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Università LUMSA Dipartimento di Giurisprudenza, Economia, Politica e Lingue moderne. Prof.ssa Stefania Dall Oglio. Lezioni 1-2 marzo 2021

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Lezioni 1-2 marzo 2021

Argomenti trattati:

L’ingresso in Italia per motivi di lavoro

• Ingresso mediante nell’ambito delle quote stabilite con i “decreti flussi”.

• Il lavoro stagionale

• Il lavoro autonomo

• L’ingresso in Italia per lavoro “fuori quota”

La perdita del rapporto di lavoro

Il rapporto di lavoro dello straniero irregolarmente soggiornante.

Le conseguenze dell’ingresso, soggiorno e permanenza illegale sul territorio.

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L’ingresso in Italia per motivi di lavoro

1. Ingresso mediante nell’ambito delle quote stabilite con i “decreti flussi”.

Il TUI (art. 3) stabilisce che sia predisposto ogni tre anni (salva la necessità di un termine più breve) un documento programmatico relativo alla politica dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, col quale devono essere individuati, tra l'altro, anche i criteri generali per la definizione dei flussi d'ingresso. Con decreto, poi, del Presidente del consiglio, sentiti il Comitato per il coordinamento e il monitoraggio, la Conferenza unificata e le competenti Commissioni parlamentari sono definite annualmente, sulla base dei criteri generali individuati nel documento programmatico, le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale, e per lavoro autonomo, tenuto conto dei ricongiungimenti familiari, delle misure di protezione temporanea eventualmente disposte ai sensi dell’art. 20.

Il decreto-flussi può attribuire delle quote riservate a cittadini provenienti da determinati Paesi terzi oppure a specifiche categorie, così come possono es- sere penalizzati dal punto di vista numerico i cittadini dei Paesi terzi che non collaborano con lo Stato italiano al contrasto all’immigrazione clande- stina o alle procedure di riammissione.

Questi decreti annuali devono tener conto delle indicazioni fornite, in modo articolato per qualifiche o mansioni, dal ministero del lavoro e della previdenza sociale sull'andamento dell'occupazione e dei tassi di disoccupazione a livello nazionale e regionale, nonché sul numero dei cittadini stranieri non appartenenti all'Unione europea iscritti nelle liste di collocamento (art. 21, co. 4 TUI).

È quindi nell’ambito delle quote fissate sulla base delle risultanze di suddette procedure che può essere autorizzato l’ingresso nel territorio dello Stato e possono essere rilasciati permessi di soggiorno per motivi di lavoro (salvo gli ingressi per lavoro nei casi particolari di cui all'art. 27 e ss. del TUI).

Ma la legge aggiunge, anche, che in caso di mancata pubblicazione del decreto di programmazione annuale, il Presidente del consiglio dei ministri può provvedere in via transitoria con proprio decreto. Adesso, con la legge di conversione del d.l. n. 130 (legge n. 173/2020) sono stati opportunamente abrogati sia il riferimento temporale al 30 novembre, che il rispetto dei limiti quantitativi fissati nell’ultimo decreto emanato.

Per quanto riguarda poi, specificamente, il lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, l’ingresso può avvenire o su richiesta nominativa da parte del datore di lavoro o su chiamata numerica in base ad iscrizione su apposite liste. Attraverso, infatti, le intese finalizzate alla regolamentazione dei flussi con paesi non appartenenti all’Unione europea possono essere predisposte delle liste di prenotazione per l'ingresso dei lavoratori provenienti da questi paesi (liste speciali di collocamento), le quali vanno ad alimentare l'anagrafe informatizzata da costituire presso il ministero del lavoro (art. 21, co. 7).

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Per evidenti motivi, la quasi totalità delle domande è stata formulata con richiesta nominativa; e come l’esperienza insegna, il più delle volte il datore di lavoro ha già avuto, in modo irregolare, alle sue dipendenze il lavoratore straniero.

Il datore di lavoro che vuole assumere un lavoratore straniero residente all’estero deve utilizzare la procedura telematica e inviare al sito nullaostalavoro.interno.it una richiesta nominativa di assunzione, rispettando i termini iniziale e finale indicati nel decreto-flussi per l’anno in corso.

I requisiti per la richiesta nominativa comprendono un reddito minimo (diverso a seconda del lavoro da svolgere) da parte del datore di lavoro, un alloggio idoneo per il lavoratore straniero, la proposta di contratto di soggiorno (comprensivo di tutti gli elementi dell’accordo: prestazioni, orario, contratto di lavoro, ecc.), l’impegno al sostenimento delle spese per il rimpatrio dello straniero in caso di allontanamento e infine l’inesistenza di motivi ostativi all’ingresso del lavoratore straniero.

Lo sportello unico per l’immigrazione (SUI) rilascia al datore di lavoro entro 60 gg. il nulla osta al lavoro (valido 6 mesi) e lo trasmette all’ambasciata italiana all’estero, che a sua volta rilascia al lavoratore il visto di ingresso.

Entrato in Italia, il lavoratore si deve presentare entro 8 giorni allo Sportello Unico che ha rilasciato il nulla-osta per sottoscrivere il contratto di soggiorno per lavoro.

La legge Bossi-Fini del 2002, ha infatti introdotto il contratto di soggiorno (art. 5 bis TUI) che costituisce presupposto per il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato e che deve contenere, oltre alle condizioni contrattuali, la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore (fin dal momento della presentazione della richiesta di nullaosta al lavoro e quindi ben prima dell’effettivo utilizzo) e l’impegno al pagamento delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel paese di provenienza. a partire dalla legge 4 aprile 2012, n.

35, la stipula del contratto di soggiorno è sostituita dalla dichiarazione contenuta nel modello UNILAV (Modello Unificato Lavoro), con cui il datore si limita a comunicare l’assunzione e a garantire l’alloggio idoneo e le eventuali spese di rientro.

Il contratto di soggiorno fu indicato dalle forze politiche come lo strumento per ancorare strettamente il soggiorno dello straniero alla permanenza di un contratto di lavoro. In realtà tale automatismo non poteva e non può venire ad operare, in quanto la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno, come vedremo a seguire.

