il periodo di affermazio-ne dei regimi autoritari, affermazio-negli stati interessati, si l’affermano gli ideali della devozione e ubbidienza allo Stato, individuando l’allenamen-to ginnico come una priorità. Sulla base di questi nuovi ideali educativi sorgono nuove scuole, decorate dalle insegne del potere statale, di dubbia qualità.5

Ovviamente vi sono anche delle eccezioni, come ad esempio l’a-silo Sant’Elia di Terragni, che an-cora oggi risulta essere un’opera architettonica di notevole pregio. Dal dopoguerra ad oggi

Nel dopoguerra in Italia si assiste ad un periodo di sostanziale sta-ticità: gli eventi bellici e l’impossi-bilità di trovare risorse, oltre all’au-mento demografico, avevano portato il degrado a livelli estremi. Questa sostanziale staticità per- dura almeno fino agli anni Ses-santa, anni nei quali gli aspetti

normativi, finanziari e di attuazio-ne dell’edilizia scolastico vengono rivoluzionati dall’introduzione di novità normative. Con la legge n.641 del 28 luglio 1967 e quella n.412 del 5 agosto 1975 infatti si introducono pesanti modifiche, con lo stanziamento di una quan-tità consistente di finanziamenti, al fine di superare le diversità tra regioni, il degrado e l’abbandono in cui la scuola versava. Con que-ste due leggi, lo Stato si assume-va l’onere della costruzione degli edifici, fino a quel momento divi-so con gli enti locali, fattore causa determinante degli squilibri tra le diverse regioni.

Con il Decreto del Ministero della pubblica istruzione del 18 dicem-bre 1975 furono poi introdotti gli standard tecnici, che fecero sì che il livello qualitativo-funzionale del-le scuodel-le fosse pari a quello degli altri paesi europei.6

Degli edifici costruiti in quegli anni Giancarlo De Carlo dirà:”Gli

edifici contemporanei, quelli con-siderati di cattiva qualità come quelli considerati di buona quali-tà, non si sottraggono alla legge di simmetria che riflette l’ordine disciplinare nell’ordine formale. Sotto la trama di un linguaggio

(13)

24

Presuppone la presenza di strutture complementari. • il modello scuola base +

dipar-timenti si fonda su un sistema formativo articolato in unità territoriali e unità centrale tra i quali prevede una forte inte-razione.

• il modello De Carlo, che consi-ste in una attenta dislocazione di nuclei edilizi destinati, cia-scuno, a diverse categorie di insegnamento o, comunque a diverse categorie di attività scolastiche sottratte ai vecchi istituti, aperte alla comunità extrascolastica e costituenti l’itinerario della secondaria su-periore.

La legge odierna sembra rifarsi di più ai primi tre modelli affidando comunque all’interazione con il territorio una visione profonda-mente diversa rispetto al passato, puntando in maniera più decisa sull’integrazione forte con i quar-tieri, la città e la comunità. Anche la progettazione dei nuovi edifici scolastici dovrà quindi tenere in considerazione questa nuo-va idea di scuola, integrata nel territorio, con spazi dedicati non solo all’insegnamento diretto, ma all’interazione con le associazioni,

con il mondo del volontariato e con la comunità esterna, ripren-dendo in maniera diretta il con-cetto di educazione come som-ma di esperienze.

In questa nuova ottica la creazio-ne di un campus può essere con-siderata un elemento favorevole. Aumentare i servizi in comune tra varie scuole vicine, fa sì che i ragazzi si mescolino, facendo numerose esperienze comuni, dallo sport allo studio individua-le. Condividere poi questi servizi in orari non scolastici può creare quell’integrazione richiesta con la comunità esterna e far ritrovare centralità ad un’area destinata prettamente all’educazione. I nuovi riferimenti normativi Come nuovo riferimento possono essere utilizzate le Norme tecni-che quadro, o linee guida emana-te nel 2013 dal MIUR10. Queste in

realtà sono state approvate dalla conferenza Stato Regioni, ma non sono mai state recepite in un de-creto legge: la Conferenza Stato Regioni le ha approvate nella loro parte introduttiva generale non entrando nel merito di una parte tecnica11. Questa incompletezza

Gli edifici scolastici sono luoghi molto complessi poiché al loro interno ruota un complesso si-stema di relazioni tra alunni, in-segnanti, personale di servizio, che attraverso le loro emozioni vivranno in maniera differente l’ambiente destinato all’insegna-mento.

Un buon ambiente scolastico deve tenere in considerazione che il ragazzo che vi entra dovrà spendere 3-5 anni, a seconda del ciclo e che alla fine esso avrà la-sciato nella sua mente un ricordo profondo quasi quanto quello della casa di famiglia. Inoltre se ci riferiamo all’aspetto urbanisti-co, un elemento così importante all’interno di una comunità urba-na è un problema estremamente complesso e di difficile valutazio-ne.

I modelli scolastici

La scuola intesa in senso mo-derno segue il principio della specializzazione. Ne consegue una grande richiesta di strutture, ognuna con caratteristiche

spe-cifiche per la sua destinazione e con una organizzazione differen-ziata.

