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Perché il S1 della GUM deve essere modificato

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Academic year: 2022

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Perché il S1 della GUM deve essere modificato

Nicola Giaquinto

Dipartimento di Ingegneria Elettrica e dell’Informazione – Politecnico di Bari

1 Introduzione

Le presenti note (che possono essere considerate una bozza di articolo, in preparazione per pubblicazione) mostrano, riprendendo un lavoro precedente dello stesso autore [1], che le stime fornite dall’applicazione del Supplemento 1 (S1) della GUM sono errate. Esse, notoriamente, si discostano rispetto alla stima “ingenua” del GUM Uncertainty Framework (GUF), ma lo fanno nella direzione opposta a quella corretta.

In simboli, se il modello della misurazione è Y f X( 1,...XN), e le quantità misurate sono ˆ1,..., ˆN

X X , la stima GUF è YˆGUF f X( ˆ1,...,XˆN), e la stima del S1 è ˆYGUF , mentre la stima corretta è ˆYGUF .

Il problema ha origine nel fatto che il S1 implementa l’inferenza statistica bayesiana in un modo troppo semplificato, che incorre sistematicamente (come rilevato dall’autore nell’articolo

precedente) nel “paradosso di Stein” dell’inferenza bayesiana.

In queste note non si discutono, contrariamente a [1], i dettagli teorici dell’approccio bayesiano seguito nel S1. Esso, invece, mostra come i due approcci, il “bayesiano del S1” e il “frequentista”, possono essere ridotti a due diversi modi di scrivere una serie di Taylor. In questo modo, è facile derivare formule analitiche approssimate per la determinazione della stima e dell’incertezza nei due approcci, senza l’uso di simulazioni Monte Carlo. Le formule analitiche mostrano chiaramente che i due approcci portano inevitabilmente a correzioni uguali e opposte rispetto alla stima GUF.

Che la correzione del S1 sia scorretta è stato mostrato teoricamente in [1]. In questo lavoro, invece di ripetere la discussione teorica, vengono portati tre esempi che si ritiene siano sufficientemente convincenti.

Il primo di essi, la media quadratica, mostra come il S1 conduce a stimare la potenza di un segnale sommando, invece che sottraendo, la potenza del rumore ad esso sovrapposto. Il secondo, la media geometrica, mostra che la correzione giusta non può essere dedotta, come nell’esempio precedente, da semplici considerazioni fisiche. La correzione giusta da applicare a una media geometrica può essere dedotta solo con la metodologia presentata qui (o con altra metodologia equivalente); essa, per inciso, ha segno opposto rispetto a quella che si ha nel caso della media quadratica. Il terzo esempio, misura delle velocità di fase di un’onda elettromagnetica, mostra una situazione analoga, in cui il modello della misurazione coinvolge solo due misure. Anche se la correzione ha

un’importanza maggiore all’aumentare del numero di misure, l’esempio mostra che il problema del segno della correzione è ugualmente non trascurabile.

Si vuole far notare, concludendo questa introduzione, che la metodologia descritta nel S1 è norma tecnica adottata a livello internazionale. In Italia l’organismo unico di accreditamento, ACCREDIA, prescrive l’uso del S1 nelle situazioni appropriate [2]. Di conseguenza, queste note, come quelle contenute in [1], non sono di poco conto. Se esse sono corrette, mantenere il S1 nella sua forma attuale significa assumere una certa responsabilità.

(2)

2 Approccio bayesiano e frequentista al problema della misurazione

Si consideri una quantità fisica scalare X, e il problema di modellare matematicamente la

conoscenza incompleta di tale grandezza. Le quantità X (“misurando”) non è nota, ma si dispone di una sua misura, o stima, Xˆ .

Nella concezione bayesiana, il misurando X è modellati come una variabile aleatoria, e la stima Xˆ è, invece, modellata come un numero reale fisso. L'informazione incompleta disponibile su X è totalmente codificata in una densità di probabilità (pdf) gX( |X . E’ la distribuzione della v.a. X ˆ) condizionata al valore della misura, Xˆ .

