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45 TITOLO I LEGGE PENALE Art. 1 LIBRO I DEI REATI IN GENERALE TITOLO I DELLA LEGGE PENALE

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LIBRO I DEI REATI IN GENERALE

TITOLO I DELLA LEGGE PENALE

1

. Reati e pene: disposizione espressa di legge. –

Nessuno può essere punito (132) per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge (40, 42, 85), né con pene che non siano da essa stabilite (199; 25 Cost.) (1).

(1) L’art. 1, primo comma, della L. 24 novembre 1981, n. 689, in tema di depenalizzazione, stabilisce che nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione.

SOMMARIO:

a) Principio di legalità;

b) Norma penale in bianco.

a) Principio di legalità.

l L’inosservanza delle prescrizioni generiche di «vivere onestamente» e «rispettare le leggi», da parte del soggetto sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo o divieto di soggiorno, non integra la norma incriminatrice di cui all’art.

75, comma 2, D.L.vo n. 159 del 2011. Essa può, tuttavia, rilevare ai fini dell’eventuale aggravamen- to della misura di prevenzione personale. * Cass.

pen.i, Sezioni Unite, 27 aprile 2017, n. 40076.

l L’applicazione di una pena accessoria extra o contra legem dal parte del giudice del- la cognizione può essere rilevata, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza, dal giudice dell’esecuzione purché essa sia determinata per legge ovvero determinabile, senza alcuna discre- zionalità, nella specie e nella durata, e non derivi da errore valutativo del giudice della cognizione.

* Cass. pen., Sezioni Unite, 12 febbraio 2015, n.

6240 (c.c. 27 novembre 2014). [RV262327]

l Il principio di legalità della pena è vincolan- te non solo quando venga applicata una pena non prevista o diversa da quella contemplata dalla leg- ge, ma anche quando venga applicata una pena che esula dalle singole fattispecie legali penali perché pena legale è anche quella risultante dalle varie disposizioni incidenti sul trattamento san- zionatorio, tra le quali rientrano le norme sulle circostanze aggravanti. (Affermando tale prin- cipio la Cassazione ha eliminato la pena della multa inflitta per il reato di corruzione ai sensi dell’art. 24, comma 2, c.p. che consente l’aggiun- ta della pena della multa per i delitti determinati da motivi di lucro puniti con la sola reclusione:

all’uopo ha considerato che il reato ascritto all’e- poca dei fatti era punito con la pena congiunta della reclusione e della multa e che pertanto, per il principio di legalità della pena, esso rimaneva fuori della previsione aggravatoria di cui al sud-

detto articolo). * Cass. pen., sez. VI, 2 luglio 1994, n. 7505 (ud. 25 marzo 1994).

l Il principio di stretta legalità vigente in di- ritto penale impone al giudice di attenersi alla precisa dizione della norma incriminatrice, senza indulgere a interpretazioni analogiche e, ove la norma del tutto chiara non sia, di attenersi all’in- terpretazione giurisprudenziale imperante, che la abbia esplicitata, ad evitare diverse inter- pretazioni che espongano il cittadino a responsa- bilità di maggior contenuto a quelle cui il cittadi- no medesimo, in base al principio di cui all’art.

1 c.p., era espressamente chiamato dalla norma incriminatrice e dalla giurisprudenza al riguardo.

(Nella specie, relativa ad annullamento senza rinvio perché il fatto non costituisce reato di sen- tenza di condanna per avere l’imputato effettuato scarichi dai servizi civili, in un fosso adiacente alla propria fabbrica senza avere richiesto la prescritta autorizzazione, la S.C. ha osservato che la coin- cidenza dell’epoca dell’accertamento dello scarico con quella del mutamento della giurisprudenza imperante, che non richiedeva l’autorizzazione, avrebbe imposto come soluzione obbligata l’as- soluzione dell’imputato, la quale, oltreché dettata dall’art. 5 c.p. nella lettura fattane dalla Corte co- stituzionale, è suggerita, prima ancora, dal prin- cipio di stretta legalità). * Cass. pen., sez. III, 19 gennaio 1994, n. 435 (ud. 6 ottobre 1993).

l La norma intesa come imperativo o come giudizio ipotetico è sempre un unicum che provie- ne dal legislatore, il quale, anche quando collega il precetto alla sanzione, pur se attraverso un rinvio ad altre norme, è investito al riguardo di una com- petenza esclusiva, non esercitabile in funzione surrogatoria dall’interprete della legge. (Fattispecie in tema di reati militari). * Cass. pen., Sezioni Uni- te, 15 giugno 1984, n. 5655 (ud. 26 maggio 1984).

l La sanzione da applicare ad una fattispecie che ne sia priva non può essere rinvenuta attra- verso l’interpretazione analogica. In caso contra- rio l’interprete della legge si trasformerebbe in legislatore con mancata incidenza negativa sia sul principio di sia sulla stessa efficacia deter- rente delle disposizioni penali coinvolte in siffat- ta operazione interpretativa, diretta a correlare, con l’intervento del giudice il comportamento del soggetto attivo del reato ad una pena non costi- tuente oggetto di specifica commentoria legislati- va. (Applicazione in tema di reati militari puniti dagli artt. 186 e 189 cod. pen. mil. pace dichiarati costituzionalmente illegittimi nella parte sanzio- natoria con la prospettazione delle punibilità da applicare a tutte le fattispecie di insubordinazio- ne militare le sanzioni punite dalla legge penale comune). * Cass. pen., Sezioni Unite, 15 giugno 1984, n. 5655 (ud. 26 maggio 1984).

