LEZIONI 29-30 MARZO 2021 1. Diritto degli stranieri alla salute.
1.2. La normativa pertinente
Il diritto alla salute è diritto umano fondamentale, per la prima volta affermato nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo all’art. 25, che afferma un diritto alla salute incluso in un assai più ampio diritto al benessere proprio e della propria famiglia e al diritto a vivere una vita dignitosa (1.
Ogni individuo ha diritto ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. 2. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza.
Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori da esso, devono godere della stessa protezione sociale).
Secondo la definizione data dall’OMS (1949) la salute non è semplicemente l’assenza di malattia ma una condizione di benessere fisico, psichico e sociale (stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente assenza di malattia), un diritto di ogni individuo non soltanto all’assistenza sanitaria.
Il diritto alla salute è sancito naturalmente anche dal Patto ONU sui diritti economici, sociali e culturali del 1966 (art. 12), e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’UE (art. 35) che ne da tuttavia una definizione più ristretta, limitata alla prevenzione e cura, senza accennare al principio di equità (Ogni individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana).
Per quanto concerne la Convenzione europea per i diritti dell’uomo, benché la Convenzione e i suoi Protocolli non garantiscano il diritto alla salute in sè, la Corte Europea ha stabilito che gli Stati membri hanno al riguardo diversi obblighi positivi ai sensi degli articoli 2 e 8. Devono, in primo luogo, introdurre disposizioni che impongano agli ospedali pubblici e privati di adottare misure idonee a proteggere l’integrità fisica dei loro pazienti e, in secondo luogo, devono fornire alle vittime di negligenza medica una procedura in grado di offrire loro, ove occorra, il risarcimento del danno.
Tali obblighi si applicano ai sensi dell’articolo 8 qualora la lesione non metta a repentaglio il diritto alla vita, garantito dall’articolo 2 (Vasileva c. Bulgaria, 17.3.2016, Application no. 23796/10 §§ 63- 69; İbrahim Keskin c. Turchia, 27.3.2018 , Requête no 10491/12 § 61).
Riguardo alla diritto alla salute dei minori, come abbiamo già visto la convenzione internazionale di riferimento resta la Convenzione Onu sui diritti del fanciullo (art. 24) e la soft law pertinente, in particolare il Commento Generale n. 15/2013 del Comitato CRC sul diritto di tutti i minori in quanto tali di godere del più alto standard di salute possibile.
Passando all’ordinamento giuridico italiano, il diritto di tutti alla salute è sancito all’art. 32, c.1, della nostra Costituzione non solo quale diritto individuale ma anche come interesse della collettività, affermando al contempo anche il principio di civiltà e di umanità per il quale le cure sono gratuitamente assicurate anche agli indigenti (La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti).
Naturalmente l’interesse della collettività, come oggi più che mai comprendiamo, è quello della prevenzione delle malattie e dei contagi.
L’Italia è stato il primo paese in assoluto a sancire il diritto alla salute agli stranieri, anche a prescindere dalle risorse economiche e dallo stato di regolarità sul territorio, mediante l’introduzione di apposite norme nel TUI: gli artt. 34, 35 e 43, nonché l’art. 2 che riconosce allo straniero presente nel territorio dello stato i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti.
Tra le fonti primarie rileva, inoltre, il decreto legislativo n. 502/1992 recante il riordino della disciplina in materia di assistenza sanitaria.
La normativa secondaria di riferimento consiste nel regolamento attuativo Dpr 394/1999 (art. 42), nella circolare del Ministero della Salute n. 5/2000, nell’Accordo Stato Regioni e Provincie Autonome del 20.12.2012 e nel Dpcm 12.1.2017 recante “Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502”.
Assistenza sanitaria agli STRANIERI MINORENNI.
Ai figli minori degli stranieri regolari iscritti al servizio sanitario viene assicurata fin dalla nascita l’assistenza sanitaria, anche nelle more dell’iscrizione al servizio (art. 34 t.u. e 42 reg. att.).
Ai figli minori degli stranieri irregolari è garantita la tutela della salute in esecuzione della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (art. 35, co.3, lett. b) t.u. e art. 24 Convenzione Onu sui diritti del fanciullo ratificata con L. 176/1991). + Legge Zampa n. 47/2017: iscrizione al servizio sanitario nazionale dei MSNA anche nelle more del rilascio del permesso di soggiorno.