Nella concezione frequentista i ruoli delle variabili sono rovesciati: il misurando X è considerato un numero reale fisso, anche se sconosciuto, mentre la stima Xˆ è una variabile aleatoria.

L’informazione incompleta è quindi rappresentata da una pdf ˆ( |ˆ )

gX X . E’ la distribuzione della v.a. Xˆ condizionata al valore (sconosciuto) del misurando, X .

Si noti che nell’approccio bayesiano il modello matematico delle due quantità è molto più naturale, ed è anche più semplice l’interpretazione e l’uso della pdf che descrive la conoscenza incompleta.

Se conosco gX( |X , posso affermare che “la quantità sconosciuta X si trova nell’intervallo ˆ) [ , ]a b con probabilità p, dove la coppia [ , ]a b e p è determinata in base alla distribuzione gX( |X . ˆ) Questo è il concetto di “credible interval”, che nel S1 della GUM e nel VIM si chiama “coverage interval” (intervallo di copertura).

L’approccio frequentista appare considerevolmente più artificioso. Poiché X è deterministico, non ha senso affermare che “si trova nell’intervallo [ , ]a b con probabilità p”. Delle due l’una: o X si trova in [ , ]a b , o non vi si trova (e noi questo non lo sappiamo e non lo sapremo mai). Invece, in base alla distribuzione ˆ( |ˆ )

gX X della v.a. Xˆ si trova un intervallo aleatorio, per esempio del tipo

ˆ ˆ

[X ,X ] [ , ]A B . Questo intervallo aleatorio, prima di prendere la misura Xˆ , aveva una probabilità p di includere il valore deterministico di X. Questo è il concetto, indubbiamente alquanto involuto, di “intervallo di confidenza” al livello di confidenza p.

Perché esiste, allora, l’approccio frequentista? Perché, disgraziatamente, il calcolo con l’approccio bayesiano richiede di assegnare una distribuzione a priori gX( ) (diciamo, una distribuzione

“prima di prendere la misura”), che non è affatto semplice assegnare correttamente. Non esiste una regola automatica per assegnare gX( ) in assenza di informazioni a priori estremamente specifiche.

La gX( ) “giusta” dipende sia dall’informazione disponibile a priori (cioè prima di prendere la misura), sia dal particolare problema di stima. In altre parole, se una certa gX( )va bene per

stimare X , essa può non andare bene per stimare X , o 2 cos( )X , o un’altra funzione di X. Questo è il motivo per cui l’approccio frequentista si è sviluppato e si è imposto. L’approccio bayesiano è uno strumento soprattutto usato dagli statistici di professione, oppure in schemi ben definiti e ripetitivi.

Il S1 è un documento che tratta il problema della propagazione dell’incertezza. In esso è integrato una specie di approccio bayesiano “automatico”, in pratica un metodo di calcolo che vuole

conservare lo spirito del bayesianismo senza dover fare i conti con le sue asperità, e in particolare con il complesso problema della scelta della gX( ). In base a quanto si è detto sopra, non dovrebbe sorprendere che il metodo presenti, alla resa dei conti, alcuni problemi.

Dal punto di vista tecnico, è possibile dimostrare che il metodo di calcolo del S1 equivale a un approccio bayesiano con una gX( )x costante estesa da a , la più nota e comune “improper

(3)

prior” utilizzata fin dagli albori del bayesianismo (per esempio da Laplace). Questo tipo di prior porta a risultati inammissibili in un certo numero di situazioni. Tuttavia, lo scopo di queste note non è un’analisi teorica minuta del rapporto tra il metodo del S1 e l’approccio bayesiano.

Più semplicemente, queste note mostrano che con il metodo del S1, si ottengono sempre stime distorte. Più precisamente, se si considera il problema di propagazione

( 1,..., N)

Y f X X (1)

il metodo del S1 porta, date le misure Xˆ1,...X , a un risultato del tipo ˆN ˆB ( ˆ1,...ˆN)

Y f X X (2)

(il pedice B sta per “bayesiano”), mentre la stima migliore è quella che comporta esattamente una correzione di segno opposto

ˆF ( ˆ1,...ˆN)

Y f X X (3)

(il pedice F sta per “frequentista”).

