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I. Introduzione: Il mito di Medea

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I.

Introduzione: Il mito di Medea

§ I. 1 Il racconto mitico

In origine il termine mito (dal greco mythos ‘parola’, ‘discorso’, ‘diceria’, ‘racconto tramandato’) era utilizzato per indicare l’aspetto teorico, in stretta correlazione con l’aspetto pratico, ovvero le pratiche rituali, della trasmissione orale, che conteneva la conoscenza di una realtà non immediatamente evidente, propria di una comunità.1 Questo fenomeno era in principio inscindibile dall’oralità, poiché il racconto veniva tramandato attraverso le generazioni tramite la narrazione orale, e ogni enunciazione del mito era unica e irripetibile, in quanto ogni performance costituiva una rielaborazione del mito stesso. Il narratore, pertanto, a ogni narrazione portava alla luce una nuova ricomposizione dei dati della storia del mito, e tale versione dell’enunciazione mitica, i cui contenuti potevano essere legati sia alla tradizione della cultura di un popolo, sia a quella prettamente religiosa, si estingueva nel momento stesso in cui aveva termine la sua esposizione.

§ I. 2 La struttura del racconto mitico

La metodologia dell’interpretazione del racconto mitico oltrepassa il limite della teoria semantica, giacché gli enunciati presenti in una narrazione mitica devono essere innanzitutto contestualizzati, per comprendere la categoria di appartenenza del mito stesso (teogonica, cosmogonica, eziologica ecc.), e può risultare necessario il ricorso a informazioni extra- testuali, per interpretare in maniera simbolica gli elementi che compongono la storia.2 La struttura di un corpus testuale mitico costituisce un modello

narrativo, le cui proprietà strutturali ricorrono in ogni racconto mitologico. Il contenuto

1 Calabrese 2010 2 Greimas 1969

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racchiuso in un mito si presenta in forma di struttura gerarchica: alla “impalcatura”3 del

mito, il cui nucleo è formato da una struttura semantica semplice, si subordinano strati strutturali minori, che permettono la ramificazione della narrazione in sviluppi secondari. Il racconto mitico può essere suddiviso in sequenze, che corrispondono a un’articolazione prevedibile dei suoi contenuti, come, ad esempio, la costante di un rovesciamento della situazione di partenza. L’interpretazione delle unità narrative deve tenere conto della funzione svolta da ogni enunciato all’interno della gerarchia della struttura mitologica, e quindi del ruolo degli attanti (personaggi) descritti e delle azioni compiute da questi.

L’utilizzazione per via comparativa dei dati che l’universo mitologico può fornire è, a prima vista, soltanto la utilizzazione, concepita sotto un certo profilo, delle informazioni del contesto. […] Ponendo in correlazione due elementi narrativi non identici che appartengono a due racconti diversi, si finisce col riconoscere l’esistenza d’una disgiunzione paradigmatica che, operando all’interno d’una categoria semantica data, fa considerare il secondo elemento narrativo come la trasformazione del primo. Tuttavia – e ciò è importante – si trova che la trasformazione di uno degli elementi provoca come conseguenza delle trasformazioni a catena lungo tutta la sequenza considerata. Questa constatazione comporta a sua volta le seguenti conseguenze teoriche:

1) Permette di affermare l’esistenza di rapporti necessari tra gli elementi le cui conversioni siano concomitanti;

2) Permette di delimitare i sintagmi narrativi del racconto mitico definibili, a un tempo, per mezzo dei loro elementi costitutivi e della loro necessaria concatenazione;

3) Infine, permette di definire gli stessi elementi narrativi non solo per mezzo della loro correlazione paradigmatica, […] ma anche per la loro posizione e la loro funzione all’interno dell’unità sintagmatica di cui fanno parte.4

3 Greimas riprende le tre componenti della struttura del racconto mitico, secondo Lévi – Strauss:

impalcatura, codice, messaggio.

