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SOGGETTI. Il Libro in commento è costituito dalle norme relative ai profili dei diversi protagonisti della vicenda

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Academic year: 2022

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SOGGETTI

Il Libro in commento è costituito dalle norme relative ai profili dei diversi protagonisti della vi- cenda processuale.

In via preliminare, appare opportuno sottoli- neare come la scelta di collocare tali disposizioni all’inizio del codice di rito è perfettamente coe- rente con le peculiarità del modello accusatorio per il quale ha optato il legislatore del 1989, il quale da un processo inquisitorio caratterizzato dalla centralità dell’azione penale, alla cui disci- plina erano, appunto, riservate le norme di apertu- ra del codice previgente, è addivenuto alla costru- zione di un nuovo sistema di regole funzionali a garantire una corretta dialettica tra accusa e dife- sa nell’accertamento della verità processuale, al cospetto di un giudice terzo e imparziale.

Ogni soggetto coinvolto in tale contesto dina- mico risulta avere, pertanto, una sua precisa di- mensione e collocazione a seconda del ruolo che è chiamato a ricoprire. Si è, in altri termini, in presenza di una normativa sistematica che, par- tendo da colui che esercita l’attività giurisdizio- nale, si sviluppa attraverso la regolamentazione degli aspetti strutturali e funzionali del pubblico ministero, della polizia giudiziaria, dell’impu- tato, della parte civile, del responsabile civile e civilmente obbligato per pena pecuniaria, della persona offesa dal reato e del difensore.

La disciplina, senza dubbio organica e nutrita, non presenta, tuttavia, prescrizioni specifiche in relazione agli ausiliari del giudice e del pubbli- co ministero né ad altri protagonisti del processo, quali testimoni, periti e consulenti tecnici, i cui profili vengono trattati in contesti del codice di- versi dal libro in esame, sulla base della conside- razione precipua del ruolo da essi svolto nel pro- cedimento di formazione del quadro istruttorio.

Pur rilevando l’assenza di una definizione le- gislativa “neutra” della nozione di soggetto pro- cessuale, risulta senza dubbio utile una distin- zione tra tale figura e quella di parte processuale in senso proprio. Se nella prima categoria sono annoverabili indistintamente tutti coloro i quali

prendono parte alla vicenda processuale, con il termine “parte” si fa esclusivo riferimento a chi è titolare del diritto alla pronuncia giurisdizionale finale sulla base di uno specifico interesse, perso- nale (imputato, ed eventualmente persona civil- mente obbligata per la pena pecuniaria, parte civi- le e responsabile civile) o istituzionale (pubblico ministero), fatto valere nel procedimento nel ri- spetto dei principi che lo informano. È evidente, pertanto, come la qualità di parte non possa essere riconosciuta né all’organo giudicante, vista la sua posizione istituzionale di terzietà e imparzialità (art. 111 Cost.), né alla persona offesa dal reato, in considerazione della sua funzione sollecitato- ria, né alla polizia giudiziaria e al difensore, le cui attività sono semplicemente funzionali a so- stenere, nelle rispettive sfere di azione, il pubbli- co ministero, nell’esercizio dell’azione penale, e l’imputato, nell’esercizio del diritto costituziona- le alla difesa della propria situazione in relazione all’imputazione formulata.

In base a quanto stabilito dall’art. 23, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito in L. 18 dicembre 2020, n. 176 (c.d. “decreto ristori”), per consen- tire l’esercizio dell’attività giurisdizionale nella vigenza della emergenza epidemiologica da co- vid-19 «[…]. 2. Nel corso delle indagini prelimi- nari il pubblico ministero e la polizia giudiziaria possono avvalersi di collegamenti da remoto, in- dividuati e regolati con provvedimento del diretto- re generale dei sistemi informativi e automatizza- ti del Ministero della giustizia, per compiere atti che richiedono la partecipazione della persona sottoposta alle indagini, della persona offesa, del difensore, di consulenti, di esperti o di altre perso- ne, salvo che il difensore della persona sottoposta alle indagini si opponga, quando l’atto richiede la sua presenza. Le persone chiamate a partecipare all’atto sono tempestivamente invitate a presen- tarsi presso l’ufficio di polizia giudiziaria più vi- cino al luogo di residenza, che abbia in dotazione strumenti idonei ad assicurare il collegamento da remoto. Presso tale ufficio le persone partecipano al compimento dell’atto in presenza di un ufficiale

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o agente di polizia giudiziaria, che procede alla loro identificazione. Il compimento dell’atto av- viene con modalità idonee a salvaguardarne, ove necessario, la segretezza e ad assicurare la pos- sibilità per la persona sottoposta alle indagini di consultarsi riservatamente con il proprio difenso- re. Il difensore partecipa da remoto mediante col- legamento dal proprio studio, salvo che decida di essere presente nel luogo ove si trova il suo assi- stito. Il pubblico ufficiale che redige il verbale dà atto nello stesso delle modalità di collegamento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si ac- certa l’identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell’impossibilità dei soggetti non presenti fisicamente di sottoscri- vere il verbale, ai sensi dell’articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale. La partecipa- zione delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare è assicurata con le modalità di cui al comma 4. Con le medesime modalità di cui al presente comma il giudice può procedere all’interrogatorio di cui all’articolo 294 del codi- ce di procedura penale.

3. Le udienze dei procedimenti civili e pena- li alle quali è ammessa la presenza del pubbli- co possono celebrarsi a porte chiuse, ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 128 del codice di procedura civile e dell’articolo 472, comma 3, del codice di procedura penale.

4. La partecipazione a qualsiasi udienza del- le persone detenute, internate, in stato di custo- dia cautelare, fermate o arrestate, è assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto individuati e regola- ti con provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia. Si applicano, in quanto compati- bili, le disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 del- l’articolo 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di proce- dura penale, di cui al decreto legislativo 28 lu- glio 1989, n. 271. Il comma 9 dell’articolo 221 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, con- vertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, è abrogato.

5. Le udienze penali che non richiedono la partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle parti private, dai rispettivi difen- sori e dagli ausiliari del giudice possono essere tenute mediante collegamenti da remoto indivi- duati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizza- ti del Ministero della giustizia. Lo svolgimento

dell’udienza avviene con modalità idonee a sal- vaguardare il contraddittorio e l’effettiva parteci- pazione delle parti. Prima dell’udienza il giudice fa comunicare ai difensori delle parti, al pubbli- co ministero e agli altri soggetti di cui è previ- sta la partecipazione giorno, ora e modalità del collegamento. I difensori attestano l’identità dei soggetti assistiti, i quali, se liberi o sottoposti a misure cautelari diverse dalla custodia in carce- re, partecipano all’udienza solo dalla medesima postazione da cui si collega il difensore. In ca- so di custodia dell’arrestato o del fermato in uno dei luoghi indicati dall’articolo 284, comma 1, del codice di procedura penale, la persona arre- stata o fermata e il difensore possono partecipa- re all’udienza di convalida da remoto anche dal più vicino ufficio della polizia giudiziaria attrez- zato per la videoconferenza, quando disponibile.

