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4 INSTABILITÀ LOCALE E LIMITI DI SNELLEZZA

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Academic year: 2021

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4 INSTABILITÀ LOCALE E LIMITI DI SNELLEZZA

4.1 Generalità

Le sezioni strutturali possono essere idealizzate come composte da singoli elementi piani. Un profilo RHS ad esempio può essere considerato composto da quattro piatti, uniti insieme per formare la sezione cava.

Questi piatti, quando soggetti a tensioni di compressione nel loro piano, sono sensibili agli effetti dell’instabilità locale, che si manifesta con ondulazioni, la cui lunghezza d’onda è dello stesso ordine di grandezza della larghezza della parte instabilizzata. Ne consegue una riduzione di resistenza, duttilità e rigidezza dell’asta; i suoi effetti possono cumularsi a quelli dovuti all’instabilità globale.

L’analisi plastica richiede che questi elementi piani siano in grado di deformarsi, oltre lo snervamento, in modo da consentire la ridistribuzione delle sollecitazioni all’interno della struttura. Per prevenire una prematura instabilità locale le norme stabiliscono dei limiti di snellezza per tali elementi.

Nei seguenti paragrafi si forniscono le definizioni di snellezza e si richiamano sinteticamente i principi teorici su cui sono basate tali definizioni. Infine, si fornisce un quadro di quali siano i limiti, indicati da diversi codici di progettazione, per tali grandezze.

(2)

4.2 Instabilità elastica di un piatto rettangolare

Si consideri una lastra ideale (priva di imperfezioni e costituita da materiale linearmente elastico), dotata di una certa lunghezza, di larghezza b e spessore t, soggetta ad una tensione fx, agente nel piano del piatto, come mostrato in figura 4.1. Il piatto in figura è semplicemente

appoggiato su tutti e quattro i lati, ma lo stesso ragionamento continua a valere se vincolato diversamente. Se la fxè di compressione, il piatto si può instabilizzare e la sua deformata è

contraddistinta dagli spostamenti, fuori dal piano della lastra, indicati con w.

Tabella 4.1 - Instabilità elastica in una lastra rettangolare

L’equazione differenziale che governa il fenomeno dell’instabilità elastica della piastra è (Bryan 1891):

(

)

      ∂ ∂ + ∂ ∂ ∂ ⋅ + ∂ ∂ ⋅ − ⋅ ⋅ 4 4 2 2 4 4 4 2 3 2 1 12 y w y x w x w t E

ν

= 2 2 x w t fx ∂ ∂ ⋅ ⋅ − ,

dove E e

ν

sono, ripettivamente, modulo di elasticità normale e coefficiente di Poisson del materiale.

(3)

Il valore critico della tensione (fo) è dato da: fo =

(

)

( )

2 2 2 1 12 b/t E k ⋅ − ⋅ ⋅ ⋅

ν

π

=

( )

2 2 t / b H ,

dove k è detto coefficiente di instabilità della piastra e dipende sia dalla distribuzione della tensione lungo il piatto, sia dalle condizioni di vincolo. L’equazione è stata semplificata introducendo la quantità: 2 H =

(

2

)

2 1 12

ν

π

− ⋅ ⋅ ⋅ E k

Nel caso in cui un profilo RHS risulti inflesso (figura 4.2), la flangia compressa può essere studiata come una lastra semplicemente appoggiata sui quattro lati e soggetta ad una tensione di compressione uniforme lungo due lati apposti (k=4), agente nel piano della lastra stessa; le anime invece possono essere associate a lastre rettangolari con il contorno appoggiato e soggette a flessione nel loro piano (k=23,9).

(4)

Poiché si richiede che il piatto si deformi plasticamente, prima che si giunga alla crisi per instabilità, la teoria dell’instabilità elastica deve essere estesa al campo plastico. Tale condizione è tradotta dalla relazione:

y f ≤

( )

2 2 t / b H ,

che può essere scritta in termini della snellezza limite, definita dal rapporto b/t, e del parametro H. Pertanto, per evitare l’instabilità locale elastica bisogna che:

t by f H o fy t b ⋅ ≤ H

Nelle tabelle 4.2 e 4.3, del paragrafo seguente, sono riportati ulteriori modi di esprimere la snellezza limite.

(5)

4.3 Definizioni di snellezza e limiti

Quando ci riferiamo ad una singola piastra la definizione di larghezza è ovvia. Invece, quando si considerano le piastre come elementi di una sezione strutturale la definizione esatta di larghezza diventa meno scontata, specialmente se sono presenti delle saldature (per esempio in una sezione composta saldata a I) o delle parti angolari (per esempio in un profilo RHS). Possono risultare appropriate, come illustrato in figura 4.3, quattro definizioni della larghezza delle piastre:

• larghezza totale (i);

• larghezza riferita all’asse del profilo (ii);

• larghezza netta (iii);

• larghezza relativa alla parte piana (iv).

