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Academic year: 2021

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CAPITOLO 1 – GENERALITA’ SULLE TENSOSTRUTTURE 1.1 Cenni storici

Sono dette tensostrutture quella classe di sistemi costruttivi i cui elementi sono soggetti prevalentemente a sforzo di trazione. Sono sistemi resistenti in cui gli elementi sottili (funi o membrane) costituiscono la parte preponderante della costruzione e che si combinano con i rimanenti elementi, compressi, inflessi o presso-inflessi, per realizzare un organismo con comportamento resistente e stabile. (Majowiecki [2], 1985)

Ripercorrendo la storia alla ricerca delle prime applicazioni di questa tecnologia, si può constatare facilmente come essa non sia stata utilizzata diffusamente in anni remoti solo per la mancanza di materiali capaci di sopportare trazioni rilevanti. Unici esempi passati sono le corde di liana che gli antichi usavano per sostenere le passerelle sopraelevate e questa è la dimostrazione di quanto sia arcaica l’intuizione della fune come elemento portante.

Solo con la fine del XIX secolo, ovvero con le prime produzioni di cavi di acciaio ad alta resistenza e con la successiva introduzione dei materiali plastici usati ancora nelle odierne tensostrutture a membrana, iniziano ad affacciarsi nel mondo le prime proposte di una certa importanza. La prima applicazione si ritrova a Melbourne, nel 1958, per la copertura del Sidney Myer Music Bowling il cui tetto consisteva di una tensostruttura a membrana. Questo concetto è stato in seguito sviluppato dall’architetto tedesco Frei Otto che scelse questa tecnica costruttiva per la costruzione del Padiglione Tedesco alla Expo ’67 e per lo Stadio Olimpico di Monaco di Baviera per le Olimpiadi del 1972. Le più famose tensostrutture di recente realizzazione sono il Millennium Dome di Londra, il Pontiac Silverdome, l’Aeroporto di Denver e l’Aeroporto della Mecca.

Parlando a grandi linee, si definiscono strutture pesanti quelle in cui il rapporto fra peso portato (= carico utile) p e peso portante (= peso proprio delle masse strutturali) g è minore di uno (p/g << 1), viceversa si chiamano strutture leggere quelle in cui il rapporto fra peso portato e peso portante risulta maggiore di uno (p/g >> 1). Le moderne costruzioni, qualunque sia il sistema costruttivo utilizzato, presentano un notevole incremento di tale rapporto rispetto alle costruzioni antiche (basti pensare alle migliorie intervenute passando dalla tecnologia del cemento armato a quella del cemento armato precompresso, per finire infine all’acciaio), ma con le tensostrutture si arriva a dei valori di tale rapporto impensabili

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con le tecnologie tradizionali; basta osservare come con un peso proprio dell’ordine di 1 kg/mq si riescono facilmente a sopportare sovraccarichi di entità almeno cento volte superiori. Quindi l’utilizzo di tensostrutture rende finalmente possibile realizzare architetture sospese, fino a pochi decenni addietro destinate a rimanere delle pure utopie. A tal proposito, non appare inutile citare le parole di Italo Calvino quando nel suo testo: “Le Città Invisibili”, ora implicitamente ora esplicitamente, si faceva interprete della discussione sulla città moderna:

“C’è un precipizio in mezzo a due montagne scoscese:

la città è sul vuoto, legata alle due creste con funi e catene e passerelle [ … ] sospesa sull’abisso, la vita degli abitanti d’Ottavia è meno incerta che in altre città. Sanno che più di tanto la rete non regge”, ecc., ecc.,

quindi architettura sospesa come architettura dei nostri giorni che è in continua evoluzione e sviluppo; per cui le tensostrutture rappresentano l’architettura di oggi e quella di domani. 1.2 Le tensostrutture a rete di funi: principi statici

Da un punto di vista tecnico, fanno parte delle tensostrutture le strutture strallate, i sistemi sospesi, le travi di funi e le reti di funi. Sebbene i materiali siano gli stessi, il loro funzionamento statico è però molto diverso.

Le coperture strallate risalgono agli anni intorno alla metà del secolo diciannovesimo. Il sistema costruttivo prevede l’impiego di elementi lineari (realizzati da barre, catene o funi in acciaio) soggetti a soli sforzi di trazione per sostenere in modo discontinuo un impalcato sottostante che funziona da copertura. Tale sistema si presta ottimamente per quelle costruzioni che prevedono la copertura di luci moderate o grandi con il minor numero di appoggi intermedi come avviene per le aviorimesse in cui il requisito progettuale fondamentale è quello di disporre di un notevole spazio completamente libero per la movimentazione dei velivoli.

