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2 APPRENDIMENTO INDIVIDUALE E ORGANIZZATIVO

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APPRENDIMENTO INDIVIDUALE

E ORGANIZZATIVO

IN QUESTO CAPITOLO • Introduzione • L’apprendimento individuale • L’apprendimento organizzativo • Dall’apprendimento individuale all’apprendimento organizzativo • Il modello d’integrazione

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2.1 INTRODUZIONE

Tutte le organizzazioni apprendono, che lo vogliano o meno – è il requisito fondamentale perché continuino ad esistere. Alcune aziende deliberatamente progrediscono nell’apprendimento organizzativo sviluppando facoltà compatibili con i loro obiettivi, altre producono alcuno sforzo mirato e, dunque, acquisiscono abitudini che sono controproducenti. Ciò nonostante, tutte le organizzazioni apprendono.

Ma che cosa significa che le organizzazioni apprendono? Possiamo intendere apprendimento delle organizzazioni come una metafora derivata dalla nostra interpretazione dell’apprendimento individuale. Infatti, le organizzazioni apprendono proprio grazie ai loro componenti presi individualmente. Per questo fatto, teorie sull’apprendimento individuali sono cruciali per la comprensione dell’apprendimento dell’organizzazione.

In questa parte verrà trattato il processo di apprendimento attraverso il quale l’apprendimento individuale fa progredire quello delle organizzazioni. Per far ciò dobbiamo rivolgerci al ruolo dell’apprendimento individuale e dalla memoria, differenziare i livelli di apprendimento, considerare i diversi tipi di organizzazione, e specificare il meccanismo di trasferimento dell’apprendimento da individuale a collettivo.

Questo trasferimento costituisce il fondamento dell’apprendimento delle organizzazioni: il processo attraverso il quale l’apprendimento si imprime nella memoria e nella struttura di un’organizzazione. Per contribuire alla comprensione circa la natura dell’apprendimento dell’organizzazione.

2.2 L’APPRENDIMENTO INDIVIDUALE

L’importanza dell’apprendimento individuale per quello delle organizzazioni è ovvia ma anche sottile – ovvia perché tutte le organizzazioni sono composte da individui; sottile perché le organizzazioni possono apprendere indipendentemente

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da ogni singolo individuo ma non da tutti gli individui insieme. Esperti hanno fatto delle ricerche e analizzato attentamente l’argomento dell’apprendimento a livello individuale. Hanno fatto scoperte sulle limitazioni cognitive e sull’apparentemente infinita capacità della mente umana di imparare cose nuove. L’attenzione di Piaget sui processi di sviluppo cognitivo dei bambini ed il lavoro di Lewin sulla ricerca intervento e sugli esperimenti di laboratorio, hanno dimostrato molto su come apprendiamo singolarmente e nell’ambito della collettività. Alcune di queste teorie sono basate sul comportamento fondato su stimolo e risposta. Numerose altre teorie sono state proposte, discusse e sperimentate come quella di Palov sul condizionamento classico, quella di Skinner sul condizionamento degli stimoli esterni, quella di Toleman sull’apprendimento dei segni; teoria di Gestalt, e la psicodinamica di Freud. Cominciamo dall’inizio: abbiamo bisogno di una definizione comune di apprendimento sulla quale riflettere.

2.2.1 Un’idonea definizione di apprendimento

Jaques ha notato che molte parole nell’ambiente dello sviluppo delle organizzazioni, come “manager”, “pianificazione” e “lavoro”, vengono definite male. Queste parole hanno talmente tanti significati da avere soltanto il valore di vaghi slogan. È questo il caso della parola “apprendimento”, un termine il cui significato varia ampiamente a seconda del contesto in cui è calato.

2.2.1.1 Livelli di apprendimento operativo e concettuale

La definizione del vocabolario dice che l’apprendimento è “l’acquisizione di conoscenza e capacità” . Cosi la parola apprendimento racchiude due significati:

1. acquisizione di capacità (know how), che implica l’abilità fisica di produrre alcune azioni,

2. l’acquisizione di know-why, implica la capacità di articolare una conoscenza concettuale di un’esperienza.

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Numerosi teorici realizzano questa connessione tra pensiero e azione. Argyris e Schon1 ritengono che l’apprendimento si realizzi soltanto quando una nuova conoscenza viene tradotta in comportamento diversificato che è ripetibile.

Per Piaget la chiave dell’apprendimento sta nella reciproca interazione fra accomodamento (adattare il nostro modo di pensare basate sulle nostre esperienze nel mondo) ed assimilazione (integrare la nostra esperienza nel già esistente modo di pensare). Come sostiene Kolb2: “l’apprendimento è il processo nel quale la conoscenza si crea attraverso la trasformazione dell’esperienza”. Cosi entrambe le parti della definizione sono importanti: ciò che la gente apprende how) e come interpreta ed applica tale apprendimento (know-why).

L’apprendimento può essere definito come l’accrescimento della capacità di ognuno di intraprendere azioni efficaci.

Un altro modo di intendere i due aspetti può essere l’apprendimento operativo e contettuale. Questa distinzione è una parte importante del modello qui sviluppato.

1

Chris Argyris and Donald A. Schon, Organizational Learning II: Theory, Method, and Practice, Reading, Massachusetts: Addison-Wesley, 1996

2

D. Kolb Experiental Learning. Englewood Cliff NJ, Prentice-Hall, 1984.

Osservazioni e riflessioni

Sperimentazioni delle implicazioni dei concetti di nuove situazioni

Esperienza concreta Formazioni

di concetti

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2.2.2 Un modello sull’apprendimento basato sull’esperienza

La teoria dell’apprendimento basata sull’esperienza è la scuola di pensiero meglio concilia questi due aspetti dell’apprendimento. Uno dei teorici associati a questa scuola è Lewin, in cui il ciclo di apprendimento è presentato dalla fig.1. Come lo descrive Lewin, una persona agisce in continuazione attraverso cicli basati sulla ricezione di esperienza concreta, sul produrre osservazioni e riflessioni si quest’esperienza, sul formatore concetti astratti e generalizzazioni basate su tali riflessioni, e sullo sperimentare queste idee in situazioni nuove, il che porta ad un’altra esperienza concreta. Questo ciclo è apparso in una moltitudine di contesti. Nella letteratura del management sulla qualità totale (TQM) si mostra come il ciclo PDCA di Deming3. Deming stesso riferisce ad esso come al ciclo PDSA (pianifica, fai, studia e agisci) di Shewhart. Nello sviluppo organizzativo Schein definisce la sua versione come il ciclo osservazione-reazione-giudizio-intervento. Argyris e Schon ci riferiscono un ciclo di apprendimento invenzione-produzione generalizzazione. Con il rischio di aggiungere confusione, ho basato il mio modello di apprendimento individuale sulla versione di Kofman del ciclo di apprendimento, mostrato nella Fig.2.

3

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Il ciclo Osservazione-valuta-progetta-implementa (OADI)4 mantiene le caratteristiche salienti delle versioni appena menzionate, ma i termini delle connessioni più chiare con le attività condotte in un contesto organizzativo. Nel ciclo OADI, le persone vivono delle esperienze concrete e osservano attivamente ciò che accade. Esse valutano la loro esperienza riflettendo sulle loro osservazioni, e poi progettano o costruiscono un concetto astratto che sembra essere una risposta appropriata alla loro valutazione. Verificano la validità della loro progettazione implementandola nel mondo concreto, il che porta ad una nuova esperienza, dando origine ad un nuovo ciclo.

2.2.2.1 Il ruolo delle memoria

Sebbene il ciclo OADI ci aiuti a capire l’apprendimento, risulta incompleto per i nostri propositi. Esso si rivolge esplicitamente alla memoria5 che svolge una parte critica nell’unire l’apprendimento individuale a quello organizzativo.

4

H.P. Sims et al. The thinking organization, (San Francisco: Jossey Bass, 1986)

VALUTA (Riflessioni)

IMPLEMENTA (verifica dei concetti)

OSSERVA esp.concreta PROGETTA

Concetti astr.

