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(1)

L

EZIONE

16 I

FONDI IMMOBILIARI

Premessa

Tra i prodotti finanziari del c.d. risparmio gestito corrispondenti ai cc. dd.

fondi chiusi (lezione 13), sono da annoverare anche i fondi immobiliari – di cui si occupa la presente trattazione – e i fondi chiusi dedicati a “private equity”.

Introdotti nel nostro ordinamento con la L. n. 86 del 25 gennaio 1994, i fondi immobiliari sono partiti in concreto solo dopo l’adozione del T.

U

.

F

. e con i decreti d’attuazione del Ministero del Tesoro (oggi Ministero dell’Economia), e dalle Authorities di vigilanza (Banca d’Italia e C

ONSOB

), nonché – per i fondi immobiliari quotati – il regolamento dell’M

TF

– che è segmento del M

IV

(vale a dire il mercato dei veicoli d'investimento) – adottato da Borsa Italiana S.p.a.

Anche i fondi immobiliari costituiscono un patrimonio autonomo – gestito in monte e suddiviso in quote – investito (in tutto o in parte

1

) in:

 beni immobili;

 diritti reali su immobili;

1 La scelta in ordine sulla struttura finanziaria di un fondo (da intendere come maggiore o minore liquidabilità dei suoi investimenti, e come possibilità di conservare una certa porzione del patrimonio come liquidità – magari in funzione della possibile richiesta di disinvestimento e del suo “timing”) rimane di pertinenza del gestore come imprenditore, ma negli OICR – in quanto strumenti finanziari destinati al mercato – deve essere espressa nel regolamento di gestione ed “esteriorizzata” con il prospetto informativo all’interno del collocamento delle quote.

Si tenga presente, tuttavia, che – a mente dell’art. 12/bis, II comma,del D.M. n.

228/1999 – dev’essere investito in misura non inferiore ai due terzi del totale in immobili, diritti reali immobiliari ed azioni di società immobiliari. Questa percentuale scende al 51 % se il patrimonio del fondo sia investito in ABS (relative ad operazioni di cartolarizzazione su immobili, diritti reali immobiliari e crediti garantiti da ipoteca su immobili) in misura non inferiore al 20 % del NAV.

Dunque, è evidente che l’autonomia imprenditoriale della SGR (da esprimere nel regolamento del singolo fondo) si riferisce al massimo ad un terzo del patrimonio del fondo.

(2)

 partecipazioni in società immobiliari, rappresentate da azioni (specie se “quotate”).

 crediti e titoli rappresentativi di credito (art. 4, comma II, lett. e, D.M. 24 maggio 1999, n. 228), come le obbligazioni corporate (lezione 9), gli strumenti del mercato monetario e gli altri titoli di debito (lezione 17);

 obbligazioni Asset Backed, emesse a fronte della cartolarizzazione di immobili (v. l’art. 12/bis, inserito nel D.M. n. 228/1999 con l’art.

7 del D.M. 31/1/2003, n. 47).

Gl’investimenti sono realizzati dalla S

GR2

in modalità coerenti con un’adeguata diversificazione tipologica e geografica del portafoglio, e nel rispetto di un dato orizzonte temporale massimo (durata), sulla base di una delega collettiva degli investitori ad un intermediario finanziario specializzato (la S

GR3

, appunto), che riveste una posizione sostanzialmente assimilabile a quella di un mandatario.

2 In realtà, anche per i fondi immobiliari può verificarsi un’inversione del ciclo produttivo, talché non si ha la sequenza classica (sottoscrizione della quota, acquisizione della disponibilità liquida da parte della banca depositaria, impiego della stessa – su conforme ordine della SGR – per l’acquisizione di proprietà immobiliari da parte del fondo), ma un’altra – peculiare dei fondi immobiliari (basata sul conferimento/apporto degl’immobili, cui segue la valutazione prudenziale dell’esperto, l’attribuzione della quota e la partecipazione proporzionale agli eventuali proventi, distribuiti dal fondo e per esso dalla SGR). A fronte della predetta inversione si

“struttura” il fondo immobiliare in modo del tutto peculiare (v. infra).