In aggiunta l’educazione può es-sere considerata come il risultato di una somma di esperienze, e più queste esperienze sono varie e complesse, tanto più profonda sarà l’educazione e la prepara-zione. La scuola dovrebbe essere pensata in modo tale che nessu-na esperienza sia preclusa a priori. Da questi due assunti conseguo-no vari modi validi di concepire il modello scolastico9:

• il modello per omnicompren-sive, prevede la costruzione di centri attrezzati comprensivi di servizi sociali, attrezzature e spazi relativi alla didattica, con dimensione dell’intero complesso piuttosto grande. Il risultato è un organismo auto-sufficiente capace di essere il polo di riferimento per la real-tà territoriale.

• il modello per policomprensi-ve, prevede organismi capaci di accogliere talune aree e in-dirizzi disciplinari garantendo comunque la comprensività.

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26

4 Fiore R. (17 gennaio 2008), L’Istituzione scolastica nel periodo successivo all’Unità

d’Italia. Un breve analisi storica sulle innovazioni e le riforme legislative.

https://www.diritto.it/l-istituzione-scolastica-nel-periodo-successivo-all-unita-d-ita-lia-un-breve-analisi-storica-sulle-innovazioni-e-le-riforme-legislative/

5 Wiegelman A. (2003), Lo sviluppo dell’edilizia scolastica nel XXº secolo, in “Detail”,

nº3, p.166

6 Merlo R., Falsetti F. (1994), L’edilizia scolastica, Manuali del progettista, La nuova

Italia scientifica, pp. 37-38

7 De Carlo G. (ago-sett 1972), Ordine-istituzione educazione-disordine, in

“Casabel-la”,nº368-369, p.67.

8 Capanna A. (2013), Edifici per la scuola, Quaderni di architettura dell’ance,

Edil-stampa, p.12

9 L’elenco sottostante è una rielaborazione di quello molto dettagliato contenuto nel volume: Gottfried, A., Zaffagnini M. (2006), L’edilizia scolastica, universitaria per la

ricerca, Quaderni del manuale di progettazione edilizia, HOEPLI EDITORE, pp.93-94.

10 Il nome completo è NORME TECNICHE-QUADRO, CONTENENTI GLI INDICI MINIMI E MASSIMI DI FUNZIONALITÀ URBANISTICA, EDILIZIA, ANCHE CON RIFERIMENTO ALLE TECNOLOGIE IN MATERIA DI EFFICIENZA E RISPARMIO ENERGETICO E PRO-DUZIONE DA FONTI ENERGETICHE RINNOVABILI, E DIDATTICA INDISPENSABILI A GARANTIRE INDIRIZZI PROGETTUALI DI RIFERIMENTO ADEGUATI E OMOGENEI SUL TERRITORIO NAZIONALE.

11 Reggi R., Galimberti L (2015), Planning the rebirth of School building estate. in

“TE-CHNE - Journal Of Technology For Architecture And Environment”, p.48 normativa ci consente di

utilizzar-le solo come una vera e propria linea guida, cercando di proget-tare con nuovi standard che sod-disfino sia la normativa in vigore sia queste ultime, con la speranza che diventino legge al più presto. In generale, si può far riferimento a questo documento per andare ad individuare alcune funzioni scolastiche ed extrascolastiche e le loro modalità di svolgimen-to. La costruzione di un campus, anche sotto l’aspetto normativo, è da considerare favorevole, in quanto consente di svolgere più tipi di attività, condividendo le spese tra vari istituti, con la con-seguenza di ridurle e ottimizzarle.

(15)

La storia dei college fondati su modello americano inizia in età molto antica.

Le origini “inglesi” dei colonial college

Già nel 1636, sulla East Coast, pre-cisamente in Massachusetts, ve-niva fondato il primo straordinario esempio, il college di Harvard. L’esempio di Harvard fu replicato lungo la East Coast, e si assistette così alla formazione di altri col-lege, a cavallo tra il XVII e il XVIII

secolo, quali il College of William & Mary, The college of New Jersey, e la Yale University.

Le istituzioni che saranno create, perlopiù durante il XVIII secolo, saranno denominate come “Co-lonial College”, nome derivante dall’essere locate nelle 13 colonie Inglesi sulla East Coast, e saranno costruite ispirandosi ai modelli “classici” inglesi di Oxford e Cam-bridge.

La pianificazione dei campus

Fig 2: Il progetto degli edifici di Yale ad opera di John Trumbull ©Yale University Fonte: Yale.edu

4.1 evoluzione del modello di campus dei college

americani

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colonnato ad U contenente tre edifici più un grande Pantheon centrale.

Questo modello rimarrà per anni come base per la progettazione delle università americane.13

L’esperienza di Thomas Jeffer-son

Un cambio di marcia avvenne grazie a Thomas Jefferson, fine architetto oltre che 3º presidente degli Stati Uniti d’America. Egli si occupò a trecentosessanta gradi della costruzione della

Univer-sity of Virginia, partendo dalla scelta del luogo fino ad arrivare a scegliere i primi insegnanti. Jefferson, personalità moderna, ambiziosa e ispirata, portava nel mondo dell’educazione concetti di gran lunga moderni ma poco recepiti al suo tempo.

