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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE. Corso di Laurea in Economia e Commercio

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI VERONA

DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE

Sede di Vicenza

Corso di Laurea in Economia e Commercio

IL MERCATO DEL GLUTEN FREE IN ITALIA:

UN’OPPORTUNITA’ DI BUSINESS PER LE IMPRESE?

Relatore

Ch.mo Prof. Federico Brunetti

Laureando

Riccardo Vettore, VR402060

Anno Accademico 2016/17

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SOMMARIO

CAPITOLO 1: IL MERCATO DEGLI ALIMENTI ‘SENZA GLUTINE'

1. INTRODUZIONE GENERALE 1

2. CARATTERISTICHE DELLA DOMANDA 3

3. TIPOLOGIE DI PRODUTTORI 4

4. ANOMALIE DEI CANALI DISTRIBUTIVI 6

5. IMPORTANZA DELLA ‘RICERCA E SVILUPPO 10

6. UNO SGUARDO AI MERCATI ESTERI 12

CAPITOLO 2: PERCHÉ INSERIRSI IN QUESTO SETTORE?

MOTIVAZIONIECONOMICHE

1. MIGLIORI MARGINI DI GUADAGNO 13

2. MERCATO NON SATURO E DI NICCHIA 16

3. AUMENTO DEI CONSUMATORI 18

MODEALIMENTARIESENSIBILITA'ALGLUTINEINAUMENTO

1. SCELTA DI CONSUMO SALUTISTICA 20

2. SCELTA DI CONSUMO DOVUTA 23

CAPITOLO 3: COME INSERIRSI IN QUESTO SETTORE?

STRATEGIECOMPETITIVE

1. STRATEGIE DI PREZZO O DI DIFFERENZIAZIONE? 27

2. BARRIERE ALL'ENTRATA 29

SCELTEDIPRODUZIONE

1. PRODUZIONE INTERNA O ESTERNALIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE PRESSO TERZI? 31

STRATEGIEDIMARKETING

1. MARKETING DI MASSA QUASI ASSENTE E MARKETING RELAZIONALE 34

2. IMPORTANZA E RIPERCUSSIONI ECONOMICHE DEL BRAND DEL PRODOTTO E DEL MARCHIO 38

3. “SPIGA BARRATA ACCREDITATO DALL’ASSOCIAZIONE ITALIANA CELIACHIA 42

4. INFLUENZE DEI FOOD BLOGGER E PERSONAGGI FAMOSI,INFLUENCER IN POSITIVO E IN NEGATIVO 44

CAPITOLO 4: CASO AZIENDALE DR. SCHAR SPA, TENDENZE E SCELTE PRODUTTIVE FUTURE, CONCLUSIONI

0. INTRODUZIONE ALL'AZIENDA 48

CANALEDISTRIBUTIVO

1. FUTURO DELLOFFERTA DEI PRODOTTI: PREVARRANNO LE FARMACIE, LA GDO O I MERCATI ONLINE? 50

PREZZI

1. QUALE SARÀ LORIENTAMENTO DEI PREZZI NEL LUNGO PERIODO? 52

DOMANDAEOFFERTA

1. AUMENTO DEL NUMERO DEI PRODUTTORI E/O DELLA VARIETÀ DELLOFFERTA DEI PRODOTTI O CONTRAZIONE,

L'INCREMENTO DEL MERCATO DEL FUTURO? 54

CONCLUSIONI 57

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IL MERCATO DEL ‘GLUTEN FREE’ IN ITALIA: UN ’OPPORTUNITA’ DI BUSINESS PER LE IMPRESE?

1. IL MERCATO DEGLI ALIMENTI ‘SENZA GLUTINE’

1. INTRODUZIONE GENERALE

Il mercato alimentare degli ultimi anni si è caratterizzato dalla notevole quantità e qualità di prodotti alternativi che vengono offerti: si va dal biologico, al ‘senza zuccheri e additivi’, al vegano e vegetariano, all’etnico (prodotto alternativo e richiesto anche dagli immigrati), ai prodotti delle erboristerie ed infine al ‘gluten free’ (senza glutine).

Un’area d’affari tra queste è soggetta ad un’evidente crescita ed espansione ed oggetto dell’analisi della tesi: il mercato del ‘gluten free’.

Mercato, originariamente nato per pochi soggetti e monopolio di vendita esclusivo delle farmacie, nel tempo si è espanso ed evoluto fino ad interessare i grandi produttori alimentari e le principali catene distributive. Sempre più supermercati e negozi alimentari aumentano l’offerta di questi prodotti: dedicano specifici comparti/corsie e nascono nuovi negozi specializzati esclusivamente in questa merceologia. In farmacia quasi sempre si nota il grande spazio che viene riservato alla vendita di questi alimenti.

Di fronte a questa evidenza sorgono alcune domande e alcune curiosità: cosa avviene nella dinamica della domanda e offerta di questi prodotti? Perché nel mercato alimentare si osservano fenomeni originariamente di nicchia espandersi? In cosa si differenzia e da cosa si distingue questo settore rispetto al generico settore alimentare e perché è un fenomeno di tale interesse?

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Negli ultimi anni il prodotto senza glutine, inizialmente indirizzato a pochi soggetti considerati

‘pazienti’, diventa un prodotto di moda, ritenuto salutare e di comune utilizzo, prodotto indirizzato a una massa di consumatori molto ampia. (Nielsen1, 2017)

Si assiste ad un incremento dell’offerta, come conseguenza della maggior domanda di questi ultimi anni, ed un aumento del numero e varietà di produttori che attraverso il loro ingresso nel settore stanno modificando le dinamiche originarie di questo business. Dall’iniziale oligopolio di pochi produttori specializzati nell’alimentazione celiaca ora c’è una condivisone di fette di mercato con i colossi dell’alimentazione (es. Barilla, Nestlé, Buitoni, Galbusera, ecc.) che hanno deciso di creare e affiancare nuove linee produttive alla già loro variegata offerta e farsi spazio in questa nuova tendenza di business.

Alcune motivazioni di queste dinamiche sono collegate a:

1. settore che ha degli evidenti vantaggi in termini economici per i produttori, si creano migliori margini di profitto in termini ricavi-costi rispetto ad altri prodotti;

2. settore tutelato e protetto dal Servizio Sanitario Nazionale;

3. presenta inoltre altre opportunità che verranno definite nei prossimi capitoli.

In questi ultimi anni il mercato del ‘gluten free’ è sostenuto dalla richiesta che arriva da numerosi ambiti sociali, dal campo medico, sportivo a quello nutrizionale. Fenomeni che fanno da volano per questa nuova opportunità imprenditoriale. Per capire alcune motivazioni di questo ‘trend’ è opportuno iniziare con l’analizzare le caratteristiche di questo business e come esso si differenzi dal generale mercato dei prodotti agroalimentari.

1Nielsen è un’azienda multinazionale statunitense che effettua rilevazioni e stime di mercato.

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3 2. CARATTERISTICHE DELLA DOMANDA

In Economia si è soliti distinguere e descrivere la curva di domanda di un bene attraverso un grafico quantità-prezzo analizzandone alcune caratteristiche strutturali, tra le quali la concentrazione, la rigidità, la differenziazione ed infine l’elasticità. Con il termine elasticità definiamo l’entità della variazione della quantità domandata di un prodotto in relazione alla variazione del suo prezzo. Si distinguono al riguardo due forme tipiche, della curva di domanda, nella realtà dei beni alimentari acquistati: domanda elastica e domanda anelastica. Se si analizza il generico mercato alimentare, osserviamo che tendenzialmente all’aumentare del prezzo di un prodotto la quantità acquistata diminuisce, la domanda dunque è definita elastica. Se invece ci si focalizza solo nel settore alimentare del ‘gluten free’, specificatamente del mercato italiano, si registra la prima anomalia e differente andamento.