3 I fondi immobiliari possono essere costituiti, promossi e gestiti sia da una SGR

“generica” (cioè, operante in fondi comuni d’investimento mobiliari – aperti o chiusi – che da una “specializzata” (vale a dire, costituita come SGR “immobiliare”, come ad es., ARC R.E.). Il mercato, tuttavia, ha optato prevalentemente per la seconda soluzione. La SGR immobiliare, infatti, riveste queste caratteristiche tipiche:

I. ha una fisionomia peculiare, essendo per un verso società “finanziaria” e, per altro, società “immobiliare” (cioè, chiamata a gestire un portafoglio di beni reali, invece che di titoli). Questo fatto caratterizza il ciclo produttivo (v. sub nota 2), differente rispetto a quello tipico dei fondi mobiliari, e comporta la necessità di combinare professionalità del settore finanziario con quelle del settore immobiliare;

II. la tipicità del ciclo produttivo lo rende difficilmente integrabile con l’attività di una SGR generica;

(3)

In tal senso, pare non solo “utile” ma assolutamente essenziale la definizione di un congruo orizzonte temporale degl’investimenti, realizzata tramite la definizione di un termine di durata “lungo

4

” per il fondo e la corrispondente stabilità dell’impiego di risorse richiesto agli investitori tramite i caratteri del fondo “chiuso” – o semi-aperto (v. infra).

Le quote di un fondo immobiliare sono oggetto d’investimento sia per i risparmiatori – o, almeno, per quella porzione definita come “clientela- retail” – che per investitori istituzionali.

Se, per espressa disposizione normativa

5

, i fondi immobiliari devono necessariamente essere costituiti come fondi chiusi

6

, la liquidità dell’investimento per il risparmiatore può essere garantita solo come

III. La posizione competitiva di una SGR immobiliare richiede – perché la relativa attività possa svolgersi al meglio ed essere valorizzata – una serie di “alleanze”

valide (o addirittura, decisive) sul mercato immobiliare ma prive di significato – e di spazio – nell’ambito dei fondi d’investimento mobiliari.

Tuttavia, non mancano casi di SGR non specializzate che abbiano costituito anche fondi immobiliari e, di fatto, che hanno costruito un sistema di gestione immobiliare adeguato e competitivo.

4 Già la legge istitutiva (citata in precedenza come L. n. 86 del 25 gennaio 1994), ma poi anche il regolamento di attuazione (il noto D.M. n. 228/1999, “novellato” dall’art. 7 del D.M. 31/1/2003, n. 47) che, all’art. 12/bis, ha imposto per i fondi immobiliari una durata non inferiore ai 10 (salve le riduzioni ammesse dalla lett. s-bis, rispettivamente a 2 e 5 anni) e massima trentennale (art. 12, comma II, lett. m, della L. n. 86/1994), che però oggi si attesta sugli undici anni.

Si deve rilevare che – nel caso dei fondi immobiliari speculativi, cui si fa riferimento in seguito – la durata dell'investimento potrebbe essere prolungata ben oltre i termini di temporali appena indicati, in funzione della natura professionale rivestita dagli investitori legittimati ad accedere agli stessi fondi riservati o speculativi.

5 Di cui si approfondirà la razionalità economica e finanziaria nel prosieguo.

6 Si definiscono fondi chiusi quelli dove non è libero (come nei fondi aperti) né l’investimento in quote – che, allora, potrà essere realizzato non in ogni giornata lavorativa per gl’intermediari (e regolata in uno dei giorni di borsa aperta successivi), ma solo all’inizio e/o in una delle “finestre” temporali successive (che possono essere previste – dal regolamento del fondo – ad es. una volta l’anno o ogni sei mesi) – né il disinvestimento (attuabile solo con il decorso del termine finale o nelle stesse

“finestre”). Di fatto, il disinvestimento potrebbe essere realizzato (ma esclusivamente nell’ipotesi di quotazione delle quote sul MTF) anche con la negoziazione della quota sul mercato. Tuttavia, quest’opzione potrebbe incontrare qualche difficoltà a causa della sensibile riduzione del prezzo rispetto al valore patrimoniale della quota.

(4)

negoziabilità delle quote

7

, o con la formula dei “fondi semi-aperti” o flessibili.

Pertanto, la liquidità della quota nei fondi immobiliari chiusi può essere migliorata anche in funzione della possibilità di effettuare emissioni di quote successivamente a quella iniziale, in periodi pre-determinati (le

“finestre”, cui si accenna nel prosieguo). In sostanza, è possibile sia che i nuovi investimenti implementino la dotazione patrimoniale complessiva del fondo (dando luogo all’emissione di quote nuove perché “aggiunte” a quelle pre-esistenti), sia che i nuovi investimenti vadano a sostituire quello originariamente effettuato da chi chiede il rimborso anticipato della propria quota

8

. D’altro canto, in mancanza di sufficienti richieste di adesione al fondo da parte di nuovi investitori – o anche, a fronte della complessiva sproporzione (da un punto di vista quantitativo) delle richieste di disinvestimento rispetto ai nuovi investimenti, si può procedere ai rimborsi solo secondo piani di riparto.

Ad ogni modo, la legge impone che la durata del fondo (come carattere imperativamente dato a quel prodotto finanziario) non può eccedere i 30 anni, anche se – in media – non supera gli 11 anni.