In aggiunta alla procedura di cui sopra, è stato reintrodotto l’istituto della c.d. “indisponibilità” con un decreto legge del 2013 in materia di promozione dell’occupazione: per l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato con uno straniero residente all’estero è necessaria la “previa verifica,

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presso il centro per l'impiego competente, della indisponibilità di un lavoratore presente sul territorio nazionale idoneamente documentata”.

Ø Va ricordato che nelle procedure di ingresso per il decreto flussi, oltre ai SUI presso le prefetture e alle Ambasciate italiane all’estero, sono competenti ai controlli sul datore di lavoro le Direzioni Provinciali del lavoro e le Questure.

Infine, per quanto concerne le cause ostative, l’art. 22, c. 5 bis e ter, prevede che il nulla osta all’assunzione da parte dello sportello unico venga rifiutato:

a) se il datore di lavoro è stato condannato anche con sentenza non definitiva per:

- Reati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina

- Reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o impiego di minori in attività illecite

- Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro,

- Occupazione alle proprie dipendenze di lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno.

b) se i documenti presentati sono stati ottenuti mediante frode, falsificati o contraffatti.

1.1 Il lavoro stagionale

Per quanto concerne il lavoro stagionale, esso è regolamentato dall’art. 24 T.u., conformemente alla direttiva 2014/36/UE, recepita con Dlgs. 203/2014.

L’ingresso dei lavoratori stagionali avviene anch’esso con il meccanismo dei decreti flussi.

Il lavoro stagionale è tuttavia limitato al settore agricolo e turistico alberghiero.

Il relativo permesso di soggiorno, come già detto, ha una durata massima di 9 mesi.

La richiesta di assunzione del lavoratore subordinato stagionale va fatta dal datore di lavoro con le stesse modalità dell’assunzione del lavoratore non stagionale.

Tuttavia le particolarità dell’assunzione per lavoro stagionale sono le seguenti:

a) Silenzio assenso del SUI: qualora non comunichi il diniego entro 20 gg., la richiesta si considera accolta a condizione che riguardi uno straniero che abbia già prestato lavoro stagionale almeno una volta nei cinque anni precedenti presso il medesimo datore di lavoro che lo richiede e che deve averlo regolarmente assunto rispettando le condizioni contrattuali;

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b) Il nulla osta può essere concesso a più datori di lavoro che impieghino lo stesso lavoratore in periodi successivi nell’arco di tempo massimo di 9 mesi, in modo che il lavoratore possa rimanere sul territorio;

c) Il lavoratore stagionale che abbia già svolto attività lavorativa per almeno tre mesi può convertire il permesso di soggiorno in lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato nel limite delle quote di ingresso;

d) Lo straniero che abbia svolto lavoro stagionale almeno una volta nei cinque anni precedenti può avere un permesso di soggiorno pluriennale, con indicati i periodi di validità per ciascun anno e per la durata massima di tre anni, sempre che disponga di una proposta di contratto per “impieghi ripetitivi”;

e) Una particolare attenzione alle condizioni di vita e di alloggio del lavoratore stagionale:

qualora il datore di lavoro fornisca l’alloggio al lavoratore stagionale per il quale chiede il nulla osta, deve esibire al SUI il titolo che dimostri la effettiva disponibilità dell’alloggio e l’idoneità alloggiativa dello stesso. Inoltre il canone di locazione non può essere eccessivo e non deve comunque superare un terzo della retribuzione. In ogni caso la relativa retta non può essere trattenuta dal datore sulla busta paga.

A tale riguardo occorre evidenziare che il tasso di lavoro irregolare degli stranieri nel settore dell’agricoltura è il più elevato di tutti e, conseguentemente, il fenomeno dello sfruttamento lavorativo in agricoltura è molto diffuso.

Nel 2016 è entrata in vigore la legge n. 199 che ha conferito maggiore efficacia al contrasto dell’intermediazione illecita e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura (“Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo”).

Lo sfruttamento lavorativo, alle sue estreme conseguenze, porta al lavoro forzato, attuato con violenza, minacce, inganno, abuso di autorità.

Le condizioni di lavoro dei braccianti agricoli stranieri nelle campagne del Sud Italia sono, infatti, definibili para –schiavistiche, come dimostrato dai diversi rapporti, in primis il Rapporto Presidio 2015 “Nella terra di nessuno. Lo sfruttamento lavorativo in agricoltura” di Caritas Italiana.

Dallo stesso rapporto risulta, inoltre, che solo il 25,2% dei lavoratori agricoli è alloggiato in case (tutti gli altri in baracche, campi, tende e casolari).

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Ø Cenni sul diritto all’alloggio per gli stranieri irregolari

Questi dati devono portarci ad una riflessione sul diritto all’alloggio come diritto fondamentale della persona umana, quale previsto dalle convenzioni internazionali e dalla nostra stessa Costituzione (art. 2 diritti inviolabili dell’uomo) così come interpretata dalla Corte Costituzionale.

Come vedremo meglio più in là, tuttavia, l’alloggio in centri di accoglienza, quale prestazione socio assistenziale, viene riservato dal T.u. immigrazione solo agli stranieri indigenti regolarmente presenti sul territorio (art. 40 e art. 3 T.u.).

Esiste quindi una frizione tra la normativa interna da un lato e i principi costituzionali e la normativa internazionale sui diritti umani dall’altro: una frizione che ritroveremo spesso nel nostro percorso, e che può essere sanata solo facendo riferimento ai criteri di gerarchia delle fonti.

La linea di demarcazione per la tipologia dei diritti fruibili da parte degli stranieri è proprio costituita dallo stato di regolarità sul territorio.

D’altro canto, per consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale, esiste un nucleo essenziale di diritti fondamentali della persona umana di cui tutte le persone sono titolari, a prescindere dalla prescindere dalla cittadinanza ed anche, in alcuni casi, dalla regolarità sul territorio. (V. anche la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo e le convenzioni internazionali successivamente adottate).