Partendo dal presupposto che la maggior parte dei prodotti ‘senza glutine’ in Italia venga acquistata da diagnosticati celiaci è interessante analizzare il sistema di offerta che si discosta da quanto avviene in altri paesi dove i prodotti specifici per celiaci sono presenti, assieme agli altri prodotti, nei punti vendita tradizionali senza particolari specificità o con al massimo un’etichettatura per permettere al cliente una veloce ricerca della tipologia.

Nel caso italiano, essendo l’alimentazione senza glutine l’unica cura disponibile per la celiachia2, il Servizio Sanitario Regionale si fa carico di agevolare l’acquisto mediante la consegna di buoni acquisto regionali mensili di importo variabile dipendentemente dal sesso, età e Regione3.

2La dieta rigorosa celiaca per tutta la vita costituisce l’indispensabile e unica cura, al momento esistente, per la salute dei soggetti celiaci

3 Importi massimi dei buoni mensili regionali:

Fascia d’età Tetto mensile M Tetto mensile F 6 mesi - 1 anno Euro 45,00 Euro 45,00 fino a 3,5 anni Euro 62,00 Euro 62,00 fino a 10 anni Euro 94,00 Euro 94,00 età adulta Euro 140,00 Euro 99,00

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Attraverso questo meccanismo il cliente celiaco, o intollerante, non ha la normale attenzione per il prezzo del prodotto non pagando direttamente la merce acquistata. Ecco perché possiamo definire la domanda di questi beni come anelastica. (La Stampa4, 2016)

Infatti al variare del prezzo del prodotto, il consumatore non sarà particolarmente influenzato sulla quantità domandata, ma acquisterà sempre la stessa quantità andando a differenziare la scelta in base alla qualità e preferenze personali dei prodotti, fino all’esaurimento dei buoni mensili.

Bisogna distinguere e non dimenticare invece il diverso andamento, (elastico), della domanda di questi prodotti da parte di soggetti consumatori non celiaci, che devono farsi carico integralmente dei prezzi dei prodotti, in questo settore molto elevati in rapporto alla stessa tipologia di prodotto con glutine.

Si distinguono quindi diverse tipologie di consumatori interni al settore: diagnosticati e non.

Nei prossimi capitoli si vedrà i differenti sistemi di approvvigionamento e conseguenti differenze di prezzo anomale saranno da attribuirsi a questa varietà di consumatori.

3. TIPOLOGIE DI PRODUTTORI

Se si fosse introdotto questo argomento più o meno dieci anni fa probabilmente non ci si sarebbe stato molto da analizzare; i produttori dell’epoca erano pochi e limitati nell’offerta di pochi alimenti e meno attenti all’appetibilità del prodotto. Pochi erano i consumatori, e di conseguenza, pochi erano anche i produttori. L’offerta era povera e mancavano ancora molti beni per soddisfare realmente ed in modo variegato i bisogni dei soggetti che ne usufruivano.

4La Stampa, 2016: “Italia capitale del senza glutine: un affare da 300 milioni”

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Col passare degli anni si è verificato l’aumento dei soggetti intolleranti al glutine e i consumatori del settore sono aumentati. Ma non solo, a questi soggetti dobbiamo aggiungere un fenomeno che in questi anni sta dilagando, l’aumento dei consumatori mossi da scelte di vita salutistiche e coinvolti da questa nuova moda alimentare promossa in vari ambiti. Questi due fenomeni si sono sommati e hanno portato ad un significativo aumento di produttori e conseguente ampliamento dell’offerta.

Analizzando i seguenti grafici dei report nei Bilanci Sociali dell’Associazione Italiana Celiachia negli ultimi anni, e concentrando l’attenzione sui prodotti a marchio senza glutine, riconosciuti e promossi dall’associazione (marchio ‘Spiga Barrata’5), si nota un incremento del 280 % dei prodotti dal 2008 ad oggi e un aumento delle aziende licenziatarie del marchio del 20 % rispetto al 2014.

Figura Sopra: U.S. Gluten-free Foods Market; Figura Sotto: AIC Sintesi Bilancio Sociale 2016;

5Il marchio ‘Spiga Barrata’ è un marchio di proprietà del AIC (registrato nel 1995) ed è per il consumatore celiaco simbolo di sicurezza e idoneità. Viene concesso previa sottoscrizione di un contratto tra Associazione e Azienda interessata.

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Si deduce che i produttori di oggi sono molti, di diverse categorie e in continuo aumento.

In base alle loro dimensioni produttive e ruolo nel settore, si possono distinguere in tre principali categorie:

• grandi produttori specializzati esclusivamente nel settore ‘gluten free’;

• produttori di beni alimentari generici di grandi dimensioni che offrono una loro esclusiva linea produttiva senza glutine;

• piccoli produttori locali di nicchia che offrono prodotti ‘alternativi’ e ‘gluten free’.

L’andamento continuerà a crescere? Si avvertiranno rinunce ad entrare nel settore? Si arriverà mai ad una situazione di saturazione di mercato e conseguente mancanza di convenienza ad entrare in questo settore? (Capitolo 4)

4. ANOMALIE DEI CANALI DISTRIBUTIVI

Nel mercato del gluten free i canali di vendita sono diversi e conseguentemente molto differenti risultano i prezzi dei beni offerti. Individuiamo questi tre principali operatori e competitor:

- farmacie;

- negozi specializzati;

- Grande Distribuzione Organizzata (supermercati).

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Figura 3: Associazione Italiana Celiachia

Inizialmente l’unico canale distributivo di questo prodotto era la farmacia. Questo giustificava l’obbiettivo e scopo primario delle aziende nella produzione di questi alimenti e il target di clienti che si prefiggevano di avere: pazienti diagnosticati celiaci.

Figura 4: Relazione annuale Parlamento 2015 Figura 5: Aumento consumatori della dieta gluten free, Report Statista

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Si nota dai grafici, quello a destra relativo all’ultima relazione annuale del Parlamento Italiano disponibile6 e quello a sinistra relativo all’evoluzione dei consumatori del settore, il costante aumento negli anni dei diagnosticati e dei consumatori non diagnosticati, che si possono considerare indirizzati al consumo per adesioni a mode e stili di vita.

Altri soggetti della catena distributiva hanno iniziato a cogliere le opportunità che questo settore potenzialmente può esprimere al di fuori della limitata cerchia di target di consumatori celiaci e quindi al di fuori del canale distributivo delle farmacie.

Inizia con il tempo la vendita di prodotti senza glutine nei supermercati, e con i risultati positivi e il riconoscimento di accettazione dei buoni regionali nascono inoltre i primi negozi alimentari specializzati esclusivamente nell’offerta di questi prodotti di nicchia.

Bisogna però rilevare una differenza nel processo di acquisto di questi prodotti dipendentemente dal canale distributivo utilizzato e quindi dal target di clienti coinvolti.

Le farmacie e i negozi specializzati sostengono le loro vendite tramite la possibilità di ritirare i buoni spesa regionali, questo consente di attirare sicuramente una grossa fetta di consumatori, soprattutto celiaci. Ad oggi, sono pochi i supermercati convenzionati con i buoni spesa erogati dalle regioni. Probabilmente a causa degli adempimenti burocratici che potrebbero essere problematici in termini di tempo per una catena di supermercati e quindi non remunerativi dal punto di vista economico per incrementare una quota di mercato che potrebbe risultare esigua. Questo induce i soggetti intolleranti a non rivolgersi a questa tipologia di distribuzione che non accetta i buoni del SSN.

6Relazione annuale al Parlamento sulla celiachia, Anno 2015

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La procedura di vendita mediante buoni mensili prevede una macchinosa raccolta di codici a barre supplementari presenti nei prodotti per verificare negli archivi regionali dei beni che sono stati acquistati, procedura che richiede sicuramente più tempo del normale acquisto di prodotti alimentari e che risulta di difficile integrazione nelle casse particolarmente veloci ed efficienti dei supermercati, che fra l’altro si stanno dotando sempre più di casse automatiche.