Assistenza sanitaria agli STRANIERI adulti
a) Stranieri adulti regolari sul territorio italiano
Agli stranieri iscritti al S.S.N. viene assicurata l’assistenza sanitaria in condizioni di parità con i cittadini italiani. L’assistenza sanitaria spetta altresì ai familiari a carico regolarmente soggiornanti.
Iscrizione obbligatoria al S.S.N.:
• stranieri regolarmente soggiornanti che abbiano in corso regolare attività di lavoro o siano iscritti nelle liste di collocamento, inclusi i titolari di permessi di soggiorno quali, per esempio, assistenza minore, ricerca scientifica, ecc. che consentono di svolgere un'attività lavorativa per la quale è previsto l'assolvimento degli obblighi previdenziali e fiscali1
• stranieri regolarmente soggiornanti o che abbiano chiesto il rinnovo del titolo di soggiorno per lavoro subordinato, autonomo, motivi familiari, status di rifugiato, status di apolide, protezione sussidiaria, per richiesta di asilo, per attesa adozione, per affidamento, per acquisto della cittadinanza, casi speciali, protezione speciale, pds per cure mediche, pds per lungo soggiornanti, carta di soggiorno per familiari stranieri di cittadini UE, donne in gravidanza e fino ai sei mesi successivi alla nascita bambino e padre del neonato, altre categorie residuali di stranieri.
Þ Nelle more del primo rilascio del permesso di soggiorno si procede all’iscrizione temporanea al S.S.N. sulla base dell’avvenuta richiesta del permesso di soggiorno.
Inoltre tutti gli stranieri detenuti ed internati hanno l’obbligo di iscrizione al S.S.N. con esclusione della compartecipazione alla spesa. (decreto legisl. n. 230/1999 e circ. Ministero della Salute n. 5 del 24 marzo 2000).
Ø L’iscrizione al servizio sanitario non è necessariamente correlata alla residenza anagrafica o al domicilio, ma può essere riferita al luogo di effettiva dimora (art. 42, c.2, Dpr 394/99).
L’iscrizione ha la stessa durata del permesso di soggiorno ed è estesa al periodo di rinnovo.
Per quanto concerne i richiedenti asilo, essi rientrano nell’iscrizione obbligatoria e, poiché nei primi 60 dopo il rilascio del pds per richiesta asilo non possono esercitare attività lavorativa, è prevista la loro automatica esenzione dal pagamento del ticket, che continua qualora successivamente i richiedenti asilo si iscrivano come disoccupati nelle liste di collocamento.
Inoltre il mancato rilascio ai richiedenti asilo del codice fiscale ha comportato per molto tempo l’impossibilità di iscrizione al servizio sanitario regionale. Tuttavia, nel 2016 una circolare dell’Agenzia delle Entrate ha disposto il rilascio da parte delle questure di un codice fiscale provvisorio (soltanto numerico) ai richiedenti asilo, destinato a venire sostituito dal codice fiscale definitivo una volta ottenuto il permesso di soggiorno per richiesta di protezione internazionale.
Altro problema si è verificato con l’abolizione, da parte del d.l. 113/2018 conv. in legge n. 132/2018, dell’iscrizione anagrafica per i richiedenti asilo, sebbene la medesima legge prevede che l’accesso ai
1 Come da circ.8489/2009 Ministero del Lavoro
servizi sul territorio ai sensi della normativa vigente avvenga sulla base del luogo di domicilio. Molti pubbliche amministrazioni tuttavia hanno creato notevoli ostacoli per l’erogazione dei servizi, incluso quelli sanitari, per mancanza di residenza anagrafica.
Nel 2020 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della norma che aveva abrogato l’iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo2. Successivamente il legislatore è intervenuto a ripristinarla, con il D.L. n. 130/2020.
Iscrizione volontaria al S.S.N.
Coloro che non rientrano nelle sopra elencate categorie sono tenuti ad assicurarsi per malattie, infortunio e maternità oppure hanno il diritto di iscriversi volontariamente al S.S.N.
