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Capitolo 7
DISCUSSIONE
La peritonite secondaria diffusa rappresenta una condizione critica a tutt’oggi gravata da una elevata mortalità (fino al 60% in alcuni studi)100 nonostante i progressi nel campo della terapia intensiva e della chirurgia, che richiede una rapida diagnosi ed un trattamento chirurgico d’emergenza. La laparostomia è una tecnica che, sin dalle sue prime applicazioni alla fine degli anni ’70, è stata concepita per fornire una ulteriore possibilità terapeutica e gestionale in tutte quelle condizioni nelle quali un’unica seduta chirurgica non si riveli risolutiva.4
Tuttavia, essendo una tecnica aggressiva, che espone ad un elevato numero di complicanze dal difficile management, quali le fistole entero- atmosferiche, la sindrome da insufficienza multi organo (MOF), l’ACS ed i difetti di parete, non risulta agevole valutarne l’efficacia, anche alla luce della gravità del quadro clinico dei pazienti sottoposti a tale procedura. Molti studi sono stati condotti al fine di stabilire l’efficacia del trattamento aperto dell’addome in caso di peritonite diffusa.
Nel 1989, Rao Ivatury e colleghi pubblicarono al riguardo un’analisi condotta su 30 pazienti trattati con laparostomia per sepsi addominale secondaria a trattamenti chirurgici d’emergenza.101 Il campione era stato suddiviso in 3 gruppi di pazienti sulla base delle indicazioni al primo intervento (gruppo 1:trauma addominale n=11; gruppo 2: ascesso pancreatico n=5; gruppo 3: patologie gastro – intestinali richiedenti
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trattamento chirurgico di emergenza, n= 14). Per ciascun gruppo in esame era stato valutato l’outcome attraverso il calcolo dell’indice prognostico APACHE II. L’analisi dei risultati ottenuti nel gruppo 3, in particolare, aveva mostrato uno score medio APACHE II pari a 15, con una mortalità attesa pari al 32,6%, ed una mortalità osservata pari a 36%. L’ulteriore analisi dello score dei pazienti di questo gruppo aveva dimostrato una differenza significativa tra il punteggio medio APACHE II dei sopravvissuti, pari a 10,0, e quello dei deceduti, pari a 16,6 (p < 0,05). I risultati ottenuti da Ivatury e colleghi avevano evidenziato sia l’utilità della laparostomia nel trattamento dei pazienti con sepsi addominali gravi, sia l’importanza dell’impiego di un indice prognostico per la stratificazione del rischio in questa tipologia di pazienti.
Nel corso degli anni, così, è stato riscontrato che l’APACHE II può presentare dei limiti in termini di affidabilità e di confidenza nei confronti dei pazienti con sepsi addominali gravi.98,103
Nel 2000, lo studio prospettico di Bosscha104 e colleghi riguardante il trattamento con laparostomia di 67 pazienti con peritonite secondaria diffusa su base perforativa e da deiscenza di anastomosi del tratto digerente evidenziò come la mortalità dei pazienti con grave sepsi addominale continuasse a rimanere elevata (42%, vs un punteggio medio APACHE II di 13 con mortalità stimata del 27,8%), descrivendo anche una elevata incidenza di complicanze (16 pazienti con emorragia severa, 16 fistole). Srikant V. Kulkarni e colleghi, in particolare, in uno studio prospettico pubblicato nel 2007,105 hanno esaminato l’efficacia dell’APACHE II nella valutazione prognostica dei pazienti con peritonite da perforazione di viscere cavo. Nel campione, composto da 50 pazienti, l’APACHE II è risultato avere un punteggio medio di 11,38 (range 1-23), con una mortalità attesa del 23%. La mortalità osservata è stata del 16%. In seguito alla
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stratificazione del rischio in base al punteggio APACHE II ottenuto (0 – 10; 11 – 20; ≥ 21), è stato evidenziato che, per valori di APACHE II compresi tra 0 e 10 e ≥ 21, la mortalità attesa (11,5% e 60% rispettivamente) non correla con quella osservata (0 e 100% rispettivamente), sovrastimandola nel primo gruppo e sottostimandola nel secondo. Tale indice prognostico, pertanto, seppur accurato per la valutazione dell’outcome dei pazienti con peritonite da perforazioni di viscere cavo, non possiede una sufficiente confidenza per effettuare una stima della prognosi nel singolo paziente.
I risultati dello studio di Kulkarni e colleghi supportano quelli ottenuti nel presente lavoro, in cui l’indice prognostico APACHE II non è stato in grado di fornire una valutazione dell’outcome statisticamente significativa (p= 0,6518). Questo indice prognostico, infatti, ha sottostimato la mortalità relativa sia del gruppo con score pari o inferiore a 15, sia del gruppo con score superiore.
Anche i risultati ottenuti dal nostro studio sottolineano quindi la necessità, in questi pazienti, di poter beneficiare di uno score prognostico di più rapida esecuzione dell’APACHE II, e, probabilmente, che si basi su parametri più specifici di patologia.
