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Messaggio di papa Francesco per la quaresima

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Academic year: 2022

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Messaggio di papa Francesco per la quaresima

Cari fratelli e sorelle,

la Quaresima è un tempo di rinnovamento per la Chiesa, le comunità e i singoli fedeli. Soprattutto però è un “tempo di grazia”

(2 Cor 6,2). Dio non ci chiede nulla che prima non ci abbia donato:

“Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19). Lui non è indifferente a noi. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore gli impedisce di essere indifferente a quello che ci accade. Però succede che quando noi stiamo bene e ci sentiamo comodi, certamente ci dimentichiamo degli altri (cosa che Dio Padre non fa mai), non ci interessano i loro problemi, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono… allora il nostro cuore cade nell’in-differenza: mentre io sto relativamente bene e comodo, mi dimentico di quelli che non stanno bene. Questa attitudine egoistica, di indifferenza, ha preso oggi una dimensione mondiale, a tal punto che possiamo parlare di una globalizzazione dell’indifferenza. Si tratta di un disagio che, come cristiani, dobbiamo affrontare.

Quando il popolo di Dio si converte al suo amore, trova le risposte a quelle domande che continuamente la storia gli pone.

Una delle sfide più urgenti sulla quale voglio soffermarmi in questo Messaggio è quella della globalizzazione dell’indifferenza.

L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione anche per noi cristiani. Abbiamo perciò bisogno di sentire in ogni Quaresima il grido dei profeti che alzano la voce e ci svegliano.

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Dio non è indifferente al mondo, ma lo ama fino a dare il suo Figlio per la salvezza di ogni uomo. Nell’incarnazione, nella vita terrena, nella morte e risurrezione del Figlio di Dio, si apre definitivamente la porta tra Dio e uomo, tra cielo e terra. E la Chiesa è come la mano che tiene aperta questa porta mediante la proclamazione della Parola, la celebrazione dei Sacramenti, la testimonianza della fede che si rende efficace nella carità (cfr Gal 5,6). Tuttavia, il mondo tende a chiudersi in se stesso e a chiudere quella porta attraverso la quale Dio entra nel mondo e il mondo in Lui. Così la mano, che è la Chiesa, non deve mai sorprendersi se viene respinta, schiacciata e ferita.

Il popolo di Dio ha perciò bisogno di rinnovamento, per non diventare indifferente e per non chiudersi in se stesso. Vorrei proporvi tre passi da meditare per questo rinnovamento.

1. “Se un membro soffre, tutte le membra soffrono” (1 Cor 12,26) – La Chiesa La carità di Dio che rompe quella mortale chiusura in se stessi che è l’indifferenza, ci viene offerta dalla Chiesa con il suo insegnamento e, soprattutto, con la sua testimonianza. Si può però testimoniare solo qualcosa che prima abbiamo sperimentato. Il cristiano è colui che permette a Dio di rivestirlo della sua bontà e misericordia, di rivestirlo di Cristo, per diventare come Lui, servo di Dio e degli uomini. Ce lo ricorda bene la liturgia del Giovedì Santo con il rito della lavanda dei piedi. Pietro non voleva che Gesù gli lavasse i piedi, ma poi ha capito che Gesù non vuole essere solo un esempio per come dobbiamo lavarci i piedi gli uni gli altri. Questo servizio può farlo solo chi prima si è lasciato lavare i piedi da Cristo.

Solo questi ha “parte” con lui (Gv 13,8) e così può servire l’uomo.

La Quaresima è un tempo propizio per lasciarci servire da Cristo e così diventare come Lui. Ciò avviene quando ascoltiamo la Parola di Dio e quando riceviamo i sacramenti, in particolare l’Eucaristia.

In essa diventiamo ciò che riceviamo: il corpo di Cristo. In questo corpo quell’indifferenza che sembra prendere così spesso il potere sui nostri cuori, non trova posto. Poiché chi è di Cristo appartiene ad un solo corpo e in Lui non si è indifferenti l’uno all’altro. “Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un

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membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui” (1 Cor 12,26).

