DEGLI
A P E N N I N I
PEL SACERDOTE
GIOVANNI BOSCO
T O R I N O .
t i p. d e l l’o r a t o r i o d i s. f r a n c. d i s a l e s.
1 8 6 9 .
ANGELINA
o L'O
R F A N E LLA
p r o p r i e t à d e l l’e d i t o r e.
A L LETTORE
N e l decorso del passato autunno per motivo del sacro m inistero mi sono recato in un paese dove udii a ra c contare cose che mi parvero assai in teressanti di una giovinetta. Sebbene s ia m orta sul principio di questo secolo, se ne conserva tu tto r viva la m em oria come se fosse testé soltanto m ancata di mezzo a loro. Il paroco di quel luogo mi som m inistrò molte p artico larità e fra le altre m i diede copia di un m anoscritto il cui originale si con
serva tra gli archivi parochiali. Dai
racconti particolari e più positivam ente da quel m anoscritto ho raccolto quanto m i parve più curioso, più am eno e più im portante pei nostri letto ri. Io sono sem plice relatore, e sarà p er me gran m ercede se taluno leggerà con qualche suo vantaggio, o almeno darà benevolo com patim ento a quelle cose in cui non l ' avessi potuto appagare.
Dio ci colmi tu tti de’ suoi celesti fa
vori e ci conceda lunghi anni di vita felice.
CAPO I . L a fa m ig lia fo rtu n a ta
Alle falde degli A pennini, n o n molto distante da u n a delle p rin c ip a li città d’Italia, circa la m e tà del secolo p a s sato, viveva u n a fam iglia che godeva la felicità che si può d e sid e ra re so
p r a questa m is e ra te rra .
Pietro e ra il n o m e del capo della fo rtu n a ta fam iglia. Educato c ris tia n a m e n te , m e rc è eco n o m ia e diligenza giunse a m ig lio ra re la su a condizione, talm e n te che si a n n o v e ra v a fra i p rim i possidenti del paese.
Alla frugalità del vitto egli sapeva u n i r e la lib e ra lità delle lim osine. I
m iei affari, egli diceva, com inciarono a p ro c e d e re p ro s p e ra m e n te dal m o m en to che mi sono fatto u n a legge di n o n mai m a n d a r via a lcu n m endico dal
la p o rta di m ia casa colle m a n i vuote.
Egli a ttrib u iv a la p ro s p e rità delle sue sostanze ad u n cam po che egli diceva campo della fo rtu n a , m a il p u b blico n o m in a v a cam po dei poveri.
E ra questo u n t e r r e n o di p arecchie are, che P ietro sem inava di fagiuoli e di fave. Lo coltivava e lo custodiva fino a tanto che si poteva ra c co g liere q u a l
che frutto, e allora egli cessando di custodirlo come s u o , diventava p r o p r ie tà dei p o v eri; i qu ali potevano a n d a re lib e ra m e n te a ra c co g liere q u a n to occorreva p e r soddisfare alle n e c e s
sità della vita. Ognuno p u ò im m a g i
n a r s i gli a u g u r i di b enedizione e di a b b o n d a n z a che tu tti p regavano al c a ritatevole P ie tro . Q uando avveniva di in c o n tra rlo p e r via, quei m endici c o r
rev an o a lui p e r ossequiarlo ed es
p rim e rg li la p ro p ria g ra titu d in e . P e r d are alloggio ai p iù a b b a n d o n a ti egli teneva pro n to u n fenile for
nito a sufficienza di paglia e di l e n zuola p e r coprirsi. Alla sera p e r altro portavasi in perso n a ad osservare che n o n avvenissero disordini, e re citate con loro le p re g h ie re , a u g u ra v a loro la b u o n a sera con qu alch e cristiano ricordo. Che siate p overi, lo ro diceva, n o n im p o rta, ciò n o n è vizio; m a che n o n siate irrelig io si e malvagi.
E r a qu alch e volta avvenuto che a l
c u n i de’ ricoverati c o rrisp o n d e n d o in modo in d eg n o alla c a r ità u sata, fug
givano di notte p o rta n d o seco q u a n to potevano r u b a r e . P erciò P ie tro c h i u deva ogni se ra la p o r ta del fenile e n o n l ' apriva p iù fino al m a ttin o .
Aveva P ie tro i m p a r a ta la m u sica ed il canto g r e g o r i a n o , ossia canto fe r
mo, di cui dilettavasi assai. Oltre ad in te rv e n ire ai v e s p r i , alla b e n e d iz io n e , alla Messa cantata, e r a anche r i u scito a farsi u n a scelta di giovanet
ti di b u o n a voce e di ferm a volontà, ai quali aveva egli stesso insegnato il canto. Così nelle m ag g io ri s o le n n ità si facevano funzioni così m aestose
che cagionavano invidia e a m m irazio ne ai paesi vicini.
Tutto il paese aveva in P ietro p ien a confidenza, e non e ra m ai d im e n ti
cato negli im pieghi che soglionsi af
fidare alle p e rso n e più p ro b e ed o- neste. E ra capo del c oro, cassiere di molte opere di beneficenza, consigliere com unale e fu qu alch e volta sindaco.
Il prevosto aveva in P ie tro u n pa- ro c h ia n o fedele e poteva calcolare so
p r a di lui in caso di aiuto e di con
siglio negli affari p iù im p o rta n ti e confidenziali. Tutti tra tte n e v a n s i volen
tie ri con lu i p e rc h è faceva del b e n e a chi poteva, m a del m ale a nissuno.
Perciò tutti si arre n d e v an o di b u o n g ra d o alle sue proposte.
La divina provvidenza gli aveva fatto trovare u n a moglie, che al p a r i di lu i am ava la re lig io n e , l ' econom ia, la ca rità ; così che gli affari domestici erano diretti da Cecchina (tale e ra il nom e di lei, così detto in modo vez
zeggiativo da F ran cesca). Ella aveva c u ra del vitto, degli abiti, della b i a n c h e r i a , della disciplina, dei servi e
della educazione di tre fanciulletti, che form avano l ' oggetto delle incessanti sue s o lle c itu d in i, e che ella am ava come preziosi doni del cielo.
E ra in questo stato la famiglia di Pietro q u a n d o u n in c id e n te v en n e a t u r b a r n e la pace. Cecchina e r a p o t e n te m e n te coadiuvata da u n a fedele e virtuosa d o m e s tic a , che l ' aiu tav a ad aver c u ra delle cose te m p o ra li, special- m e n te dei crescenti figliuoli. Una serva fedele è u n g r a n b e n e p e r u n a fam i
glia, m a è u n tesoro a n c o r più p r e zioso p er la t e n e r a fi g liuolanza, la cui m o ra lità p er lo p iù è tu tta n elle sue m a n i. Ora quella fantesca cadde in u n a m alattia, che entro a pochi g io rn i la to lse di vita.
P ietro e Cecchina p ro v a ro n o tale afflizione, che m aggiore n o n a v re b bero provato se quella fosse stata lo ro p r o p ria figlia. Dopo l a se p o ltu ra Pietro in faccia a tutti quei di casa disse c o m mosso: Abbiamo toccata u n a vera dis
grazia n ella p e rd ita della n o s tr a Ma
r i etta, (è questo il n o m e della v ir tu osa fantesca); o ra p re g h ia m o Iddio che
ce ne faccia tro v are u n ’a ltra , che sia p e r noi u n novello angelo tu telare pei n o stri cari fanciulli.
CAPO II.
Uno strano incontro.
Soleva Cecchina re c a rs i ad ascoltar la sa n ta Messa in q u ei giorni e in q u e ll’o ra che i doveri del p ro p rio stato lo p erm ettevano. Ma dopo la m o rte di Marietta andava p iù per t e m p o , affin
chè allo svegliarsi dei ragazzi ella ne fosse rito rn a ta . È b ene di n o ta re che la casa di P ietro e ra c irc a u n ch ilo m e tro distan te dal paese, e p er venire alla chiesa Cecchina doveva passare ac
canto al cim itero. Il quale però n o n m a i oltrepassava senza fare u n a p r e g h ie ra p e r le an im e di coloro che colà era n o sepolti, aggiungendo u n P a ter A ve e R equiem in suffragio dell’anim a della ca ra domestica. Un m attino in sul fare del giorno ella, re c a n d o si in chiesa, si fermò p e r la solita p re g h ie ra presso
al cim itero, ed essendo il cielo coperto da folta n e b b i a , a stento scorgeva chi le passasse vicino. Ella p e rta n to alla p o rta del cim itero c e rca di m ettersi g inocchioni s o p ra di u n rialzo che a lei p a re v a u n te rra p ie n o . Olà, suona u n a t e tr a e g e m e b o n d a voce, a p p e n a pose le ginocchia. Olà, pietà, aiuto!