L’indice prognostico POSSUM, ideato da Copeland e colleghi nel 1991, è stato introdotto per poter effettuare valutazioni comparative, confrontare e monitorare le strutture sanitarie e fungere da parametro di stima dell’outcome.94
Lo studio prospettico condotto da Simon D. Bann su 815 pazienti chirurgici, ha valutato l’applicabilità dello score su larga scala, evidenziando difficoltà oggettive nell’ottenere un punteggio completo nella totalità dei pazienti arruolati.106 Sul totale dei pazienti, infatti, distinti nel gruppo di chirurgia
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elettiva ed in quello di chirurgia d’urgenza, composti rispettivamente da 398 e 390 soggetti, è stato possibile ottenere uno score completo solo in 155 pazienti (29,8%). Inoltre, tale indice non può essere applicato a pazienti che non sono sottoposti ad intervento chirurgico, ed ai ricoverati per meno di 24 ore, riducendo, per esempio, l’utilità dello scoring system nei pazienti sottoposti a chirurgia per traumi.
Tuttavia, un recentissimo studio retrospettivo pubblicato da Ishizuka nell’anno corrente evidenzia l’utilità di questo indice nella valutazione dell’outcome dei pazienti con perforazione colo-rettale. Valutando un campione di 46 pazienti tramite la comparazione di tre scoring system (SOFA, APACHE III, POSSUM), è stato dimostrato che il POSSUM rappresenta l’unico indice predittivo indipendente dei tre, dotato di una sensibilità dell’ 87,5%.107
Nel nostro studio, l’indice POSSUM non ha dimostrato un elevato limite di affidabilità, sovrastimando notevolmente la mortalità dei pazienti (attesa 93,57% vs effettiva 56%), e non dimostrando una capacità predittiva statisticamente significativa (p=0,1448)
A differenza dell’APACHE II e del POSSUM, che richiedono un elevato numero di parametri clinici, ematochimici, e, nel caso del secondo scoring system, anche indagini strumentali, in alcuni casi non di rapida reperibilità, l’indice della peritonite di Mannheim, con l’introduzione di parametri altamente specifici per la peritonite (durata, origine, estensione della sepsi peritoneale, caratteristiche dell’essudato), molti di essi facilmente reperibili in regime pre- o intra-operatorio, può costituire un valido supporto per la valutazione prognostica dei pazienti con peritonite diffusa.
Nel 1994, Demmel e colleghi pubblicarono uno studio prospettico su 108 pazienti trattati con open abdomen per sepsi addominale severa, il cui
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outcome era stato valutato attraverso i parametri APACHE II e MPI.102
Entrambi gli indici prognostici sono risultati strettamente correlati con la mortalità, ed è emersa l’opportunità dell’utilizzo del Mannheim Peritonitis Index come score di valutazione del trattamento con laparostomia nei pazienti con peritonite.
Nello stesso periodo, altri autori dimostrarono una accuratezza dell’indice di Mannheim, nei pazienti con peritonite, anche leggermente superiore di quella dell’APACHE II.99
Yaghoobi Notash e colleghi, in uno studio prospettico pubblicato nel 2005,98 hanno effettuato una valutazione comparativa del Mannheim Peritonitis Index e del Multiple Organ Failure score in un campione di 80 pazienti sottoposti ad intervento chirurgico per peritonite. L’indice MPI , in particolare, è stato calcolato per ciascun paziente, ed il campione è stato suddiviso in 3 gruppi, sulla base del punteggio ottenuto (< 21, 21 – 29, > 29). In particolare, per i gruppi con valori estremi, tale indice prognostico si è rivelato di elevate sensibilità e specificità per la predizione della mortalità intraospedaliera (rispettivamente 100% e 79% per un MPI < 21, 79% e 96% per un MPI > 29).
Nel nostro studio, il Mannheim Peritonitis Index, calcolato per ciascun paziente, ha dimostrato un valore predittivo molto prossimo alla significatività ( p = 0,0589), stimando, nella popolazione esaminata, una mortalità del 63,72% (secondo il calcolo del lavoro originale di Wacha et al.95). Inoltre, la distribuzione dei pazienti sulla base del punteggio MPI ha mostrato una mortalità stimata, sia per valori MPI minori o uguali a 29, sia superiori, quasi sovrapponibile a quella relativa. Il valore-soglia di 29, inoltre, risulta sostanzialmente sovrapponibile a quello ottenuto dallo studio di Notash.98
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Analizzando le caratteristiche dei tre indici alla luce dei risultati di questo studio, condotto su 32 pazienti, e dei dati riportati in letteratura, si può asserire che il Mannheim Peritonitis Index rappresenta uno score predittivo semplice da applicare, non necessita di elaborazioni particolarmente sofisticate, e, non ultimo, si presta ad analisi retrospettive che consentono il reclutamento di un ampio numero di casi, sì da permettere valutazioni statistiche attendibili ed analisi critiche della propria esperienza.
Questo studio ha un significato di analisi critica della impostazione terapeutica teso a valutare, soprattutto nei pazienti con peritonite diffusa e score prognostico elevato, quanto un trattamento aperto dell’addome possa riuscire a modificare la severa prognosi.
La laparostomia rappresenta, ad oggi, una tecnica chirurgica ben nota ed utilizzata, ed il ricorso all’open abdomen ha subìto una notevole increzione negli ultimi dieci anni. La necessità, anche in ambito internazionale, elaborare strategie comuni, linee guida sulla scelta del tipo di procedura e sulla gestione del paziente e delle complicanze rende ragione di quale insostituibile strumento l’open abdomen sia diventato nel trattamento dei pazienti critici, quali traumatizzati e pazienti con sepsi severe addominali.108
L’applicazione di uno score prognostico appropriato può essere d’ausilio, quindi, anche per limitare l’impiego della tecnica alle condizioni in cui è strettamente necessario, evitando così l’inutile esposizione ai rischi della procedura.