nozione di tipo sostanzialistico dell’interesse legittimo, perché si può riconoscere un danno ingiusto solo se ed in quanto spettava l’ottenimento (o il mantenimento) del provvedimento favorevole al quale è correlato il bene della vita (v. par. 8.2.).
A seguito della pronuncia della Suprema Corte, il legislatore ha riconosciuto espressamente, in capo al giudice amministrativo, il potere di conoscere delle questioni relative al risarcimento del danno, sia nei casi di giurisdizione esclusiva, che nei casi di giurisdizione di legittimità, in un primo momento con l’emanazione dell’art. 7, l. n. 205 del 2000 e ora con la disciplina dettata dall’art. 30 c.p.a.
Quest’ultima norma, recependo gli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali consolidatisi sul punto, consacra definitivamente la risarcibilità dei danni cagionati da lesione di interessi legittimi, in particolare a causa dell’illegittimo esercizio del potere amministrativo o per il mancato esercizio dell’attività obbligatoria da parte della P.A.
5. La natura giuridica della responsabilità della P.A. per lesione di interessi legittimi: tesi a confronto.
L’inquadramento della natura della responsabilità della P.A. e, in particolare, di quella derivante da attività provvedimentale, è stato al centro del dibattito giurisprudenziale e dottrinale sin dalla storica sentenza Cass. civ., Sez. un., 22 luglio 1999, n. 500 che ha riconosciuto per la prima volta la generale risarcibilità delle posizioni di interesse legittimo.
Secondo l’impostazione prevalente, sia in dottrina che in giurisprudenza, inaugurata dalla citata sentenza n. 500 del 1999 e da ultimo espressamente ribadita da Cons. St., A.P., 23 aprile 2021, n. 7 (cfr infra para 5.1.), tale responsabilità si inserisce nel paradigma extracontrattuale, definito dagli artt. 2043 e seguenti del c.c. La stessa formulazione del Codice del processo amministrativo depone, del resto, per un inquadramento in tal senso. Invero, l’art. 30 c.p.a., pur non qualificando espressamente la natura della responsabilità dell’amministrazione, fa evidentemente riferimento al modello disciplinato dall’art. 2043 c.c. laddove prevede il risarcimento per un “danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria”. Si pensi, altresì, al richiamo al dolo o alla colpa della P.A., alla possibilità di optare per il risarcimento del danno in forma specifica ex art. 2058 c.c.15.
Si vuole qui comunque dare conto, in prospettiva storico-evolutiva, anche delle altre tesi che si sono contese il campo sull’argomento, sia perché il dibattito resta in parte aperto – come dimostrato dai recenti arresti della Cassazione in riferimento alla particolare (e parzialmente diversa) ipotesi di responsabilità da lesione dell’affidamento (cfr infra nel paragrafo) – sia perché qualunque inquadramento, incluso quello in senso extracontrattuale, presenta dei profili di criticità che meritano di essere evidenziati.
La responsabilità della P.A. è stata sussunta, nel corso del tempo, negli alternativi
15 GIRGENTI-SPAGNOLO, La responsabilità aquiliana della pubblica amministrazione, Milano, 2016, 20, secondo cui la scelta del modello aquiliano di responsabilità accolto dal Codice non può ritenersi superato nemmeno dalla previsione legislativa del breve termine decadenziale (120 giorni) per l’esperimento dell’azione risarcitoria (art. 30 c.p.a.).
Il definitivo riconosci- mento ad opera del legislatore
paradigmi della responsabilità extracontrattuale, di quella contrattuale per l’inadempimento di obblighi nascenti da un “contatto sociale qualificato”, e di quella precontrattuale; non sono mancate, peraltro, posizioni ulteriori intese a configurare quella in discorso quale responsabilità avente caratteri assolutamente sui generis, destinata a partecipare di volta in volta delle peculiarità proprie dell’una e dell’altra delle forme di responsabilità conosciute nel diritto civile16.
Il tema non è meramente teorico ma gravido di fondamentali implicazioni applicative, in ragione delle profonde diversità di disciplina esistenti tra le forme di responsabilità predette, in tema, ad esempio, di situazioni soggettive ristorabili, onere probatorio, quantificazione dei danni risarcibili, termine di prescrizione del diritto, mora del debitore, applicabilità di rivalutazione monetaria e interessi legali.
Le più rilevanti divergenze conseguono all’opzione per la natura aquiliana o per quella contrattuale: modelli, questi, oggetto dei due più seguiti, e tra loro contrapposti, orientamenti.
A seconda dell’adesione all’una o all’altra delle due indicate prospettive finiscono col mutare le stesse posizioni soggettive protette con lo strumento risarcitorio, da identificare, talvolta, in una vera e propria aspettativa di un provvedimento favorevole o comunque di soddisfazione dell’interesse di base del ricorrente, talaltra in una mera aspettativa alla correttezza dell’azione amministrativa, non destinata ad includere la garanzia della soddisfazione dell’interesse finale17.
Come anticipato, secondo l’impostazione oggi assolutamente prevalente la responsabilità della P.A. è da ricondursi nel sistema della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., clausola generale con la quale si sanziona con un obbligo risarcitorio la violazione del principio del neminem laedere.
In questo senso si erano espresse le Sezioni unite di Cassazione con la sentenza n. 500 del 1999.
I giudici di legittimità, dopo aver riconosciuto la dimensione sostanziale dell’interesse legittimo in una con la centralità che nella sua struttura assume il bene della vita, hanno individuato i concreti presupposti al cui riscontro è subordinata la fruibilità del rimedio risarcitorio, circoscrivendola alle sole ipotesi in cui l’attività illegittima della P.A. “abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo (..) effettivamente si collega e che risulta meritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento. In altri termini, la lesione dell’interesse legittimo è condizione necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiché occorre altresì che risulti leso, per effetto dell’attività illegittima (e colpevole) della P.A., l’interesse al bene della vita al quale l’interesse legittimo si correla, e che il detto interesse sia meritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo”.