La Chiesa è communio sanctorum perché vi partecipano i santi, ma anche perché è comunione di cose sante: l’amore di Dio rivelatoci in Cristo e tutti i suoi doni. Tra essi c’è anche la risposta di quanti si lasciano raggiungere da tale amore. In questa comunione dei santi e in questa partecipazione alle cose sante nessuno possiede solo per sé, ma quanto ha è per tutti. E poiché siamo legati in Dio, possiamo fare qualcosa anche per i lontani, per coloro che con le nostre sole forze non potremmo mai raggiungere, perché con loro e per loro preghiamo Dio affinché ci apriamo tutti alla sua opera di salvezza.

2. “Dov’è tuo fratello?” (Gen 4,9) – Le parrocchie e le comunità

Quanto detto per la Chiesa universale è necessario tradurlo nella vita delle parrocchie e comunità. Si riesce in tali realtà ecclesiali a sperimentare di far parte di un solo corpo? Un corpo che insieme riceve e condivide quanto Dio vuole donare? Un corpo, che conosce e si prende cura dei suoi membri più deboli, poveri e piccoli? O ci rifugiamo in un amore universale che si impegna lontano nel mondo, ma dimentica il Lazzaro seduto davanti alla propria porta chiusa ? (cfr Lc 16,19-31).

Per ricevere e far fruttificare pienamente quanto Dio ci dà vanno superati i confini della Chiesa visibile in due direzioni.

In primo luogo, unendoci alla Chiesa del cielo nella preghiera.

Quando la Chiesa terrena prega, si instaura una comunione di reciproco servizio e di bene che giunge fino al cospetto di Dio. Con i santi che hanno trovato la loro pienezza in Dio, formiamo parte di quella comunione nella quale l’indifferenza è vinta dall’amore. La Chiesa del cielo non è trionfante perché ha voltato le spalle alle sofferenze del mondo e gode da sola. Piuttosto, i santi possono già contemplare e gioire del fatto che, con la morte e la resurrezione di Gesù, hanno vinto definitivamente l’indifferenza, la durezza di cuore e l’odio. Finché questa vittoria dell’amore non compenetra tutto il mondo, i santi camminano con noi ancora pellegrini. Santa Teresa di Lisieux, dottore della Chiesa, scriveva convinta che la gioia nel cielo per la vittoria dell’amore crocifisso non è piena

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finché anche un solo uomo sulla terra soffre e geme: “Conto molto di non restare inattiva in cielo, il mio desiderio è di lavorare ancora per la Chiesa e per le anime” (Lettera 254).

Anche noi partecipiamo dei meriti e della gioia dei santi ed essi partecipano alla nostra lotta e al nostro desiderio di pace e di riconciliazione. La loro gioia per la vittoria di Cristo risorto è per noi motivo di forza per superare tante forme d’indifferenza e di durezza di cuore.

D’altra parte, ogni comunità cristiana è chiamata a varcare la soglia che la pone in relazione con la società che la circonda, con i poveri e i lontani. La Chiesa per sua natura è missionaria, non ripiegata su se stessa, ma mandata a tutti gli uomini. Questa missione è la paziente testimonianza di Colui che vuole portare al Padre tutta la realtà ed ogni uomo. La missione è ciò che l’amore non può tacere. La Chiesa segue Gesù Cristo sulla strada che la conduce ad ogni uomo, fino ai confini della terra (cfr At 1,8). Così possiamo vedere nel nostro prossimo il fratello e la sorella per i quali Cristo è morto ed è risorto. Quanto abbiamo ricevuto, lo abbiamo ricevuto anche per loro. E parimenti, quanto questi fratelli possiedono è un dono per la Chiesa e per l’umanità intera.

Cari fratelli e sorelle, quanto desidero che i luoghi in cui si manifesta la Chiesa, le nostre parrocchie e le nostre comunità in particolare, diventino delle isole di misericordia in mezzo al mare dell’indifferenza!

3. “Rinfrancate i vostri cuori !” (Gc 5,8) – Il singolo fedele

Anche come singoli abbiamo la tentazione dell’indifferenza.