In tal caso, l’identità della persona arrestata o fermata è accertata dall’ufficiale di polizia giu- diziaria presente. L’ausiliario del giudice parte- cipa all’udienza dall’ufficio giudiziario e dà atto nel verbale d’udienza delle modalità di collega- mento da remoto utilizzate, delle modalità con cui si accerta l’identità dei soggetti partecipanti e di tutte le ulteriori operazioni, nonché dell’impossi- bilità dei soggetti non presenti fisicamente di sot- toscrivere il verbale, ai sensi dell’articolo 137, comma 2, del codice di procedura penale, o di vistarlo, ai sensi dell’articolo 483, comma 1, del codice di procedura penale. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano, qualora le parti vi acconsentano, anche alle udienze preliminari e dibattimentali. Resta esclusa, in ogni caso, l’ap- plicazione delle disposizioni del presente comma alle udienze nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti, nonché alle ipotesi di cui agli articoli 392, 441 e 523 del co- dice di procedura penale.

6. […].

7. In deroga al disposto dell’articolo 221, comma 7, del decreto legge 19 maggio 2020, n.

34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il giudice può partecipare all’udienza anche da un luogo diverso dall’uffi- cio giudiziario.

8. Per la decisione sui ricorsi proposti per la trattazione a norma degli articoli 127 e 614 del codice di procedura penale la Corte di cassazio- ne procede in Camera di consiglio senza l’inter- vento del procuratore generale e dei difensori delle altre parti, salvo che una delle parti priva- te o il procuratore generale faccia richiesta di

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discussione orale. Entro il quindicesimo giorno precedente l’udienza, il procuratore generale for- mula le sue richieste con atto spedito alla cancel- leria della Corte a mezzo di posta elettronica cer- tificata. La cancelleria provvede immediatamente a inviare, con lo stesso mezzo, l’atto contenente le richieste ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno antecedente l’udienza, possono presentare con atto scritto, inviato alla cancelle- ria della corte a mezzo di posta elettronica certifi- cata, le conclusioni. Alla deliberazione si procede con le modalità di cui al comma 9; non si applica l’articolo 615, comma 3, del codice di procedu- ra penale e il dispositivo è comunicato alle parti.

La richiesta di discussione orale è formulata per iscritto dal procuratore generale o dal difenso- re abilitato a norma dell’articolo 613 del codice di procedura penale entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza e presentata, a mezzo di posta elettronica certifica- ta, alla cancelleria. Le previsioni di cui al pre- sente comma non si applicano ai procedimenti per i quali l’udienza di trattazione ricade entro il termine di quindici giorni dall’entrata in vigore del presente decreto. Per i procedimenti nei quali l’udienza ricade tra il sedicesimo e il trentesimo giorno dall’entrata in vigore del presente decreto la richiesta di discussione orale deve essere for- mulata entro dieci giorni dall’entrata in vigore del presente decreto.

8-bis. […].

9. Nei procedimenti civili e penali le delibe- razioni collegiali in camera di consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remo- to individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e au- tomatizzati del Ministero della giustizia. Il luo- go da cui si collegano i magistrati è considerato Camera di consiglio a tutti gli effetti di legge.

Nei procedimenti penali, dopo la deliberazio- ne, il presidente del collegio o il componente del collegio da lui delegato sottoscrive il dispositivo della sentenza o l’ordinanza e il provvedimento è depositato in cancelleria ai fini dell’inserimento nel fascicolo il prima possibile. Nei procedimen- ti penali le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle deliberazioni conseguen- ti alle udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio, svolte senza il ricorso a collegamento da remoto.

9-bis. […]

9-ter. In ragione delle limitazioni poste dalle misure antipandemiche, l’incolpato e il suo difen-

sore possono partecipare all’udienza di cui all’ar- ticolo 18 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, mediante collegamento da remoto, a mezzo dei sistemi informativi individuati e resi disponibi- li con provvedimento del direttore dell’ufficio dei sistemi informativi del Consiglio superiore della magistratura. Prima dell’udienza, la sezione di- sciplinare fa comunicare all’incolpato e al difen- sore, che abbiano fatto richiesta di partecipare da remoto, giorno, ora e modalità del collegamento.

10. […]».

Il successivo art. 23-bis D.L. 137/2020, con- v. in L. 176/2020, stabilisce che: «1. A decorre- re dal 9 novembre 2020 e fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, fuori dai ca- si di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, per la decisione sugli appelli proposti contro le sentenze di primo grado la corte di appello pro- cede in camera di consiglio senza l’intervento del pubblico ministero e dei difensori, salvo che una delle parti private o il pubblico ministero faccia richiesta di discussione orale o che l’im- putato manifesti la volontà di comparire.

2. Entro il decimo giorno precedente l’udien- za, il pubblico ministero formula le sue conclusio- ni con atto trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica ai sensi dell’articolo 16, comma 4, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, o a mezzo dei sistemi che sono resi disponibili e individuati con provve- dimento del direttore generale dei sistemi infor- mativi e automatizzati. La cancelleria invia l’atto immediatamente, per via telematica, ai sensi del- l’articolo 16, comma 4, del decreto-legge 18 ot- tobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ai difensori delle altre parti che, entro il quinto giorno ante- cedente l’udienza, possono presentare le conclu- sioni con atto scritto, trasmesso alla cancelleria della corte di appello per via telematica, ai sensi dell’articolo 24 del presente decreto.

3. Alla deliberazione la corte di appello pro- cede con le modalità di cui all’articolo 23, com- ma 9. Il dispositivo della decisione è comunicato alle parti.

4. La richiesta di discussione orale è formu- lata per iscritto dal pubblico ministero o dal di- fensore entro il termine perentorio di quindici giorni liberi prima dell’udienza ed è trasmessa alla cancelleria della corte di appello attraverso

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i canali di comunicazione, notificazione e depo- sito rispettivamente previsti dal comma 2. Entro lo stesso termine perentorio e con le medesime modalità l’imputato formula, a mezzo del difen- sore, la richiesta di partecipare all’udienza.

5. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei procedimenti nei quali l’udienza per il giudizio di appello è fissata entro quindici giorni a far data dal 9 novembre 2020.

6. In deroga alla disposizione di cui al comma 4, nei procedimenti nei quali l’udienza è fissata tra il sedicesimo e il trentesimo giorno dalla data del 9 novembre 2020, la richiesta di discussione orale o di partecipazione dell’imputato all’udien- za è formulata entro il termine perentorio di cin- que giorni a far data dal 9 novembre 2020.