Infatti, la giurisprudenza della Corte Costituzionale in materia si impernia essenzialmente su due principi concomitanti:

1) principio di ragionevolezza: sono ammessi regimi di trattamento differenziato per italiani e stranieri solo in presenza di una causa normativa non palesemente irrazionale o arbitraria (v. per tutte Sent. n. 432/2005);

2) principio della parità di trattamento (art. 3 cost.) riguardo al godimento dei diritti inviolabili dell’uomo, c.d. diritti fondamentali, per i quali non è possibile alcun trattamento differenziato tra cittadini e stranieri (cfr. sent. n. 432/2005, n. 306/2008 e 11/2009). Tra questi rientra il diritto sociale ad una sistemazione alloggiativa (cfr.

anche sent. n. 209/2009)

Secondo la Corte Costituzionale, dunque, è ammesso il trattamento differenziato per prestazioni non afferenti a diritti fondamentali e sempre che si rispetti il principio di ragionevolezza.

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[Art. 40 T.u.: 1. Le regioni, in collaborazione con le province e con i comuni e con le associazioni e le organizzazioni di volontariato, predispongono centri di accoglienza destinati ad ospitare, anche in strutture ospitanti cittadini italiani o cittadini di altri Paesi dell'Unione europea, stranieri regolarmente soggiornanti per motivi diversi dal turismo, che siano temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative e di sussistenza.

Art. 3, c. 5, T.u.: Nell'ambito delle rispettive attribuzioni e dotazioni di bilancio, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti locali adottano i provvedimenti concorrenti al perseguimento dell'obiettivo di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono il pieno riconoscimento dei diritti e degli interessi riconosciuti agli stranieri nel territorio dello Stato, con particolare riguardo a quelli inerenti all'alloggio, alla lingua, all'integrazione sociale, nel rispetto dei diritti fondamentali della persona umana]

Occorre da ultimo tenere presente che la vendita o l’affitto di un immobile allo straniero irregolarmente presente integra il reato di cessione di immobile e fornitura di alloggio allo straniero privo di titolo di soggiorno, solo se la cessione o fornitura avvenga per trarne ingiusto profitto (art. 12, c. 5 bis T.u.).

In caso di condanna, l’immobile viene sottoposto a confisca.

La fattispecie di reato non è integrata dagli atti di liberalità con finalità di aiuto.

Tornando allo sfruttamento in agricoltura, vale la pena menzionare che, proprio per l’imponenza e la gravità del fenomeno, quest’anno è stato emanato, in base alla citata legge n. 199, il primo Piano triennale di contrasto allo sfruttamento in agricoltura e al caporalato 2020-2022

Occorre, inoltre, tenere presente che la gestione illegale della domanda e offerta di lavoro e le infiltrazioni mafiose nella filiera agroalimentare generano in Italia una economia sommersa ed illegale di oltre 5 miliardi di euro, secondo quanto riportato dall’Osservatorio Placido Rizzotto, FLAI-CGIL: “Quarto rapporto su agro mafie e caporalato” (Roma, 2018).
 Secondo il medesimo rapporto, sono ottanta gli epicentri italiani dello sfruttamento e ventisette i distretti agricoli coinvolti.

Basti guardare a quanti incidenti mortali hanno riguardato negli ultimi anni i grandi ghetti nelle zone agricole del sud, come il ghetto di San Ferdinando a Reggio Calabria e quello di Borgo Mezzanone in Puglia, entrambi sgomberati con provvedimenti molto discussi dalle associazioni che si

occupavano dei migranti nei ghetti da anni

(https://www.avvenire.it/c/attualita/Documents/BorgoMezzanone10.07.pdf)

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Nel 2016 i dati ci dicono, inoltre, che l’evasione fiscale per i lavoratori dipendenti irregolari nel settore agricolo si attestava tra i 642 milioni ed il miliardo di euro.

Mancanza di tutele per i lavoratori stagionali

I lavoratori stagionali, pur appartenendo alla categoria dei lavoratori subordinati con contratto a tempo determinato, in caso di perdita del lavoro prima della scadenza del contratto non possono ottenere un permesso di soggiorno per attesa occupazione, né usufruire delle misure di sostegno al reddito.

Sebbene la disciplina del permesso di soggiorno per lavoro stagionale si riveli essere l’unica che parzialmente, anche perché coinvolge solo due settori, sia in grado di agganciarsi alle reali esigenze del mercato del lavoro1, si concorda con chi ha imputato al legislatore italiano l’approccio al migrante visto come “ospite temporaneo”2, senza guardare alla sua integrazione.

Come descritto nei paragrafi precedenti (vedi supra), il permesso di lavoro stagionale può, infatti, essere convertito in permesso di soggiorno per lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, dopo tre mesi di lavoro stagionale, ma soltanto nell’ambito delle quote appositamente previste per tale conversione all’interno del decreto flussi.

Tale possibilità è tuttavia più teorica che pratica, in quanto di assai difficile attuazione.

Infatti, la conversione deve avvenire in vigenza del decreto flussi annuale e nell’arco temporale per l’invio delle domande stabilito dal Ministero dell’Interno: dunque un lavoratore stagionale che riceva un’offerta di lavoro subordinato in un momento dell’anno in cui non è stato emanato ancora il decreto flussi o in cui il termine per la presentazione della domanda sia scaduto non avrà la possibilità di effettuare la conversione.

Inoltre, occorre ribadire che i decreti flussi degli ultimi anni hanno previsto esigue quote non solo di ingressi per lavoro ma anche per la conversione dei permessi di soggiorno3, anche a causa del limite delle quote previste dall’ultimo decreto emanato, previsto dalla disposizione recentemente abrogata dal d.l. 130/20204. La difficoltà da un lato di convertire il permesso di soggiorno e dall’altro l’impossibilità di accedere al permesso per attesa occupazione e alle misure di sostegno al reddito, rendono i lavoratori stagionali ad altro rischio di irregolarità e di sfruttamento. In aggiunta va in proposito considerato che l’esclusione dall’indennità di disoccupazione priva il lavoratore

1 F. Curi, F. Martelloni, A. Sbraccia, E. Valentini, I migranti sui sentieri del diritto. Profili socio-criminologici, giuslavoristici, penali e processualpenalistici, Torino, Giappichelli, 2020, p. 72.

2 Ibidem.

3 Il decreto flussi 2020 (D.P.C.M. 7 luglio 2020 Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori non comunitari nel territorio dello Stato per l'anno 2020) ha previsto la conversione di n. 4.060 permessi di soggiorno stagionale, a fronte di 18.000 ingressi autorizzati per lavoro stagionale.

