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Antropologia dei rapporti familiari

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Academic year: 2022

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Prof. Stephan Kampowski Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II

Piazza S. Giovanni in Laterano, 4 00120 Città del Vaticano

+39 06 698 95 538

kampowski@istitutogp2.it

Antropologia dei rapporti familiari

(2)

Schema

▪ 1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

▪ 2. Figliolanza e logica del dono

▪ 3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

▪ 4. La paternità tra crisi e speranza

▪ 5. Il perdono come atto di rigenerazione

Antropologia dei rapporti familiari

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Lettura richiesta per l’esame:

Avete due opzioni:

Gauchet, M., Il figlio del desiderio. Una rivoluzione antropologica, Vita e Pensiero, Milano 2009.

[libro intero]

Oppure:

▪ Godbout, J., in collaborazione con Alain Caillé, Lo spirito del dono, Bollati Boringhieri, Torino

2002. Limiterò le domande all’introduzione e alla parte prima del libro: “I luoghi del dono”, pp. 9-

128.Esiste anche in inglese e francese: The World of the Gift, McGill University Press, Montreal

2000; L’esprit du don, La Decouvérte, Paris 1992.

Antropologia dei rapporti familiari

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Bibliografia di riferimento

Aa.Vv., Anthropotes 35/2 (2019): “Maternità”

Aa.Vv., Anthropotes 35/1 (2019): “Paternità”

Donati, P., Generare un figlio. Che cosa rende umana la generatività? Cantagalli, Siena 2017.

▪ Gambino, G., “Identità materna”, in Id., a cura di, Patologie dell’identità e ipotesi di terapia

filosofica, JQJ Edizioni, Roma 2017, 125-141.

Antropologia dei rapporti familiari

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Bibliografia di riferimento

Kampowski, S., Ricordati della nascita. L’uomo in ricerca di un fondamento, Cantagalli, Siena 2013.

Id., La fecondità di una vita. Verso un’antropologia del matrimonio e della famiglia, Cantagalli, Siena 2017.

Marcel, G. ,“Il voto creatore come essenza della paternità”, in Homo viator. Prolegomeni ad una

metafisica della speranza, Borla, Roma 1980, 117-144.

Melina, L., Per una cultura della Famiglia: il

linguaggio dell’amore, Marcianum, Venezia 2006.

Spaemann, R., Persone. Sulla differenza tra “qualcosa”

e “qualcuno”, Editori Laterza, Roma-Bari 2005.

Antropologia dei rapporti familiari

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«La gente è felice; ottiene ciò che vuole, e non vuole mai ciò che non può ottenere».

«Sta bene; è al sicuro; non è mai malata; non ha paura della morte; è serenamente ignorante della passione e della vecchiaia; non è ingombrata né da padri né da madri;»

«non ha spose, figli o amanti che procurino loro emozioni violente; è condizionata in tal modo che praticamente non può fare a meno di condursi

come si deve».

«E se per caso qualche cosa non va, c’è il “soma”».

Parole di Mustapha Mond, Governatore Residente per l’Europa Occidentale, nell’anno 632 dopo Ford

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

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Ne Il Mondo nuovo (1932) di A. Huxley (1894 – 1963) i bambini non nascono più, ma dopo un

processo industriale di fecondazione e gestazione in provetta, sono “travasati”.

Quindi non hanno più né madre né padre, anzi questi termini sono diventati parolacce.

È una società in cui «ognuno appartiene a tutti gli altri».

In altre parole, nessuno appartiene a nessun altro.

Huxley non fa che esporre le estreme conseguenze di tendenze culturali già osservabili nella sua epoca – gli anni Trenta del XX secolo – e ancor più

presenti oggi.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

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▪ Queste tendenze puntano in direzione del

fenomeno che il sociologo polacco Zygmunt Bauman (1925-2017) ha definito “amore

liquido”.

▪ La modernizzazione del processo di produzione esige dal lavoratore una mobilità e una

flessibilità sempre maggiori.

▪ Secondo Bauman il modo di vivere il lavoro ha le sue ripercussioni sul modo di vivere i rapporti umani.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(9)

Se nel Mondo nuovo Henry Ford è riconosciuto come il padre della nuova era, nell’analisi di

Bauman la fabbrica fordista era un porto sicuro di stabilità familiare.

▪ La fabbrica era saldamente ancorata nel

territorio e dava ai suoi operai la prospettiva di un posto di lavoro stabile dalla giovinezza fino all’età della pensione.

▪ Oggi il lavoro è diventato molto più liquido,

tanto che un lavoratore che inizia e conclude la sua vita lavorativa nella stessa azienda e nello stesso posto è un’eccezione.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(10)

▪ Il lavoro è diventato episodico e, sul mercato del lavoro, flessibilità e distacco sono diventati le

virtù precipue.

▪ Lo stesso è sempre più vero dei rapporti umani.

▪ La famiglia come istituzione intergenerazionale, basata sull’unione stabile fra un uomo e una

donna aperti alla vita, sembra ormai un modello superato.

▪ Messaggio pubblicitario: «Se la cucina non piace a tua moglie, cambiala».

▪ Spontaneamente ci viene da dire: questo è la fine della famiglia.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(11)

▪ Ma è giustificato questo giudizio?

▪ Forse ci possono essere nuovi modelli familiari, compatibili con l’amore liquido?

o Un «matrimonio» a tempo limitato?

o Relazioni poliamorose?

o Amicizie strette che sostituiscono le relazioni familiari?

▪ Che cosa hanno di particolare le relazioni familiari?

▪ Come esse si differenziano dalle amicizie?

▪ Che cosa perdiamo se perdiamo i rapporti familiari?

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(12)

▪ Circa la peculiarità delle relazioni familiari:

▪ Essa sta nel fatto che si tratta per definizione di relazioni incondizionate.

▪ J. Godbout: Quello che ha di particolare il legame familiare è l’incondizionalità. E

▪ «l’incondizionalità include l’assenza di scelta»

(Spirito di dono, 46).

▪ Infatti, per Godbout «il legame familiare

presuppone un limite importante alla libertà».

▪ Questo limite sta nel «fatto di non scegliere i

propri genitori, fratelli e sorelle, di non scegliere i membri di questa rete» (Spirito del dono, 46).

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(13)

▪ Dagli esempi appena citati, si evince che l’assenza di scelta e la conseguente

incondizionalità delle relazioni familiari si basa sulla consanguineità.

▪ Ma che cosa dire del rapporto di coppia, che è infatti liberamente scelto?

▪ Godbout sottolinea che, almeno in passato, anche «il nucleo fondatore della famiglia – la coppia – stabiliva un rapporto incondizionato,

"nel bene e nel male"» (47).