Si tratta degli stranieri con permesso di soggiorno superiore a tre mesi, fatti salvi i titolari di permesso di soggiorno per studio e gli stranieri collocati “alla pari” (art. 34 t.u. e art. 42 regol.
att.) che possono iscriversi anche se hanno un pds di durata inferiore.
Hanno inoltre diritto all’iscrizione volontaria altre categorie che possono essere individuate per esclusione con riferimento all’iscrizione obbligatoria, quali ad esempio il personale religioso (circ. Ministero della Salute n. 5 del 24 marzo 2000).
Inoltre ricordiamo che i genitori ultrasessantacinquenni possono ricongiungersi ai loro figli in Italia solo se contraggono assicurazione o vengono volontariamente iscritti al S.S.N., sempre che gli altri figli non possano provvedervi per documentati gravi motivi di salute (art. 29 T.u.) L’iscrizione volontaria ha un costo rapportato al reddito e comunque in linea generale il costo minimo parte da 387,34 euro. Essa ha valenza annuale e dà diritto alla stessa assistenza fornita al cittadino italiano.
Stranieri non iscrivibili al S.S.N.
Gli stranieri con permesso di soggiorno non superiore ai tre mesi non sono iscrivibili al S.S.N..
A costoro vengono erogate le prestazioni sanitarie a fronte della corresponsione del pagamento secondo le tariffe regionali e dalle provincie autonome.
Stranieri che usufruiscono di assistenza sanitaria in base ad accordi internazionali.
Esiste, infine, una categoria di stranieri che usufruisce in Italia di assistenza sanitaria in base a specifici trattati bilaterali o accordi di reciprocità con i loro Paesi di origine. In questi casi le prestazioni sono quelle indicate nei trattati o accordi (Es. Santa Sede, Rep. San Marino, Serbia, Montenegro, Bosnia, Brasile ecc..)
2 Sentenza C.Cost.le n. 186/2020.
b) Stranieri adulti irregolari sul territorio italiano
Agli stranieri adulti irregolari sono assicurate le cure ambulatoriali ed ospedaliere urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia ed infortunio e sono estesi i programmi di medicina preventiva a salvaguardia della salute individuale e collettiva (art. 35 T.u.).
In particolare sono garantite tra le cure urgenti ed essenziali:
• la tutela della gravidanza e della maternità (compresa l’IVG) a parità di trattamento con le cittadine italiane;
• la tutela della salute del minore in esecuzione della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo;
• le vaccinazioni, gli interventi di profilassi internazionale e la profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive.
Inoltre, ai sensi della circolare n. 5/2000, vi rientrano gli interventi curativi e riabilitativi disposti per le tossicodipendenze di cui al Dpr 309/1990.
Sempre la circolare n. 5/2000 chiarisce che per cure urgenti si intendono le cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persona; mentre per cure essenziali si intendono le prestazioni sanitarie, diagnostiche e terapeutiche, relative a patologie non pericolose nell’immediato e nel breve termine ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita.
Tali prestazioni sono erogate senza oneri per gli stranieri irregolari, qualora si dichiarino privi di risorse economiche.
Agli stranieri irregolari, in sede di prima erogazione di assistenza, viene assegnato un codice regionale “STP” (Straniero temporaneamente presente) con validità semestrale rinnovabile.
Lo straniero dovrà fornire le proprie generalità per farsi attribuire il codice, senza obbligo di esibire alcun documento di identità.
Il codice STP rimane anonimo ed è composto, oltre che dalla sigla Stp, dal codice ISTAT relativo alla struttura sanitaria che lo rilascia e da un numero progressivo attribuito al rilascio (art. 43 t.u.). Lo stato di indigenza viene attestato mediante autodichiarazione al momento dell’assegnazione del codice.
Ø E’ importante infine ricordare che l’accesso alle strutture sanitarie da parte dello straniero irregolare non può comportare alcun tipo di segnalazione alle autorità di pubblica sicurezza (art. 35, c.6, Tu.), salvo obbligo di referto.
Il personale medico è obbligato a effettuare denuncia (referto) in presenza di riscontro della commissione di un delitto procedibile di ufficio durante le prestazioni di assistenza.
Non è invece obbligatorio il referto quando questo esporrebbe la persona assistita a procedimento penale (art. 365/2 c.p.): in linea di massima, quindi, l'obbligo di referto sussiste solo quando la persona che ricorre alle cure del sanitario sia la vittima del reato perché prevale la tutela della salute (art. 32 Costituzione) rispetto all'interesse al perseguimento dei reati.