7. Le disposizioni di cui al presente artico- lo si applicano, in quanto compatibili, anche nei procedimenti di cui agli articoli 10 e 27 del co- dice delle leggi antimafia e delle misure di pre- venzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, e all’articolo 310 del codice di pro- cedura penale. In quest’ultimo caso, la richiesta di discussione orale di cui al comma 4 deve esse- re formulata entro il termine perentorio di cinque giorni liberi prima dell’udienza».

L’art. 23-ter del medesimo D.L. 137/2020, conv. in L. 176/2020, dispone che: «1. A decor- rere dal 9 novembre 2020 e fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, i giudizi pena- li sono sospesi durante il tempo in cui l’udienza è rinviata per l’assenza del testimone, del consu- lente tecnico, del perito o dell’imputato in proce- dimento connesso i quali siano stati citati a com- parire per esigenze di acquisizione della prova, quando l’assenza è giustificata dalle restrizioni ai movimenti imposte dall’obbligo di quarantena o dalla sottoposizione a isolamento fiduciario in conseguenza delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epide- miologica da COVID-19 sul territorio nazionale previste dalla legge o dalle disposizioni attuative dettate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro della salute. Per lo stesso periodo di tempo sono sospesi il corso del- la prescrizione e i termini previsti dall’articolo 303 del codice di procedura penale.

2. Nei casi di cui al comma 1, l’udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione delle re- strizioni ai movimenti, dovendosi avere riguar-

do, in caso contrario, agli effetti della durata della sospensione del corso della prescrizione e dei termini previsti dall’articolo 303 del codice di procedura penale, al tempo della restrizione aumentato di sessanta giorni.

3. Nel computo dei termini di cui all’artico- lo 304, comma 6, del codice di procedura penale, salvo che per il limite relativo alla durata com- plessiva della custodia cautelare, non si tiene con- to dei periodi di sospensione di cui al comma 1.

4. Il corso dei termini di cui all’articolo 15, commi 2 e 6, del decreto legislativo 23 febbra- io 2006, n. 109, è sospeso durante il tempo in cui il procedimento disciplinare è rinviato per l’assenza del testimone, del consulente tecnico, del perito o di altra persona citata a comparire per esigenze di acquisizione della prova, quan- do l’assenza è giustificata dalle restrizioni ai movimenti imposte dall’obbligo di quarantena o dalla sottoposizione a isolamento fiduciario in conseguenza delle misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epide- miologica da COVID-19 sul territorio nazionale previste dalla legge o dalle disposizioni attuative dettate con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro della salute. Agli ef- fetti della durata della sospensione dei termini si applica la disposizione di cui al comma 2».

Il successivo art. 24 del citato D.L. 137/2020, conv. in L. 176/2020 al fine di semplificare le atti- vità di deposito di atti, documenti e istanze, nella vigenza della emergenza epidemiologica da co- vid-19, stabilisce che: «In deroga a quanto previ- sto dall’articolo 221, comma 11, del decreto-leg- ge n. 34 del 2020 convertito con modificazioni dalla legge n. 77 del 2020, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazio- ni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, il deposito di memorie, documenti, richieste ed istanze indi- cate dall’articolo 415-bis, comma 3, del codice di procedura penale presso gli uffici delle pro- cure della repubblica presso i tribunali avviene, esclusivamente, mediante deposito dal portale del processo penale telematico individuato con provvedimento del Direttore generale dei siste- mi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia e con le modalità stabilite nel medesimo provvedimento, anche in deroga alle previsioni del decreto emanato ai sensi dell’articolo 4, com- ma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 feb- braio 2010, n. 24. Il deposito degli atti si intende

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eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento.

2. Con uno o più decreti del Ministro della giustizia, saranno indicati gli ulteriori atti per quali sarà reso possibile il deposito telematico nelle modalità di cui al comma 1.

3. Gli uffici giudiziari, nei quali è reso possi- bile il deposito telematico ai sensi dei commi 1 e 2, sono autorizzati all’utilizzo del portale, senza necessità di ulteriore verifica o accertamento da parte del Direttore generale dei servizi informa- tivi automatizzati.

4. Per tutti gli atti, documenti e istanze co- munque denominati diversi da quelli indicati nei commi 1 e 2, fino alla scadenza del termine di cui all’articolo 1 del decreto legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 maggio 2020, n. 35, è consentito il deposito con valore legale mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel Re- gistro generale degli indirizzi certificati di cui all’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n.

44. Il deposito con le modalità di cui al periodo precedente deve essere effettuato presso gli in- dirizzi PEC degli uffici giudiziari destinatari ed indicati in apposito provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizza- ti, pubblicato nel portale dei servizi telematici.

Con il medesimo provvedimento sono indicate le specifiche tecniche relative ai formati degli atti e alla sottoscrizione digitale e le ulteriori modalità di invio. Quando il messaggio di posta elettroni- ca certificata eccede la dimensione massima sta- bilita nel provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al presente comma, il deposito può essere eseguito mediante l’invio di più messaggi di posta elettro- nica certificata. Il deposito è tempestivo quando è eseguito entro la fine del giorno di scadenza.

5. Ai fini dell’attestazione del deposito degli atti dei difensori inviati tramite posta elettronica certificata ai sensi del comma 4, il personale di segreteria e di cancelleria degli uffici giudizia- ri provvede ad annotare nel registro la data di ricezione e ad inserire l’atto nel fascicolo tele- matico. Ai fini della continuità della tenuta del fascicolo cartaceo provvede, altresì, all’inseri- mento nel predetto fascicolo di copia analogica dell’atto ricevuto con l’attestazione della data di ricezione nella casella di posta elettronica certi-

ficata dell’ufficio e dell’intestazione della casel- la di posta elettronica certificata di provenienza.

6. Per gli atti di cui al comma 1 e per quel- li che saranno individuati ai sensi del comma 2 l’invio tramite posta elettronica certificata non è consentito e non produce alcun effetto di legge.

6-bis. Fermo quanto previsto dagli articoli 581, 582, comma 1, e 583 del codice di proce- dura penale, quando il deposito di cui al com- ma 4 ha ad oggetto un’impugnazione, l’atto in forma di documento informatico è sottoscritto digitalmente secondo le modalità indicate con il provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4 e contiene la specifica indicazione degli allegati, che sono trasmessi in copia informatica per im- magine, sottoscritta digitalmente dal difensore per conformità all’originale.

6-ter. L’impugnazione è trasmessa tramite posta elettronica certificata dall’indirizzo di po- sta elettronica certificata del difensore a quello dell’ufficio che ha emesso il provvedimento im- pugnato, individuato ai sensi del comma 4, con le modalità e nel rispetto delle specifiche tecni- che ivi indicate. Non si applica la disposizione di cui all’articolo 582, comma 2, del codice di procedura penale.

