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Capitolo 1-Fonti energetiche alternative

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Academic year: 2021

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Capitolo 1-Fonti energetiche alternative

Per alcuni decenni abbiamo vissuto nel consumo più sfrenato, utilizzando eccessivamente le risorse naturali, distruggendo ambienti e paesaggi ed inquinando il nostro habitat, spesso inconsapevolmente.

Gli intellettuali hanno creato un alone di sacralità intorno alla scienza e alla tecnologia, ritenendo illimitato lo sviluppo ed inarrestabile il progresso.

Eppure, la crisi petrolifera mondiale del 1973 ha fatto sì che tutti prendessero coscienza della dipendenza dell’uomo di oggi dal petrolio e dal pericolo dell’esaurimento di questa preziosa fonte energetica.

Così oggi il problema non è più solo di natura politica o economica (basta pensare ai costi in continua ascesa di petrolio e di gas naturale soggetti ai contraccolpi delle varie crisi politiche del Medio-Oriente ed ai ricatti economico-politici dei Paesi Arabi, organizzatisi nell’O.P.E.C), ma è anche crisi di risorse.

Con un’incertezza decisamente insignificante sulla scala dei tempi storici (dell’ordine di uno o due decenni al massimo) ci avviamo,infatti, inesorabilmente verso il raggiungimento del picco di produzione geofisica planetario per il petrolio, previsto a seconda degli autori tra il 2005 e il 2010, oppure tra il 2020 e il 2030 (La Scienza – l’ambiente e l’energia , La biblioteca di Repubblica,

2005).

Appare necessario, quindi, rendersi il più possibile autonomi nelle fonti energetiche, ricorrendo gradualmente ad altre fonti di energia, la nucleare innanzitutto e poi le cosiddette “fonti energetiche alternative”.

1. Forme di energia alternativa attualmente in uso

Prima di cimentarmi a parlare dei biocarburanti vorrei porre l’attenzione ed elencare le altre forme di energia alternativa attualmente in uso.

Tra queste ricordiamo:

1.1. Energia solare

L’energia solare si presenta come una fonte continua, inesauribile e gratuita; ogni anno il sole irradia sulla terra 19.000 miliardi di TEP (Tonnellate Equivalenti Petrolio) mentre la

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domanda annua di energia è di circa 8 miliardi di TEP (in Italia la richiesta è di circa 167 milioni di TEP).

Tutta l'energia che oggi utilizziamo ha origine dall'irradiamento solare, compresi i combustibili fossili; il potenziale dell'energia ottenibile dal calore proveniente dal sole è tale, infatti, da soddisfare buona parte delle necessità termiche e una non marginale quota di energia elettrica. I sistemi termosolari e i sistemi fotovoltaici sono le applicazioni più dirette dell'energia solare (ricordiamo che per energia termosolare s’intende l’energia termica derivante dall’irraggiamento solare che può essere "catturata" in molti modi e utilizzata per le varie necessità energetiche: come semplice energia termica utile alla produzione d’acqua calda, per usi sanitari e per riscaldamento ma anche per ottenere energia frigorifera, energia elettrica o energia meccanica).

1.2. Energia idroelettrica

Gli impianti idroelettrici attuali sfruttano l'energia potenziale meccanica contenuta in una portata d’acqua che si trova disponibile ad una certa quota rispetto al livello cui sono posizionate le turbine. Pertanto la potenza di un impianto idraulico dipende da due termini: il salto (dislivello esistente fra la quota a cui è disponibile la risorsa idrica svasata e il livello a cui la stessa viene restituita dopo il passaggio attraverso la turbina) e la portata (la massa d'acqua che fluisce attraverso la macchina espressa per unità di tempo).

Tra gli impianti ricordiamo gli idroelettrici tradizionali, gli impianti a bacino,gli impianti ad accumulo, ad acqua fluente, le condotte idriche, il micro-idroelettrico. Le tecnologie idroelettriche hanno un buono sviluppo nelle applicazioni terrestri, cioè utilizzando il ciclo dell'acqua che, evaporando dal mare, viene trasportata ai monti dalle nubi da dove ridiscende a valle permettendo l'intercettazione della sua energia cinetica, tali applicazioni hanno ancora buoni margini di sviluppo.