l Il principio di legalità della pena (art. 1 c.p.) è violato qualora venga applicata una pena non prevista o diversa da quella prevista dalla legge per un determinato reato. Rientra, tuttavia, nel

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concetto di legalità anche la pena comminata dalle singole fattispecie penali, nonché quella ri- sultante dalle varie disposizioni incidenti sul trat- tamento sanzionatorio, nelle quali disposizioni, oltre le norme sulle circostanze (aggravanti o at- tenuanti) va ricompresa la normativa concernen- te il trattamento sanzionatorio previsto dall’art.

81 c.p.* Cass. pen., Sezioni Unite, 8 giugno 1981, n. 5690 (ud. 7 febbraio 1981).

b) Norma penale in bianco.

l La norma o la prescrizione di rinvio, espres- samente richiamata a completamento del pre- cetto, viene a svolgere una funzione integratrice della norma penale in bianco e ad essere, quindi, in essa incorporata. Ne discende che la norma in bianco non è in contrasto con la riserva di legge di cui all’art. 25 Cost. poiché, attraverso il suddetto procedimento di integrazione, la fonte immediata della norma penale resta pur sempre la legge (in senso formale o sostanziale), mentre la norma regolamentare o l’atto della pubblica amministrazione riveste il ruolo di completamen- to ed integrazione del precetto nei limiti e con il contenuto indicati con sufficiente specificazione dalla norma primaria. (Nella specie tale rapporto di integrazione è stato individuato nell’art. 58 del regolamento di esecuzione del t.u. delle leggi di P.S. e l’art. 221 del t.u. medesimo, definita norma penale in bianco). * Cass. pen., Sezioni Unite, 30 giugno 1984, n. 6176 (ud. 24 marzo 1984).

2

. Successione di leggi penali (1). – Nessuno può es-

sere punito per un fatto che, secondo la legge del tem- po in cui fu commesso, non costituiva reato (25 Cost.).

Nessuno può essere punito per un fatto che, se- condo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano la esecuzione e gli effetti penali.

Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell’ar- ticolo 135 (2).

Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui di- sposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile (648 c.p.p.) (3).

Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti (14 prel.).

Le disposizioni di questo articolo si applicano al- tresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto legge e nei casi di un decreto legge convertito in legge con emendamenti (77 Cost.) (4).

(1) Si vedano gli artt. 10, 12 e 15 delle disposizioni sulla legge in generale del codice civile.

(2) Questo comma è stato inserito dall’art. 14 della L. 24 feb- braio 2006, n. 85.

L’art. 15 della medesima legge prevede inoltre che alle viola- zioni depenalizzate dalla stessa legge si applicano, in quanto com- patibili, gli articoli 101 e 102 del D.L.vo 30 dicembre 1999, n. 507.

(3)  L’art. 30, quarto comma, della L. 11 marzo 1953, n. 87, contenente norme sul funzionamento della Corte costituzionale, stabilisce che, qualora in applicazione di una norma dichiarata incostituzionale sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessino l’esecuzione e tutti gli effetti penali.

(4) La Corte costituzionale con sentenza 19 febbraio 1985, n.

51 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di questo comma nella parte in cui rende applicabili alle ipotesi da esso previste, le disposizioni contenute nel secondo e terzo comma di questo articolo.

SOMMARIO:

a) Ambito di operatività;

b) Abolitio criminis;

c) Applicazione delle disposizioni più favorevo- li al reo;

d) Leggi eccezionali o temporanee;

e) Disposizioni contenute in un decreto legge;

f) Casistica; f-1) Stupefacenti; f-2) Circolazione stradale; f-3) Reati fallimentari; f-4) Reati socie- tari; f-5) Servizio militare; f-6) Reati in tema di paesaggio; f-7) Oltraggio a pubblico ufficiale; f-8) Reati edilizi; f-9) Trasporto di oli minerali; f-10) Ri- cettazione; f-11) Adesione della Romania alla U.E;

f-12) Reati doganali; f-13) Falso; f-14) Danneggia- mento; f-15) Abuso d’ufficio; f-16) Responsabilità medica; f-17) Previdenza e assistenza; f-18) Atti persecutori; f-19) Delitti contro la moralità;

g) Associazione per delinquere.

a) Ambito di operatività.

l In caso di sentenza di condanna pronun- ciata prima dell’entrata in vigore di una modifica legislativa che introduca una nuova scriminante od ampli la sfera di operatività di una scriminante già esistente, rientra tra le attribuzioni del giudice dell’esecuzione il potere di verificare la ricorrenza dei presupposti al fine dell’applicazione retroat- tiva della scriminante ai sensi dell’art. 2, comma secondo, cod. pen., ma non quello di revocare detta sentenza ex art. 673 cod. proc. pen., non versandosi in ipotesi di “abolitio criminis” deri- vante da abrogazione o da dichiarazione di illegit- timità costituzionale della norma incriminatrice.