Nei sistemi sospesi le funi non presentano una configurazione rettilinea bensì curvilinea determinata dalla distribuzione dei carichi (curva funicolare). A seconda della disposizione del carico, la struttura può prevedere due differenti sistemi di collocazione del manto di copertura, sia inferiormente che superiormente alle funi. Nel primo caso la copertura è appesa alle funi portanti mediante dei tiranti verticali (come nei ponti sospesi), nel secondo

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Le reti di funi disposte secondo una preordinata maglia (quadrata, rettangolare, triangolare, esagonale ecc., per citare almeno i tipi più diffusi), permettono di realizzare suggestivi effetti architettonici. La copertura è sospesa e le funi hanno da sole sia la funzione portante che quella di controvento. Tali strutture dalla forma libera creano immagini architettoniche altamente suggestive. Un esempio notevole è offerto dalla copertura del Parco Olimpico di Monaco. Tutte le parte restanti della copertura, eccetto l’ossatura di bordo, svolgono invece semplici compiti di rivestimento, finitura ecc.. Con le reti di funi si arriva al miglior impiego funzionale dell’acciaio e alle più alte prestazioni delle coperture poiché la completa eliminazione degli elementi compressi allontana ogni fenomeno di instabilità e le sezioni resistenti possono essere ridotte al minimo.

Nelle travi di funi il funzionamento delle reti è in genere affidato a due serie di funi: la prima serie, chiamata convenzionalmente delle “funi portanti”, reagisce ai sovraccarichi diretti verso il basso mentre la seconda serie, detta delle “funi stabilizzanti”, assicura il mantenimento della forma iniziale della rete attraverso uno stato di presollecitazione dell’intero sistema e garantendo la stabilità della struttura nei confronti delle azioni dirette verso l’alto. Mentre nelle travi piane le funi portanti e stabilizzanti si trovano in uno stesso piano, nelle reti queste sono situate in piani verticali distinti, non necessariamente ortogonali fra loro. Il vantaggio delle reti di funi è immediato perché la funzione di controvento diventa mutua e mentre le travate piane realizzano tale funzione solo nel loro piano, ora l’irrigidimento si estende al campo tridimensionale. Pertanto, i sistemi tradizionali di stabilizzazione come lo zavorramento o le nervature rigide, diventano inutili.

Un ulteriore pregio delle strutture a reti consiste nella possibilità di controllare il periodo di vibrazione del sistema tramite la pretensione iniziale. Inoltre, l’ingombro della struttura è ridotto al minimo in quanto il tutto si sviluppa in un’unica superficie continua di notevole bellezza architettonica e lo smaltimento delle acque è notevolmente semplificato.

Uno dei primi esempi di copertura a reti di fune è la Releigh Arena a Releigh (North Caroline, USA) realizzata da Nowichi, Severud e Dietrich nel 1952-54. Altri esempi che meritano di essere citati sono l’Auditorium dell’Università di Bruxelles; la copertura sospesa della Yale University Hockey Ingalls Rink e quella della piscina Olimpica di Tokyo.

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1.3 Le tensostrutture a membrana: caratteristiche tecniche

Fino ad ora sono state descritte reti con due soli ordini di funi sebbene esistano sistemi molto più complessi. Nel caso in cui tutte le funi hanno uguale curvatura e giacciono in piani verticali e paralleli tra loro si possono individuare subito le diverse funzioni statiche. Quando le geometrie dalle singole funi presentano dei cambiamenti di segno della curvatura o non giacciono in un unico piano oppure perché si ha l’introduzione di un terzo o quarto ordine di funi, allora si ha un rapido slittamento verso un tipo di struttura continua. Si arriva così ad un tipo di copertura di origine antichissima: la tenda. E’ facile individuare nelle abitazioni a tenda sia elementi costruttivi che accorgimenti tecnici simili alle moderne tensostrutture, ma anche le difficoltà costruttive rimangono comuni tra i costruttori delle suddette abitazioni e gli ingegneri delle odierne tensostrutture.

Le coperture a tenda sono oggi state rilanciate sul mercato sia per la presenza di materiali meno effimeri dei “teli” tradizionali, e quindi più resistenti alle azioni climatiche, sia per la possibilità di utilizzare fili di vetro o di acciaio di elevata resistenza che realizzano l’ossatura della tenda in grado di resistere alle elevate tensioni che si generano soprattutto nelle coperture di grandi luci. Esempi significativi sono il Padiglione della Musica all’Esposizione Ortofrutticola di Cassel, il Padiglione Polacco alla Fiera di Izmir e il Padiglione della Germania all’Esposizione di Montreal.

Le strutture a membrana si richiamano alle precedenti tessiture a funi considerando che la membrana non è altro che una rete formata da sottilissime funi. E’ possibile realizzare tensostrutture in cui la membrana assolve contemporaneamente ai compiti di supporto portante e di copertura. Per complessi edilizi molto impegnativi si è anche ricorso all’uso di membrane metalliche formate dall’intrecciarsi di sottilissime lamine in acciaio o in alluminio.