Molto interessanti ma ancora in fase di sviluppo sono anche le tecnologie maremotrici che nascondono un potenziale enorme, si parla addirittura di energia del mare. In linea di principio è possibile convertire almeno cinque tipi di energia presenti nel mare: quella delle correnti, delle onde, delle maree, delle correnti di marea e del gradiente termico tra superficie e fondali.

La produzione di energia idroelettrica non provoca emissioni gassose o liquide che possano inquinare l'aria o l'acqua (in particolare si riducono le emissioni di anidride carbonica (CO2) di 670 g per ogni kWh di energia prodotta); potrebbe presentare qualche problema in più

dal punto di vista dell' inserimento ambientale e necessita quindi di opportune valutazioni di impatto ambientale, tese a garantire l'assenza di interferenze con l'ambiente naturale. Altri

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benefici sono, come per le altre rinnovabili, la minore dipendenza dalle fonti energetiche estere, la diversificazione delle fonti e la riorganizzazione a livello regionale della produzione di energie.

1.3. Idrogeno

Comunemente si pensa all'idrogeno come ad una fonte di energia, in realtà ciò non è esatto in quanto tale produzione implica estrazione dall' acqua (elettrolisi) o da combustibili fossili (vari processi termochimici) e , pertanto, ciò comporta un consumo di energia, per questo è considerato un "vettore" o "memorizzatore" di energia.

Potenzialmente può diventare uno dei migliori sistemi per la produzione di energia elettrica, perfino migliore dei sistemi idroelettrici (attualmente i più convenienti e quindi i più adottati allo scopo).

Le fonti di energia rinnovabili, hanno l'inconveniente di essere discontinue (a volte non c'è vento, fiumi con portata non ottimale, sole coperto, a volte invece di queste fonti ve ne sono in eccesso), per cui sfruttando le caratteristiche di "memorizzatore di energia" dell' idrogeno si potrebbero rendere le fonti rinnovabili pienamente sfruttabili, non solo per ottenere energia. Infatti se ci fosse idrogeno in eccesso potrebbe essere usato per ottenere prodotti chimici e/o industriali come ammoniaca, metanolo ( oggi si ottiene da petrolio) ecc. ottenendo così un risparmio legato al non utilizzo di combustibili fossili (fonte esauribile ed inquinante nell'utilizzo).

Quindi l'idrogeno, allo stato attuale, non è una fonte primaria di energia ma non è neanche un semplice vettore (come lo è ad es. la benzina), se permette il recupero di energia altrimenti dispersa o non utilizzabile può essere considerato una vera e propria fonte di energia primaria e rinnovabile come tutti i sistemi che permettono il recupero e il risparmio energetico.

Ad oggi non sono ancora stati adottati sistemi sostenibili di produzione, accumulo e distribuzione dell'idrogeno anche se le tecnologie lo permetterebbero. Sono a buon punto varie tecnologie di produzione di fuel-cell (celle a combustibile o pile a combustibile), sono ormai molti e a buon punto anche i prototipi di veicoli a idrogeno.

1.4. Energia geotermica

Per energia geotermica s’intende quella contenuta, sotto forma di "calore", all'interno della terra (l’'origine di questo calore è in relazione con la natura interna del nostro pianeta e con i processi fisici che in esso hanno luogo).

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Tale calore è presente in quantità enorme e praticamente inesauribile; il calore interno si dissipa con regolarità verso la superficie della terra, la quale emana calore nello spazio quantificabile in una corrente termica media di 0,065 Watt per metro quadrato.

Oltre alla produzione di energia elettrica, a seconda della temperatura del fluido geotermico sono possibili svariati impieghi: acquacoltura (al massimo 38°C), serricoltura (38 - 80°C), teleriscaldamento (80 - 100°C), usi industriali (almeno 150°C), e molti altri. In alcuni paesi si utilizza il calore geotermico per l’essiccazione del legname (Nuova Zelanda), della farina di diatomee (Islanda), del piretro (Kenya) e per l’allevamento di alligatori (USA, Giappone).

Generalmente nelle attuali centrali geotermoelettriche si sfrutta la pressione esercitata dal vapore contenuto negli acquiferi geotermici per muovere una turbina Rankine accoppiata ad un generatore. L’enorme pressione dei geyser spinge i vapori fino ad un altezza che varia dai 20 ai 70 metri. L’energia di questo fenomeno naturale è enorme, se incanalata può alimentare direttamente una turbina a vapore e produrre una quantità notevole di energia. Per un miglior sfruttamento di questa tecnologia e un minor impatto ambientale è preferibile il sistema che preveda la reiniezione dei liquidi nell'acquifero una volta sfruttato il loro potere calorifico (ciclo binario).