(Fattispecie in tema di cd. legittima difesa do- miciliare, di cui all’art. 52, comma quarto, cod.

pen., introdotto dalla legge 28 aprile 2019, n. 36, con riferimento alla quale la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di revoca di una sentenza di condanna per il delitto di omicidio doloso). * Cass. pen., sez. I, 23 dicembre 2020, n. 37430 (c.c.

30 settembre 2020), A. S. [RV28064901]

l Il principio “tempus regit actum” si applica solo alla successione nel tempo delle leggi pro- cessuali e non anche al mutamento dell’inter- pretazione giurisprudenziale di queste ultime, sicché qualora si succedano, in sede di legittimi-

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tà, interpretazioni difformi di norme processuali, il provvedimento assunto nell’osservanza di un orientamento in seguito non più condiviso non può considerarsi legittimo. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio l’ordinanza del tri- bunale del riesame che aveva ritenuto l’utilizza- bilità delle intercettazioni, recependo l’interpreta- zione successivamente non condivisa da Sez. un., n. 51 del 28 novembre 2019, dep. 2020, Cavallo).

* Cass. pen., sez. VI, 7 maggio 2020, n. 14051 (c.c.

25 febbraio 2020). [RV278843]

l Non sussiste la violazione dell’art. 7 CEDU – così come conformemente interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU – qualora l’inter- pretazione della norma incriminatrice applicata al caso concreto sia ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione è stata commessa, atteso che l’irretroattività del mutamento giuri- sprudenziale sfavorevole presuppone il ribalta- mento imprevedibile di un quadro giurispruden- ziale consolidato (c.d. “overruling”). (Fattispecie in tema di accesso abusivo ad un sistema infor- matico in cui la Corte ha escluso la sussistenza di un “overruling” ad opera della sentenza delle Se- zioni unite “Savarese” e la conseguente violazione dell’art. 7 CEDU). * Cass. pen., sez. V, 18 ottobre 2018, n. 47510 (ud. 9 luglio 2018). [RV274406]

l In tema di successione di leggi penali nel tempo, l’art. 7 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo – così come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU – non consente l’applicazione retroattiva dell’interpretazione giu- risprudenziale più sfavorevole di una norma pe- nale solo quando il risultato interpretativo non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione è stata commessa. (Fattispecie di ac- cesso abusivo ad un sistema informatico, nella quale la Corte ha ritenuto insussistente la violazio- ne dei principi convenzionali in relazione all’over- ruling operato dalle Sezioni Unite in epoca succes- siva alla condotta). * Cass. pen., sez. V, 6 agosto 2018, n. 37857 (ud. 24 aprile 2018). [RV273876]

l In tema di successione di leggi nel tempo, il principio di irretroattività della legge penale opera con riguardo alle norme incriminatrici e non an- che alle misure di sicurezza, sicché le prescrizioni di cui all’art. 609-nonies, comma terzo, cod. pen., introdotte dall’art. 4 della legge 1 ottobre 2012, n. 172, trovano applicazione anche relativamente ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore del- la suddetta legge. (Nell’enunciare tale principio, la Corte ha precisato che la natura di misure di sicu- rezza delle predette prescrizioni si ricava sia dalla

“littera legis” sia dal fatto che la loro applicazione dopo l’esecuzione della pena ne esclude la natura afflittiva, tipica di quest’ultima, evidenziandone la funzione tipicamente cautelare ricollegata alla condizione di pericolosità del condannato per uno dei reati indicati dalla medesima norma). * Cass.

pen., sez. III, 30 marzo 2018, n. 14598 (ud. 20 feb- braio 2018), PG in proc. G. [RV273162]

l Non viola il principio di legalità, anche con- venzionale, l’interpretazione giurisprudenziale del- la legge penale in senso sfavorevole all’imputato, ri- spetto a precedenti decisioni, nella misura in cui la possibilità di letture diverse della norma incrimina- trice non discenda da una patologica indetermina- tezza della fattispecie, e l’interpretazione sfavo- revole sia comunque razionalmente correlabile al significato letterale della previsione. (Fattispecie in tema di concorso esterno in associazione di stam- po mafioso, rispetto alla quale la S.C. ha precisato che la sentenza della Corte EDU, 14 aprile 2015, Contrada c. Italia si è mossa da una premessa erra- ta, laddove ha ritenuto che il suddetto reato abbia origine giurisprudenziale, quando invece si fonda, nel rispetto del principio di legalità, sulla combina- zione tra la norma incriminatrice speciale e l’art.

110 cod. pen.). * Cass. pen., sez. V, 12 ottobre 2016, n. 42996 (c.c. 14 settembre 2016). [RV268203]

l In tema di pubblicazione della sentenza di condanna, le modifiche apportate all’art. 36 cod. pen. dall’art. 37, comma 18, del D.L. 6 lu- glio 2011, n. 98, convertito nella legge 15 luglio 2011, n. 111, non hanno introdotto nel sistema penale una nuova sanzione accessoria, ma han- no diversamente modulato il contenuto di pena accessoria già prevista, sostituendo alla tradizio- nale forma di pubblicazione sulla stampa quella via “internet”, così determinando un fenomeno di successione di leggi penali nel tempo regolato dall’art. 2, quarto comma, cod. pen., con la conse- guenza che non è applicabile ai fatti pregressi la nuova disciplina, in quanto maggiormente afflit- tiva. * Cass. pen., sez. II, 1 febbraio 2016, n. 4102 (ud. 12 gennaio 2016). [RV267285]

l Non può trovare applicazione la legge pe- nale modificativa più favorevole entrata in vigore dopo la sentenza della Corte di cassazione che di- spone l’annullamento con rinvio ai soli fini della determinazione della pena, ma prima della defini- zione di questa ulteriore fase del giudizio, poiché i limiti della pronuncia rescindente determina- no l’irrevocabilità della decisione impugnata in ordine alla responsabilità penale ed alla qualifi- cazione dei fatti ascritti all’imputato. (Fattispecie relativa a condanna per concussione annullata li- mitatamente alla individuazione della pena prima dell’approvazione della legge 6 novembre 2012, n.