6-quater. I motivi nuovi e le memorie sono proposti, nei termini rispettivamente previsti, secondo le modalità indicate nei commi 6-bis e 6-ter, con atto in formato elettronico trasmesso tramite posta elettronica certificata dall’indiriz- zo di posta elettronica certificata del difensore a quello dell’ufficio del giudice dell’impugnazio- ne, individuato ai sensi del comma 4.

6-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 6-bis, 6-ter e 6-quater si applicano a tutti gli at- ti di impugnazione, comunque denominati, e, in quanto compatibili, alle opposizioni di cui agli articoli 410, 461 e 667, comma 4, del codice di procedura penale e ai reclami giurisdizionali previsti dalla legge 26 luglio 1975, n. 354. Nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari perso- nali e reali, l’atto di impugnazione, in deroga a quanto disposto dal comma 6-ter, è trasmesso all’indirizzo di posta elettronica certificata del tribunale di cui all’articolo 309, comma 7, del codice di procedura penale.

6-sexies. Fermo quanto previsto dall’articolo 591 del codice di procedura penale, nel caso di proposizione dell’atto ai sensi del comma 6-bis l’impugnazione è altresì inammissibile:

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a) quando l’atto di impugnazione non è sotto- scritto digitalmente dal difensore;

b) quando le copie informatiche per imma- gine di cui al comma 6-bis non sono sottoscritte digitalmente dal difensore per conformità all’o- riginale;

c) quando l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è presente nel Registro generale degli indirizzi certificati di cui al comma 4;

d) quando l’atto è trasmesso da un indirizzo di posta elettronica certificata che non è intesta- to al difensore;

e) quando l’atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per l’ufficio che ha emesso il provvedi- mento impugnato dal provvedimento del Diretto- re generale dei sistemi informativi e automatiz- zati di cui al comma 4 o, nel caso di richiesta di riesame o di appello contro ordinanze in materia di misure cautelari personali e reali, a un indi- rizzo di posta elettronica certificata diverso da quello indicato per il tribunale di cui all’articolo 309, comma 7, del codice di procedura penale dal provvedimento del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati di cui al comma 4.

6-septies. Nei casi previsti dal comma 6-sexies, il giudice che ha emesso il provvedimento impu- gnato dichiara, anche d’ufficio, con ordinanza l’i- nammissibilità dell’impugnazione e dispone l’ese- cuzione del provvedimento impugnato.

6-octies. Le disposizioni del comma 6-sexies si applicano, in quanto compatibili, agli atti in- dicati al comma 6-quinquies.

6-novies. Ai fini dell’attestazione del deposito degli atti trasmessi tramite posta elettronica cer- tificata ai sensi dei commi da 6-bis a 6-quinquies e della continuità della tenuta del fascicolo carta- ceo, la cancelleria provvede ai sensi del comma 5.

6-decies. Le disposizioni di cui ai commi da 6-bis a 6-novies si applicano agli atti di impu- gnazione di qualsiasi tipo, agli atti di opposizione e ai reclami giurisdizionali proposti successiva- mente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Fino alla sud- detta data conservano efficacia gli atti di impu- gnazione di qualsiasi tipo, gli atti di opposizione e i reclami giurisdizionali in formato elettronico, sottoscritti digitalmente, trasmessi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decre- to alla casella di posta elettronica certificata del giudice competente, ai sensi del comma 4.

[…].».

TiTolo i GIUDICE

Il Titolo in commento riguarda l’organo al quale l’ordinamento attribuisce in via esclusiva, ex art. 102 Cost., l’esercizio della funzione giu- risdizionale, cioè il compito di decidere l’esito della vicenda processuale penale sulla base del principio del giusto processo affermato nell’art.

111 della Costituzione.

La collocazione topografica delle norme in questione, all’interno del codice di rito vigente, si rivela sicuramente non casuale, ma finalizzata ad affermare la centralità del ruolo del giudice nel contesto di un processo concepito non più co- me strumento per la realizzazione della pretesa punitiva in relazione ai fatti oggetto di imputa- zione, bensì quale “sistema di garanzie” nel cui ambito vengano contemperati i diritti fondamen- tali dell’imputato e l’esigenza di accertamento della verità processuale.

Dal punto di vista ordinamentale, alla lu- ce dei diversi precetti costituzionali relativi alla magistratura intesa come potere dello Stato e al giudice quale organo deputato all’esercizio del- la giurisdizione, preclusa in radice la possibilità di istituire giudici straordinari, chiamati, cioè, a pronunciarsi su un fatto determinato verificatosi prima della loro istituzione, all’interno della ca- tegoria dei giudici ordinari si possono effettuare le seguenti distinzioni:

– giudici togati (magistrati professionali ap- partenenti all’ordinamento giudiziario in via defi- nitiva, nominati per concorso sulla base di quanto previsto dall’art. 106 comma 1, Cost.) e giudici laici (cittadini chiamati ad esercitare la funzione giurisdizionale temporaneamente sulla base di specifici requisiti fissati dalla legge, come i giudi- ci di pace o i sei membri laici della corte d’assise);

– giudici monocratici (l’organo giudicante è costituito da una sola persona fisica) e giudi- ci collegiali (l’organo giudicante è composto da una pluralità di persone fisiche).

Rispetto alle funzioni esercitate, gli organi giudicanti ordinari possono essere così suddivisi:

– giudice di pace, organo monocratico;

– giudice per le indagini preliminari e giudice per l’udienza preliminare, entrambi monocratici;

– tribunale ordinario, il quale giudica in composizione monocratica o collegiale (in tal ca- so con il numero invariabile di tre componenti) a seconda della gravità o delle peculiarità del reato;

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– corte d’assise, organo collegiale composto da otto membri di cui due togati e sei laici;

– corte d’appello, organo collegiale compo- sto da tre magistrati togati;

– corte d’assise d’appello, organo collegia- le la cui composizione ricalca quella della corte d’assise di primo grado;

– magistrato di sorveglianza, organo mono- cratico;

– tribunale di sorveglianza, organo collegia- le composto da quattro magistrati di cui due to- gati e due laici;

– Corte di Cassazione, giudice supremo di legittimità, costituita in Sezioni chiamate a giudi- care con il numero invariabile di cinque votanti, o di nove nel caso di composizione a Sezioni unite.

CaPo i GIURISDIZIONE

1

. Giurisdizione penale (1

). – 1. La giurisdizione penale è esercitata dai giudici previsti dalle leggi di ordinamento giudizia- rio (102 Cost.) secondo le norme di questo codice.

(1) Si veda il R.D. 30 gennaio 1941, n. 12, recante la normativa fondamentale sull’ordinamento giudiziario.

La norma in esame fissa un principio cardine riguardo all’esercizio della funzione giurisdizio- nale penale: titolari del potere di definizione della vicenda processuale possono essere solo ed esclu- sivamente quei magistrati ai quali l’ordinamento giudiziario attribuisce la qualità di “organi giudi- canti”, mediante uno specifico atto di investitu- ra o di nomina, la cui conformità alle previsioni legali è presupposto indispensabile perché possa dirsi ricorrente, nel loro concreto operare, una va- lida e corretta attività di giurisdizione.