1.5. Energia eolica

L'energia eolica è stata largamente utilizzata sin dall'antichità in svariate applicazioni quali la navigazione a vela, la ventilazione e l'essiccazione dei prodotti dell'agricoltura e della pesca.

L'energia eolica è diventata l'energia rinnovabile meno costosa, abbassando negli ultimi 15 anni il suo costo di circa l'85%. Poiché la potenza sviluppabile da un aerogeneratore varia col cubo della velocità del vento, l'economia eolica dipende molto dalla ventosità del sito in cui viene ubicata.

Inoltre vi sono delle economie di scala conseguibili con la costruzione dei parchi eolici che utilizzano molte turbine. Si è stimato che in Europa il costo di un kWh di energia elettrica da fonte eolica, è lo stesso di un kWh ottenuto in un moderno impianto a carbone provvisto di un unità per lo scrubbing dei fumi, vale a dire 0,04 $/kWh (www.energoclub.it).

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2. Energia da biomasse residuali e legnose

2.1. La biomassa

Particolare attenzione verrà comunque data nel corso di questa tesi alle biomasse erbacee e legnose per la produzione di energia alternativa.

Con il termine biomassa s’intende ogni sostanza organica di origine vegetale derivante, pertanto, direttamente o indirettamente dalla fotosintesi clorofilliana, in particolar modo residui colturali, di allevamento o delle industrie del legno, utilizzati in apposite centrali termiche per produrre energia elettrica.

Ricordiamo che mediante il processo di fotosintesi (figura 1.1) le piante assorbono dall’ambiente circostante anidride carbonica e acqua, che vengono trasformate, con l’apporto dell’energia solare e di sostanze nutrienti presenti nel terreno, in materiale organico utile alla crescita della pianta.

In questo modo vengono fissate complessivamente circa 2*10 exp 11 tonnellate di carbonio l’anno, con un contenuto energetico equivalente a 70 miliardi di tonnellate di petrolio, circa 10 volte l’attuale fabbisogno energetico mondiale.

Tra le principali materie prime energetiche da biomasse ritroviamo: √ Legna da ardere,

Residui agricoli e forestali,

Scarti delle industrie agro-alimentari,

Reflui degli allevamenti,

Rifiuti urbani,

Specie vegetali coltivate per lo scopo.

In forma generale, si può dire che biomassa è tutto ciò che ha matrice organica, con esclusione delle plastiche di origine petrolchimica e dei materiali fossili.

Trarre energia dalle biomasse consente anche di eliminare i rifiuti prodotti dalle attività umane, producendo energia elettrica e calore e riducendo la dipendenza dalle fonti di natura fossile.

I biocarburanti sono una fonte di energia pulita, su cui l’Unione Europea ha deciso di investire; liberano nell’ambiente le sole quantità di carbonio che hanno assimilato le piante durante la loro formazione e una quantità di zolfo e ossidi di azoto nettamente inferiore a quella rilasciata dai combustibili fossili.

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Il biossido di carbonio emesso dagli impianti termici alimentati a biomasse è lo stesso che viene assorbito dai vegetali per produrre una quantità uguale di biomassa (nel ciclo di “crescita-utilizzo” della biomassa il bilancio del biossido di carbonio è in pareggio-equilibrio).

2.2. Vantaggi dell’utilizzo delle biomasse

Le biomasse agroforestali, pur essendo considerate “prodotti poveri” in quanto utilizzate per la produzione di calore e di energia elettrica in centrali e in digestori anaerobici, presentano diverse caratteristiche qualitative che incidono sulla scelta del metodo di utilizzazione (combustione, pirolisi, gassificazione, digestione anaerobica ecc.) e sulla tipologia del prodotto da realizzare (cippato, pellet, bicchetti ecc.). Tra i principali vantaggi delle biomasse ricordiamo la loro abbondanza, il rendimento energetico, i vantaggi economici, il mantenimento della fertilità del terreno, la possibilità di sviluppo in aree inutilizzate e conseguentemente la creazione di nuova occupazione ma, soprattutto, il loro ridottissimo contributo all’effetto serra, il loro basso tenore di zolfo (e quindi non contribuiscono alla formazione delle piogge acide), ed infine il fatto di essere rinnovabili.