190). * Cass. pen., Sezioni Unite, 14 aprile 2014, n. 16208 (ud. 27 marzo 2014). [RV258654]

l Le disposizioni concernenti l’esecuzione delle pene detentive e le misure alternative alla detenzione, non riguardando l’accertamento del reato e l’irrogazione della pena, ma soltanto le modalità esecutive della stessa, non hanno carat- tere di norme penali sostanziali e, pertanto, (in assenza di una specifica disciplina transitoria), soggiacciono al principio “tempus regit actum” e non alle regole dettate in materia di successione di norme penali nel tempo. (Principio afferma- to in relazione alla modifica dell’art. 4 bis della

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legge n. 354 del 1975, relativo alla previsione del- la concedibilità dei permessi premio ai detenuti per il delitto di sequestro di persona a scopo di estorsione solo in caso di collaborazione con la giustizia). * Cass. pen., sez. I, 12 marzo 2013, n.

11580 (5 febbraio 2013). Conforme, Cass. pen., sez. I, 17 marzo 1993, n. 108 (c.c. 14 gennaio 1993). [RV255310]

l In presenza di una successione di leggi che comporti la depenalizzazione di una fattispecie in precedenza prevista come reato, le sanzioni amministrative trovano immediata applicazione nel caso in cui il giudizio penale instaurato nella vigenza della legislazione precedente non risulti concluso alla data di entrata in vigore della leg- ge di depenalizzazione. * Cass. pen., sez. fer., 7 novembre 2011, n. 40146 (ud. 23 agosto 2011).

[RV251659]

l Il criterio di ragguaglio di euro 250 di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva di cui all’art. 135 c.p. come modificato per effetto del- l’art. 3, comma sessantaduesimo, della L. n. 94 del 2009, non si applica, ai fini della sostituzione “ex”

art. 53 L. n. 689 del 1981, ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della predetta modifica in quanto norma meno favorevole rispetto alla disci- plina pregressa. * Cass. pen., sez. III, 19 maggio 2011, n. 19725 (ud. 14 aprile 2011). [RV250333]

l Il principio “tempus regit actum” riguarda solo la successione nel tempo delle leggi proces- suali e non anche delle interpretazioni giurispru- denziali di queste ultime. * Cass. pen., sez. II, 25 maggio 2010, n. 19716 (c.c. 6 maggio 2010).

[RV247114]

l In caso di successione di disposizioni di- verse concernenti misure alternative alla deten- zione, che non attengono né alla cognizione del reato, né all’irrogazione della pena, ma alle moda- lità esecutive di questa, non operano le regole det- tate dall’art. 2 c.p., né il principio costituzionale di irretroattività delle disposizioni “in peius”, ma quelle vigenti al momento della loro applicazione.

(Nella specie si è ritenuta corretta la dichiarazio- ne di inammissibilità, nella vigenza del D.L. 23 febbraio 2009 n. 11, quando esso era in corso di conversione, di un’istanza di affidamento in prova al servizio sociale presentata da condannato per delitto di cui all’art. 609-quater c.p., commesso prima dell’entrata in vigore del predetto decre- to-legge; ed è stata tuttavia annullata con rinvio la decisione impugnata, sul rilievo di una modi- ficazione “in melius” introdotta dalla successiva legge di conversione n. 38 del 2009 in ordine ai presupposti di concessione della misura). * Cass.

pen., sez. I, 3 settembre 2009, n. 33890 (c.c. 26 giugno 2009). [RV244831]

l In tema di successione di leggi penali, la modificazione della norma extrapenale richia- mata dalla disposizione incriminatrice esclude la punibilità del fatto precedentemente commesso se tale norma è integratrice di quella penale op-

pure ha essa stessa efficacia retroattiva. (Nella specie, la Corte ha ritenuto che l’adesione della Romania all’Unione europea, con il conseguente acquisto da parte dei rumeni della condizione di cittadini europei, non ha determinato la non punibilità del reato di ingiustificata inosservanza dell’ordine del questore di allontanamento dal territorio dello Stato commesso dagli stessi prima del 1° gennaio 2007, data di entrata in vigore del Trattato di adesione, in quanto quest’ultimo e la relativa legge di ratifica si sono limitati a modifi- care la situazione di fatto, facendo solo perdere ai rumeni la condizione di stranieri, senza che tut- tavia tale circostanza sia stata in grado di operare retroattivamente sul reato già commesso). * Cass.

pen., Sezioni Unite, 16 gennaio 2008, n. 2451 (ud. 27 settembre 2007). Conforme, Cass. pen., sez. I, 6 marzo 2008, n. 10265 (ud. 28 febbraio 2008). [RV238197]

l La nuova formulazione delle norme che prevedono i delitti di false comunicazioni socia- li (artt. 2621 e 2622), nel testo introdotto dall’art.