Il disposto dell’articolo in commento, pertan- to, determina un profondo legame tra le previ- sioni ordinamentali in senso stretto e l’effettivi- tà dell’attività procedimentale posta in essere dal magistrato che, sempre stando alla lettera della norma, deve conformarsi alle previsioni del co- dice di rito. Tale raccordo emerge indirettamente dalla previsione dell’art. 178, a norma del quale l’inosservanza delle disposizioni concernenti la capacità del giudice contenute nel R.D. 30 gen- naio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario) cau- sa la nullità assoluta di ogni singolo atto posto in

essere da colui il quale solo apparentemente rive- ste la qualità di magistrato giudicante.

Pertanto, soltanto l’investitura rituale di colui il quale è chiamato a pronunciarsi sui fatti ogget- to di imputazione assicura la validità di tutti gli atti dallo stesso compiuti.

u  In tempo di pace la giurisdizione “norma- le” è quella ordinaria, mentre quella militare ha carattere eccezionale, ed è comunque con riferimento al solo processo di cognizione che opera il principio di cui all’art. 103, comma ter- zo, Cost. Ne consegue che esso non è invocabile in tema di giurisdizione nel processo esecutivo, e in particolare in quello di sorveglianza, anche se stabilisce il criterio generale per delimitare l’ambito di estensione rispettivo della giurisdi- zione ordinaria e di quella speciale in detto pro- cesso (2634/1994, rv 198172).

u   È giuridicamente inesistente il provvedi- mento giurisdizionale che, quantunque mate- rialmente esistente e ascrivibile a un giudice, sia tuttavia privo del requisito minimo della provenienza da un organo giudiziario investito del potere di decisione in una materia riservata agli organi della giurisdizione penale e, come tale, risulti esorbitante, siccome invasivo dello specifico campo riservato al giudice penale, dai limiti interni e oggettivi che, alla stregua dell’ordinamento positivo, discriminano il ramo civile e quello penale nella distribuzione della

“iurisdictio” (25/1999, rv 214694).

u   L’Amministrazione militare deve inten- dersi circoscritta nelle strutture occorrenti per l’organizzazione del personale e dei mezzi ma- teriali destinati alla difesa armata dello Stato, e i beni in dotazione della stessa si identificano in quelli che, a norma delle leggi sulla contabilità generale dello Stato, sono amministrati dal Mi- nistero della difesa o dai corpi militari, mentre non possono essere compresi tra quelli appar- tenenti all’Amministrazione militare i beni as- segnati ad altri Ministeri, per l’uso degli stessi o dei servizi da essi dipendenti o da essi ammini- strati, ovvero quelli che rappresentano ogget- to di gestione sotto un profilo esclusivamente privatistico. Ne consegue che, poiché il corpo della Guardia di Finanza fa parte integrante delle Forze armate dello Stato, è configurabile la giurisdizione dell’autorità giudiziaria milita- re, e non di quella ordinaria, in tema di truffa consumata da sottufficiale di detto corpo in danno dell’Amministrazione di appartenenza, mediante il conseguimento dell’indebito rim-

(8)

borso di spese di missione eccedenti quanto effettivamente pagato (1410/2000, rv 215224).

u   Non può dirsi inesistente la sentenza di condanna pronunciata dal tribunale ordinario per fatti commessi da un soggetto all’epoca de- gli stessi minorenne, perché la sentenza è inesi- stente quando è emessa da un soggetto estra- neo all’ordinamento giudiziario (45603/2010).

2

. Cognizione del giudice. – 1. Il giu-

dice penale risolve ogni questione da cui dipende la decisione, salvo che sia diversa- mente stabilito (3, 30, 263

3

, 324

8

, 479) (

1

).

2. La decisione del giudice penale che risolve incidentalmente una questione civi- le, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo (651, 652, 654).

(1) La pregiudiziale relativa alla legittimità costitu- zionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge è di competenza della Corte costituzionale (art. 134 Cost.).

Per la c.d. pregiudiziale comunitaria e la competenza della Corte di giustizia della Comunità europea, si veda l’art. 3 della L. 13 marzo 1958, n. 204.

La disposizione in commento individua i confini dello spatium deliberandi riconosciuto dall’ordinamento a quell’organo giudicante che costituisce il protagonista principe del processo penale, cioè la possibilità, per lo stesso, di pro- nunciarsi su tutte quelle questioni che potrebbero costituire oggetto di un diverso procedimento ci- vile, penale o amministrativo, e che, nella singo- la fattispecie, si pongono in rapporto di pregiudi- zialità logica con la pronuncia finale relativa ai fatti oggetto di imputazione.

Occorre sottolineare come la ratio di tale pre- visione debba necessariamente essere individuata nell’esigenza di garantire quei principi di massi- ma semplificazione e celerità nell’attività di ac- certamento della verità processuale, imposti dal- la legge delega ed ulteriormente avvalorati dalla recente introduzione del parametro costituzionale della ragionevole durata del processo, che verreb- bero irrimediabilmente compromessi laddove ri- sultasse necessario sospendere il processo penale tutte le volte in cui si imponga l’indefettibile pre- liminare definizione di simili questioni. La nor- ma, tuttavia, richiama l’esistenza nel sistema di una serie di eccezioni a tale regola la cui indubbia tassatività ne impone una specifica elencazione:

– questioni pregiudiziali [

3] per le quali il codice consente la sospensione del processo;

– controversia relativa alla proprietà del be- ne sottoposto a sequestro [263, comma 3, e 324, comma 8];

– altre questioni civili e amministrative [

479];

– questioni di legittimità costituzionale (art.

1, L. cost. 9 febbraio 1948, n. 1 e art. 23, L. 11 marzo 1953, n. 87);

– questioni concernenti l’interpretazione delle norme del Trattato UE;

– conflitti di giurisdizione e competenza [

28], oggetto di specifica disciplina, in relazione ai quali il giudice è obbligato a trasmettere im- mediatamente gli atti alla Corte di Cassazione che risolve il conflitto.

In tutte le suddette fattispecie il giudice non può esercitare i poteri decisori generalmente ri- conosciutigli nel contesto di una singola vicenda processuale, ma deve attendere e successivamen- te attenersi alle pronunce degli organi competenti.

Il secondo comma precisa poi chiaramente come gli esiti di questa cognizione occasionale non possano in alcun modo riverberarsi all’ester- no dello specifico processo penale nel quale in- tervengono (esempio).

Le Sezioni Unite della Cassazione ci ricorda- no che in tema di successione di leggi penali, a fronte di una condotta interamente posta in essere sotto il vigore di una legge penale più favorevole e di un evento intervenuto nella vigenza di una legge penale più sfavorevole, deve trovare appli- cazione la legge vigente al momento della con- dotta (così Cassazione, S.U., n. 40986 del 2018).