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Le più comuni sezioni strutturali possono essere considerate “a parete sottile”, dato che le dimensioni b e d sono sensibilmente maggiori dello spessore t. Inoltre, molti profili cavi formati a caldo hanno i raccordi tra anime e flange dotati di raggi di curvatura molto piccoli. Le quattro definizioni sopra riportate, di b/t, conducono pertanto a risultati non apprezzabilmente differenti.

A causa del processo di formazione a freddo, invece, nei profili CFRHS il valore del raggio del raccordo angolare è spesso compreso nel campo 2.0·t ≤ re ≤ 3.0·t; questo può quindi far si

che ci sia una sensibile differenza fra le varie definizioni di larghezza prima menzionate. La tabella 4.1 elenca le definizioni di larghezza della piastra indicate dai diversi codici di progettazione. Non tutte le normative sono concordi su quale definizione utilizzare.

Codice RHS anima o flangia Anima profilo a I formata a caldo Anima profilo a I formata a freddo

Flangia del I form. a caldo/freddo

Eurocodice 3 piana (a) piana (iv) piana (iv) asse (ii)

BS 5950 piana (a) piana (iv) piana (iv) asse (ii)

CSA S16.1 piana (iv) netta (iii) netta (iii) asse (ii)

AS 4100 netta (iii) netta (iii) netta (iii) netta (iii)

AISC LRFD piana (iv) piana (iv) netta (iii) asse (ii)

Note: (a) larghezza definita come b-3t o d-3t che è la larghezza piana assumendo re=1.5t

(b) i simboli fra parentesi fanno riferimento alla fig. 4.3

Tabella 4.1 - Definizione di larghezza degli elementi piani presente nei vari codici di progettazione

Come già accennato, la flangia compressa di un profilo a sezione scatolare, sia esso un SHS o un RHS, può essere studiata come una lastra semplicemente appoggiata sui quattro lati e soggetta ad una tensione di compressione uniforme lungo due lati apposti (k=4), agente nel piano della lastra stessa; le anime, invece, possono essere assimilate a lastre rettangolari con il contorno appoggiato e soggette a flessione nel loro piano (k=23.9). Partendo da queste ipotesi, si può giungere alla determinazione di quali siano i limiti di snellezza necessari a evitare la prematura manifestazione di fenomeni di instabilità.

Nelle seguenti due tabelle sono riassunti, in modo schematico, quali sono i limiti di snellezza indicati da diversi codici di progettazione.

(7)

Codice

Snellezza Flangia

(λλλλf)

Limiti di Snellezza della Flangia Classe 1 Compact Classe 2 Classe 3 Non-Compact Eurocodice 3 235 f t r 2 b− e ⋅ y 33 32.0 (2) 38 36.8 (2) 42 40.7 (2) AS 4100 250 f t t 2 b− y 30 - 40 AISC LRFD HSS 1997 (4) E f t r 2 b e y ⋅ − 0.939 26.6 (2) -1.4 39.6 (2) AISC LRFD 1994 (5) E f t r 2 b− e ⋅ y 1.12 31.7 (2) -1.4 39.7 (2)

Note: (1) Il termine Compact dato dalla AS 4100 e dalla AISC è quello della Classe 1 (2) Riferito a fy=250MPa ed E=200000MPa per analogia con la AS 4100

(3) Profili che superano la Cl.3 o Non-Compact sono di Cl.4 o Slender (4) La AISC LRFD HSS (1997) si applica solo alle flange dei profili cavi (5) La AISC LRFD 1994 si applica alle flange dei profili scatolari

Tabella 4.2 - Limiti di snellezza per la flangia dei profili RHS

Codice

Snellezza Anima

(λλλλf)

Limiti di Snellezza dell’Anima Classe 1 Compact Classe 2 Classe 3 Non-Compact Eurocodice 3 235 f t r 2 b− e ⋅ y 72 69.8 (2) 83 80.5 (2) 124 120.2 (2) AS 4100 250 f t t 2 b− y 82 - 115 AISC LRFD E f t r 2 b− e y 3.76 106 (2) -5.7 161 (2)

Note: (1) Il termine Compact dato dalla AS 4100 e dalla AISC è quello della Classe 1 (2) Riferito a fy=250MPa ed E=200000MPa per analogia con la AS 4100

(3) Profili che superano la Cl.3 o Non-Compact sono di Cl.4 o Slender

Figura

Tabella 4.1 - Instabilità elastica in una lastra rettangolare
Figura 4.2 - Coefficiente k in base alla distribuzione delle tensioni
Figura 4.3 - Le diverse definizioni di larghezza e altezza di una sezione RHS
Tabella 4.1 - Definizione di larghezza degli elementi piani presente nei vari codici di progettazione
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