FIG.2 Il ciclo OSSERVA-VALUTA-PROGETTA-IMPLEMENTA dell’apprendimento.

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Integrare il ruolo della memoria ci richiederà di distinguere più esplicitamente l’apprendimento concettuale da quello operativo. La ricerca psicologica pone la distinzione fra apprendimento e memoria.

L’apprendimento ha più a che fare con l’acquisizione, mentre la memoria ha più a che fare con il trattenere quanto acquisito. In realtà, comunque, separare i due processi è difficile poiché sono saldamente interconnessi: ciò che abbiamo memorizzato condiziona ciò impariamo e ciò che impariamo condiziona la nostra memoria. Il concetto di memoria è comunemente considerato analogo ad un meccanismo di immagazzinamento per cui tutto ciò che recepiamo e sperimentiamo viene archiviato. Tuttavia, dobbiamo differenziare la memoria cumulativa dalle strutture attive che condizionano il nostro processo di pensiero e le nostre azioni.

Cioè, abbiamo bisogno di capire il ruolo della memoria nello stesso processo di apprendimento. Un buon modo di comprendere queste strutture attive è il concetto dei modelli mentali.

2.2.2.2 Modelli mentali individuali

Nella fig.3 i modelli mentali sono aggiunti al ciclo di apprendimento OADI. Senge descrive i modelli mentali come immagini interne saldamente trattenute di come funziona il mondo, le quali hanno una considerevole influenza su quanto facciamo poiché condizionano anche quanto vediamo.

Possono nascere problemi quando compiamo delle azioni sulle basi dei nostri modelli mentali come se corrispondessero alla realtà. Il concetto dei modelli mentali differisce dalla nozione tradizionale della memoria come magazzino statico, poiché hanno una parte attiva in ciò che un individuo vede o fa.

I modelli mentali rappresentano l’interpretazione di ognuno del mondo, inclusi i meccanismi di discernimento impliciti o espliciti. Essi forniscono l’ambito in cui osservare e interpretare il materiale nuovo e determinano quale informazione immagazzinata sia rilevante in una situazione specifica. Essi costituiscono, più

5

D.H. Kim, The link between Individual and Organizational Learning, Sloan Management Review Fall, 1993.

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che una collezione di idee, memorizzazioni ed esperienze; essi sono come il codice del sistema operativo di un computer, gestori ed arbitri nell’acquisire, trattenere, usare e cancellare nuove informazioni.

E sono ancora di più perché simili ai programmatori di questo codice che hanno sia il know how per progettare codici differenti, che know-why per sceglierne uno anziché un altro.

I modelli mentali non soltanto ci aiutano a dare un senso al mondo che vediamo, ma possono limitare anche il nostro discernimento a ciò che dà un senso nell’ambito del modello mentale.

2.2.2.3 Strutture e routine

I due livelli di apprendimento - contettuale ed operativo – possono essere legati a due parti dei modelli mentali. L’apprendimento operativo è a livello procedurale, una persona impari i passaggi per completare un compito particolare.

Apprendimento individuale osserva progetta Implem valuta CONCETTUALE OPERATIVO Mod. mentali

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Questo know-how viene catturato come una routine, come compilare documenti, far funzionare una parte di un impianto, operare su un quadro di comando e riatttrezzare una macchina. Non soltanto l’apprendimento operativo accumula e cambia routine, ma anche le routine condizionano il processo di apprendimento operativo.

Nel diagramma le frecce che vanno un entrambe le direzioni rappresentano questa influenza reciproca. L’apprendimento concettuale ha a che fare in primo luogo con la riflessione sul perché le cose vengono fatte, qualche volta sfidando la reale natura o l’esistenza delle condizioni, delle procedure o dei concetti che predominano e portando a nuove strutture nel modello mentale. Le nuove strutture6, a loro volta, possono aprire la strada ad opportunità per distinti passaggi di miglioramento ristrutturando un problema in modi radicalmente nuovi.

Per rendere più chiare le dinamiche dell’unione tra apprendimento e modelli mentali consideriamo il semplice esempio di guidare la macchina verso casa dal luogo di lavoro.

La maggior parte di noi conosce molte strategie per andare a casa. Il percorso che usiamo più spesso è stato scelto in base alle convinzioni che rendono una strada migliore per andare a casa. Questi sistemi di convinzione costituiscono le strutture che guidano la nostra scelta nel preferire una strada con il minor numero di semafori ad un’altra con un miglior panorama. Una volta stabilito un itinerario questo diventa una routine che eseguiamo ogni volta che desideriamo tornare a casa. Possiamo guidare come se esistesse un pilota automatico. Se pero incontriamo dei lavori in corso che bloccano il nostro normale percorso o se questo diventa eccessivamente trafficato, ripensiamo all’idea che abbiamo su quello che vuol dire essere la miglior strada per tornare a casa e ne selezioniamo una nuova.

Dunque questo è il nostro modello di apprendimento individuale, un ciclo di apprendimento concettuale ed operativo che viene informato dai modelli mentali.

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3. APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO

L’apprendimento organizzativo7 è più complesso e dinamico di quella che è la mera magnificazione dall’apprendimento individuale. Il livello di complessità cresce tremendamente quando passiamo da un singolo individuo ad un insieme di diverse persone. Le istanze di motivazione e ricompensa, che sono la parte integrale dell’apprendimento umano, diventano doppiamente complicate nell’ambito delle organizzazioni. Sebbene il significato della parola “apprendimento” rimanga essenzialmente lo stesso che nel caso individuale, il processo di apprendimento è fondamentalmente diverso a livello di organizzazione, poiché questo deve riuscire ad impartire potenzialità di intelligenza ed apprendimento ad un’entità non umana senza antropomorfizzarla.

2.3.1 Dilemma dell’apprendimento individuale e delle organizzazioni

Cosa intendiamo con apprendimento delle organizzazioni? L’apprendimento dell’organizzazione appena nata è spesso sinonimo di apprendimento individuale poiché essa è costituita da un esiguo numero di persone ed ha una struttura minima. Non appena questa si sviluppa emerge una distinzione tra apprendimento individuale e dell’organizzazione e evolve un sistema per catturare l’apprendimento dei suoi membri intesi come individui singoli.

Argyris e Schon8 hanno posto uno dei principali dilemmi condiviso da tutti coloro che hanno trattato questo argomento: “c’è qualcosa di paradossale. Le organizzazioni non sono delle semplici collezioni di individui, eppur non esistono organizzazioni senza tali collezioni. Ugualmente, l’apprendimento delle organizzazioni non è un semplice apprendimento individuale, eppure le organizzazioni apprendono soltanto attraverso l’esperienza e le azioni dei singoli

7

N.Dixon, The Organizational Learning Cycle, Developing Organization Series, McGraw-Hill,1994.

8

Argyris C. - Schon D.A. (1995), Organizational Learning: Theory, Method, and Practice, Addison & Wesley Publication, Palo Alto, CA.

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individui. Cosa dobbiamo allora fare per l’apprendimento delle organizzazioni? Qual è l’organizzazione che può apprendere?”.

Chiaramente un organizzazione apprende attraverso le singole persone e, dunque, è condizionata sia direttamente che indirettamente dall’apprendimento individuale. Argyris e Schon9 presentano una teoria attraverso la quale l’apprendimento si realizza tramite individui le cui azioni vengono basate su un insieme di azioni condivise.

Essi ritengono che molte organizzazioni abbiano idee condivise che proteggono lo status quo, trattengono la gente dallo sfidare le qualità e le caratteristiche problematiche o difficili degli altri e che danno origine ad un silenzioso assenso a quelle attribuzioni; con tale apprendimento è possibile un apprendimento molto limitato. Ad esempio, quando messa a confronto con la tendenza di un leader a sopprimere qualsiasi opposizione, la gente tende ad accettare con rassegnazione come “il modo di essere X”, anziché evidenziare le occasioni in cui si verifica la soppressione.