4 La disposizione, abrogata dal d.l. 130/2020 convertito in legge 173/2020, era contenuta all’art. 3, c.4, del TUI.

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dell’interesse a pretendere che il datore di lavoro denunci correttamente i giorni lavorati5.

1.2 Il lavoro autonomo (art. 26 T.u.)

L’ingresso per lavoro autonomo avviene nell’ambito delle quote. Come già detto il pds per lavoro autonomo permette il lavoro subordinato e viceversa, senza dover convertire il permesso di soggiorno in corso di validità, che andrà convertito solo alla scadenza.

Il lavoratore autonomo deve dimostrare idonea sistemazione alloggiativa e un reddito minimo non inferiore all’importo minimo previsto per l’esenzione alla partecipazione alla spesa sanitaria.

2. L’ingresso in Italia per lavoro “fuori quota”.

L’ingresso per lavoro non avviene esclusivamente tramite il sistema delle quote ma, in via residuale e marginale, anche attraverso ingressi c.d. “fuori quota”, che prevedono la possibilità di assumere lavoratori stranieri a prescindere dall’emanazione del decreto flussi.

Si tratta di particolari tipologie di ingresso previste agli artt. 27, 27 ter, 27 quater, 27 quinquies e 27 sexies del T.u., di seguito elencate.

a) Casi particolari: dirigenti o personale altamente specializzato di società estere, lettori universitari, professori universitari, traduttori e interpreti, lavoratori temporaneamente trasferiti dall’estero in Italia, marittimi, circensi, artisti per spettacoli, ecc. ecc.. v. casi elencati da art. 27. Di regola la loro assunzione avviene sempre tramite richiesta al SUI e rilascio di nulla osta.

b) Ricerca scientifica: possono chiamarli gli istituti di ricerca, sulla base di una convenzione di accoglienza. La richiesta va fatta sempre al SUI che rilascia il nulla osta (v. art. 27 ter).

c) Trasferimenti intra – societari: riguarda il distacco temporaneo in Italia di dipendenti di aziende con sede all’estero (artt. 27 quinquies e sexies T.u.).

d) Blue Card: ingresso e soggiorno di lavoratori altamente qualificati. Questa tipologia è prevista dalla direttiva 2009/50/CE detta appunto “Blue Card”, recepita all’art. 27 quater.

I lavoratori in questione devono avere un titolo di studio di istruzione superiore di almeno tre anni o deve trattarsi di lavoratori che esercitano professioni regolamentate

5 Cfr. M. D’Onghia, Immigrazione irregolare e mercato del lavoro. Spunti per una discussione. Rivista trimestrale di diritto pubblico, fasc.2, giugno 2019, pag. 463.

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per le quali è prevista l’iscrizione in ordini e collegi. Possono ottenerla non solo i lavoratori chiamati dai Paesi terzi, ma anche quelli già regolarmente presenti in Italia (con alcune eccezioni, tra cui i titolari di protezione internazionale e di permesso di soggiorno UE per lungo soggiornanti) e quelli con la Blue Card rilasciata da un altro Stato membro.

La procedura passa sempre attraverso il SUI, ma il contratto di lavoro proposto deve essere di almeno un anno e lo stipendio non può essere inferiore al triplo del livello minimo previsto per l’esenzione dalla spesa sanitaria.

La Blue Card ha durata biennale se il contratto è a tempo indeterminato, altrimenti ha la durata del contratto.

Oltre alla possibilità di fare ingresso nel territorio italiano fuori dal decreto flussi, la Blue card permette di:

godere di parità di trattamento in materia di condizioni di lavoro, istruzione e formazione professionale, sicurezza ed assistenza sociale, accesso ai beni e servizi offerti al pubblico, incluso l’alloggio;

richiedere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, prevedendo che i cinque anni di soggiorno regolare necessari per il suo ottenimento possono essere raggiunti anche cumulando periodi di soggiorno regolare come titolari di Carta blu Ue in un altro Stato membro;

Consente il ricongiungimento familiare (ex art. 29 T.u.).

Essa comporta tuttavia comporta due limitazioni lavorative:

1. Per i primi due anni può svolgere solo il lavoro conforme al contratto iniziale, e solo dopo può accedere normalmente al mercato del lavoro e svolgere qualsiasi tipo di lavoro;

2. I primi due anni per cambiare datore di lavoro ha bisogno di un’autorizzazione dalla Direzione Territoriale del Lavoro.

Considerate tutte le condizioni e preclusioni sopra descritte, non ci possiamo stupire se il rilascio delle Blue Card si è limitato a pochissimi casi: dal 2012 ad oggi soltanto 1.512 lavoratori ne hanno usufruito in Italia, secondo i dati pubblicati dalla Fondazione Leone Moressa, ed anche nel resto d’Europa non è andata meglio, fatta eccezione per la Germania.

Þ Attualmente la relativa direttiva è dunque in corso di revisione, allo scopo di allargare le maglie delle regole e permettere un uso più flessibile di questo strumento di ingresso per lavoro fuori quota.

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3. La perdita del rapporto di lavoro

La perdita del rapporto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno (art. 22, c. 11, T.u.) e allo straniero viene rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione, eccezion fatta per il lavoratore stagionale.

Il lavoratore straniero che perde il lavoro ha diritto di iscriversi nelle liste di collocamento e di percepire l’indennità di disoccupazione o la cassa integrazione guadagni nei casi previsti dalla legge.

L’iscrizione nelle liste di collocamento avviene per il residuo di validità del p.d.s. e comunque, per un periodo non inferiore ad un anno o per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito, qualora superiore ad un anno.

Ø Decorso tale termine, lo straniero può regolarmente rimanere sul territorio se ha un reddito familiare come da art. 29, comma 3, lett. b) ossia non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale (da considerare come reddito annuo complessivo dei familiari).