Nell’ultimo rapporto sull’energia prodotta da fonti rinnovabili (COM 849/2006), lo sviluppo della biomassa solida ha registrato una significativa accelerazione nel biennio 2004-05 nella produzione di energia elettrica (oltre 58 Mtep nel 2005) dalla combustione di prodotti agro-forestali e di residui nelle centrali termiche, con Finlandia e Svezia principali produttori.

L’utilizzo di tale fonte mostra però un forte grado di disomogeneità fra i vari Paesi. I Paesi in Via di Sviluppo, nel complesso, ricavano mediamente il 38% della propria energia dalle biomasse (48 milioni di TJ/anno); in molti di essi tale risorsa soddisfa fino al 90% del fabbisogno energetico totale, grazie alla combustione del legno, della paglia e dei rifiuti animali. Nei Paesi industrializzati, invece, le biomasse costituiscono piccole percentuali per quanto riguarda gli usi energetici primari con 7 milioni di TJ/anno. In particolare gli USA ricavano circa il 3,2% della propria energia dalle biomasse, equivalente a 3,2 milioni di TJ/anno; l’Europa, complessivamente, il 3,5%, con punte del 18% in Finlandia, il 17% in Svezia, il 13% in Austria.

L’Italia, con il 2,5% del proprio fabbisogno coperto dalle biomasse, è al di sotto della media europea. L’impiego delle biomasse in Europa soddisfa, dunque, una quota abbastanza marginale dei consumi di energia primaria rispetto alle sue potenzialità. All’avanguardia, nello sfruttamento delle biomasse come fonte energetica sono i paesi del centro-nord Europa, che hanno installato grossi impianti di cogenerazione e teleriscaldamento alimentati a biomasse. La Francia, che ha la più vasta superficie agricola in Europa, punta molto anche sulla produzione di

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biodiesel e bioetanolo, per il cui impiego come carburante ha adottato una politica di completa defiscalizzazione. La Gran Bretagna, invece, si è dedicata in particolare allo sviluppo di un vasto ed efficiente sistema di recupero del biogas dalle discariche, sia per usi termici che elettrici. La Svezia e l’Austria, che contano su una lunga tradizione di utilizzo della legna da ardere, hanno continuato ad incrementare tale impiego sia per riscaldamento che per teleriscaldamento, dando grande impulso alle piantagioni di bosco ceduo (salice,pioppo) che hanno rese ¾ volte superiori alla media come fornitura di materia prima. Nel quadro europeo dell’utilizzo energetico delle biomasse, l’Italia si pone in una condizione di scarso sviluppo nonostante l’elevato potenziale di cui dispone (Figura 1.1).

Figura 1.1: Mercato fonti rinnovabili

Un’ immediata opportunità per l'utilizzo massiccio delle biomasse come fonte per ottenere energia elettrica è data dalla tecnologia della co-combustione (cofiring).

Fin dal 1990 molte verifiche sperimentali hanno dato esito positivo nella sostituzione di una porzione di carbone con biomassa da utilizzare nella stessa caldaia dell'impianto preesistente, ciò può essere fatto miscelando la biomassa con carbone prima che il combustibile venga introdotto nella caldaia o utilizzando alimentazioni separate per la biomassa e il carbone.

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Si può arrivare a sostituire il 20% di carbone con biomasse, riducendo le emissioni di protossido d'azoto, d’anidride solforosa e d’anidride carbonica.

In U.S.A. gli impianti termoelettrici a carbone predisposti per il cofiring hanno avuto un tempo di ammortamento medio di 8 anni, ed è stato ritenuto molto conveniente dalle stesse società proprietarie di tali impianti.

Per quanto detto risulta evidente che la biomassa rappresenta la più consistente tra le fonti di energia rinnovabile anche se esistono molteplici difficoltà di impiego dovute all’ampiezza e all’articolazione delle fasi che costituiscono le singole filiere.