Quello su cui può contare la GDO sono i soggetti che decidono di acquistare questi prodotti per scelte salutistiche autonome e quindi soggette a variazioni nei volumi della domanda. Fetta di consumatori che in questi anni sta sempre più influenzando il numero totale di consumatori di questo target di prodotti.

La maggior parte dei supermercati, non accettando i buoni, provvede a rendere il più possibile competitivo il prezzo dei beni poiché i clienti potenziali (i non diagnosticati celiaci) saranno impossibilitati dall’utilizzare i buoni e quindi molto più attenti alla scelta correlata al prezzo dei prodotti, rientrando nella normale dinamica della domanda elastica.

Nelle farmacie e nei negozi specializzati, la possibilità di accettare i buoni mensili fa confluire maggiormente i soggetti diagnosticati, attuando una politica di prezzi decisamente più elevata rispetto alle GDO, poiché i consumatori di questi canali sono meno influenzati dall’elevato prezzo dei prodotti focalizzandosi maggiormente sulla qualità.

La recente possibilità per alcuni supermercati di accettare i buoni mensili regionali probabilmente crea non poche problematiche e timori per le farmacie e negozi specializzati; è possibile che vedano,

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a potenziale rischio il loro ruolo di principali distributori per soggetti intolleranti. (Celiachia Notizie7, 2016)

Il futuro di questo mercato dipenderà molto dal canale distributivo. Se nel tempo saranno sempre più i supermercati convenzionati con il servizio di buoni regionali, le farmacie si troveranno costrette a rivalutare la loro politica di prezzo per non rischiare di perdere competitività. Oppure si potrebbe assistere, in seguito ad una permanenza della leadership delle farmacie (magari con azioni di lobbying), ad una fuoriuscita dei supermercati da questo settore?

Osservazioni che verranno discusse successivamente nel capitolo 4 attraverso un’intervista e un parere professionale della Dr. Schar Spa, attuale leader del mercato europeo.

5. IMPORTANZA DELLA RICERCA E SVILUPPO

Considerando che la fetta maggiore di consumatori del ‘gluten free’ sono a tutt’oggi soggetti diagnosticati, e quindi in presenza di una domanda anelastica, il mercato verrà determinato dalle caratteristiche qualitative e di gusto del prodotto.

La qualità di composizione dell’alimento è il fattore principale delle scelte e decisioni di acquisto da parte dei consumatori celiaci.

La tipologia di questo mercato spinge le aziende produttrici, principalmente quelle esclusivamente specializzate nel settore, a non concentrarsi sulla ricerca del processo produttivo più efficiente possibile che permetta di abbattere i costi di produzione. Risulta difficile in questo mercato di

7 ‘Celiachia Notizie’ è un quotidiano mensile che fornisce novità scientifiche e sociali del mondo ‘gluten free’ che viene fornito a tutti gli iscritti all’Associazione Italiana Celiachia (AIC)

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nicchia usufruire dei vantaggi tipici della grande produzione (economie di scala, economie di sfruttamento). Si tende a migliorare le caratteristiche qualitative del prodotto offerto, in modo da offrire un prodotto più buono, più salutare, con il gusto più simile a prodotti contenenti glutine rispetto alla concorrenza.

Per procedere a questo sviluppo qualitativo, fondamentale importanza assume il ruolo del ramo

‘Ricerca e Sviluppo’. All’interno di questo ramo organizzativo l’obbiettivo è quello di ricercare nuovi ingredienti, nuove modalità di cottura, nuovi tecniche produttive che permettano al prodotto di distinguersi in termini di gusto rispetto alla concorrenza, avendo come benchmark il corrispondente prodotto glutinato.

Analizzando il caso di un’azienda leader del settore, la Dr. Schar Spa, e osservando il processo evolutivo del ramo R&S, si può notare come questo risulti di fondamentale importanza e principale fattore di competitività per l’azienda. Dal rapporto del ‘Journal for Health Care Professionals’ del Dr.

Schar Institute (istituto per la formazione e istruzione di una società sensibile a questa problematica alimentare) si legge come nell’evoluzione dimensionale dell’azienda si sia passati da un reparto

‘Ricerca e Sviluppo’ limitato e condiviso con il reparto ‘Controllo Qualità’, al recente grande investimento e creazione di un nuovo reparto interamente dedicato alla R&S nell’ area del Science Park di Trieste con personale altamente specializzato.

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12 6. UNO SGUARDO AI MERCATI ESTERI

Il mercato italiano del senza glutine, con l’eccezione di paesi come la Croazia, Malta, Grecia o l’Inghilterra, rappresenta un’unicità nel mercato europeo. Il sostentamento economico da parte del Servizio Sanitario Nazionale rappresenta la causa della lievitazione dei prezzi dei prodotti che esula dai reali costi di produzione.

L’intervento del Servizio Sanitario nel processo di domanda di questi prodotti altera le dinamiche naturali di domanda e offerta.

Come scritto nei paragrafi precedenti, questo induce inevitabilmente le aziende produttrici ad offrire prodotti che, nella maggior parte dei casi, creano ampi margini di guadagno, poiché l’elevato prezzo a cui vengono offerti non rispecchia i reali costi di produzione.

In altri Paesi europei, non essendoci il ruolo di pagatore statale, le aziende produttrici mirano ad ottenere prodotti sì di qualità ma ad un prezzo sicuramente più ragionevole. Queste differenti dinamiche portano ad un’inevitabile differenza nei prezzi tra offerta nazionale ed offerta estera.

Questo si ripercuote nelle scarse se non assenti possibilità di esportazione ed espansione internazionale delle aziende produttrici italiane del settore (unica eccezione a questo andamento si vedrà sarà il caso dell’azienda altoatesina Dr. Schar Spa).

Esse si trovano nella condizione di non essere competitive all’esterno dei confini nazionali, la loro offerta risulta ampiamente più costosa dei competitor esteri, il consumatore tende a non acquistare i prodotti provenienti da aziende italiane magari di migliore qualità ma a prediligere prodotti di aziende estere, nettamente meno costosi. (Linkiesta, 2013)

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2. PERCHE’ INSERIRSI IN QUESTO SETTORE

MOTIVAZIONI ECONOMICHE

1. MIGLIORI MARGINI DI GUADAGNO

Con il termine margine di contribuzione (di primo livello) si intende la differenza esistente tra il prezzo di vendita di un prodotto e i costi variabili unitari necessari per produrlo. Differenza che, se positiva e superiore all’entità dei costi fissi, consente di ottenere un utile dalla vendita di quel determinato prodotto e quindi una convenienza e sostenibilità di quella produzione o linea produttiva. Differenti tassonomie di margini si possono riferire al ramo produttivo come al ramo distributivo. (“Il margine di contribuzione”, Borsa Italiana, 2010)

Nella distribuzione non si parlerà più di margine di contribuzione bensì di margine commerciale (differenza percentuale esistente tra il prezzo di acquisto all’ingrosso e il prezzo di rivendita del distributore). Entrambi i canali (distributivo e produttivo) necessitano di ottenere margini positivi per la loro sostenibilità e per operare in questo business nel lungo periodo.

Per descrivere il vantaggio delle aziende di questa area d’affari rispetto ad altri produttori del settore alimentare si analizza il ramo distributivo del percorso P-D-C (produzione, distribuzione e consumo).

La prima considerazione è inerente ai canali distributivi (negozi specializzati, le farmacie e i supermercati) di questi prodotti hanno poche se non nulle capacità di influenzarne i prezzi di vendita. Questi sono inizialmente stabiliti dalle aziende produttrici.