Ciò che il giudice penale deciderà, in tema di status di fallito dell’imprenditore coinvolto nel procedimento o di sussistenza dei presupposti per la sospensione di una concessione edilizia presu- mibilmente affetta da vizi di legittimità, non può in alcun modo vincolare le valutazioni del giudice civile o amministrativo chiamato a pronunciarsi in altro processo sulle medesime questioni, po- tendo al massimo configurarsi, nella ricostruzio- ne incidentale del giudice penale, la ricorrenza di un principio di prova liberamente valutabile o il suggerimento di ulteriori prospettive istruttorie.

u  Ai sensi dell’art. 2 c.p.p. spetta al giudice penale decidere in via incidentale la natura pubblica o privata di un ente quando la que-

(9)

stione assuma rilevanza ai fini della qualifica- zione giuridica del fatto oggetto dell’imputa- zione (3035/1999, rv 212941).

u  Se il giudice civile ha dichiarato il fallimen- to di persona insolvente, ritenuta imprenditore ai sensi dell’art. 2082 c.c., il giudice penale deve bensì verificare la sussistenza della sua pronun- cia, per accertare un elemento costitutivo inde- fettibile della fattispecie di reato fallimentare.

Ma, poiché la sentenza dichiarativa di fallimen- to non fa stato nel processo penale, tale accer- tamento è insufficiente ad integrare la prova della qualità di imprenditore, e cioè di soggetto attivo del reato, della persona dichiarata fallita, se essa è controversa ai fini dell’art. 2221 c.c. e 1 del R.D. n. 267 del 1942 per emergenze che in- ducano ad attribuire all’imputato lo svolgimen- to dell’attività di piccolo imprenditore, prevista dall’art. 2083 c.c. (5544/1999, rv 213529).

u  L’aggravante del nesso teleologico, previ- sta dall’art. 61 c.p., n. 2, può essere ritenuta, in applicazione dell’art. 2 c.p.p., comma 2, anche se il reato fine viene giudicato separatamente (12707/2003, rv 224063).

u  In tema di misure di prevenzione, sussiste il difetto assoluto di giurisdizione del giudice penale in favore del giudice civile in ordine alla domanda di rilascio promossa dal proprietario di un complesso immobiliare occupato dai beni del complesso aziendale di un’impresa confisca- ta in via definitiva (21063/2010).

u  In tema di reati fallimentari i pagamenti in- dicati in fatture rivelatesi relative ad operazioni inesistenti sono da considerare come distrazioni di somme dal patrimonio delle rispettive società e dato il principio dell’autonomia dell’azione penale sancito dall’art. 2 c.p.p. la sentenza civile relativa al risarcimento del danno da contratto, ancorché irrevocabile, non fa stato nel processo penale quanto alla valutazione del fatto opera- ta nel processo civile, soprattutto se quest’ultimo era nei confronti di parti rimaste estranee all’a- zione penale (Trib. Milano 13 marzo 2012).

u   Non viola il divieto di “reformatio in peius” il giudice di appello che, su impugnazio- ne del solo imputato, proceda alla derubricazio- ne del reato, per cui vi era stata condanna in primo grado, in altro meno grave e a un giudi- zio di bilanciamento delle circostanze deteriore rispetto a quello formulato dal giudice di prime cure (41279/2012).

u  In tema di sequestro probatorio, il sinda- cato del giudice del riesame non può investire la concreta fondatezza dell’accusa (il cui riscon- tro è riservato della cognizione nel merito), ma deve essere limitato alla verifica dell’astratta

possibilità di sussumere il fatto attribuito ad un soggetto in una determinata ipotesi di reato ed al controllo dell’esatta qualificazione dell’og- getto del provvedimento come “corpo del rea- to “ o “cosa pertinente al reato” (19962/2013).

u  In caso di annullamento senza rinvio del- la sentenza impugnata per non essere il fatto previsto dalla legge come reato, ma solo come illecito amministrativo, il giudice non ha l’ob- bligo di trasmettere gli atti all’autorità ammi- nistrativa competente a sanzionare l’illecito amministrativo qualora la legge di depenalizza- zione non preveda norme transitorie analoghe a quelle di cui agli artt. 40 e 41, l. 24 novembre 1981, n. 689, la cui operatività è limitata agli illeciti da essa depenalizzati e non riguarda gli altri casi di depenalizzazione (11884/2014).

u  Al giudice penale è preclusa la valutazio- ne della legittimità dei provvedimenti ammini- strativi che costituiscono il presupposto dell’il- lecito penale qualora sul tema sia intervenuta una sentenza irrevocabile del giudice ammini- strativo, ma tale preclusione non si estende ai profili di illegittimità, fatti valere in sede pe- nale, non dedotti ed effettivamente decisi dal giudice amministrativo (17991/2018).

3

. Questioni pregiudiziali. –

1. Quan- do la decisione dipende dalla risoluzione di una controversia sullo stato di famiglia o di cittadinanza, il giudice, se la questione è se- ria e se l’azione a norma delle leggi civili è già in corso, può sospendere il processo fi- no al passaggio in giudicato della sentenza che definisce la questione (479, 630, lett. b);

324 c.p.c.) (

1

) (

2

).

2. La sospensione è disposta con ordi- nanza soggetta a ricorso per cassazione. La corte decide in camera di consiglio (127).

3. La sospensione del processo non impe- disce il compimento degli atti urgenti (467).

4. La sentenza irrevocabile del giudice civile che ha deciso una questione sullo sta- to di famiglia o di cittadinanza ha efficacia di giudicato nel procedimento penale.

(1) Ipotesi di sospensione obbligatoria del processo penale sono quelle di pregiudiziale costituzionale e di pregiudiziale comunitaria di cui alla nota 1 dell’arti- colo precedente.

(2) A norma dell’art. 20 del D.L.vo 10 marzo 2000, n. 74, il procedimento amministrativo di accertamento e il processo tributario non possono essere sospesi per la pendenza del procedimento penale avente ad oggetto

(10)

i medesimi fatti o fatti dal cui accertamento comunque dipende la relativa definizione.

La norma in commento costituisce espres- sa eccezione rispetto alla regola generale conte- nuta nella disposizione precedente. Essa, infatti, consente all’organo giudicante di sospendere il processo penale nel momento in cui la decisione che in esso deve essere assunta dipende dalla so- luzione di una questione pregiudiziale di natura civilistica o amministrativa attinente allo stato di famiglia o alla cittadinanza. Tuttavia occorre os- servare, in via preliminare, come la rigida indica- zione dei presupposti che consentono la sospen- sione e la previsione di un meccanismo di “stasi processuale” che si attiva non automaticamente ma solo a seguito di una decisione discrezionale da parte del giudice consentono di circoscriverne l’operatività in modo tale da non compromettere il valore della celerità nella definizione della vicen- da processuale, al contrario di quanto avverrebbe in una fattispecie di sospensione obbligatoria.