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(14)

▪ Esisteva una scelta libera nell’entrare o meno nel matrimonio.

▪ Ma quando si aveva contrattato il matrimonio, il rapporto di coppia diventava incondizionato come il rapporto tra genitori e figli o altre

relazioni familiari basate sulla consanguinità.

▪ Sembra perciò che le relazioni familiari sono relazioni istituite tramite un rapporto oggettivo di lignaggio, di origine o discendenza, oppure tramite una promessa di carattere del tutto

particolare.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(15)

▪ Se perdessimo le relazioni familiari intese in questo senso, perderemmo la relazione con la nostra origine, fonte primaria di identità

personale.

▪ Chi sono? Sono figlio/figlia di; poi: sposo, sposa di; poi: padre/madre di.

▪ Per l’importanza dell’lignaggio san Giovanni Paolo II può dire che «con la famiglia si collega la genealogia di ogni uomo: la genealogia della persona» (Lettera alle famiglie, n. 9).

▪ Il lignaggio non è soltanto un fatto biologico, ma personale.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(16)

▪ Le lunghe genealogie dell’Antico e del Nuovo Testamento esprimono qualcosa di

fondamentale.

▪ Per noi, come esseri umani, come persone

umane, è importante sapere da dove veniamo.

▪ La nostra origine è importante per noi, è per noi domanda di identità.

▪ Altri esseri viventi non sembrano mostrare interesse per questa domanda.

▪ Per noi, come persone, è importante sapere chi sono il nostro padre e la nostra madre, chi sono i nostri nonni e chi sono le persone a cui siamo legati da qualche antenato comune.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(17)

▪ Esempio: il rapporto tra Winston Churchill

(1874-1965) e suo padre Randolph (1849-1895).

▪ Randolph era estremamente negligente di Winston.

▪ Ma gli ha dato l’origine, il lignaggio.

▪ Randolph Churchill era un politico e nobile, personaggio pubblico di una certa fama

all’epoca.

▪ Randolph stesso era discendente di John

Churchill, I duca di Marlborough (1650-1722) un eroe nazionale britannico.

▪ Da questo lignaggio Winston ha ricevuto un forte senso di identità e missione.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(18)

▪ Come si stabiliscono allora i rapporti familiari?

▪ Certamente sulla base della consanguineità.

▪ Ma dato che l’essere umano è persona, è

possibile istituire la parentela non solo a causa della consanguineità.

▪ E’ possibile farlo anche tramite una promessa particolare, che dovrà essere funzionalmente equivalente (= stabilire un rapporto

incondizionato).

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(19)

▪ Come la consanguineità è un fatto biologico oggettivo che dà origine ad un rapporto

personale incondizionato ed irrevocabile, --

▪ così la promessa che dà origine ad un rapporto familiare non-consanguineo deve essere

incondizionata ed irrevocabile.

▪ Deve assumere la forma di una promessa che istituisce un’alleanza.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(20)

▪ Nel contesto delle relazioni familiari,

fondamentalmente ci sono due tipi di queste promesse:

o l’atto di adozione [cfr. R. Spaemann: «Per quanto riguarda il significato personale, la relazione procreativa può essere sostituita dall’adozione» (Personen, 79)].

o e le promesse matrimoniali [cfr. S. Hahn: «Il matrimonio e l’adozione sono

manifestazioni specifiche del concetto di alleanza, che, alla radice, è l’instaurazione di relazioni di parentela e obblighi tra non parenti» (Kinship by Covenant, 341n25)].

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(21)

▪ Scott Hahn si rifà allo studio di Frank Moore Cross, From Epic to Canon: History and Literature in Ancient Israel, 7-8:

o «In Israele, contrariamente a molti gruppi primitivi o società tribali, il patto legale del matrimonio introduceva la sposa al gruppo di parentela o famiglia».

o «Questa è la giusta interpretazione di Genesi 2:24: ‘Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne’». cont.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(22)

Frank Moore Cross, From Epic to Canon: History and Literature in Ancient Israel, 7-8:

o «La carne non si riferisce all’unione carnale, ma all’identità di ‘carne’, di parentela, di

‘osso delle mie ossa, carne della mia carne’».

o «Ovviamente, la prole dell’unione

matrimoniale sarà di una sola carne; ciò che si afferma qui è che il patto di matrimonio stabilisce legami di parentela di primo grado tra i coniugi».

o «L’adozione di figli o figlie è un altro mezzo per inserire nel lignaggio non-parenti o

parenti lontani».

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(23)

Secondo questa interpretazione della Gen 2,24 con lo scambio delle promesse coniugali, gli sposi, anche se non dello stesso sangue,

diventano comunque parenti.

▪ E lo stesso vale per l’atto giuridico di adozione.

Secondo questa interpretazione della Gen 2,24, chi si sposa allora?

▪ Attraverso il matrimonio si uniscono non solo due individui, ma due intere famiglie, che ora

sono «imparentate» attraverso gli sposi, anche se il termine tecnico è quello di «affinità».

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(24)

Le relazioni familiari, istituite attraverso il

lignaggio o la promessa, iscrivono la persona in una genealogia, che è cruciale per la sua identità.

La famiglia è una rete di relazioni in cui tutti i membri hanno il loro posto particolare:

essere figlio o figlia di, marito o moglie di, padre o madre di, fratello o sorella di, zio o zia di …

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(25)

Avendo sottolineato l’importanza del

lignaggio per la nostra identità, sarà adesso possibile vedere in una nuova luce il

problema con alcune pratiche oggi sempre più diffuse.

Per la maggior parte, i tradizionali peccati contro il sesto comandamento sono infatti patologie delle relazioni familiari.

Il sesto comandamento «non commettere adulterio» custodisce l’origine e il destino

della persona, e con ciò le relazioni familiari.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(26)

Cominciamo con una riflessione sul tabù dell’incesto.

Secondo l’antropologo culturale francese Claude Lévi-Strauss (1908-2009), il tabù dell’incesto è alla base della civiltà.

Per lui, tale tabù segna il passaggio dallo stato di natura allo stato di cultura («La Famiglia», 168).

Ancora oggi la maggior parte della gente è d’accordo sul fatto che il tabù dell’incesto deve essere sostenuto.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(27)

▪ La ragione che viene spesso avanzata è che le relazioni incestuose rappresentano un pericolo per la salute della possibile progenie, in quanto limitano il pool genetico e aumentano la

probabilità di trasmissione di malattie genetiche.

▪ Però, la conoscenza della genetica è

relativamente recente, mentre il tabù dell’incesto è arcaico.

