• Non ci sono risultati.

L attribuzione delle tolleranze permettono l intercambiabilità e facilitano la sostituzione di un pezzo rotto.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "L attribuzione delle tolleranze permettono l intercambiabilità e facilitano la sostituzione di un pezzo rotto."

Copied!
13
0
0

Testo completo

(1)

La tolleranza, ovvero l’errore consentito nella costruzione di un pezzo, è la differenza fra le due dimensioni limite prefissate, scelte in modo tale che l’oggetto possa compiere pienamente le funzioni per la quale è stato progettato.

L’accoppiamento di due o più parti può essere ottenuto seguendo due metodi:

-l’aggiustaggio: i pezzi sono adatti uno per uno al montaggio;

-intercambiabilità: i prezzi sono da accoppiare sono in lotti.

L’attribuzione delle tolleranze permettono l’intercambiabilità e facilitano la sostituzione di un pezzo rotto.

I controlli per le tolleranze direzionali vengono effettuati per esempio mediante dei calibri passa e non passa, per gli alberi sono calibri a forcella, per i fori calibri a tampone.

Accoppiamento con giuoco.

Il diametro del foro è sempre maggiore del diametro dell’albero.

Massimo gioco in condizione di minimo materiale, giuoco minimo in condizione di massimo materiale.

Accoppiamento con interferenza.

Quando si vuole bloccare una ruota su un albero. Il foro deve avere sempre dimensioni inferiori all’albero.

Si ha la massima interferenza quando il foro e l’albero sono in condizione di massimo materiali, si ha l’interferenza minima quando il foro e l’albero sono in condizione di minimo materiale.

L’accoppiamento è sempre con interferenza se la dimensione massima del foro è sempre minore della dimensione minima dell’albero.

Accoppiamento incerto.

Si verifica se si ha una parziale sovrapposizione dei campi di tolleranza.

Massima interferenza in condizioni di massimo materiale, massimo giuoco in condizione di minimo materiale.

DEFINIZIONI.

Dimensione: numero che esprime il valore di una lunghezza, su un disegno prende il nome di quota.

Dimensione nominale: quota ideale che il si vuole realizzare.

Dimensione limite massima e minima: sono le due dimensioni estreme ammissibili di un pezzo entro le quali vi deve essere la dimensione effettiva

Massimo materiale: dimensione massima per un albero, dimensione minima per un foro.

Minimo materiale: dimensione minima per un albero, dimensione massima per un foro.

Scostamento: differenza fra la dimensione nominale e quella effettiva.

Scostamento superiore: differenza fra la massima dimensione e la dimensione nominale.

Scostamento inferiore: differenza fra la minima dimensione e la dimensione nominale.

Linea dello zero: linea della dimensione nominale alla quale sono riferiti gli scostamenti e le tolleranze.

Tolleranza: differenza fra scostamento superiore e inferiore.

Per Fori: IT=Es-Ei Per alberi: IT=es-ei

(2)

Le tolleranze generali prevedono quattro gradi di precisione: fine(f), media(m), grossolana(c), molto grossolana (v).

Per ogni dimensione nominale vi sono 20 gradi di tolleranza, e 27 scostamenti fondamentali.

Un generico grado di tolleranza ITn è un un gruppo di tolleranze che individuano lo stesso livello di precisione.

Media geometrica: D=√(D1X D2)

Per i fori: H è la posizione a scostamento inferiore nullo. Da A a H sono individuati dagli scostamenti inferiori, da K a ZC sono individuati dagli scostamenti superiori.

Per gli alberi: h è la posizione a scostamento superiore nullo.

Gli scostamenti JS e js prescrivono una ripartizione simmetrica del grado di tolleranza normalizzato rispetto alla linea dello zero:

JS=Ei=Es=IT/2 Js=ei=ef=IT/2

Se l’elemento da dimensionare è una features of size (elemento accoppiabile, dotato di punti in opposizione rispetto ad un asse o un piano mediano)

La dimensione di accoppiamento (size) viene definita sul componente ideale e è una caratteristica intrinseca di una features of size.

La dimensione caratteristica è invece definita sulla geometria rilevata e può essere una dimensione locale, una dimensione globale o una dimensione calcolata.