Misericordia! gridò Cecchina, e in fretta levandosi c e rca di fuggire. Ma in quello istante dal suo in g in o c h ia rsi si alza e come spettro ap p are u n a d o n n a che g r i dando e fuggendo u r t a di faccia a fac
cia con lei, sicché l ' u n a e l ’altra ca
dono co n tem p o ra n e am e n te a te r r a in senso opposto. In quel m o m en to la p o v era Cecchina non sapendo p iù se fosse sulla te r r a o n ella to m b a , si alza in u n a t timo e grida, fuggendo verso c a sa ; a i u to, p e r c a r ità , aiuto! La sconosciuta tu t
to r a so n n o len ta, pen san d o si di essere ella p u r e in s e g u ita da qu alch e spettro, fugge c o rre n d o dietro all’ a l t r a , c h ie dendo p a rim e n ti aiuto e pietà.
Pietro stava in quel m o m en to nel- l ' aia aggiogando i b u o i all’a r a t r o , m e n tre il bovaro portava u n sacco di
g ra n o da se m in a re n e l campo. Cre
dendo che qualche m alfattore avesse insultato sua moglie, dà di piglio ad u n trid e n te ; il servo im p u g n a u n badile e colla velocità del lam po c o rro n o in aiuto della p a d ro n a .
— Che c’è, gridava da lo n ta n o a p p e n a da essere udito da e s s a , chi si avanza, io vi scanno, io vi infilzo tutti, scellerati che siete.
— È u n m orto che m i insegue, e- sclam a C ecchina, egli co rre, mi ch iam a, m i m in accia, eccolo... eccolo...
— Non tem e re i m o rti, ripiglia P ie
t r o ; se ti c o rre dietro, è u n vivo, non u n m orto.
Mentre la b u o n a d o n n a come svenuta c o rre in casa a gettarsi sopra u n a se
dia, Pietro col tride nte e il servo col badile affrontano il tem uto spettro e lo circondano g rid a n d o : fermatevi o s ie te scannato. Ma quale n o n fu la loro s orpre sa q u a n d o invece di m orto o s p e t
tro o fantasm a vedono u n a giovane che assai più di loro tre m a v a di spavento.
— Chi siete voi, esclamò tosto Pietro, chi siete, donde venite, che volete,
p e rc h è inseguite in tal fatta l ' onesta g ente?
— Non fatem i alcu n m ale, risp o se la d o n n a , io sono u n a p o v e ra ed in fe
lice orfanella, v ittim a d ella sventura.
— Ma che volete?
— Dim ando che m i salviate.
— Da chi?
— Da chi m i insegue.
— Ma se n essuno vi in seg u e, anzi voi inseguite gli altri.
— Me m ise ra , dove sono! dove vado!
chi m i dà consiglio!
— Presto, venite, r itira te v i in casa, io tem o p e r voi qu alch e m a la n n o — disse la moglie, a p p e n a potè riav ersi e p ro fe rir p a ro la .
Conobbe allora P ietro essere stata l ' u n a cagione dello spavento dell’al
t r a e guidato dal solito desiderio di fare del b e n e a tutti e del m ale a nissu n o , pensò di c o n d u r r e la fo re stie ra in casa p e r acq u ie ta r la moglie e s ap ere come quello strano incidente fosse avvenuto.
— Cecchina, esclamò, n o n te m e re , n o n è uno spettro, ne m m e n o u n m orto:
è u n a p overa giovane spaventata p iù
di te. Ella h a bisogno di essere refi- ziata; g u a r d a l a , p o v e rin a , è mezzo m o r ta !
— Chi siete v o i , tosto le disse la p a d r o n a .
— Sono u n a p overa orfanella che fuggo la sv en tu ra,
— Donde venite?
— Vengo da u n a città di qui assai lo n ta n o ?
— Che cosa facevate al cim itero.
— Ho c am m in ato quasi tu tta la notte, sul far del giorno m i sen tii così o p pressa dalla s ta n c h e z z a, che, ad a g ia ta m i contro al m u r o , che credeva di qu alch e edifizio, caddi vinta dal sonno.
Nel sonno sem b rav am i che alcu n i as
sassini m i inseguissero e m i avessero r a g g i u n t a , sicché io m i svegliai g r i dando.
— P o v era m e ! Voi n o n sapevate che qu ell’edifizio e ra il c im itero . Io a n d av a alla sa n ta Messa, e p e r fare u n a p r e g h ie ra p e r l’a n im a della pov era m ia Marietta, volli in g in o c c h ia rm i, e p e r suasa che là fosse u n rialzo di t e r r a , mi posi sulla vo stra p erso n a.
— Q uanto m i rin c r e s c e di aver ca
g io n ato q u el disp ia c e re !
— Che spavento, n o n so come n o n sia m o r ta !
— Che farsa da r i d e r e , disse P ie tro .
— R oba v e ra m e n te da te a tro , ag
giunse il servo, che p e r altro n o n aveva m a i assistito n è a te a tr i, n è a r a p p r e sen tazio n i teatrali.
CAPO III.
L a buona dom estica.
Pietro fece so m m in is tra re u n a p iccola refezione alla fo restiera e nel te m p o stesso le indirizzò p a re c c h ie d im a n d e p e r s ap ere chi ella fosse; m a n o n potè r ic a v a r n e a lc u n costrutto, n e m m e n o v edere alcu n certificato che desse g a ra n z ia della m o ra lità della m isteriosa s tr a n ie ra .
— Ora, disse Pietro , vi siete r is to r a ta , an d ate pei fatti vostri, io vado a solcare u n cam po che m i p r e m e sia p e r tem po sem inato.
— Se n o n volete a n n o v e r a r m i t r a le
vostre b ra c c ia n ti, d atem i alm eno q u al
che b u o n consiglio, indirizzatem i presso q u alch e onesto p ad ro n e , dove io possa g u a d a g n a r m i il p a n e colle m ie fatiche e in ta n to vivere f u o r di pericolo p e r l ’an im a m ia. Dio vi r i m e r ite r à la ca rità che m i u sate.
— Se potessi avere g a ra n z ia della v ostra m o ra lità , sareb b e facile trovarvi q ualche b u o n p a d r o n e , m a u n a p e r so n a s c o n o sc iu ta , sola, senza s critti di s o r t a io n o n s a p re i dove i n d i rizzarla.
— Vorrei che q u a lc h e d u n o m i p r e n desse an c h e solo alla p ro v a p e r q u a l
che g io rn o , e poi colla assiduità al lavoro e coll’aiuto del Signore spero di a c q u is ta rm i fiducia e b u o n n o m e .
— A q u a li la vori sareste c a p a c e ?
— Non ho alcun m e stie re d e te r m i
n ato ; m a so fare u n p o ’ di tu tto, e s sendo poi s a n a e ro b u s ta credo in breve tem po re n d e r m i capace a qualsiasi l a voro.
— Anche a z a p p a re ?
— Coll’aiuto del Signore anche a zappare.
— Con quelle m an i da sig n o rin a u- sare la zappa farebbe r id e re fino i matti.
— Desidero soltanto che ne facciate esperim ento.
— Cecchina e r a stata molto a tte n ta a q u el discorso, e osservando il bel g arb o , le belle espressioni e più an c o ra i p e n sie ri religiosi, con cui condiva il discorso, giudicò di poterla m e tte re alla pro v a e in q u alità di g io rn a lie ra .
— N o i, ella disse al m a rito , abbiam o da fare p a re c c h ie opere n e ll’orto, p o s
siamo m e tte rla qui alla p r o v a ; intanto v edrem o.
— Mi rincresce assai am m e tte re p e r sona presso di noi senza co n o scerla;
m a se così ti p iace, fa p u r e , m a a p r i l ’occhio affinchè non siano r in n o v a ti i d iso rd in i già altre volte avvenuti.
— Come vi dovremo c h ia m a r e ? co n chiuse P ietro :
— Angelina è sem p re stato il m io n om e.
— State d u n q u e agli o rd in i di m ia m oglie, e poi vedrem o.
P artì in tan to coll’a r a tr o e col carro e andò p e i suoi lavori.
— La b u o n a moglie lasciò rip o s a re alquanto la p overa o rfanella, e sì l’u n a che l ’altra n o n potevano finire di p a r la re e di r i d e r e dello spavento provato alla p o rta del cim itero .