▪ Risale a tempi della storia umana quando le persone erano ignoranti dei principi che

governano la trasmissione del proprio patrimonio genetico.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(28)

▪ Per Lévi-Strauss il tabù dell’incesto è così decisivo per la civiltà perché equivale al requisito del matrimonio esogamo, cioè i matrimoni al di fuori della stretta cerchia familiare (cfr. «La famiglia», 166-167).

▪ Il tabù dell’incesto richiede alle famiglie di

aprirsi e di stringere alleanze con altre famiglie.

▪ I matrimoni esogami impediscono alle famiglie di chiudersi in se stesse.

▪ I matrimoni hanno luogo tra le famiglie, e come tali sono la condizione per la possibilità di realtà sociali più ampie come la città o la nazione.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(29)

▪ Si può comunque pensare ancora di un’altra ragione per il tabù dell’incesto.

▪ Ad esempio R. Spaemann (1927-2018) e L.

Kass (1939) sottolineano come il tabù dell’incesto assicura che le relazioni familiari siano ben definite e chiare.

▪ Si evita così l’ambiguità nelle linee di

origine e discendenza e quindi nei rapporti di consanguineità e di parentela.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(30)

▪ Cfr. R. Spaemann:

o «Il tabù dell’incesto … protegge le variegate relazioni contro la perdita di chiarezza

personale».

o «In alcune culture, come la Russia

ottocentesca, era impossibile tra i cognati sposarsi, anche se non esisteva un rapporto di consanguineità» (Personen, 79).

▪ La madre è la madre e non la moglie. I figli

della madre sono fratelli e non i propri figli. La propria sorella è la sorella e non la moglie.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(31)

▪ Chiarezza su chi è di chi è di enorme importanza.

▪ Solo in questo modo, ogni membro della

famiglia avrà un posto definitivo nella grande rete di relazioni, e tutti sapranno chi sono

rispetto a tutti gli altri in questa rete.

▪ Se la chiarezza sulle proprie relazioni di origine, sui propri antenati e discendenti, non è di per sé una condizione sufficiente per un sano rapporto familiare, è comunque una condizione necessaria e fondamentale.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(32)

▪ La maggior parte dei tabù che circondano la nostra sessualità hanno a che fare con questa fondamentale preoccupazione umana.

▪ Si tratta di una preoccupazione e un bisogno che rimane in vigore, anche se ne stiamo

perdendo sempre di più la consapevolezza.

▪ In questo senso, scrive Leon Kass:

o «La nostra società è pericolosamente vicina a dimenticare il significato di alcuni aspetti essenziali dell’esistenza umana. ...»

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(33)

o «Correttamente inteso, il tabù quasi

universale dell’incesto, così come il divieto d’adulterio, difende l’integrità del

matrimonio e della parentela, soprattutto le linee di origine e discendenza».

o «Queste antiche restrizioni insegnano

implicitamente che la chiarezza su chi sono i nostri genitori, sulle linee generazionali, su chi è di chi, sono le fondamenta

indispensabili di una solida vita familiare, che a sua volta è la base della società civile»

(La sfida della bioetica, 144)».

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(34)

▪ In gran parte, quindi, i tabù contro la

fornicazione e l’adulterio erano basati sulla preoccupazione per la legittimità, che a sua

volta derivava da una sollecitudine a custodire le linee di origine.

▪ La preoccupazione per una nascita legittima era ancora prevalente nella maggior parte dei paesi europei fino alla metà del secolo scorso.

▪ Nel diritto civile tedesco, ad esempio, la

distinzione tra bambini legittimi e illegittimi è stata abrogata solo nel 1998.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(35)

▪ La nascita legittima o illegittima non diceva nulla sulla qualità morale del bambino nato.

▪ Ha comunque segnato la differenza tra l’essere riconosciuto dal padre, avendo così un posto

definitivo all’interno della rete familiare e il non essere riconosciuto, non avendo tale posto.

▪ Naturalmente, è vero ciò che dice l’antico adagio romano: pater semper incertus est.

▪ Ma il matrimonio, tra altre cose, doveva essere un rimedio proprio a questa difficoltà.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(36)

▪ Il matrimonio serviva per collegare il padre ai suoi figli e i figli al padre.

▪ Mentre la maternità è un fatto biologico, la paternità è una conquista culturale.

▪ Il matrimonio crea la paternità – quella, cioè dell’uomo.

▪ Contraendo il matrimonio, l’uomo, tra altre cose, accetta di riconoscere i figli

potenzialmente nati alla moglie come figli suoi, almeno in assenza di prove evidenti del

contrario.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(37)

▪ Nel caso di una nascita fuori dal matrimonio, il padre e i suoi figli non sono legati allo stesso

modo.

▪ Commettendo un atto di fornicazione o di

adulterio, si rischia di generare un bambino che nascerà al di fuori delle linee di discendenza

pubblicamente riconosciute.

▪ Perciò il bambino non potrà assumere un posto definitivo nella rete di relazioni familiari.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(38)

È proprio qui che risiede gran parte dell’immoralità della fornicazione e dell’adulterio:

o Si commette un’ingiustizia verso il bambino che può potenzialmente essere concepito in questo atto.

o Si commette un’ingiustizia anche verso la società, cui bene comune richiede che i suoi

cittadini siano inseriti in una rete familiare, che loro abbiano una casa.

Da qui deriva l’interesse della legge civile per l’adulterio, che in alcuni paesi è ancora oggi

considerato un reato (ad es. nel 2019, in 19 stati degli USA – in India esso è stato considerato un reato fino al 2018).

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(39)

▪ Ci possono anche essere buone ragioni per non criminalizzare l’adulterio.

▪ Però è importante vedere dove sta la sua peccaminosità.

▪ Ed essa tocca in modo diretto il bene comune di una società, per cui si capisce l’interesse della

legge civile.

▪ Il vasto cambiamento della legge civile significa anche un cambiamento nella concezione del

matrimonio e del bene comune in generale.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(40)

▪ Si comincia a ritenere meno importante che tutti i membri della società sappiano da dove vengono e che abbiano un posto definitivo in una rete di relazioni familiari.

▪ Ma in quel caso non si capisce neanche più il tabù dell’incesto.

▪ Per cui ad es. in Germania si è svolto di recente un dibattito su una possibile de-penalizzazione dell’incesto.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(41)

▪ Una società che si interessa del lignaggio considererà il divorzio un grande problema.

▪ Alla fine, il divorzio non solo sconvolge la relazione tra due individui, ma introduce un disturbo nell’intera matrice familiare.

▪ Le relazioni familiari diventano ambigue.

▪ A causa del divorzio e la successiva stipulazione di nuove unioni dalla parte dei loro genitori, i

bambini possono trovarsi ad avere quattro o più genitori.