Inoltre diamo per scontato che una persona sia consapevole e lo faccia di proposito, oppure riteniamo che non voglia parlare. Non rendiamo espliciti i nostri modelli mentali. Non verifichiamo la validità delle nostre assunzioni con tale persona. Ogni qual volta interagiamo con la gente, sappiamo che tenderanno a sopprimere, cosi agiamo in modo da rendere loro la cosa più facile.

C’è molto poco accordo su ciò che costituisce un apprendimento “appropriato”, su quelle azioni o lezioni che dovrebbero essere incorporate nella memoria di un’organizzazione.

Le routine delle organizzazioni, intese come procedure operative standard (SOPs), sono generalmente viste come una parte importante della memoria delle nostre organizzazioni ed un deposito del suo apprendimento passato. Tuttavia, alcuni ritengono che le SOPs possano essere pericolose perché possono diventare così istituzionalizzate da rallentare la ricerca di nuove procedure quando l’ambiente cambia radicalmente. Questi teorici sostengono i minimi livelli di consenso, soddisfazione, ricchezza, fiducia, coerenza e razionalità. Levitt e

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March, d’altra parte avvertono che tale situazione può portare la gente a commettere errori più velocemente, ad esempio, specializzandosi prematuramente in tecnologie inferiori. In realtà, per un certo aspetto, entrambi i punti di vista sono corretti; il punto centrale della questione è capire quando le routine delle organizzazioni come le SOPs siano appropriate e quando no.

Come sostiene Winter:

la competenza standardizzata chiaramente non determina disattenzione verso le considerazioni che esulano dallo scopo delle routine; infatti renderebbe possibili più alti livelli di attenzione verso queste considerazioni assunte dalle routine e migliori le prestazioni determinate da queste, minore è il numero di coloro che ricordano che qualcosa che sta al di fuori delle competenze standardizzate può talvolta essere utile o anche essenziale per sopravvivere.

Ma come un’organizzazione decide quando le routine prima appropriate non indicano più le azioni corrette da compiere? Può un organizzazione anticipare l’obsolescenza delle proprie SOPs, o deve sempre prendere decisioni sbagliate di fronte a condizioni mutate? Questi sono o tipi di problemi che un modello di apprendimento organizzativo deve affrontare.

2.3.2 Organizzazioni come sistemi comportamentali

Simon propose la seguente ipotesi: “un uomo visto come un sistema comportamentale, è piuttosto semplice. L’apparente complessità del suo comportamento nel tempo è largamente dovuta alla complessità dell’ambiente in cui egli si trova”.

Questa prospettiva comportamentistica può essere estesa alle organizzazioni. Per esempio, Cyert e March10 vedono l’organizzazione come un sistema razionale adattivo che impara dall’esperienza. Un’azienda che cambia il suo comportamento in risposta a veloci feedback provenienti dall’ambiente secondo alcune regole ben definite e si adatta a quelli di lungo termine sulla base di regole

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più generali. Da qualche parte della gerarchia, essi suggeriscono, si trovano le “regole di apprendimento”.

March e Oslen fanno una distinzione tra azione individuale e azione organizzativa nel modello di apprendimento organizzativo (vedi fig.4). In questo modello, le azioni individuali sono basate su certe credenze individuali. Queste azioni, a loro volta, conducono all’azione organizzativa, che produce delle risposte ambientali.

Il ciclo è completo quando la risposta organizzativa influenza la credenze individuali. Tracciando questo cerchio, vediamo che se la risposta organizzativa è statica e immutabile, le credenze e le azioni individuali rimarranno immutate. Se ci sono modifiche nell’ambiente, tuttavia, le credenze individuali sul contesto potrebbero cambiare, stimolando cosi un insieme differente di azioni individuali e organizzative. Ciò genera un nuovo ciclo di apprendimento.

Il modello di March e Olsen so occupa anche del problema dei cicli di apprendimento incompleti, dove l’apprendimento a fronte di contesti mutevoli è danneggiato in quanto uno o più dei legami è debole o guasto. Essi identificano 4 casi in cui il ciclo di apprendimento è incompleto e conduce ad un apprendimento disfunzionale.

L’apprendimento vincolato dal ruolo può manifestarsi nel momento in cui l’apprendimento individuale non ha effetti sulle azioni individuali, perché il cerchio è interrotto dai vincoli imposti dal ruolo individuale. L’apprendimento dell’auditorio avviene quando l’individuo influenza l’azione dell’organizzazione in modi ambigui.

Nell’apprendimento superstizioso il legame tra azione organizzativa e risposta dell’ambiente è sussistente. Cosi, le azioni sono intraprese, le risposte osservate, vengono trattate inferenze, e l’apprendimento ha luogo, ma non esiste una base reale sulla quale commettere l’azione organizzativa con la risposta ambientale. Con l’apprendimento in condizioni di incertezza, individuo influenza l’azione organizzativa, che influenza l’ambiente, ma le connessioni causali tra gli eventi non sono chiare. In altre parole, siamo in presenza di apprendimento operativo, ma non si apprendimento concettuale.

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L’efficace apprendimento organizzativo richiede un bilanciamento tra apprendimento operativo e concettuale.

(Fig. 4)

2.3.3 L’organizzazioni come sistemi d’interpretazione

La logica comportamentistica di cui sopra è coerente con quella dell’organizzazione come sistema d’interpretazione, Daft e Weick propongono un modello che rappresenta l’intero processo di apprendimento di un organizzazione: esplorazione, interpretazione e apprendimento (fig.5). L’esplorazione implica il monitoraggio e la raccolta di dati relativi all’ambiente. L’interpretazione e il processo di interpretazione degli eventi e di sviluppo di concetti con la comprensione già esistente dell’ambiente. L’apprendimento è la conoscenza delle interrelazioni tra azioni organizzative e l’ambiente, cosi come delle azioni intraprese sulla base di tali conoscenze.

Sebbene Daft e Weick11 paragonavano l’interpretazione del processo attraverso il quale un individuo apprende qualcosa di nuovo, io separerei ancora know-how

11

Daft, Richard L. and Karl E. Weick. “Toward a Model of Organizations as Interpretation Systems”, Academy of Management Review, 1984

Azione individuale Risposta ambientale Azione organizzativa Credenze individuali Apprendimento vincolato dal ruolo Apprendimento dell’uditorio Apprendimento superstizioso Apprendimento in condizioni di incertezza

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da know-why e direi che l’interpretazione avviene più a livello concettuale che a livello operativo.

L’asse orizzontale, l’intrusività organizzativa, è una misura della volontà organizzazione – vista indiretta, vista incondizionata e scoperta ed azione – mostrata dalla figura 6.

Vista indiretta

Interpretazioni vincolate. Dati informali e non di routine. Sospetti, disturbi, opportunità

Azione

Sperimentazione, prova, coercizione, creazione dell’ambiente.

Learning by doing

Vista condizionata

Interpretazioni all’interno dei confini tradizionali.

Scoperta passiva.

Dati formali e di routine.

Scoperta

Ricerca formale.

Porre domande, fare inchieste, raccogliere dati.

Scoperta attiva.

L’asse orizzontale, l’intrusività organizzativa, è una misura della volontà dell’organizzazione di guardare oltre i propri confini. Per esempino, gli sforzi di un’azienda che si concentra sulla tecnologia, possono essere diretti verso l’interno (ricerca intensiva nella tecnologie di base), mentre gli sforzi di un’azienda che si concentra sul mercato sono diretti all’esterno (gruppi di clienti e indagini di mercato).

I due assi rappresentano le assunzioni dell’organizzazione circa il mondo ed il suo ruolo in esso, la combinazione dei quali indica la visione del mondo delle

Apprendimento (azione intrapresa) Interpretazione (significato degli eventi) Esplorazione (raccolta dati) Intrusività organizzativa A ss u n zi o n i ci rc a l’ am b ie n te Figura 5 Figura 6 analizzabile Non analizzabile attiva passiva

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organizzazioni o Weltaschauung. Una Weltaschauung dell’organizzazione determina come essa interpreta le risposte ambientali, se reagirà ad esse, e quali specifici mezzi utilizzerà nel caso decidesse di agire.