Condizioni per l’applicazione dell’istituto so- no: – il rapporto di pregiudizialità tra la que- stione insorta e la decisione del giudizio penale;

– la serietà della questione medesima, cioè la fondatezza delle ragioni prospettate dalle parti;

– la pendenza del procedimento incidentale riguardante la specifica questione innanzi al giu- dice civile.

Il provvedimento di sospensione, rimesso al- la scelta discrezionale del giudice penale, deve essere adottato con ordinanza motivata, seppur succintamente, in relazione alla sussistenza dei presupposti suddetti. Tale valutazione è soggetta a ricorso davanti ai giudici di legittimità, i qua- li sono chiamati esclusivamente a verificare la mera sussistenza, nel caso di specie, dei requi- siti normativamente previsti. Peraltro l’esplicita previsione di poteri di impugnazione esercitabili avverso l’ordinanza sospensiva si giustifica ove si consideri che la medesima è idonea a cagiona- re la sospensione dei termini di prescrizione del reato (così Cassazione n. 10849 del 1991).

La stasi del procedimento penale perdura fino al passaggio in giudicato della pronuncia che de- finisce la questione sullo stato di famiglia o sulla cittadinanza, ma, nelle more della decisione inci- dentale, non è preclusa la possibilità di adottare atti urgenti, come l’assunzione di prove non rinviabili (esempio). Sempre al fine di evitare il contrasto tra giudicati, la norma prevede espressamente che la

sentenza emessa dal giudice civile vincoli la cogni- zione dell’organo giudicante in sede penale per ciò che attiene alla pregiudiziale controversa.

Audizione di un testimone che versi in con- dizioni di salute tali da far ragionevolmente rite- nere che lo stesso non potrà essere sottoposto ad esame alla ripresa del processo penale.

u   In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l’obbligo, penalmente san- zionato, di corrispondere i mezzi vitali permane finché lo “status” dell’avente diritto al sostenta- mento non muti a seguito di sentenza passata in giudicato. Trattasi, infatti, di obbligazione “ex lege” a tutela dell’interesse primario del fami- liare in stato di bisogno, rafforzata dalla proce- dibilità d’ufficio del reato. La controversia sulla validità del vincolo parentale non costituisce questione pregiudiziale rispetto all’accertamen- to degli obblighi in questione e non legittima la sospensione del relativo procedimento penale in quanto gli effetti del vincolo stesso perman- gono finché questo non sia stato dichiarato giu- dizialmente cessato (850/1994, rv 196323).

u   Nel nuovo codice di procedura penale le questioni pregiudiziali sono state ridotte a quelle relative allo stato di famiglia ed alla cit- tadinanza, mentre gli artt. 651, 652, 653 e 654 c.p.p. regolano l’efficacia delle sentenze penali di condanna o di assoluzione nel giudizio civi- le, amministrativo e disciplinare. Non è invece prevista né regolata l’efficacia delle sentenze penali di assoluzione in altro o nello stesso giu- dizio penale sicché, essendo i relativi giudizi fra loro autonomi dato che in quello penale deve essere ricercata la verità, quanto accertato nel- la precedente pronuncia penale non fa stato in quello successivo. Ne consegue che è da esclu- dere che il giudice del delitto di associazione per delinquere sia vincolato da precedente pronuncia su di un reato-fine e non possa rin- novare l’indagine né riconsiderare le valenze probatorie degli elementi posti a base dell’as- soluzione definitiva di quel reato-fine, quando ciò serva al giudizio tuttora in corso sul delitto associativo (4609/1995, rv 201147).

u   Poiché possa disporsi la sospensione del procedimento penale in relazione a controver- sia civile sulla questione di stato, è necessario che l’illiceità penale dell’azione od omissione contestata all’imputato dipenda dal preceden- te stato di una persona e che, essendo tale stato controverso, la decisione della questione rela-

(11)

tiva sia destinata a costituire l’antecedente lo- gico-giuridico della pronuncia sull’esistenza del reato. Non può disporsi la sospensione quando il fatto ascritto all’imputato coincida e si iden- tifichi con quello da cui ha tratto origine lo stato che si assume falsamente attribuito a una persona. Ne consegue che, di fronte alla conte- stazione del delitto di cui all’art. 567 c.p., con- trovertendosi sullo stato che secondo l’accusa ha tratto origine proprio dalla falsità ascritta al prevenuto, non ricorrono i presupposti per l’o- peratività della sospensione del procedimento penale (8060/1995, rv 202151).

u   In tema di pregiudiziale costituzionale, la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 consegue ob- bligatoriamente solo alla trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, che il giudice dispone previa delibazione della rilevanza nel procedi- mento in corso e della non manifesta infonda- tezza della questione sollevata; ove pertanto una questione di legittimità costituzionale sia stata rimessa alla Consulta in un procedimento diverso, non può configurarsi l’esistenza di una pregiudiziale in senso proprio con conseguente obbligo del giudice di sospendere – a pena di nullità – il giudizio in cui la medesima questione si sia riproposta, potendosi al più desumere, sul- la base della disciplina generale delle questioni pregiudiziali quale positivamente realizzata da- gli artt. 2 e 3 c.p.p., una semplice facoltà in tal senso da parte del secondo giudice, previa deli- bazione della questione in termini di “serietà”

(2267/1997, rv 207554).

u   La sospensione del procedimento è un mezzo eccezionale cui il giudice, secondo i casi, deve o può far ricorso solo quando la legge espressamente lo prevede e cioè solo quando la decisione dipenda dalla risoluzione di una que- stione pregiudiziale costituzionale, ovvero dalla risoluzione di una questione civile o amministra- tiva. In ogni altro caso, il giudice penale è tenuto a risolvere ogni questione pregiudiziale, pur con efficacia non vincolante (503/1998, rv 210767).

u  In tema di bancarotta, la dichiarazione di fallimento, una volta che abbia acquistato il ca- rattere della irrevocabilità, costituisce un dato definitivo e vincolante sul quale non possono più sorgere questioni non collegate alla produ- zione formale della prova della sua giuridica esistenza (4427/1998, rv 211139).

u  Poiché a norma dell’art. 3, comma quarto, c.p.p., è riconosciuta efficacia di giudicato nel procedimento penale e, per il rinvio contenuto nell’art. 4 della legge n. 1423 del 1956, anche nel procedimento di prevenzione, alle sentenze

irrevocabili del giudice civile relative allo stato di famiglia o di cittadinanza, la sentenza dichia- rativa di morte presunta, che non riguarda né lo “status familiae”, né lo “status civitatis”, né statuisce sul modo di essere di un rapporto giu- ridico o sulla modificazione di esso, ma soltanto sull’accertamento in via presuntiva, attraverso un procedimento logico, di un fatto naturale come la morte, non può avere efficacia nel pro- cedimento penale e in quelli, come la procedu- ra per l’applicazione delle misure di prevenzio- ne, che sono regolati dalle norme del codice di procedura penale (5830/1999, rv 212667).