Gli accoppiamenti tra alberi e fori vengono designati indicando:

-la dimensione nominale comune ai due pezzi;

-i simboli che designano la tolleranza del foro e poi quelli relativi all’albero, separati da ‘’/’’

45 H8/g7

l’indicazione del foro precede sempre quella relativa all’albero. Inoltre è più facile lavorare le superfici esterne, ovvero gli alberi sono più precisi dei fori. Per questo motivo si accoppia un albero di grado di tolleranza normalizzato ITn con un foro di grado IT(n+1). In generale i gradi di tolleranza non devono differire di più di due valori. H7/f6, E8/f7

Per limitare i possibili accoppiamenti vengono usati due sistemi di accoppiamento:

albero base: l’albero è in posizione h, ovvero scostamento superiore nullo.

foro base: il foro è in posizione H, ovvero scostamento inferiore nullo.

(3)

PRINCIPIO D’INVULUPPO E CONDIZIONE DI MASSIMO MATERIALE

La norma ASME ha codificato come “Rule #1” il principio d’inviluppo, secondo cui non deve essere superato l’inviluppo della forma perfetta corrispondente alla forma di massimo materiale di un elemento. Secondo questa regola la forma di ogni elemento è controllata dai sui limiti

dimensionali: quando una dimensione locale si allontana dalla condizione di massimo materiale, è consentita una variazione di forma uguale all’entità di questo spostamento.

Il principio di massimo materiale prevede che più gli elementi a cui è applicato questo principio si scostano dalla condizione di MMR, più le tolleranze di forma o posizione applicate possono essere ampliate, senza compromettere la funzionalità del pezzo.

APPLICABILITà ESIGENZA MMR

Rettilineità Solo se fos(*) Planarità Solo se fos Circolarità No

Cilindricità No Forma di un profilo No Forma di una superficie No Parallelismo v Solo se fos Perpendicolarità Solo se fos Inclinazione Solo se fos Localizzazione Si

Concentricità Solo se fos Simmetria No

Oscillazione circolare No Oscillazione totale No (*) fos= feature of size

RIFERIMENTI

Gli elementi di riferimento sono particolari superfici fisiche di parti reali imperfette, mentre il riferimento o datum è l’elemento geometrico astratto che rappresenta la controparte perfetta del datum feature.

TOLLERANZE DI FORMA

Stabiliscono i limiti di variazione di una superficie o una singolarità dalla forma ideale indicata nel disegno. La forma di un elemento isolato è corretta quando la distanza dei suoi punti dalla

superficie ideale è minore o uguale alla tolleranza indicata.

Tolleranza di rettilineità

La rettilineità è la condizione nella quale un elemento lineare risulti perfettamente rettilineo. La rettilineità è una caratteristica “lineare”, tuttavia può essere applicata anche a superfici piane, cilindriche o coniche, considerate composte da un numero infinito di elementi longitudinali.

Una tolleranza di rettilineità posta su una superficie cilindrica definisce una zona di tolleranza bidimensionale individuata dall’asse del cilindro e da due rette parallele con distanza uguale alla tolleranza specificata entro quali deve trovarsi ogni generatrice del cilindro.

Tolleranza di planarità

La planarità rappresenta la condizione di una superficie avente tutti i suoi punti appartenenti allo stesso piano. La tolleranza di planarità specifica una zona tridimensionale determinata da due

(4)

piani tra loro paralleli con una distanza uguale alla tolleranza specificata. L’errore di planarità può essere misurato tramite lo spostamento di un comparatore su tutta la superficie e rilevando l’errore come differenza tra la massima e la minima misura rilevata.

Tolleranza di circolarità

La circolarità è la condizione per cui tutti i punti di una superficie di rivoluzione, ad ogni sezione perpendicolare all’asse siano equidistanti dall’asse. La tolleranza di circolarità specifica una zona bidimensionale limitata da due cerchi concentrici che radialmente è uguale alla tolleranza

specificata. L’errore di circolarità può essere misurato ponendo il pezzo da misurare su un blocco a V e utilizzando un comparatore stazionario mentre il corpo viene girato di 360°, ovviamente l’errore ottenuto è sul diametro (per ottenere l’errore di circolarità il valore ottenuto deve essere dimezzato). Oppure il pezzo può essere fatto ruotare tra le punte di un tornio parallelo, questa volta l’errore è sul raggio.