— Ora, le disse la p a d ro n a , venite nell’orto, ci sono p iù cose a f a r s i , occupatevi in quelle che sapete e che potete.
Come se fosse g ia r d in ie r a di p r o fessione, Angelina si cinse u n bianco g re m b ia le di tela grossa, poi diè m ano ad u n sarch ietto e si diede a sa rc h ia re u n o strato di s p inag i, u n altro di la t
tu g h e , svellendo, estirpando la g ra m e - g n a e le altre erbe nocive ai legum i.
Di poi s trap ian tò p o r r i, cipolle e ca
voli; raccolse fagiuoli, zucche e patate;
qu in d i, zappando il te rre n o reso v a c a n te e spargendolo di concim e, lo se
m in ò di bel nuovo di quel gen ere d’in sa lata che si sostiene vegeta e verdeggiante n eg li stessi freddi in v e rn a li. Ma ciò fece in m odo così regolato e con tal destrezza, che ognuno n e sareb b e stato
altam ente m arav ig liato . La sera P ie tr o d o m andò notizia dell’orfanella, cui p ro n ta m e n te rispose la moglie:
— L’orfanella è u n ’eccellente g i a r d i n ie r a ; io l’ho atten ta m e n te osservata da u n a finestra; ella lavorò indefessa tutta la g io rn ata. Aggiustò, tra p ia n tò e se
m in ò in m odo che il n ostro giard in o se m b ra divenuto altro. Ma quello che m i h a di preferen za colpita, si è la sua divozione. Pen san d o si di non essere da alc u n a veduta, al suono del m ez
zodì si pose g inocchioni, e colle m a n i g iu n te re c itò l’Angelus con g ra n d e r a c coglim ento, di poi c o n tin u ò pregando così : Mio Dio, assistetemi. Voi m i avete finora a i u t a t o ; d e h ! compite l’op era vostra. Se questo è il luogo in cui io vi possa a m a re e servire tu tta la vita, voi inspirate a questo b u o n contadino che m i r i te n g a p er s e m p re presso di s è ... Disse a n c o ra altre cose che n o n ho più potuto cap ire; m a io g iu dico che qu alch e m istero ci sia in quella giovane. Poco p e r volta scoprirem o tutto.
— Vedremo che ne s a r à , rispose
Pietro. In tan to continui a r im a n e r e con noi.
Il giorno seguente Pietro giunto a casa all’ora del mezzodì trovò il p ranzo di gusto squisito.
— Che h a i fatto C ecchina? perchè fare spesa fuori di tem po p e r avere m a n ic a re tti. . queste cose si devono fare soltanto nelle s tr a o r d in a r ie solennità.
— Non ho speso u n soldo, l’ispose la m oglie.
— Chi d u n q u e h a fatto questa ec
cellente p ie ta n z a ?
— Angelina.
— A ngelina! Ma con qual cosa?
— Non so, può dirlo essa stessa.
— È cosa sem plice, disse Angelina.
Alcune uova, u n a foglietta di latte, con u n a zucchetta e un po’ di zucchero è quanto ho oggi im piegato p er fare la cucina.
— Bene, b e n o n e , soggiunse Pietro , con u n a cuoca di questa fatta noi possiamo sfidare la cucina del re. F a tevi coraggio, disse ad A ngelina, m i se m b ra che siate capace di l a v o ra re , ed il vostro contegno m i p e rsu a d e che
n o n siate do n n a di mal f a r e , perciò vi te rre m o in casa n o s t r a ; e se l’a
spettazione n o n a n d r à fallita, chi sa che voi n o n possiate com piere l ’ ed u cazione dei nostri ragazzi, che la n o stra Marietta h a dovuto i n te rro m p e re p e r volare al cielo?
— Vi assicuro che n o n avrete a p entirvi della ca rità che m i usate.
F a rò quanto posso p e r lav o rare e c o r
risp o n d ere al benefi zio che mi fate.
Non cesserò di p re g a re la m is e r ic o r dia del S ignore che a suo tempo ve ne dia la dovuta m ercede.
CAPO IV.
R are d oti dell’o rfan e lla.
E n tro lo spazio di pochi g io rn i An
g elin a divenne la m araviglia della casa di Pietro . Le cognizioni di lei so rp ren d ev an o ogni genere di p erso n e.
Conosceva il tem po di sem inare e r a c cogliere le biade dei campi. Parlava della m ie titu ra , della t r e b b ia tu r a del
g r a n o , della segatura del f i e n o , del p o ta re , sp a m p in a re , sm occolare le v i t i , a segno che ognuno l’ avrebbe d etta m a e stra di agronom ia. Ma che direm o delle occupazioni dom estiche?
Con am m ira b ile disinvoltura cucinava, apprestava la tavola, assettava i letti, s c o p a v a , m ugneva il l a t t e , ne faceva la q u a g lia ta , il b u r r o , la r i c o t t a , il cacio. In fine c u c i r e , r i c a m a r e , r a p pezzare, soppressare eran o lavori da lei fatti, come se ciascuno fosse di u- nico suo m estiere.
Ma le r a r e q u alità dell’orfanella si m anifestarono vie meglio allorché P ie tro, fatto certo del tesoro che posse
deva n ella nuova domestica, le affidò la cu ra dei suoi figli. Non fallirono le sue speranze. Ella com inciò dal- l ’in s in u a r e n e ’ giovani loro cuori p e n sieri religiosi. Miei b a m b i n i , l o r o diceva, n o n d im enticate m ai che Dio è nostro Creatore. Noi eravam o n ien te;
egli ci creò ad im m a g in e e s o m i glianza sua, ci creò p e rc h è lo am iam o e lo serviam o fedelm ente nella presen te vita. Ma quan d o n o i cessiamo di v i
vere ed il n ostro corpo è portato alla tom ba, allora l ’anim a r ito r n a davanti al Creatore p e r dar conto delle sue azioni. Oh che gran prem io è riservato in cielo a chi fa delle bu o n e azioni sulla te r r a !
Loro additava che av rebbero avuto lu n g a vita sulla t e rra , se fossero s e m p re stati u b b id ie n ti e rispettosi ai p r o prii genitori. Instruitili nei principali m isteri della fede, li p r e p a r ò poco p e r volta a fare divotam ente il segno della santa c r o c e , a r e c ita re le q u o tid ian e p re g h ie re , ad accostarsi ai sacram enti della Confessione, Cresim a e Comu
nione.
Ciò ella faceva con anim o allegro, con b r e v i t à , spiegando le cose con belle sim ilitudini e con esempi a m en i che ella sapeva in copia. Quindi quei fanciulli n o n eran o m ai annoiati della istruzione, anzi godevano e si m o s tra vano sem pre ansiosi di potersi a lungo t r a tte n e r e colla loro n o n n a , così so levano ch ia m a re l ’orfanella.
Queste cose n o n p o te ro n o stare ce
late. Il prevosto facendo u n giorno u n a
passeggiata fino alla casa di P ietro, ebbe egli p u re occasione di p arlare colla nuova fantesca.
— Mia b u o n a giovane, le disse, io sono contento delle buone notizie che m i son dette di voi, so che lavorate, e che am m a e stra te n ella re lig io n e i figli di P ietro ed altri fanciulli del vicinato. Ciò mi consola assai e credo che anche voi an d iate ai santi Sacra
m en ti, n o n è vero?
— Sì, signor prevosto, credo che mi ab b ia già potuto conoscere, io vado a confessarmi da lei ogni settim ana.
— Bene, co n tin u a te , e ciò che fate voi, insinuatelo anche agli altri, e ne avrete doppio m erito. Ora io dovrei fare u n re g istro di tutti i m iei p a - r o c h ia n i ed avrei bisogno che m i di
ceste anche il vostro nom e, cognome, famiglia e p a t r i a ; credo che n o n a b b iate in ciò difficoltà.
— Signor prevosto, disse A ngelina tu rb a ta , io sono u n a pov era fanciulla, vittima della sventura. Il dire a voi chi sono n o n farebbe che accrescere le mie trib o la z io n i, e forse co m p ro
m ettere la m ia e la vostra tra n q u illità .
— Ma se io n o n vi metto a r e g i stro, potr ei essere com prom esso d a vanti alle leggi.
— Il mio n o m e è Angelina. Scrivete questo, il r im a n e n te rim a n d ia m o lo ad altro tempo.
