William Stok
L
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ASCHEREM
AGICHEISBN: 978-88-96570-49-4
e ee ee: 9,90: 9,90: 9,90: 9,90: 9,90
Q Q Q
Q Q uattro racconti per quattro mestieri quasi scomparsi:
il barcaiolo, il rigattiere, la lavandaia e il carbonaio.
U U U U
U n libro che testimonia l’umana solidarietà di un
affascinante mondo ormai perduto.
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Antichi Mestieri
Testo
Mauro Pedron
Illustrazioni
Ettore Lezza
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Collana i Briciolotti
Le Brumaie Editore
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Il barcaiolo Remigio
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Il fiume, dopo aver attraversato le colline delle vigne, giungeva in una campagna molto fertile dove si producevano secondo stagione grandi quantità di verdura, frutta e vari ortaggi molto apprezzati nei mercati delle grandi città della pianura. Ma per arri- varci ancora freschi e saporiti, poiché l’unico ponte della zona era molto distante, dove- vano essere trasportati da una sponda all’altra del fiume.
Era uno dei compiti del barcaiolo che, tutti i giorni dell’anno, dall’alba al tramonto,
anche quando faceva molto freddo o c’era un sole caldissimo, tranne d’inver- no quando l’acqua ghiacciava, garantiva l’attraversamento del fiume con il barco- ne di legno che aveva costruito insieme al suo amico falegname.
Remigio era molto robusto ma anche molto agile e riusciva a muoversi con disin- voltura sul ponte della sua barca dove, con ordini precisi, mentre ritirava il pedaggio, riusciva a sistemare chi si era imbarcato.
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Talvolta però, durante un tem-
porale o quando c’era un forte vento, si aiutava tirando una spes- sa fune tenuta sospesa sull’acqua da un sistema di carrucole.
Tra i compiti del bar- caiolo c’era anche quello di garantire il rientro ai ritardatari di ritorno dalle loro commissioni. Per que- sto motivo, per rendere l’attesa meno scomoda, si era attrezzato con una rudimentale cabina con dentro una brandina, una stufetta e un piccolo fornello.
Nei porticcioli dove attraccava c’era sempre una grande vivacità, tutti si conoscevano e si salutavano come se fossero una grande famiglia.
C’erano pescatori alle prese con esche e lenze, operai che estraevano ghiaia dal letto del fiume, lavandaie che sciacquavano i panni.
«Tu, amico mio, mettiti da quella parte con i tuoi cestini di fragole!»
«Beppe, con quell’enorme valigia, vai là in fondo, altrimenti ci fai dondolare troppo!»
«Voi altri tenete ben ferme quelle galline che non vadano in giro dappertutto!»
I suoi occhi vispi riflettevano l’azzurro del cielo e, a forza di stare all’aperto, la sua pelle aveva preso un bellissimo colore simile a quello del miele di castagno. Qualche ruga segnava la sua fronte.
Portava sempre una giacca da marinaio blu, un paio di pantaloni bianchi e un berrettino ormai consumato con la visiera. Aveva comprato la sua divisa quando era andato a Genova, tanti anni prima, l’unica volta che aveva visto il mare.
Da allora canticchiava sempre un lento ritornello che raccontava di una nave che partiva da quella città per andare chissà dove.
Conosceva perfettamente i periodi di magra e di piena, le correnti e le sponde di quel tratto di fiume che attraversava con la sua barca mano- vrando abilmente un grande remo.
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Durante la bella stagione, allegre combriccole di giovani che facevano il bagno. Non mancava una piccola trattoria che serviva teglie di pesci appena pescati, infarinati e fritti, anguille al verde, carpe al pomodoro, tinche in carpione, verdure da intingere nell’olio e bottiglie di un vino semplice e schietto mai più ritrovato.
La domenica, si ritrovavano per fare festa e, al suono di una fisarmonica o di un clari- netto, ballavano un’antica danza tenendosi per mano.
Alla fine dell’allegra baldoria ormai a notte fonda, a Remigio, anche se mezzo addormentato, toccava riportare a casa chi abitava dall’altra parte del fiume. Così, tra uno sbadiglio e
l’altro, accendeva la lanterna per illuminare la superficie dell’acqua e iniziava a remare.
«...È partita una nave da Genova»
Si sentiva ancora una volta cantare mentre la barca si staccava dalla sponda e si inoltrava lentamente nell’oscurità.