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Università degli Studi di Napoli Federico II Scuola Politecnica e delle Scienze di Base

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Academic year: 2021

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Università degli Studi di Napoli Federico II Scuola Politecnica e delle Scienze di Base

Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria per l’ambiente ed il territorio

Indagine sperimentale per la rimozione di IPA da suoli contaminati artificialmente ammendati con forsu e paglia di

fungaia

Relatore

Ch.mo Prof. Massimiliano Fabbricino

Correlatore

Candidato Mirko Onorato Matricola M67/000151 Ing. Antonio Panico

ANNO ACCADEMICO 2015/2016

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Abstract

Il lavoro di tesi ha riguardato lo svolgimento di un‘indagine sperimentale finalizzata a valutare l’efficienza di una particolare tecnica di biorisanamento per la rimozione di particolari inquinanti, denominati idrocarburi policiclici aromatici (IPA) da suoli contaminati. La tecnica in questione è un processo biologico che adopera particolari batteri noti come IPA-degradatori il cui metabolismo è supportato dalla presenza di particolari ammendanti. Il biorisanamento sfrutta la similitudine tra la molecola della lignina e quella degli IPA e la capacità degli IPA-degradatori di sintetizzare enzimi ligninolitici, con i quali possono abbattere questi inquinanti particolarmente diffusi nell’ambiente. Gli IPA sono emessi e prodotti mediante: le attività industriali, il traffico veicolare, il riscaldamento domestico, lo sversamento dei reflui e la petrogenesi.

L’interesse scientifico rivolto a questi inquinanti deriva dalla loro pericolosità, essendo questi: tossici, cancerogeni e mutogeni. Risultano inoltre poco solubili in acqua e ciò li rende resistenti al degrado ambientale e di conseguenza bioaccumulabili negli organismi viventi. Si presentano con una struttura ad anelli di benzene fuso (figura 1.1), il cui numero determina la loro resistenza al degrado. Maggiore è questo numero, più difficili sono da abbattere.

Figura 1.1 – Strutture ad anelli di benzene fuso

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Si è scelto di studiare due IPA in particolare: l’antracene ed il pirene, rispettivamente a tre ed a quattro anelli di benzene fuso. Per favorire la proliferazione batterica ed il rendimento dei microorganismi, sono stati introdotti i seguenti due ammendanti: la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (forsu) e la paglia di fungaia. Quest’ultima è stata sottoposta a trattamento in autoclave nel corso dello svolgimento di alcuni dei test sperimentali, per verificarne l’efficcia come ammendante, escludendo la possibilità di una bioaugmentation derivante dalla presenza di biomasse specifiche associate al substrato. I reattori della sperimentazione (figura 1.2) sono stati così organizzati: due sistemi contenenti un terreno artificiale, di cui uno con paglia autoclavata e l’altro con paglia non autoclavata, e due sistemi contenenti un terreno naturale, ammendati come i precedenti. I reattori sono cilindri in plexiglas collegati ad una pompa dell’aria che assicura i processi aerobici al loro interno (figura 1.3).

La connessione pompa-reattore passa per una bottiglia d’acqua da un litro, adoperata per assicurare una certa umidità nei sistemi.

Figura 1.2 – I quattro reattori della sperimentazione

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3 Figura 1.3 – Il sistema di areazione collegato al reattore

Per assicurare l’isolamento termico dei reattori rispetto l’ambiente esterno, i sistemi sono stati coperti con una spuma poliuretanica lavorata in fogli di colore argentato che ha fatto da isolante termico. Il coperchio che chiude ogni reattore presenta tre fori. Il più grande di 5 cm in diametro consente il campionamento del terreno, mentre i due più piccoli da 2 cm permettono l’uno l’installazione di un filtro e l’altro l’inserimento di una sonda per la temperatura. I principali risultati ottenuti sono riassunti nella figure 1.4 e 1.5 che chiaramente denotano un buon successo nello sviluppo del processo.

Figura 1.4 – Andamento complessivo della degradazione dell‘antracene

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4 Figura 1.5 – Andamento complessivo della degradazione del pirene

Indipendentemente dalle cinetiche di reazione, infatti, i quattro reattori adoperati hanno portato allo stesso risultato, ovvero, alla quasi completa rimozione di antracene e pirene, con rendimenti rispettivamente del 99%

e del 90%. Ciò porta a concludere che la tecnica proposta ha ottime

prospettive di applicazione anche su impianti a piena scala.

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