Il paroco, vedendo qu ella povera giovane im m ersa nella costernazione, p ensò p er allora di sospendere ulterio ri interrogazioni; e intanto c e rc a re a ltr i
m e n ti inform azioni di lei. P arlò con P ietro, con su a m o g lie , d o m an d ò ai v i c i n i , m a tu tti decantavano le sue q u alità m o ra li, e n ie n te di più.
— Mi è p iù volte venuto in pensiero, disse scherzando C e c c h in a , che questa giovane sia la n ostra Marietta risu sci
ta ta con p iù senno e con m aggiore v irtù e scienza di quello che aveva p r im a di m o rire .
Risero tutti e il prevosto soggiunse:
Rispettiam o i segreti e la su scettibilità di questa b u o n a fanciulla. P ren d en d o le cose bel bello, forse g iu n g erem o a sco p rire q u a n to è necessario e n o n più.
CAPO V.
L ' assistenza d i u n m oribondo.
In quel tem po p e r alcu n i politici av
v e n im en ti u n esercito francese venne in Italia. Un reggim ento ebbe a sog
g io r n a r e nel paese dove aveva d im o ra Angelina. Nella pa rte n z a alcu n i m ili
t a r i per m a lattia non potendo m ettersi i n viaggio v en n ero ra c c o m a n d a ti al nostro Pietro che aveva abitazione o p p o rtu n a . Egli li accolse molto volen
tie ri presso di sè perciocché in quel paese n o n vi era pubblico ospedale.
Malgrado ogni assistenza u n o di loro p eggiorò e in breve si trovò in p e r i colo della vita. Qui n acq u e u n grave in caglio p e r l ' a m m in istra z io n e dei S acram en ti a motivo che la lin g u a francese e ra fra q u e ' b u o n i te rra z za n i affatto sconosciuta: e sebbene il p r e vosto la conoscesse a lq u an to sui libri, n o n aveva p e r altro m a i avuto occa
sione n è di scriverla nè di p a r la r la , sicché n o n e r a in grado di te n e re u n discorso di cose im p o rta n ti quali sono
i santi S a c ra m e n ti. Fu allora che la n o s tra Orfanella fece m anifeste a ltre sue m o ra li qualità. Soleva prestarsi con molto belle m a n ie re all’assistenza degli inferm i ogni volta n e fosse occasione.
F ino a llo ra Angelina e rasi t e n u ta r i tira ta , lasciando che gl’inferm ieri co m pissero il dovere p e r cui e ra n o stip e n diati. Ma quan d o si accorse del pericolo in cui trovavasi l’an im a di quel m ili
ta re , pose a p a rte ogni u m a n o rig u a rd o e si presentò p a rla n d o g li francese con p a ro le scelte e forbite. Stupirono l’a m m alato e gli altri che gli stavano a t
to rn o , perciocché in quella donnicciola n ie n te erasi fino allora ravvisato che u n a p overa fantesca. Ma quale n o n fu l’im barazzo quando venne ad accorgersi che quel m ilitare non e ra cattolico?
— Io sono lu te ra n o , egli rispose ad alcuni consigli che e ra n o s u g g e r i t i , e perciò n o n fo conto di sa c ra m e n ti.
— Ma senza s acram en ti voi n o n p o tete salvarvi, perch è questi sono ap
p u n to istituiti dal Signore p e r salvare la n o s tra a n im a .
— Non posso essere tra n q u illo nella m ia re lig io n e?
— No: voi n o n potete essere t r a n quillo n ella vostra credenza; p e rc h è dal m om ento che voi vi chiam ate l u te ra n o , voi vi professate seguace di Lu
tero e n o n p iù di Gesù Cristo.
— Ma Lutero non seguiva la v era religione?
— No certam en te; p r im a di Lutero n iu n o m ai professò d o ttrin a simile alla s u a ; q u a n d o Lutero com inciò a p r e dicare la sua cred en za fu u n a v era novità. Cioè predicò u n sistem a nuovo di credenza che è affatto co n tra rio alla fede di Cristo.
— P e r dirvi la verità io non m i sono g r a n cosa occupato di religione. Non posso p e r altro nascondervi u n p e n siero che mi ha sem pre lasciato q u a l
che inq u ietu d in e. Osservo che i c atto lici sono d ’accordo n e ll’u b b id ire al P a p a e confessano tutti u n a m edesim a fede, quindi quella u n ifo rm ità di dogmi e discipline in tutti i tem pi, in tutti i luoghi. F r a n o i o g nuno in te rp re ta le cose come v u o le , am m ette e rig e tta
quel che vuole. Nella stessa m ia città, e posso dire n ella stessa fam iglia vi sono perso n e che professano cose le u n e opposte alle altre. Sarà possibile, ho p iù volte detto t r a m e , che vi possa essere la v e rità in proposizioni opposte?
Se p e r necessità u n a deve essere e r r o n e a , come conoscere la v e r a ? Chi me lo p o trà assicurare? Ora m i sem bra che voi abbiate studiato p iù di me, e se voi giudicate che p e r salvarm i sia n e c e s
sario di farm i cattolico sono pronto ad u b b id ire .
— R in g raziam o il Signore che vi in sp ira questa sa n ta risoluzione. Siate a d u n q u e tran q u illo n o n so p ra la m ia p a ro la che può e r r a r e ad ogni m o m e n to , m a s o p ra la prom essa di Dio che non p u ò fallire. Avvi u n solo Dio, u n a sola fede, un solo b attesim o, e p e rc iò u n a sola Chiesa di Gesù Cristo.
Esso deputò l’ apostolo P ie tro a capo di questa Chiesa; a san Pietro succe
dettero gli altri Vicari di G. C. fino ai nostri giorni. Essi h a n n o sem pre c o n dan n ato l’e rr o r e e diffuse le verità p r o poste, dilatat e, predicate dagli apostoli.
Dim odoché n o i com inciando dal r e g n a n te Pontefice discendiam o da u n P a p a ad u n altro fino a s. P ietro, fino a Gesù C., e chi c o n fro n ta la d o ttrin a del papa d’oggidì con quella dei papi di tutti i tem pi, la tro v e rà sem pre u n i forme com e se vi fosse stato u n solo Pontefice. Questo arg o m en to ci assi
c u r a che noi abbiam o tu tta ed in tie ra la d o ttrin a del Vangelo, tutte e singole le verità predicate dagli apostoli. Al c o n tra rio i L u te ra n i n o n h a n n o alcun capo, e se si vuole fo rm are la c ro n o logia dei m in is tri lu te r a n i non si può discendere p iù in d ie tro che a Lutero.
Con esso confondesi il lu te r a n is m o , nè p r i m a di lu i si tro v a u n solo che ab b ia professato la sua d ottrina.
— Io m i rim e tto a q u a n to voi dite;
m a nel m io stato a ttu a le n o n posso istru irm i. Che cosa posso io fare p e r assic u ra rm i in qualche m odo la m ia e te rn a salvezza?
— Lasciate a me il p ensiero di prov
vedere ai vostri bisogni religiosi. Io vado, me la intendo col nostro p r e vosto, egli p rovvederà ad ogni cosa.
Di fatto A ngelina andò dal prevosto, il quale assicuratosi delle b u o n e d i sposizioni del Miret, e ra il nom e del
l ’infermo, diede carico a lei m edesim a di c o n tin u are ad istruirlo nella fede.
Ma essendo p revenuto dai m edici che l ’ am m alato si trovava in pericolo di m o rte , gli fece fare l’a b iu r a della sua eresia e la professione della v era fede.
Dipoi gli am m in istrò sotto condizione il battesim o pel tim o re che questo sa
c ram en to gli fosse stato a m m in istra to invalidam ente; fece di poi la confes
sio n e ; gli fu am m in istra to il viatico, l ’olio santo colla benedizione papale.
La sera di quello stesso giorno spirava tr a n q u illa m e n te l’an im a sua, baciando il Crocifisso ed invocando la m is e ric o r
dia del Signore. Le sue ultim e parole furono q u e s te : Sia sem p re e s a l t a t a la gran d e m ise ric o rd ia del Signore, che p e r mezzo di u n angelo consolatore m i tolse dalle te n eb re e mi condusse alla luce della verità. Questo è u n g ra n dono del Signore. Se tutti i miei c o r
r e lig io n a ri potessero gu stare le conso- lazioni che io provo in questo m om ento,
si fa rebbero tutti cattolici. Dio sia b e nedetto: la sua m ise ric o rd ia infinita salvi me e salvi tutti gli u o m in i del mondo.
CAPO VI.
I l prevosto e l’orfanella.
Fino allora la n o stra orfanella era giudicata u n a b u o n a c r i s t i a n a , u n a c o n tad in a di b u o n a volontà che affe
zio n ata a’ suoi p a d ro n i nu lla r i s p a r m iava p e r fare del b e n e a chi poteva.