In altre parole, la sentenza in esame identifica la situazione soggettiva protetta nell’interesse sostanziale al bene della vita al quale l’interesse legittimo è correlato; da ciò deriva che il funzionamento del meccanismo risarcitorio presuppone il previo, indefettibile, accertamento giudiziale della spettanza del bene. Non è sufficiente, al riguardo, il pregresso rapporto tra
16 Ex multis, per un inquadramento delle diverse ricostruzioni, si veda CHIEPPA, Viaggio di andata e ritorno dalle fattispecie di responsabilità della pubblica amministrazione alla natura della responsabilità per i danni arrecati nell’esercizio dell’attività amministrativa, in Dir. proc. amm., 2003, 691.
17 Sul tema, cfr. ROMANO TASSONE, La responsabilità della p.a. tra provvedimento e comportamento (a proposito di un libro recente), Relazione al convegno svolto il 13 novembre 2003 presso il Consiglio di Stato in occasione della presentazione del volume di GAROFOLI – RACCA - DE PALMA, La responsabilità della pubblica amministrazione e il risarcimento del danno innanzi al giudice amministrativo, Milano, 2003, pubblicata in www.giustizia-amministrativa.it.
Il rilievo applicativo del problema
I principi espressi dalle Sezioni Unite n. 500 del 1999
privato e amministrazione; in particolare, è inidonea a fondare la domanda risarcitoria – diversamente da quanto accade nella contrapposta prospettiva che assume la natura contrattuale della responsabilità della P.A. – l’eventuale lesione del solo affidamento che il privato abbia riposto nella correttezza dell’amministrazione.
Sussunta la fattispecie nel modello extracontrattuale, spetterà al privato asseritamente leso dimostrare la sussistenza dei presupposti fondanti l’art. 2043 c.c.
In particolare, per affermare la responsabilità dell’amministrazione è necessario:
a) accertare la sussistenza di un evento dannoso;
b) stabilire se il danno sia qualificabile come danno ingiusto, in relazione alla sua incidenza su un interesse rilevante per l’ordinamento. Quest’ultimo può assumere, indifferentemente, sia la consistenza del diritto soggettivo – assoluto o relativo – sia le forme dell’interesse legittimo, quando risulti funzionale alla protezione di un determinato bene della vita;
c) accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l’evento dannoso sia riferibile ad una condotta (commissiva o omissiva) della P.A.;
d) stabilire se il predetto evento dannoso sia imputabile a dolo o colpa della P.A.
La tesi che inquadra la responsabilità della P.A. nel paradigma aquiliano è stata, tuttavia, in passato non poco criticata dalla dottrina e non sempre seguita in giurisprudenza.
Si è in particolare obiettato che nelle fattispecie causative della responsabilità della P.A., in specie quelle nelle quali l’amministrazione ed il privato leso sono parti di un procedimento amministrativo, difetta l’aspetto che caratterizza la responsabilità extracontrattuale, ovvero l’estraneità tra danneggiante e danneggiato18.
Sullo sfondo vi è la valorizzazione del rapporto che precede l’emanazione dell’atto lesivo e che trova la propria rilevanza e disciplina generale nella l. n. 241 del 1990, nella quale sono numerose le fattispecie di contatto qualificato tra il privato e l’amministrazione: dalla comunicazione di avvio del procedimento (art. 7) agli istituti della partecipazione (artt. 9 e ss.) e alla “personalizzazione” del rapporto determinata dall’individuazione del responsabile del procedimento.
Sulla base di queste premesse la responsabilità della P.A. è parsa quindi più assimilabile a quella di tipo contrattuale che a quella aquiliana, implicante invece la provenienza dall’esterno della lesione della posizione giuridica, compromessa da condotte poste in essere da soggetti non legati alla vittima da una precedente relazione giuridica.
Si è quindi ritenuta non condivisibile l’operazione, pure apparentemente logica, intesa a “clonare”, in sede di ricostruzione della natura ascrivibile alla nuova responsabilità dell’amministrazione, “la già esistente (e pacifica) responsabilità aquiliana dell’amministrazione per violazione dei diritti soggettivi”19.
È apparsa decisiva, pertanto, nella ricostruzione della natura della responsabilità,
“l’esistenza di un rapporto giuridico (che sia obbligatorio o meno, non ha importanza decisiva) tra privato e amministrazione (…) nel quale si inscrive il fatto dannoso e che comporta che la
18SCOCA, Per un’amministrazione responsabile, in Giur. cost., 1999, III, 4045 ss.
19 GIACCHETTI, La responsabilità patrimoniale dell’amministrazione nel quadro del superamento della dialettica diritti soggettivi - interessi legittimi, in Rass. C. St., 2000, II, 2037-2038.
Manca l’estraneità tra danneg- giante e danneggiato I requisiti richiesti dall’art. 2043 c.c.
La tesi della responsabili-
tà da contatto sociale qualificato
responsabilità assuma la natura e la disciplina della responsabilità contrattuale (…). Appare con evidenza infatti che l’estraneità tra il soggetto danneggiante e il soggetto danneggiato, che costituisce elemento caratteristico della responsabilità extracontrattuale (sulla base del principio del neminem laedere), non è possibile ravvisarla quando l’amministrazione danneggiante e il privato danneggiato sono entrambi parti, in posizioni e con ruoli diversi, di uno stesso procedimento amministrativo. Di talché non sembra che sia possibile negare che tra l’amministrazione e il privato, uniti nel (o dal) procedimento, si instauri un vero e proprio rapporto giuridico (abbia esso o meno natura di rapporto obbligatorio). Tanto basta per escludere l’estraneità tipica della responsabilità extracontrattuale”20.