Tolleranza di cilindricità

La tolleranza di cilindricità specifica una zona tridimensionale compresa tra due cilindri concentrici entro i quali deve essere compresa la superficie. Anche se diverse sezioni eseguite con piani perpendicolari all’asse del pezzo sono circonferenze, queste possono presentare tra di loro differenze di diametro. Infatti possiamo considerare la tolleranza di cilindricità una tolleranza di circolarità estesa sull’ intera superficie cilindrica, essa può controllare contemporaneamente circolarità, rettilineità e parallelismo degli elementi della superficie.

TOLLERANZE DI ORIENTAMENTO

Controllano l’orientamento di un elemento rispetto ad uno o più riferimenti. L’elemento di riferimento può essere un elemento esistente nel pezzo (datum feature) e la sua forma deve essere sufficientemente precisa per essere utilizzata come tale.

Tolleranza di parallelismo

Un controllo di parallelismo definisce lo scostamento dal parallelismo di una singolarità geometrica.

Parallelismo di un asse rispetto ad un asse di riferimento: l’asse che si sta controllando deve essere compreso in un cilindro di diametro uguale alla tolleranza specificata, parallelo all’asse di

riferimento.

Parallelismo di un asse rispetto ad un piano di riferimento: (come sopra).

Parallelismo di una superficie rispetto ad un asse di riferimento: la superficie deve essere compresa tra due piani paralleli all’asse di riferimento.

Parallelismo di una superficie rispetto ad un piano: (come sopra).

Tolleranza di perpendicolarità

Il controllo di perpendicolarità viene utilizzato per qualificare un elemento di riferimento

secondario e terziario e, come il parallelismo, possiamo distinguere questi casi: perpendicolarità di un asse rispetto ad un altro, o rispetto ad un piano presi come riferimento; perpendicolarità di una superficie rispetto ad un asse, o un piano presi come riferimento.

Tolleranza di inclinazione (come sopra)

(5)

TOLLERANZE DI POSIZIONE

Stabiliscono i limiti di variazione di una feature di un componente, rispetto ad una posizione ideale stabilita dal disegno

e ad uno o più elementi assunti come riferimento.

Tolleranza di localizzazione

Il massimo vantaggio del dimensionamento geometrico a tolleranza si ha con l’uso di tolleranze di localizzazione in congiunzione col principio del massimo materiale. Il vantaggio nell’applicare una tolleranza di localizzazione rispetto a una tolleranza a coordinate sta nel guadagno di una zona di tolleranza del 57% più grande, a parità di tolleranza. Infatti da una tolleranza a coordinate

otterremo una zona di tolleranza quadrata, quindi il punto soggetto a tolleranza si potrà scostare dalla posizione teoricamente esatta in misura maggiore sulla diagonale del suddetto quadrato, di quanto possa farlo in qualsiasi altra direzione; mentre da una tolleranza di localizzazione

otterremo una zona di tolleranza circolare, quindi il punto potrà scostarsi dal centro di una distanza massima pari al raggio in qualunque direzione.

Tolleranze di simmetria

La simmetria rappresenta la condizione in cui i punti di tutti gli opposti elementi di due superfici sono congruenti rispetto ad un piano mediano preso come riferimento. L’errore di simmetria è lo scostamento dei punti mediani rispetto al piano preso come riferimento.

Tolleranza di concentricità

La concentricità rappresenta la condizione in cui i punti medi di tutti gli elementi diametralmente opposti di una figura di rivoluzione si trovano sull’asse o il punto centrale di un elemento di riferimento. La zona di tolleranza di concentricità è sempre circolare o cilindrica.

TOLLERANZE DI OSCILLAZIONE

Stabiliscono i limiti di variazione di una superficie o una singolarità rispetto ad una forma o posizione stabilita dal disegno durante una rotazione del pezzo attorno ad un elemento di riferimento.

Tolleranza di oscillazione circolare

Provvede al controllo degli elementi di forma circolare di una superficie. La tolleranza viene

applicata indipendentemente ad ogni posizione di misura del pezzo sottoposto a rotazione di 360°.

Questo metodo controlla contemporaneamente circolarità e concentricità.

Tolleranza di oscillazione totale

La zona di tolleranza è limitata da due cilindri coassiali posti a una distanza uguale alla tolleranza prefissata e i cui assi coincidono con l’asse di riferimento.