Al p iù si ravvisava in lei u n a gio
vane di sodo c r ite r io , di molta m e m o r ia da r ic o rd a re e r ite n e re le cose c he leggeva. Ma q u a n d o si sparse la notizia che ella parlava p e r eccellenza la lingua francese, che in modo chiaro aveva saputo p e rsu a d e re al Miret di farsi cattolico, tutti ne facevano alta m araviglia. Il prevosto, che erasi t r o vato presente, quando racco m an d av a l’an im a al m o rib o n d o m ilitare, disse tra sè e lo rip e tè di poi con altri:
In questa d o n n a si nasconde u n m i
st ero. E ru d iz io n e così profonda e così estesa n o n può tro v a rsi se n o n in chi ab b ia fatto lu n g h i studi.
T aluno diceva avere u n a scienza r i velata dal S ig n o re ; a ltri che la s u p posta orfanella e ra qualche alto p e r sonaggio, che in espiazione d e ’ suoi peccati si e ra c o n d a n n a to a quella vita di c o n ta d in o . Nè m a n c a r o n o quelli che la dissero stre g a , ed alcu n i g iu n sero fino a c re d e rla u n angelo m a n d a to dal cielo. Il paroco in ta n to coglieva tutte le occasioni p e r raccogliere le notizie p iù edificanti che rig u a rd a s s e ro l ’or- fanella, ed u n gio rn o potè farsi p r o m e tte re q ualche cosa in questo m odo.
Angelina aveva fatto u n a m a lattia che l’aveva p o rta ta all’o rlo della to m b a . Il paroco le prestò la p iù caritatevole as
sistenza e soleva seco lei tra tte n e rs i qualche volta u n tem po notabile p e r con fo rtarla negli acuti spasim i c ag io n ati dal m ale.
— Sig. prevosto, ella disse u n g io rn o , io mi trovo al fine della vita. Voi p o tete ra d d o lc irm i gli affanni di m o rte , se m i p rom etteste di ra c c o m a n d a rm i
al Signore nella sa n ta Messa dopo m ia m o rte affinchè possa essere presto l i b e r a t a dalle p e n e del p u rg a to rio .
— Vi do p a ro la di farlo e di r a c c o m a n d a r v i an c h e in chiesa alle p u b b li
che p re g h ie r e , m a v o rre i an c h e da voi u n favore, che io re p u to t o r n a r e alla m a g g io r g lo ria di Dio.
— Chiedete q u a lu n q u e c o s a , sig.
prevosto, io sarò f o rtu n a ta se p r i m a di m o r ir e p o trò fare cosa di vostro g r a
dim ento.
— Che voi m i ra c c o n tia te le vostre vicende p r i m a che veniste in casa di P ie tro .
— P overa me! Voi m i d im a n d a te cosa che n o n posso rifiu tarv i, m a che mi r i p u g n a di fare, p e rc h è in questa guisa c o m p ro m e tte re i me e forse avreste a n che voi n o n piccoli fastidi. E p o i ciò vi gioverebbe a n ien te.
— Aggiustiamo le cose: scrivete tu tte le p a rtic o la rità che rig u a r d a n o voi, la vostra p a tr ia e i vostri p a re n ti; tacete p u r e i no m i de’ luoghi e delle p e r s o n e ; poi datem i ogni cosa scritta e sigillata.
Io conserverò tutto in form a confi d e n
ziale, n è alcuno ved rà cosa di sorta se n o n dopo la vostra m orte.
— Nello stato in cui mi trovo n o n posso scrivere.
— A me basta la p rom essa di farlo se g u a r ir e te .
— In questo senso ve lo prom etto e lo farò.
La divina p rovvidenza dispose che la m a la ta riacquistasse la p r i m i e r a sa
n ità e scrivesse u n a serie di notizie, le quali, se n o n dan n o di lei com piuto ra g g u a g lio , servono a farci co noscere la su a c ondizione ed ed ucazione. Quelle notizie v e n n e ro di fatto scritte, sigil
late e co n seg n ate al prevosto che le conservò sigillate fin dopo la m o rte di lei. Noi dal paroco successore a v e n done po tu to avere copia fedele, a b b iam o estratto quelle cose che sono p iù se
condo il n ostro scopo e le m e ttia m o qui p e r co m p letare il r a c c o n to , r i s e r b a n d o c i in ap p resso di e sp o rre le u l tim e azioni dell’o rfanella.
CAPO VII.
Chi fosse l’orfanella ; sua educazione.
A ngelina c o m in cia a p a r la r e di se stessa come segue: Io n a c q u i n ella città di . . . . capitale dello s ta to ; An
gela fu il n o m e im postom i nel b a tte simo. I m iei p a re n ti avevano il p rim o titolo e la p r i m a d ig n ità dopo il so
v ran o . — Mio p a d r e e ra assai ricco e le sue sostanze gli perm ettevano di sp en d ere q u a ttro m ila s c u d i , oltre a venti m ila franchi p e r s ettim an a. — Mia m a d r e ed u n a n u tr ic e ebbero c u r a di me fino agli a n n i otto. In quella età fui collocata in u n a casa di educazione p e r meglio p r e p a r a r m i a fare la p r i m a Confessione e a r i c e vere il s a c ra m e n to della Cresim a e la sa n ta C om unione. E r a in tenzione dei m ie i g e n ito ri che io d im o rassi colà so la m en te a lc u n e s e ttim a n e ; m a o sse r
vando che io ci stava m olto v o le n tie ri, d e lib e r a r o n o di la s c ia r m i pel tem po n ecessario agli studi l e tte r a r ii, che difficilmente si possono fare in fam i
glia. Messa così sotto alla gu id a di pie, dotte e p r u d e n t i m a e s tre potei presto conoscere la bellezza della v irtù e il p r e gio delle scienze, im p a ra n d o a leg
g e re , scrivere, p a r l a r c o rre tta m e n te la lin g u a i ta lia n a e la francese. C ucire, r a p p e z z a r e , so p p ressar e , d ip in g e r e , s u o n a re il piano forte e ra n o cose che m i to rn av an o m olto a genio e che m i d i
v e n n e ro assai fam ig liari. F r a i r a m i d 'istru z io n e vi e ra n o an c h e gli e lem en ti di a g ro n o m ia e di b o tan ica. Ogni gio
vedì dalle dieci alle dodici del m attino le allieve e ra n o condotte in un vasto g ia rd in o a nnesso allo stabilim ento e loro si spiegavano in m odo pratico che cosa fossero i fiori, e quale il vo
cabolo con cui cia sc u n a p a rte dovesse appellarsi; lo stesso facevasi delle altre p ia n te , e degli erbaggi. Mi r ic o rd o che m e n tr e il m aestro p arlav a, u n contadino teneva t r a m ano la z ap p a, u n altro la vanga e il badile. Noi poi avevamo u n a zappetta, ovvero s a rch ietto ; q u in d i ci spiegavano con voci italian e le funzioni cui servivano questi s tru m e n ti. — Lo stesso facevasi delle viti. Un lungo p e r
golato serviva di m odello, e m e n tre un vignaiuolo l a v o r a v a , il m aestro diceva che voleva dire p o t a r e , s p a m p a n a r e , sm occolare, v e n d e m m ia re , sv in are, g r a p p o l o , a c i n o , r a s p o , albio, m a stello, tin o , cerchio, doga, botte, barile e sim ili.
U na m a e s tr a faceva p a r im e n ti un esercizio p ra tic o in to rn o alle cose di cu cin a, di tavola, di cam era. Ella si m etteva in u n angolo e le allieve a p p restav an o la m en sa, o assettavano u n a c a m e r a ; m a q u a lu n q u e oggetto p r e n dessero t r a m an o dovevano p r o n u n c i a r ne il n o m e ad alta e c h ia r a voce a c o m u n e a m m a e s tr a m e n t o . Con questo mezzo le e d u c a n d e si re n d e v a n o fa- m igliari i vocaboli delle cose d o m e s ti
che con m olto vantaggio della lin g u a e con soddisfazione dei n o stri p a r e n ti.