Le spese mediche sostenute per gli stranieri irregolari sono finanziate dal Ministero della salute.
Ingresso per cure mediche.
Esistono tre tipologie di ingresso per cure mediche.
1) Lo straniero che intende ricevere cure mediche in Italia e l’eventuale accompagnatore possono ottenere uno specifico visto di ingresso ed il relativo permesso di soggiorno (art. 36 t.u. e 44 regol.att.).
Ottenere un visto di ingresso e un permesso di soggiorno per cure mediche non è impresa semplice. Il visto deve essere richiesto alla rappresentanza diplomatica italiana previa presentazione di:
- dichiarazione della struttura sanitaria che accoglierà lo straniero che indichi il tipo di cure e la durata delle stesse;
- attestazione di avvenuto deposito presso la stessa struttura sanitaria di una somma a deposito pari al 30% del costo presunto delle prestazioni richieste;
- dichiarazione che comprovi anche attraverso l’impegno di un garante la disponibilità in Italia di risorse sufficienti per il pagamento delle spese sanitarie, di vitto e alloggio e delle spese di rimpatrio per sè e l’eventuale accompagnatore.
- Certificazione sanitaria rilasciata nel paese di origine corredata da traduzione in italiano attestante la patologia del richiedente.
2) Lo straniero fa ingresso per cure in Italia nell’ambito di interventi umanitari governativi, disciplinati dal dlgs n. 502/1992. Il Ministero della Salute di concerto con il MAECI autorizza l’ingresso di stranieri residenti in paesi privi di strutture sanitarie idonee. Al Ministero della salute spetta individuare la struttura sanitaria idonea e rimborsare le prestazioni.
3) Lo straniero fa ingresso in Italia nell’ambito di interventi umanitari posti in essere dalle regioni (L. n. 449/1997). Le regioni possono erogare prestazioni sanitarie di alta specializzazione a stranieri che provengono da paesi in cui non è possibile accedere all’assistenza sanitaria e da paesi dove non sono accessibili prestazioni specialistiche specifiche.
Accanto alle ipotesi di ingresso sopra indicate, occorre ricordare lo speciale permesso di soggiorno per cure mediche rilasciato dalla questura su richiesta della commissione territoriale nell’ambito della procedura di richiesta della protezione internazionale oppure in autonomia, che il d.l. n. 130/2020 ha reso convertibile in pds per motivi di lavoro.
c) Cittadini comunitari. Diritto alla salute tutelato nella direttiva UE n. 38/2004 come recepita nel dlgs. n. 30/2007 relativo alla libertà di soggiorno e circolazione dei comunitari e dei loro familiari.
Per soggiorni superiori ai tre mesi, hanno l’obbligo di iscriversi all’anagrafe e conseguente obbligo di iscrizione al SSN.
Per soggiorni inferiori ai tre mesi, la tessera TEAM garantisce le prestazioni urgenti e indifferibili.
Per i comunitari indigenti che non possono iscriversi all’anagrafe per mancanza di requisiti reddituali e dunque neanche al SSN, se soggiornano più di tre mesi sono assimilati agli stranieri irregolari e viene loro rilasciato un tesserino ENI (Europeo non iscritto).
Le maggiori criticità inerenti la fruibilità del diritto alla salute da parte degli stranieri irregolari.
La legislazione nazionale sopra descritta ha trovato negli anni difficoltà di concreta applicazione da parte di molte regioni. Ciò è dovuto dalla competenza concorrente tra Stato e Regioni in materia di assistenza sanitaria (allo Stato spetta la determinazione dei principi fondamentali, presenti nelle norme del TUI), congiuntamente alla competenza esclusiva dello Stato in materia di immigrazione (art. 117 Cost.).
Lo Stato si è dotato in materia sanitaria dei c.d. LEA livelli essenziali di assistenza, che corrispondono per quanto concerne gli stranieri alle norme del T.u immigrazione che abbiamo analizzato in precedenza, a cui anche gli artt. 62 e 63 del Dpcm 12.1.2017, di attuazione del decreto legislativo n.
502/1992, fanno rinvio.