Le tecnologie per ottenere energia dai vari tipi di biomasse sono naturalmente diversi e diversi sono anche i prodotti energetici che si ottengono. Ad esempio, se un materiale ha molto carbonio (C) e poca acqua (H2O), è adatto per essere bruciato per ottenere calore o elettricità; se,

viceversa, ha molto azoto (N) ed è molto umido, può essere sottoposto ad un processo biochimico che trasforma le molecole organiche in metano ed anidride carbonica. Infine, combustibili liquidi adatti ad essere utilizzati nei motori a benzina o diesel possono essere ottenuti a partire da particolari specie vegetali.

2.3. Processi di conversione

In sintesi, i processi di conversione in energia delle biomasse possono essere ricondotti a due grandi categorie: processi termochimici e processi biochimici.

2.3.1. Processi termochimici

I processi di conversione termochimica sono basati sull'azione del calore che permette lo svolgimento di reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia; si tratta di una reazione chimica in cui una sostanza (combustibile) si combina con l'ossigeno dell'aria (comburente) sviluppando calore.

La combustione presuppone la contemporanea presenza in giuste proporzioni di tre elementi fondamentali: il combustibile, il comburente e la temperatura. In assenza anche di uno solo di questi fattori la combustione non ha luogo, mentre se le proporzioni non sono rispettate si parla di combustione incompleta.

Questi processi sono utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N abbia valori superiori a 30 ed il contenuto d’umidità non superi il 30%. Le biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica sono la legna e tutti i suoi derivati (segatura, trucioli, ecc.), i più comuni sottoprodotti colturali di tipo

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ligno-cellulosico (paglia di cereali, residui di potatura della vite e dei fruttiferi, ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, gusci, noccioli, ecc.).

La pirolisi è un processo di decomposizione termochimica di materiali organici ottenuto fornendo calore a temperature comprese tra 400 e 800°C, in forte carenza di ossigeno. I prodotti della pirolisi sono gassosi, liquidi e solidi, in proporzioni che dipendono dai metodi di pirolisi (pirolisi veloce, lenta, convenzionale) e dai parametri di reazione.

La carbonizzazione è un processo di tipo termochimico che consente la trasformazione delle molecole strutturate dei prodotti legnosi e cellulosici in carbone (carbone di legna o carbone vegetale), ottenuta mediante l’eliminazione dell’acqua e delle sostanze volatili dalla materia vegetale, per azione del calore nelle carbonaie all’aperto, o in strutture chiuse che offrono una maggior resa in carbone e vari altri prodotti (alcol, acido acetico, acetone, catrame, ecc.).

2.3.2. Processi biochimici

I processi di conversione biochimica permettono di ricavare energia per reazioni chimiche guidate da enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni, e vengono impiegati per quelle biomasse in cui il rapporto C/N sia inferiore a 30 e l'umidità alla raccolta superiore al 30%. Risultano idonei alla conversione biochimica le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali (foglie e piccioli di barbabietola, ortive, patata, ecc.), i reflui zootecnici e alcuni scarti di lavorazione (borlande, acqua di vegetazione, ecc.), nonché alcune tipologie di reflui urbani ed industriali.

2.4. Pellet, bricchetti e cippato

Anche alcune tipologie di scarti dell'industria del legno (segatura, polveri ) possono essere utilizzate per produrre combustibili ecologici quali pellet, bricchetti o cippato.

Il pellet si distingue per la bassa umidità (inferiore al 12 %) e per la sua elevata densità nonché per la regolarità del materiale. Il presupposto per l'utilizzo di questo prodotto è l'impiego di legname vergine, non trattato cioè con corrosivi, colle o vernici .

I pellets sono prodotti con la polvere ottenuta dalla sfibratura dei residui legnosi, la quale viene pressata da apposite macchine a formare cilindretti che possono avere diverse lunghezze e spessori (1,5-2 cm di lunghezza,6-8 mm di diametro). La compattezza e la maneggevolezza danno a questa tipologia di combustibile caratteristiche di alto potere calorifico (P.C.I. 4.000-4.500 kcal/kg) e di affinità ad un combustibile fluido. E' molto indicato quindi, per la sua praticità, per piccoli e medi impianti residenziali.