Si noti che la stima “ingenua”, Yˆ f X( ˆ1,...XˆN), corrisponde alla trattazione approssimata della GUM, in cui gli effetti di ordine superiore al primo sono considerati trascurabili.

Quindi, in termini molto semplici, il S1 porta in conto gli effetti di ordine superiore in modo esattamente opposto a come dovrebbe. Questo fatto è mostrato mediante una matematica semplificata, e mediante opportuni esempi.

Si noti che il problema contenuto nel S1 non significa, assolutamente che l’approccio frequentista sia “meglio” di quello bayesiano. L’approccio frequentista ha il pregio di essere immune da certe

“trappole” tipiche dell’approccio bayesiano. Tuttavia, in un problema di inferenza statistica una buona impostazione bayesiana spesso può dare risultati molto migliori di un approccio puramente frequentista.

3 Il problema di propagazione. Notazione matriciale

Nel seguito si esamina il problema di propagazione (1). Per economia di simboli e di inchiostro, useremo una comoda notazione matriciale, così organizzata:

Simbolo Significato

(X1,...,XN)T

X Quantità di ingresso: misurandi

(quantità sconosciute) ˆ (Xˆ1,...,XˆN)T

X Quantità di ingresso: misure o

stime (quantità note) ˆ [E1,...,EN]T

E X X Errori sulle quantità di ingresso

(quantità sconosciute) ( )

Y f X Modello matematico della

misurazione, ovvero relazione che lega un misurando (in uscita) ad altri misurandi (in ingresso)

1

( ) ( ) ,...,

N

f f

f X X

J X

Matrice jacobiana della relazione f. È un vettore 1 N di funzioni, ciascuna di N variabili, ovvero di un vettore X .

(4)

2 2 2

2

1 1 2 1

2 2 2

2

2 1 2 2

2 2 2

2

1 2

...

( ) ( ) ...

... ... ... ...

...

N

T

N

N N N

f f f

X X X X X

f f f

f X X X X X

f f f

X X X X X

H X X

Matrice hessiana della relazione f.

È una matrice N N di funzioni, ciascuna di N variabili ovvero di un vettore X .

[ ]

E Valore atteso.

4 Errori sulle quantità. Il rapporto tra misurandi e misure

Con la notazione introdotta, si considerano le differenza tra le quantità sconosciute e le loro stime (misure),

ˆ [E1,...,EN]T

E X X (4)

cioè gli errori di stima.

In entrambi gli approcci, bayesiano e frequentista, queste quantità sono variabili aleatorie. La differenza tra i due approcci, come si è detto, consiste nell’assegnare diversamente a X e ˆX, il ruolo della quantità deterministica e quello della variabile aleatoria.

La stima ˆX , in entrambi gli approcci, deve rendere più piccola possibile la variabile aleatoria i Ei, ovvero una misura della sua ampiezza, quale per esempio è il valore atteso del quadrato E E[ i2] (sono possibili altre scelte, che non mette conto discutere qui).

Nell'approccio bayesiano, la stima che rende minimo E E[ i2] è ˆXi E X , cioè quella che realizza [ i] la condizione [E Ei] 0. Nel S1 la stima è sempre ˆXi E X , ma non sono mai usate né le [ i]

differenze (4), né la parola "errore".

Nell'approccio frequentista si seguono principi analoghi, ma con un diverso modo di procedere. In generale, per un fissato valore di X si ha una certa distribuzione della stima ˆi X . Se lo scopo è i minimizzare E E[ i2], si richiede, a parità di varianza, che il valore atteso di E sia nullo, e cioè che i la stima sia non distorta: E X[ ˆi] X . Se così non è, il bias della stima i bi E X[ ˆi] X dovrebbe i essere quantificato, e la stima ˆX sarà sostituita dalla nuova stima ˆi Xi' Xˆi b , che ha la proprietà i di essere non distorta.