7 La quotazione in borsa – in particolare, sul MTF – è prescritta come obbligatoria per i fondi immobiliari che si rivolgono anche agli investitori "al dettaglio", che corrispondono sostanzialmente ai piccoli risparmiatori. È da dire, però, che la quotazione dei fondi immobiliari ha manifestato dei problemi.

8 Le difficoltà proprie di questa soluzione (si può parlare, in tal caso, di fondi “semi- aperti” o “flessibili”) sono sostanzialmente due:

 La ridotta dimensione quantitativa dei prodotti quotati e, soprattutto, la scarsità del flottante – in tal caso, ci si riferisce al numero di quote negoziate giornalmente sui mercati finanziari – si traduce nella difficoltà di cedere o acquisire le quote;

 Quand’anche la transazione fosse materialmente possibile, la riduzione di prezzo delle quote scambiate rispetto al valore patrimoniale corrispondente al NAV (“sconto” che, nel 2004, è stato mediamente pari al 27%) potrebbe essere tale da disincentivare la stessa negoziazione.

(5)

1. Perché, nel caso dei fondi immobiliari, si tratta sempre di fondi chiusi o, al massimo, “semi-aperti”.

Mentre per i fondi comuni d’investimento mobiliare sono previsti (e distinti già al livello normativo) sia fondi aperti che chiusi

9

e – per i fondi hedge – spetta al gestore l’opzione tra un modello e l’altro

10

, i fondi immobiliari debbono necessariamente vestirsi da fondi chiusi

11

(adottando, al massimo, le modalità di disinvestimento consentite ai cc. dd. fondi “semi-aperti” o la negoziabilità delle quote – se effettivamente risultano quotate sul M

TF

, perché destinate all’investimento “retail”).

9 Dal punto di vista dell’oggetto dell’investimento, l’elemento discriminante pare poter essere riferito a queste due circostanze:

1. da un lato, che gli strumenti finanziari in cui investe il fondo siano quotati o meno (quindi, la “liquidità” degli strumenti finanziari in cui il fondo investe – in funzione della loro quotazione su un mercato regolamentato). La percentuale di strumenti finanziari non quotati di pertinenza di un fondo comune aperto non può mai superare il 10%;

2. d’altro canto, la possibilità per un fondo comune d’investimento aperto d’investire sì in strumenti finanziari emessi dalla stessa società anche più del 5% delle disponibilità del fondo in strumenti finanziari emessi dallo stesso emittente (a condizione di non superare comunque il 10% e che l’insieme degli strumenti finanziari di vari emittenti, acquisiti superando il limite del 5%, non ecceda comunque il 40% del patrimonio del fondo), non può mai consentire di acquisire di fatto una quota di controllo rispetto ad una singola società emittente. Il che, invece, è assolutamente possibile nei fondi comuni d’investimento mobiliare chiusi.

Se l’investimento in immobili è certamente consentito ai fondi comuni d’investimento (in base all’art. 4, comma II, lett. d del D.M. 24 maggio 1999, n. 228), è da ritenere che – almeno in quelli “aperti” – debba essere soggetto a restrizioni, oltre che da un punto di vista quantitativo (non più del 10% del fondo), pure sul versante qualitativo, dal momento che sembrerebbe si possa trattare solo di immobili di proprietà della SGR

e utilizzati nell’ambito della sua attività d’impresa (il che è conforme a quanto previsto dall’art. 39, II comma, lett. d), TUF per i fondi comuni e per le SICAV dall’art.

43, VI comma TUF).

È la ridotta liquidabilità dell’investimento, infatti, che spiega sia le restrizioni all’investimento in strumenti finanziari non quotati che quelle rispetto all’investimento in immobili (o diritti reali immobiliari) da parte dei fondi aperti.

Restrizioni e limitazioni che, evidentemente, non hanno ragion d’essere nei fondi chiusi.

10 Anche in correlazione alla corrispondente libertà di scelta – da parte del gestore – in ordine alla composizione quantitativa e qualitativa degl’investimenti.

11 V. l’art. 12/bis. I comma, del D.M. n. 228/1999

(6)

Il vincolo appena menzionato si giustifica in funzione dei caratteri propri di un investimento immobiliare ed, in particolare, per i tempi richiesti da un’attività funzionale alla valorizzazione, gestione e dismissione di un immobile singolo, tempi che chiaramente crescono in funzione del numero, della varietà tipologica e delle dimensioni dei beni oggetto dell’attività.