Siamo saturi di notizie e immagini sconvolgenti che ci narrano la sofferenza umana e sentiamo nel medesimo tempo tutta la nostra incapacità ad intervenire. Che cosa fare per non lasciarci assorbire da questa spirale di spavento e di impotenza?

In primo luogo, possiamo pregare nella comunione della Chiesa terrena e celeste. Non trascuriamo la forza della preghiera di tanti!

L’iniziativa 24 ore per il Signore, che auspico si celebri in tutta la Chiesa, anche a livello diocesano, nei giorni 13 e 14 marzo, vuole dare espressione a questa necessità della preghiera.

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In secondo luogo, possiamo aiutare con gesti di carità, raggiungendo sia i vicini che i lontani, grazie ai tanti organismi di carità della Chiesa. La Quaresima è un tempo propizio per mostrare questo interesse all’altro con un segno, anche piccolo, ma concreto, della nostra partecipazione alla comune umanità.

E in terzo luogo, la sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla conversione, perché il bisogno del fratello mi ricorda la fragilità della mia vita, la mia dipendenza da Dio e dai fratelli. Se umilmente chiediamo la grazia di Dio e accettiamo i limiti delle nostre possibilità, allora confideremo nelle infinite possibilità che ha in serbo l’amore di Dio. E potremo resistere alla tentazione diabolica che ci fa credere di poter salvarci e salvare il mondo da soli.

Per superare l’indifferenza e le nostre pretese di onnipotenza, vorrei chiedere a tutti di vivere questo tempo di Quaresima come un percorso di formazione del cuore, come ebbe a dire Benedetto XVI (Lett. enc. Deus caritas est, 31). Avere un cuore misericordioso non significa avere un cuore debole. Chi vuole essere misericordioso ha bisogno di un cuore forte, saldo, chiuso al tentatore, ma aperto a Dio. Un cuore che si lasci compenetrare dallo Spirito e portare sulle strade dell’amore che conducono ai fratelli e alle sorelle. In fondo, un cuore povero, che conosce cioè le proprie povertà e si spende per l’altro.

Per questo, cari fratelli e sorelle, desidero pregare con voi Cristo in questa Quaresima: “Fac cor nostrum secundum cor tuum”: “Rendi il nostro cuore simile al tuo” (Supplica dalle Litanie al Sacro Cuore di Gesù). Allora avremo un cuore forte e misericordioso, vigile e generoso, che non si lascia chiudere in se stesso e non cade nella vertigine della globalizzazione dell’indifferenza.

Con questo auspicio, assicuro la mia preghiera affinché ogni credente e ogni comunità ecclesiale percorra con frutto l’itinerario quaresimale, e vi chiedo di pregare per me. Che il Signore vi benedica e la Madonna vi custodisca.

Francesco

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DOMENICA (al termine di ogni celebrazione dell’Eucaristia)

 consegna della preghiera settimanale per i ragazzi

 acquisto del riso per lo scambio della cena

(il ricavato sarà devoluto soprattutto per le attività della san Vincenzo parrocchiale, poi per le opere di p. Giovanni Martelli nella missione di Bula in Guinea Bissau e per sostenere i progetti della Caritas diocesana in diversi paesi in via di sviluppo) MARTEDÌ

 ore 20.45 Via Crucis in Duomo guidata dall’Arcivescovo (vedi più avanti le informazioni più dettagliate) MERCOLEDÌ

 ore 16.50 preghiera di quaresima per ragazzi/e delle elementari e delle medie (in chiesa)

GIOVEDÌ

 ore 18.00 tempo di adorazione dell’Eucaristia con possibilità di confessioni (fino alle 19.45)

VENERDÌ

 ore 8.30 Lodi e meditazione sulla Passione del Signore (in chiesa)

 ore 15.00 Via Crucis (in chiesa)

 ore 18.00 Vesperi e lettura spirituale (in chiesa)

 ore 21.00 Quaresimale: AVETE INTESO CHE FU DETTO AGLI ANTICHI

“NON UCCIDERE” MA IO VI DICO… (nel salone blu sotto la chiesa)