5 Propagazione della conoscenza incompleta attraverso una relazione funzionale Consideriamo un generico modello matematico della misurazione:

( )

Y f X (5)

La relazione funzionale f che lega Y e X è stabilita da leggi fisiche, ovviamente sempre formulate in un modo appropriato alla natura del problema in esame, e cioè introducendo idonee

approssimazioni e semplificazioni. Per esempio, la legge di gravitazione universale,

2 1 2/

F Gm m d , è un modello matematico della misurazione se, note le masse m m1, 2, la distanza tra i baricentri d , e la costante di gravitazione universale G , si vuole conoscere la forza di attrazione F .

(5)

Il problema della propagazione è di derivare, a partire da informazioni incomplete su X, una rappresentazione della conoscenza incompleta di Y, e in particolare una sua stima ˆY e una sua incertezza u Y( )ˆ . Se la conoscenza di X non fosse incompleta, non avremmo un problema di propagazione, ma semplicemente di calcolo.

5.1 La propagazione “bayesiana” del S1

Nel S1 l'impostazione del problema è di propagazione è di tipo bayesiano (anche se, come si è detto, non vi è una implementazione completa e rigorosa del bayesianismo). Di conseguenza, la (5) è una relazione tra v.a., e la propagazione consiste nel determinare la pdf di Y, gY( ), nota la distribuzione congiunta gX( )ξ . La rappresentazione grafica sintetica del procedimento è indicata in Fig. 1 (tratta dal S1). La figura, per chiarezza, rappresenta il caso particolare in cui le quantità

(X1,...,XN)T

X sono indipendenti, e la pdf congiunta gX( )ξ è completamente rappresentata dalle distribuzioni marginali ( )

Xi i

g (essendo ( ) ( )

Xi i

gX ξ ig ).

Fig. 1 – Propagazione dell'incertezza come propagazione di pdf che rappresentano l'informazione incompleta sulle grandezze in gioco (figura tratta dal S1)

Per esaminare meglio le conseguenze di questa impostazione, consideriamo il normale sviluppo in serie di Taylor di f X( ), evidenziando i contributi del secondo ordine, oltre che del primo:

ˆ ˆ ˆ 1 ˆ

( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ...

2

Y f X f X E f X J X E E H X ET (6)

dove J X( )ˆ e H X( )ˆ sono il vettore jacobiano e la matrice hessiana calcolati nelle stime ˆX . Dalla (6) è facile determinare formule approssimate della stima e dell'incertezza di Y.

Se arrestassimo lo sviluppo di Taylor al primo termine, si otterrebbero le normali formule della GUM o, come si dice, del GUF (GUM Uncertainty Framework):

ˆ [ ] ( )ˆ

Y E Y f X (7)

ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ

( ) var( ) [ ( ) T( )] ( ) [ ] T( ) ( ) T( )

B f

u Y Y E J X EE JT X J X E EE JT X J X ΣJ X (8) dove, in quest'ultima formula Σ E[EE è la matrice covarianza degli errori, ovvero, T]

equivalentemente, la matrice covarianza delle v.a. X .

Scritte in forma scalare, le due formule sono semplicemente la (1) e la (13) della GUM.

Arrestando lo sviluppo di Taylor al secondo termine, si ottengono formule più accurate di quelle del GUF; ovvero, si ottiene una buona approssimazione dei risultati della procedura Monte Carlo del S1. In particolare, la stima non coincide più con la formula “ingenua” f X( )ˆ , ma è data da

(6)

ˆ [ ] ( )ˆ 1 ( )ˆ ( )ˆ ˆ 2

T

B f B

Y E Y f X E E H X E f X Y (9)

dove il termine correttivo bayesiano ˆ

Y è pari a B

ˆ 1 ( )ˆ

2

T

B f

Y E E H X E (10)

L'espressione di questo termine con quantità scalari è

2 2

, ˆ , ˆ

1 1

ˆ ( ˆ ) ( ˆ )

2 2

B i j i j ij

i j i j i j i j

f f

Y E E E u X u X

X X X X

X X

(11)

dove naturalmente u X sono le incertezze standard, e ( ˆi) ij i coefficienti di correlazione.