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14 Lo schema di vendita consiste:

• Il produttore notifica al Ministero della Salute il prezzo di vendita dei beni da lui prodotti;

• Se i prodotti vengono venduti nei canali distributivi convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, il negoziante può richiedere e ottenere il rimborso statale;

• Il negoziante deve documentare l’acquisto mediante la prescrizione medica rilasciata al cliente/utente e il codice a barre aggiuntivo (prova di acquisto) presente nel prodotto;

• La Regione, una volta verificato l’acquisto, provvederà a rimborsare al negoziante i buoni spesa incassati; l’entità del rimborso sarà quella indicata nel buono riscosso.

(Celiachiamo.com, 2013)

Questo sistema consente ai produttori di decidere liberamente il prezzo del prodotto sapendo che l’altra parte contrattuale (SSN) sarà meno interessata a valutare la convenienza del prezzo rispetto a quello che può fare un singolo cliente in normale condizioni di mercato.

Bisogna inoltre valutare il fatto che inizialmente il mercato proponeva pochi prodotti ‘gluten free’

in un regime oligopolistico. Ora che l’offerta è aumentata si potrebbe valutare anche una comparazione dei prezzi definendo dei prezzi massimi di rimborso per le varie categorie merceologiche.

Questo sistema di vendita permette all’azienda produttrice di vendere prodotti a prezzi nettamente superiori rispetto a prezzi in condizioni di perfetto funzionamento e concorrenza del mercato, permettendo alle aziende di creare prodotti con margini di guadagno molto ampi (per un marchio di cioccolatini ‘gluten free’ si è arrivati a prezzi quasi impensabili come 100 euro/kg).

I costi di produzione, tra i quali le materie prime necessarie per produrre, e la necessità di avere linee produttive separate, sono sicuramente più elevati rispetto ai prodotti glutinati ma

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percentualmente non così costosi da giustificare il prezzo di vendita finale che viene proposto nei canali autorizzati alla riscossione dei buoni.

Per il cliente finale i prezzi sono alti. Non ci sarà nessun interesse ad abbassarli da parte dei produttori fintantoché il Servizio Sanitario Nazionale non sarà in grado di verificare e negoziare sul prezzo dichiarato dall’impresa produttrice.

Dal punto di vista esclusivo dei canali distributivi bisogna considerare un ulteriore aumento di prezzo. I distributori per perdurare nella loro attività devono applicare una maggiorazione al prezzo dei beni offerti rispetto al loro prezzo di acquisto con il produttore. Questa maggiorazione viene definita come mark up o quota di ricarico.

Nella realtà quotidiana vediamo grandi differenze di prezzo e quindi di quota di ricarico applicata tra i due principali canali distributivi: farmacie/negozi specializzati rispetto ai supermercati.

Nella GDO le stesse tipologie di prodotti sono spesso oggetto di sconti, probabilmente il prezzo di vendita all’ingrosso varia in base ai canali distributivi (Capitolo 4).

I negozi specializzati e le farmacie concentrano e mirano la loro attività per i clienti diagnosticati celiaci e cercano di ottenere dei guadagni dalla vendita dei prodotti. I supermercati sono interessati all’altra fetta di consumatori, ossia dall’indotto generato dalle famiglie o amici dei soggetti-clienti celiaci e/o dall’enorme indotto generato delle recenti mode alimentari cosiddette “salutiste”.

Essenzialmente in questo settore, i supermercati, tenendo i prezzi il più bassi possibile per attirare il loro target di clientela, hanno limitati se non nulli margini di guadagno derivanti dalla vendita di questi prodotti. Il loro interesse riguarda principalmente la capacità di gestire l’offerta di questo mercato di nicchia dando visibilità ai prodotti esposti negli scaffali e corsie adiacenti. Il supermercato è a conoscenza di non poter contare sul margine creato da questi prodotti che, seppur popolari in questo ultimo periodo, non sostengono i guadagni delle grandi catene distributive.

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Un tentativo da parte di alcuni supermercati (Coop, Famila, Carrefour, ecc.) di rendere questi prodotti vantaggiosi riguarda la vendita a proprio marchio (Private Label). Questo permette di migliorare la profittabilità della loro vendita andando a gestire quelli che sono i costi di distribuzione e di marketing in modo più efficiente rispetto alla vendita di prodotti di marca. (Rapporto Coop, 2017)

2. MERCATO NON SATURO E DI NICCHIA

Il mercato del gluten free è originariamente definibile come un mercato di nicchia e attualmente anche come un mercato di moda e orientato a una massa di consumatori.

Con il termine di nicchia indichiamo una parte di mercato ben definita, ristretta e accomunata da una stessa tipologia di prodotti e/o clientela. All’interno di questo spazio si può individuare un senso di appartenenza e di collaborazione tra i clienti (per esempio l’adesione all’Associazione Italiana Celiachia). Nei mercati di nicchia si trovano i prodotti di nicchia, che si rivolgono ad una particolare e limitata porzione di pubblico, nel nostro caso prodotti di genere alimentare con determinate specifiche organolettiche.

La saturazione di un mercato avviene in due principali circostanze:

1) Quando il potenziale produttivo delle imprese supera le reali capacità di assorbimento dei prodotti da parte dei consumatori;

2) Quando viene soddisfatta la totalità dei bisogni dei consumatori da parte della capacità produttiva delle imprese del settore.

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Il settore ‘gluten free’ si caratterizza per la vasta gamma di prodotti presenti sul mercato.

La mancata saturazione del mercato si può individuare nella non ancora totale soddisfazione dei bisogni del consumatore celiaco.

Il consumatore si trova di fronte ad una vasta gamma di vendita ma non ha ancora raggiunto la piena soddisfazione in termini di gusto e qualità dei prodotti offerti. Non si è ancora in grado di produrre un pane comparabile alle caratteristiche del pane con farina di grano, i biscotti senza glutine risultano molto più friabili dei concorrenti glutinati; la pasta per quanto di gusto e consistenza simile alla gemella glutinata soffre di resistenza alla cottura e tende facilmente a rompersi. La mancata saturazione riguarda la possibilità per le imprese di andare a creare nuovi prodotti capaci di innovare in senso qualitativo e riuscire a soddisfare a pieno i gusti del consumatore. Attraverso una possibile innovazione di prodotto questo settore vede numerose possibilità di incontrare i bisogni dei consumatori non ancora pienamente soddisfatti.

Figura 6: tipologie di mercato

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18 3. AUMENTO DEI CONSUMATORI

In questi ultimi anni il numero di consumatori di prodotti senza glutine è nettamente aumentato.

(Osservatorio AGR, 2017)

Due sono le motivazioni riconducibili a questa dinamica:

1) I soggetti diagnosticati celiaci, sensibili al glutine e allergici al grano sono in continuo aumento anche a causa di una maggiore sensibilità al problema e alle nuove capacità diagnostiche in campo medico;

2) Il prodotto senza glutine sta acquistando sempre più popolarità, in campo medico in campo dietetico e in campo sportivo e dello spettacolo, aumentando il numero dei consumatori indotti.

Figura 7 e 8: Associazione Italiana Celiachia

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1) Come evidenziato nel grafico da dati statistici forniti dall’Associazione Italiana Celiachia il numero di celiaci in Italia è in costante aumento ogni anno. A queste cifre bisogna sommare la potenzialità di tutti quei soggetti celiaci che non sono ancora stati diagnosticati: si ipotizza siano molto di più di quelli diagnosticati8.

2) “Sei milioni di Italiani consumano cibo senza glutine per moda”. (La Repubblica, 2017) L’aumento dei consumatori deriva sempre più da questa fetta di mercato.

Si sta assistendo ad:

- ascesa del cibo ‘no glutine’ in campo sportivo, dello spettacolo e attraverso ‘influencers’:

sempre più personaggi del mondo sportivo e dello spettacolo esprimono attraverso i media la loro preferenza per la dieta celiaca evidenziando miglioramenti nelle loro performance, e invogliando i loro followers ad imitarne il comportamento;

- novità in campo nutrizionale/dietetico dove si propongono sempre più diete che comprendono alimenti senza glutine ritenuti meno pesanti e più facilmente digeribili in caso di particolari patologie;

- nuove mode alimentari (ritenute potenzialmente pericolose) sono in aumento: la rivoluzione etica dei consumatori in prodotti e canali distributivi biologici viene ora accompagnata dalle preferenze di alimenti senza glutine, proteina che viene erroneamente considerata dannosa.