4. Il Rapporto di lavoro dello straniero irregolarmente soggiornante.

Quale premessa generale va detto che impiegare lavoratori stranieri irregolari sul territorio costituisce reato ai sensi dell’art. 22, c. 12, del T.u., severamente punito con la reclusione fino a 3 anni e 5.000 euro di multa per ogni lavoratore impiegato, con le aggravanti previste dal c. 12 bis6. Nel nostro ordinamento non esiste uno istituto giuridico che preveda la possibilità per uno straniero irregolarmente presente sul territorio, con in corso un rapporto di lavoro irregolare, di sanare la propria presenza sul territorio ed ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Fanno eccezione, naturalmente, le periodiche regolarizzazioni effettuate negli anni, a partire dall’emanazione della legge Bossi – Fini , per mezzo di provvedimenti legislativi ad hoc che, appunto, hanno sempre presentato requisiti temporali stringenti e, come anche l’ultima regolarizzazione del

6 Le pene per il fatto previsto dal comma 12 sono aumentate da un terzo alla meta': a) se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre; b) se i lavoratori occupati sono minori in eta' non lavorativa;c) se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell'articolo 603-bis del codice penale.

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2020, requisiti ratione materiae oltremodo angusti.

Secondo l’ISTAT nel 2017 in Italia le unità di lavoro irregolari erano 3 milioni 700 mila, con un’incidenza del lavoro irregolare particolarmente rilevante nel settore dei servizi alle persone (22,7%), ma comunque molto significativa anche nel comparto dell’agricoltura (16,9%). Mentre l’ultima stima della Fondazione Leone Moressa ipotizzava che nel 2020, prima dell’ultima procedura di regolarizzazione (vedi supra), gli stranieri irregolari in Italia ammontassero a circa 600.000.

Considerato che per la regolarizzazione avvenuta con il D.L. n. 34/2020 sono state presentate 207.542 domande , e considerato che i settori della regolarizzazione includevano appunto agricoltura e servizi alla persona, si potrebbe ragionevolmente dedurre che la stima di stranieri irregolarmente presenti sul territorio possa attualmente attestarsi attorno alle 400.000 unità.

Ciò premesso, sino all’entrata in vigore del d.l. 130/2020, di qui si è parlato in precedenza con riguardo al p.d.s per protezione speciale, non esisteva uno strumento ordinario di regolarizzazione ad personam della presenza di uno straniero sul territorio italiano.

Per quanto concerne la regolarizzazione legata all’esistenza di un rapporto di lavoro, il nostro ordinamento prevede unicamente due tipologie di permessi di soggiorno per “casi speciali”, che consentono al lavoratore straniero irregolare, gravemente sfruttato, di sanare la propria presenza sul territorio.

Si tratta dei permessi di soggiorno rilasciabili agli stranieri in ipotesi di grave sfruttamento lavorativo:

a) In materia di tratta di esseri umani ai fini di sfruttamento lavorativo, la legge n. 228 del 2003, "Misure contro la tratta di persone” e l’art. 18 t.u. contengono strumenti di tutela delle vittime conformi a quanto previsto dal diritto internazionale e dalla disciplina europea. Ai sensi dell’art. 18 t.u. viene rilasciato un permesso di soggiorno agli stranieri vittime di violenza e di grave sfruttamento, anche lavorativo, a prescindere dal contributo degli stessi fornito alle indagini (Circ. Min. Lavoro 4.8.2007), che rientra nella tipologia dei casi speciali.

L’art. 18 t.u. è infatti una delle tipologie di p.d.s. per casi speciali.

Torneremo su questa tipologia di soggiorno quando parleremo di tratta degli esseri umani e del programma unico di protezione per le vittime. Alla base di questa tipologia di permesso di soggiorno vi sono i reati di cui agli artt.600 e ss. c.p.. In particolare artt. 600 (Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 601 (tratta di persone), 601 bis (traffico di organi) c.p.

b) L’altra tipologia di permesso di soggiorno è quella per grave sfruttamento lavorativo, prevista dall’art. 22, c. 12 quater, TUI (in recepimento della direttiva 2009/52/UE sulle sanzioni ai datori di lavoro). Il permesso di soggiorno per grave sfruttamento lavorativo ha durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno o per il maggior periodo occorrente alla definizione del procedimento penale. Grazie alla modifica introdotta dal D.L. 113/2018,

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consente lo svolgimento di attività lavorativa e può essere convertito, alla scadenza, in permesso di soggiorno per lavoro subordinato o autonomo.7

Tale tipologia di permesso di soggiorno, tuttavia, è utilizzata pochissimo, a causa del restringimento delle ipotesi di grave sfruttamento previste dalla norma e dal correlato reato (art. 22, c. 12 bis e art. 603 c.p), e dal fatto che richieda la denuncia nei confronti del datore di lavoro.Infatti solo le ipotesi di specifiche aggravanti del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (caporalato), di cui all’articolo 603 bis c.p., quarto comma 8, sono quelle che permettono il rilascio del permesso per grave sfruttamento lavorativo, a condizione che il lavoratore abbia presentato denuncia e cooperi nel procedimento penale. Arrivare a denunciare il proprio datore di lavoro non è, tuttavia, un percorso facile, soprattutto per persone che si trovano in situazione di grande vulnerabilità, quali i migranti irregolari che, oltre tutto, temono le forze dell’ordine, poiché consapevoli del pericolo di essere espulsi, senza considerare che denunciare il proprio datore di lavoro significa naturalmente perdere la fonte di sostentamento. A ciò si aggiunga che la stessa configurazione del reato di caporalato risulta difficile sotto il profilo probatorio, data la scelta del legislatore di “indicizzare”9 il concetto di sfruttamento, individuando alcuni elementi da cui è possibile desumere la prova di una situazione di sfruttamento10.

In proposito occorre evidenziare che, come rilevato in dottrina, in sede di recepimento della direttiva CE/2009/52 non sono stati valorizzati a sufficienza i meccanismi premiali finalizzati ad incentivare le denunce da parte dei lavoratori direttamente coinvolti11, sebbene la legge n.

199/2016 abbia esteso alle vittime del caporalato la possibilità di beneficiare dei programmi di assistenza e integrazione sociale dell’apposito fondo previsto dalla l. n.

228/2003, sino ad allora previsto solo per le vittime di tratta12.