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§ I. 3 Le varianti del mito

I miti sono storie con un alto grado di stabilità nel loro nucleo narrativo, e con una variabilità marginale altrettanto marcata. Queste due caratteristiche ne facilitano la tradizione: la loro stabilità stimola a riconoscerli anche in rappresentazioni artistiche o rituali, la loro modificabilità sollecita a sperimentare mezzi nuovi e personali di rappresentazione. È il rapporto di “tema con variazioni” la cui attrattività per compositori e ascoltatori ci è nota dalla musica.5

La tradizione classica, a differenza delle altre tradizioni, che trasmettono materia culturale tentando di conservarne intatta la forma e i contenuti, è intesa come trasmissione di un processo dinamico, priva di un oggetto definito, che non conserva le informazioni in maniera statica, bensì le muta e altera, attraverso le reinterpretazioni e le manipolazioni, più o meno volontarie, del materiale tramandato nel corso del tempo. Il mito classico è, infatti, un repertorio aperto di nuclei di racconto, che racchiude un patrimonio di storie e immagini, che possono apparire in nuove forme, secondo l’epoca in cui vengono rielaborate. Il racconto mitico rappresenta il sapere condiviso di una comunità culturale, che può essere reinventato per adattarsi a nuovi contesti. Attraverso gli studi e le analisi dei soggetti delle opere letterarie della tradizione classica, è stata appurata la presenza di molteplici versioni delle storie mitiche. A un nucleo di leggenda mitica, dunque, corrispondono varie ramificazioni dei suoi sviluppi narrativi, le cosiddette varianti del mito, che sono riunite e catalogate dai mitografi. Il mito rappresenta pertanto la frammentarietà della realtà, è specchio della relatività del mondo. Nonostante l’esistenza, per grande parte dei racconti mitici, di diverse versioni narrative, in parte divergenti fra loro, che comporterebbe quindi l’esistenza di una versione originaria, primaria rispetto alle rielaborazioni successive, l’essenza del mito classico è in realtà frammentaria, e risulterebbe perciò vano ogni tentativo di determinare il suo fulcro originale, il prototipo esemplare. La natura stessa del mito,

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quindi, rende pressoché infattibile l’identificazione dell’archetipo di un racconto mitico, mentre è possibile determinare la rete di variazioni delle storie della mitologia classica, che si presenta come insieme di nuclei, privi di un racconto univoco, le cui cellule sono capaci di evolversi in molteplici forme, disponibili alla pluralità delle versioni. La produttività storica del testo mitico s’identifica nella sua continua risemantizzazione in un processo di rinarrabilità,6 ed è proprio questa caratteristica, l’adattabilità all’attualità

del presente, a permettere la trasmissione del mito attraverso i millenni.7

§ I. 4 Medea – Le varianti del mito pre- euripideo

Il nome dell’eroina tragica, la donna che tradisce la propria famiglia d’origine, abbandonando l’Oriente per seguire la passione amorosa nei confronti dell’eroe greco Giasone, e che in seguito è ripudiata da questi, è arrivato sino ai giorni nostri quale sinonimo d'infanticida, grazie alla rielaborazione del mito all’interno della tragedia di Euripide.8 La figura della madre terribile, che si vendica dell’infedeltà del marito provocando la morte dei figli avuti dalla loro unione, è il frutto di un’accurata costruzione poetica del tragediografo greco, che attribuisce a Medea la colpa dell’orribile delitto, tentando al tempo stesso di creare un personaggio di grande intensità poetica e sentimentale, al fine di accostare all’azione tragica uno spessore psicologico e umano, quale controparte positiva della donna.

Lo scolio al v. 9 della Medea riporta una notizia molto discussa dai filologi e accettata da Parmenisco (II-I sec. A.C.) secondo la quale Euripide avrebbe ricevuto cinque talenti dai Corinzi per aver attribuito a Medea la strage dei suoi figli, che invece erano stati uccisi da loro esasperasti dal fatto che la maga

6 Calabrese 2010 7 Centanni 2005 8 Tedeschi 1985

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voleva regnare sulla città, poiché le era toccata in eredità da parte del padre. L’aneddoto è ricordato anche da Eliano (Varia Historia V 21).