RUGOSITà

Gli errori che differenziano le superfici reali da quelle ideale sono di diverso tipo: macrogeometrici (di forma o posizione), o microgeometrici. Questi ultimi possono essere aperiodici, o possono ripetersi regolarmente (striature o solchi prodotti dalla lavorazione). La rugosità ha una notevole influenza sulla durata, sulla resistenza a fatica e sulla corrosione di organi meccanici.

La linea media è la linea avente la forma del profilo geometrico per la quale si ha il minimo valore della somma dei quadrati delle distanze da essa dei punti del profilo reale.

(6)

Ra (roughness arithmetical average) = 1/L

(tra 0 e L) |z| dx

LAVORAZIONI RUGOSITà MEDIA Tornitura 0,8/6 Fresatura 0,8/6

Rettifica 0,1/1,5 Alesatura 0,5/4 Brocciatura 0,4/1,5 Foratura 1,5/6

(7)

FILETTATURE

Si definisce filettatura un risalto a sezione costante, avvolto ad elica sulla superficie esterna di un elemento detto vite, o su una superficie interna di un elemento detto madrevite.

Vite e madrevite costituiscono un accoppiamento.

I collegamenti filettati sono quindi collegamenti per attrito e le viti agiscono comprimendo i pezzi da collegare. Gli elementi filettati posso agire come organi di collegamento o come organi di trasmissione, ovvero si hanno le cd viti di manovra in grado di trasformare un moto rotatorio in un moto traslatorio.

Elementi principali di una filettatura:

l’elemento fondamentale è l’elica il cui passo è definito dalla distanza fra due spire consecutive.

Forma del profilo. La figura risultante dalla intersezione del filetto con un semipiano avente per origine l’asse della filettatura è detta profilo della filettatura. Si distingue il profilo ideale che è quello che caratterizza la filettatura, il profilo nominale che può differire dal precedente per troncature e arrotondamenti, e il profilo di esecuzione che è quello effettivamente realizzato.

Passo. È la distanza fra le creste di due filetti consecutivi, misurata parallelamente all’asse dell’elicoide. Il passo è proporzionale all’altezza del filetto e indica anche di quanto avanza assialmente la vite nella madrevite ogni giro.

Numero dei principi. Quando si vuole ottenere la combinazione di un passo lungo, con una ridotta profondità del filetto si può ricorrere alla filettatura a più principi, in cui sul medesimo elemento si avvolgono più filetti elicoidali. Nel caso di viti a più principi il passo della filettatura sarà uguale al passo rilevato sul profilo del filetto, moltiplicato per il numero dei principi; quindi occorre

distinguere tra il passo del profilo (passo apparente) e il passo della filettatura (passo effettivo), che è la distanza tra due punti omologhi del fianco dello stesso filetto.

Diametro nominale. Coincide con il diametro esterno della vite e con quello interno della madrevite. Il diametro esterno è misurato sulla cresta del filetto della vite o sul fondo del filetto della madrevite. Il diametro di nocciolo è il diametro misurato sul fondo del filetto della vite o sulla cresta dei filetti della madrevite.

Angolo o senso dell’elica. È l’angolo formato tra un piano perpendicolare all’asse della filettatura e la tg condotta per un punto dell’elica risultante dall’intersezione di un fianco del filetto con un cilindro di diametro uguale al diametro medio della filettatura.

Lunghezza di avvitamento. Corrisponde alla porzione di vite che va a contatto con la madrevite;

viene misurata in lunghezza nella direzione dell’asse.

Gli elementi che caratterizzano ogni sistema di filettatura sono:

-forma del filetto (profilo triangolare, trapezoidale, a denti di sega ecc) -valori dei diametri nominali scelti per la vite e la madrevite

-valore dei passi (grosso o fine) -tolleranze di lavorazione Tipi di filettature:

-filettatura metriche iso.

Il profilo nominale della madrevite è uguale a quello base; quello della vite invece è diverso perché sul fondo i filetti hanno un arrotondamento con raggio r. La filettatura ISO prevede gioco fra la cresta del filetto della madrevite e il fondo del filetto della vite: non si assicura la tenuta stagna.

Passo grosso M10 passo fine M10x0,75 (esempi)

Le filettature a passo grosso presentano maggiore resistenza.