8Nelle riviste mediche specializzate si parla di “iceberg della celiachia” poiché la maggior parte dei celiaci e futuri consumatori deve ancora emergere

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Sotto più punti di vista il consumo e quindi i consumatori di questi alimenti stanno aumentando, non si può sapere se questo andamento continuerà a crescere o si stabilizzerà o addirittura potrà subire una contrazione. (Capitolo 4).

Si evidenza come in questo momento storico il mercato del senza glutine sia in ascesa e costituisca un business sempre più potente.

MODE ALIMENTARI E SENSIBILITA' AL GLUTINE IN AUMENTO

1. SCELTA DI CONSUMO SALUTISTICA

Sempre maggiori consumatori scelgono di acquistare prodotti senza glutine per ragioni di salute. La convinzione comune è che il glutine sia dannoso per l’organismo. Niente di più vero per i soggetti celiaci, per i soggetti ‘sensibili al glutine’ e per gli allergici al grano. Niente di più falso per chi non ha sviluppato nessuna forma di intolleranza nei confronti di questa proteina.

Molti soggetti, spinti da ‘influencers’, ‘food blogger’ poco informati, o da racconti ed esperienze senza fondo scientifico di loro conoscenti, si stanno sempre più convincendo che la proteina del glutine risulti particolarmente dannosa e nociva per l’organismo.

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Queste sono le principali errate convinzioni relative all’assunzione del glutine:

1) l’assunzione è dannosa indipendentemente dalla presenza o meno di patologie;

2) esiste un’unica tipologia di glutine che risulta difficilmente digeribile;

3) la celiachia è un’allergia e quindi un eccessivo consumo la può sviluppare;

4) il glutine è onnipresente;

5) il senza glutine è sempre sano e fa dimagrire;

6) può essere un ottimo regime dietetico per i figli.

Come viene specificato da molti pareri di affermati medici non c’è nulla di più sbagliato in queste affermazioni. “La scienza conferma che la dieta senza glutine non apporta nessun beneficio per la salute delle persone non celiache”. (Celiachia Notizie, 2017)

Nonostante queste evidenze empiriche, la moda del gluten free è in continua ascesa. Questo a testimoniare la scarsa informazione di chi intraprende queste diete ma anche l’ovvio scarso interesse da parte dei produttori ad informare sulla non necessità di consumare i loro prodotti.

Figura 9: Global Food and Beverage Trends for 2016

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Figura 10: Minnpost

Figura 11: The great gluten-free diet fad

Si evidenzia come negli anni l’interesse alla dieta senza glutine sia aumentato in modo esponenziale e come gli aumenti più considerevoli avvengano in concomitanza con pubblicazioni e dichiarazioni di personaggi molto seguiti dal pubblico (“influencers”).

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23 2. SCELTA DI CONSUMO DOVUTA

Si è osservato che il consumo definito “salutista” di alimenti ‘gluten free’ per soggetti che non ne hanno necessità è contestabile dal punto di vista medico scientifico.

Per i soggetti intolleranti il consumo di alimenti ‘gluten free’ costituisce l’unica terapia attualmente disponibile per la loro malattia9. La dieta celiaca è l’unico modo per evitare l’insorgenza di patologie anche gravi. Deve essere una dieta rigorosa, consapevole e sostenuta per tutta la vita.

Il soggetto diagnosticato ha a disposizione un ammontare di buoni mensili3 per acquistare alimenti compatibili con la sua patologia. Sono buoni erogati dalle regioni e spendibili solo in determinati punti vendita autorizzati. Il diagnosticato si rivolgerà maggiormente a canali distributivi autorizzati al ritiro come le farmacie e i negozi specializzati e solo in casi particolari (merceologia non presente nei canali distributivi autorizzati o superamento dell’importo erogato mensilmente) acquisterà alimenti senza glutine nei supermercati.

In età adulta la quota mensile spendibile ammonta intorno ai 100-140 Euro. I beni alimentari acquistabili sono per lo più beni a lento deperimento come cereali, farine, merendine, pasta, pane confezionato. Questo porta inevitabilmente ad una lunga durata dei beni acquistati e ad un lungo utilizzo e “smaltimento” che facilmente prosegue oltre il mese. Questo può in molti casi spingere a consumi non del tutto necessari per la sola finalità di utilizzare e non “sprecare” la totalità della somma del buono corrisposta.

Considerazioni che fanno discutere sull’entità e sui termini di scadenza della somma corrisposta attraverso i buoni. Forse si potrebbe valutare la possibilità di prolungare la scadenza dei buoni a validità annuale e magari rivalutarne le somme.

9La celiachia è una malattia autoimmune e non una semplice allergia o intolleranza (“Cos’è la celiachia”, AIC)

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Si potrebbe inoltre valutare la sostituzione dei buoni mensili con sistemi di detrazioni o deduzioni che potrebbero modificare l’entità del consumo di questi soggetti.

Un’ulteriore considerazione riguarda il supporto fisico/cartaceo dei buoni. I buoni vengono stampati e consegnati circa ogni sei mesi in fogli di carta, spetterà al soggetto che li riceve suddividerli per mese e firmarli uno ad uno. Sono documenti particolarmente personali e importanti e in caso di smarrimento bisogna sporgere denuncia. Solo alcune regioni (Toscana e Lombardia) stanno attualmente sperimentando un sistema di buoni digitale. Probabilmente il buono in versione digitale o utilizzabile mediante un software ridurrebbe i costi, sarebbe facilmente utilizzabile su uno smartphone e ne semplificherebbe l’utilizzo, diventerebbe più difficile da smarrire e renderebbe più veloce l’incasso dei negozianti. (Il consumo da parte dei non diagnosticati può essere oggetto di incognite relative all’andamento futuro della loro domanda: l’interesse per il settore rimarrà stabile, diminuirà o addirittura incrementerà?)

Il consumo dei diagnosticati risulta invece più quantificabile anche in proiezione.

Il consumo di questi beni sarà obbligato e valutabile in termini di volumi di acquisto richiesti in base alle previsioni mediche di incremento della malattia o di altre patologie ad essa correlate (‘Gluten Sensivity’10, allergia al grano).

Anche per i diagnosticati però potrebbero sorgere delle incognite: in un futuro se si dovesse trovare una cura che non sia solamente la dieta per questa malattia autoimmune il consumo di alimenti senza glutine potrebbe non essere più indispensabile, come reagiranno le imprese del settore?

10La Gluten Sensitivity è quella condizione in cui in seguito all’ingestione di glutine siamo in presenza di sintomi in buona parte sovrapponibili a quelli della celiachia e della sindrome da colon irritabile ma non c’è atrofia dei villi intestinali né risposta autoimmune dell’organismo. (BMC Medicine)

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Il cibo senza glutine potrebbe perdere di importanza e il core business di molte imprese potrebbe essere minacciato.

I produttori potrebbero opporsi alla divulgazione scientifica delle nuove scoperte mediche in quanto sensibile minaccia per la loro sostenibilità economica? Le imprese del settore piuttosto che finanziare ricerche mediche potrebbero valutare una differente tipologia di ricerca: creazione di cereali modificati geneticamente, creazione di sistemi per la produzione di frumento ‘deglutinato’

più semplici ed efficaci, innovazioni di prodotto, ecc.

È stata prevista un’alternativa al core business o vi è la convinzione che la dieta senza glutine potrà perdurare indipendentemente dalla presenza o meno di una nuova terapia che renda nuovamente tollerabile il glutine? (Capitolo 4)

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CAPITOLO 3: COME INSERIRSI IN QUESTO SETTORE?