A tale proposito il comma 8 dell’art. 43 del T.u. immigrazione stabilisce che le Regioni individuano le modalità più opportune per assicurare che le cure essenziali e continuative agli stranieri irregolari possano essere erogate dalle strutture ambulatoriali o ospedaliere, pubbliche o private, eventualmente in collaborazione con organismi di volontariato aventi specifica esperienza.
L’erogazione di prestazioni agli stranieri irregolari per malattie non urgenti ma essenziali è dunque disciplinata in modo difforme da regione a regione, ma in linea di massima tutte danno molto spazio al volontariato.
Secondo la circolare del Ministero della Salute n. 5/2000 le prestazioni sanitarie essenziali, ancorchè continuative, devono essere erogate comunque con accesso diretto, senza impegnativa.
La mancata attuazione delle norme statali da parte delle regioni ha condotto nel 2012 al già citato Accordo Stato Regioni, che ha ribadito i principi della legislazione nazionale ancora disattesi dalle Regioni.
Purtroppo a tutt’oggi si riscontra un mancato automatismo dell’applicazione dell’Accordo Stato Regioni del 2012, per il quale teoricamente non vi sarebbe necessità di leggi regionali applicative.
Esso è stato recepito con apposita legge solo da 13 Regioni e 1 provincia autonoma. In caso di inadempienza nell’osservanza dell’accordo, lo Stato avrebbe potere sostitutivo (legge Cost. le n.
3/2001) ma ciò non si è mai verificato.
Per tale ragione si riscontrano diversità di applicazione della normativa nazionale a livello regionale.
In particolare ricordiamo:
- mancata iscrizione al SSN dei minori irregolari, nella fascia di età 14 – 18 anni. Solo 12 Regioni riconoscono l’assistenza privilegiata fino ai 18 anni, mentre le altre escludono la fascia 14-18.
- assistenza sanitaria differenziata ai minori irregolari, tra possessori del codice fiscale e non: in alcune regioni possono accedere al pediatra di base solo i minori con codice fiscale, gli altri invece accedono al pediatra dei consultori (in 5 regioni). La difficoltà nasce perché solo ai minori nati in Italia da stranieri irregolari viene assegnato il codice fiscale.
In alcune regioni si è utilizzato il codice STP “ampliato” che permette l’accesso al pediatra o al medico di base.
- esonero dal ticket: in alcune regioni il codice di esonero vale per le prestazioni sanitarie ma non dà esonero per i farmaci (as es. in Lombardia).
2. Diritto degli stranieri all’istruzione 2.1 La normativa pertinente
v Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, art. 26: istruzione almeno elementare gratuita e obbligatoria.
v Le convenzioni internazionali:
• Patto sui diritti economici sociali e culturali (art.13)
• Convenzione Onu sui diritti del fanciullo (art. 28 e articolo 2)
• CEDU art. 2, Protocollo n. 1 (“Il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di assicurare tale educazione e tale insegnamento secondo le loro convinzioni
religiose e filosofiche.), in combinato disposto con il divieto di discriminazione di cui all’articolo 14 della CEDU (“Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione”).
• Convenzione UNESCO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura) contro la discriminazione nell’educazione del 14 dicembre 1960, ratificata con legge 656/1996
v Normativa europea:
- la Carta dei diritti fondamentali (art. 14 prevede il diritto all’istruzione e alla formazione professionale e l’ accesso gratuito all’istruzione obbligatoria) - la direttiva UE/2016/801 relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei
cittadini di paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi, e collocamento alla pari recepita con dlgs.n. 71/2018
v Normativa nazionale:
• Costituzione italiana
art 2: riconosce e garantisce anche agli stranieri i diritti inviolabili dell’uomo.
art.3: principio di uguaglianza formale e sostanziale art. 34:
La scuola è aperta a tutti.
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi.
La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.
• Principale legislazione nazionale e normativa secondaria T.u. immigrazione art. 38 e 39
Dpr 394/1999 art. 45 e 46 L. 47/2017 Legge Zampa art. 14
Altra legislazione pertinente in materia di diritto all’istruzione:
• L. 107/2015 Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti (legge sulla Buona Scuola)
• Dlgs n. 76/2005 Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione
• dlgs.n. 71/2018 di recepimento della direttiva UE/2016/801
a) Stranieri minorenni
Nel nostro o.g. l’obbligo di istruzione comprende un ciclo scolastico di 10 anni di frequenza compiuti e riguarda i ragazzi fino ai 16 anni compiuti.