Al termine correttivo (10) si aggiungono, a rigore, termini di ordine superiore. Ci si può

ragionevolmente attendere che i termini di ordine superiore siano trascurabili in praticamente tutte le applicazioni, a meno di casi patologici (in cui non-linearità e incertezze standard sono

spropositatamente grandi).

Anche per il calcolo dell'incertezza è possibile considerare i termini del secondo ordine, anche se una correzione di questo tipo nel calcolo dell'incertezza deve essere fatta, senza dubbio, solo dopo aver eseguito la correzione della stima, secondo la relazione (10). La GUM menziona

esplicitamente la possibilità di correggere la valutazione dell'incertezza considerando i termini del secondo ordine (H.10), ma non suggerisce la correzione della stima.

5.2 La propagazione del S1 in chiave frequentista

Nell'impostazione frequentista le v.a. sono le stime, e, quindi, occorre considerare le pdf di ˆ (Xˆ1,...,XˆN)T

X e di ˆY . Una rappresentazione grafica adeguata si ottiene semplicemente sostituendo queste quantità alle quantità X (X1,...,XN)T e Y in Fig. 1.

Per esaminare le conseguenze di questa impostazione dobbiamo consideriamo ora lo sviluppo in serie di Taylor di f X( )ˆ . Esso è:

ˆ ( )ˆ ( ) ( ) ( ) 1 ( ) ...

2

Y f X f X E f X J X E E H X ET (12)

Si noti che il vettore jacobiana e la matrice hessiana, J e H, sono ora calcolate nelle quantità sconosciute X. Se devono essere valutate (e devono), è necessario approssimarle con le quantità

( )ˆ

J X e H X( )ˆ , il che può essere considerato un inconveniente sul piano concettuale. Il valore atteso della (12) è formalmente identico alla (9), con semplice scambio delle variabili "stima" con le variabili "quantità sconosciuta":

ˆ 1

[ ] ( ) ( )

2

E Y f X E E H X ET (13)

Benché formalmente identica, questa relazione ha un significato opposto rispetto alla (9). In base all'impostazione frequentista, una buona stima Yˆ ha la proprietà di non distorsione: E Y[ ]ˆ f X( ). Perciò la (13) individua chiaramente un bias della stima. Se ne deduce che la stima non distorta di

( ) f X è

(7)

ˆ ( )ˆ 1 ( ) ( )ˆ ˆ 2

T

F F

Y f X E E H X E f X Y (14)

dove il termine correttivo, in questa analisi frequentista, è

ˆ 1 ( )

2

T

YF E E H X E (15)

Dal confronto tra la (15) e la (10) si vede che, con l'approccio frequentista, la correzione che la propagazione delle pdf apporta alla stima GUF approssimata, Yˆ f X( )ˆ , è sostanzialmente uguale e opposta a quella che si ha con l'approccio bayesiano.

Per quanto riguarda l'incertezza, la valutazione fatta con approccio frequentista è formalmente identica a quella che si ha con l'approccio bayesiano. Con l'approssimazione del primo ordine si ha:

( )ˆ var( ) ( ) T( )

F f f

u Y Y J X ΣJ X (16)

Se alle quantità sconosciute X si sostituiscono le stime ˆX , la (16) è identica alla (8). Esiste però un'importante differenza: l'incertezza, contenendo nella sua espressione quantità sconosciute da sostituire con stime, risulta anch'essa una stima. Il fatto che l'incertezza sia una quantità stimata, e quindi a sua volta incerta, è stato considerato un valido motivo per scartare l’approccio frequentista nella valutazione dell'incertezza.