1 D.L.vo 11 aprile 2002, n. 61, non ha compor- tato l’abolizione totale dei reati precedentemente contemplati, ma si pone in rapporto di continu- ità normativa con la fattispecie previgente, de- terminando una successione di leggi con effetto parzialmente abrogativo in relazione a quei fatti, commessi prima dell’entrata in vigore del citato D.L.vo, che non siano riconducibili alle nuove fattispecie criminose. (Nella specie la Corte ha annullato con rinvio la decisione dei giudici di merito che aveva assolto gli imputati dal reato ex art. 2621 c.c. perché il fatto non è preveduto dalla legge come reato anziché di procedere ad accerta- mento al fine di stabilire se l’originaria condotta contestata contenesse o meno tutti gli elementi richiesti dalla nuova normativa). * Cass. pen., sez.

V, 20 ottobre 2004, n. 40823 (ud. 7 luglio 2004).

[RV230258]

l La fattispecie previgente dell’art. 2631 c.c.

che disciplinava il conflitto di interessi non è stata riprodotta, a seguito dell’introduzione del D.L.vo n. 61 del 2002, nel vigente art. 2631 c.c. che prevede la violazione amministrativa di omessa convocazione dell’assemblea, ed è solo in parte riprodotta dal vigente art. 2634 c.c. che disciplina l’infedeltà patrimoniale; ne consegue – nell’ipotesi in cui il reato contestato all’imputato sia quello previsto dal previgente art. 2631 c.c. e non siano ravvisabili gli estremi della fattispecie criminosa di cui al vigente art. 2634 c.c. – che il giudice ha il dovere di assolvere l’imputato e non può ordinare la trasmissione degli atti all’Autorità amministrativa. * Cass. pen., sez. V, 26 febbraio 2004, n. 8673 (ud. 11 dicembre 2003). [RV228744]

l La disciplina relativa alla successione delle leggi penali (art. 2 c.p.) si applica qualora la di- sposizione richiamata da una «norma penale in bianco» sia modificata o abrogata, ovvero nell’ipotesi in cui venga modificata una norma

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«definitoria» – ossia una disposizione attraverso la quale il legislatore chiarisce il significato di termi- ni usati in una o più disposizioni incriminatrici, concorrendo a individuare il contenuto del pre- cetto penale – oppure, infine, nel caso in cui una disposizione legislativa commini una sanzione penale per la violazione di un precetto contenu- to in un’altra disposizione legislativa, che venga abrogata in tutto o in parte. (Fattispecie in cui la Corte ha confermato l’affermazione di penale re- sponsabilità di un sindaco in ordine al delitto di cui all’art. 323 e ha escluso l’applicabilità del’art.

2 c.p. alla luce dell’abrogazione, ad opera dell’art.

136 del D.P.R. n. 380 del 2001, dell’art. 7 della legge n. 47 del 1985 e della previsione, contenuta nell’art. 31 del citato D.P.R. 380/2001, secondo la quale il soggetto titolare del potere-dovere di prov- vedere in merito alle ingiunzioni di di demolizio- ne, rimozione, ripristino non è il sindaco, ma il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale). * Cass. pen., sez. II, 4 febbraio 2004, n.

4296 (ud. 2 dicembre 2003). [RV228152]

l In tema di false comunicazioni sociali, al fine di verificare se i fatti commessi prima dell’en- trata in vigore del D.L.vo 11 aprile 2002 n. 61, sia- no sussumibili nell’attuale fattispecie criminosa di cui all’art. 2622 c.c. occorre che tutti gli ele- menti richiesti dalla nuova disciplina (quali, ad esempio, il superamento delle soglie di punibilità) siano stati contestati e abbiano formato oggetto di accertamento in contraddittorio. Ne consegue che nel giudizio di cassazione, nel quale la Corte è chiamata a decidere sulla base di un accertamen- to già compiuto dal giudice di merito, se i nuovi elementi non hanno formato oggetto di valutazio- ne nella decisione impugnata, il fatto-reato rien- tra nell’ambito dell’abolitio criminis. * Cass. pen., sez. V, 26 novembre 2003, n. 45712 (c.c. 3 ottobre 2003). [RV226918]

l In tema di successione di leggi penali nel tempo, la punibilità di un fatto commesso nel vi- gore di una norma generale, che sia stata sostitu- ita da una norma speciale, non costituisce applica- zione retroattiva di questa, ma piuttosto ne esclude l’efficacia abolitrice per la porzione della fattispe- cie prevista dalla norma generale che coincide con quella della norma successiva, salvo che il legisla- tore con la medesima legge speciale stabilisca, in deroga alla disposizione dell’art. 2, terzo comma, c.p., la non punibilità dei reati in precedenza com- messi. * Cass. pen., Sezioni Unite, 16 giugno 2003, n. 25887 (ud. 26 marzo 2003). [RV224608]

l In tema di false comunicazioni sociali, il dato che emerge con evidenza dalla nuova disci- plina introdotta con il D.L.vo 11 aprile 2002, n.

