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MESSAGGIO DEL PAPA FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2017

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(1)

PREGHIAMO CON IL

MESSAGGIO DEL PAPA FRANCESCO PER LA QUARESIMA 2017

G. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

T. Amen.

G. Crea in noi, o Dio, un cuore puro T. rinnova in noi uno spirito saldo.

G. Il Signore, grande nell’amore,

ci dia una vera conoscenza dei nostri peccati, una forte volontà di conversione

e una filiale fiducia

nella sua infinita misericordia.

T. Amen.

Cari fratelli e sorelle,

la Quaresima è un nuovo inizio, una strada che conduce verso una meta sicura: la Pasqua di Risurrezione, la vittoria di Cristo sulla morte. E sempre questo tempo ci rivolge un forte invito alla conversione: il cristiano è chiamato a tornare a Dio «con tutto il cuore» (Gl 2,12), per non accontentarsi di una vita mediocre, ma crescere nell’amicizia con il Signore. Gesù è l’amico fedele che non ci abbandona mai, perché, anche quando pecchiamo, attende con pazienza il nostro ritorno a Lui e, con questa attesa, manifesta la sua volontà di perdono.

La Quaresima è il momento favorevole per intensificare la vita dello spirito attraverso i santi mezzi che la Chiesa ci offre: il digiuno, la preghiera e l’elemosina. Alla base di tutto c’è la Parola di Dio, che in questo tempo siamo invitati ad ascoltare e meditare con maggiore assiduità.

Preghiamo

G. Dio onnipotente e misericordioso, T. apri i nostri occhi perché vediamo il male che c’è in noi

e tocca i nostri cuori perché ci convertiamo a te.

Il tuo amore guarisca le nostre ferite,

e la tua potenza sostenga la nostra debolezza.

Il tuo Spirito ci doni la gioia e la Sapienza

di vivere la quaresima come tempo di raccoglimento, di riflessione, di preghiera e di penitenza,

come mezzo e grande opportunità della Grazia per rinnovare la nostra vita

e aderire in tutto e sempre al Cristo tuo Figlio.

Amen.

(2)

DAL VANGELO SECONDO LUCA

(Lc 16, 19-31)

19C’era un uomo ricco, che indossava vestiti di porpora e di lino finissimo, e ogni giorno si dava a lauti banchetti. 20Un povero, di nome Lazzaro, stava alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi con quello che cadeva dalla tavola del ricco;

ma erano i cani che venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando negli inferi fra i tormenti, alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui.

24Allora gridando disse: «Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma». 25Ma Abramo rispose: «Figlio, ricordati che, nella vita, tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stato fissato un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi, non possono, né di lì possono giungere fino a noi». 27E quello replicò: «Allora, padre, ti prego di mandare Lazzaro a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca severamente, perché non vengano anch'essi in questo luogo di tormento». 29Ma Abramo rispose: «Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro». 30E lui replicò: «No, padre Abramo, ma se dai morti qualcuno andrà da loro, si convertiranno». 31Abramo rispose: «Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti».

1. L’altro è un dono

La parabola comincia presentando i due personaggi principali, ma è il povero che viene descritto in maniera più dettagliata: egli si trova in una condizione disperata e non ha la forza di risollevarsi, giace alla porta del ricco e mangia le briciole che cadono dalla sua tavola, ha piaghe in tutto il corpo e i cani vengono a leccarle (cfr. vv. 20-21). Il quadro dunque è cupo, e l’uomo degradato e umiliato.

La scena risulta ancora più drammatica se si considera che il povero si chiama Lazzaro: un nome carico di promesse, che alla lettera significa «Dio aiuta». Perciò questo personaggio non è anonimo, ha tratti ben precisi e si presenta come un individuo a cui associare una storia personale. Mentre per il ricco egli è come invisibile, per noi diventa noto e quasi familiare, diventa un volto; e, come tale, un dono, una ricchezza inestimabile, un essere voluto, amato, ricordato da Dio, anche se la sua concreta condizione è quella di un rifiuto umano.

Lazzaro ci insegna che l’altro è un dono. La giusta relazione con le persone consiste nel riconoscerne con gratitudine il valore. Anche il povero alla porta del ricco non è un fastidioso ingombro, ma un appello a convertirsi e a cambiare vita. Il primo invito che ci fa questa parabola è quello di aprire la porta del nostro cuore all’altro, perché ogni persona è un dono, sia il nostro vicino sia il povero sconosciuto. La Quaresima è un tempo propizio per aprire la porta ad ogni bisognoso e riconoscere in lui o in lei il volto di Cristo. Ognuno di noi ne incontra sul proprio cammino. Ogni vita che ci viene incontro è un dono e merita accoglienza, rispetto, amore. La Parola di Dio ci aiuta ad aprire gli occhi per accogliere la vita e amarla, soprattutto quando è debole.