Il legame mancante: dall’apprendimento dell’individuo a quello dell’organizzazione

Varie teorie organizzative si sono basate sulle teorie dell’apprendimento individuale.

Tuttavia se non viene resa esplicita la distinzione tra organizzazione e individuo, un modello di apprendimento organizzativo oscurerà il reale processo di apprendimento ignorando l’individuo (un’organizzazione antropomorfizzata) oppure diventerà una semplicissima estensione dell’apprendimento individuale che dimentica la complessità organizzative.

Il modello Daft e Weich delle organizzazioni come sistemi di interpretazione non tratta esplicitamente degli attori individuali. Il modello di March e Olsen ignora le interpretazioni tra l’apprendimento individuale e quello a livello organizzativo. Nel loro modello, l’apprendimento individuale è guidato in primo luogo dalle risposte ambientali, e l’apprendimento organizzativo avviene quando l’intero ciclo è completo. Ciò implica che esso deve essere guidato in qualche misura da ciò che accade e quindi non spiega che tipo di apprendimento vi sia in un azienda, indipendente dall’ambiente esterno.

Altri teorici paragonavano l’apprendimento organizzativo alle azioni di un gruppo di individui, come gruppo di individui, come gruppi di dirigenti. Essi non identificano un esplicito processo di trasferimento attraverso il quale l’apprendimento individuale è trattenuto dall’organizzazione. Perciò se gli individui dovessero andarsene, l’organizzazione probabilmente soffrirebbe una tremenda perdita nella sua capacità di apprendere.

2.4 DALL’APPRENDIMENTO INDIVIDUALE ALL’APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO

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Un efficace punto di partenza per passare dall’apprendimento individuale a quello organizzativo è rappresentato dal collegamento tra complessità e apprendimento. La complessità produce instabilità, che a sua volta accresce l’esigenza di creare conoscenza e dare significato agli eventi, perché si possa governare la complessità stessa. Queste azioni, però, spesso finiscono per incrementare l’instabilità del processo, riavviando cosi il movimento ciclico. Allora i processi di crescita e ridimensionamento della complessità sono, di fatto attivati dall’organizzazione e da esso strettamente dipendenti, in forza del fatto che l’apprendimento deve essere maggiore del cambiamento dell’ambiente esterno. Complessità e apprendimento sono dunque categorie concettuali strettamente collegate. In questa direzione ci viene a supporto la teoria dei livelli di apprendimento di Bateson12 (1976). Nella terminologia utilizzata dall’autore, l’apprendimento è correlato al grado di cambiamento che genera, in forza del contesto in cui si trova ad operare. Il livello zero si riferisce alla pura ricezione delle informazioni, senza possibilità di correzione, mentre si genera il tipo 1 quando è possibile scegliere entro una gamma di alternative considerate ed al livello 3 rappresenta la capacità di modificare le stesse strategie d’apprendimento. Applicata al tema che qui interessa, questa impostazione identifica 4 forme di apprendimento:

Ø di consolidamento: il fare meglio cose note, definisce un comportamento meccanicamente adattivo, di affinamento di percorsi già definiti.

Ø Incrementale: il fare in più modi cose analoghe, implica la logica sperimentativa, per associazione di idea in contesti simili;

Ø Radicale: avviene nel cambiamento dello scenario, ad esempio in un nuovo contesto tecnologico che si richiede l’utilizzo di un diverso approccio.

Ø Ad apprendere: influisce sul processo conoscitivo, e non tanto sulle soluzioni, indica un atteggiamento, un abitudine a sperimentare il cambiamento; data questa sua caratterizzazione, può essere solo da soggetti raziocinanti.

12

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Due sono gli elementi di maggior interesse scaturenti da questa analisi. La definizione dei livelli prescinde dalla natura del soggetto: essa si limita a descrivere l’apprendimento individuale, in quanto riferibile ad una entità singola. In seconda istanza, essa evidenzia, la complessità del modo di conoscere e fa lo sforzo di strutturare il rapporto tra la conoscenza e comportamenti del soggetto, focalizzando l’attenzione verso il processo di apprendimento e non tanto sui contenuti, che diventano secondari rispetto a come vengono assimilati (C. Kaneklin – G. Aretino, 1993).

Da un’altra prospettiva giungono osservazioni che ben si integrano con l’analisi dei meccanismi conoscitivi, Kolb (1984) propone l’idea dell’apprendimento che si svolga in 4 fasi (come visto nei paragrafi precedenti) tutte indispensabili affinché si possa avere un vero apprendimento. Tale articolazione identifica stili e metodi da coltivare nell’insieme – dal punto di vista dell’organizzazione – può utilmente essere impiegata in correlazione alle diverse propensioni soggettive a concentrarsi sui contenuti di una fase, per impostare le metodiche di organizzazione del lavoro.

L’action learning13 di Revans (1982)14 evidenzia le condizioni soggettive che stanno alla base dell’apprendimento individuale. Innanzitutto, la persona deve

13

Action Learning = Action learning is a specific process for workplace-based professional development that has grown out of the work Reg Revans (see, for example, Revans 1980; 1982 and 1983). It has been widely used in British industry since about 1945 (Keys 1994), and has spread to Continental Europe (especially Scandinavia) and other parts of the world. The term is sometimes with broader meanings, to include a range of ways action learning principles have been adapted to more or less different processes (see Pine 1989), but in the interests of clear communication, it is best to use the term to refer to the work of Revans and his successors.

Action learning is different from mainstream training, education and professional development. The main objective is to learn how to ask appropriate questions in conditions of risk, rather than to answer questions that have been defined by teachers, and do no allow for ambiguous responses because the examiners know the approved answers (Revans 1982: 65). Action learning always involves groups of people (learning sets) working on real workplace problems. It is about people learning to solve problems at work, from experience through reflection and action.

While action learning is individually focused, it uses a small group, known as a 'learning set', which provides a forum where set member's ideas can be challenged in a supportive environment.

Action learning is an iterative, experiential process, involving a cyclical notion of learning. The elements of the cycle are:

- an action;

- reflection - considering of the effects, successful and unsuccessful, of that action; - generalizing - identifying new learning from this experience, that can be applied; and - planning - on the basis of generalizations, deciding how to act in the future (Preston and

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mettere in gioco se stessa; per incidere sul cambiamento dell’ambiente, deve voler apprendere, essere mossa dal proprio interesse; in un contesto di motivazione, la capacità fondamentale è rappresentata da intuizione, dal saper formulare le domande, (particolarmente quando la conoscenza già codificata non basta, come è tipico accada nelle realtà competitive odierne). L’applicazione al management di questi principi implica che sia il manager a porsi in un atteggiamento adeguato e che l’assolvimento dei suoi compiti – definizione degli obiettivi aziendali, loro perseguimento e verifica del grado di raggiungimento – non possa prescindere dalla predisposizione mentale al cambiamento: del resto il cuore della learning è il management. Sono la sua convinzione, la sua consapevolezza e la sua volontà a definire la possibilità di esistere.

Vale a questo punto precisare che l’apprendimento costituisce un processo evolutivo, sempre per l’individuo e a certe condizioni per l’organizzazione. La teoria dell’apprendimento evolutivo considera una pluralità di processi conoscitivi, che definiscono, selezionano e modificano i comportamenti e le routine, nella continua tensione tra spinta conservatrice ed innovatrice. La ciclica alternanza tra le due forme spiega anche il rapporto tra l’azione che produce apprendimento e l’apprendimento che diventa a sua volta azione: è il contesto dell’agire che si genera apprendimento. Da questa prospettiva, è opportuno richiamare l’attenzione sulla varietà dei processi cognitivi coinvolti nella trasformazione del repertorio di base: variazione, selezione e ritenzione costituiscono i tre momenti dell’apprendimento evolutivo che consentono di mantenere un equilibrio dinamico, dall’esito incrementale e, quindi, cumulativo (M. Warglien, 1990).