61, è rappresentato dalla suddivisione dell’origina- ria unica fattispecie nelle due, oggetto dei nuovi artt. 2621 (come figura contravvenzionale) e 2622 (come figura delittuosa) del codice civile. L’area di punibilità del vecchio art. 2621 c.c. risulta, da un lato fortemente circoscritta, attraverso le no-

vità introdotte, e dall’altro, articolata nelle due nuove disposizioni. Nell’ambito di una fattispecie alquanto ampia, specie nell’interpretazione che ne aveva dato la giurisprudenza, sono state ritagliate fattispecie molto più circoscritte e assai più blan- damente punite, ma deve riconoscersi che i fatti rientranti nelle nuove previsioni erano punibili anche in base al precedente testo dell’art. 2621 c.c., dovendo perciò concludersi che i fatti com- messi sotto il vigore della precedente legge, nei limiti in cui rientrano nella previsione della nuo- va legge, rimangono punibili, a norma dell’art. 2, comma 3, c.p., mentre gli altri non costituiscono più reato, per un effetto abolitivo delle nuove di- sposizioni che a norma dell’art. 2, comma 2, c.p., travolge anche il giudicato di condanna. * Cass.

pen., Sezioni Unite, 16 giugno 2003, n. 25887 (ud.

26 marzo 2003), in Riv. pen. 2003, 700.

l In tema di successione di leggi penali nel tempo, ai fini dell’applicabilità dell’art. 2, comma 2, c.p., sono norme extrapenali integratrici solo quelle che determinano, o concorrono a determi- nare, il contenuto del precetto penale. Tali non sono, con riguardo ai reati fallimentari, le norme civilistiche (artt. 10 e 11 R.D. 16 marzo 1942, n.

267 – Disciplina del fallimento, applicabili anche al socio illimitatamente responsabile di società fallita, a seguito della sentenza della Corte costi- tuzionale n. 66 del 1999), che disciplinano i limiti temporali entro cui deve intervenire la pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento, elemen- to costitutivo del reato, con la conseguenza che le vicende relative alle predette norme restano ininfluenti rispetto al fatto di reato anteriormente commesso. * Cass. pen., sez. V, 11 dicembre 2002, n. 41499 (c.c. 26 settembre 2002). [RV222978]

l La fattispecie di bancarotta impropria da reato societario di cui all’art. 223 della legge falli- mentare, come sostituita dall’art. 4 del D.L.vo 11 aprile 2002, n. 61, si pone in rapporto di specia- lità rispetto alla precedente, in quanto introduce, come elemento nuovo ed ulteriore rispetto alla precedente formulazione, il rapporto di causali- tà tra il delitto di false comunicazioni sociali, od altro reato societario tra quelli specificamente ri- chiamati dalla norma, ed il dissesto della società fallita. Trattandosi, tuttavia, di specialità per ag- giunta, deve ritenersi che essa comporti una tota- le abolizione della fattispecie abrogata, in quanto l’elemento aggiuntivo è tale da attribuire alla nuo- va fattispecie un significato lesivo del tutto diver- so da quello della precedente fattispecie. In que- sta, infatti, assumeva rilievo la sola idoneità della condotta a rappresentare falsamente le condizio- ni economiche della società, nella nuova configu- razione, invece, assume rilievo soprattutto la sua idoneità a contribuire al dissesto dell’impresa.

L’abolizione del più grave delitto di cui all’art. 223 legge fallimentare non esclude, nondimeno, la configurabilità, in concreto, dell’ipotesi residuale del falso in bilancio, in quanto fattispecie genera-

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le rispetto a quella della bancarotta impropria. * Cass. pen., sez. V, 16 ottobre 2002, n. 24622 (ud. 8 ottobre 2002). [RV222432]

l In tema di falso in bilancio, a seguito dell’entrata in vigore del D.L.vo 11 aprile 2002, n. 61, si è verificato un fenomeno di successione di norme nell’ambito del quale la vigente discipli- na si pone in rapporto di specialità rispetto alla precedente. Infatti, la fattispecie astratta, origina- riamente delineata dal legislatore, risulta ricom- presa in quella ora incriminata con l’aggiunta di elementi specializzanti (come la tipicizzazione del dolo specifico, l’idoneità delle false esposizio- ni e delle omesse comunicazioni ad indurre in errore i destinatari, la previsione di un evento di danno nell’ipotesi delittuosa di cui al nuovo art.

2622 c.c., peraltro punibile a querela di parte), sicché, mentre i fatti attualmente punibili già lo erano in precedenza, non tutti quelli rilevanti pe- nalmente in passato lo sono tuttora. Pertanto, è necessario accertare se la concreta contestazione contenga i nuovi elementi in modo da rendere possibile la difesa. (Nel caso di specie, la suprema Corte ha ritenuto che, esclusa la punibilità della condotta con riferimento all’ipotesi delittuosa di cui al nuovo art. 2621 c.c., per quanto riguardava la contravvenzione non era enunciato nell’impu- tazione, e conseguentemente verificato, il duplice intento in cui deve concretarsi il dolo specifico né l’idoneità oggettiva dell’azione ad ingannare, sicché, non rientrando la condotta ascritta nella vigente previsione legislativa, si imponeva l’an- nullamento della sentenza impugnata con la for- mula perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato, con eliminazione della relativa pena).