«Dio aiuta» il ricco epulone, per mezzo di Lazzaro, affinché riesca ad intraprendere, attraverso l’elemosina e la condivisione, una relazione di conversione come Dio Gli sta proponendo.

(3)

Ma per poter fare questo è necessario prendere sul serio anche quanto il Vangelo ci rivela a proposito dell’uomo ricco.

Preghiamo

G. O Dio,

T. che nella grandezza della tua misericordia da peccatori ci trasformi in giusti

e dalla tristezza del peccato

ci fai passare alla gioia della vita nuova, assistici con la potenza del tuo Spirito perché, mediante una sincera conversione, camminiamo nell’amore

e viviamo sempre nella tua amicizia.

Amen.

2. Il peccato ci acceca

Del ricco non si dice il nome, ma viene definito dal suo lusso e dal suo comportamento. I ricchi devono farsi vedere, devono imporsi e ostentare: da allora fino a oggi non è cambiato nulla, e chi pensa di essere potente e ricco, anche nella chiesa, vuole esibire i segni del potere e osa addirittura affermare che la porpora è indossata per dare gloria a Dio…

L’altra dimensione con cui i ricchi nell’antichità si facevano vedere era il loro banchettare con ostentazione. Per le persone comuni la festa è un’occasione rara, per i poveri è impossibile; per i ricchi ogni giorno è possibile festeggiare. Ma festeggiare cosa? Se stessi e la loro situazione privilegiata, senza mai pensare alla condivisione.

Questo ricco, in particolare, mai si era accorto del povero presente davanti alla sua porta, e dunque mai aveva praticato quella carità che la Torah stessa esigeva. Ma qual è la malattia più profonda di quest’uomo? La mondanità: l’atteggiamento di chi è solo con il proprio egoismo, dunque è incapace di vedere la realtà.

In quest'uomo s’intravede drammaticamente la corruzione del peccato, che si realizza in tre momenti successivi: l’amore per il denaro, la vanità e la superbia.

La parabola ci mostra che la cupidigia del ricco lo rende vanitoso. La sua personalità si realizza nelle apparenze, nel far vedere agli altri ciò che lui può permettersi. Ma l’apparenza maschera il vuoto interiore. La sua vita è prigioniera dell’esteriorità, della dimensione più superficiale ed effimera dell’esistenza.

Il gradino più basso di questo degrado morale è la superbia. L’uomo ricco si veste come se fosse un re, simula il portamento di un dio, dimenticando di essere semplicemente un mortale. Per l’uomo corrotto dall’amore per le ricchezze non esiste altro che il proprio io, e per questo le persone che lo circondano non entrano nel suo sguardo. Il frutto dell’attaccamento al denaro è dunque una sorta di cecità: il ricco non vede il povero affamato, piagato e prostrato nella sua umiliazione. Ma il denaro è il peccato del ricco; tutti noi, invece abbiamo un Peccato che ci acceca e ha un nome diverso per ciascuno di noi.

(4)

Preghiamo

G. O Padre onnipotente e buono,

T. fa’ che la penitenza quaresimale purifichi il nostro cuore da ogni attaccamento al peccato,

ci renda forti nel resistere alle insidie del maligno, e ci conservi fedeli al tuo amore

per giungere rinnovati

a celebrare la Pasqua del tuo Figlio, che vive e regna per sempre.

Amen.

3. La Parola è un dono

Il Vangelo del ricco e del povero Lazzaro ci aiuta a prepararci bene alla Pasqua che si avvicina. La liturgia del Mercoledì delle Ceneri ci invita a vivere un’esperienza simile a quella che fa il ricco in maniera molto drammatica. Il sacerdote, imponendo le ceneri sul capo, ripete le parole: «Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai». Il ricco e il povero, infatti, muoiono entrambi e la parte principale della parabola si svolge nell’aldilà. I due personaggi scoprono improvvisamente che «non abbiamo portato nulla nel mondo e nulla possiamo portare via» (1 Tm 6,7). Capiamo qual è la sorte dei due protagonisti della parabola ed il racconto ci mostra un «ricco d’empietà» che chiede disperatamente al «padre Abramo», infine, di mettere almeno in guardia i suoi familiari affinché non subiscano la stessa fine.