Il rapporto che si instaura tra P.A. e privato nell’ambito del procedimento è stato così accostato a quello che la dottrina civilistica definisce “rapporto senza obbligo primario di prestazione”, espressione utilizzata per qualificare fattispecie destinate a collocarsi ai confini tra contratto e torto. Raffrontate all’obbligazione nella sua configurazione ordinaria, si registra l’assenza del requisito immancabile del rapporto obbligatorio, e cioè la prestazione21; sono tuttavia presenti “obblighi di protezione” della sfera giuridica della controparte, di per sé soli idonei ad integrare un rapporto.
La fonte di questi obblighi di protezione è individuata nell’art. 1173 c.c., che sancisce il carattere aperto delle fonti delle obbligazioni, rinviando ad “ogni atto o fatto idoneo secondo l’ordinamento giuridico”.
All’illustrata esperienza di scuola civilistica si richiama dunque chi sostiene che anche la responsabilità della Pubblica amministrazione per attività provve- dimentale sia una responsabilità contrattuale nascente dall’inadempimento di un’obbligazione senza prestazione22.
Se la responsabilità della P.A. viene qualificata come responsabilità contrattuale da contatto essa risulta assoggettata ad un regime diverso e nel complesso più favorevole al soggetto danneggiato. E questo spiega i vari tentativi di una parte minoritaria della dottrina e di qualche arresto giurisprudenziale, di seguire tale impostazione qualificatoria.
La principale distinzione attiene all’elemento soggettivo, posto che nella responsabilità aquiliana la colpa deve essere provata dal danneggiato23; mentre nella responsabilità contrattuale, l’onere probatorio è rovesciato, dovendo essere il debitore a dimostrare l’assenza di colpa e in particolare la riferibilità eziologica
20 SCOCA, Per un’amministrazione responsabile, op cit., 4060 e nt. 46.
21CASTRONUOVO, L’obbligazione senza prestazione ai confini tra contratto e torto, in La nuova responsabilità civile, Milano, 1997; ID., Vaga culpa in contrahendo: invalidità responsabilità e la ricerca della chance perduta, in Europa e dir. Priv., 1, 2010, 1.
22 Per questa ricostruzione della responsabilità della P.A., si veda CACCIAVILLANI, Il risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo, in Giust. civ., 2000, I, 1579 ss.; PROTTO, La responsabilità della pubblica amministrazione per lesione di interessi legittimi come responsabilità da contatto amministrativo, in Resp. civ., 2001, 213.
Per le critiche espresse in dottrina alla tesi del contatto amministrativo qualificato, si veda CHIEPPA, op.cit.;
TORCHIA, Giustizia amministrativa e risarcimento del danno fra regole di diritto processuale e principi di diritto sostanziale, in Giorn. dir. amm., 2003,567. In giurisprudenza, a sostegno della tesi – invero minoritaria – della responsabilità da contatto amministrativo qualificato, si vedano Cons. St. Cons. St., Sez. V, 8 luglio 2002, n. 3796; Cass. civ., Sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157; Cons. St., Sez. VI, 20 gennaio 2003, n. 204; Tar Veneto, Sez. I, 20 novembre 2003, n. 5778; Tar Lazio, Roma, Sez. III ter, 21 febbraio 2007, n. 1527; Id. 5 novembre 2007, n. 10852.
23 RUOPPOLO, La tutela aquiliana dell’interesse, in Dir. proc. amm., 2001, 716 ss., in part. 738.
Le implicazioni Il c.d.
rapporto senza prestazione
dell’inadempimento a causa allo stesso non imputabile24.Peraltro, la distinzione ha ormai in parte perso di rilievo, in ragione delle posizioni raggiunte dalla giurisprudenza in tema di colpa-apparato della P.A., delle presunzioni ad essa applicabili e del relativo riparto di onere probatorio(cfr. par. 9 e ss).
Ulteriori differenze attengono a:
a) al termine di prescrizione, pari a dieci anni e non a cinque (problema ora per vero superato dall’art. 30 c.p.a., che prevede termini decadenziali distinti per l’azione risarcitoria autonoma o conseguente ad azione di annullamento, così sganciando la tematica dei termini da quella relativa alla natura della responsabilità);
b) all’area del danno risarcibile: nella responsabilità contrattuale, al di fuori dei casi di dolo, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi al tempo in cui è sorta l’obbligazione (art. 1225 c.c.);
c) al calcolo di rivalutazione e interessi: in caso di responsabilità extracontrattuale gli interessi non decorrono dalla data della domanda, bensì da quella del fatto illecito.
Inoltre, sempre per il danno extracontrattuale, l’indirizzo della Cassazione è nel senso della concorrenza degli interessi con la rivalutazione; a ciò si perviene, peraltro, calcolando gli interessi non già sulla somma finale rivalutata, ma sulle somme via via rivalutate con riferimento ai periodi di tempo considerati dagli indici dell’Istat. In materia di risarcimento del danno da inadempimento contrattuale, viceversa, la rivalutazione costituisce un “maggior danno” che, nei casi di dimostrata impossibilità di fruttuoso impiego del denaro, assorbe gli interessi legali25.
L’implicazione più dirompente derivante dall’adesione alla tesi della responsabilità da contatto attiene però alla possibilità di concedere il risarcimento del danno in assenza di un favorevole giudizio circa la c.d. spettanza del bene della vita. La ricostruzione in senso contrattuale, infatti, attribuisce rilevanza e tutela risarcitoria ad interessi del privato che maturano nel rapporto con l’amministrazione e che appaiono solo indirettamente collegati all’interesse finale. In altre parole, si riconosce autonomo rilievo risarcitorio alla violazione dell’obbligo di compor- tamento imposto all’amministrazione indipendentemente dalla soddisfazione dell’interesse finale.