▪ Diventerà impossibile rispondere alla domanda a chi appartengono veramente.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(42)

Crisi costituzionale della Gran Britannia nel 1936.

Edward VIII voleva sposare Wallis Simpson – un’americana due volte divorziata.

Ci fu una grande opposizione dal governo e dalla Chiesa Anglicana.

Churchill proponeva un matrimonio morganatico.

Edward sarebbe re, ma la moglie non sarebbe regina e loro figli non avrebbero diritto al trono.

Non fu accettata la proposta e Edward abdicò.

Dove stava il problema nel sposare una divorziata e perché un matrimonio morganatico sarebbe stata una soluzione?

=> Le linee di discendenza…

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(43)

Con la creazione dell’istituto giuridico del divorzio, i rapporti che un tempo erano considerati

incondizionati sono diventati condizionati.

Commenta J. Godbout (Lo spirito del dono, 47):

o «Il rapporto di dono implica un aspetto

incondizionato impensabile nella modernità, ma la cui articolazione costitutiva la base della

famiglia.»

o «Per questo il divorzio è probabilmente la

rivoluzione sociale più importante dell’epoca moderna.»

▪ Che cosa capiterà con le altri relazioni familiari?

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(44)

▪ Si abbandona l’idea che la promessa coniugale instaura tra i coniugi un rapporto analogo alla parentela.

▪ Si trattava dell’idea che per una donna è impossibile avere un ex-marito quanto è

impossibile avere un ex-padre o un ex-figlio;

▪ E che è altrettanto impossibile per un uomo

avere un’ex moglie quanto è impossibile per lui avere una ex-madre o una ex-figlia.

▪ Per certi versi, l’esistenza dell’istituto giuridico del divorzio fa di ogni matrimonio un rapporto temporaneo e consensuale, valido fino a nuovo avviso.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(45)

I rapporti familiari sono evidentemente resi

ambigui dall'incesto, in particolare nella sua forma più radicale che forse sta per arrivare, la

clonazione.

Diventano ambigui anche attraverso il divorzio e le nuove unioni.

Una confusione della propria identità viene causato dalle nuove tecnologie di procreazione artificiali.

Un bambino potrà trovarsi nella situazione di dover distinguere tra la madre genetica, la madre

gestazionale e la madre sociale.

Potrebbe non essere mai in grado di sapere chi è suo padre genetico.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(46)

▪ Chi è mio padre? Chi è mia madre?

▪ Rischiamo di non poter più rispondere a queste semplici domande.

▪ Gli stessi termini «padre» e «madre» potrebbero presto diventare privi di significato.

▪ Questo sarà senz’altro il caso se la ricerca sui uteri artificiali e sulla clonazione dovesse fare ulteriori progressi.

▪ Ma anche la proliferazione di tecnologie

riproduttive artificiali già esistenti rende ormai abbastanza difficile trovare ancora un senso

nella parola «padre» e «madre».

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(47)

Se c’è confusione nelle relazioni lineari di origine e di discendenza, allora ci sarà ambiguità anche in tutti i rapporti familiari collaterali.

Non saremo in grado di dire chi sono nostri fratelli e nostre sorelle, gli zii e le zie, i nipoti.

Tutto ciò significa che le relazioni familiari non stanno semplicemente cambiando, ma vengono praticamente distrutte.

Rischiamo vivere in una società in cui le persone diventano individui isolati, alienati dalla loro

origine ed incapaci di trovare una casa, un luogo che è specificamente il loro, un luogo di

appartenenza.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(48)

Nel suo libro Primal Screams: How the Sexual Revolution Created Identity Politics del 2019, la

sociologa statunitense M. Eberstadt sostiene che la rivoluzione sessuale ha quasi distrutto le relazioni familiari di un vasto numero di persone.

Perciò loro non trovano più la propria identità nelle relazioni familiari.

Hanno comunque bisogno di una risposta alla domanda «Chi sono io?».

Da qui nasce il fenomeno che si cerca di trovare la propria identità nel proprio sesso o nelle proprie preferenze sessuali.

Nascono, cioè, le politiche identitari che

promuovano cause come il femminismo radicale o il movimento LGBT.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(49)

▪ Il problema è quello della sterilità.

▪ Non si è più in grado di generare.

È un problema per la società, perché, come afferma Papa Francesco «nessuna unione

precaria o chiusa alla trasmissione della vita ci assicura il futuro della società» (AL 52).

È un problema per l’individuo, in quanto, come afferma San Giovanni Paolo II: «nella biologia della generazione è inscritta la genealogia della persona» (Lettera alle famiglie, n. 9), e con ciò

l’identità di ogni essere umano.

▪ La nostra identità sta nei rapporti generativi, nell’essere generati e nel generare altri.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(50)

▪ Occorre perciò custodire la sessualità umana come quel potere con cui gli esseri umani

vengono generati.

▪ E si tratta di riscoprire il matrimonio

indissolubile come unico contesto in grado di fornire l’ambiente umano adeguato per il

concepimento, la nascita e l’educazione di nuovi esseri umani.

▪ È solo qui che c’è chiarezza su chi è di chi.

1. Relazioni familiari: fonte di identità personale e richiamo all’origine

(51)

▪ Benedetto XVI: “E’ nella famiglia che l’uomo scopre la sua relazionalità, non come individuo autonomo che si autorealizza, ma come figlio, sposo, genitore, la cui identità si fonda

nell’essere chiamato all’amore, a riceversi da altri e a donarsi ad altri” (Discorso 13. 5. 2011).

▪ La nostra origine e il nostro destino

costituiscono in grande parte la nostra identità.

o Chi ci ha dato vita? (origine)

o A chi abbiamo dato vita? (destino).

2. Figliolanza e logica del dono

(52)

▪ Abbiamo ricevuto noi stessi (siamo figli) e

siamo chiamati a donare noi stessi (diventando sposi e genitori).

▪ Consideriamo la figliolanza.

▪ È condizione di colui che ha ricevuto in dono se stesso.

▪ Che cosa significa il dono?

▪ Alcuni sostengono che il dono sempre implica un debito e con ciò un danno.

▪ Il figlio, avendo ricevuto la vita dal padre, è perciò sempre servo del padre suo padrone?

2. Figliolanza e logica del dono

(53)

J.P. Sartre (1905-1980), Le parole: “Non vi sono padri buoni”. La paternità è qualcosa di cattivo.

▪ “Far figli, nulla di meglio; averne, che iniquità!”

▪ La cattiveria della paternità sta

o nel legame che deruba il figlio della libertà.

o nel debito dell’esistenza che il figlio contrae ricevendo l’esistenza dal padre.