7 Art. 22, c. 12 sexies, introdotto dall’art. 1, c.1, lett. i) del D.L. 113/2018 convertito dalla legge n. 132/2018.

8 Art. 603 bis, comma 4, c.p., come modificato dalla legge n. 199/ 2016, che prevede: “Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà: 1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre; 2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa; 3) l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro”.

9 Art. 603 bis, comma 3, che elenca una serie di indici di sfruttamento.

10 Per una disamina critica della configurazione della fattispecie di reato di cui all’art. 603 bis e della scelta del legislatore di “indicizzare” il concetto di sfruttamento, si veda, da ultimo, V. Torre, Lo sfruttamento del lavoro. La tipicità dell’art.

603-bis cp tra diritto sostanziale e prassi giurisprudenziale, in Questione Giustizia n.4/2019, Il valore del lavoro, pp. 90 e ss., https://www.questionegiustizia.it/data/rivista/pdf/30/qg_2019-4.pdf.

11 F. Curi, F. Martelloni, A. Sbraccia, E. Valentini, I migranti sui sentieri del diritto. Profili socio-criminologici, giuslavoristici, penali e processualpenalistici, op.cit., p. 93. V. anche: La tutela delle vittime della tratta e del grave sfruttamento: il punto della situazione oggi in Italia, a cura di Asgi, 2015, p. 40. http://www.asgi.it/wp- content/uploads/2015/04/Lookout_doc.conclusivo_editing_DEF.pdf ; Paggi M., La tutela degli immigrati irregolari vittime di grave sfruttamento in ambito lavorativo: un percorso ad ostacoli per l’effettivo recepimento della direttiva 52/2009, «Diritto Immigrazione Cittadinanza», n. 4, 2012.

12 Art. 7, l. n. 199/2016.

(14)

5. Le conseguenze dell’ingresso, soggiorno e permanenza illegale sul territorio.

In questa sede si intende fornire cenni sulla disciplina dell’allontanamento dello straniero dal territorio dello stato e del diritto penale dell’immigrazione relativo alle ipotesi in cui l’autore del reato è lo straniero: tali argomenti, sebbene non vadano approfonditi tramite il libro di testo nel presente corso, devono tuttavia essere conosciuti nei loro lineamenti essenziali.

Abbiamo già visto in precedenza che l’ingresso e il soggiorno illegali dello straniero sono previsti e puniti dall’art. 10 bis del T.u.. Contestualmente, tuttavia, abbiamo visto quanto astratta sia l’applicazione di questa sanzione penale, dal momento che, prima che essa possa essere irrogata dal giudice, interviene l’espulsione amministrativa.

Abbiamo visto, inoltre, che il respingimento alla frontiera impedisce l’ingresso illegale nel territorio e dunque il reato di cui all’art. 10 bis non si applica al respingimento alla frontiera e non si applica allo straniero identificato durante i controlli della Polizia di frontiera in uscita dal territorio nazionale, con la ratio di favorirne l’esodo volontario.

Si tratta di un reato contravvenzionale, tanto doloso quanto colposo, la cui pena consiste in una ammenda da 5.000 a 10.000 euro.

La competenza è del Giudice di pace (Dlgs. n. 274/2000), che pronuncia sentenza di non luogo a procedere in due casi:

1. Riceve dal Questore la comunicazione dell’avvenuta espulsione (amministrativa) dello straniero

2. Lo straniero si vede riconosciuta la protezione internazionale, la protezione speciale o un p.d.s. per casi speciali. Infatti nel momento in cui lo straniero fa richiesta di asilo, il GdP sospende il procedimento penale nell’attesa dell’esito della procedura di protezione internazionale.

Nell’ipotesi, più teorica che pratica, che prima dell’espulsione amministrativa intervenga una sentenza del GdP, va detto che la pena pecuniaria può, sempre in linea teorica, essere convertita in lavoro di pubblica utilità oppure in permanenza domiciliare.

Per il lavoro di pubblica utilità, occorre che sia fatta espressa richiesta da parte del condannato e che si possa svolgere nel territorio della provincia in cui risiede. Essendo però un irregolare, naturalmente non ha residenza.

(15)

Per la permanenza domiciliare, parimenti occorre che sia richiesta dal condannato, e presuppone che lo stesso abbia un domicilio in cui essere ospitato. Riguarda i giorni del sabato e della domenica, o giorni diversi se vi sono esigenze specifiche. Ogni giorno di permanenza domiciliare equivale a 25 euro di ammenda. Teoricamente quindi lo straniero dovrebbe avere per 5.000 euro di ammenda 200 giorni di permanenza. Ma ciò non è possibile, perché il periodo massimo di permanenza è di 45 gg.

Infine, a seguito della Sentenza della Corte di Giustizia UE del 6 dicembre 2012 C-430/11. Caso EU Pilot 6534/14/HOME) nel caso Sagor, con l. n. 161/2014 è stata introdotta una ulteriore norma di chiusura (art. 13, co. 3 septies, TUI), secondo la quale nei confronti dello straniero sottoposto alle pene della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilita' per i reati di cui all'articolo 10-bis l'espulsione è eseguita in ogni caso e i giorni residui di permanenza domiciliare o di lavoro di pubblica utilità non eseguiti si convertono nella corrispondente pena pecuniaria .

Con tale sentenza, infatti, la Corte ha ritenuto non conforme alla ratio della Direttiva Rimpatri (115/2008) la pena della permanenza domiciliare, con conseguente procedura di infrazione a carico dell’Italia, qualora non fosse intervenuta a modificare la legge.

Infine, in sostituzione dell’ammenda, il GdP può procedere all’espulsione giudiziale (art. 16, c.1, TUI) dello straniero (v. sotto), stabilendo contestualmente la durata del divieto di reingresso in Italia.

Tornando quindi all’ ingresso e al soggiorno illegale, la conseguenza pratica per lo straniero consiste nell’allontanamento dal territorio nazionale mediante due tipi di provvedimenti amministrativi, entrambi limitativi della libertà personale 13:

a) il c.d. respingimento differito, per elusione dei controlli alla frontiera o necessità di soccorso (art. 10, c. 2, lett. a) e b) t.u.);

oppure

b) l’espulsione.