L’obbligo risarcitorio, in quest’ottica, trova la sua fonte non già nella relazione che lega amministrazione e privato ed avente ad oggetto l’utilità finale cui il secondo aspira, ma nella lesione dell’affidamento obbiettivo ingenerato in una parte dal comportamento dell’altra: già la relazione che sorge tra privato e amministrazione per effetto dell’avvio del procedimento è idonea, pertanto, a determinare l’instaurarsi di un rapporto generatore di obblighi il cui inadempimento da parte dell’amministrazione configura un autonomo titolo dell’obbligazione risarcitoria.
E quindi il danno risarcibile non si esaurisce più nei pregiudizi correlati alla lesione dell’interesse a un bene della vita, meritevole di tutela, al quale l’interesse legittimo si correla, ma esso è direttamente rapportato all’inadempimento degli obblighi
24 Sul regime della colpa nella ricostruzione della responsabilità della P.A. da contatto sociale qualificato:
Cons. St., Sez. VI, 4 luglio 2012, n. 3897; in senso critico Id., 30 dicembre 2014, n. 6421.
25 Sul punto si vedano Cons. St., Sez. VI, 28 aprile 2006, n. 2408 e Tar Sardegna, Sez. I, 28 luglio 2008, n.
1516.
Il danno risarcibile e l’irrilevanza del giudizio prognostico sulla spettanza del bene vita
sorti da un contatto amministrativo qualificato e alla conseguente compromissione dell’affidamento ingenerato26.
Diventa, così, irrilevante il fatto che l’interesse legittimo, a differenza del diritto soggettivo, non garantisca la soddisfazione dell’interesse sostanziale sottostante, perché per tale tesi il danno ristorabile non consiste nella perdita dell’utilità stessa, ma nel pregiudizio conseguente all’inadempimento degli obblighi sorti per effetto del contatto.
La tesi della responsabilità da contatto è stata talvolta seguita in giurisprudenza.
In alcune pronunce il giudice amministrativo ha evidenziato, in particolare, che, per effetto dell’avvio del procedimento, si instaura tra le parti un significativo contatto implicante l’insorgenza di autentici doveri in capo al soggetto pubblico, tenuto a fornire ogni necessaria garanzia di partecipazione al procedimento27.
La stessa Corte di Cassazione con sentenza 10 gennaio 2003, n. 157, si è consapevolmente collocata su posizione antitetica rispetto a quanto sostenuto al riguardo con la nota sentenza n.
500 del 1999, osservando che “nel dibattito sull’eterno problema del risarcimento da lesione dell’interesse legittimo s’insinua probabilmente oggi, a differenza che in passato, il disagio di misurare il contatto dei pubblici poteri con il cittadino secondo i canoni del principio di autorità, della presunzione di legittimità dell’atto amministrativo, e in definitiva emerge l’inadeguatezza del paradigma della responsabilità aquiliana”. Da qui la conclusione secondo cui “il fenomeno, tradizionalmente noto come lesione dell’interesse legittimo, costituisce in realtà inadempimento alle regole di svolgimento dell’azione amministrativa, ed integra una responsabilità che è molto più vicina alla responsabilità contrattuale nella misura in cui si rivela insoddisfacente e inadatto a risolvere con coerenza i problemi applicativi dopo la sentenza n. 500 del 1999 della Cassazione il modello, finora utilizzato, che fa capo all’art. 2043 c.c.: con le relative conseguenze di accertamento della colpa.”.
Tuttavia, la qualificazione della responsabilità della P.A. quale responsabilità da contatto sociale si è da sempre prestata ad una serie di importanti critiche.
In primo luogo, l’accoglimento della tesi in esame condurrebbe a riconoscere una tutela risarcitoria anche a fronte della mera lesione di interessi procedimentali, a prescindere dalla lesione del bene della vita cui l’interesse legittimo si ricollega e, quindi, in assenza dell’elemento essenziale del danno. L’amministrazione sarebbe tenuta a rispondere anche dei danni cagionati dalla lesione di meri interessi procedimentali, il cui pregiudizio, non determinando lesione di una utilitas concreta del privato, non dà luogo, secondo le tesi tradizionali, a conseguenze risarcitorie. Questa teoria postulerebbe il recupero della concezione dell’interesse legittimo quale “pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa”; concezione ormai da tempo ripudiata.
Inoltre, l’adesione alla teoria della responsabilità da contatto reca con sé concrete difficoltà applicative quanto alla quantificazione del danno, attesa l’impalpabilità dell’interesse meramente procedimentale che si assume leso. Il rischio sotteso è che il ricorso a criteri equitativi dia luogo ad una tutela di tipo indennitario piuttosto che risarcitorio, in cui se è più facile provare l’an del risarcimento, il quantum finisce con l’essere tuttavia livellato al ribasso.28
Infine, è stato da più parti sottolineato come la stessa teoria del contatto sociale qualificato e degli obblighi di protezione in ambito civilistico sia ormai oggetto di rimeditazione: si contesta quindi il tentativo di trasporre in ambito amministrativo una dottrina ormai oggetto di serrate critiche anche nel contesto giuridico dove per prima è stata importata dall’ordinamento tedesco29. Per queste ragioni, si è tendenzialmente escluso, sia in dottrina che in giurisprudenza, che la responsabilità da contatto sociale qualificato potesse assurgere a modello prevalente della responsabilità per lesione di interessi legittimi30.
26PROTTO, ult. op. cit., 1006.
27 Cons. St., Sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169. In termini Cons. St., Sez. V, 6 agosto 2001, n. 4239.
28 CHIEPPA, op.cit.
29 RAVASIO, Principi e regole di azione non scritti l’obbligo di buona fede e la responsabilità da contatto sociale qualificato in CONTESSA, GRECO, L’attività amministrativa e le sue regole, Piacenza, 2020, 59.