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LA PREGHIERA perché “vedere” la nostra vita con gli occhi di Dio ci libera da ogni ansia e dalla paura

IL DIGIUNO perché “avere fame” di Dio è la strada verso la libertà

L’ELEMOSINA perché ogni briciola di libertà

che regaliamo a chi è più

povero di noi ci viene restituita

cento volte tanto

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Per poterci esercitare nella preghiera e nella meditazione ci vengono offerte molteplici occasioni:

 la meditazione personale e quotidiana della Parola di Dio

 la celebrazione dell’Eucaristia nei giorni feriali

 l’adorazione dell’Eucaristia al giovedì

 la Via Crucis al martedì (in duomo) e al venerdì (in parrocchia)

 la meditazione della Passione del Signore al venerdì

 la preghiera dei ragazzi al mercoledì

 il rosario comunitario al mercoledì

 la celebrazione individuale del sacramento della Penitenza

 la preghiera serale in famiglia

 i ritiri spirituali

 il quaresimale al venerdì

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la preghiera serale in famiglia

come sussidio è disponibile (sul tavolo in fondo alla chiesa) il libretto PANE SPEZZATO per educare – attraverso l’ascolto del vangelo proposto dalla liturgia di ogni giorno – la gratitudine, la supplica e la solidarietà

in sacrestia ci sono anche alcune copie di un altro libretto CERCO IL CENTRO DI GRAVITÀ PERMANENTE che accompagna in una scoperta di Gesù attraverso la contemplazione del dipinto dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci

la preghiera dei ragazzi al mercoledì

si tratta di un appuntamento settimanale in più per sottolineare che la quaresima è una stagione dello spirito speciale dove si deve trovare qualche occasione in più per passare un po’ di tempo insieme a Gesù

i ritiri spirituali

queste le occasioni proposte:

per i preadolescenti venerdì 6 marzo dalle 17.30 (c/o la parrocchia san Bernardo)

per 18-19enni e giovani dal pomeriggio di sabato 14marzo alla sera di domenica 15

per gli adulti domenica 1 marzo dalle 9.30 (c/o la parrocchia san Bernardo)

per 3^età e simpatizzanti martedì 24 marzo partenza alle 7.30 (c/o il monastero di Bose)

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la Via Crucis al venerdì in parrocchia

ogni venerdì alle 15.00 nella nostra chiesa ci sarà la celebrazione comunitaria della Via Crucis: la meditazione di ogni stazione sarà accompagnata da brani di contemplazione della Sacra Sindone, icona dell’amore più grande

la Via Crucis al martedì in duomo

nel Duomo di Milano, a partire dalla seconda settimana di Quaresima, per quattro martedì il Cardinale Scola guiderà la preghiera e terrà una meditazione, percorrendo alcune stazioni della Via Crucis. “Innalzato da terra attirerò tutti a me” è il titolo generale del cammino che si articolerà nelle seguenti tappe:

martedì 3 marzo LA CONDANNA martedì 10 marzo GLI INCONTRI martedì 17 marzo L’INNALZAMENTO martedì 24 marzo L’ATTRAZIONE

sarà possibile partecipare alla Via Crucis intervenendo personalmente in Duomo, dove alle 20.30 inizierà la preghiera personale e alle ore 21.00 prenderà avvio la celebrazione con l’Arcivescovo

le celebrazioni verranno trasmesse in diretta da Telenova (canale 14), da Radio Marconi, da Radio Mater e su www.chiesadimilano.it

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il quaresimale

ovvero: lo stile alternativo del cristiano

come al solito l’obiettivo del quaresimale è di aiutarci a verificare quanto il nostro comportamento quotidiano e la nostra prassi in genere è di fatto ispirata e misurata dal comportamento e dagli insegnamenti di Gesù

quest’anno la proposta è ispirata dal quinto comandamento, ma – secondo lo stile di Gesù – non vuole fermarsi alla lettera del precetto, il tema, pertanto, è stato così formulato:

“AVETE INTESO CHE FU DETTO

‘NON UCCIDERE’

MA IO VI DICO…”

con la seguente scansione di date e di temi:

Venerdì 27 febbraio

MA IO VI DICO: NESSUNO TOCCHI CAINO (Genesi 4,15)

proiezione del film sulla pena di morte DEAD MAN WALKING

Venerdì 6 marzo

MA IO VI DICO: “ACOLTATE QUESTO VOI CHE DITE QUANDO SARÀ PASSATO IL SABATO COMPREREMO CON DENARO GLI INDIGENTI

E IL POVERO PER UN PAIO DI SANDALI” (Amos 8,6)

testimonianza sull’usura di un rappresentante dell’associazione LIBERA

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Venerdì 13 marzo

MA IO VI DICO: “SIETE VOI I VIGNAIOLI OMICIDI QUELLI CHE DICEVANO

ECCO L’EREDE UCCIDIAMOLO E L’EREDITÀ SARÀ NOSTRA”

(Marco 12,7)

conferenza di SILVANO PETROSINO (docente all’Università Cattolica)

Venerdì 20 marzo

MA IO VI DICO:

“CHI DI VOI, PER QUANTO SI PREOCCUPI, PUÒ ALLUNGARE ANCHE DI POCO LA PROPRIA VITA?”

(Luca 12,25)

tavola rotonda con il cappellano e alcuni medici dell’Istituto dei Tumori sui temi dell’accanimento terapeutico, dell’eutanasia, del fine vita

Venerdì 27 marzo

MA IO VI DICO: “UN SACERDOTE SCENDEVA PER QUELLA MEDESIMA STRADA

E, QUANDO LO VIDE, PASSÒ OLTRE

(Luca 10,31)

riflessione biblica proposta da sr LAURA BERNARDI (discepole del vangelo) sui comportamenti di omissione che portano alla morte

o uccidono anche la speranza

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Si sa il digiuno cristiano non ha nulla a che fare con la dieta (nel senso di mangiare meno per dimagrire) piuttosto la pratica del digiuno e del “magro” sono esercizi spirituali, gesti cioè che mirano a convertire la nostra interiorità e in particolare a ricordarci che:

ogni essere umano non vive solo di cibo materiale, perché ha fame di parola di Dio

il cibo, come ogni altro bene che possediamo, ci è dato per essere condiviso: serve perciò a creare comunione, solidarietà e non privilegio o separazione

Per questo la pratica del digiuno, oltre ad essere fatta in segreto e a richiedere l’uso del profumo (proprio come dice Gesù nel vangelo di Matteo) deve essere qualcosa che ha delle ricadute anche sul nostro modo di stare al mondo e di essere consa-pevoli delle conseguenze planetarie della nostra alimentazione.

Il digiuno è richiesto il primo venerdì di quaresima e il venerdì santo e consiste (in relazione alle capacità individuali e alla fatica richiesta dagli impegni lavorativi e scolastici) nel mangiare meno ad ogni pasto oppure nel saltare completamente uno dei pasti. Al digiuno si accompagna la pratica del magro (richiesta per i cristiani ogni venerdì) che nei venerdì di quaresima non può essere sostituita (come invece è possibile negli altri venerdì dell’anno) da una penitenza equivalente

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Come negli scorsi anni per sostenere e accompagnare il digiuno proponiamo la pratica dello scambio della cena.

È una forma di digiuno e di “magro” per vivere bene la quaresima.

Praticamente consiste nell’acquistare in chiesa una razione di riso da mangiare a casa propria il venerdì (a cena oppure anche a pranzo) pa- gandola però tre volte tanto (quasi quanto si spenderebbe se, invece del riso, quel venerdì si man- giasse come al solito).

La razione di riso è di quasi 100 grammi, cioè più o meno quanto mangia in un giorno un povero del sud del mondo.