A questo proposito occorre notare che in generale, con l'approccio frequentista, nei calcoli non esistono mai quantità prive di incertezza (a parte casi particolari in cui le derivate sono uguali a delle costanti). Questo comporta anche possibili differenze pratiche, rispetto all'approccio bayesiano, nella valutazione di quantità formalmente identiche come J X( )ˆ e H X( )ˆ . Infatti le derivate parziali prime f / X e seconde i 2f / X X , essendo esse stesse relazioni funzionali i j del tipo di ( )f X , nell'approccio frequentista dovrebbero essere valutate con lo stesso tipo di correzione applicata alla ( )f X e rappresentata dalla (16). Quest'ultimo fatto è reso più chiaro da esempi pratici.

6 Esempi

Il S1 fornisce (nella Sezione 9) tre esempi pratici, relativi ad alcuni problemi tipici della pratica di un laboratorio metrologico, e cioè uno di mass calibration (9.3), uno di microwave power meter calibration (9.4), e uno di gauge block calibration (9.5) rispettivamente. Le considerazioni e le formule illustrate sopra possono essere applicate senza alcun accorgimento particolare a questi esempi. Tuttavia, allo scopo di illustrare più chiaramente il significato della correzione di segno opposto nei due casi, considereremo altri esempi, di spiegazione più breve e di comprensione più immediata.

In particolare, per evidenziare l’importanza pratica delle considerazioni teoriche svolte,

considereremo modelli della misurazione con numerose grandezze di ingresso. Infatti in genere la differenza tra le stime con i due approcci è piccola rispetto all’incertezza se il modello della misurazione è funzione di poche variabili. Per modelli con molte grandezze di ingresso, invece, si ha spesso una differenza tra le due stime dello stesso ordine di grandezza dell’incertezza, o addirittura superiore a essa.

6.1 Potenza di un segnale periodico campionato coerentemente

Sia ( )x t un segnale periodico campionato coerentemente, N il numero di campioni, e

( ), 0 : 1

n s

x x nT n N i campioni del segnale. Se N è il massimo ordine armonico del segnale, e h

(8)

il numero di campioni è sufficientemente grande (N 2N ) il segnale è ricostruibile esattamente h dai suoi campioni, e, in particolare, la potenza del segnale è ricavabile esattamente dai suoi campioni, con la formula

1

2 2

0 0

1 1

( )

T N

n n

P x t dt x

T N (17)

Questa è una relazione matematicamente esatta ed è naturalmente una relazione funzionale ( )

Y f X tra la potenza P e i campioni x , con n Y P, X [x0,...,xN 1]T. Lo jacobiano e l'hessiano della relazione sono dati da

0 1

( ) 2 [ ,...,x xN ]

J X N (18)

( ) 2 N

H X N I (19)

In questo caso particolare l'hessiano non è funzione delle variabili di partenza x , per cui il termine n correttivo è, sia con l'approccio bayesiano che con l'approccio frequentista, esattamente noto.

Se supponiamo il comune caso di campioni misurati in presenza di rumore gaussiano bianco di valore efficace , si ha u xn) , e il termine correttivo risulta

2 2

/

ˆ 1 2 ( ˆ )

B F 2 i

i

Y u X

N (20)

In altre parole, le due stime sono:

1

2 2

0

ˆB ˆB 1 N ˆn

n

Y P x

N (21)

1

2 2

0

ˆF ˆF 1 N ˆn

n

Y P x

N (22)

Si noti che, poiché i termini non diagonali dell’hessiano sono nulli, l’eventuale correlazione tra le misure (caso di “rumore colorato”) non influisce sul termine correttivo.

E' evidente che alla situazione si può dare la seguente interpretazione fisica. La stima GUF, ˆGUF ( )ˆ ˆn2/

Y f X nx N, valuta la potenza del segnale osservato, quindi la potenza di segnale + rumore. La stima frequentista sottrae a questa quantità la potenza di rumore 2. Con la stima bayesiana del S1 si fa esattamente l'opposto: la potenza di rumore viene aggiunta.