Lo schema che Jefferson propose per il campus della suddetta uni-versità non aveva nessun prece-dente. Il progetto iniziale, privo di identità, ritenuto piuttosto piatto dai critici del tempo, fu modifi-cato fino ad arrivare alla forma

tutt’oggi identificabile, che com-Fig 4: Il cortile del cam-pus della University of Virginia progettato da Jefferson

©Filippo Romano Fonte: Palladiomuseum. org

Sarà proprio a Yale, che circa un secolo dopo, si effettuerà il pri-mo vero tentativo, dopo quello non accreditato di Harvard, di effettuare una vera e propria pia-nificazione ricercata del campus universitario. John Trumbull nel 1792 presenterà il suo progetto di sostituzione dei primi edifici del campus, deteriorati durante la Guerra di Indipendenza. Il pro-getto di Trumbull prevedeva la costruzione di un lungo isolato di città, non particolarmente svilup-pato in altezza, e contornato da un ampio spazio verde aperto.12

Il primo esempio di progettazio-ne di un intero campus realizzato sarà però l’Union College, risa-lente al 1813, ad opera di Jaques Ramée. Il progetto di Ramée respingerà l’aspetto monastico chiuso dell’istruzione, tipico del campus inglese, ma rendendo il college meno elitario. Questo si nota dalla sua architettura: il pro-getto è caratterizzato infatti da una grande corte centrale rettan-golare, contenuta tra due edifici a L ospitanti gli alloggi per stu-denti e professori. La corte apre prospetticamente su un grande

Fig 3: Il progetto di Ra-mee confrontato con la foto satellitare attuale ©Trustees of Union College

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di specifici edifici, volle fortemen-te realizzare un masdi specifici edifici, volle fortemen-terplan che mettesse ordine alla progettazio-ne. Il progetto di tutto il campus rappresentò un’opera di dimen-sioni notevoli, che riuscì a svilup-pare solo in un arco di tempo di circa venti anni. Tutt’oggi, vista la presenza di circa 20 dei suoi lavo-ri, l’I.I.T. Campus rappresenta il sito con la massima concentrazione di sue opere.

Provenendo dalla scuola del

Bau-haus, del quale era stato inse-gnante, Mies van der Rohe era un cultore della didattica basata su un contatto diretto fra insegnanti e studenti. Partendo dal modulo necessario per realizzare lo spazio per l’insegnamento, l’architetto crea una griglia composta da 24 moduli per 24. La griglia era lo strumento ritenuto ideale per ottenere l’ordine. Questa proget-tazione al contrario, dal modulo minimo quale il tavolo,

passan-Fig 5: Il campus dell’Illi-nois Institute of Techno-logy opera di Van Der Rohe

Fonte: Arch.IIT.edu

prende due ali parallele contenti le aule ai lati di un grande prato di forma rettangolare, collegate da un edificio rotondo e dai suoi colonnati. Gli alloggi per gli stu-denti furono situati a lato rispetto alle due file di aule parallele e collegati da percorsi immersi nel verde.14

Fuori dalle città

Dopo aver descritto le prime storiche aggregazioni di edifici, dedicati alla cultura e agli stu-denti, occorre adesso focalizzare l’attenzione sulla posizione scelta per gli storici campus americani. La quasi totalità di questi, infatti, sorgono o sorgevano originaria-mente distanti da centri abitati di notevole grandezza. Era larga consuetudine, per i rettori delle università, private pensare che la città avesse una influenza parti-colarmente negativa sui ragazzi e che questi ultimi dovessero esse-re circondati solo da altri studenti come loro, e da professori, rap-presentanti delle istituzioni pub-bliche. Per far questo, non solo venivano scelti siti di costruzione lontani ma venivano anche scher-mati dalla presenza negativa

del-la città, attraverso l’uso di alberi e della vegetazione. L’obiettivo era quello di formare studenti che, dormendo nei dormitori del Col-lege, mangiando nelle loro men-se, e in generale stando sempre all’interno dei confini “scolastici” anche per attività extracurricolari, provassero un forte senso delle istituzioni.15

L’esperienza “europea” di Mies van der Rohe

Tralasciando la parte di storia ri-guardante la fase di espansione verso i territori dell’ovest, dove venivano man mano fondate università dallo stile classico Ge-orgiano o Neogotico, una spinta al cambiamento si ha alla fine del XIX secolo. In questo periodo, il bisogno di nuovi edifici è così importante da dare la possibilità agli architetti di sperimentare nuove forme e funzioni. Dopo anni di crescita caotica si arriva agli anni ’30 del ‘900, quando il rifugiato negli Stati Uniti Mies van der Rohe viene chiamato alla rea-lizzazione del campus dell’Illinois Institute of Technology.

Mies van der Rohe, inizialmente incaricato di redigere il progetto

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34

La storia dell’università italiana ha inizio poco dopo l’anno mille con la fondazione dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, seguita a breve distanza da città come Na-poli, Salerno e Padova.