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Il ricavato dallo scambio della cena e da altre rinunce che ciascuno vorrà e saprà fare sarà devoluto soprattutto per le attività della san Vincenzo parrocchiale, poi per le opere di padre Giovanni Martelli nella missione di Bula in Guinea Bissau e per sostenere i progetti della Caritas diocesana in diversi paesi in via di sviluppo

LA SOCIETÀ SAN VINCENZO DE' PAOLI E’ un’organizzazione di laici cattolici fondata nel 1833 a Parigi dal beato Federico Ozanam e messa sotto la protezione di San Vincenzo de Paoli. Ha per obiettivo la promozione della persona umana attraverso il rapporto perso- nale attuato con la visita a domicilio. Aiuta le persone che si trovano in condizioni di sofferenza morale e materiale, con rispetto ed amicizia. Opera per rimuovere le situazioni di povertà e di emarginazione attraverso la ricerca di una maggiore giustizia sociale.

E’ formata da uomini e donne, giovani ed anziani, che uniscono le loro forze e agiscono in un comune cammino umano e spirituale.

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REP. CENTRAFRICANA - Facciamo comunità

Luogo: Nana-Mambere, Repubblica Centrafricana

Destinatari: Il progetto prevede due destinatari principali: i giovani per dare loro un lavoro e una possibilità di sopravvivenza e le famiglie per offrire loro elementi di coesione e unione.

MOZAMBICO - SuppORTI alla nutrizione

Luogo: Diocesi di Inhambane, Mozambico

Destinatari: I beneficiari si concentrano nel Distretto di Maxixe dove si trovano le scuole per lʼ infanzia. Saranno coinvolte 540 madri, le relative famiglie (circa 3.100 persone), e 40 maestre.

MOLDOVA -Prossimo al tuo prossimo

Luogo: Chisinau-Moldova

Destinatari: Pensionati, persone senza fissa dimora, immigrati che vivono al limite dell’esclusione sociale e della fame.

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… a proposito della quaresima

Fra tutti gli inni e le preghiere quaresimali c'è una breve preghiera che si può chiamare la preghiera di quaresima. La tradizione la attribuisce a uno dei grandi maestri della vita spirituale: sant'Efrem il Siro. Eccone il testo:

Signore delle nostre vite allontana da noi

lo spirito dell’ozio della tristezza del dominio e le parole vane.

Accorda ai tuoi servi lo spirito di castità di umiltà

di perseveranza

e la carità che non viene mai meno.

Sì, nostro Signore e nostro Re concedici di vedere i nostri peccati e di non giudicare i fratelli

e tu sarai benedetto ora e nei secoli dei secoli.

Amen.

Questa preghiera viene recitata due volte alla fine di ogni liturgia quaresimale, dal lunedì al venerdì. La si dice una prima volta facendo una prostrazione dopo ogni supplica. Quindi tutti si inchinano dodici volte dicendo: "O Dio, purifica me, peccatore". Alla fine si ripete l'intera preghiera con una prostrazione conclusiva. Perché questa preghiera così breve e semplice occupa un posto tanto importante in tutta la liturgia quaresimale?

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Il motivo è che essa enumera in maniera felice tutti gli elementi negativi e positivi del pentimento e costituisce, per così dire, un

"promemoria" per il nostro sforzo personale di quaresima. Questo sforzo mira innanzitutto a liberarci da certe malattie spirituali fondamentali che deformano la nostra vita e ci mettono praticamente nell'impossibilità persino di cominciare a volgerci verso Dio.

La malattia di fondo è l'ozio. È questa strana indolenza, questa passività di tutto il nostro essere, che sempre ci abbatte piuttosto che sollevarci, e che costantemente ci persuade che nessun cambiamento è possibile e quindi desiderabile. È, in realtà, un cinismo profondamente radicato, che a ogni sfida spirituale risponde: "A che pro?", e trasforma la nostra vita in un tremendo deserto spirituale. È la radice di ogni peccato, perché avvelena l'energia spirituale direttamente alla sorgente.

Il risultato dell'ozio è lo scoraggiamento. È lo stato di acedia, che tutti i padri considerano come il più grande pericolo per l'anima. L'acedia è l'impossibilità per l'uomo di vedere qualcosa di buono o di positivo: tutto viene ridotto al negativismo e al pessimismo. È davvero un potere demoniaco in noi, perché il Diavolo è essenzialmente un bugiardo. Egli mente all'uomo sia su Dio che sul mondo, riempiendo la vita di oscurità e negatività. L'acedia è il suicidio dell'anima perché, quando l'uomo ne è posseduto, è assolutamente incapace di vedere la luce e di desiderarla.