L'espressione dell'incertezza della stima è, per entrambi gli approcci:

1 2

0

2 1 2

( )ˆ

N T

n n

u Y x Y

N N N

JΣJ (23)

Anche questa quantità, tuttavia, assumerà un valore diverso nei due casi. Nell'approccio bayesiano l'incertezza si ha semplicemente valutando la (23) nei valori misurati ˆx ; questo equivale a n

sostituire alla potenza Y P, contenuta nell'espressione, la sua stima GUF YˆGUF nxˆ /n2 N. Nell'approccio frequentista la (23), che dovrebbe essere valutata nelle quantità sconosciute x , è n essa stessa una quantità da stimare. Questo significa che si deve sostituire alla potenza Y P la stima corretta ˆY . Anche l'incertezza, quindi, ha un risultato diverso rispetto al caso bayesiano. F

(9)

Naturalmente, la vera questione non sta nella diversa quantificazione dell’incertezza, ma nella diversa quantificazione della stima. La differenza tra le due stime ˆY e ˆB Y è tanto più rilevante, F quanto più è grande rispetto all’incertezza. Nel caso presente si ha

ˆ ˆ

(ˆ )

B F

B

Y Y N

u Y Y (24)

che, evidentemente, è una quantità che diventa sempre più rilevante all’aumentare di N.

Esemplifichiamo ipotizzando dei numeri. Se si ha, per esempio, N 100, ˆGUF ˆ /n2 100

Y nx N ,

3, con l'approccio bayesiano si ha P PˆB u PBB) 109.0 6.0, mentre con l'approccio frequentista si ha P PˆF uF(PˆF) 91.0 5.7. La differenza tra i due approcci evidentemente non può essere trascurata. Il rapporto (24) è pari a 3; ovvero, la differenza tra le due stime è tre volte superiore all’incertezza.

L’analisi svolta è valida, evidentemente, anche in molti altri casi descritti da un analogo modello della misurazione (media quadratica). In tutti questi casi, rispetto alla stima GUF il S1 prevede l’aggiunta di una quantità pari a 2, la stima frequentista la sottrazione della stessa quantità.

6.2 Media geometrica di grandezze

In diverse situazioni pratiche deve essere valutata la media geometrica di grandezze. Nel ponte di Wheatstone, quando si misura la resistenza incognita Rx con la “doppia pesata” (si porta il ponte all’equilibrio due volte, scambiando tra loro i lati di rapporto), il valore di Rx è dato, in condizioni ideali, dalla media geometrica delle due resistenze che sono state usate per azzerare il ponte, cioè

1 1'

Rx R R . In economia, il tasso di crescita annuale medio è definito come media geometrica dei tassi di crescita singolarmente considerati. In questi casi il modello della misurazione è, quindi

1/

1

( )

N N

i i

Y f X X . (25)

Lo jacobiano e l’hessiano, per questa relazione, sono dati da

1

1 1

( ) ,...,

N

Y

N X X

J X (26)

2 2

2

1 per

( ) 1

per

i ij

i j

N Y i j

N X

H Y

i j N X X

H X (27)

Le relazioni (26) e (27) permettono di calcolare immediatamente il termine correttivo per un qualunque insieme di grandezze di ingresso X e per qualunque matrice covarianza Σ . Per avere un’idea dell’ordine di grandezza, facciamo l’ipotesi di media geometrica di grandezze Xi tutte uguali tra loro e incorrelate. In questo caso si ha

2

/

1 1 1

ˆ ( )

2 2

T B F

Y E N

Y N

E H X E (28)

( ) T /

u Y JΣJ N (29)

(10)

Il rapporto tra la differenza delle stime, ˆ ˆ

B F

Y Y e l’incertezza è

ˆ ˆ 1

(ˆ )

B F

B

Y Y

Y N

u Y N (30)

Anche in questo caso, come nel precedente, l’importanza della correzione aumenta al crescere di N .