* Cass. pen., sez. V, 3 giugno 2002, n. 21532 (ud. 8 maggio 2002). [RV222429]

l La disciplina relativa alla successione delle leggi penali (art. 2 c.p.) non si applica alla varia- zione nel tempo delle norme extra-penali e degli atti o fatti amministrativi che non incido- no sulla struttura essenziale e circostanziata del reato, ma si limitano a precisare la fattispecie precettiva, delineando la portata del comando, che viene a modificarsi nei contenuti a far data dal provvedimento innovativo; in detta ipotesi, rimane fermo il disvalore ed il rilievo penale del fatto anteriormente commesso, sicché il relativo controllo sanzionatorio va effettuato sulla base dei divieti esistenti al momento del fatto (Prin- cipio affermato in tema di responsabilità per la gestione di centri trasfusionali con riguardo al reato di cui all’art. 17 della legge 4 marzo 1990 n.

107, configurato per inosservanza di norme rego- lamentari contenute nel D.M. 27 dicembre 1990, poi sostituito dal D.M. 25 gennaio 2001). * Cass.

pen., sez. III, 14 maggio 2002, n. 18193 (ud. 12 marzo 2002). [RV221943]

l Il principio di irretroattività della legge penale, sancito dagli artt. 2 c.p. e 25, comma se- condo, Cost., è operante nei riguardi delle norme

incriminatrici e non anche rispetto alle misure di sicurezza, sicché la confisca può essere di- sposta anche in riferimento a reati commessi nel tempo in cui non era legislativamente prevista ovvero era diversamente disciplinata quanto a tipo, qualità e durata. (Fattispecie nella quale, in sede di patteggiamento, il giudice aveva rigettato la richiesta del P.M. di confisca delle autovettu- re usate per commettere il reato di agevolazione dell’ingresso clandestino in Italia di cittadini ex- tracomunitari e la S.C., investita di ricorso sul punto, ha ritenuto legittima la statuizione sulla base del diritto vigente all’epoca del fatto, pur disponendo, poi, direttamente essa stessa la mi- sura di sicurezza, in forza del sopravvenuto art.

2 del decreto legislativo n. 113 del 1999, contem- plante espressamente la confisca del mezzo di trasporto «anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti». * Cass. pen., sez.

I, 7 luglio 1999, n. 3717 (c.c. 19 maggio 1999).

Conforme, quanto al principio, Cass. pen., sez.

I, 16 marzo 2006, n. 9269 (c.c. 1 marzo 2006), C. [RV213941]

l L’art. 2 c.p. che regola la successione nel tempo della legge penale, riguarda quelle norme che definiscono la natura sostanziale e circostan- ziale del reato, comprese quelle norme extrape- nali richiamate espressamente ad integrazione della fattispecie incriminatrice nonché le leggi costituenti indispensabile presupposto o comun- que concorrenti ad individuare il contenuto so- stanziale del precetto. Esula da tale normativa la successione di atti o fatti amministrativi che, senza modificare la norma incriminatrice o comunque su di essa influire, agiscano sugli elementi di fatto – modificandoli – sì da non ren- derli più sussumibili sotto l’astratta fattispecie normativa. (Fattispecie in tema di rigetto di ecce- pita inapplicabilità dell’art. 468 c.p., alla contraf- fazione dei sigilli posti sulla calotta del contatore elettrico per non essere più l’Enel, a seguito della legge n. 395 del 1992, ente pubblico economico).

* Cass. pen., sez. V, 8 maggio 1997, n. 4114 (ud. 25 febbraio 1997). [RV207479]

l Quando la legge punisce condotte contrarie a prescrizioni poste con atto amministrativo, che influisce su singoli casi, l’emanazione di nuovi atti, o il mutamento del loro contenuto, non costi- tuiscono novazione legislativa rilevante ex art. 2 comma secondo c.p., in quanto non si prospetta alcuna modificazione di regole generali di condot- ta. Invero tale atto amministrativo (che, nel caso in esame, prevedeva i limiti di accettabilità degli scarichi valevoli per l’insediamento dell’imputato) integra il precetto penale in un elemento norma- tivo della fattispecie; cioè l’atto amministrativo è il presupposto di fatto della legge penale incrimi- natrice, la quale ne sanziona la trasgressione. Ne deriva che il mutamento dell’atto amministrativo non comporta una differente valutazione della fattispecie legale astratta, bensì determina la mo-

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difica del precetto e l’instaurazione di una nuova fattispecie incriminatrice, sicché, regolando le due norme fatti storicamente diversi, non sorge problema di successione di leggi. (Nella specie, relativa a rigetto di ricorso, era stata dedotta vio- lazione dell’art. 2 c.p. per non avere la corte di merito ritenuto applicabile la regola della retro- attività della legge più favorevole; ciò in quanto il valore dei solventi organici era conforme ai nuovi, e più permissivi, limiti fissati dal consorzio inter- provinciale successivamente alla commissione del reato). * Cass. pen., sez. III, 18 ottobre 1996, n.