30 Ex multis, CHIEPPA, op.cit.
Applicazioni giurispru- denziali
I rilievi critici
In questi termini si è da ultimo espressa anche la citata Cons. St., A.P., 23 aprile 2021, n. 7, secondo cui, in generale: “la relazione tra privato e amministrazione è comunque configurata in termini di
“supremazia”, cioè da un’asimmetria che mal si concilia con le teorie sul “contatto sociale” che si fondano sulla relazione paritaria”.
Peraltro, occorre sottolineare come nell’ ordinanza 28 aprile 2020, n. 8236, le Sezioni Unite hanno sostenuto che si configura una responsabilità da contatto sociale qualificato (inquadrata nello schema ex art. 1218 c.c.) laddove l’Amministrazione leda, con il proprio comportamento complessivamente tenuto all’interno del procedimento, l’affidamento del privato alla positiva conclusione dello stesso. In altre parole, si può configurare una responsabilità dell’am- ministrazione, per il comportamento dalla stessa tenuto, pur in assenza di un provvedimento precedente favorevole per il privato e nonostante la piena legittimità del provvedimento finale sfavorevole. E, cioè, pur in assenza di qualsiasi (giudizio) sulla spettanza in capo al privato del bene che all’attività amministrativa si ricollega.
La richiamata pronuncia, per vero, finisce col qualificare la posizione del privato leso in termini di diritto soggettivo, tanto è vero che ritiene sussistente in tali ipotesi la giurisdizione del G.O.(si rinvia per l’analisi al par. 11.2 e, sul riparto di giurisdizione al Cap. II, Sez. I, par. 7.7.). In questo senso, la ricostruzione offerta dalla Cassazione si differenzia comunque dalle teorie suesposte che miravano a considerare come responsabilità da contatto sociale qualificato tutte le ipotesi di lesione di interessi legittimi31.
Per ulteriore impostazione, la responsabilità della P.A. andrebbe qualificata come responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 1337 c.c. Secondo i fautori di tale tesi, il rapporto tra privato e amministrazione sarebbe paragonabile a quello intercorrente tra le parti durante le trattative per la stipulazione di un contratto, da cui discenderebbe per entrambi il dovere di comportarsi secondo buona fede32. Si tratta di un modello che non pare applicabile all’ipotesi, qui analizzata, di responsabilità derivante da illegittima attività provvedimentale lato sensu intesa.
Come si vedrà (cfr. par. 12.1), all’esito di una lunga elaborazione giurisprudenziale, è stata ormai pienamente riconosciuta la responsabilità precontrattuale della P.A.
per violazione del generale obbligo di buona fede nel corso delle procedure di evidenza pubblica. Tuttavia, è bene precisare in questa sede, come la violazione dell’obbligo di buona fede ex art. 1337 c.c., costituisca una fattispecie di responsabilità diversa rispetto a quella di responsabilità provvedimentale per illegittimità verificatesi, sotto un profilo temporale, nel corso della fase di evidenza pubblica precedente alla stipula del contratto.
Per vero, si distingue tra responsabilità precontrattuale derivante dall’adozione di provvedimenti illegittimi (c.d. spuria o atecnica) e quella derivante dalla violazione dei canoni civilistici della correttezza e della buona fede (c.d. pura o tecnica)33.
Nel primo caso, ci si trova dinanzi ad una comunissima responsabilità di natura extracontrattuale (secondo l’orientamento prevalente, qui accolto) da lesione di interessi legittimi, “definita precontrattuale solo in quanto ambientalmente connessa alle trattative precontrattuali, benché concettualmente assai diversa dalla violazione del canone comportamentale della buona fede ex art. 1337 c.c. Per l’esattezza, dovrebbe parlarsi di responsabilità precontrattuale solo sul versante cronologico e non su quello ontologico atteso che oggetto del giudizio di riprovevolezza non sarebbe la violazione dei canoni privatistici
31 Per una prima riflessione in senso critico, TULUMELLO, Le Sezioni Unite e il danno da affidamento procedimentale: la “resistibile ascesa” del contatto sociale, in www.giustizia-amministrativa.it.
32 GIANNINI,Intervento, in Atti del convegno sull’ammissibilità del danno patrimoniale derivante da lesione degli interessi legittimi, Milano, 1965, 518.
33FRATINI, Manuale sistematico di diritto amministrativo, Roma, 2018, 1171 et ss.
Tipi di respon- sabilità precon- trattuale La tesi della responsa-
bilità precontrat-
tuale
I rilievi critici Cons.St., A.P., 23 aprile 2021, n, 7
posti dalla normativa di diritto comune, bensì l’abuso dei poteri pubblicistici da parte dell’amministrazione che opera quale cattiva autorità.
Per contro, morfologicamente assai diversa dal primo tipo è la responsabilità precontrattuale nella sua accezione pura, discendente dalla trasgressione dei canoni comportamentali di marca privatistica ex artt. 1337 e 1338 c.c.
Tale forma di responsabilità, non richiede la sussistenza di un provvedimento illegittimo, ma è ravvisabile tutte le volte in cui la P.A., nell’ambito delle trattative con un soggetto privato, violi il diritto soggettivo dello stesso alla autodeterminazione negoziale ponendo in essere comportamenti illeciti, ovvero violativi del precetto comportamentale della buona fede. Ne consegue che la responsabilità de qua, originando dalla lesione di un diritto soggettivo, assumerà natura contrattuale o extracontrattuale, a seconda che si acceda o meno alla teoria del contatto sociale”34.
Infine, non manca chi configura quella in discorso quale responsabilità avente carattere assolutamente sui generis35, destinata a partecipare di volta in volta delle peculiarità proprie dell’una e dell’altra delle forme di responsabilità conosciute nel diritto civile.
La sopra indicata posizione è stata accolta da una parte della giurisprudenza amministrativa36, secondo cui, nel diritto pubblico e per il caso di lesione arrecata all’interesse legittimo, si è in presenza di una peculiare figura di illecito qualificato dall’illegittimo esercizio del potere autoritativo (il che preclude che possa essere senz’altro trasposta la summa divisio tra la responsabilità contrattuale e quella extracontrattuale, storicamente affermatasi nel diritto civile).