La formazione riguarda la fascia di età 16-18 anni e si svolge con la prosecuzione degli studi negli istituti scolastici oppure con la formazione professionale o l’apprendistato.
E’ vietata qualunque discriminazione nel campo dell’educazione fondata sulla razza e sull’origine nazionale (Convenzione UNESCO contro la discriminazione nell’educazione del 14 dicembre 1960, ratificata con legge 656/1996).
L’ art. 2 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (CRC) comprende un diritto dei bambini contro le discriminazioni molto ampio ed articolato, che fa espresso riferimento anche ai motivi di discriminazione legati alle condizioni dei genitori e degli altri familiari:
Art. 2
1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza.
2. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari.
I minori stranieri presenti sul territorio sono soggetti all’obbligo scolastico e ad essi si applicano tutte le disposizioni vigenti in materia di diritto all’istruzione, di accesso ai servizi educativi, di partecipazione alla vita della comunità scolastica (Art. 38 Tui).
Essi hanno diritto all’istruzione indipendentemente dalla regolarità del soggiorno, nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani e sono soggetti all’obbligo scolastico in condizioni di parità con i minori italiani.
I minori stranieri privi di documentazione anagrafica o in possesso di documentazione irregolare o incompleta sono iscritti con riserva. L’ iscrizione con riserva non pregiudica il conseguimento dei
titoli di studio e comunque, in mancanza di accertamenti negativi sull’identità dichiarata, il titolo viene rilasciato all’interessato con i dati identificativi acquisiti al momento dell’iscrizione (art. 45 reg. att.).
In mancanza di documenti la scuola deve iscrivere comunque il minore straniero, poiché la posizione di irregolarità non influisce sull’esercizio di un diritto dovere riconosciuto (circol. MIUR n. 24 del 1°
marzo 2006). Se entro sei mesi l’adulto di riferimento non documenta la condizione di genitore, la scuola segnala il caso all’Autorità giudiziaria (art. 9 L.184/1983).
L’istruzione e la formazione di tutti i minori presenti sul territorio italiano, compresi i minori stranieri, costituisce oltre che un diritto soggettivo un dovere sociale ai sensi dell’art. 4, 2° co., della Costituzione, il cui mancato rispetto è sanzionato come reato (art. 1, co.6, e art. 5 decreto legislativo.
76/2005)
Il Sindaco è l’autorità incaricata alla sorveglianza ed eventuale denuncia di reato alle autorità ex art. 331 cpp.
Nel nostro ordinamento giuridico è garantito il diritto dei minori stranieri anche all’accesso alla scuola dell’infanzia, a prescindere dalla condizione di regolarità dei genitori.
Infatti, tale diritto non è stato limitato né compromesso dalle norme del pacchetto sicurezza, sebbene l’art. 6, co. 2, del t.u. immigr. (come modificato dalla l. 94/2009) escluda espressamente dall’obbligo di esibizione del permesso di soggiorno solo i provvedimenti attinenti alle prestazioni scolastiche obbligatorie. Infatti, il diritto in questione rimane garantito dalle diverse disposizioni normative sopra elencate.
Diritto allo studio e lingua italiana.
Il diritto allo studio è stato reso effettivo mediante l’attivazione di appositi corsi ed iniziative per l’apprendimento della lingua italiana in capo allo Stato, alle Regioni e agli enti locali (art. 38, comma 2, T.U. Immigrazione).
Inoltre, la comunità scolastica, nel recepire le differenze linguistiche e culturali come un valore, promuove e favorisce «iniziative volte all’accoglienza, alla tutela della cultura e della lingua d’origine e alla realizzazione di attività interculturali comuni» (art. 38, comma 3, T.U. Immigrazione).
La normativa italiana prevede l’inserimento di tutti gli alunni nelle classi ordinarie, a prescindere dalla cittadinanza, dalle competenze linguistiche e da ogni altra circostanza, evitando l’istituzione di classi composte in misura predominante da stranieri.