(8)

-filettature Whitworth

è basata su un triangolo generatore con angolo del profilo di 55º; il fondo e la cresta del filetto sono arrotondati sia nella vite che nella madrevite. Le dimensioni sono espresse in pollice. Il passo è definito in base al numero di filetti su una lunghezza assiale di un pollice.

-filettature gas

derivate dalle filettature Whitworth, si differenziano per il passo più fine. Utilizzate per tubazioni adibite al convogliamento di fluidi. Si ottiene la tenuta stagna attraverso un accoppiamento di una vite conica in una madrevite cilindrica o conica, in caso contrario bisogna utilizzare delle

guarnizioni per garantire l’ermeticità.

-filettatura trapezoidali

soni utilizzate per viti di manovra, ovvero quando ruotando la vite o la madrevite si vuole ottenere uno spostamento di due organi meccanici.

-filettatura a dente di sega

viene usata nei collegamenti filettati tra tubi sottili soggetti a sforzi intensi nel senso assiale. Tra vite e madrevite è previsto gioco assiale e un centraggio sul diametro esterno.

Le filettature si possono ottenere con due tecniche differenti: deformazione plastica (rullatura) o asportazione di materiale.

Nella rullatura dei filetti il profilo viene realizzato mediante una lavorazione a freddo su macchine ad alta produttività.

La filettatura con asportazione di truciolo può essere eseguita in diversi modi:

-maschi, costituiti da un corpo cilindrico munito di scanalature rettilinee od elicoidali separanti pettini filettatori. La zona di imbocco è quella interessata all’asportazione di truciolo, mentre la parte rimanente del maschio assolve una funzione di guida;

-le filiere, che eseguono una filettatura su una barra cilindrica avente il diametro corrispondente a quello nominale del filetto che si vuole ottenere. I primi filetti risultano smussati da un angolo di invito. Qualità mediocre e richiede molto tempo;

-filettatura al tornio, su ha sostanzialmente un’operazione di tornitura nella quale l’avanzamento per giro corrisponde al passo. Viene eseguita in più passate pertanto il suo movimento deve essere sincronizzato con la rotazione del mandrino del tornio. Bisogna prevedere una gola di scarico dell’utensile. Inoltre prima della lavorazione fine eseguito uno smusso a 45º per facilitare l’ingresso nella madrevite.

Il diametro da quotare è il diametro nominale comune alla madrevite e alla vite.

TOLLERANZE PER FILETTATURE.

Le tolleranze sono previste sul diametro esterno della vite, sul diametro medio della vite e sul diametro di nocciolo della madrevite. Tali tolleranze indirettamente tengono conto degli errori del passo e dell’angolo di profilo. La variazione da apportare al diametro medio per compensare gli errori di passo è proporzionale alla lunghezza di avvitamento. Le lavorazioni possono quindi essere precise, media e grossolana. Sono previste solo le posizioni e, g, h e G e H.

(9)

COLLEGAMENTI FILETTATI

La vite è un elemento costruttivo costituito da un gambo cilindrico filettato (tutto o in parte), recante ad una estremità una testa. La vite viene impegnata in una madrevite che può essere ricavata nel pezzo o in un dado (elemento con foro assiale filettato), costituito da un prisma esagonale o quadrato con foro filettato al centro. Vite + dato= bullone.

il collegamento tramite bullone comprime i pezzi fra la testa e il dado.

Il collegamento tramite vite mordente unisce i pezzi tramite la forza di compressione esercitata dalla testa della vite e dalla superficie dell’ultimo elemento in cui è ricavata la madrevite. Lo spostamento reciproco è impedito dalla pressione esercitata dall’estremità della vita.

Per un buono collegamento le superfici di appoggio devono essere perpendicolari all’asse.

I fori devono avere un diametro leggermente maggiore.

Le viti prigioniere sono senza testa, sono cilindri filettati da entrambe le parti: la radice viene avvitata a fondo con forzamento e il gambo viene collegata ad un dado di serraggio.

Le viti autofilettanti sono quelle viti il cui filetto è in grado di costruirsi la madrevite facendosi strada in un foro liscio di preparazione: non è previsto l’uso dei dadi e la vite è accessibile solo dalla parte della testa.

INSERTI FILETTATI

Gli inserti sono cilindri sottili internamente filettati e possono essere divisi in due categorie, con filettatura esterna o per forzamento. La prima reca all’estero una filettatura che ne consente l’avvitamento nel foro, la seconda categoria ha la superficie esterna opportunatamente lavorata per assicurare il forzamento in un foro liscio.