9163 (ud. 24 settembre 1996). [RV206419]

b) Abolitio criminis.

l Rientra tra le competenze del giudice dell’esecuzione la revoca, ai sensi dell’art. 673 cod.

proc. pen., delle statuizioni civili contenute in una sentenza definitiva di assoluzione del- l’imputato dal delitto ascrittogli per intervenuta abrogazione dello stesso e sua trasformazione in illecito civile ai sensi dell’art. 1 d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, essendo tali statuizioni state adottate in totale assenza di potere giurisdizionale. * Cass.

pen., sez. I, 11 maggio 2018, n. 21102 (c.c. 13 apri- le 2018). [RV273142]

l La Corte di cassazione deve rilevare la “abo- litio criminis”, sopravvenuta alla sentenza impu- gnata, anche nel caso di ricorso inammissibile ed indipendentemente dall’oggetto dell’impugnazio- ne, atteso il principio della ragionevole durata del processo, che impone di evitare una pronunzia di inammissibilità che avrebbe quale unico effetto un rinvio della soluzione alla fase esecutiva. (Fat- tispecie in tema di ingiuria). * Cass. pen., sez. V, 18 ottobre 2016, n. 44088 (ud. 2 maggio 2016).

[RV267751]

l In materia di successione di leggi penali, in caso di modifica della norma incriminatrice, per accertare se ricorra o meno “abolitio criminis” è sufficiente procedere al confronto strutturale tra le fattispecie legali astratte che si succe- dono nel tempo, senza la necessità di ricercare conferme della eventuale continuità tra le stesse facendo ricorso ai criteri valutativi dei beni tu- telati e delle modalità di offesa, atteso che tale confronto permette in maniera autonoma di veri- ficare se l’intervento legislativo posteriore assuma carattere demolitorio di un elemento costitutivo del fatto tipico, alterando così radicalmente la figura di reato, ovvero, non incidendo sulla strut- tura della stessa, consenta la sopravvivenza di un eventuale spazio comune alle suddette fattispecie.

* Cass. pen., Sezioni Unite, 12 giugno 2009, n.

24468 (c.c. 26 febbraio 2009). [RV243585]

l L’abrogazione dell’istituto dell’amministra- zione controllata e la soppressione di ogni riferi- mento ad esso contenuto nella legge fallimentare (art. 147 D.L.vo n. 5 del 2006) hanno determinato l’abolizione del reato di bancarotta societaria connessa alla suddetta procedura concorsuale

(art. 236, comma secondo, R.D. n. 267 del 1942).

Conseguentemente, qualora sia intervenuta con- danna definitiva per tale reato, il giudice dell’ese- cuzione è tenuto a revocare la relativa sentenza.

* Cass. pen., Sezioni Unite, 12 giugno 2009, n.

24468 (c.c. 26 febbraio 2009). [RV243586]

l In caso di abrogazione di una norma in- criminatrice, per accertare se le tipologie di fat- ti in essa comprese siano riconducibili ad altra disposizione generale preesistente, è necessario procedere al confronto strutturale tra le due fatti- specie astratte, integrando all’occorrenza tale cri- terio attraverso una valutazione dei beni giuridici rispettivamente tutelati, al fine di verificare l’e- ventuale intenzione dell’intervento abrogativo di non attribuire più rilievo al disvalore insito nella fattispecie incriminatrice soppressa. * Cass. pen., Sezioni Unite, 12 giugno 2009, n. 24468 (c.c. 26 febbraio 2009). [RV243587]

l La questione concernente la «abolitio crimi- nis» è pregiudiziale rispetto alla questione – esa- minabile in assenza di cause di inammissibilità del ricorso per cassazione – relativa all’estinzione del reato per prescrizione. * Cass. pen., Sezioni Unite, 15 maggio 2008, n. 19601 (ud. 28 febbraio 2008). [RV239400]

l La sospensione della chiamata obbligatoria alla leva, introdotta con L. n. 331 del 2000 e suc- cessive integrazioni, non ha abolito il servizio di leva militare obbligatoria, ma ne ha limitato l’operatività a specifiche situazioni e a casi ecce- zionali riferiti anche al tempo di pace, sicché il reato di rifiuto del servizio militare per moti- vi di coscienza non è stato abrogato, ma è stato modificato il contenuto del precetto, che non ricomprende più la condotta penalmente san- zionata dalle precedenti disposizioni legislative, con la conseguenza che per i fatti anteriormente commessi, sempre che non sia stata pronunciata sentenza di condanna irrevocabile, deve farsi ap- plicazione delle nuove più favorevoli disposizioni, per le quali la condotta di rifiuto non è più reato.

* Cass. pen., sez. I, 23 marzo 2007, n. 12363 (ud.

9 marzo 2007). [RV236224]

l Non è nullo il provvedimento di revoca della sentenza di condanna, per sopravvenuta

«abolitio criminis» del reato, emesso dal giudice dell’esecuzione senza l’avviso alle parti civili dell’udienza camerale ex art. 666 comma terzo c.p.p., in quanto i soggetti costituiti parte civile nel processo di cognizione non hanno interesse a partecipare all’incidente di esecuzione dal quale non potrebbe derivare alcun vantaggio o pregiu- dizio per le situazioni soggettive di cui essi sono titolari, dal momento che il loro diritto al risar- cimento permane anche a seguito dell’abrogazio- ne del reato, trovando applicazione non l’art. 2 comma secondo c.p., ma l’art. 11 delle preleggi. * Cass. pen., sez. V, 29 luglio 2005, n. 28701 (c.c. 24 maggio 2005). [RV231866]

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