Proprio l’origine così antica della maggior parte delle istituzioni universitarie italiane potrebbe essere la causa delle sostan-ziali differenze con i modelli di campus nati in altre nazioni. Lo

sviluppo degli atenei in centri di origine medievale ha comporta-to la frammentazione in più sedi distinte in base alle materie trat-tate. Considerando inoltre la mo-deste dimensioni delle nostre cit-tà, se paragonate a quelle molto sviluppate radialmente costruite nello sterminato territorio ameri-cano, si può individuare facilmen-te il motivo per cui i due modelli sono rimasti su differenti binari

Fig 7: La strada sopra-elevata dell’Università della Calabria

Licenza Creative Com-mons

Fonte: Unical.it

4.2 Esempi italiani e differenze dal modello

americano

do per la classe e arrivando alla maglia della griglia, determinò lo sviluppo nelle varie direzioni del campus. Le funzioni particolari, quali l’auditorium, furono risolte sempre con il principio dello spa-zio universale, inserendo in griglia degli elementi con spazi interni privi di colonne, in modo tale da non compromettere le attività interne. La griglia che invece de-rivava dalle strade esistenti nel sito fu incorporata nel progetto, andando così a definire i percorsi e gli spazi verdi interni all’area e stabilendo quel rapporto tra na-tura e costruito già visto in altri

suoi progetti. Tutto contribuì a creare una soluzione urbanistica ben definita e chiara al fruitore, moderna, grazie anche al suo ca-rattere stilistico minimale basato pochi materiali, vetro e acciaio, e alle piante libere da pilastri e par-tizioni.16

Fig 6: La crown Hall, padiglione del campus dell’IIT

©Eric Allix Rogers Fonte: Architecture.org

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36

nuovo Campus Universitario di Forlì. Il campus è collocato ai mar-gini del centro storico della città e il suo progetto si fa carico di ri-generare, riqualificare, integrare il tessuto urbano, con l’obiettivo di favorire una funzione importante quale quella dell’istruzione. Gli edifici dell’ex Ospedale Morgagni vengono così riqualificati e con-nessi con nuovi edifici-percorso, che oltre a creare metratura ide-ale per le aule, ne riducono l’iso-lamento. Sono proprio i percorsi che creano la nuova identità ar-chitettonica del complesso. Il tut-to è contut-tornatut-to da giardini pub-blici ed è attraversabile da qual-siasi cittadino: Il campus diventa l’elemento ideale di congiunzione tra il centro città e la periferia.17

Tema molto importante diviene quindi la rigenerazione urbana, che consente di recuperare aree ed edifici, già sfruttate in passato, ma con ancora potenziale per es-sere utili in futuro, senza andare a ingigantire lo sprawl urbano a cui tutti ormai siamo assuefatti.

fino a tempi recenti. Nonostan-te la dispersività delle università italiane, difficilmente si hanno difficoltà di fruizione, in quanto le distanze rimangono contenu-te. Ricordando che l’istruzione in Italia è per la maggior parte pubblica, è comprensibile come ci sia un maggiore immobilismo da parte delle istituzioni e una certa mancanza di rinnovamento. Nonostante le diverse origini, in Italia la tendenza attuale per la progettazione di nuove università e nuovi istituti superiori è quel-la di creare campus su modello americano.

La storia dei campus in Italia ini-zia dunque molto in ritardo. Il primo esempio nel vero senso del temine, cioè un complesso costi-tuito sia da strutture per l’istruzio-ne sia per l’uso multifunzionale sia residenze, è rappresentato dall’Università della Calabria, co-struita sulle colline di Arcavata, vicino Cosenza nel 1972. Gli edifici sono organizzati attorno ad un grande asse viario che gli confe-risce un aspetto prettamente ur-bano, nonostante la locazione in aperta campagna.

Venendo a casi più recenti, pos-siamo prendere ad esempio il

Fig 8: I nuovi collega-menti del campus di Forlì

©Moreno Maggi Fonte: Lucenews.it

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38

pletamento di un preesistente campus, oltreoceano succedeva esattamente il contrario. È il caso ad esempio di Harvard, che fu fondata attorno ad un gruppo di libri donati appunto da John Harvard. Ovviamente essendo fondate e supportate dai puritani, le biblioteche dei campus ebbero per anni una collezione caratteriz-zata perlopiù da trattati religiosi e sermoni.18

Mentre nel vecchio continente le biblioteche si arricchivano, il pro-blema della mancanza di libri af-flisse i campus americani fino alla guerra civile. Dopo quel periodo infatti le biblioteche dei campus acquistarono una importanza molto maggiore, cambiando completamente la loro ragione d’essere, e arrivando a numeri che le elevavano ai primi posti nel mondo.19

Il cambiamento dei contenuti, da una collezione di libri, alla rac-colta di materiale di vario genere, ha fatto sì che gli spazi si specia-lizzassero in base al materiale raccolto al loro interno oppure al metodo di raccolta dei contenuti. Per quelle con un gran numero di volumi si è spesso passati ad un metodo da scaffale libero ad

un metodo a scaffale chiuso, ri-solvendo il problema di controllo del materiale ma aumentando i tempi di attesa. Invece per le piccole biblioteche è preferibile utilizzare ancora oggi gli scaffali aperti, in quanto tendono ad in-vogliare maggiormente i fruitori alla lettura.