▪ Ci sono padri buoni? = La nostra condizione di figli è forse inaccettabile?

▪ H. de Lubac (1896-1991): «Nel suo desiderio di liberazione, … l’uomo arriva fino a rinunciare tutto ciò che rende la sua condizione dipendente e vorrebbe, per così dire, non essere nato,

vorrebbe cioè esistere senza dover essere nato»

(Dramma dell’umanesimo ateo).

2. Figliolanza e logica del dono

(54)

▪ Come posso accettare, riconciliarmi con la mia figliolanza?

▪ Aver ricevuto il dono della vita significa, sì, una dipendenza.

▪ Ma significa anche sempre un danno?

▪ Che cosa è il dono? Esiste un dono che non sia velenoso?

▪ L’obiezione utilitarista: ogni pretesa di dono è un interesse nascosto.

▪ L’uomo sarebbe un essere profondamente egoista.

▪ Se entra in qualche rapporto di comunicazione con gli altri – se dà e riceve – lo farebbe solo per motivi di interesse personale di profitto.

2. Figliolanza e logica del dono

(55)

▪ Un modo più sofisticato di negare la possibilità del dono è la spiritualizzazione totale del dono.

Jacques Derrida (1930 – 2004) La moneta falsa: il dono deve essere totalmente spontaneo e

completamente disinteressato al punto da escludere ogni forma di reciprocità.

▪ Non deve dar luogo a nessun obbligo da parte del beneficiario e a nessun vantaggio da parte del benefattore.

▪ Per essere dono, il dono non deve apparire come un dono.

2. Figliolanza e logica del dono

(56)

▪ Derrida: «Affinché ci sia dono, bisogna che il donatario non restituisca, non ammortizzi, non rimborsi, non si sdebiti, non entri nel contratto, non abbia mai contratto un debito».

▪ Derrida sembra contraddire fortemente l’impostazione utilitaristica mercantile.

▪ Sembra volere salvare il dono dall’impurità dell’interesse e dello scambio.

▪ Però, paradossalmente rimane solidamente ancorato alla logica utilitarista/mercantile.

2. Figliolanza e logica del dono

(57)

▪ L’impostazione derridiana condivide con la logica utilitarista/mercantile due convinzioni basilari:

1. Si devono evitare i legami.

o Il puro dono di Derrida non si interessa della risposta dell’altro:

o L’identità del benefattore deve rimanere nascosta, per cui si tratta di un dare

anonimo come anonimo è il dare dello scambio mercantile.

2. Ricevere un dono significa contrarre un debito, che allo stesso tempo è un danno.

2. Figliolanza e logica del dono

(58)

Occorre sfidare questa impostazione.

Per cominciare, possiamo e dobbiamo sfidare l’antropologia che soggiace all’utilitarismo.

L’uomo non è naturalmente un egoista al punto da dover essere manipolato (dal mercato - Smith) o

minacciato (dallo Stato - Hobbes) per pensare agli altri.

Secondo Robert Spaemann, per noi «la realtà dell’altro, unitamente alla sua teleologia», può diventare una motivazione per agire (Felicità e benevolenza).

Siamo capaci di «gioire per la felicità dell’altro», come già affermò Gottfried Wilhelm Leibniz

(1646-1716, Prefatio Codex Iuris Gentium).

L’interesse per l’altro è originario come l’interesse per se stessi.

2. Figliolanza e logica del dono

(59)

Tommaso d’Aquino: «Per tutti gli uomini è

naturale amarsi a vicenda» (Summa contra gentiles [SCG] III, 117).

Jacques Godbout: «Il desiderio (drive) di dare è altrettanto importante, per comprendere la specie umana, quanto quello di ricevere»

«“L’attrattiva del dono” è altrettanto o più forte dell’attrattiva del guadagno» (Lo spirito del dono).

Difatti, Richard Titmuss ha scoperto un fatto inspiegabile dalla prospettiva meramente

economica-utilitarista:

Si trovano più facilmente persone disposte a donare il sangue dove questo gesto non è corrisposto con un rimborso monetario, dove si tratta, cioè, davvero di un dono (Titmus, The Gift Relationships).

.

2. Figliolanza e logica del dono

(60)

▪ Ma come si distingue esattamente il dono da uno scambio economico?

▪ Godbout dà la seguente definizione del dono:

o «Definiamo dono ogni prestazione di beni o servizi effettuata, senza garanzia di

restituzione, al fine di creare, alimentare o ricreare il legame sociale tra le persone» (Lo spirito del dono).

▪ Ciò che ci interessa nel donare è il legame con l’altro, è l’altro stesso.

▪ In altre parole ciò che distingue il donare da

altri tipi del dare e del ricevere è l’intenzionalità dell’amore.

2. Figliolanza e logica del dono

(61)

▪ «Il motivo di una donazione gratuita – scrive S.

Tommaso – è l’amore; infatti diamo una cosa gratuitamente a qualcuno perché gli vogliamo bene» (Sth I, 38, 2).

▪ Il dono è il bene che l’amante vuole per l’amato, per usare la classica definizione di S. Tommaso:

▪ «L’amore consiste specialmente nel fatto che

“chi ama vuole del bene all’amato”» (SCG III, 90,6).

▪ L’oggetto (o la prestazione) scambiato non è la cosa più importante.

▪ E’ più importante il gesto del donare come tale che l’oggetto donato, proprio perché quello che conta è il legame.

2. Figliolanza e logica del dono

(62)

▪ Dato che il donare si distingue da altri tipi del dare proprio nella sua intenzionalità d’amore, cioè, nel suo interesse per l’altro e per il legame con lui, occorre che il donare sia libero.

▪ Il donatore - l’amante - dà il suo dono per amore dell’amato, liberalmente, cioè lo

consegna alla libertà dell’altro, di accettarlo o di rifiutarlo.

▪ [Per questa caratteristica del dono e quelle

seguenti, cfr. L. Melina - J. Noriega - J.J. Pérez- Soba, Camminare nella luce dell’amore. I

fondamenti della morale cristiana, Cantagalli, Siena 20173, pp. 481-496.]

2. Figliolanza e logica del dono

(63)

▪ Inoltre, il dono come veicolo o espressione dell’amore è gratuito in due sensi.

1) È gratuito in quanto non è dovuto.

o Il dono va oltre la giustizia, rompe ogni nostra aspettativa, per cui Petrosino può chiamarlo

addirittura “ingiusto” (P. Gilbert - S. Petrosino, Il dono, Genova 2001).

o “Ingiusto”, dal punto di vista di una mentalità che non riesce a cogliere il senso della generosità e del gratuito.

o Così, nella parabola di Gesù i lavoratori delle prime ore hanno percepito come danno la

generosità del padrone nei confronti dei

lavoratori delle ultime ore (cfr. Mt 20, 1-16).