Facciamo anche in questo caso un esempio numerico. Se ipotizziamo la media geometrica di 10 grandezze di ingresso tutte uguali, incorrelate e pari a 1, affette da errori a distribuzione uniforme in [ 0.5, 0.5], si ha una correzione pari a –0.0375 con l’approccio bayesiano, e di +0.0375 con

l’approccio frequentista. L’incertezza è pari a 0.0913, per cui la differenza tra le stime è il 41%

dell’incertezza. Se, con gli stessi dati, ipotizziamo una media geometrica di 100 misure, la differenza tra le stime è pari al 143% dell’incertezza.

E’ molto importante notare che in questo caso, e contrariamente al caso della media quadratica, la correzione alla stima derivante dal S1 è di segno negativo, mentre quella derivante dall’approccio frequentista è di segno positivo. La correzione non ha un ovvio significato fisico. Inoltre essa, contrariamente al caso della media quadratica, dipende anche dalla correlazione tra le misure, e non è di entità ovvia: può essere valutata solo con il metodo analitico presentato (che comporta

un’approssimazione, perché sono trascurati i termini di ordine superiore al secondo), oppure con una simulazione Monte Carlo, dello stesso tipo presentata nel S1. Tuttavia, analogamente a quanto accade con la media quadratica, il segno corretto della correzione giusta è opposto a quello

derivante dall’applicazione del S1.

6.3 Velocità di fase di un'onda elettromagnetica

Si voglia misurare la velocità di fase v di un'onda elettromagnetica in un mezzo omogeneo e isotropo, partendo da misure della permeabilità magnetica e della permittività dielettrica . Il modello matematico della misurazione è

1/

v (31)

e dunque Y f X con Y( ) v , X [ , ]T; le stime sono Xˆ [ , ]ˆ ˆ T, con assegnate incertezze ˆ

( ), ( )ˆ

u u e coefficiente di correlazione .

Lo Jacobiano e l'Hessiano della trasformazione (31) sono:

3

3

( ) 1 [ , ] [ , ]

2( ) 2

J X v (32)

2

2 3 2 2

2 2

3 2

2

3 1

( ) 3 1

( ) 1

4 1 3

4( ) 3

1

( )

v v

H X v (33)

Introducendo le incertezze relative ur( )ˆ u( ) /ˆ , ur( )ˆ u( ) /ˆ , la formula del termine correttivo della stima può essere espressa in termini della sola velocità v :

2 2

ˆ/ [3 ( ) 2ˆ ( )ˆ ( )ˆ 3 ( )]ˆ

B F 8

Y v ur ur ur ur (34)

(11)

La formula dell'incertezza, ugualmente, può essere espressa in termini delle sole incertezze relative e della velocità v :

2 2

ˆ ˆ ˆ ˆ ˆ

( ) ( ) 2 ( ) ( ) ( )

2

T v

u Y JΣJ ur ur ur ur (35)

Poiché in questo caso la relazione funzionale coinvolge due sole grandezze, la correzione è di entità relativamente piccola. Ipotizzando ur( )ˆ ur( ) 10%ˆ , e 90% , si ha una correzione relativa

ˆ / 0.975%

Y Y , a fronte di un'incertezza relativa ur Y( )ˆ u Y( ) /ˆ Y 9.75%. Poiché la correzione è dieci volte più piccola dell'incertezza standard, essa può essere in pratica trascurata: tuttavia essa rimane un "effetto sistematico identificato" e perfettamente quantificato. Inoltre, eseguire la correzione in aumento (approccio bayesiano) o in diminuzione (approccio frequentista) cambia la stima di una quantità che è 1/5 dell’incertezza, il che può non essere trascurabile.

Riferimenti

[1] F. Attivissimo, N. Giaquinto, e M. Savino, «A Bayesian paradox and its impact on the GUM approach to uncertainty», Measurement: Journal of the International Measurement Confederation, vol 45, n° 9, pagg 2194–2202, 2012.

[2] «Accredia - DT-04-DT rev.00 - Regole di scrittura applicate dai Laboratori accreditati di taratura ». [Online]. Available:

http://www.accredia.it/extsearch_documentazione.jsp?area=55&ID_LINK=962&page=5&IDCTX=

3041&id_context=3041.

Riferimenti

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