L’orientamento in esame non appare del tutto abbandonato nemmeno dopo la posizione assunta dal legislatore con il Codice del processo amministrativo, che, come si vedrà, si fonda sul paradigma della responsabilità extracontrattuale37. Nel dettaglio, in primo luogo, rispetto alla responsabilità civile, quella in esame presuppone che il comportamento illecito si inserisca nell’ambito di un procedimento amministrativo. L’amministrazione, in ossequio al principio di legalità, deve osservare predefinite regole, procedimentali e sostanziali, che scandiscono le modalità di svolgimento della sua azione. L’esercizio del potere autoritativo non è assimilabile alla condotta di chi – con un comportamento materiale o di natura negoziale – cagioni un danno ingiusto a cose, a persone, a diritti, posizioni di fatto o altre posizioni tutelate ai fini risarcitori erga omnes dal diritto privato (e la cui tutela è prevista dagli artt. 2043 e ss. c.c.).
In secondo luogo, rispetto alla responsabilità contrattuale, sono diverse le posizioni soggettive che si confrontano: da un lato, dovere di prestazione (o di protezione) e diritto di credito, dall’altro, potere pubblico e interesse legittimo o, nelle materie di giurisdizione esclusiva, diritto soggettivo.
34 GAETANI, Responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione da attività provvedimentale legittima e danno da perdita di chance nelle procedure ad evidenza pubblica, in www.giustamm.it, n. 9/2015.
35 TRAVI, Tutela risarcitoria e giudice amministrativo, in Dir. amm., 2001, 20.
36 Cfr., ad es., Cons. St., Sez. VI, 14 marzo 2005, n. 1047; Id., 27 giugno 2013, n. 3521; Id., 29 maggio 2014, n. 2792; da ultimo anche Tar Lombardia, Milano, Sez. II, 5 marzo 2018, n. 617.
37 Cons. St., Sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5611. Cfr. anche in termini Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 6 aprile 2016, n. 650, il quale si è soffermato sul tema della natura della responsabilità amministrativa giudicando, nell’ambito del noto caso Englaro, sulla domanda del ricorrente, sia in proprio che nella sua qualità di tutore della figlia defunta, volta al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale subito e derivante dagli atti annullati dal Tar Milano, nel 2009, con sentenza confermata dal Consiglio di Stato nel 2014, attesa la mancata volontaria attuazione, da parte degli Uffici regionali, di prescrizioni discendenti da pronunce definitive sia della Corte di Cassazione che della Corte d’Appello di Milano.
Gli argomenti a sostegno La tesi della respon- sabilità speciale
Infine, rispetto ad entrambe le responsabilità civilistiche, la stretta connessione esistente tra sindacato di validità sul potere discrezionale e sindacato di responsabilità sul comportamento impone al giudice amministrativo, nel caso in cui sia proposta anche l’azione di annullamento o di nullità, di non sovrapporre, nell’accertare la sussistenza del fatto illecito, proprie valutazioni a quelle riservate alla Pubblica amministrazione.
In tema è di recente tornato Cons. St., Sez. III, 21 giugno 2017, n. 3058, rilevando che la tesi della natura speciale della responsabilità della Pubblica amministrazione è stata delineata dalla giurisprudenza amministrativa in considerazione della difficoltà di utilizzare il modello generale e ordinario dell’illecito aquiliano designato dall’art. 2043 cc. In linea generale, infatti, nella responsabilità extracontrattuale, difetta un preesistente rapporto giuridico tra il danneggiato e l’autore dell’illecito. Al contrario, invece, la responsabilità della P.A. derivante dalla lesione di un interesse legittimo si inserisce necessariamente all’interno del rapporto già instaurato tra P.A.
e privato, il quale si svolge secondo le regole predefinite del procedimento amministrativo. Il provvedimento illegittimo, lesivo della sfera patrimoniale del destinatario, rappresenta, di regola, l’esito di un iter complesso, nel corso del quale le parti hanno esposto le rispettive ragioni e il privato ha delineato la consistenza dell’interesse pretensivo od oppositivo fatto valere nell’ambito del procedimento. Tuttavia, nemmeno l’inquadramento nell’ambito della responsabilità contrattuale di cui agli artt. 1218 e ss. c.c. è apparso convincente, tenendo conto della circostanza che il rapporto preesistente tra la P.A. e il privato non assume le connotazioni proprie di un vincolo obbligatorio, caratterizzato dal rapporto tra il dovere di prestazione e il diritto di credito. In questo ambito, pertanto, si possono collocare le non infrequenti affermazioni del carattere speciale della responsabilità della PA, certamente rafforzate dalla esistenza di apposite regole che definiscono gli elementi centrali dell’azione.
La tesi in esame non ha tuttavia convinto.
Si è in particolare osservato che la mancata elaborazione di una disciplina legislativa omogenea e compiuta della responsabilità dell’amministrazione impone il ricorso a categorie predefinite e consolidate quali la responsabilità aquiliana o contrattuale, onde evitare di riservare eccessivi spazi di azione all’opera creativa della giurisprudenza.
In definitiva, in tale orientamento, permane una fragilità di fondo: affermata pleonasticamente la specialità della natura della responsabilità della P.A., occorre poi concretamente individuare la disciplina volta a regolarla, il che conduce inevitabilmente ai due modelli – contrattuale ed extracontrattuale – tipizzati nel nostro ordinamento38. A riprova di ciò, va rilevato che, anche nelle pronunce in cui si aderisce alla tesi della specialità, alla fine si finisce per richiedere la sussistenza di tutti i requisiti ex art. 2043 c.c.39.
Si tratta, in conclusione, di prese di posizione che solo apparentemente si discostano dalla tesi prevalente, in quanto, in sede di applicazione, ripropongono pedissequamente la struttura della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c.