ROSETTE

Le rosette sono dischetti piatti forati posti fra il dado o a testa ed il pezzo da serrare. Hanno lo scopo di aumentare la superficie di appoggio, proteggere il materiale in caso di frequenti svitamenti.

CLASSI DI RESISTENZA

le classi di resistenza vengono espresse con due numeri separate da un punto (es 5.8).

Il primo indica il carico unitario di rottura e la seconda il rapporto fra il carico unitario di snervamento e il precedente.

DISPOSITIVI ANTISVITAMENTO SPONTANEO

A causa delle tolleranze di lavorazione fra i filetti della vite e quelli della madrevite c’è giuoco, pertanto si può avere un allentamento del collegamento. Per impedire ciò si possono seguire due metodi:

-mantenere sempre a contatto i filetti della vite con quelli della madrevite (sicurezza relativa);

-impedire la rotazione relativa fra vite e madrevite (sicurezza relativa se usato un bloccaggio di tipo elastico, sicurezza assoluta se si usa un dispositivo di arresto).

Dispositivi di tipo elastico di supporto al contatto sono: le rosette elastiche, il controdado, gli ancoraggi e i dadi elastici a filetto singolo.

Dispositivi di tipo elastico per impedire la rotazione sono: i dadi frenati o con inserto elastico, i dadi elastici autobloccanti e i dadi tagliati.

Dispositivi che impediscono la rotazione sono: rosette e piastrine di sicurezza, le copiglie con i dadi ad intagli, le spine e le legature.

Le rosette assicurano una spinta elastica diretta assialmente, le più comuni sono le rosette tagliate la cui efficacia è maggiore poiché l’estremità della zona tagliata si incastra fra la sede e il dado.

(10)

Le rosette coniche o a tazza possono essere inserite in parallelo per aumentare la spinta assiale e di conseguenza l’azione antisvitamento.

Il sistema con il controdado: si realizza il serraggio con il primo dado contro il pezzo da bloccare, si serra un secondo dado contro il primo. Il tratto di gambo della vite fra i due dadi risulta in tensione e reagisce premendo i dadi l’uno contro l’altro: tale azione risulta perciò svincolata dagli elementi collegati e quindi risente poco di eventuali deformazioni degli stessi.

I dadi con inserto elastico presentano un anello torico in nailon che opponendo resistenza

all’avanzamento in senso assiale della vite spinge verso l’alto il dado creando attrito fra i filetti, e la deformazione dell’anello genera una spinta radiale che ne impedisce la rotazione.

I dadi autobloccanti hanno un prolungamento conico sopra il dado esagonale di base. Su tale prolungamento vi sono degli intagli determinando dei denti piegati leggermente verso l’interno, il diametro della filettatura diminuisce verso l’estremità. Dadi creano una spinta radiale ostacolando la rotazione.

I dispositivi a sicurezza assoluta si basano sull’impiego simultaneo di un dado ad intagli e di una copiglia. Le rotazioni di viti o dadi può essere impedita anche attraverso una legatura.

(11)

COLLEGAMENTI SMONTABILI NON FILETTATI Il collegamento fra due o più parti può essere necessario per:

-evitare la rotazione reciproca;

-evitare la traslazione reciproca;

-assicurare un centraggio o una posizione;

-garantire una sicurezza contro uno smontaggio spontaneo od impedire lo spostamento oltre ad un certo limite.

Chiavette. Sono prismi a sezione rettangolare a larghezza costante e spessore decrescente;

vengono incastrate per circa metà del loro spessore nel mozzo e l’altra metà nell’albero in apposite cave. L’inserimento è forzato, il forzamento radiale lascia giuoco circonferenziale fra i fianchi della chiavetta e quelli della cava. La trasmissione del modo avviene per attrito. Se vengono usate due chiavette è meglio porle a 90 o 120. Si possono avere diversi tipi di chiavette: chiavette diritte, ribassate (la cava è solo nel mozzo) e chiavette ribassate concave. Le chiavette posso avere un nasello per facilitarne l’estrazione. Le chiavette tangenziali trasmettono grandi potenze a basse velocità, sono montate a 120°.