Utile risulta inoltre risulta la distinzione, ripresa dall’efficace rassegna critica di F. Malerba (1988). Essa si riferisce al luogo d’origine dell’apprendimento:

While all elements of the cycle are necessary for the action learning process to take place, the notion of reflection is particularly crucial to an understanding of action learning: Action learning is based on the relationship between reflection and action

- reflection is the essential link between past action and more effective future action - reflection is a necessary precursor to effective action and

- learning from experience can be enhanced through deliberate attention to this relationship (McGill and Beaty 1996, p21).

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interno o esterno d’impresa. Normalmente si ritiene che l’apprendimento individuale interno avvenga secondo tre modalità principali:

Ø Tramite l’utilizzo Ø Per esperienza Ø Da ricerca

Ciascuna implicante un certo grado di intenzionalità e quindi di consapevolezza da parte del soggetto. Le forme esterne, che si innestano efficacemente solo sui modi interni già collaudati, sono di 3 tipi: da imitazione, interazione e cooperazione.

Il percorso d’apprendimento da utilizzo costituisce la forma più semplice ed evidente all’osservazione: attraverso l’uso, gli individui imparano a manovrare in modo adeguato impianti e macchinari di cui dispongono, sfruttano le informazioni sulla caratteristiche e sulle proprietà dai materiali e degli input utilizzabili. Il miglioramento del risultato, ottenuto attraverso la pratica e la ripetizione dell’attività, è stato descritto dalle curve d’esperienza. Quindi questo apprendimento implica una rielaborazione delle informazioni acquisite, in funzione di modificazioni, miglioramenti ed innovazioni incrementali sia nei prodotti che nei processi. Se il momento dell’esperienza sembra è per molti aspetti, inevitabile, non automatico è invece l’apprendimento: per imparare occorre un feedback riguardo l’accuratezza, la precisione e l’efficacia delle informazioni mobilitate.

La terza modalità, l’apprendimento da ricerca, sottende un forte grado di intenzionalità: l’obiettivo dichiarato è la produzione di nuove conoscenze. È un attività cumulativa, perché procede sulla base dei risultati già conseguiti, ed è irreversibile, perché successi e insuccessi rimangono nel patrimonio mnemonico del soggetto come riferimenti, anche involontari, per il successivo agire.

Si apprende dall’esterno per imitazione quando si rielaborano ai propri fini innovazioni prodotte da altri: non traducendosi in mera produzione, richiede obiettivi, risorse e capacità autonome.

(21)

L’apprendimento da interazione avviene tipicamente con l’instaurarsi di rapporti privilegiati tra impresa e i suoi interlocutori, mentre l’apprendimento da

cooperazione caratterizza i rapporti collaborativi.

L’insieme di questi tasselli consente di delineare e definire il tema dell’apprendimento organizzativo. Specialmente, diventa rilevante precisare in cosa esso di differenzi dall’insieme dei processi individuali, aventi luogo in una stessa organizzazione e in persone appartenenti all’organizzazione. La questione risulta ancora più interessante se si ricorda che per molti autori il trasferimento della conoscenza in routine, in regole e procedure, costituirebbe l’unica vera fonte di apprendimento in cui l’impresa è capace (A. Gozzi, 1995). L’apprendimento organizzativo rappresenterebbe, in tale prospettiva, il punto d’arrivo, di consolidamento del percorso conoscitivo. È opinione di chi serve che, al contrario, esso costituisce una forma autonoma, sia pur imprescindibilmente legata agli individui, esprimere la soggettività dell’impresa, la sua cultura ed il suo modo di formulare diverse strategie nei contesti competitivi che le interessano. In questo senso, esso si qualificherebbe come punto di un processo circolare. È necessario che il nuovo si consolidi, assumendo la forma del “noto”, per poter generare ulteriori sviluppi: ma è dal verificarsi di questi ultimi che dipende la dinamica competitiva dell’impresa.

La dimensione organizzativa interviene, ovviamente, quando la conoscenza – del singolo – si trasforma in risorsa collettiva, attraverso un processo di comunicazione e socializzazione: il termine sinergia ben descrive l’interazione tra i soggetti, dotati di diverse caratteristiche intellettive, con personali attitudini ad una maggiore o minore cooperazione, con un proprio bagaglio informativo, che conduce ad un risultato interessante per l’organizzazione (S. Micelli, 1995). Questo significa, innanzitutto, che l’apprendimento organizzativo e qualificabile come fenomeno relazionale (e in quanto tale si diffonde tramite un linguaggio condiviso) e deve essere supportato da un livello minimo di formalizzazione, tale da consentire i processi comunicativi stessi.

La sua strutturale natura di rapporto chiama in causa la capacità e volontà dialogica dei soggetti coinvolti e può, quindi, scontrarsi con le resistenze

(22)

dell’individuo a mettere in discussione le proprie mappe cognitive, vale a dire la rappresentazione, vale a dire la rappresentazione (semplificata) della realtà che seleziona quanto è rilevante e stabilisce nessi tra le parti (quindi, da ordine e senso all’ambiente) agendo ad un livello preconscio. Argyris e Schoen (1978) ben puntualizzano questa situazione., evidenziando la teoria dell’azione dichiarata15 e teoria in uso, che guida – a livello inconsapevole – il comportamento e gli atteggiamenti.

Attraverso la messa in comune, il confronto, lo scambio e la memorizzazione delle informazioni, competenze, modelli e approcci concreti si crea conoscenza condivisa, un nuovo ambito della potenzialità ed implicazioni, non necessariamente traducibile in cambiamenti comportamentali: anche in questo caso è il livello di interiorizzazione e di coscienza nelle scelte a maturare.

A questo punto diventa possibile una prima esplicazione del concetto di apprendimento organizzativo. Essa lo identifica con l’ampliamento dell’insieme delle decisioni assumibili dall’organizzazione (G.P. Huber, 1992): essa apprende, se si mette in condizione di agire (e non solo reagire) in modo diverso da come avrebbe potuto muoversi prima. Una definizione più articolata lo descrive come “capacità dell’organizzazione di analizzare e concettualizzare i propri successi e insuccessi, rivedere continuamente i propri indirizzi strategici e le routine consolidate, porre attenzione a tutti i segnali, provenienti dall’ambiente accettando e valorizzando visioni alternative rispetto al quelle dominanti, e soprattutto sperimentare sistematicamente innovazioni tecniche e innovative” (F. Miggiani, 1994).

Si ricomprende in questa accezione il processo di identificazione e correzione dell’ errore, che Argyris e Schoen (1978) consideravano qualificante l’apprendimento organizzativo. Specificamente, essi definiscono i concetti di apprendimento a fase singola e doppia16.

15

Azione dichiarata = quella che descrive in maniera “ufficiale” la vita ed i messaggi dell’individuo e/o dell’organizzazione.

16

Per l’apprendimento a fase singola si riferisce al processo che consente all’organizzazione di raggiungere obiettivi definiti, senza che questi vengano messi in discussione, anche al verificarsi di un errore che deve essere corretto (concetto di efficienza secondo l’apprendimento 2 di Bateston).

Per l’apprendimento a doppia fase interviene nella messa in discussione degli elementi fondanti le decisioni , coinvolgendo le mappe cognitive, sistema di valori e interessi delle persone (assimilabile

(23)

Turbolenza e discontinuità dell’ambiente in cui l’organizzazione opera spingono verso l’allargamento degli orizzonti e verso l’intensificazione degli sforzi, compreso il disapprendere il consolidato.

2.4.1 Evoluzione verso la Learning Organization

Lo sviluppo dell’impresa negli attuali e futuri contesti competitivi è sempre più garantito dall’apprendimento, quale modo per accrescere le conoscenza; apprendimento inteso in tutte le sue accezioni:lettura attenta dell’ambiente, recupero dell’esperienza, creazione delle memoria, capacità di creare innovazioni di ogni tipo, ma in particolare la gestione delle conoscenza.

