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Parere schema di decreto legislativo recante:

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Academic year: 2022

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Parere schema di decreto legislativo recante:

"Modifica dei termini per la definizione dei procedimenti ancora in fase di istruzione formale".

Comunico che il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 28 novembre 1991, ha approvato all'unanimità la seguente proposta della Commissione Riforma:

"Il Ministro, con nota del 31 ottobre 1991 n. 160 U.L./C.M., ha richiesto al Consiglio di esprimere il proprio parere sul seguente schema di decreto legislativo riguardante il problema della scadenza e proroga dei termini per la prosecuzione col vecchio rito processuale dei procedimenti penali ancora in sede di istruzione formale:

ART. 1

1.Nel comma 3 dell'articolo 242 del decreto legislativo 28 luglio 1989 n.271, le parole "alla data del 31 dicembre 1991" sono sostituite dalle seguenti:"alla data del 31 dicembre 1993".

Lo schema di decreto legislativo in oggetto si muove nell'ambito dell'art.7 della legge delega n.81/1987 per la emanazione del nuovo codice di procedura penale ed è stato pertanto trasmesso alla competente Commissione Parlamentare bicamerale.

Come è noto, nel silenzio della legge delega sull'atteggiamento da assumere in merito al regime transitorio (cfr. art. 6), il legislatore delegato ebbe a scegliere una soluzione intermedia, assicurando con gli artt.241-242 e segg. del D.Lgs.28 luglio 1989 n.271 la prosecuzione col vecchio rito procedurale di quei procedimenti penali che avessero raggiunto momenti significativi di completezza probatoria.

Per quel che qui interessa, e cioè per i procedimenti in sede di istruzione formale al momento dell'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, fu inizialmente previsto, al 3° comma dell'art. 242 sopra citato, che per quelli con reati di maggiore gravità ed allarme sociale, e cioè per gli illeciti di cui all'art. 407 secondo comma lett. a) del nuovo codice processuale (taluni delitti a carattere terroristico od eversivo, di criminalità organizzata anche in tema di stupefacenti, di

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strage, sequestro di persona ecc.) il vecchio rito potesse proseguire sino ad un anno dopo l'entrata in vigore del nuovo codice, e cioè sino al 24 ottobre 1990. Per tutti gli altri procedimenti, per così dire "comuni", l'istruttoria formale doveva concludersi invece entro sei mesi e cioè entro il 24 aprile 1990.

Questa disciplina iniziale fu però ben presto modificata, poichè con D.Lgs.12 aprile 1990 n.77 la differenziazione tra i procedimenti c.d. "comuni" e gli altri fu abolita ed anche per i procedimenti "comuni" stessi la possibilità di proseguire col vecchio rito di istruzione formale fu portata al 24 ottobre 1990.

Successivamente, però, con nuovo D.Lgs.17 ottobre 1990 n. 293, la differenziazione di cui sopra fu ripristinata ed i termini prorogati.

In particolare, mentre per i procedimenti c.d."comuni" il termine di conclusione dell'istruttoria formale in corso veniva posposto al 31 dicembre 1990, per i procedimenti di maggiore gravità ed allarme di cui agli illeciti sopra ricordati, ex art. 407 comma 2° lett. a) del nuovo codice processuale, il termine stesso veniva posposto al 31 dicembre 1991.

Tale ultimo termine viene ora ovviamente in scadenza e la mancata conclusione istruttoria secondo il suo iter naturale di talune indagini eclatanti ha posto il problema di una ulteriore proroga del termine stesso.

La proroga proposta concerne dunque solo i procedimenti per i fatti di più grave entità ed allarme e viene concretizzata in ulteriori due anni, con scadenza, dunque, al 31 dicembre 1993.

La bozza di relazione che accompagna lo schema della nuova proroga di cui qui si discute, fonda la proposta di proroga sulla "esigenza di impedire che procedimenti di grande importanza e delicatezza.... possano subire proprio in momenti determinanti o comunque significativi brusche soluzioni di continuità, con il pericolo,oltretutto, di intempestivi depositi di atti e di conseguenti esposizioni delle indagini stesse a inquinamenti probatori", nonché su "incontrovertibili esigenze di efficienza e funzionalità, poiché evita sia la necessitata chiusura di istruttorie attualmente in fase di rapido sviluppo, sia, seguendo altra ricorrente interpretazione, il passaggio all'ufficio del pubblico ministero di procedimenti ai quali sarebbe assai difficile dare immediato impulso..".

E' parere della maggioranza della Commissione che mentre la ragione connessa al pericolo di intempestivi depositi di atti con conseguenti rischi di

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inquinamenti probatori non sia particolarmente consistente, ben difficilmente si possa contestare la fondatezza delle altre esigenze poste a base della proroga.