Brama di potere! Per quanto possa sembrare strano, sono proprio l'ozio e lo scoraggiamento che riempiono la nostra vita di brama di potere. Viziando interamente il nostro atteggiamento nei confronti della vita e rendendola vuota e senza senso, essi ci costringono a cercare compensazione in un atteggiamento radicalmente sbagliato nei confronti degli altri. Se la mia vita non è orientata verso Dio, se non mira ai valori eterni, diventerà inevitabilmente egoistica e incentrata su se stessa, e questo significa che tutti gli altri esseri diventeranno dei mezzi al servizio della mia propria autosoddisfazione.

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Se Dio non è il Signore e il Maestro della mia vita, allora divento io il mio signore e maestro, il centro assoluto del mio mondo, e comincio a valutare ogni cosa in funzione dei miei bisogni, delle mie idee, dei miei desideri e dei miei giudizi. In questo modo, la brama di potere vizia alla base le mie relazioni con gli altri: io cerco di sottometterli a me. Essa non si esprime necessariamente nel bisogno effettivo di comandare e di dominare sugli altri: può volgere benissimo all'indifferenza, al disprezzo, alla mancanza d'interesse, di considerazione e di rispetto. Si tratta, in realtà, di ozio e di acedia, ma questa volta riferiti agli altri; completa il suicidio spirituale con l'omicidio spirituale.

Infine il vano parlare. Di tutti gli esseri creati, solo l'uomo è stato dotato del dono della parola. Tutti i padri vedono in questo il "sigillo"

dell'immagine divina nell'uomo, perché Dio stesso si è rivelato come Parola (cf. Gv l,I). Ma proprio perché è il dono supremo, esso è al tempo stesso il supremo pericolo. Poiché è l'espressione stessa dell'uomo, il mezzo della sua autorealizzazione, è anche, per questo stesso motivo, il mezzo della sua caduta e della sua autodistruzione, del suo tradimento e del suo peccato. La parola salva, la parola uccide; la parola ispira, la parola avvelena; la parola è strumento di verità ed è strumento di menzogna diabolica. Avendo un potere positivo estremo, essa ha per ciò stesso un estremo potere negativo. Essa crea davvero, positivamente oppure negativamente.

Quando è deviata dalla sua origine e dalla sua finalità divina, la parola diventa vana: consolida l'ozio, l'acedia, la brama di potere, e trasforma la vita in un inferno. Diventa la potenza stessa del peccato.

Ecco, dunque, i quattro punti negativi oggetto di pentimento. Sono gli ostacoli che bisogna rimuovere. Ma Dio solo può rimuoverli. Da qui, la prima parte della preghiera di quaresima: questo grido che viene dal fondo dell'impotenza umana. Dopodiché la preghiera passa agli intenti positivi del pentimento, che sono anch'essi quattro.

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La castità. Se non si riduce questo termine, come si fa così spesso e in modo errato, unicamente alla sua connotazione sessuale, la castità si può considerare come la controparte positiva dell'ozio. La traduzione esatta e completa del termine greco sophrosyne e del russo celomudrie dovrebbe essere "disposizione all'integrità".

L'ozio è soprattutto dissipazione, è il frazionamento della nostra visione e della nostra energia, l'incapacità di vedere il tutto. E suo contrario è quindi precisamente l'integrità. Se con il termine castità noi designiamo abitualmente la virtù opposta alla depravazione sessuale, è perché il carattere frammentario della nostra esistenza in nessun'altra parte appare così evidente come nel desiderio sessuale, che è alienazione del corpo dalla vita e dal controllo dello spirito. Cristo ripristina in noi l'integrità e lo fa ristabilendo in noi la vera scala dei valori, riconducendoci a Dio.