Solitamente le membrane sono di materiale sintetico, fibre di vetro rivestite di poliestere (PVC = Polivinilcloruro) per le sue elevate caratteristiche tecnico-prestazionali. E’ proprio il tessuto di base delle membrane che assicura le caratteristiche meccaniche della struttura. Le fibre legate tra loro in forma di fili, sono assemblate grazie al processo di tessitura continua con l’incrocio dei fili tra ordito e trama. Il filo comunemente usato è la fibra di poliestere ad alta tenacità, con vari titoli a seconda della resistenza richiesta.

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Una caratteristica importante dei tessuti in PVC è la trasmissione luminosa; il passaggio della luce può influenzare il risultato finale della struttura in presenza soprattutto di specifiche esigenze di luminosità. Le membrane totalmente trasparenti vengono generalmente realizzate con PVC tipo “cristal”. Altrettanto interessante è la possibilità di utilizzare tessuti che non lasciano passare la luce; questo permette di effettuare all’interno delle strutture allestimenti particolari (rappresentazioni teatrali o cinematografiche, convegni o riunioni, ecc…).

Grazie alle nuove tecnologie applicate alla realizzazione di membrane tessili è stato ideato un nuovo materiale in alternativa al tessuto poliestere, il Teflon (PTFE = Politetrafluoroetilene), anche accoppiato a tessuto in fibra di vetro, dalle ottime caratteristiche meccaniche, indicato per la realizzazione di strutture a carattere permanente. Il tessuto di base viene poi spalmato. La spalmatura rende il tessuto impermeabile e contiene tutti i prodotti necessari a caratterizzare la membrana per gli aspetti estetici e di resistenza agli agenti esterni ed al fuoco. La spalmatura consente anche la giunzione delle membrane tra di loro mediante termosaldature ad aria o ad alta frequenza. Il rivestimento ha lo scopo di proteggere la spalmatura dai raggi UV, allungandone così la vita e di consentire una migliore pulizia della membrana, punto essenziale per l’aspetto estetico e per la manutenzione del tessuto.

Nel settore delle membrane per l’architettura tensile, dai primi anni ‘90 vengono sempre di più impiegate vernici a base di PVDF (= Fluoruro di polivinilidene) un prodotto che consente di raggiungere risultati di gran lunga superiori rispetto alle vecchie vernici acriliche. La laccatura mantiene il tessuto pulito e brillante nel tempo, protetto dai raggi UV, sporcizia, erosione e da agenti atmosferici inquinanti. In alternativa all’uso di vernici in PVDF viene applicato sulla spalmatura un film di protezione, tra cui il più conosciuto è il “Tedlar” PVF. I tessuti in fibra di vetro impregnati solitamente di Teflon sono ideali per realizzazioni prestigiose e durature membrane grazie alla stabilità dimensionale della fibra di vetro e al potere autopulente del PTFE. La fibra di vetro può essere anche spalmata con silicone, una valida alternativa per le sue caratteristiche di repellenza allo sporco, reazione al fuoco senza l’aggiunta di additivi ignifuganti, durata e resistenza.

Per ogni tipo di materiale cambia anche la durata: le membrane tessuto/PVC acrilico standard hanno una durata di 8-10 anni, le membrane tessuto/PVC Tedlar e quelle

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tessuto/PVC PVDF ad alto spessore hanno una durata di 12-15 anni, le membrane Teflon/PTFE e strutture rivestite in silicone hanno una durata di 20-25 anni. La durata richiesta è da valutare rispetto al tipo di impiego previsto; per strutture itineranti e stagionali viene solitamente usato il tessuto semplice, per strutture permanenti vengono invece impiegati teli trattati più resistenti.

Le strutture a membrana sono snelle, leggere ed adattabili a forme architettoniche sempre più evolute e sono capaci di coprire grandi spazi senza interposizione di opere verticali di sostegno. Al fine di realizzare strutture stabili, la superficie delle membrane deve necessariamente essere a doppia curvatura, in particolare, la loro curvatura gaussiana deve essere negativa. Dal punto di vista matematico, la forma è quella di un paraboloide iperbolico, simile ad una sella, che si apprezza soprattutto nelle tensostrutture a vela.

Oltre alla membrana che ne rappresenta la parte più visibile, le tensostrutture devono la loro forma ad una struttura di contrasto, tradizionalmente costituita da carpenteria metallica. Soluzioni interessanti sono comunque ottenute anche con legno lamellare e tiranti in acciaio, quindi strutture adatte ad allestire grandi spazi espositivi, impianti sportivi e spazi aperti destinati a grandi manifestazioni.

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