Centri di ricerca

La fioritura dei centri di ricerca all’interno dei campus si ha nel secondo dopoguerra. Rappre-sentano più che altro l’istruzione universitaria.

Centri per attività extracurrico-lari

Rappresentano elementi estre-mamente importanti nella vita quotidiana di un campus, sebbe-ne non siano funzioni puramente istituzionali e necessitino comun-que di una posizione centrale di importanza pubblica. La loro espressione principale è rappre-sentata dagli auditorium e dai teatri, che sostanzialmente espli-cano due funzioni principali, quali provvedere alla necessità di avere uno spazio ampio per assemblee Gli elementi che solitamente

co-stituiscono un campus sono: • Strutture didattiche. • Biblioteche.

• Centri di ricerca.

• Centri per attività extracurri-colari.

• Residenze.

• Attività amministrative. • Centri per attività sportive. • Circolazione interna e

par-cheggi.

• Attività supplementari. Andiamo ad analizzare uno ad uno questi elementi per capirne le funzioni e le potenzialità. Le strutture didattiche

Rappresentano il vero fulcro di un campus, l’elemento da cui non si può prescindere. Che si parli o meno di campus o di villaggio scolastico, le strutture didattiche rappresentano l’ambiente in cui il sapere viene tramesso e per questo costituiscono la maggior parte delle strutture presenti. Ol-tre ad essere numerose, devono essere versatili e devono com-prendere vari tipi di aule, tra cui

le aule per le lezioni frontali, aule per funzioni speciali, laboratori multifunzionali, aule per le confe-renze.

Le biblioteche

Storicamente sono sempre state il centro di riferimento architetto-nico dei grandi campus, anche se hanno avuto un decorso diverso tra l’Europa e le vecchie colonie oltreoceano. I campus più antichi in Europa, infatti, fondati attorno all’inizio del secondo millennio, vi-dero la nascita delle loro bibliote-che solo qualbibliote-che secolo più tardi. Man mano con il passare del tem-po le loro biblioteche acquistava-no sempre maggior importanza, fino a diventare in alcuni casi dei veri e propri depositi legali, cioè una raccolta di tutti i libri pubbli-cati nelle nazioni di appartenenza (è il caso ad esempio di Oxford e Cambridge, le cui biblioteche sono cresciute grazie a donazioni, e che ad oggi ospitano tutti i libri pubblicati in Inghilterra).

Se nel vecchio continente le bi-blioteche nascevano come

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soluzioni alternative al traffico vei-colare, caratterizzando i percorsi pedonali, in modo tale da non essere una esperienza anonima, e marcando bene i punti di arrivo di questi ultimi.

Attività supplementari

Sono tutte quelle funzioni che integrano la vita all’interno dei campus e che la rendono grade-vole. Comprendono le funzioni di ristorazione con mense, ristoranti e caffetterie, quelle di vendita al dettaglio, ecc.

e avere uno spazio adatto all’arte, alla musica e al teatro.

Attività amministrative

Includono tutte le funzioni di di-rezione scolastica e di gestione di professori e studenti, relativa-mente a tasse, iscrizioni, stage tirocini, ecc. Nelle progettazioni sono sempre state relegate negli edifici in cui venivano considerate convenienti, talvolta dividendo le funzioni, talvolta integrandole in un unico stabile, magari recupe-rato, in quanto inutilizzabile per altre funzioni.

Residenze

Anche in questo caso, grandi differenze vi furono tra Europa e Stati Uniti. Nel vecchio continente gli educatori non avevano alcun interesse per gli studenti, al di fuori della loro partecipazione a lezione. Nelle colonia invece si adottò il modello “Oxford”, secon-do il quale gli studenti secon-dovevano condividere una vita “accademi-ca”. Così nacquero dei veri e pro-pri dormitori in cui dormivano e mangiavano gli studenti.

Ad oggi le residenze

studen-tesche eseguono la necessaria funzione di accoglienza degli stu-denti fuori sede e risultano vitali. Centri per attività sportive

“Mens sana in corpore sano” è

una locuzione latina molto fa-mosa, che esprime il concetto ripreso oltreoceano che sta alla base dell’idea di campus. Le at-tività storicamente sono le più disparate, dagli sport “al chiuso” quali tennis, basket, pallavolo, pallamano, calcetto, ecc. a quelli più dispendiosi, a livello di attrez-zature, quali nuoto, pallanuoto, o quelli da praticare in uno stadio all’’aperto.

Circolazione interna e parcheg-gi

Rappresentano gli elementi più difficoltosi da regolare all’interno del campus. Si possono pensare in più modi, parcheggi esterni o sotterranei e circolazione solo pedonale-ciclabile, oppure par-cheggi all’interno dell’area e cir-colazione mista tra auto, bici e pedoni. Le nuove tendenze vanno nella direzione di campus liberi il più possibile dalle auto, cercando

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Fig 9: Schema del cam-pus di Pesaro

Fonte: Elaborato proprio

Il campus scolastico di Pesaro rappresenta uno dei primi esem-pi in Italia di campus composto da scuole superiori.