Non la prima ragione, si diceva, perché il deposito degli atti avrebbe gli effetti paventati solo se nessuna proroga venisse concessa ma nessun altro intervento contemporaneamente attuato, mentre un intervento del genere, di eliminazione dei rischi ipotizzati, pur potrebbe essere normativamente concepito anche senza far luogo a proroghe.

Le altre ragioni, invece, ben difficilmente, come si è detto, possono essere contestate. Già questo stesso Consiglio le ha del resto fatte proprie, sia pure a maggioranza, quando ha espresso analogo parere favorevole sul precedente decreto legislativo n. 293 del 1990 sopra citato. Ivi si ponevano in luce i rischi della

"polverizzazione" di alcune istruttorie derivanti dalla applicabilità delle norme del nuovo rito processuale in tema di competenza e connessione, smarrendo una visione unitaria di certi fenomeni cui era stata ispirata, bene o male, l'istruttoria sinora esplicata ed in ragione della quale ogni acquisizione probatoria era stata attuata e valutata siccome importante. Ivi si ponevano in luce, soprattutto, i rischi della dispersione di energie e delle conoscenze già acquisite che si produrrebbero col passaggio di determinate indagini, per di più di conclamata complessità, da un ufficio ad un altro e quindi da un inquirente ad un altro.

Questi rischi sono presenti tuttora. E' ben vero che anche oggi,nelle vecchie istruttorie formali già prorogate e della cui ulteriore possibilità di sviluppo col vecchio rito qui si discute, è pur sempre presente un apposito P.M., ma è pure innegabilmente vero che le specifiche conoscenze del giudice istruttore procedente, a quelle istruttorie specificamente ed esclusivamente legato,appaiono di gran lunga presumibilmente più complete, ed è pure vero, infine, che tale giudice istruttore sarebbe pur sempre un magistrato ad esse esclusivamente dedicato, non distolto dalle altre innumerevoli indagini,nuove e meno nuove, che invece oggi incombono sui magistrati del P.M.

A fronte del permanere, ancora oggi, e per tempo comunque non illimitato, come si dirà, di taluni giudici impegnati esclusivamente in vecchie ma importantissime istruttorie, rispetto al loro diverso impiego come G.I.P. o G.U.P., in numero peraltro nient'affatto rilevante, la esigenza di c.d. economia processuale in tali vecchie istruttorie appare preponderante. Effettivamente appare trattarsi di

"procedimenti ai quali diversamente sarebbe assai difficile dare immediato impulso,

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proprio per la loro complessità e per l'ovvia esigenza di dover previamente procedere ad uno studio approfondito degli atti, analogo a quello già svolto dai giudici istruttori attualmente procedenti: studio che esigerebbe tempi necessariamente non brevi e che comunque porterebbe ad interrompere indagini cui non sembra logico frapporre ostacoli".

Nè sembra del tutto convincente l'obiezione che si tratterebbe di un caso in cui, come al solito, il "provvisorio tende a divenire definitivo" o che appare poco accettabile il protrarsi della contemporanea vigenza di riti processuali diversi. A quest'ultimo riguardo si può ricordare che tale protrazione è stabilmente assicurata, anche per tempi molto consistenti, dall'art. 241 del D.Lgs. 28.7.89 n. 271, per i processi già avviati a giudizio ed in tutte le loro anche eventualmente lunghissime fasi ulteriori ed è, questa, una protrazione sulla quale non è mai sorto problema.

Riguardo all'altro punto, la protrazione non dovrà essere, comunque, illimitata. Proprio per le proroghe già concesse e per i tempi di cui le istruttorie in discussione hanno già goduto, appare a questa Commissione che la stessa consistenza in due ulteriori anni del nuovo termine sia francamente eccessiva.

Appare necessario un ultimo tempo limite che si ritiene congruo ipotizzare in un solo anno, per armonizzare, del resto e non improvvidamente, il termine stesso con quello di generale modificabilità delle nuove norme processuali con particolare sistema legislativo, previsto dalla stessa legge delega n. 81 del 1987. Il termine di modificabilità predetto -e la proroga ulteriore in questione, come le precedenti, si inserisce, in sostanza, in questo ambito- è di tre anni dall'entrata in vigore del nuovo codice di procedura, sicché termina con l'ottobre del 1992, e la proroga di un solo anno di cui qui si discute si accosta assai al rispetto di questa scadenza.

Che se, poi, anche siffatta proroga non produrrà risultati efficaci, le norme di salvaguardia di taluni atti più significativi contenute nelle previsioni degli artt. 243 e 244 del decreto legislativo 28 luglio 1989 n. 271 citato potranno porre un qualche rimedio all'azzeramento delle acquisizioni probatorie comunque conseguite.

In questi sensi e con questa previsione temporale più ridotta, la Commissione si induce pertanto ad esprimere il suo parere favorevole".

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