STRATEGIE COMPETITIVE

Le strategie competitive riguardano i percorsi di azione di lungo periodo che le imprese possono intraprendere per ottenere un vantaggio nei confronti dei competitors all’interno di un determinato settore. Si individuano due principali strategie competitive: la leadership di costo (strategia di prezzo) e la strategia di differenziazione.

1. STRATEGIA DI PREZZO O DI DIFFERENZIAZIONE?

La strategia di prezzo consiste nell’offrire il prodotto al prezzo più basso rispetto ai concorrenti in modo da indirizzare la clientela all’acquisto del proprio prodotto ritenuto più economicamente conveniente. (‘Impresa e Management tra competitività e progresso’, Giappichelli)

Si è osservato nei precedenti paragrafi che la fetta di consumatori più importante di questo settore è rappresentata da clienti diagnosticati e quindi esentati. Clienti che non individuano il prezzo dei prodotti come principale fattore di preferenza di acquisto.

La strategia di differenziazione consiste nel proporre un prodotto alternativo sotto il profilo merceologico, tecnico, estetico o psicologico rispetto alla concorrenza. Si offre al consumatore un prodotto ‘preferibile’ e percepito come ‘unico’ nel suo genere rispetto ad altri prodotti. La percezione dell’unicità del prodotto da parte del consumatore rende disponibile quest’ultimo a pagare un prezzo superiore rispetto a quelli della concorrenza; il cosiddetto premium price11.

11“Impresa e management tra competitività e progresso”, Baccarani, Brunetti, Giaretta, Giappichelli 2015

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Questa differenziazione può generare nelle imprese un vantaggio competitivo e realizzare un maggiore margine economico se i costi impiegati per differenziare il prodotto sono inferiori al prezzo che il cliente è disposto a riconoscere e pagare.

Per attuare la strategia di differenziazione l’impresa può agire su:

- contenuto del prodotto;

- affidabilità e qualità;

- ampiezza della gamma offerta;

- design (packaging);

Considerando il settore alimentare del ‘gluten free’ diverse sono le possibilità di differenziare il prodotto.

Si può intervenire nel contenuto del prodotto utilizzando diversi ingredienti rispetto alla concorrenza (recente utilizzo della ‘farina di teff’12) che creano un gusto finale migliore. Si può intervenire sull’affidabilità e qualità offrendo un prodotto che presenti ingredienti sani, senza coloranti o conservanti e di qualità più elevata rispetto la concorrenza.

L’ampiezza della gamma offerta costituisce un possibile vantaggio se si riesce a soddisfare tutte le tipologie di prodotto richieste dal cliente (es. il marchio Schar consente una vasta scelta ‘gluten free’

tra pane, farine, merendine, pasta, ecc.) in modo da fidelizzarlo nell’acquisto dei propri prodotti e non dover ricorrere a nuovi e sconosciuti marchi.

12Il ‘teff’ è un cereale proprio dell’Etiopia ed Eritrea che grazie al suo seme finissimo è diventato di comune utilizzo nei prodotti ‘gluten free’ per le caratteristiche simili al grano.

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Si può innovare attraverso la creazione di un prodotto che prima non esisteva nel settore e che può suscitare forte interesse di acquisto nei consumatori (offerta di prodotti innovativi). Infine un vantaggio competitivo nel catturare l’attenzione del cliente si può intraprendere offrendo un prodotto di design. Anche nel campo alimentare la cura del packaging del prodotto può formare un evidente fattore di preferenza.

Riguardo al packaging, in questo settore in passato, la confezione dei prodotti ricordava più una confezione di un farmaco che di un alimento. L’interesse suscitato dalla confezione era totalmente assente, si acquistava per esigenza e non per gusto o curiosità di assaggiare il prodotto.

Da qui l’importanza di innovare anche in questo senso e rendere più piacevole l’acquisto. Con gli anni la confezione del prodotto senza glutine si migliora; dalla percezione di acquistare un farmaco si arriva a percepire il prodotto come qualcosa di ‘alternativo’, di nicchia e ricercato che suscita curiosità anche nei soggetti non coinvolti da questo regime dietetico.

2. BARRIERE ALLENTRATA

Una barriera all’entrata è, e costituisce, un ostacolo alla concorrenza di alcuni mercati. Esistono sia barriere all’entrata che barriere all’uscita13.

Oggetto del nostro interesse sono le barriere all’entrata; queste rendono difficoltoso l’ingresso nel mercato di nuovi produttori/concorrenti.

Esistono varie tipologie di barriere all’ingresso: barriere economiche, barriere tecnologiche, barriere istituzionali, barriere strategiche. (‘Lezioni di economia aziendale’, Erasmo Santesso)

13Vedi figura 12

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30

I produttori presenti all’interno del settore ‘gluten free’ sono molto numerosi considerando la dimensione e valore economico degli scambi che lo riguardano. L’elevato numero di aziende crea un ostacolo (barriera all’ingresso) per le nuove imprese che hanno desiderio e interesse nell’entrare in questo business. Nonostante ciò bisogna specificare che non esistono né barriere istituzionali né barriere tecnologiche; non esistono vincoli e norme che limitano il numero di produttori del settore ed il ‘know-how’ di produzione e del processo tecnologico alimentare è di comune conoscenza e disponibilità.

Si può quindi concludere che la difficoltà principale di queste aziende operanti nel settore, come in altre realtà, consista nell’elaborare un concreto ‘business plan’ e presentare un’idea innovativa che possa permettere al nuovo entrante di differenziarsi rispetto alla già numerosa concorrenza presente in questo settore; altrimenti, difficilmente si potrà intravedere un’opportunità imprenditoriale in questo settore.

Figura 12: le barriere economiche

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SCELTE DI PRODUZIONE

1. PRODUZIONE INTERNA O ESTERNALIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE PRESSO TERZI?

Il mondo della produzione di alimenti senza glutine presenta alcune particolarità ed esigenze produttive che altri settori alimentari non prevedono. Per produrre questa tipologia di alimenti bisogna sottostare a determinate esigenze e vincoli normativi dettati dalla necessità di evitare ogni tipologia di contaminazione con il glutine; anche una minima dose (20 parti per milione) può provocare disturbi nei soggetti intolleranti. Per ottenere la licenza di produzione di alimenti con dicitura ‘senza glutine’ l’azienda deve adeguarsi alla normativa vigente.

Le seguenti sono le principali disposizioni previste dal DTP 10814. Inizialmente è necessario compiere un’analisi del rischio che consideri:

- la presenza di glutine nelle materie prime;

- il pericolo di contaminazione durante tutte le fasi di produzione;

- la gestione del prodotto non conforme;

- l'esecuzione di prove analitiche di controllo;

- la formazione del personale.

14Il DTP 108 rappresenta uno standard di proprietà di CSQA (Ente di Certificazione di sistema e di prodotto, ispezione, formazione) che definisce i requisiti necessari per la certificazione "Senza Glutine"

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L’azienda deve inoltre richiedere determinati requisiti e controlli anche ai suoi fornitori:

- la sensibilizzazione sul tema glutine;

- la verifica dell’etichettatura;

- misure da adottare a seconda del tipo di materia prima.

Come si può osservare i produttori (e i loro fornitori) di questi alimenti devono sottostare a molte norme particolarmente vincolanti e restrittive.

Inevitabilmente questo porta a considerare le due principale possibilità produttive presenti nel settore per ricercare ed evidenziare il percorso più vantaggioso intrapreso dalle aziende:

- produzione interna

- esternalizzazione della produzione.

La produzione interna consiste nello sviluppare e creare il prodotto attraverso il proprio impianto e tecnologie produttive senza ricorrere a competenze esterne e di terzi.

L’esternalizzazione della produzione invece si caratterizza per la possibilità di svolgere alcune fasi o la totalità di processi produttivi presso strutture aziendali esterne. Esistono vantaggi e svantaggi in entrambi i casi.