Anatomia e obiettivi del com-plesso

Il complesso nasce in un’area di venti ettari della zona periferica sud.

Nel piano regolatore della città era già evidente la destinazione d’uso della suddetta area. Era infatti indicata la necessità di co-struire quattro istituti scolastici, nella fattispecie, un istituto pro-fessionale, un istituto tecnico, un istituto commerciale ed infine un liceo scientifico per un totale di circa quattromila studenti.20

Il lavoro progettuale di Carlo Aymonino si basa su una impor-tante fase di analisi urbana, che lo porta a risolvere non uno ma molteplici problemi diversi. Oltre

a progettare degli edifici per l’e-ducazione, Aymonino si concen-tra in maniera consistente sulla zona della città, in cui l’intervento era previsto, relegando alla scala architettonica solo l’ultima fase del suo processo creativo. Porzio-ne di città che altro non era che un grande quartiere residenziale, costruito in gran parte attraver-so le leggi per l’edilizia popolare, ma fortemente di peso sia per il gran numero di abitanti sia per i collegamenti con la città antica. Ovviamente, parlando di quartie-ri, a quell’epoca da poco costruiti, si fa riferimento a zone senza particolari pregi, prive di senso della comunità. Venivano, infatti, rispettati gli standard minimi per un abitare dignitoso, garage, asili, zone per lo sport, centri commer-ciali erano previsti, ma mancava un elemento che garantisse la vita civile, un luogo centrale al servizio della comunità.21

Da questi presupposti nasce per Aymonino la necessità di

realiz-4.4 Il campus delle scuole superiori di Pesaro,

connubio tra scuola superiore secondaria e il

concetto di campus, 1974-1978

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della mancanza di manutenzio-ne, il degrado ha preso il soprav-vento. I negozi che avrebbero dovuto arricchire l’area sono quasi scomparsi, probabilmente depo-tenziati dalla mancanza di utenza nelle fasce non scolastiche. L’idea di un architetto di fama è risultata snaturata dalla realtà dei fatti e dalle ristrettezze economiche di un determinato momento stori-co.

Analisi critica dell’intervento Nessuna rimostranza si può fare alla terza edizione del progetto, in quanto veramente articolata e ben pensata. Anche dovendo pro-gettare questo tipo di intervento, al giorno d’oggi, difficilmente si riuscirebbe a fare di meglio. Forse l’unica esigenza non considerata è quella degli alloggi per studenti,

esigenza che risulta difficile da ot-temperare anche al giorno d’oggi. Aymonino, nel suo processo com-positivo, legge in modo molto ac-curato la situazione, tanto che nei suoi scritti vengono elencati tutti i problemi e le possibili soluzioni. Purtroppo cause esterne hanno rovinato un intervento di alto li-vello, rendendolo una comune opera di edificazione di strutture scolastiche. Il centro civico e la piazza, ottimamente pensati, non erano solo un elemento in più, ma erano il vero cuore attorno al quale la vita di quartiere doveva ruotare. Eliminare il cuore signifi-ca rinunciare alla vita e in questo caso è stato fatto per un rispar-mio economico. Per fortuna, di tutto questo rimangono scritti e disegni di eccezionale qualità, grazie ai quali almeno gli addetti ai lavori riusciranno a conoscere l’opera architettonica di Aymoni-no nella sua interezza.

Fig 10: Il colonnato delle scuole del campus di Pesaro

Licenza Creative Com-mons

Fonte: Liceogmarconi. gov.it

zare un grande edificio, in cui concentrare servizi scolastici unici (biblioteca, mensa, aula magna, ecc.), che però fosse permeabile, attraversabile e che comprendes-se una piazza, un centro civico, attività commerciali, attività cul-turali, in modo da superare l’idea di campus quale luogo di segre-gazione studentesca.

Per semplificare la lettura, verrà affrontata l’analisi della terza ed ultima edizione del piano ela-borato da Aymonino. Il progetto vuole il liceo scientifico come un unico edificio posto ad angolo, compatto, di forme pure e di for-te richiamo al mondo classico. Gli istituti tecnico e commerciale sono due edifici separati da una piazza interna ma con una lun-ga fascia porticata, che unifica l’intero prospetto, evidenziando così la continuità tra spazi comu-ni intercomu-ni coperti e spazi comucomu-ni esterni aperti. Lo spazio pubblico viene ad articolarsi in due piazze poste a quote diverse, di cui una è interessata da un elemento a tor-re centrale che diventa punto di riferimento. Per quanto riguarda le palestre, è previsto che ognu-na delle scuole abbia la propria, sotto forma di corte interna e che

ognuna di esse sia circondata da una gradinata di notevole dimen-sioni. La planimetria infine era completata a sud da un centro sportivo con pista d’atletica e da una grande quantità di parcheg-gi.