2. Figliolanza e logica del dono

(64)

2) Inoltre, il dono è gratuito nel senso che non intende comprarsi dei vantaggi o contraccambi, non viene dato perché l’altro dia.

o Come abbiamo già detto sopra, il dono è al servizio del legame.

o Al centro dell’interesse non vi è la cosa scambiata ma il rapporto tra donatore e donatario.

2. Figliolanza e logica del dono

(65)

▪ Il dono, anche se non crea un obbligo di

ripagare, comunque cerca la reciprocità, proprio perché è un atto di amore che vuol creare un legame.

▪ Il dono fa appello alla libertà dell’altro di rispondere, che non è la stessa cosa del ricambiare.

▪ Non si può dire che il lebbroso che è stato

guarito da Gesù ed è tornato per ringraziarlo, lo abbia “pagato”.

▪ Comunque, ha reciprocato in un modo giusto, esprimendo la sua gratitudine (Lc 17, 17).

2. Figliolanza e logica del dono

(66)

▪ Il modo primario in cui il beneficiario entra in un rapporto di reciprocità con il benefattore è quello di accogliere il dono.

▪ Come il donare è più di un mero dare, così

anche l’accoglienza va oltre un mero ricevere.

▪ Si tratta di un ricevere attivo che riconosce il dono come dono ed il benefattore come

benefattore, un’accettazione non solo della cosa ma anche di colui che l’ha data.

▪ Il donatore è presente nel dono.

2. Figliolanza e logica del dono

(67)

▪ La reciprocità che il dono cerca è l’accettazione con gratitudine, l’accoglienza attiva che

asseconda il modo in cui il donatore vede il legame e gli dà ospitalità nel proprio affetto.

▪ Il dono è completato qui.

▪ La gratitudine da parte del beneficiario può

certamente motivarlo a fare anche lui un dono al donatore, ma questa sarà una nuova

iniziativa, non un contraccambio.

2. Figliolanza e logica del dono

(68)

▪ Che cosa vuol dire nostra analisi della logica del dono per il tema della figliolanza e della

paternità?

▪ Ci sono padri buoni?

▪ Il problema di Sartre è vedere il rapporto tra padre e figlio come un rapporto tra padrone e servo.

▪ Sembra che qui ogni reciprocità sia esclusa.

▪ Il dono della vita è così grande che sarà per

sempre impossibile fare un dono equivalente al padre.

▪ Sembra che il figlio non potrà mai “sdebitarsi”

nei suoi confronti, sarà sempre suo debitore.

2. Figliolanza e logica del dono

(69)

▪ Paul Gilbert: «L’esperienza più evidente del debito d’essere è senza dubbio quella della filiazione» (P. Gilbert - S. Petrosino, Il dono, Genova 2001).

▪ Di fronte ad un dono così grande come la vita, ogni reciprocità simmetrica è esclusa dall’inizio.

▪ Ma questo, come abbiamo detto sopra, non è proprio il senso del dono.

▪ Il padre, se è un padre buono, non desidera che il figlio ripaghi.

▪ La reciprocità che desidera è che il figlio accolga, una reciprocità che si esprima nel riconoscimento e nella gratitudine.

2. Figliolanza e logica del dono

(70)

▪ La gratitudine può anche trovare espressione in gesti concreti, che non saranno però mai

tentativi di ripagare, ma piuttosto nuovi inizi della libertà grata per il dono ricevuto.

▪ Queste iniziative, motivate dalla gratitudine ed espressioni dell’accoglienza avvenuta, spesso

non saranno indirizzate al benefattore originale.

▪ Nel rapporto padre-figlio infatti, questo sarebbe impossibile.

2. Figliolanza e logica del dono

(71)

▪ Si può qui parlare di una paradossale

“reciprocità non reciproca”:

▪ Si tratta di un dono, motivato dalla gratitudine, che è in qualche modo commensurabile al dono ricevuto, ma che non è rivolto al primo

donatore ma ad un terzo.

▪ Il dono, si potrebbe dire, è fatto girare.

▪ Il donatore non è una fonte ed il donatario non è un catino, ma ambedue sono canali.

▪ Per un essere umano il modo di accogliere con gratitudine il dono della vita e di entrare in

reciprocità con il benefattore è di diventare donatore della vita a sua volta.

2. Figliolanza e logica del dono

(72)

▪ È diventando padre che il figlio accoglie il dono della vita ricevuto.

▪ Questo non vale solo per la vita biologica, ma anche per altri modi di dare e ricevere la vita, spirituale e intellettuale.

▪ Paul Gilbert:

▪ «Il dono non è da restituire reciprocamente, ma da prolungare nella linea della sua

propria virtù.

▪ La gloria del maestro è l’insegnamento

nuovo del suo discepolo; la gloria del padre nei confronti di suo figlio sono i figli di suo figlio» (P. Gilbert - S. Petrosino, Il dono,

Genova 2001).

2. Figliolanza e logica del dono

(73)

▪ La parabola del servo ingiusto: rifiuta a «far girare il dono» e con ciò dà espressione alla non-accoglienza del dono.

▪ Do gratuitamente perché ho ricevuto

gratuitamente – «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10, 8).

▪ Il mio dare è risposta libera e gratuita al dono dell’amore che ho ricevuto,

▪ do perché sono stato amato.

2. Figliolanza e logica del dono

(74)

▪ Petrosino afferma che per il benefattore umano, contingente, ogni occasione di poter dare è un ricordo di aver ricevuto.

▪ Nel dare la vita al suo figlio, il padre viene

ricordato di essere figlio anche lui, ricevendo e accogliendo in questo modo il padre suo.

▪ Petrosino: «All’interno della paternità, cioè

della donazione ad un “eteros”, si riceve in dono l’esperienza del diventare figlio: il padre riceve in dono dal figlio il suo essere figlio e si trova così chiamato ad accogliere il suo stesso padre»

(P. Gilbert - S. Petrosino, Il dono, Genova 2001).

2. Figliolanza e logica del dono

(75)

▪ Il nucleo fondatore della famiglia è la coppia di sposi.

▪ Si diventa sposi tramite la promessa matrimoniale.

▪ Guardiamo perciò alla natura di tale promessa.

▪ Oggi, tante persone vogliono vivere insieme senza promettersi la propria vita.

▪ Preferiscono non promettere nulla.

▪ Viene avanzata un’obiezione che già san Tommaso si poneva.

▪ L’obiezione è che la nostra libertà è il massimo bene che Dio ci abbia dato.