La risorsa conoscenza utilizza la via dell’apprendimento per spostarsi lungo la traettoria (circolare) tra scienza, tecnologia e tecnica che muove dal generale al particolare e viceversa. In questa prospettiva, si rende necessario rafforzare la soggettività dell’apprendimento e creare condizioni affinché sia l’organizzazione in tutti i suoi punti nevralgici ad attivare sensibilità crescenti verso l’aumento della predisposizione ad imparare e modellarsi in funzione del suo divenire: diviene allora più pressante il passaggio dalla dimensione “metaforica” alla dimensione operativa, rivolta alla definizione ad un strumentazione gestionale che ne favorisca la concreta realizzazione e le possibilità di verifica in termini applicativi.

Gli aspetti caratterizzanti l’apprendimento organizzativo aiutano a meglio definirlo. I più rilevanti (in quanto coessenziali nel percorso di trasformazione verso un’organizzazione che apprende) paiono quattro: esistenza, ampiezza, complessità e completezza (G.P. Huber, 1992).

Un organizzazione apprende se una qualsiasi delle sue parti apprende qualcosa, che deve esserle almeno potenzialmente utile: in questo caso è possibile avvalersi di apprendimento organizzativo. Ugualmente l’ampiezza è misurata dal numero di unità che acquisiscono informazioni, ciascuna potendole finalizzare al proprio

all’apprendimento 3 del medesimo autore). La difficoltà delle organizzazioni di muoversi verso questo sistema è palese come lo è ancora di più la crescente e continuativa necessità di apprendimento che rimetta in discussione le premesse.

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compito. Quanto più la conoscenza è utilizzabile per ampliare i comportamenti potenziali, in un rapporto dialettico e costruttivo con le informazioni che affluiscono, tanto maggiormente complesso si definisce l’apprendimento organizzativo. Infine, la sua completezza dipende dalla numerosità delle unità che sviluppano modalità di utilizzo delle conoscenze e loro interpretazioni uniformi: la sua massima estensione coincide con la totale trasparenza e massima accessibilità del know-how, nei suoi diretti collegamenti con il know-what e know-why.

Il tendenziale posizionamento verso il massimo di ciascuno di questi aspetti è connesso al diffondersi, in senso orizzontale, di diverse potenzialità innovative, segno di un cambiamento nel modo di essere dell’impresa.

Allora, l’evoluzione verso la learning orgazzation coinvolge, contemporaneamente ed in modo correlato, le variabili organizzative in senso stretto, le politiche di formazione e sviluppo delle risorse umane, il profilo culturale aziendale e il modello di gestione e accrescimento delle competenze presenti nell’azienda (F. Miggiani, 1994).

Questo significa, in altri termini, rapportarsi a tre fattori fondamentali: le core competences, che assicurano lo sviluppo di nuovi prodotti; i supporti al miglioramento nella catena del valore; ed infine, la capacità dell’impresa di rivitalizzarsi continuamente (E.C. Nevis, A.J. Di Bella, J.M. Gould, 1995). In particolare, le specificità dell’organizzazione che apprende sono esaminabili da due prospettive diverse. Da un punto di vista statico, le sue caratteristiche si riconoscono in: strutture organizzative più snelle; sistemi di pianificazione e controllo impostati secondo un visione sistemica (rivolti alla costruzioni di scenari, formulati secondo modalità condivise di definizione delle scelte); sistemi di gestione e sviluppo delle risorse umane che le pongono al centro delle strategie aziendali che le trattano come capitale da valorizzare (questo significa favorire le forme organizzative destrutturate in cui ci si organizza per raccogliere sfide significa approntare modelli retributivi mirati alla crescita del patrimonio conoscitivo e utilizzare in modo focalizzato lo strumento formativo; sistemi di incubazione, cura e gestione delle competenze.

(25)

Da una prospettiva dinamica, i principali processi da presidiare riguardano due ambiti: il singolo e l’azienda. A livello individuale, risultano essenziali lo sviluppo cognitivo e lo sviluppo comportamentale; a livello aziendale, la crescita dei comportamenti innovativi, con l’attenzione alle modalità di elaborazione del clima culturale, alle capacità gestionali ed ai sistemi decisionali. L’adesione alla logica processuale implica reimpostare le attività in funzione di un obiettivo piuttosto che la loro collocazione in uno schema funzionale complessivamente ordinato (ma meno ricettivo rispetto ad una logica di mobilità).

Occorre infine ricordare che l’atteggiamento imprenditivo ricomprende naturalmente la tensione all’apprendimento (F. Corno, 1995): l’ambiente organizzativo apprende in risposta alla domanda di innovazione. È la sfida imprenditoriale che si rinnova nel procedere dei percorsi di sviluppo, trascinando la dinamica apprenditiva lungo sentieri tanto più fecondi quanto più interagenti con i molteplici contesti di riferimento.

In fondo “una definizione di learning organizzation semplice e di facile applicazione non esiste: il costante cambiamento, connesso alla logica dell’apprendimento, la renderebbe generica per non essere soggetta a revisione continua. D’altra parte, essa risulta corrispondente alle strutture elementari del comportamento umano ed in questo senso non può che essere semplice: la curiosità desiderosa di capire e inventare” (W. Stoll, 1994).

2.4.2 Cultura aziendale e potere: le due condizioni preliminari

Cultura17 e apprendimento sono concetti strettamente connessi tra loro. Le organizzazioni – in quanto gruppi di individui – producono, generano cultura: essa costituisce il tessuto connettivo che garantisce identità e unità alla componenti dell’impresa. In forza di questo, la cultura è una variabile organizzativa forte, in quanto consente di spiegare una serie di comportamenti

17

Cultura = insieme di valori, principi guida, interpretazione e modi di pensare condiviso dai membri di un’organizzazione e trasmesso come corretto ai nuovi membri.

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non direttamente e in modo meccanico riconducibili ai componenti della struttura. D’altra parte, però, occorre non sottovalutare la natura composita e stratificata della cultura. Essa è infatti qualificabile da almeno due punti di vista. In termini di contenuti, essa si compone di simboli, valori e assunti, elementi la cui reciproche relazioni difficilmente appaiono lineari. I simboli trasmettono messaggi dell’organizzazione non sempre coerenti con i valori su cui esplicitamente si dichiara fondarsi l’organizzazione stessa; allo stesso modo, gli assunti possono divergere dalle dichiarazioni “ufficiali”, evidenziando la già ricordate divergenze tra teoria dichiarata ed in uso (M. Ferrante – S. Zan, 1994). Dal punto di vista dei soggetti coinvolti, la cultura si caratterizza in funzione dell’esistenza di gruppi, ad esempio connotati da esperienze professionali comuni, che sviluppano una pluralità di fenomeni subculturali18, nell’ambito di una stessa matrice ma anche in tendenziale contrasto con questa (quando entrano in gioco rapporti di potere, per cui il fatto culturale diventa strumento di differenziazione e di sopraffazione).

In complesso quadro che scaturisce dall’intreccio tra questi fattori tende a ricomporsi in un insieme equilibrato che definisce il modo condiviso di interpretare il reale, il “come di fanno le cose” in quella specifica realtà aziendale. In questo senso, la cultura condiziona le modalità di attivazione dell’ambiente, vale a dire di costruzione della realtà attraverso un processo proattivo di selezione tra i numerosi elementi che sono parte della complessità ambientale. Dunque, l’organizzazione non reagisce alle modifiche ambientali, ma a quei mutamenti che si producono nell’ambiente che essa stessa attiva con l’ausilio dei suoi schemi di riferimento (K. Weick, 1988). In questo senso il cambiamento culturale è esito dell’apprendimento organizzativo; ma la cultura ne è anche la condizione preliminare, il criterio in base al quale vengono filtrate e finalizzate le informazioni: si genera in altri termini, un processo circolare in cui uno stesso fattore risulta essere premessa e risultato di un fenomeno complesso.

18

Fenomeni Subculturali o Subculture = culture che sviluppano all’interno di un’organizzazione per riflettere i problemi, gli obiettivi e le esperienze comuni che sono condivise dai membri di un team, di un’unità o di un’altra entità organizzativa.