5.1. I principi espressi dall’Adunanza plenaria n. 7 del 2021 e le ragioni dell’adesione alla tesi della responsabilità extracontrattuale.
Pur in presenza di un orientamento prevalente e coerente con il vigente dettato
38 GIRGENTI - SPAGNOLO, op. cit., 26.
39 Cons. St., Sez. VI, 10 dicembre 2015, n. 5611; Tar Lombardia, Milano, Sez. III, 6 aprile 2016, n. 650.
Le critiche
La sostanziale adesione al modello aquiliano
normativo in senso extracontrattuale, si è comunque avvertita la necessità di chiarire nuovamente, ed in termini generali, i caratteri della responsabilità della P.A., anche a fronte della permanente e contrapposta ricostruzione in termini di responsabilità da inadempimento, fondata in particolare su di un contatto sociale qualificato.
Da ciò traggono origine sia la pronuncia di rimessione C.g.a., 15 dicembre 2020, n.
1136, che si era significativamente espressa in favore di una ricostruzione in senso contrattuale da contatto sociale qualificato, sia la conseguente pronuncia Cons. St., A.P., 23 aprile 2021, n. 7.
La pronuncia dell’Adunanza plenaria si è occupata dell’ipotesi particolare – e particolarmente controversa, cfr. infra para 8.3. – della responsabilità dell’amministrazione derivante dalla tardiva adozione di un provvedimento in presenza di sopravvenienze normative sfavorevoli, che impediscono la realizzazione dell’interesse finale. Tuttavia, essa ha affermato una serie di principi di carattere generale in materia di responsabilità della P.A.
In particolare, ha confermato l’inquadramento della responsabilità dell’am- ministrazione per l’esercizio delle sue funzioni pubbliche nel paradigma della responsabilità da fatto illecito… “sia pure con gli inevitabili adattamenti richiesti dalla sua collocazione ordinamentale nei rapporti intersoggettivi, quale risultante dall’evoluzione storico- istituzionale e di diritto positivo che la ha caratterizzata”.
La pronuncia dà infatti atto sia degli altri orientamenti emersi in materia, sia delle criticità conseguenti ad una trasposizione automatica del modello civilistico nell’ambito dell’attività autoritativa della P.A.
Respinge, tuttavia, nettamente la dogmatica del contatto sociale, alla luce dell’asserita incompatibilità ontologica tra detto paradigima e la posizione di supremazia della P.A., nonché dell’impossibilità di qualificare l’illecita attività della P.A. in termini di non esatto adempimento della prestazione. Valorizza, invece, richiamando la fondamentale pronuncia della Corte cost., 6 luglio 2004, n. 204 e l’attuale sistematica degli artt. 7 e 30 c.p.a., la natura rimediale della azione risarcitoria, da intendersi quale “strumento di tutela ulteriore” rispetto a quello classico demolitorio (e/o conformativo)”.
Conclude, pertanto affermando che “il paradigma cui è improntato il sistema della responsabilità dell’amministrazione per l’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o per il mancato esercizio di quella doverosa, devoluto alla giurisdizione amministrativa, è quello della responsabilità da fatto illecito. Anche in un’organizzazione dei pubblici poteri improntata al buon andamento, in cui si afferma il modello dell’amministrazione “di prestazione”, quest’ultima mantiene rispetto al privato la posizione di supremazia necessaria a perseguire «i fini determinati dalla legge» (art. 1, comma 1, della legge n. 241 del 1990), con atti di carattere autoritativo in grado di incidere unilateralmente sulla sfera giuridica del privato. Nel rapporto amministrativo contraddistinto dalla ora descritta asimmetria delle posizioni si manifesta ad un tempo l’essenza dell’ordinamento giuridico di diritto amministrativo e allo stesso tempo si creano le condizioni perché la pubblica amministrazione –per ragioni storiche, sistematiche e normative- non possa essere assimilata al “debitore” obbligato per contratto ad “adempiere” in modo esatto nei confronti del privato”.
Essa afferma, inoltre, che “diversamente da quanto avviene nel settore della responsabilità contrattuale, il cui aspetto programmatico è costituito dal rapporto giuridico regolato
bilateralmente dalle parti mediante l’incontro delle loro volontà concretizzato con la stipula del contratto-fatto storico, il rapporto amministrativo si caratterizza per l’esercizio unilaterale del potere nell’interesse pubblico, idoneo, se difforme dal paradigma legale e in presenza degli altri elementi costitutivi dell’illecito, a ingenerare la responsabilità aquiliana dell’amministrazione”.
Conferma così l’impostazione secondo cui l’adesione al modello aquiliano è quella che garantisce la maggior coerenza tra la struttura dell’illecito contrattuale (e delle relative regole di accertamento) e i caratteri oggettivi della condotta amministrativa lesiva di interessi legittimi, con le connesse esigenze di tutela.
Viene, infatti, in rilievo non tanto la violazione delle specifiche regole di correttezza o di condotta, valevoli solo tra le parti ormai in concreto contatto a tutela della reciproca posizione, quanto, prima ancora, la violazione di norme imperative o di principi generali valevoli di loro ed erga omnes, espressivi di regole generali di comportamento dell’amministrazione pubblica. Dette regole sono poste dalla legge a tutela indifferenziata di interessi pubblici, indipendentemente dalla concretezza del singolo rapporto instaurato con la domanda di partecipazione ad un procedimento: vale a dire, prima delle regole specifiche e relative del singolo rapporto procedimentale, rileva la violazione del precetto, generale e assoluto, del neminem laedere40.