Un primo meraviglioso frutto di questa integrità o castità è l'umiltà. Ne abbiamo già parlato. Essa è soprattutto la vittoria della verità in noi, l'eliminazione di tutte le falsità in cui noi viviamo abitualmente. Solo l'umiltà è capace di verità, di vedere e di accettare le cose come sono e quindi di vedere la maestà di Dio, la sua bontà e il suo amore in ogni cosa.

Per questo ci è detto che Dio fa grazia all'umile e resiste al superbo.

La castità e l'umiltà conducono per loro natura alla pazienza. L'uomo

"naturale" o "decaduto" è impaziente perché, essendo incapace di vedere se stesso, è pronto a giudicare e a condannare gli altri. Non avendo tuttavia che una conoscenza frammentaria, incompleta e distorta di tutte le cose, misura tutto a partire dai propri gusti e dalle proprie idee.

Indifferente verso tutti, eccetto che verso se stesso, vuole che la vita gli sorrida, qui e ora. La pazienza, d'altro canto, è veramente una virtù divina.

Dio è paziente non perché è "indulgente", ma perché vede la profondità di tutto ciò che esiste, perché la realtà interna delle cose, che noi nella nostra cecità non vediamo, per lui è aperta. Più ci avviciniamo a Dio, più diventiamo pazienti, e più riflettiamo quell'infinito rispetto per tutti gli esseri che è la qualità propria di Dio.

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E infine, la corona e il frutto di tutte le virtù, di ogni crescita e di ogni sforzo, è l'amore - quell'amore che, come già abbiamo detto, può essere dato da Dio solo - il dono che è la meta cui tende ogni preparazione e ogni ascesi spirituale. Tutto questo si trova riassunto e riunito insieme nella domanda che conclude la preghiera di quaresima, nella quale si chiede "di vedere i propri errori e di non giudicare il fratello". Perché, fondamentalmente, non vi è che un pericolo: l'orgoglio. L'orgoglio è la sorgente del male, e ogni male è orgoglio. Non mi è sufficiente vedere i miei errori, perché persino questa apparente virtù può trasformarsi in orgoglio.

Gli scritti spirituali sono pieni di avvertimenti contro le forme sottili di una pseudopietà che, in realtà, sotto le sembianze dell'umiltà e dell'autoaccusa, può condurre a un orgoglio veramente diabolico. Però, quando "vediamo i nostri errori" e "non giudichiamo i nostri fratelli", quando, in altri termini, castità, umiltà, pazienza e amore non sono che una cosa sola in noi, allora, e solo allora, l'ultimo nemico - l'orgoglio - sarà distrutto in noi.

Dopo ogni domanda contenuta nella preghiera, facciamo una prostrazione. Le prostrazioni non sono limitate alla preghiera di sant'Efrem, ma costituiscono una delle caratteristiche che contraddistinguono l'intera liturgia quaresimale. Qui, tuttavia, il loro significato si rivela pienamente: nel lungo e difficile sforzo di recupero spirituale, la chiesa non separa l'anima dal corpo. Tutto l'uomo, cadendo, si è allontanato da Dio; tutto l'uomo è da rinnovare, tutto l'uomo deve ritornare. La catastrofe del peccato consiste proprio nella vittoria della carne - l'animale, l'irrazionale, la passione in noi - sullo spirituale e sul divino. Ma il corpo è glorioso, il corpo è santo, così santo che Dio stesso "si è fatto carne". La salvezza e il pentimento non sono perciò disprezzo del corpo o trascuratezza nei suoi confronti, bensì ripristino del corpo alla sua vera funzione, che è quella di esprimere la vita dello spirito, di essere tempio dell'inestimabile anima umana.

L'ascetismo cristiano è una lotta, non contro il corpo, ma per il corpo. Per questa ragione, è tutto l'uomo - anima e corpo - che si pente. Il corpo partecipa alla preghiera dell'anima così come l'anima prega mediante il corpo e nel corpo. Le prostrazioni, il segno "psicosomatico" del pentimento e dell'umiltà, dell'adorazione e dell'obbedienza, sono così il rito quaresimale per eccellenza.

Tratto da: Quaresima, in cammino verso la Pasqua di Alexander Shmemann

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