Nel settore gluten free, osservando la dicitura obbligatoria presente nella confezione dei prodotti, si notano due tipologie produttive:

a) produzione in proprio, presso propri stabilimenti;

b) produzione affidata ad imprese terze.

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a) La produzione interna riguarda principalmente solo alcuni produttori del settore: i piccoli produttori artigianali e i grandi produttori specializzati solo in offerta di prodotti alimentari senza glutine.

b) Le grandi imprese alimentari (es. Buitoni, Barilla, Rummo, ecc.) ricorrono invece all’esternalizzazione della produzione presso stabilimenti di terzi. Questa differenza produttiva nasce per l’esigenza di evitare ogni possibile contaminazione.

Le piccole aziende e i grandi produttori specializzati esclusivamente nel ‘gluten free’ non hanno esigenza e convenienza economica ad esternalizzare la produzione. Queste realtà aziendali sono specializzate esclusivamente in questa offerta e non hanno eccessivi pericoli di contaminazione. Una volta messo in sicurezza l’impianto durante la fase iniziale e verificata la provenienza delle materie prime, i rischi di contaminazione si mantengono costanti, anche se non assenti.

Invece i grandi ‘colossi’ alimentari hanno diverse esigenze produttive. Queste aziende non producono solo alimenti ‘gluten free’ bensì la maggior parte della loro linea produttiva comprende alimenti contenenti il glutine. Per poter inserire nella loro offerta una linea totalmente ‘gluten free’

hanno esigenze di separazione degli impianti di produzione o possibilità di affidarsi a terzi. I rischi nel mantenere entrambe le linee produttive sono troppo elevati da gestire, quindi la convenienza è affidarsi ad ambienti privi di rischio15. Non è un caso che grandi produttori come Barilla, Rummo, Garofalo16 si affidino ad imprese terze e a diversi stabilimenti per la produzione della loro linea senza glutine. L’esternalizzazione della produzione per queste aziende porta dei vantaggi in termini di costo. Allestire in proprio uno stabilimento non sarebbe conveniente, risulta più vantaggioso affidarsi ad imprese che svolgono esclusivamente processi controllati ‘gluten free’.

15Parere professionale della Schar Spa; Dott. Gavino Baldinu, Dott. Davide Dorigati.

16La Barilla affida la sua produzione ad Andriani S.p.a., La Pasta Rummo affida la propria produzione alla Dietetic Ra S.r.l., la Garofalo produce presso gli stabilimenti di Pasta Lensi S.r.l., Galbusera invece produce presso il proprio stabilimento con linee produttive separate.

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STRATEGIE DI MARKETING

1. MARKETING DI MASSA QUASI ASSENTE E MARKETING RELAZIONALE

Nel mondo commerciale esistono differenti tipologie di marketing. Alcune più efficaci rispetto ad altre, altre più pervasive, alcune più percepibili rispetto ad altre più occulte. Il mondo del marketing è in continua evoluzione in concomitanza con l’evolversi delle dinamiche del mercato. Si è passati da un orientamento al prodotto (quando la domanda di beni superava l’offerta disponibile), ad un orientamento alle vendite e al consumatore fino ad un orientamento relazionale ed esperienziale (questa è la situazione del mercato attuale dove l’offerta dei prodotti è maggiore rispetto alla richiesta). Il marketing relazionale definisce una nuova dinamica di scambio tra i produttori e il mercato. Il consumatore e le relazioni personali che avvengono con il produttore acquistano sempre più importanza.

Figura 13: L’evoluzione del marketing

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Diverse tipologie di marketing si adattano a diverse tipologie di prodotti. Una strategia di marketing efficace per un bene di lusso si discosterà molto rispetto ad una strategia efficace per prodotti di prima necessità e comune utilizzo (commodities).

Si è osservato e analizzato che Il settore alimentare del ‘gluten free’ coinvolge una quota di consumatori in continua ascesa. Nonostante ciò il numero dei consumatori non è paragonabile ai soggetti coinvolti in altre aree d’affari alimentari (biologico, senza zuccheri, ecc.). Si evince che per quanto, negli ultimi anni, questo business possa risultare redditizio, le sue caratteristiche intrinseche (caratteristiche di gusto e prezzo) non potranno mai coinvolgere una elevata massa di consumatori.

Nell’ambito pubblicitario del senza glutine difficilmente si assiste ad un marketing orientato ad una massa di consumatori. I consumatori di questi alimenti, nella maggior parte dei casi, preferiscono affidarsi più facilmente a pareri di persone che hanno già acquistato e provato il prodotto, piuttosto che farsi coinvolgere dalla campagna pubblicitaria di un determinato marchio.

Questo settore è caratterizzato da una strategia particolarmente efficace in questi tempi: il viral marketing.

Figura 14: strategie di viral marketing

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“Il viral marketing si caratterizza per indicare una modalità di diffusione della conoscenza relativa ad un prodotto, e successivamente persuasione alla prova ed all’acquisto, che si basa sul “contagio”

esercitato attraverso il contatto tra persona e persona”17

Il “contagio” consiste nella persuasione all’acquisto esercitata da un soggetto che viene definito

“untore”.

L’untore può essere remunerato dall’impresa (in questo caso si definisce prezzolato) oppure no (soggetti con particolari capacità di coinvolgimento e persuasione). Nel mondo ‘gluten free’

difficilmente vengono coinvolti untori prezzolati per la difficoltà di raggiungere facilmente una relazione che sembri spontanea con questi soggetti. La figura dell’untore può essere involontariamente svolta da consumatori particolarmente curiosi di provare un prodotto o una novità e che se soddisfatti la consiglieranno ad altri soggetti.

Caratterizzato principalmente come un mercato di nicchia i consumatori del settore del senza glutine condividono un’unica realtà e un di senso di appartenenza. Nei principali luoghi fisici di acquisto di questi prodotti, come anche nei blog, forum o siti specializzati che trattano di questo alimenti, spesso questi soggetti intrattengono numerose relazioni con altri consumatori, condividendo le stesse necessità e confrontandosi in tema di gusto e qualità dei prodotti acquistati

Si evidenzia dunque l’importanza del fattore relazionale e la sua possibile potenzialità nel marketing di questi prodotti. Anche i produttori elargiscono omaggi ai loro clienti per spingere il consumatore a provare eventuali novità e renderlo un possibile potenziale “untore” (è il caso dell’azienda Dr.

Schar Spa che dopo l’iscrizione al loro sito spediscono a casa del nuovo iscritto un lunch box con

17‘Pervasività d’impresa e relazioni mercato: quale futuro?’ F. Brunetti

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37

prodotti-novità). Di fondamentale importanza quindi è la capacità di stupire il gusto dei consumatori in modo da attirarne dei nuovi potenziali.

Difficilmente invece si assiste ad un marketing di massa di prodotti senza glutine.

Bisogna però considerare che ultimamente nelle pubblicità televisive e nei siti di alimentazione facilmente si assiste dopo alla normale pubblicizzazione del prodotto alla comparsa della frase

“questo prodotto è anche senza glutine” quasi a connotarlo di particolari funzioni benefiche alimentari. (La Campagna 'Zero Grano’ di Galbusera ne è un esempio, o l’importanza data all’assenza di glutine del dado da brodo Star o della nocciolata Rigoni di Asiago) Questo evidenzia l’importanza data dai produttori e la loro esigenza di adattarsi al percorso dei “lifestylers” del senza glutine.

Figura 15: Esempi di pubblicità di prodotti senza glutine

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2. IMPORTANZA E RIPERCUSSIONI ECONOMICHE DEL BRAND DEL PRODOTTO E DEL MARCHIO

Nel marketing il brand del prodotto sta acquistando un ruolo sempre più importante.