Linguette. sono simili alle chiavette ma hanno tutte le facce parallele. Il momento torcente viene trasmesso dal fianco della cava sull’albero a quello della cava nel mozzo, tramite linguetta che viene, quindi, assoggettata ad una forza di taglio. Deve essere montata con accoppiamento preciso sui fianchi e con giuoco radiale. Non bloccano assialmente.

Spine e perni. Sono definiti perni gli elementi cilindrici costituenti particolari di macchine, con funzione di fulcro per parti rotanti, di arresto, di centraggio e di collegamenti (in questo caso si parla di spine). Si possono classificare per la funzione (spine di collegamento, spine di riferimento) o per forma (cilindrica, coniche, elastiche).

Le spine cilindriche possono essere usate come perni per cerniere, come collegamento fra alberi e manicotti o come blocco per limitare rotazioni o scorrimenti.

Le spine coniche sono definite dal loro diametro minore corrispondente al diametro di foratura delle loro sedi.

Le spine di centraggio sono rettificate e vengono forzate nel foro praticato in uno dei pezzi, mentre si inseriranno con accoppiamento scorrevole nel foro corrispondente. Si hanno inoltre spine coniche munite di codolo filettato per una estrazione più facile.

Le spine elastiche si basano sul principio di avere una spina che ha un diametro leggermente maggiore rispetto a quello del foro. Non richiedono una importante lavorazione. (es spine tagliati, a spirale, ad intagli).

L’albero e il mozzo possono essere accoppiati mediante scanalato. Distinguiamo scanalature a fianchi paralleli e scanalature ad evolvente. Nei primi l’accoppiamento viene centrato sulla superficie interna, i secondi realizzano un ottimo centraggio sui fianchi stessi, consentendo alte velocità.

Per impedire lo spostamento assiale relativo di due elementi si fa largo uso di anelli elastici con diametro interno leggermente minore di quello dell’albero. Questo provoca forze radiali che lo bloccano nella sede. Più comune anello segeer.

(12)

COLLEGAMENTI PERMANENTI

Si definiscono permanenti o fissi i collegamenti che una volta realizzati non possono permettono la separazione delle parti. Si posso avere:

-collegamenti forzati. Tali collegamenti sono ottenuti mediante elevate forze di attrito generate, dalle deformazioni elastiche degli stessi elementi da collegare (es albero mozzo con interferenza).

-collegamenti chiodati. Per costruzioni meccaniche i chiodi comprimono i pezzi da collegare e il bloccaggio deriva dall’attrito fra i pezzi stessi. I chiodi sono costituiti da un gambo cilindrico con all’estremità una testa.

-collegamenti saldati. La saldatura è un processo tecnologico che consente di realizzare una giunzione stabile fra due o più parti. Il collegamento avviene mediante la loro parziale fusione in prossimità della giunzione per effetto di un riscaldamento localizzato.

La saldatura autogena si può eseguire con o senza materiale d’apporto e il metallo base partecipa per fusione alla costituzione del giunto saldato.

La brasatura viene invece ottenuta per sola fusione del metallo d’apporto.

Nell’ambito della saldatura autogena ricadono i processi di saldatura per fusione e quelli per pressione, mentre nell’ambito dei processi di saldatura eterogena si ha anche la saldobrasatura oltre alla brasatura.

Saldatura per fusione. Fusione localizzata dei lembi delle parti da saldare, generalmente in

presenza di materiale d’apporto. L’energia può essere fornita da una fiamma (saldatura a gas) o da un arco elettrico (saldatura ad arco).

Saldatura a resistenza. È un processo di saldatura autogena per pressione dove il calore richiesto è prodotto per effetto Joule dalla resistenza elettrica delle parti da saldare, attraversate da corrente elettrica. La saldatura avviene per fusione localizzata senza metallo d’apporto.

Saldature eterogenee. Sono processi nei quali l’unione fra le parti è ottenuta per azione del metallo di apporto.

Una saldatura viene di solito caratterizzata da:

-tipo di giunto saldato;

-forma della saldatura o del cordone;

-dimensioni del cordone;

-processo utilizzato.

L’esecuzione della saldatura consiste in una lavorazione meccanica delle parti da saldare;

operazioni di puntatura per fissare la posizione delle parti; esecuzione della saldatura; rimozione della scoria. I lembi sono le superfici interessate dalla deposizione del cordone, il giunto è la zona nella quale si realizza il collegamento. Saldature continui= il cordone non ha interruzioni; saldature interrotte= il cordone è costituito da tratti uniformemente intercalati da tatti non saldati.