La circolare del Ministero dell’Istruzione n.2 dell’8 gennaio 2010 sottolinea l’importanza che si proceda a una equilibrata distribuzione degli alunni di cittadinanza non italiana, evitando la costituzione di classi fortemente disomogenee e che sia pertanto adottato di norma il criterio della soglia del 30%.
Le linee-guida emanate dal MIUR nel febbraio 2014, hanno imposto un’equa distribuzione delle iscrizioni al fine di favorire le composizione eterogenea delle classi, tanto per provenienza territoriale quanto per vocazione religiosa dei minori, evitando la formazione delle classi c.d.
“ghetto”. L’intesa tra scuole ed enti locali ha, poi, consentito di rispettare il limite massimo del 30%
studenti stranieri in conformità alla Circolare Ministeriale n. 2 dell’8 gennaio 2010.
Successivamente la Legge 13 luglio 2015 n. 107 sulla riforma del sistema scolastico (c.d. legge Buona Scuola) ha indicato, tra gli obiettivi del potenziamento dell’offerta formativa, l’alfabetizzazione ed il perfezionamento dell’italiano come seconda lingua (art. 1, comma 7, lett. r); mentre, con il Decreto Ministeriale 19 ottobre 2016 n. 797 è stato predisposto il Piano per la formazione dei docenti 2016/2019, che si rivolge anche al personale di scuola operante in contesti di elevata complessità multiculturale, proponendo appunto una formazione alla multiculturalità e cittadinanza globale, poi approvato dal MIUR con nota n. 2239 del 28 aprile 2017.
La normativa vigente in ogni caso non consente l’istituzione di classi speciali separate di soli studenti stranieri neanche come fase transitoria.
Per quanto concerne i minori stranieri non accompagnati, con la L. n. 47/2017 le istituzioni scolastiche e formative accreditate dalle Regioni devono assolvere l’obbligo scolastico mediante la conclusione di convenzioni volte a promuovere programmi di apprendistato e progetti specifici (P.E.I.) che coinvolgano i mediatori culturali (art. 14, commi 3 e 4, L. n. 47/2017). A decorrere dal momento dell'inserimento del minore nelle strutture di accoglienza, le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado e le istituzioni formative accreditate dalle regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano attivano le misure per favorire l'assolvimento dell'obbligo scolastico e formativo da parte dei minori stranieri non accompagnati, anche attraverso la predisposizione di progetti specifici che prevedano, ove possibile, l'utilizzo o il coordinamento dei mediatori culturali, nonche' di convenzioni volte a promuovere specifici programmi di apprendistato.
Al termine del percorso di studi, di ogni grado ed ordine, i msna devono ricevere i relativi titoli conclusivi con i dati identificativi acquisiti al momento dell’iscrizione, anche nel caso in cui questi compiano la maggiore età nelle more del completamento degli studi.
In ogni caso gli studenti stranieri maggiorenni hanno diritto a completare gli studi, qualora raggiungano la maggiore età prima della fine del ciclo di istruzione. In conformità all’orientamento della Corte di Strasburgo, secondo la quale il diritto all’istruzione non si esaurisce nell’accesso agli stabilimenti scolastici, ma deve necessariamente concretarsi anche nella possibilità di trarre vantaggio dall’istruzione ricevuta, vedendosi riconoscere ufficialmente gli studi compiuti.
Nell’anno scolastico 2018/2019 le scuole italiane hanno accolto complessivamente circa 858.000 studenti con cittadinanza non italiana, di cui 553.000 sono gli alunni stranieri nati in Italia, che costituiscono ormai quasi i due terzi (64,5%) del totale.
Tra gli studenti stranieri le maggiori criticità restano comunque legate all’abbandono scolastico, che finisce spesso per condizionare la qualità del loro inserimento nel mondo del lavoro. Nella scuola secondaria di primo grado il tasso di abbandono scolastico degli studenti stranieri è infatti al 2,92%, contro lo 0,45% relativo agli alunni con cittadinanza italiana.
(dati Miur: “La dispersione scolastica nell’anno scolastico 2016/2017)
b) Stranieri maggiorenni.
E’ consentito l’ingresso e il soggiorno per motivi di studio degli stranieri maggiorenni per la frequenza a corsi di studio di istruzione secondaria superiore e corsi di istruzione e formazione tecnica superiore e per la frequenza a corsi di formazione professionale e tirocini formativi (art. 39 bis t.u.).