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Con residui e polveri più grossolane vengono prodotti i bricchetti, che sono dei tronchetti pressati, in genere di 30 cm di lunghezza e 7-8 cm di diametro. L'utilizzo è assimilabile a quello del legno in ciocchi. I processi per la produzione di pellets e bricchetti non richiedono l'uso di alcun tipo di collante, poiché la compattazione avviene fisicamente e con l'alta temperatura generata nel processo. La compattezza e la maneggevolezza danno a questa tipologia di combustibile caratteristiche di alto potere calorifico (P.C.I. 4.000-4.500 kcal/kg), è indicato per impianti medi e grandi, ma si presta anche all'uso in piccoli impianti anche residenziali.

Il termine cippato deriva dall'inglese Chips, si tratta infatti di pezzettini di legno ricavati dagli scarti di segherie che lavorano piante prive di sostanze inquinanti quali vernici, ecc. E' un ottimo combustibile che usato in apposite caldaie o stufe sprigiona una potenza calorica di Kcal/h 3000/3500 a seconda del grado di umidità.

Naturalmente tra i biocombustibili solidi bisogna annoverare i pezzi (o ciocchi) di legno vero e proprio, il costo è marginalmente superiore dato che i combustibili sopradescritti possono essere ricavati da scarti industriali e/o delle lavorazioni agricole e boschive.

In genere i biocombustibili solidi sono competitivi nei confronti del metano, non solo per la fornitura di calore ma in alcuni casi, con i sistemi adeguati, anche per la produzione di energia elettrica. Uno dei maggiori inconvenienti della combustione dei biocombustibili solidi è l'alto tenore di emissioni, sopratutto di CO e sopratutto nei piccoli impianti residenziali dove può anche dar luogo ad intossicazioni dato che tale gas è altamente tossico.

Attualmente si possono trovare impianti anche residenziali che adottano la tecnologia della “post-combustione” che consiste proprio nel bruciare il monossido di carbonio presente nei fumi della combustione primaria (il CO è un gas combustibile che, se opportunamente miscelato con aria, a temperature elevate, brucia). La fiamma, lambendo le piastre in lega, resistentissima al calore,e con l'ausilio di immissione di aria ricca di ossigeno (aria secondaria) dà luogo al fenomeno di "pirolisi" che determina la scissione della CO e demolisce la maggior parte delle molecole dei fumi e delle ceneri, ottenendo così una bassa emissione di materiale inquinante, massimo rendimento e sufficiente margine di sicurezza.

I vantaggi di questa nuova tecnologia sono la riduzione dei gas tossici immessi nell'ambiente, aumento del rendimento termico di circa il 10%, risparmio economico ed energetico.

I camini prefabbricati dovrebbero essere progettati tenendo conto di questa particolarità, dove una certa quantità di aria (detta secondaria) dovrebbe essere fatta confluire all'interno della camera di combustione, preriscaldata lungo il condotto di immissione e portata alla temperatura di accensione dalla fiamma sottostante. L'aria, combinandosi con l'ossido di carbonio prodotto

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dalla combustione primaria, prende fuoco generando una seconda fiamma più vivace con temperatura elevatissima e fumo più trasparente.

I biocombustibili solidi hanno inoltre il pregio di poter essere adottati e gestiti da subito anche nei paesi arretrati e in via di sviluppo.

Ricordiamo inoltre la gassificazione che è un processo di conversione del carbone e/o della biomassa in composti gassosi (ossido di carbonio, anidride carbonica, metano, idrogeno e miscele di essi come il syngas), ottenuto per reazione con aria, ossigeno, vapore o loro miscele.

Il gas prodotto può essere impiegato direttamente nell’industria chimica ed elettrica, o altrimenti convertito in idrocarburi liquidi o solidi tipo cere (processo Fischer-Tropsch). Le tecnologie di gassificazione della biomassa sono ritenute promettenti sia perché nell'immediato possono essere abbinate alle attuali tecnologie di produzione dell'energia elettrica, in particolare nelle centrali a gas a ciclo combinato e sia perché possono essere abbinate alle eventuali future centrali elettriche a fuel-cell, in particolare MCFC e SOFC, nelle quali gas composti da idrogeno e carbonio sono ottimali.

Da quanto detto risulta evidente come la produzione di energia a partire dalle biomasse legnose, la più antica risorsa energetica, oggi supportata dalle moderne tecnologie, ritorna a suscitare un forte interesse come valida alternativa ai combustibili fossili.

Figura

Figura 1.1: Mercato fonti rinnovabili

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