u  In tema di bancarotta, l’imputato che, ai sensi dell’art. 479 c.p.p., richiede la sospensio- ne del dibattimento, in attesa della definizione del processo instaurato contro la dichiarazione di fallimento, è tenuto allo scopo di consenti- re al giudice penale di valutare la opportunità dell’esercizio del proprio potere discrezionale sul punto a fornire allegazioni non solo alla esi- stenza della procedura in sede civile, ma anche in ordine alla serietà della questione sollevata, atteso che costituisce presupposto, normativa- mente postulato, della invocata sospensione la complessità del giudizio instaurato in sede civile o amministrativa (31074/2001, rv 219636).

u  Anche nel rito abbreviato è possibile la so- spensione del procedimento, tanto in attesa del- la risoluzione di questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza (ai sensi dell’art. 3 c.p.p.), quan- to in pendenza di giudizio su altre questioni pre- giudiziali civili o amministrative di particolare complessità, come previsto dall’art. 479 stesso codice, atteso che non può ritenersi vincolante la lettera di tale articolo, la quale fa riferimento solo alla sospensione del dibattimento, anche in considerazione del fatto che detta sospensione non è finalizzata ad operare sul momento della acquisizione probatoria, ma su quello della de- cisione; invero, proprio dalla decisione pregiudi- ziale di altro giudice, il giudice penale attende la possibilità di acquisire non ulteriori dati probato- ri, quanto elementi indispensabili al fine di per- venire ad una corretta soluzione (13780/2002).

u  Il codice di procedura penale vigente, ap- provato con d.P.R. n. 447 del 1988, non contiene una norma analoga a quella di cui all’art. 3 del codice abrogato, il quale, al comma 1, statuiva che, quando nel corso di un giudizio civile ap- pariva un fatto nel quale fossero ravvisabili gli estremi di un reato perseguibile d’ufficio, il giu- dice doveva farne rapporto al procuratore della Repubblica. Ne consegue che in nessun caso il giudice civile è tenuto a trasmettere gli atti al suddetto procuratore qualora abbia ricevuto

(12)

una specifica richiesta in tal senso. (Fattispecie relativa ad un giudizio in materia di locazione, iniziato in primo grado nel 1996, nel corso del quale il conduttore aveva addotto responsabi- lità penali del locatore in relazione a presunte condotte di estorsione di dichiarazioni non veri- tiere e di rilascio di ricevute (10490/2009).

u   La richiesta di sospensione del dibatti- mento ai sensi dell’art. 479 c.p.p., pur essendo oggetto di valutazione discrezionale, obbliga il giudice a fornire puntuale motivazione del- le ragioni per le quali ritenga superfluo atten- dere l’esito del giudizio civile o amministrativo dalla cui risoluzione può dipendere la decisione sull’esistenza del reato (17528/2010).

u   Ai fini dell’integrazione del reato di omessa prestazione dei mezzi di sussistenza nei confronti di minore non nato in costanza di ma- trimonio, è richiesta la prova della filiazione, da acquisirsi o mediante l’atto di riconoscimento formale ovvero mediante altro modo consen- tito, non esclusa eventualmente l’applicazione della pregiudiziale di stato ai sensi e per gli ef- fetti dell’art. 3 c.p.p. (In applicazione del princi- pio la Corte ha annullato con rinvio la senten- za impugnata che aveva ritenuto la filiazione provata in base alla mera testimonianza della madre in ordine all’avvenuto riconoscimento di paternità non confortato da atti giudiziali e neppure da riscontri anagrafici) (15952/2012).

CaPo ii COMPETENZA

Il Capo in commento, relativo al tema del- la competenza, fissa i criteri normativi funziona- li all’attuazione di una ordinata distribuzione, in senso orizzontale e verticale, delle regiudicande penali, ed all’individuazione del giudice naturale precostituito per legge ai sensi dell’art. 25 comma 1, Cost., nel pieno rispetto del principio della buo- na efficienza dell’amministrazione giudiziaria.

La precostituzione dell’organo giudicante, an- teriormente all’insorgere della controversia sui fatti oggetto di imputazione, è predisposta dall’or- dinamento giudiziario a garanzia dell’indipenden- za di colui il quale è chiamato a pronunciarsi e, contestualmente, della libertà dei cittadini.

I due cardini di ripartizione individuati dal le- gislatore sono:

– la competenza per materia, che consente di suddividere il lavoro tra i diversi uffici giudizia- ri in ragione sia del criterio qualitativo (natura e

tipologia del reato) sia di quello quantitativo (en- tità e gravità della pena edittale);

– la competenza per territorio, che permette di individuare, tra i vari uffici giudiziari dello stesso tipo dislocati sul territorio della Repubblica, quel- lo competente a conoscere del procedimento.

Accanto alle due tradizionali figure di ripar- tizione il legislatore ne ha introdotte ex novo al- trettante:

– la competenza per connessione, la quale tiene conto della necessità di operare una tratta- zione unitaria di cause collegate alla luce di pa- rametri di riferimento tassativamente prefissati, in conformità ai principi di celerità e speditezza dell’attività processuale;

– la competenza funzionale, la quale fa riferi- mento alla distribuzione del carico giudiziario di un medesimo procedimento, in virtù del princi- pio di separazione delle diverse fasi processuali fatto proprio dal modello accusatorio dell’attuale codice di rito.

Regole particolari sono poi dettate per la in- dividuazione del giudice relativamente ai reati commessi all’estero [c.p. 10] ed ai procedimenti in cui un magistrato assume la qualità di persona indagata, imputata, offesa o danneggiata dal reato (criterio della circolarità). Riguardo agli imputa- ti che al momento del fatto erano minorenni non operano le ordinarie regole di connessione, es- sendo riservata l’esclusiva cognizione delle cause di questo tipo al Tribunale minorile. Infine, circa le regole di individuazione della competenza del giudice di pace penale, occorre far rinvio a quanto previsto dagli artt. 4-8 del D.Lgs. n. 274 del 2000.

Sezione i

DISPOSIZIONE GENERALE

4

. Regole per la determinazione del- la competenza. – 1. Per determinare la com-

petenza (coord. 210) si ha riguardo alla pena

stabilita dalla legge per ciascun reato consu-

mato o tentato (56 c.p.). Non si tiene conto

della continuazione (81 c.p.), della recidiva

(99 c.p.) e delle circostanze del reato, fatta

eccezione delle circostanze aggravanti per le

quali la legge stabilisce una pena di specie di-

versa da quella ordinaria del reato e di quelle

ad effetto speciale (63

3

c.p.).

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