13 habeas corpus ex art. 13 Costituzione: La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. E` punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

(16)

a) Il respingimento differito avviene con decreto del Questore (caso tipico di necessità di soccorso sono gli sbarchi, ex lett. b) del comma 2 dell’art. 10).

Garanzie: si tratta di una limitazione della libertà personale (a differenza del respingimento alla frontiera che riguarda la limitazione della libertà di circolazione) e, quindi, in ottemperanza al dettato costituzionale (art. 13 Cost.), il provvedimento di respingimento differito emesso dal questore è sottoposto a convalida dell’autorità giudiziaria (Giudice di Pace).

La persona oggetto di un provvedimento di respingimento differito, analogamente a chi è destinatario di espulsione, può essere trattenuta in un CPR (Centro per il rimpatrio, ex CIE) fino all’esecuzione del respingimento e per il periodo massimo di 90 gg. prorogabili di 30 (v. art. 14 T.u.).

Lo straniero respinto non può fare reingresso nel territorio dello Stato per un periodo variabile tra i tre e i cinque anni e viene inserito nel SIS.

Infine, come abbiamo già detto in lezioni precedenti, il respingimento (sia alla frontiera sia differito), in ottemperanza al principio di non refoulement sancito dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati (art. 33) e dalla CEDU (art. 3) non è possibile per:

Ø chi richieda asilo, il riconoscimento dello status di rifugiato o l’adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari (art. 10 c.4 t.u.).

b) L’espulsione.

L’espulsione può essere amministrativa o giudiziaria.

b.1) L’espulsione amministrativa (art. 13 T.u.) può essere disposta dal Ministro dell’Interno e dal Prefetto.

Ø L’espulsione ministeriale è prevista quando lo straniero per motivi di ordine pubblico (insieme di principi fondamentali dell'ordinamento giuridico nonché di leggi la cui osservanza ed attuazione è ritenuta indispensabile per l'esistenza di tale ordinamento) e quando costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato (art. 13, c.1). E’ disposta inoltre per motivi di terrorismo internazionale (L. 155/2005).

Ø L’espulsione prefettizia riguarda soggiorno e la permanenza illegali dello straniero, oltre a riguardare i casi in cui lo straniero sia socialmente pericoloso, e dunque passibile di misure di prevenzione di cui al Codice delle leggi antimafia (dlgs. n. 159/2011).

Il provvedimento di espulsione è sottoposto a convalida da parte del Giudice di Pace.

(17)

• Attenzione: nell'adottare il provvedimento di espulsione nei confronti dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto si tiene anche conto della natura e della effettivita' dei vincoli familiari dell'interessato, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale nonché dell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d'origine.

I casi di divieto di espulsione e respingimento di cui all’articolo 19 del TUI:

Comma 1:

Þ Rischio di persecuzione ai sensi della definizione di rifugiato data dalla Convenzione di Ginevra e del relativo divieto di refoulement14, che si verifica quando lo straniero non possa essere respinto, espulso o estradato verso uno Stato in cui rischi di essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di orientamento sessuale, di identità di genere, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali, ovvero verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione15.

Ai preesistenti motivi di persecuzioni il D.l. 130 ha aggiunto l’identità di genere e orientamento sessuale (in allineamento con quanto già previsto dalla normativa europea e nazionale per lo status di rifugiato).

Þ Rischio di subire tortura e trattamenti inumani e degradanti, come previsto dall’art. 3 Cedu, e dal principio assoluto di non refoulement previsto dalla giurisprudenza della Corte Edu. I trattamenti inumani e degradanti sono stati aggiunti dal d.l. 130: i trattamenti inumani consistono in trattamenti che non raggiungono il livello di sofferenza intenso della tortura ma sono volti intenzionalmente a causare grave sofferenza fisica e morale, oltre a intensi disturbi psichici; i trattamenti degradanti sono quelli intenzionalmente volti a umiliare pesantemente una persona avanti agli altri, inducendola ad agire contro la propria volontà e coscienza, provocando paura angoscia inferiorità.

Þ Rischio di violazione del diritto alla vita privata e familiare art. 8 Cedu: per la prima volta normata con legge la protezione per “integrazione socio lavorativa”, creatura di matrice giurisprudenziale elaborata dalla Corte di Cassazione con riguardo

14 Articoli 1 A e 33 della Convenzione delle Nazioni Unite sullo statuto dei rifugiati (Ginevra, 1951).

15 Articolo 19, c.1, TUI.

(18)

all’applicazione della vecchia protezione umanitaria. In questo caso il divieto di espulsione o di respingimento dello straniero trova però dei contro limiti nelle ragioni di sicurezza nazionale, di ordine e sicurezza pubblica nonché di protezione della salute.

I criteri per valutare il rischio di violazione consistono in un bilanciamento tra

“indicatori di integrazione” in Italia e nel Paese di origine, corrispondenti ai criteri già enucleati nel tempo dalla giurisprudenza di legittimità16:

- in Italia: nella natura e nella effettività dei vincoli familiari dell'interessato, nel suo effettivo inserimento sociale e nella durata del suo soggiorno;

- nel Paese di origine: nell'esistenza di legami familiari, culturali o sociali Þ Rischio di violazione degli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, in

ottemperanza al richiamo del Presidente della Repubblica in sede di emanazione del decreto 113/2018. In questo caso non si può rifiutare il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno né revocarlo (art. 5, c.6) e lo straniero non può essere espulso (art. 19, c.1.1.). Cosa significa?

§ obblighi costituzionali: possiamo in primis riferirci proprio all’articolo 10, comma 3, della Costituzione e al c.d. “asilo costituzionale”: “lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.

Protezione ben più ampia dello stato di rifugiato e della protezione sussidiaria previsti dalla normativa europea. L’articolo 10 comma 4 comprende inoltre, non dimentichiamolo, il divieto di estradizione per motivi politici.

§ obblighi internazionali: ad esempio l’impossibilità di godere dei diritti economici sociali e culturali nel paese di origine od anche il rispetto del dovere di riabilitazione delle vittime di tortura, previsto dalla Convenzione ONU, anche nel caso delle torture subite in Libia e dunque non legate al non refoulement verso il Paese di origine.

Comma 1-bis:

In nessun caso può disporsi il respingimento alla frontiera di minori stranieri non accompagnati (comma introdotto dalla legge “Zampa”).