[…] fino alla distruzione di Corinto (146 a.C.) si svolgeva nella città un rito iniziatico connesso con il culto dei figli di Medea che, secondo la tradizione conservataci da Pausania (II 3, 7) erano stati lapidati dai cittadini a causa dei doni che essi avevano portato alla figlia del re di Corinto. Lo stesso Parmenisco (schol. Eur. Med. 264) riteneva che le donne corinzie avevano commesso il crimine per non sottostare al governo di una maga barbara. I bambini si erano rifugiati come supplici nel tempio di Era Akraia e presso l’altare erano stati massacrati. Immediatamente scoppiò una pestilenza e l’oracolo interpellato aveva imposto agli abitanti di espiare l’assassinio. Da quel tempo ogni anno sette fanciulli e sette fanciulle delle famiglie più illustri passavano un anno nel temenos della dea cercando di placarne l’ira con sacrifici.9

Tuttavia Euripide, con la sua innovativa versione del mito, non si discosta dalla tradizione precedente della storia di Medea. Il poeta non stravolge la leggenda originale del personaggio di Medea, bensì riporta i dati essenziali

come possibilità non attuate o come parte integrante dell’azione drammatica.10

Nel finale della tragedia euripidea, ai vv. 1381-1383, infatti, Medea spiega l’eziologia dei riti attuati dagli abitanti di Corinto, nel momento in cui Giasone esprime la volontà di seppellire i cadaveri dei figli, e la donna rifiuta di acconsentire a questo suo desiderio, dichiarando, che essi saranno seppelliti da lei stessa nel tempio della dea Era Acraia, e predicendo una futura istituzione di feste solenni, affinché sia espiato l’infanticidio. Anche la morte di Glauce è un episodio già presente nella leggenda, in quanto Pausania riporta che ai suoi tempi a Corinto esisteva ancora la fontana in cui si era gettata per difendersi dalle vesti avvelenate, che Medea le aveva fatto recapitare

9Tedeschi 1985

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tramite i figli.11 Negli scolii a Pindaro (schol. Vet. Ol. XIII 74g) Medea è presentata come abitante della città di Corinto, che lei libera da una carestia. Era promette alla donna l’immortalità per i figli, per ricompensarla della sua resistenza a un tentativo di seduzione di Zeus, ma i due bambini muoiono. Pausania (II 3, 11), citando il poeta epico Eumelo, racconta che la causa della loro morte si trova nel fallito tentativo della maga di renderli immortali, seppellendoli nel tempio di Era.12

Il nome di Medea appare per la prima volta nella Teogonia di Esiodo (v. 956 ss.), e all’interno della Guida della Grecia (II, 3, 11) Pausania riporta le notizie riprese dai

Korinthiaka di Eumelo (I Canti Corinzi, del poeta Eumelo, narrano la storia mitica della

città di Corinto), mostrando come Corinto sia possedimento ereditario della stirpe di Eeta, e legittimando quindi la sovranità di Medea sulla città; mentre in uno scolio di Didimo (v. 264 della Medea) si trova la versione di Creofilo nel poema La presa di

Ecalia, che narra dell’assassinio del re Creonte da parte della donna, e della sua fuga ad

Atene, dove i figli trovano rifugio nel santuario di Era Acraia, ma vengono in seguito uccisi dalla famiglia regale che, dopo avere profanato il tempio, attribuisce la colpa alla madre.13 Lo stesso Euripide parla di questo personaggio in due tragedie anteriori al 431,

data della prima rappresentazione della sua tragedia Medea. Servendosi delle sue arti magiche Medea inganna, nelle Peliadi (455 a.C.), le figlie di Pelia, provocando la morte di questi; mentre nell’Egeo (440 a.C.), divenuta sposa di Egeo ad Atene, tenta d’impedire il ricongiungimento del re con il figlio Teseo ma, scoperta, è cacciata. Nella celebre tragedia euripidea si fanno spazio il tema delle passioni dell’animo della donna, divisa fra pulsioni di amore e odio, e l’infanticidio. Medea, la donna misteriosa e potente, carnefice e vittima allo stesso tempo, è sfruttata in nome dell’amore nutrito per Giasone. Il personaggio di Medea, dopo la tragedia euripidea, si identifica sempre più con la figura della donna tradita, e della madre vendicativa che toglie la vita ai propri figli, provocando uno spostamento dei valori che stanno alla base della leggenda: dal focus sulla natura sovraumana e sulle arti magiche di Medea, si passa a evidenziare le sue origini straniere e il suo spirito passionale.

11 Cavalli 2000 12 Cavalli 2000 13 Cavalli 2000

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