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L’esistenza dell’apprendimento organizzativo implica che l’individuo agisca (apprenda) non come tale, ma in quanto membro dell’organizzazione e – in quanto tale – sia interessato a socializzare i contenuti appresi. Al tempo stesso, i suoi referenti, gli altri appartenenti all’organizzazione, devono atteggiarsi ricettivamente, essere anch’essi interessati allo stesso tipo di condivisione: è essenziale, quindi, poter agire in un contesto che favorisca tale reciproco atteggiamento.

Cultura, attivazione, apprendimento individuale ed organizzativo, cambiamento culturale: il percorso sin qui delimitato vede intrecciarsi questi concetti, in una fitta trama di relazioni che richiamano la circolarità tipica delle dinamiche organizzative.

L’atteggiamento nei confronti dell’errore spiega, più di molte affermazioni, i contenuti impliciti della cultura aziendale. Se il cambiamento viene visto come pericolo si tende considerarne l’esistenza ed a riprodurre quanto si è dimostrato valido sino al verificarsi di momenti di rottura forti ed alla comparsa di segnali palesi, che necessariamente rimettano in discussione non tanto i valori quanto gli assunti, costringendo a cambiare in modo forzoso (M. Ferrante – S. Zan, 1994). Il fatto che si realizzi cambiamento organizzativo implica una modifica del comportamento degli attori organizzativi, modifica che dipende dall’esercizio di una qualche forma di potere da parte di un “capo” nei confronti di un “subordinato”. Nell’intreccio richiamato si inserisce, quindi un ulteriore elemento, il potere. Indipendentemente dal fatto che esso derivi da diverse fonti19, la sua esistenza si presenta come strumenti di attivazione del contesto, e quindi della capacità di imporre modelli cognitivi (P. Gagliardi, 1986). In altri termini, i meccanismi di affermazione del potere, la sua accettazione e messa in discussione, la sua corrispondenza con il “sapere da tutelare” rappresentano barriere all’apprendimento, perché espressione di una cultura difensiva.

Del resto, anche in una learning organization, il potere è un dato empirico, non può essere eliminato: saranno allora regole del gioco stabilite a priori, la

19

Altri fonti come: riconoscimento di un’autorità, da una logica di scambio o in forza di un influsso “manipolatorio” mentale.

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definizione di percorsi individuali, l’equilibrato incastro relazionale tra persone distribuite lungo l’arco dei percorsi di carriera a scardinare i preconcetti nei confronti della condivisione del sapere, ad accettare come normale il tentativo non coronato da successo come via privilegiata per la verifica del nuovo, a rendere i rapporti di forza strumento di crescita e non solo di controllo.

2.4.3 I fattori dei processi di apprendimento

Due appaiono le prospettive di maggior interesse nell’analisi dei processi si apprendimento, ciascuno facente perno su un fattore essenziale nel divenire del processo stesso, soggetto oggetto della dinamica apprenditiva. Rappresentano, infatti, le due dimensione dell’ agire ragionato, fondato sulla valutazione degli elementi in gioco. Rispetto a questo, persona conosce, elabora e finalizza, in modo proprio, dei contenuti che sono disponibili ad altri, generando una dinamica che interagisce con l’esito dei processi altrui, modificando il bagaglio cognitivo utilizzato e colui che ha attivato il percorso: il risultato si configura come una modifica dell’ambiente organizzativo

2.4.3.1 Il soggetto dell’apprendimento: la risorsa uomo

Caratteristica naturale dell’uomo è la sua potenziale predisposizione ad impegnare le proprie energie nei campi più disparati, utilizzando intelligenza, intuito e creatività in modo diverso rispetto a quanto possa essere progettato ed immaginato da un altro uomo. L’uomo può sviluppare interpretazioni delle informazioni che generano nuova conoscenza. Non a caso, il cervello, la sua flessibilità nel comportamento costituiscono un riferimento affascinante per lo studio della progettazione organizzativa (G. Morgan, 1990). Ci limitiamo quindi a ricordare che la metafora organicistica rappresenta una chiave interpretativa stimolante dei fenomeni osservati: la capacità di memoria, associata alla sperimentazione di nuovi comportamenti ed alla valutazione degli esiti, sviluppa

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la capacità di apprendere. Le organizzazioni, in quanto artefatti da soggetti dotati di cervello possono tendere a comportarsi in modo analogo (W. Stoll, 1994). In un contesto di centralità della conoscenza il ruolo della risorsa umana diventa veramente cruciale per la sua unicità nel corrispondere a questi bisogni (G. Giorgetti, 1995). Sono sempre gli individui i custodi delle competenze, sono i decisori delle strategie ed i promotori della cultura aziendale. In questa ottica, l’apprendimento organizzativo non può che partire dalle persone.

La tensione di crescita della persone, la sua predisposizione al coinvolgimento intellettivo con la rapida evoluzione del patrimonio informativo disponibile è, però, fenomeno complesso, in cui è possibile distinguere due componenti principali: propensione ad imparare e capacità di. La propensione ad imparare rientra tra le dotazioni personali che possono essere coltivate soprattutto nell’ambito del sistema educativo, a livello di acquisizione di consapevolezza delle proprie attitudini di impostazione di supporti analitici di base.

La capacità di apprendimento offre maggiori spazi di intervento da parte

dell’azienda: occasioni di sperimentazione, confronto teoria e pratica e applicazione delle prima e della seconda, di analisi della seconda per sviluppare la prima costituiscono terreno fertile per le imprese intenzionate a valorizzare la proprie risorse umane (C. Kaneklin – G. Arentino 1983).

Dal punto di vista aziendale, l’obiettivo dello sviluppo di conoscenze e competenze comuni, fondate su quelle dei singoli, si declina in una serie di passi che cosi possono essere scanditi:

• Conoscere le persone impiegate in azienda rappresenta il primo aspetto: valori, motivazioni su cui gli individui fondano la propria partecipazione al lavoro, l’orientamento professionale che manifestano, know-how e know-why che possiedono, le abilità di cui sono portatori costituiscono i tasselli fondamentali del quadro aziendale. L’implicazione principale a livello conoscitivo è la possibilità di intervenire sulla motivazione in funzione degli interessi personali per formare a quei processi mentali, che aiutano a rendere ogni occasione fonte di apprendimento.

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• In seconda battuta, si impone la valorizzazione del contributo individuale, attraverso la messa a punto di condizioni di lavoro, che associano responsabilità a spazi decisionali ed a visibilità del processo lavorativo in cui di è coinvolti, e di specifiche modalità di valutazione degli apporti. In altri termini, se l’espressione più adeguata, sino ad un passato sufficiente recente, per descrivere gli uomini nel mondo del lavoro, era “manodopera”, ora acquista significato utilizzare il neologismo “mentedopera”, per sottolineare il coinvolgimento dalla persona intera; la manualità deve, cioè, essere guidata non tanto dall’esterno, quanto dalla testa di chi agisce in forza della comprensione che egli stesso ha di quello cui sta partecipando. È la conoscenza a governare l’operatività.

2.4.3.2 L’oggetto dell’apprendimento: lavoro, conoscenza e tecnologia

Oggi sempre più il lavoro è appreso, vale a dire porta con sé, in sé un’intensità di significato. Il lavoro è appreso ed è, quindi, tessuto della conoscenza assume le sembianze della tecnologia, delle diverse forme di tecnologia. Il lavoro è una forma di dialogo, e grazie ad esso che la materia acquista significato. Il significato implica un ricco patrimonio di contenuti che deve comunicarsi a qualcuno, essere appreso da qualcuno.

Allora lavorare significa mobilitare tutte le proprie energie, in vista di uno scopo, utilizzando il patrimonio a disposizione che il progresso offre. In questo senso, può essere appropriato ritenere le learning organization, un organizzazione di esperti, capaci di tradurre continuamente le conoscenze in competenze e di ottenere in tal modo risultati eccellenti (G. Bertini, M. Tomassini, C. Tommasi, 1995). La trasformazione delle conoscenze in competenze risulta essere, allora, il punto nodale del nuovo modo di competere; in quanto processo, diviene l’elemento di dinamica del passaggio dalla conoscenza alla formulazione esplicita. Il percorso che si delinea evidenzia la concatenazione tra il bisogno di

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flessibilità dell’impresa, la strategia adottabile in risposta a ciò e l’attivazione dei canali di apprendimento necessari a governare l’adattabilità del sistema.