L’ingresso per formazione professionale e tirocini formativi è però contingentato, in quanto triennalmente vengono stabilite dal Ministero del Lavoro con decreto i numeri di visti di ingresso rilasciabili per questa motivazione (articolo 39 bis TUI).
L’ingresso in Italia rientra tra gli ingressi c.d. “fuori quota”, di cui all’articolo 27, lett. f), TUI.
Non trattandosi di lavoro, il visto è rilasciato per studio.
Inoltre è previsto l’ingresso ed il rilascio del permesso di soggiorno per ricerca scientifica, al di fuori delle quote – flussi e sulla base di una convenzione di accoglienza con l’istituto di ricerca (art. 27 ter t.u.).
Durata del permesso di soggiorno per studio.
La legge n.128 /2013, dispone che la durata del permesso di soggiorno per studio corrisponderà a quella del ‘corso di studio di istituzioni scolastiche, universitarie e dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica o per formazione debitamente certificata’ frequentato. Gli studenti stranieri dovranno dimostrare ogni anno di aver sostenuto esami o verifiche di profitto, ma non saranno più costretti a rinnovare annualmente il permesso di soggiorno.
Accesso all’Università
Gli stranieri maggiorenni hanno accesso ai corsi delle università e viene loro concesso il permesso di soggiorno per motivi di studio (art. 39 t.u.i.. e 46 reg. att.).
Gli atenei, sulla base di criteri predeterminati e in applicazione della regolamentazione sugli accessi all'istruzione universitaria, stabiliscono, entro il 31 dicembre di ogni anno, il numero dei
posti da destinare alla immatricolazione degli studenti stranieri ai corsi di studio universitari, per l'anno accademico successivo (art. 46 Reg.att.).
Legge n. 145/2013 (art.5) ha abrogato la norma che prevedeva il contingente di visti di ingresso annualmente stabilito con decreto del MAECI, di concerto con il MIUR e Ministero dell’Interno.
Il permesso di soggiorno per ricerca lavoro o imprenditorialità degli studenti.
L’art. 39-bis.1 del d.l.gs. n. 286/1998, introdotto dal d.lgs. n. 71/2018 in recepimento della normativa europea3, prevede un permesso di soggiorno per ricerca lavoro o imprenditorialità degli studenti, già titolari di permesso di soggiorno per studio, che abbiano conseguito in Italia un dottorato di ricerca o un master universitario o la laurea triennale o specialistica o il diploma accademico di primo o secondo livello o il diploma di tecnico superiore. Costoro possono dichiarare la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro presso i servizi per l'impiego, e richiedere un permesso di soggiorno di durata non inferiore a nove e non superiore a dodici mesi, al fine di cercare un'occupazione o avviare un'impresa coerente con il percorso formativo completato.
Tale permesso di soggiorno può naturalmente essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, subordinato o autonomo.
La disposizione in esame è volta a facilitare l’accesso al mercato del lavoro dello Stato membro in cui lo studente svolge gli studi al fine di coprire in parte il costo degli studi, in ottemperanza alle disposizioni della direttiva europea 2016/8014.
Il permesso di soggiorno per ricerca lavoro o imprenditorialità degli studenti è tuttavia subordinato al possesso di un reddito familiare minimo5, ossia non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale, analogamente a quanto richiesto per l’ottenimento del permesso di soggiorno per attesa occupazione.
3 Il dlgs n. 71/2018 ha recepito la direttiva UE 2016/801 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’1.5.2016, relativa alle condizioni di ingresso e soggiorno dei cittadini di Paesi terzi per motivi di ricerca, studio, tirocinio, volontariato, programmi di scambio di alunni o progetti educativi e collocamento alla pari. Con l’introduzione dell’art. 39 -bis 1, ha contestualmente abrogato il vecchio c. 11 bis dell’art. 22 TUI.
4 Per una disamina della direttiva 2016/801 e delle norme di recepimento, v. P.Bonetti, Osservatorio Italiano in Riv.
Diritto, Immigrazione, Cittadinanza,
https://www.dirittoimmigrazionecittadinanza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=71:osservatorio- italiano&catid=48:osservatori-n-2-2018
5 Di cui all’art. 29, c.3, lett. b), del TUI.