— Due cose p e r altro m i e ra n o di fa
stidio: la passeggiata e la danza. Sic
come p e r altro ciò a p p a rte n e v a alle lezioni lib e re , così n e fui con facilità dispensata. Io approfittava di quel t e m po per la v o ra re nel g ia rd in o e rip a s s a re così in p r a tic a le cose insegnate. Ma
la m ia delizia e ra pa ssa re alcune o re in c a m e ra p e r a p p r e n d e r e n o n solo la n o m e n c la tu ra , ma eziandio il vero modo p ra tic o di confezionare vari g e n e ri di m in e stra , di vivande, intingoli, m a n ic a re tti, a segno che in occasione di v illeggiatura le m ie m aestre p e r co m p ia c e rm i davanm i facoltà di p r e p a r a r e da sola le pietan ze e q u a n to occorreva per p ra n z o e p e r cena. — Allora im p a ra v a quelle cose p e r d ip o r to, m a m i r i u s c iro n o poi u tilissim e specialm ente quando sono ven u ta n ella casa di P ie tro , il q u ale mosso da c a r i t à e d alla v a rie tà de’ lavori, di cui e r a capace, m i accolse p er sua d o m e
stica. L’in fe rm e ria e r a del p a r i u n sito dove io a n d a v a spesso a t r a tte n e r m i o p er consolare le c o m p ag n e in ferm e o p r e stare loro qu alch e servizio. R am m en to o g n o r con d o lo re l’assistenza p re s ta ta alla p iù c a r a delle m ie am ic h e negli ultim i m o m e n ti di su a vita. Mi voleva sem p re accanto al letto, ed io colla r e l i gione e con segni di b enevolenza m i a- d o p erav a in tu tte guise p e r r e n d e r l e m eno a m a r a la sua agonia. — F u quella
c o m p a g n a che m i lasciò u n rico rd o , che n o n p o trò mai c a n c e llar dalla m ia m e n te. A ngelina, ella mi disse con trem ola voce, c a ra m ia A ngelina, che te rrib ile m o m e n to è m a i p e r u n ricco che si trovi al p u n to di m o rte . Abbi o g n o r p re se n te il detto del n o stro Salvatore:
è p iù facile che u n a grossa fune passi p e r la p iccola c r u n a di u n ago che un ric c o si salvi. — In casa tu a tu h ai m olte ricchezze, p e r c i ò ... voleva p a r la r e , m a le m a n c ò la p a ro la e poco d o p o spirò. — O a m ic a fedele, Dio ti accolga fra i b eati in cielo. Il tuo av
viso n o n fu com piuto, m a io ne i n tesi a b b a sta n z a e m i r i m a r r à fìsso n e lla m e n te p e r tu tta la m ia v i t a . — Dopo sette a n n i di educazione i m iei p a r e n t i m i r i c h ia m a r o n o in famiglia p e r c o m p ie re , dicevano, la m ia ed u c a zione, m a in re a ltà p e r im p e d ire di farm i m o n a c a , cui conoscevano avere m o lta te n d en za.
C A P O V III.
Le agiatezze.
R ito rn a ta in f a m i g l i a , mio p a d r e m i volle subito far d a re lezioni di d an za, cui aveva sem p re avuto asso
lu ta avversione. Io ravvisava u n a sp e
cie di pazzia q u a n d o vedeva u o m in i e d o n n e m ossi u n ic a m e n te dallo suono di alcu n i is tru m e n ti, o eccitati dalle co rd e m usicali, m oversi, g ira re e sal
ta re da sp irita ti. Di q u i c o m in ciaro n o i dispiaceri e le opposizioni. — Mio p a d r e d esid e ra v a fare di m e u n a si
g n o r i n a galante, che fosse l ’a n im a delle con v ersazio n i g e n iali; io al c o n tra rio a b b o rri v a og n i g e n e re di lusso o di v ana com parsa. — Mio p a d re m i co n dusse u n a volta al te a tro e fu u n a volta s o la ; giacché i discorsi che si facevano, le cose che si r a p p r e s e n t a vano e lo sm odato vestire e ra n o in c o m patib ili coll’ onestà e colla coscienza del cristiano. — Ma le m ie afflizioni si a c c re b b ero dallo spreco che si faceva del d a n a ro in cose in u tili e talvolta
d a n n o se . — Q u a ra n ta p e rso n e di s e r vizio p e r q u a ttro perso n e: io, i miei g e n ito r i ed u n fratello. Due carrozze ca d u n o , u n a p e r l ' estate, l ' a ltra p er l ’in v e rn o con un n u m e r o c o r r is p o n dente di cavalli e di cocchieri; due g u a r d ia p o r to n e , due p o rtie ri, due m a g g io r domo, due m a e stri di etich etta, o come si d ice, due m a e stri di c e r i m o n ie . Il rim a n e n te e r a occupato nei vari uffizi d o m estici. Tante perso n e di servizio, m e n tre la d ecim a p a rte avrebbe b astato a tutto e p e r tu tti.
Nelle sedie, n e i pavim enti, n e i letti, n e lla m e n s a l ' oro e l’argento e ra n o scialacq u ati. — Non è che mio p a d re n o n avesse re lig io n e ; chè tra tta v a b e n e i frati e i p re ti og n i volta che se ne p r e s e n ta v a l ' occasione; anzi godeva q u a n d o poteva seco avere a
m e n s a q u a lc h e illu stre p e rs o n a g g io , com e sa re b b e u n c an o n ico , prevosto o p relato ; m a ciò con fine u m a n o , p e r far p a r la r e di sé e p e r essere lodato.
Se e r a richiesto di qu alch e c a rità , p e r lo p iù sciam ava che aveva molte spese, m olte im poste, d im in u zio n e di
e n tr a te e simili. In ta n to si trovavano som m e e n o rm i p e r d a re delle serate agli am ici, in tr a p r e n d e r e lu n g h i e spen- diosissimi viaggi, c a n g ia re e r im o d e r n a r e ogni a n n o i suppellettili di casa;
senza calcolar il continuo ca n g ia re , v e n d e re , c o m p e ra re carrozze, cavalli con im m ensi dispendi.
Nelle stesse lim osine io n o n vedeva ce rta m e n te quello che dice il vangelo:
la sin istra non sappia quello che fa la tua destra. Tutto l ' opposto. Se n o n fa- cevansi p rofondi in ch in i, pubblici e r i p e tu ti r in g ra z ia m en ti, o se n o n si dava in qualche m odo p u b b licità alle offerte, p e r lo più qu ella offerta e r a l ’ultim a; nè p iù avrebbesi potuto cavargli u n soldo sotto allo specioso pretesto che quel tale e r a u n in g ra to , m a in re a ltà p e rc h è n o n aveva su o n ata la tro m b a ai q u a ttro venti.
Mi sem b rav a p o tersi d ire col S alv ato re:
H anno già ricevuto la loro mercede.
Un g io rn o ho dim andato a m io p a d re come intendeva le parole del vangelo:
Date il superfluo ai poveri. Rispose egli che questo e ra consiglio, m a n o n p r e cetto. Mi s e m b ra , aggiunsi, che la p a ro la
Date sia di modo im p erativ o e p e rc iò u n vero com ando e non un consiglio.
Non mi fece alcuna risposta. Altra volta gli d im an d ai come intendesse quelle a l
tre p a ro le del vangelo: Guai a i ricch i; è p iù facile che una grossa fune passi per la cruna d ’u n ago che u n ricco si salvi.
Queste cose, egli disse, bisogna che si studino, si sa p p ia n o , m a n o n ferm arcisi tro p p o so p ra, a ltrim e n ti fanno p e r d e r e la pace del cu o re , anzi fa re b b e ro d are la volta al cervello se u n o di troppo se ne desse pensiero.
Tale risp o sta fu come u n a scintilla alle m ie p e rtu rb a z io n i. Se è u n a verità, io diceva, p e rc h è non m e d ita r la s e m p r e ? P e rc h è dal mondo è d im e n tic a ta ? Quel guai a i ricchi v o r r à forse dire che essi d e b b a n o a n d a re tutti p e rd u ti?
siccome ci vuole u n g r a n m ira c o lo p e r chè u n a grossa fune passi pel foro di un ago, così è forse d’uopo che si o p e r i u n m ira c o lo di questo g e n e re p e rc h è u n ricco si salvi? Se è così difficile che u n ricco si salvi, n o n è meglio m ettere in p ra tic a il consiglio del Salvatore: ven
dete quello che possedete e datelo a i poveri?
Mio pad re dice che il p e n s a re s e r ia m e n te a queste cose po treb b e far d are volta al cervello. Ma se p roduce questo t e r rib ile effetto il solo p e n sie ro , che s a rà di chi avesse la sventura di p ro v a rn e le conseguenze della m in a c c ia del Sal
vatore che sa re b b e l ’e te rn a p e rd izio n e?
CAPO IX.
Le angustie.