Comma 2:

Non e' consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1 (ossia per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato) nei confronti:

16 C. Cassazione sent. 4455/2018.

(19)

a) degli stranieri minori di anni diciotto, salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi;

b) degli stranieri in possesso della carta di soggiorno, salvo il disposto dell'articolo 9;

c) degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana (in questo caso si tratta di coesione familiare sur place, con rilascio di permesso di soggiorno per motivi familiari biennale, a seguito del quale può essere rilasciata la carta di soggiorno per familiare di cittadino UE);

d) delle donne in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvedono e del marito convivente ex sent. C.C.le n. 376/2000;

d-bis) degli stranieri che versano in gravi condizioni psicofisiche o derivanti da gravi patologie, accertate mediante idonea documentazione rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, tali da determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza.

In tali ipotesi, il questore rilascia un permesso di soggiorno per cure mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria, comunque non superiore ad un anno, rinnovabile finchè persistono le condizioni di cui al periodo precedente, debitamente certificate, valido solo nel territorio nazionale e convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro

Comma 2-bis:

Il respingimento o l'esecuzione dell'espulsione di persone affette da disabilita', degli anziani, dei minori, dei componenti di famiglie monoparentali con figli minori nonche' dei minori, ovvero delle vittime di gravi violenze psicologiche, fisiche o sessuali sono effettuate con modalita' compatibili con le singole situazioni personali, debitamente accertate.

Anche l’espulsione comporta il divieto di reingresso tra i tre e i cinque anni e il relativo inserimento nel SIS.

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b.2) L’espulsione giudiziaria.

E’ disposta dal giudice e presenta diverse tipologie:

- a titolo di misura di sicurezza, quando lo straniero sia socialmente pericoloso (si somma o si sostituisce alla pena principale) ex art. 15 TUI

- a titolo di sanzione sostitutiva della pena pecuniaria (il Gdp può applicarla al posto dell’ammenda di cui al reato ex art. 10 bis TUI) ex art. 16 TUI

- a titolo di misura alternativa alla detenzione se inferiore a due anni, ex art. 16 TUI

6. L’esecuzione dell’espulsione e il reato di ingiustificata permanenza, reiterata permanenza e reingresso illegale (cenni).

Cosa accade quando lo straniero riceve un provvedimento di espulsione?

L’espulsione viene eseguita con ordine del questore.

Il nostro ordinamento privilegia, di fatto, l’esecuzione con accompagnamento coatto alla frontiera e dunque mediante privazione della libertà personale (per lo più con voli di rimpatrio).

Il termine per la partenza volontaria, previsto come opzione primaria dalla Direttiva Rimpatri (115/2008), recepita con legge n. 129/2011, in realtà nel nostro ordinamento ha carattere assolutamente residuale ed è applicabile, tra le altre condizioni, anche a condizione che non vi sia pericolo di fuga, il quale pericolo, a sua volta, sussiste, tra le tante ipotesi, anche nell’ipotesi (peraltro assolutamente predominante) della mancanza di documenti di identificazione.

L’art. 13, c.5, prevede infatti che, su richiesta dello straniero, il prefetto conceda un termine per la partenza volontaria tra i 7 e i 30 giorni, sempre che non sussistano condizioni ostative alla partenza volontaria, tra cui il rischio di fuga (art. 13, c. 4 e c. 4 bis).

Quando non sia possibile eseguire immediatamente l’espulsione o il respingimento (differito), lo straniero viene trattenuto in un CPR (Centro per il Rimpatrio) per un periodo massimo di 90 gg. , prorogabili di 30 se proveniente da un Paese con cui esistono accordi di riammissione, in attesa di poter eseguire l’espulsione, a seguito di identificazione (art.

14 T.u.).

Il provvedimento di trattenimento nel CPR è sottoposto a convalida da parte del Giudice di Pace, di trenta giorni in trenta giorni, in quanto trattasi di limitazione della libertà personale.

(21)

Se non vi sono posti nei CPR, lo straniero riceve dal questore l’ordine di allontanarsi dal territorio entro 7 giorni, al quale deve ottemperare autonomamente.

Se invece è trattenuto nel CPR, ma non viene identificato o comunque non si fa in tempo ad eseguire l’espulsione, scaduto il termine massimo di trattenimento nel CPR, il questore emette un ordine di allontanamento dal territorio entro 7 giorni (art. 13, c. 5 bis, t.u.).

In entrambi i casi, se lo straniero non ottempera, senza giustificato motivo, all’ordine di allontanamento, integra il reato c.d. di permanenza illegale nel territorio (o inottemperanza all’ordine del questore), punito con una multa (10.000 -20.000 euro), e gli viene dato un ulteriore ordine di allontanamento entro 7 gg.

Se non ottempera, integra il reato c.d. di reiterata permanenza illegale, punito con la multa (15.000-30.000 euro) e l’adozione di un nuovo provvedimento di espulsione (art.

14, c. 5 ter e 5 quater, t.u.).

Tali reati sono stati riformulati dal legislatore nel 2011, a seguito della Sentenza della Corte di Giustizia nel caso “El Dridi”, che non ha ritenuto la pena della reclusione, in precedenza prevista, conforme alla direttiva “Rimpatri” (v. legge n. 129/2011, con la quale si è dato anche recepimento alla stessa direttiva “Rimpatri” n. 115/2008).

Il giustificato motivo rappresenta, dunque, la disposizione di salvaguardia.

Senza dubbio consiste giustificato motivo il mancato rilascio da parte della rappresentanza diplomatica del Paese di origine dei documenti.

Se invece lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio italiano violando il divieto di ingresso, integra gli estremi del reato di reingresso illegale, per cui è previsto l’arresto, anche non in flagranza, e la pena da 1 a 4 anni di reclusione.

Rimedi giurisdizionali avverso l’espulsione e il respingimento.

Il decreto di espulsione e il decreto di respingimento sono impugnabili davanti al Giudice di Pace entro 30 gg.

Il ricorso non sospende l’esecuzione. La sospensiva va di volta in volta richiesta al Giudice.

L’Ordinanza del GdP è ricorribile solo per Cassazione.

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