Incollaggi. Collegamenti stabili ottenuti medianti adesivi posti fra le parti da collegare.

(13)

TRASMISSIONE DEL MOTO

Trasmissioni rigide. La trasmissione può avvenire per mezzo di una ruota calettata sul primo albero, la cui superficie periferica liscia prema sulla corrispondente superficie di una ruota calettata sul secondo. In questo caso parliamo di ruote di frizione e la trasmissione avviene per attrito. Se vi sono elevati velocita si ha slittamento. Imponendo che si abbia la stessa velocità V nel punto di contatto: V=wr=w’r’ e quindi detto t il rapporto di trasmissione:

t=w/w’=r’/r e poiché wr=πnd t=n/n’=d’/d

dove n sono il numero di giri nell’unita di tempo e d il diametro della ruota motrice. (n’d’ per la condotta).

Il verso di rotazione è opposto, per avere lo stesso verso bisogna usare una terza ruota fra le due.

La trasmissione del moto è più sicura e regolare se si usano ruote dentate, la trasmissione avviene per spinta dei denti della ruota motrice su quella condotta.

Si considerino due circonferenze tangenti in un punto ed una retta che intersechi in tale punto la tangente comune secondo un angolo. L’angolo è detto angolo di pressione e dà la direzione della retta di azione delle forze che si scambiano i denti delle due ruote. Solo la componente tangente alla direzione è utile per la rotazione. Gli elementi caratteristici di una ruota sono: la circonferenza primitiva, la circonferenza esterna, la circonferenza interna ed il passo definibile come distanza fra le mezzerie di due denti consecutivi misurata sulla circonferenza primitva.

Una ruota viene definita indicando il numero di denti, ed i paramentri fondamentali del profilo dentato: angolo di pressione e modulo. Il modulo è proporzionale alle dentature ed è definito come il rapporto fra il diametro primitivo e il numero di denti. Si avrà quindi m=D/z e di

conseguenza p=πD/z=πm. Due ruote per ingranare devono avere lo stesso passo e quindi lo stesso modulo.

Le dentature elicoidali consentono un ingranamento più silenzioso e graduale rispetto a quelle diritte e una riduzione del numero dei denti. Con le ruote a denti elicoidali si può acre trasmissione di moto fra alberi sghembi.

Trasmissioni flessibili. Quando gli alberi sono posti ad una distanza tale che non risulta conveniente l’ingranaggio si utilizzano degli organi flessibili come cinghie e catene. Le cinghie trasmettono il movimento per attrito su pulegge calettate sugli alberi. Il tratto di cinghia che va verso la ruota condotta si dice conduttore, l'altro si dice condotto e risulta poco teso. Si hanno cinghie piatte, trapezoidali e dentate.

Riferimenti

Documenti correlati

L’utilizzo delle tolleranze generali secondo EN 22768 deve essere specificato nei pressi o all’interno del riquadro delle iscrizioni citando la norma ISO 2768, precisando la classe

- Consultare le tabelle degli accoppiamenti raccomandati, individuando quello raccomandato più prossimo a quello assegnato e tale da garantire la stessa condizione

Per il secondo tipo di matrici la scelta della posizione nella prima riga in cui inserire il valore 1 si può effettuare in 7 modi diversi; fissata una di tali scelte, la scelta

 Per calcolare il lato della tolleranza 1 («lato non critico»), le tolleranze secondo la tabella 3 vanno applicate al valore minimo o al valore massimo dell’intervallo

2011: fallimento della Compagnia di Assicurazione che forniva copertura assicurava alla ASL 2 “Savonese” e, in parte, alla ASL 1 “Imperiese”.... Programma assicurativo per rischi di

I valori dello stato patrimoniale non ancora espressi con riferimento all’unità di misura corrente alla data di riferimento del bilancio devono essere rideterminati applicando un

Un’immagine comoda per rappresentarsi la situazione è quella di una successione di pezzi di domino messi in piedi in equilibrio precario , distanti tra loro meno della loro

Pertanto, s’impone che l’obbligo informativo del medico e il diritto all’informazione del paziente minore (e della coppia genitoriale) vengano adeguati al contesto specifico e che