Nell’evoluzione dei rapporti commerciali la tendenza è acquistare prima il brand e poi il prodotto stesso. Per esempio i consumatori Apple comprano smartphone, portatili, ecc. con il logo della mela soprattutto per le caratteristiche di cura del design, di eleganza e di qualità che comunica il brand. I consumatori Mercedes acquistano le auto a marchio Mercedes per i valori tipici tedeschi che comunica il marchio: affidabilità, precisione e rigore. Il brand, nel processo di acquisto di un prodotto, conquista sempre più importanza; il bene materiale o immateriale dotato del brand in alcuni ambiti svolge una funzione quasi marginale e residuale. Il brand si fa portatore di ideali, valori e stili cui ispirare la propria vita. I consumatori sono sempre più invogliati ad acquistare un prodotto prima per il marchio e poi per le caratteristiche proprie del bene. Questo spinge il cliente a rimanere fedele ai valori comunicati dal brand e a creare un rapporto molto più personale e stretto con quella determinata azienda produttrice. (Pervasività d’impresa e relazioni di mercato: quale futuro?

Brunetti). Queste sono le principali caratteristiche del concetto di marca valoriale.

Percorso evolutivo del brand

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La valorizzazione del marchio influenza anche il settore agroalimentare, un esempio è la campagna pubblicitaria innovativa dei tortellini Rana (impegno responsabile, qualità della vita, ricerca continua).

Anche nel settore del ‘gluten free’ il brand acquista molta importanza nelle scelte di acquisto.

Facilmente i consumatori di questo settore si fidelizzano a pochi e determinati brand in grado di soddisfare al meglio i propri gusti. L’azienda leader Dr. Schar Spa attraverso la variegata gamma di offerta di prodotti e grazie al loro riconoscibile packaging consente di individuare facilmente i loro prodotti e rimanere fedeli al loro brand per tutte le esigenze della dieta.

L’entrata nel settore dei colossi dell’alimentazione è stata favorita proprio dalla potenzialità insita dal loro brand.

Facilmente i nuovi consumatori di questi alimenti nell’acquisto dei loro primi prodotti, per esempio della pasta, andranno a comprare i marchi già conosciuti nel mercato alimentare (Barilla, Garofalo) prima di provare marche sconosciute. Nonostante questo, nel settore gluten free esistono numerosi piccoli brand che riescono a competere perché offrono determinati prodotti molto di nicchia.

Si può quindi osservare che il brand del prodotto senza glutine acquista molta più importanza nei nuovi potenziali consumatori che non sanno dove dirigere le prime scelte di acquisto e si affidano quindi ai brand più noti.

Un importante aspetto è la riconoscibilità del prodotto senza glutine. Acquistano quindi particolare valore le certificazioni specificate in etichetta e i marchi presenti sulle confezioni.

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Si possono distinguere tre tipologie di riconoscimenti dei prodotti alimentari gluten free:

- Certificazione ‘Senza Glutine’ (DTP 108);

- Marchio ‘Registro Nazionale alimento senza glutine’ del Ministero della Salute;

- Marchio ‘Spiga Barrata’ dell’Associazione Italiana Celiachia.

Figura 16: le tre tipologie di riconoscimento di un prodotto senza glutine

L’apposizione della certificazione ‘senza glutine’ negli alimenti risulta di grande impatto per il consumatore. Molti prodotti che normalmente non dovrebbero contenere farine di alcun tipo (es.

salse come maionese e ketchup, sotto oli e sotto aceti, sughi pronti, ecc.) facilmente possono contenere addensanti a base di frumento e quindi essere ritenuti pericolosi.

L’apposizione della “scritta” ‘senza glutine’ crea fiducia nel consumatore all’acquisto, anche se il prodotto dovrebbe essere naturalmente senza contenuti con glutine. Consultando gli ingredienti esposti nell’etichetta dell’alimento si può comunque osservare la presenza o meno di elementi pericolosi.

Tale procedura è però lunga e richiede particolare attenzione negli alimenti con numerosi ingredienti.

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La certificazione evidenziata sul prodotto ovvia a questa problematica e consente un’individuazione più veloce e intuitiva del prodotto con la conseguente certificazione della sicurezza del produttore nell’attenzione nell’evitare ogni possibile cross contamination18.

Il marchio circolare bianco e verde di proprietà dal Ministero della Salute consente di individuare quelli che sono gli alimenti senza glutine necessari per la dieta celiaca e quindi erogabili tramite i buoni mensili regionali. Questo marchio permette di differenziare i prodotti che sono naturalmente senza glutine (es. salse, condimenti, confetture, sughi pronti, ecc.) e quindi non erogabili, da quelli sostitutivi dei normali beni di prima necessità normalmente glutinati e necessari per la dieta (es.

pasta, pane biscotti, farine).

Il marchio ‘Spiga Barrata’ è un marchio di proprietà dell’AIC (Associazione Italiana Celiachia). Il suo ruolo consente di fornire un ulteriore maggior sicurezza nei consumatori e associati. Marchio che ha delle particolari caratteristiche e che verrà approfondito meglio nel prossimo paragrafo.

18Gli agenti infettanti/contaminanti passano da un alimento all’altro attraverso un contatto specifico, che può essere il contatto con un oggetto (quindi utensili e attrezzature), una superficie (quindi taglieri, piani di lavoro, contenitori) e/o parti del corpo del lavoratore.

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3. “SPIGA BARRATA ACCREDITATO DALL’ASSOCIAZIONE ITALIANA CELIACHIA

Il marchio Spiga Barrata’ è un marchio di proprietà dell’Associazione Italiana Celiachia che identifica un prodotto senza glutine e che si aggiunge agli altri marchi e certificazioni già descritti nel precedente paragrafo. Il marchio posto nelle confezioni degli alimenti aiuta il consumatore celiaco a verificare l’idoneità del prodotto rispetto alle sue esigenze alimentari.

Il sito ufficiale dell’Associazione Italiana Celiachia specifica:

“La Spiga Barrata è un simbolo registrato e di proprietà dell’Associazione, che alla fine degli anni ’90 ha iniziato la Concessione Controllata all’utilizzo della Spiga Barrata. Destinatari del simbolo sono tutti quei prodotti per i quali sia stata accertata l’idoneità al consumo da parte dei celiaci: contenuto di glutine inferiore ai 20 p.p.m. (parti per milione) secondo quanto indicato dalla nostra Associazione e dal Ministero della Salute.

Sino al 2005 l’accertamento dell’idoneità degli alimenti avveniva esclusivamente attraverso la Certificazione di prodotto senza glutine, realizzata, per conto e secondo indicazioni di AIC, dall’ente certificatore SGS Italia. Dal 2006 AIC si è dotata di una struttura tecnica autonoma per realizzare direttamente tutte le attività necessarie alla valutazione dei prodotti che richiedono l’utilizzo del Marchio Spiga Barrata. La Spiga pertanto indica i soli prodotti il cui processo produttivo è stato esaminato e certificato.”

Attraverso questo marchio l’AIC ha creato un logo più evidente e intuitivo. Simbolo che è riconosciuto universalmente e più facile da individuare rispetto alla verifica della certificazione

“senza glutine” negli ingredienti o alla ricerca del marchio del Ministero della Salute. Per il consumatore il marchio della Spiga Barrata è sinonimo di verifica, controllo e certificazione.

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La particolare efficacia del simbolo nell’acquisto dei consumatori celiaci e l’indotto che genera lo si può notare anche nell’attenzione posta da parte di alcuni produttori che scelgono di richiedere la concessione e apporre il marchio anche nel caso di una tipologia di merce dove l’assenza di glutine nel processo produttivo dovrebbe essere scontata.

Un esempio di importanza data da questo simbolo è costituita dai prodotti offerti dall’azienda You & Meat (carne di manzo confezionata, alimento normalmente privo di glutine), che nella loro etichettatura propongono come primo elemento visivo il marchio della Spiga Barrata a grandi caratteri al centro della confezione che crea un grande impatto e attira i potenziali clienti interessati.

Altri esempi sono costituiti da tutti i salumi a marchio Rovagnati che sono dotati del marchio Spiga Barrata e dai prodotti di carne marchiati Amadori.

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