Agitata dal p en siero delle difficoltà che h a u n ricco p e r p o tersi salvare, m i sono re c a ta da un v e n e ra n d o eccle
siastico p e r avere in stru z io n i e c o n forto. Quell’uo m o di Dio m i rispose che queste parole vogliono essere n e l loro vero senso in te rp re ta te . Volle il Salvatore significare, diceva, che le r i c chezze sono vere spine e sorgente infausta di pericoli n ella via della sal
vezza, e ciò pel g ra n d e abuso che p er lo p iù se ne fa; spese i n u t i l i , viag
gi in o p p o r t u n i , in te m p e ra n z e, b a l l i , giu o ch i, oppressione dei deboli, fra u -
dazioni della m e rc e d e agli operai: a p p a g a m e n ti di passioni indegne, liti in giuste, odio, ra b b ia e vendette, ecco il frutto che m olti raccolgono dalle loro ricchezze. P e r costoro le sostanze te m p o rali sono u n gran rischio di p e r v e r sione s p iritu ale, e di costoro a p punto disse il salvatore: Guai ai ricchi; è p iù facile che una grossa fune passi per
la cruna d i u n ago, che u n ricco si salvi.
Ma coloro che fanno b u o n uso delle ricchezze, che s e n e servono a vestire i n u d i, a d a r da m a n g ia re ai poveri affa
m a ti, d a r da b ere agli assetati, a lb e r g a re p e lle g rin i; quelli che senza v a n a g lo ria e senza am bizione d a n n o il superfluo ai p o v e r i , costoro, dico, h a n n o un mezzo di salvezza nella loro sostanza te m p o r a le , e sanno c a n g ia r le ric c h e z ze , che sono vere spine, in fiori p e r l’e te rn ità . Credetelo: q u a n do Dio dà delle sostanze tem p o ra li ad u n u o m o , fa u n a g ra z ia , m a la g ra z ia è assai m ag g io re, q u a n d o in s p ira il coraggio di farne b u o n uso.
Voi i n t a n t o , conchiuse quel d i r e t to re , n o n datevi affanno p e r le ricchezze
che avete; g iacché con esse voi p o tete fare molte opere b u o n e , e a c q u i
starvi g ra n m erito p e r l ' a ltra vita. P r o cu ra te so lam en te di farne bu o n uso.
Vi ra c c o m a n d o p e rò due cose assai i m p o rta n ti. La p r im a di n o n essere tanto stre tta nel calcolare il superfluo.
Alcuni si p en sa n o che dando u n d e cim o od u n ventesim o in lim o sin a, p o s sano del resto farne q u e ll’uso che loro to r n e r à p iù grad ito . Non è così. Disse Iddio di d a re il superfluo ai p o v e ri senza fissare nè decimo n è ventesimo.
P erciò d o b b iam o soltanto te n e r c i p er n o i il necessario d a n d o n e il r i m a n e n t e ai poveri.
Vi ra c c o m a n d o in secondo luogo di non mai d im e n tic a re che n o n p o r te rem o con noi alc u n a sostanza t e m p o rale alla tom ba, e che p e rc iò , da volere a n o n volere, o p er a m o re o per forza, o in vita o in m o rte , do b b iam o a b b a n d o n a re tutto. È meglio p e rta n to sta c c arci dalle cose t e r r e n e v o lo n ta ria m e n te con m e rito e farne b u o n uso n ella vita, che ab b a n d o n a rle poi p e r forza e senza m e rito al p u n to della m orte.
Questa risposta sem plice e c h ia ra i n vece di a c q u ie ta rm i ac c re b b e o g n o r più le m ie angustie. Mi sono con ferm ata n ella p ersu asio n e che le ricchezze sono u n g r a n pericolo di p e rv e rsio n e , e che è cosa m olto difficile farne b u o n uso.
In quelle m ie incertezze ho voluto c o n s u lta r e le opere di u n santo, a cui m io p a d r e m i aveva avvezzata a farne fre
qu en te le ttu ra . E ra questi s. Girolamo, che la Chiesa p ro clam a il m assim o d o t
to r e nello in te r p r e ta r e le sante s c r i t t u r e . Desidero, diceva il pad re mio, che la m ia figliolanza si r e n d a fam igliare la l e t t u r a delle lettere di questo glorioso n o stro concittadino. La su a eloquenza, la su a d o ttrin a , la su a c hiarezza mi h a n no sem p re eccitato all’entusiasm o.
P e rta n to ho voluto consultare q u e sto g ra n m a e stro .
Ma egli p a r im e n ti nelle sue le tte re q u a e là c h ia m a le ricchezze: spine che pun g o n o , peso che agg rav a gli u o m in i e dal cielo li stra s c in a alla t e r r a ; s tr u m e n ti che accecano i più veggenti;
oggetti di p erversione; m a te r ia in f a u sta di cu i l’uom o suole serv irsi p e r isca-
varsi l’abisso di p erd iz io n e ; alim ento della s u p e rb ia , della v a n a g lo r ia e d e l
l ’am bizione; esca p e r se c o n d a re le più sfrenale passioni.
S. Gerolam o stesso volle d a re esem pio della s tim a che devesi fare delle cose del m o ndo. A bbandonò p a tr ia , p a r e n ti, am ici, pose in n o n cale il v a sto cam po di g lo ria che gli p re p a r a v a lo s tr a o r d in a r io suo ingegno; tutto volle a b b a n d o n a re p e r a n d a rs i a n a s c o n d ere n ell’o rr id o deserto di Calcide.
Ma ciò che p iù di ogni a ltra cosa m i colpi fu ro n o le p a ro le con cui p o n e fine alla vita di san Paolo prim o e- r e m ita . Dopo aver b e lla m e n te esposte le azioni di quel glorioso a b ita to r della T e b aid e co n c h iu d e c o s ì:
« In fine di questo racco n to m i sia perm esso di in t e r r o g a r e i ricchi ed i p o te n ti del secolo, i quali sp re c a n d o il d a n a ro fab b ric a n o palazzi d’oro e di m a r m o ; e c o m p ra n o possessioni di cui ig n o ra n o il prezzo ed il co n fin e; d i
cano costoro: che cosa m an cò a questo p overo vecchio, cioè a P a o lo ? Voi, o
ricchi, bevete in tazze in g e m m a te , e Paolo b e v e n d o l’ a c q u a col concavo della m a n o soddisfece così al bisogno della sete. Voi p o rta te abiti la v o ra ti in ricam o o tessuti d’oro; e Paolo fu s e m p r e contento di u n a p o v e ra tu n ic a , q u a le n e m m e n o p o rta n o gli u ltim i dei vostri schiavi. Ma in ta n to a questo p overo è aperto il p a ra d is o , e a voi l ’in fe rn o . Egli a m a n d o la n u d ità , conservò la veste, ossia la grazia di Gesù Cristo;
e voi vestiti in seta avete p e rd u to il v e s tim e n to d e l l a g r a z i a di Cristo. Paolo è sepolto v ilm e n te sotto u n p o ’ di t e r r a ; m a egli ris u s c ite rà in g l o r i a ; m e n tr e voi coi sepolcri la vorati in m a r m i squisiti e o rn a ti in oro r i s u sciterete p e r a r d e re t r a le fiamme. Deh!
a b b ia te p ie tà di voi e delle vostre r i c chezze e n o n le sp en d ete in cose vane ed inutili. P e rc h è vestire i cadaveri dei v ostri m o rti con vesti d o ra te ? L’a m b izione e la van ità non cesserà n e m m en o alla to m b a ? F o rse i corpi dei r ic c h i n o n possono m a r c ir e se n o n av
volti in se ta ?
O voi tu tti che leggete queste cose
ric o rd a te v i di p r e g a r e p e r me Girolamo peccatore.
Vi dico in verità che se Dio m e ne desse la scelta, eleggerei piuttosto la pov era t u n ic a di Paolo c o ’ suoi m e riti, che la p o r p o r a e tu tti i re g n i della t e r r a . »
F in q u i S. G erolam o.
La d o ttr in a e l ’esem pio di questo santo a c c re b b ero gli affanni m iei al p u n to di gettarm i in u n a vera c o ste r
nazione.
Altro doloroso avvenimento pose il colmo a’ m ali m iei. La c a ra m ia g en i
tric e , il sostegno, la d ire ttric e delle cose te m p o rali e m orali della famiglia, la m ia g u id a , il m io tu tto cessava di vivere dopo breve m alattia.
Una cosa di lei m i rim a se a lta m e n te im p ressa n ella m ente.