Risultati e stato attuale del campus

I buoni propositi però si scon-treranno con la dura realtà e il progetto verrà realizzato solo in parte. Sara proprio l’architetto stesso a dire: ”La soluzione

archi-tettonica muta con il variare dei programmi (vedi le tre stesure del centro civico); per programmi si intendano le destinazioni d’uso

più i finanziamenti disponibili”.22

Tant’è che delle tre versioni ela-borate fu sviluppata l’ultima, ma escludendo dalla realizzazione quello che lui considerava l’ele-mento fondamentale, cioè il cen-tro civico. Furono eliminati inoltre la pista d’atletica e i parcheggi della zona sud, lasciando molto spazio dedicato a parco. L’area non fu mai integrata come avreb-be dovuto essere, all’interno del quartiere. A distanza di molti anni dalla realizzazione, anche a causa

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Il campus nasce con la volontà di unire due facoltà, quella di Giu-risprudenza e quella di Scienze Politiche in un unico complesso, realizzato nell’ex area industriale Italgas, situata a poca distanza dal centro di Torino. Il sito fron-teggia il fiume Doria Riparia e non è troppo distante dal fiume Po. L’obiettivo è quello di rigene-rare un quartiere storicamente industriale e riconnettere le isti-tuzioni e la comunità attraverso esso. Foster sviluppa il suo pro- getto in sette edifici distinti, riuni-ti sotto una unica grande coper- tura, artificio che dona all’edifi-cato l’aspetto di campus e che lo rende fortemente permeabile. Ed è proprio entrando tra un edificio e l’altro che si giunge nell’enorme spazio centrale di forma circola-re, che funziona sia da luogo di aggregazione sia da elemento distributivo vero e proprio tra le varie funzioni. La volontà appare quella di reinterpretare la classi-ca forma generata da due edifici uniti attorno ad un chiostro cen-trale. Gli edifici limitrofi tra di loro, inoltre, sono collegati da passaggi

aerei. Foster suddivide le funzioni in base alla loro posizione geo-grafica, decidendo di localizzare le biblioteche sul lato nord, cioè quello prospiciente il Fiume Dora, mentre sull’angolo meridionale tutte le funzioni relative all’inse-gnamento, stando attento a non minare l’unicità delle singole fa-coltà, realizzando per ognuna una sua entrata. Anche l’auditorium da 500 posti complessivi può essere diviso in due più piccoli con capienza di 250 posti. L’inter-vento di Foster va ad integrare le residenze studentesche già presenti in zona e a convertire an-che vecchi edifici in servizi per gli studenti, creando un’area priva di traffico coadiuvata dalla costante presenza di zone verdi. Il bacino di utenza previsto è di circa 8000 studenti. Le funzioni previste nel campus sono quindi quella didattica, con la presenza di 70 aule, poste ai piani superiori della zona sud, quella bibliotecaria, con le grandi aule studio nella zona nord, quella teatrale e infine quel-la direzionale, in aggiunta alle già presenti funzioni residenziali, di

Campus Luigi Einaudi a Torino, Italia

Per capire il corretto funziona-mento, sia dal punto di vista organizzativo che distributivo e funzionale, si sceglie di andare ad analizzare delle realizzazioni di architetti contemporanei di fama mondiale e di renderli facilmente comprensibili mediante schemi di semplice lettura. Occorre però premettere che i campus ana-lizzati sono di tipo universitario, quindi hanno esigenze sensibil-mente differenti rispetto a quelle che può avere un campus com-posto di sole scuole superiori, e che questi sono situati in città molto popolose con realtà piutto-sto differenti da quella del Comu-ne di Pontedera. Questo studio quindi è volto alla comprensione delle varie forme di organizzazio-ne dello spazio, oltre che all’indi-viduazione delle varie funzioni e delle loro dimensioni, in modo da giungere a dei grafici con cui potersi confrontare successiva-mente nella fase preliminare di dimensionamento della proget-tazione, senza però che questi creino limiti alla stessa. Nella scelta dei campus, oltre a tenere

in considerazione la serietà dei progettisti, si è cercato di andare a distinguere territorialmente gli esempi, scegliendo un progetto realizzato in Italia, uno in Europa, precisamente in Austria, e uno oltreoceano, situato a New York negli Stati Uniti d’America.

1 Campus Luigi Einaudi realizzato da Foster + Partners nel 2013 per l’Università di Torino.

2 Vienna University of Economics and Business Campus con ma-ster plan realizzato da BUSarchi-tektur ed edifici realizzati da Zaha Hadid Architects, Atelier Hitoshi Abe, NO.MAD ecc. per la WU-Wir-tschaftsuniversität Wien, dal 2008 al 2013.

3 Cornell Tech campus con ma-ster plan realizzato da Colin Koop Design Director dello studio Skidmore, Owings and Merrill ed edifici realizzati da Morphosis, Snøhetta ecc, dal 2012.

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ristoro e sportive.23

Per concludere, oltre ai dati tec-nici, vista la vicinanza e la natura pubblica dell’intervento, appare

doveroso dare una indicazione dei costi necessari alla realizzazio-ne di un intervento di questo tipo. Il Pro-Rettore dell’Università di

Fig 12 e 13: Il campus dell’università di Torino ©Nigel Young

Fonte: ICIS.it Fig 11: Schema del

cam-pus di Torino

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Lo sviluppo di questo campus, con area complessiva di 100000 metri quadri, si svolge in più fasi. Inizialmente venne redatto un masterplan dallo studio vienne-se BUSarchitektur, poi furono realizzati i singoli edifici da studi internazionali quali Zaha Hadid Architects, Atelier Hitoshi Abe, e gli stessi BUSarchitekture.