▪ Sembrerebbe inopportuno privarcene

deliberatamente sottoponendo la nostra volontà alla necessità (cfr. Sth II-II, 88, 4, ob. 1).

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(76)

▪ Sulla stessa scia, Gabriel Marcel si pone la

questione se ogni promessa non sia, in un certo senso, una menzogna.

▪ Non ho alcun potere su come mi sentirò domani.

▪ Oggi potrei dire a un amico che domani andrò a trovarlo perché oggi mi sembra una buona cosa.

▪ Domani potrei tradire il mio amico se domani quella visita non mi sembrasse più una cosa buona e se non ne avessi più voglia.

o Se ci vado lo stesso, sarò insincero.

o Se non ci vado verrò meno alla parola data.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(77)

▪ Dato che cambio di continuo, promettendo

rischio di tradire il mio io futuro, cioè la persona che sto diventando e della quale non so ancora se in futuro vorrà accollarsi gli impegni che

prendo oggi per suo conto .

▪ Sorge ancora una volta l’interrogativo: “Può esistere un impegno che non sia un

tradimento?” (Marcel, Essere e avere).

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(78)

▪ Come risponde a quest’obiezione San Tommaso?

▪ La libertà è libertà per il bene, e quanto più

saldamente la volontà si fissa sul bene, tanto più è libera.

▪ San Tommaso sottolinea che Dio e i santi non possono peccare, ma ciò non significa che siano meno liberi, anzi la loro libertà è perfetta (STh II-II, 88, 4, ad 1).

▪ Promettendo, noi non perdiamo la nostra libertà, ma anzi la attuiamo.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(79)

▪ Promettendo noi fissiamo saldamente la nostra volontà sul bene.

▪ Questo è anche uno dei motivi per cui, secondo il Doctor Angelicus, un atto compiuto in virtù di un voto o di una promessa è migliore dello stesso atto compiuto senza alcun previo vincolo alla volontà.

▪ Nel primo caso, il bene è voluto più saldamente:

o “Col voto la volontà si determina al bene stabilmente. […]

o Fare una cosa con la volontà confermata nel bene è un elemento che rientra nella perfezione della virtù” (Sth II-II, 88, 6).

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(80)

▪ San Tommaso non pensa soltanto

all’esecuzione concreta di un atto, ma anche alla sua genesi.

▪ Un atto che scaturisce da una disposizione

virtuosa è compiuto con più stabilità, più gioia e più facilità dello stesso atto compiuto senza una simile disposizione attiva.

▪ Analogamente, un atto che scaturisce da una promessa è compiuto con maggiore stabilità, con volontà più salda, ed è quindi più virtuoso.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(81)

▪ Di fronte all’obiezione «Non devo promettere perché non so chi sarò domani» uno può

rispondere:

▪ «Devo promettere perché così saprò chi sarò domani».

▪ La promessa è ciò che mi consente di

conservare la mia identità personale attraverso il tempo.

▪ La promessa rafforza la volontà, conferisce unità al soggetto morale.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(82)

▪ A quali condizioni si può essere dispensati dalle proprie promesse?

▪ Se mantenere la promessa è un atto di fedeltà all’altro, allora dovrebbe essere l’altro a poterci dispensare.

▪ La richiesta di dispensa può essere motivata dal sopravvento di circostanze nuove, tali da

rendere l’adempimento della promessa

notevolmente più arduo o da porci in conflitto con obbligazioni nuove e impreviste.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(83)

▪ A volte dispensiamo noi stessi,

o quando l’altro non è a portata di mano,

o oppure insiste in modo irragionevole perché adempiamo una promessa fatta in

circostanze completamente diverse (cfr.

Spaemann, Persone).

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(84)

▪ Senza entrare in una casuistica, possiamo

comunque insistere con R. Spaemann, che c’è una cosa che non può mai essere motivo di

esenzione:

o “Non può mai essere una ragione per non adempierla il fatto che colui che ha

promesso semplicemente dichiari di avere, nel frattempo, cambiato opinione” (Persone).

▪ Per dirla con P. Ricoeur, la promessa è

un’intenzione raddoppiata, “l’intenzione di non cambiare intenzione”.

▪ Il contenuto della promessa era appunto il non cambiare idea.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(85)

La promessa matrimoniale e altre “promesse per la vita”

▪ Ciò che distingue la promessa matrimoniale

dalle altre è che la sua irrevocabilità fa parte del contenuto di ciò che si promette, con la

conseguenza che qui due persone formano una

“comunità di destino” (R. Spaemann).

Cfr. Giovanni Paolo II, Familiaris consortio.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(86)

▪ Ciò che ci induce a chiedere di essere dispensati dalle nostre promesse, e a concedere volentieri tale dispensa se ci viene richiesta, sono i colpi del destino:

o circostanze nuove e imprevedibili che

mutano tutto il contesto in cui la promessa è stata fatta.

▪ Orbene, la promessa matrimoniale è una

promessa con cui gli sposi dicono l’uno all’altra:

o Qualsiasi cosa accada, qualsiasi cosa il destino abbia in serbo per noi, io ti

prometto la mia fedeltà, in salute o in

malattia, nella buona e nella cattiva sorte.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(87)

▪ Perciò con queste parole gli sposi si promettono l’uno con l’altra di non chiedere di essere

dispensati né dispensarsi a vicenda.

▪ La natura della promessa matrimoniale è tale da modificare radicalmente il rapporto fra gli sposi.

▪ L’idea è che la promessa nuziale ha la capacità di trasformare due estranei in due familiari.

▪ Anche se marito e moglie concordassero fra

loro di dispensarsi a vicenda dalle loro promesse matrimoniali, ciò sarebbe impossibile, in quanto tali promesse hanno istituito fra loro un

rapporto di parentela che non è più in loro potere cambiare.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(88)

▪ Il caso è simile a quello di un padre e di un

figlio che volessero dispensarsi a vicenda dalla loro relazione di paternità e figliolanza.

▪ Ciò equivarrebbe a tentare l’impossibile.

▪ L’idea del matrimonio è che la promessa sponsale possa istituire un rapporto di

parentela, cosicché Adamo, di fronte a Eva, può affermare del tutto veridicamente:

▪ “Questa volta, sì, lei è osso delle mie ossa, carne della mia carne” (Gn 2:23), il che significa

appunto dire: “Essa è mia parente”.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(89)

▪ Com’è possibile fare una promessa del genere?

▪ Si può veramente costruire una vita comune di fronte al destino?

▪ Nella vita avvengono spesso cose che sfuggono completamente al nostro controllo: malattie,

sterilità, difficoltà economiche, problemi con i figli.