Allora che il sacerd o te le dava il crocifisso a b a c i a r e , d ic e v a : Ecco il n o stro am ico , il n ostro m odello, m e t tiam o in lu i la n o s tra fiducia. Non m ai alcuno, che abbia sperato in lui, restò confuso.
Come, dissi tra me p ia n g e n d o , Gesù
Cristo è n o stro m o d e llo ; egli m oriva p overo, n u d o so p ra u n d u ro legno, a b beverato con fiele e m i r r a ! Che t e r rib ile confro n to ! I n n o s tr a casa l ’a r gento, l ’oro, il lusso, le bibite p iù r i c e rc a te, e n o n già inzuppate in u n a s pugna, m a versate in vasi di cristallo o d’altra sostanza preziosa. Quale som i
g lian za a d u n q u e avvi t r a Cristo m o dello e chi lo dovrebbe im ita re ?
F in a lm e n te la m o r ib o n d a m a d re m ’indirizzò queste u ltim e parole: A nge
lin a, disse s trin g e n d o m i la m a n o e v e rsa n d o la c r im e di com m ozione, io n o n posso p iù vivere, sp e ro di m o r i r n ella m is e ric o rd ia del S ig n o re ; m a r i cordati che la m o rte è t e r r ib ile per chi ha godute agiatezze che p e r forza deve p e r sem p re a b b a n d o n a r e . Se Dio ti c h ia m a a qualche atto generoso, sia anche t u g e n e ro sa a c o r ris p o n d e re , nè m ai d i m e n tic a re che i sacrifizi fatti n ella vita s a r a n n o la r g a m e n te com pensati al p u n to di m o rte . A llora l ’u o m o r a c coglierà il frutto di q u a n to h a s e m i
n ato n ella vita. Queste parole a llu d e vano al p e n sie ro p iù volte m anifestato
a m ia m a d re di vo lerm i r i t i r a r e in q u a lc h e m o n a ste ro p er c o n s a c ra rm i definitivam ente al Signore.
C A P O X.
La fuga.
Dopo la m o rte d ell’a m a ta g e n i trice le cose di n o s tr a famiglia s u b i
r o n o notabilissim e m utazioni. Mio f r a tello m e rc è u n m a trim o n io aveva quasi r a d d o p p ia te le molte sostanze di cui e r a già p a d ro n e . — Un onesto col
lo c a m e n to si stava p re p a r a n d o e z ian dio p e r me. T u tti i m iei p a r e n ti ne esaltavano la convenienza. Ma io p r o vava la p iù viva rip u g n a n z a a quello stalo, anzi ogni gio rn o p iù m i cresceva il desiderio di a n d a rm i a n a s c o n d e re in u n m o n a ste ro di c a p p u ccin e, con cui la n o s tra fam iglia ten ev a relazioni.
Mio p a d r e voleva che accettassi il fi
danzato proposto, e m i p ro ib ì se v e ra m e n te di p e n s a re a farm i religiosa.
Se tu vai in m o n a ste ro , mi diceva se
ve ra m e n te , io v errò a tr a r t i fuori o viva o m orta.
Di p iù egli p e r motivi suoi p a r t i colari desid erav a che m i allontanassi dalla fam iglia e pro ib en d o m i il m o nastero bisognava scegliere il m a t r i m onio. Egli trattò ogni cosa da sè, come se io avessi dato pien o c o n se n so, e aveva fino fissata l’epoca dello sposalizio. Io m i trovava nella m a s sim a co stern azio n e. Chi mi dà co n si
glio, chi mi d irig e rà nelle mie i n c e r tezze? an d a v a esclam ando vagando per
la m ia c a m e ra . Fu a llo ra che quasi m acc h in a lm e n te corsi a p r o s tr a r m i da
vanti ad u n ’im m agine della santa Ver
gin e dove m ia m a d r e soleva po rsi g i nocchioni p e r fare le sue p reg h iere.
Fosse p er la stanchezza, o p e r l’affanno, fosse p er la r im e m b ra n z a della p e r d ita di lei, io caddi svenuta. In quel m o m en to n o n so se in sogno o n ella i m m ag in azio n e vidi m ia m a d re che mi disse in tuono severo: Il tuo scam po è nella fuga. R itorno in m e stessa, m e dito quel p en siero e risolvo di effet
tu arlo.
Ma dove a n d a r e ? e n t r a r nelle ca p p u c c in e ? avrei com prom esse quelle b u o n e relig io se; d’altro n d e chi avrebbe p o t u to prevedere le escandescenze di mio
p a d re ?
Colsi l ’ occasione in cu i questi e r a fu o ri di casa p e r q u a lc h e g i o r n o , sola m i recai da u n a r i g a ttie r a , c o m p e ra i abiti da fantesca, me li in d o s sai invece de’ m iei, dicendo alla n e goziante di te n e r questi presso di sè finché io fossi r ito r n a ta . Di poi n a scosta allo sguardo a ltru i da u n a grossa e logora cuffia, con u n can estro in m an o in cui aveva rip o sto u n p o ’ di p a n e con alcuni frutti p e r la g io rn a ta , p a r tii dalla p a tr ia m ia p e r a n d a r dove la divina provvidenza m i avesse condotta.
Cam m inai tutto il g io rn o ; m a g iu n ta la se ra m i tro v ai in u n a tris ta p o s i
zione. E ra notte o sc u ra , e doveva c a m m in a r e u n a strad a d eserta in cui n o n a p p a riv a n è o rm a di u o m in i, n è se
gni che an c h e a q u a lc h e distanza a- bitasse a n im a viva. Verso la m ezza
n o tte non p o ten d o p iù c a m m in a r e m i scostai alq u a n to dalla via p e r r i p o s a r
m i alc u n i istanti. Già m i e r a seduta, q u a n d o a poca distanza scorgo un lum e Tacita allora mi vi avvicino, p e rsu a sa di tro v are qu alch e perso n a am ica; e già apriva bo c c a p e r d im a n d a r e ricovero p e r qu ella notte; qu a n d o invece vidi otto u o m in i che m angiavano e bevevano al
le g ra m e n te r a c c o n ta n d o ciascuno i f u r ti e gli assassini commessi n ella s c o r sa g io rn a ta . Non caddi a t e r r a , p e rc h è Dio mi so s te n n e ; m a il m io spavento fu g ra n d e . C am m inando sulla p u n ta dei p ie d i p e r n o n fare r u m o r e r i t o r n a i su lla s tra d a p r i m i e r a e feci a n c o r a al
c u n e ore di cam m ino finché n o n p o te n d o p iù re g g e rm i decisi di s ed erm i p resso u n cespuglio c h ’e r a accanto alla s tra d a . Ma che? fosse u n cane, u n a volpe od altro a n im a le che giaceva d en tro al c e s p u g lio , egli ebbe p a u r a di me com e p iù a n c o r a io l ’ebbi di lu i. Mandò u n grido che si avvicinava all’u rlo del lupo e fuggendo u rtò in m e , e m i git- tò a te rra . Potei a n c o ra alzarm i, c a m m in a r e alc u n i istanti finché ric a d d i come m o rta. Senza che me n e fossi a c c o rta ciò avvenne alla p o rta del cim i-
tero. Un profondo sonno con g iu n to ad u n a quasi totale p ro stra z io n e di forze m i invase e rim a s i come in un letarg o sino al m a ttin o . Nel sonno m i p a re v a di es
sere inseguita e quasi ra g g iu n ta da q u e ’ m a l a n d r i n i , quan d o la m oglie d i Pietro v en n e ad in g in o c c h ia rsi so p ra di m e c r e d e n d o m i la riv a del cim itero.
Taluno forse d im a n d e r à che ne sia stato di m io p a d re . Da notizie r icev u te p o s te rio rm e n te conobbi com e egli a p p e n a i n tesa la m ia fuga m o n tò sulle fu
r ie e corse alle cap p u c c in e. Nè a v en d o m i colà trovata si m ostrò m olto desolato p e r l’incertezza della m ia sorte finché u n amico gli disse: P e rc h è m a i affan
narvi; vostra figlia con q u esta a zio n e vi h a r in n e g a to da p a d r e e con ciò si rese in d e g n a del nom e di vo stra figlia.
A queste parole si acquetò; e rivolse le sue sollecitudini p e r effettuare il pro g etto che da q u a lc h e tem po va
gheggiava e che la sola m ia p resen za in fam iglia faceva r i t a r d a r e . Mio f r a tello p rese la cosa in senso benevolo.
Se a m ia sorella, disse egli, va a garbo ch iu d e rs i in u n m o n a ste ro , sia p u r e