Anche il nostro sguardo si apre all’aldilà, dove il ricco chiama Abramo con l’appellativo di «padre», dimostrando così di far parte del popolo di Dio. Questo particolare rende la sua vita ancora più contraddittoria, perché finora non si era detto nulla della sua relazione con Dio. In effetti, nella sua vita non c’era posto per Dio, essendo lui stesso l’unico suo dio.

Solo tra i tormenti dell’aldilà il ricco riconosce Lazzaro e vorrebbe che il povero alleviasse le sue sofferenze con un po’ di acqua. I gesti richiesti a Lazzaro sono simili a quelli che avrebbe potuto fare il ricco e che non ha mai compiuto. Abramo, tuttavia, gli spiega: «Nella vita tu hai ricevuto i tuoi beni, e Lazzaro i suoi mali; ma ora in questo modo lui è consolato, tu invece sei in mezzo ai tormenti» (v. 25). Nell’aldilà si ristabilisce una certa equità e i mali della vita vengono bilanciati dal bene. Non sembra, però, che la parabola voglia dirci realmente qualcosa di concreto su com’è fatto l’aldilà o come Dio amministra la sua giustizia e la sua misericordia; piuttosto, la pericope evangelica di parla dell’ascolto.

Infatti, la parabola si protrae e presenta il ricco, che ha dei fratelli ancora in vita, che chiede ad Abramo di mandare Lazzaro da loro per ammonirli; ma Abramo risponde:

«Hanno Mosè e i profeti; ascoltino loro» (v. 29). E di fronte all’obiezione del ricco, aggiunge: «Se non ascoltano Mosè e i profeti, non saranno persuasi neanche se uno risorgesse dai morti» (v. 31).

In questo modo emerge il vero problema del ricco: la radice dei suoi mali è il non prestare ascolto alla Parola di Dio; questo lo ha portato a non amare più Dio e quindi a disprezzare il prossimo. La Parola di Dio è una forza viva, capace di suscitare la conversione nel cuore degli uomini e di orientare nuovamente la persona a Dio.

(5)

Chiudere il cuore al dono di Dio che parla ha come conseguenza il chiudere il cuore al dono del fratello.

Preghiamo

G. O Dio, nostro Padre,

T. rendi i nostri cuori aperti e disponibili alla tua parola di verità perché, con la tua grazia,

possiamo rinnovare la nostra vita, e annunziare in modo degno

il Vangelo di salvezza del tuo Figlio.

Egli è Dio, e vive e regna con te, o Padre, e con lo Spirito Santo

per tutti i secoli dei secoli.

Amen.

4. Conclusione

Cari fratelli e sorelle, la Quaresima è il tempo favorevole per rinnovarsi nell’incontro con Cristo vivo nella sua Parola, nei Sacramenti e nel prossimo. Il Signore – che nei quaranta giorni trascorsi nel deserto ha vinto gli inganni del Tentatore – ci indica il cammino da seguire. Lo Spirito Santo ci guidi a compiere un vero cammino di conversione, per riscoprire il dono della Parola di Dio, essere purificati dal peccato che ci acceca e servire Cristo presente nei fratelli bisognosi.

Incoraggio tutti i fedeli ad esprimere questo rinnovamento spirituale anche partecipando alle Campagne di Quaresima che molti organismi ecclesiali, in diverse parti del mondo, promuovono per far crescere la cultura dell’incontro nell’unica famiglia umana. Preghiamo gli uni per gli altri affinché, partecipi della vittoria di Cristo, sappiamo aprire le nostre porte al debole e al povero. Allora potremo vivere e testimoniare in pienezza la gioia della Pasqua.

G. Signore, nella tua bontà senza limiti, T. donaci la forza

di combattere lo spirito del male

con il digiuno, la preghiera e le opere di carità, e di iniziare un cammino di vera conversione per giungere, completamente rinnovati, a celebrare la Pasqua del tuo Figlio.

G. Ritornate al Signore, vostro Dio.

T. Con la forza dello Spirito, fonte di santità.

Riflessione personale

Se vogliamo prendiamo un impegno per la Quaresima, ricordando che la Parola di Dio, letta, meditata e pregata più sovente e intensamente ci aiuta a «fare deserto» attorno a noi per purificarci e vincere gli inganni del Maligno, che ci rendono ciechi e non ci permettono di riconoscere il prossimo accanto a noi.

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