▪ In queste situazioni, che definiscono la

condizione umana, com’è possibile promettere la propria vita, la quale comprende anche ciò che si vorrà in futuro,

▪ e non soltanto l’autenticità delle nostre

emozioni, comprendente solo ciò che si prova nel presente?

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(90)

▪ Robert Spaemann ci offre una riflessione profonda:

▪ Suggerisce che gli sposi, scambiandosi i voti nuziali, non si impegnano semplicemente ad

attenersi alla loro promessa con volontà di ferro anche nell’eventualità di mutare sentimenti o di rimpiangere la scelta fatta e cambiare idea.

▪ Piuttosto, le promesse degli sposi implicano la promessa di fare tutto ciò che è in nostro potere per evitare le situazioni che ci indurrebbero a

rimangiarci l’impegno dato all’altro.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(91)

▪ Mentre i nostri sentimenti sfuggono al nostro

controllo immediato, abbiamo il pieno controllo sulle nostre decisioni quotidiane.

▪ Attraverso le scelte, grandi e piccole, che

compiamo quotidianamente, noi sviluppiamo il nostro carattere e la nostra personalità.

▪ Cambiamo continuamente e le nostre scelte entrano in questo processo come fattore di primo piano.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(92)

▪ Secondo R. Spaemann, quindi, la promessa di matrimonio è la promessa

o “di intendere lo sviluppo della propria personalità […] non più come variabile

indipendente, sviluppo che forse procederà in un qualche modo compatibile con lo

sviluppo dell’altra personalità, o forse no”.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(93)

▪ Pertanto il criterio fondamentale per qualsiasi decisione che dovrà prendere chi è sposato

diventerà la domanda:

▪ Che effetto avrà questa o quella scelta sul mio rapporto con il mio coniuge?

▪ Vi saranno poi anche sempre eventi

completamente slegati dalle nostre scelte

precedenti e di cui non siamo minimamente responsabili.

▪ Ma una coppia di sposi non è interamente alla mercé del fato neanche in casi del genere.

▪ Se per definizione non possiamo scegliere ciò che capita in modo inatteso, possiamo sempre scegliere come reagire.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(94)

▪ Essere sposati significa che sono precluse alcune delle opzioni che altrimenti si avrebbero per

reagire a un colpo del destino.

▪ Tuttavia, non disporre più di tutte le opzioni teoriche non equivale a non essere più liberi:

▪ significa soltanto che la gamma delle opzioni è limitata.

▪ Del resto, non si sarebbe comunque potuto attualizzare tutte le opzioni.

▪ Quindi la persona sposata non si trova in una situazione che è qualitativamente diversa dalla condizione umana generale:

▪ Nel momento in cui imbocchiamo una porta, chiudiamo tutte le altre.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(95)

▪ Lo stesso vale per l’altro tipo di promessa per la vita, cioè per i voti religiosi e la promessa di

celibato dei sacerdoti.

▪ Anche qui la persona dà una forma definitiva alla sua vita.

▪ Anche qui deve deliberatamente coltivare la sua vocazione, domandandosi in che modo le sue scelte e i suoi progetti influiranno sul suo

atteggiamento nei confronti del suo stato di vita.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(96)

▪ Facendo una promessa per la vita ci

proponiamo di disporre del nostro intero futuro.

▪ Guardiamo alla nostra vita come a un tutto e dunque, come osserva giustamente Guy

Mansini, anticipiamo già la morte (Promising and the Good).

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(97)

▪ Guy Mansini:

o “Ciò che la promessa del matrimonio e del celibato sacerdotale e la castità religiosa

hanno in comune […] è che tutti hanno a che fare con il corpo e la sessualità del

corpo.

o Le promesse per la vita, che guardano verso la morte, sono disposizioni del potere

procreativo che guarda oltre la morte” .

▪ Sul piano della natura, la risposta alla nostra mortalità è la nostra fecondità.

▪ Non a caso le promesse per la vita, in cui

consideriamo la nostra vita nella sua interezza, sono modi di disporre la nostra capacità di

essere fecondi.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(98)

▪ Per poter promettere la nostra vita ci occorre il senso di avere uno scopo, una missione, una chiamata a una qualche sorta di fecondità.

▪ Papa Francesco:

o “Promettere un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre un disegno più grande dei propri progetti, che ci sostiene e ci permette di donare l’intero futuro alla

persona amata” (LF 52).

▪ Il problema della cultura contemporanea, ciò

che rende tanto difficile alle persone promettere, è che essenzialmente hanno perso l’idea della

fecondità dell’amore.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(99)

▪ Gesù dice ai discepoli ciò che abbiamo motivo di credere dica a ogni essere umano:

▪ “Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga” (Gv 15:16).

▪ Ogni realtà composita trae la sua unità dal suo fine o scopo.

▪ La vita può avere unità soltanto se ha uno scopo, un fine, una meta.

▪ Gesù ci dice che tale scopo è la fecondità.

▪ Prima dell’età moderna le sue parole sarebbero state auto-evidenti per chiunque le avesse lette o ascoltate.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(100)

▪ La vita non è soltanto vivere: è di più.

▪ Se non vi è nulla che desideriamo più di vivere, ben presto prenderemo a odiare la vita.

▪ Non vi è cosa che le persone desiderino di più nella propria vita che una missione, qualcosa per cui vivere e forse per cui morire.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(101)

▪ Fino a non molto tempo fa, era chiarissimo a tutti che tale nobile aspirazione era

naturalmente legata alla famiglia.

▪ Riconoscendosi come figlio o figlia, si apprezza e si accetta il dono originario della vita.

▪ Rispondendo in gratitudine al dono della vita che si è liberamente ricevuto, si diviene

consapevoli di una chiamata a tramandare questa vita nell’amore,

▪ cioè a diventare marito e moglie, i quali, insieme, sono chiamati a diventare padre e madre.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(102)

▪ Questa struttura rimane intatta anche per quanti ricevono la chiamata alla continenza in vista del Regno.

▪ Anche loro sono chiamati alla fecondità.

▪ Non è soltanto ai piaceri della carne che rinunciano per amore del Regno.

▪ Rinunciano anche alla loro fecondità terrena, cioè ad avere figli e a fondare una famiglia.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

(103)

❑ Per loro, la promessa di Gesù è una ricompensa sovrabbondante proprio per questa rinuncia.

❑ La loro sarà un’abbondante fecondità spirituale:

❑ “In verità vi dico, non c’è nessuno che abbia

lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà” (Lc 18:29).

❑ Dunque, quando parliamo di promesse per la vita, in gioco c’è la questione della fecondità, e con essa la questione del senso della vita.

3. Legame e libertà: si può promettere la vita?

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