I numeri di questo campus sono enormi: progettato per ospitare 25000 studenti in 1500 corsi di laurea, diventa un simbolo delle costruzioni sostenibili. Il master-plan è organizzato attraverso una serie di spazi aperti comunicanti fra loro, oggi definiti ai loro mar- gini da edifici architettonicamen-te rilevanti, in grado di incorag-giare le relazioni sociali. Il risultato è una grande via centrale pedo-nale arredata nel dettaglio, che si espande in spazi dimensional-mente più grandi, quasi fossero delle piccole piazze urbane. Il tutto crea un unico continuo e ar-monioso, nel quale si ha l’impres-sione di star attraversando un

parco urbano. L’importanza degli spazi aperti comuni è sottolineata dalla volontà di far sì che chi par-cheggia i mezzi non possa arriva-re direttamente agli edifici senza attraversarli. Per relazionare bene il campus con la vita urbana, alcu-ne funzioni utili per la comunità furono integrate al suo interno creando un impatto positivo per tutte le aree nelle vicinanze. L’e-lemento centrale che domina il campus è certamente il Learning Center progettato con le forme sinuose che caratterizzano le ar-chitetture di Zaha Hadid.

Senza entrare nel merito di ogni costruzione, si può facilmente asserire che in questo caso le di-verse funzioni sono rappresentate da edifici dall’aspetto completa-mente differente fra loro, sia per forme che per materiali, che non si intrecciano mai, quindi tali da creare elementi visivamente ben distinguibili. Anche qui come a Torino le funzioni svolte sono molteplici. Si va dalle funzioni scolastiche, comprensive di aule,

Vienna University of Economics and Business

Campus a Vienna, Austria

Torino, al tempo Sergio Roda, di-chiarò un investimento pari a 135 milioni di euro.24

Seppur la cifra investita fosse co-munque alta, visto anche il perio-do di crisi economica attraversato in Italia, l’investimento non appa-re esageratamente eccessivo nel costo. Basta confrontare questo dato con quello che le grandi uni-versità spendono in rinnovamen-to per rendere evidente le diversi-tà tra mondi agli antipodi.

(27)

52

piccole biblioteche specifiche, e amministrazione a quelle gene-riche di campus, comprensive di una grande biblioteca centrale, l’auditorium, i dormitori, le men-se, in aggiunta ai servizi esterni integrati nell’area, che ne amplifi-cano l’uso.

Anche in questo caso l’aspetto

dei costi risulta estremamente importante. L’intero costo del campus è stimato in circa 500 milioni di dollari25, cifra di tutto

rispetto, che risulta in linea con quella stanziata per il Campus Ei-naudi, se rapportata al numero di fruitori dell’intervento.

Fig 15 e 16: Il campus del-la Vienna University of Economics and Business © BOAnet.at

Fonte: Archdaily

300m

Fig 14: Schema del cam-pus di Vienna

(28)

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100m

500m

Fig 17: Schema del cam-pus della Cornell Tech Fonte: Elaborato proprio

Il Cornell Tech campus nasce con l’intento di ospitare l’università di scienze applicate, sede distac-cata dell’omonimo ateneo con sede a Ithaca, e mira a risollevare l’economia di una zona specifi-ca di New York. Anche in questo caso, come a Vienna, lo sviluppo inizia con la redazione di un ma-sterplan generale, che compren-de buona parte compren-della Roosevelt Island, elaborato da Colin Koop Design Director dello studio Skid-more, Owings and Merrill, per poi proseguire con la progettazione e la costruzione dei singoli edifici per mano di studi internazionali quali Morphosis. L’intervento è localizzato su un’isola che si trova circondata dal corso del fiume East River ed è quindi prospi-ciente alle sponde di Manhat-tan e del Queens. L’obiettivo del masterplan è quello di creare un campus che sviluppi la creati-vità e le capacità di chi lo abita. Per far ciò Koop si è concentrato sull’intera esperienza: da come arrivare sull’isola, a come crescere

la comunità al suo interno, alla relazione con una delle città più importanti del mondo. Altro pro-posito è quello di riuscire a com-pletare l’integrazione dell’isola con la città. Infatti, seppur vicina e da sempre sfruttata, nessun pro-getto è mai riuscito ad integrarla veramente. A differenza di Torino e Vienna, Il Cornell Tech appare più come un investimento per il futuro che una certezza del pre-sente, e questo traspare dal pro-getto di Koop, che prevede una crescita graduale, man mano che le grandi industrie avranno sem-pre maggior interesse a formare i giovani. Tecnicamente invece, il progetto individua un campus completamente permeabile dall’esterno, libero dal traffico e sempre aperto, senza cancelli o barriere. L’asse portante obliquo (direzione quasi obbligata dalle mappe delle inondazioni passate) collega la Main Street con il Fuor Freedom Park situato sull’estre-mo sud dell’isola. Ad esso si ag-giungono numerose vie traverse

Cornell Tech campus a New York, Stati Uniti

d’America

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