Apprendere ad apprendere20 sta, concettualmente, al di sopra dell’apprendimento tecnologico, perché riguarda tutte le dimensioni dell’organizzazione e garantisce l’efficacia delle altre forme. Tale obiettivo, inoltre, condiziona le possibilità del “prodotto” generato dall’apprendimento: quanto più idiosincratiche risultano le combinazioni tra le forme di sapere, tanto più difendibili per l’azienda risultano gli esiti dei processi stessi.

2.4.4 Condizioni facilitanti dell’apprendimento

La spinta verso l’organizzazione che apprende scaturisce innanzi tutto dai livelli più alti di responsabilità aziendale perché sottende un modo particolare di definire la mission ed i percorsi strategici.

Se l’azienda è innanzitutto un portafoglio di competenze da conoscere, custodire, sviluppare e variamente combinare, il manager deve cambiare modo di pensare, nella misura in cui deve focalizzarsi proprio sulle competenze e sulla loro gestione.

La dimensione progettuale dell’apprendimento richiede una sincronizzazione tra il livello strategico e operativo, dove il mancato coordinamento tra i due ambiti può condizionare la correlazione di efficaci forme di apprendimento organizzativo. Tale correlazione può, ad esempio, essere perseguita da quei ruoli che comunque si trovano ad interfacciare con tutti gli ambiti aziendali, e quindi con tutte le risorse umane, comunicando gli atteggiamenti culturali dominanti. Inoltre è scontato riconoscere che il comportamento dei capi incida sul clima motivazionale e sull’atteggiamento proattivo dei lavoratori.

20

Apprendere ad Apprendere è un concetto molto ambio, considera la capacità dell’organizzazione, attraverso un ciclo circolare di informazioni a mettere in discussione i propri scemi e modelli, per raggiungere un miglioramento e una flessibilità continua.

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Da questo punto di vista, due elementi risultano efficacemente indirizzabili nella direzione della learning organization: Leadership21 e Comunicazione.

Se si dice che la Leadership come le capacità di usare un’influenza non coercitiva per dirigere e coordinare attività dei propri collaboratori, risulta immediatamente evidente che essa sia strumento privilegiato in un impianto organizzativo mirante a favorire l’apprendimento. La leadership è una combinazione di elementi oggettivi e soggettivi, il carisma: se questo è vero, essa non può essere insegnata, perché ascendente e determinazione sono parte del patrimonio naturale individuale. Può, al massimo, essere migliorata attraverso strumenti di consapevolezza. Inoltre, la leadership è un compito con connotazione educativa: il leader comunica l’orientamento al lavoro e passione, ciò in cui crede; egli delega con la testa e con il cuore, prima che con le procedure (G. Manara, 1994); un leader crea collaboratori attivi e team empowered, vale a dire gruppi di lavoratori raccolti con il dichiarato intento di perseguire lo sviluppo delle potenzialità individuali, nel mentre si perseguono obiettivi dell’organizzazione. La comunicazione, vale a dire il trasferimento di informazioni rappresenta un altro aspetto fondamentale per la learning organization: l’efficacia degli sforzi organizzativi si fonda su presupposto di una comunicazione credibile, aperta e tempestiva. La comunicazione è costituita dall’insieme di processi di creazione di notizie, di scambio di messaggi ed informazioni dall’interno delle molteplici trame di relazioni che, formalmente ed informalmente, attraverso l’azienda. Coinvolgendo tutti i soggetti in qualche modo interessati alla vita dell’organizzazione, essa consente di conoscere attività, indirizzi, politiche, condivisione di valori e culture aziendali. In prima istanza risponde ad intendimenti motivazionali: un più intenso coinvolgimento dei singoli con gli obiettivi è certamente aiutato dal livello di diffusione della conoscenza degli stessi. In seconda istanza, assolve a funzioni più direttamente organizzative, in quanto sostiene un miglior coordinamento ad una maggiore integrazione tra centri decisionali. I contenuto valoriali e socio-relazionali costituiscono il terzo

21

Philip Selznick, LEADERSHIP IN ADMINISTRATION: A Sociological Interpretation Evanston, Row, Peterson, 1957

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compito: la comunicazione di messaggi forti, centrali per il clima interno è agevolata dall’uso di canali già consolidati. Infine, la funzione linguistica sostiene la creazione di un’identità aziendale condivisa (E. Invernizzi, 1993): in questa prospettiva la comunicazione diviene occasione di creazione di cultura e momento di cambiamento culturale.

Dall’analisi qui svolta, risulta evidente la maggior appropriatezza dell’indicare la learning organization come una filosofia. Allora tentare di descriverla non significa rappresentare un modello, cui si riferisca chi vuole valorizzare lo sviluppo delle conoscenze nelle risorse umane e quindi nell’impresa. Significa, piuttosto, individuare una fisionomia, un profilo informante le molteplici realtà organizzative che ad essa intendono o debbono ispirarsi.

In termini ideali, allora, il prototipo organizzativo in grado di reagire a mutamenti repentini e veloci è quello impostato secondo la logica del modularismo, delle strutture temporanee e transitorie. La tendenza muove verso forme adhocratiche, che si trasformano al mutare dell’ambiente esterno, in quanto nate per essere attente più a quanto accade fuori di loro, che al pur complesso mondo interno. Allora, la capacità di fornire risposte efficaci di collega a modelli organizzativi destrutturati, tendenzialmente unici nel loro organizzarsi, definibili con categorie qualitative più che quantitative, ancora in via sperimentativa e richiamabili più in quanto casi emblematici che in quanto modelli da riprendere.

(34)

2.5 IL MODELLO INTEGRATO DI APPRENDIMENTO

Un modello integrato di apprendimento organizzativo organizza tutti gli elementi discussi sinora in una struttura coesiva (fig.7). La chiamerò modello OADI SMM: osserva, valuta, progetta, implementa-modelli mentali condivisi. Indirizza la questione del trasferimento dell’apprendimento attraverso lo scambio dei modelli mentali individuali e condivisi.

Analogamente all’apprendimento individuale, quello organizzativo viene definito un aumento della capacità dell’organizzazione di compiere azioni efficaci.

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Modelli mentali

individuali struttura Routines

Weltanschauung Routine organizzativo Modelli mentali condivisi Risposta ambientale Azione individuale Azione organizzativa VALUTA PROGETTA OSSERVA IMPLEMENTA OPERATIVO CONCETTUALE Apprendimento a doppio-loop Apprendimento individuale a loop-singolo Apprendimento individuale a loop-singolo Apprendimento organizzativo a loop-singolo Apprendimento organizzativo a doppio-loop (ODLL) Apprendimento individuale a doppio-loop (IDLL) Apprendimento indivuale

2.5.1 Il ruolo degli individui nell’apprendimento organizzativo

Nel modello OADI-SMM, ho sostituito le opinioni individuali del modello March ed Olsen con il modello dell’apprendimento individuale OADI-IMM. Il ciclo dell’apprendimento individuale è il processo attraverso il quale quelle opinioni cambiano e i cambiamenti sono poi codificati nei modelli mentali individuali. Questi cicli condizionano l’apprendimento a livello organizzativo tramite l’influenza sui modelli mentali condivisi delle organizzazioni. Un’organizzazione può imparare soltanto attraverso i suoi membri, ma non è dipendente da nessun in particolare, come evidenziato nella figura 7 dalle molteplici caselle rappresentanti l’apprendimento individuale. I singoli individui, tuttavia, possono apprendere anche senza l’organizzazione.

Gli individui compiono azioni costantemente ed osservano le loro esperienze, ma non tutto l’apprendimento individuale ha conseguenze organizzative. Un individuo può inserirsi in una classe di danza e imparare nuovi passi, ma non ci

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