La pronuncia, poi, ribadisce la piena centralità del giudizio sulla spettanza del bene ai fini della configurazione di una responsabilità in capo alla P.A. considerato indispensabile a partire dalla sentenza di Cass., Sez. un., 22 luglio 1999, n. 500 e, conseguentemente, corrobora l’impostazione giurisprudenziale volta ad escludere la risarcibilità della violazione di interessi meramente procedimentali41. Si chiarisce infatti che “elemento centrale nella fattispecie di responsabilità ora richiamato è quindi l’ingiustizia del danno, da dimostrare in giudizio, diversamente da quanto avviene per la responsabilità da inadempimento contrattuale, in cui, come esattamente sottolinea il giudice rimettente, la valutazione sull’ingiustizia del danno è assorbita dalla violazione della regola contrattuale”.
Da ciò ne consegue che: “il requisito dell’ingiustizia del danno implica che il risarcimento potrà essere riconosciuto se l’esercizio illegittimo del potere amministrativo abbia leso un bene della vita del privato, che quest’ultimo avrebbe avuto titolo per mantenere o ottenere, secondo la dicotomia interessi legittimi oppositivi e pretensivi”. Viceversa, “il risarcimento è escluso quando l’interesse legittimo riceva tutela idonea con l’accoglimento dell’azione di annullamento, ma quest’ultimo sia determinato da una illegittimità, solitamente di carattere formale, da cui non derivi un accertamento di fondatezza della pretesa del privato ma un vincolo per l’amministrazione a rideterminarsi, senza esaurimento della discrezionalità ad essa spettante”42.
40 In tal senso, Cons. St., Sez. VI, 16 settembre 2011, n. 5168. Aderisce alla tesi della natura aquiliana della responsabilità della P.A., alla luce della codificazione dell’art 30 c.p.a., anche la più recente giurisprudenza amministrativa. Ex multis, Cons. St., Sez. VI, 21 maggio 2019, n. 3279; Id., Sez. III, 27 novembre 2018, n.
6698; Id., Sez. IV, 8 febbraio 2018, n. 825; Id., 18 luglio 2017, n. 3520.
41 Al riguardo, in particolare, si segnala come parte della giurisprudenza ritenga che, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 21 octies della legge sul procedimento amministrativo, l’annullamento di un provvedimento amministrativo in ragione di soli vizi formali o procedimentali, non appare più di tale gravità da giustificare una pretesa risarcitoria. (Cons. St., Sez. V, 23 agosto 2016, n. 3674; Id., 6 marzo 2017, n. 1037). In merito, si veda altresì l’iter argomentativo seguito in Cons. St., A.P., 26 aprile 2018, n. 4. V anche analisi Parte II, Cap. XI, par. 5.15.
42 Cfr anche Cons. St., A.P., 3 dicembre 2008, n. 13.
Peraltro, come anticipato, la stessa Plenaria dà atto di alcune inevitabili peculiarità della responsabilità per l’attività della P.A. e per questo, nel passare in rassegna le norme del codice civile che disciplinano il regime di responsabilità da fatto illecito, identifica, con autonoma funzione nomofilattica, alcuni elementi di diversità ed adattamento, ad es. con riferimento alla valutazione della condotta del privato ed allo sforzo da esso esigibile.
Il rilievo è in linea con la considerazione generale secondo cui, pur a fronte di un inquadramento aquiliano, non può non rimarcarsi la peculiarità della posizione dell’amministrazione quale soggetto danneggiante e, quindi, la necessità di un inevitabile adattamento rispetto agli schemi civilistici. Questo appare, del resto, agevolato dalla formazione di un’elaborazione giurisprudenziale amministrativa ormai “autonoma” rispetto a quella civile: vale a dire che il riconoscimento del giudice amministrativo quale giudice dell’azione risarcitoria per lesione di interessi legittimi comporta anche una maggiore autonomia nel delineare il regime della responsabilità, sulla quale non potrebbe incidere nemmeno la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, il cui sindacato sulle sentenze del Consiglio di Stato è, come noto, limitato soltanto alle questioni di giurisdizione.
6. L’elemento oggettivo dell’illecito: le condotte antigiuridiche che determinano la lesione di un interesse legittimo.
Concluso l’esame delle tesi sulla natura della responsabilità della P.A. per attività provvedimentale, occorre procedere ad analizzare i suoi elementi costitutivi.
Si partirà dagli elementi oggettivi della fattispecie: l’elemento oggettivo in senso proprio, i.e. la condotta antigiuridica della Pubblica amministrazione, il danno ingiusto derivante da tale condotta ed il nesso causale tra questi intercorrente.
Questi tre elementi sono strettamente collegati tra loro in quanto, affinché possa sorgere una responsabilità in capo alla P.A., il giudice deve necessariamente valutarli nella loro unitarietà ed interdipendenza.
Con particolare riferimento all’elemento oggettivo, occorre rilevare che le condotte antigiuridiche poste in essere dalla P.A. in grado di determinare la lesione di interesse legittimo, oppositivo o pretensivo, sono molteplici, potendo consistere tanto in un’azione (ad es. adozione di un atto illegittimo), quanto in un’omissione (ad es. mancata conclusione del procedimento nei termini previsti). L’elemento comune e caratterizzante è dato dal fatto di inserirsi all’interno di un’attività di tipo autoritativo della P.A. e di determinare la lesione di un interesse legittimo (differenziandosi quindi dalle ipotesi che comportano invece la lesione di un diritto soggettivo, su cui vedi parr. 10 ss.).
7. Il nesso di causalità.
Come chiarito dalle Sezioni Unite n. 500 del 1999 e come risulta dall’attuale formulazione dell’art. 30 c.p.a., l’illegittimità dell’atto non è sufficiente a giustificare la responsabilità della Pubblica amministrazione, essendo invece necessario verificare che l’attività illegittima della stessa abbia determinato la lesione dell’interesse al bene della vita, cui è collegato l’interesse legittimo.
Si impone pertanto ad opera dell’interprete un giudizio ipotetico, volto a stabilire se il contenuto del provvedimento sarebbe stato diverso (in senso favorevole
Il giudizio prognostico L’attualità della questione