La S

GR

, d’altro canto, conserva tutta la propria libertà d’impresa non solo in ordine alla scelta della composizione del fondo, dei caratteri propri dei beni in cui investe (ad es., quanto agl’immobili, localizzazione, dimensione, condizione d’impiego attuale – se, cioè, gl’immobili sono liberi o già occupati, se la destinazione è un uso abitativo o non abitativo, l’entità del flusso di rendimenti prodotti, ecc.), ma anche in ordine:

 Alla costituzione del fondo (con apporti o semplice sottoscrizione delle quote),

 Alla destinazione del medesimo ad investitori istituzionali o anche alla clientela retail;

 Alla quotazione del fondo su mercati regolamentati o meno;

 Alla composizione del patrimonio netto del fondo (anche, ad es., in ordine alla scelta degli assets in cui viene investito e alla previsione di finanziamenti da ottenere per incrementare la dotazione patrimoniale disponibile all’investimento nell’acquisizione e implementazione del patrimonio immobiliare);

 Alla scelta del modello ad accumulazione o a distribuzione dei proventi.

D’altro canto, a monte si colloca la stessa scelta tra una S

GR

“ad hoc” (cioè,

specializzata nella gestione di fondi immobiliari, anche se magari risulta

inserita in un gruppo finanziare, che garantisce un’ottimale allocazione dei

prodotti sul mercato finanziario) e una S

GR

“generalista”, vale a dire non

caratterizzata dalla scelta di un determinato ambito di operatività.

(7)

2. Caratteristiche dei fondi immobiliari: la struttura.

La gestione di un fondo immobiliare postula la presenza, nella struttura organizzativa concepita dalla S

GR

(immobiliare?) di una pluralità di soggetti-attori:

a) La stessa S

GR

(come “asset manager”);

b) Ad essa si affianca un’assemblea dei quotisti (da cui promana il

“Comitato investimenti”);

c) La banca depositaria;

d) Uno o più “esperti indipendenti”, per la valutazione del portafoglio e dei singoli beni);

e) Il “project manager” (incaricato della progettazione e costruzione degl’immobili);

f) Il “property facility manager”;

g) I locatari (o “conduttori”) degl’immobili.

La struttura organizzativa complessa, il numero di soggetti giuridici coinvolti – a prescindere dal numero d’investitori “interessati

12

” dal

12 Ci si riferisce non solo ai risparmiatori che investono in quote di fondi immobiliari – per i quali potrebbe anche risultare sufficiente considerare l’efficacia “selettiva” della misura piuttosto elevata dell’investimento, che potrebbe disincentivare l’acquisto del prodotto per i piccoli risparmiatori, cioè per chi potrebbe incontrare i maggiori problemi legati alla relativa illiquidità di quell’investimento – ma anche a chi investe in azioni di società immobiliari. Il cui valore chiaramente risente – nei termini di una forte correlazione – dell’investimento e del disinvestimento in quote di fondi immobiliari.

Infatti, è plausibile che il gestore del fondo possa reagire a richieste di disinvestimento che non prendono la forma della richiesta di negoziazione della quota – sul mercato secondario “ufficiale” (l’MTF già citato).o sul SSO eventualmente realizzato dallo stesso emittente per garantire (o migliorare) la liquidità del proprio prodotto – solo cercando di vendere (in tutto o in parte) assets presenti nel patrimonio netto del fondo.

E, tra questi asset, è evidente che quelli più “liquidi” (dunque, i primi che il gestore in difficoltà tenterebbe di smobilizzare) sono i titoli azionari delle società immobiliari quotate, o le obbligazioni ABS (chiaramente, se non dovesse bastare la liquidità conservata dal gestore “libera” nel patrimonio netto del fondo), che risultano in quel momento presenti in portafoglio. Il risultato è che, molto probabilmente, si potrà riscontrare una correlazione diretta non solo tra il NAV e il valore .di mercato delle quote del fondo, ma anche tra questo e le quotazioni delle azioni di società immobiliari presenti sul mercato italiano (MTA).

Chiaramente, agevoli da dismettere sono anche le ABS in quanto quotate sul MOT in portafoglio, mentre più complessa (e soprattutto onerosa) pare le dismissione di crediti

(8)

prodotto – spiega anche la negoziabilità o meno delle quote, ovvero l’adozione di una struttura “semi-aperta” in luogo della classica struttura del fondo “chiuso”.

Nell’ambito di questa struttura, appare determinante la previsione dell’esperto (o del “comitato di esperti”) per la valutazione degl’immobili acquisiti dal fondo tramite conferimento, ai sensi dell’art. 12/bis, III comma, lett. a), del D.M. n. 228/1999; se si tratta di beni non quotati su mercati regolamentati (e il regolamento del fondo preveda che la sottoscrizione della quota possa essere realizzata – sia in fase di costituzione che successivamente – per il tramite di conferimenti), il fondo deve:

 Acquisire una relazione di stima – elaborata in data non anteriore di 30 giorni – da esperti indipendenti scelti dalla S

GR

, nell’ambito dell’elenco di cui all’art. 6 della L. n. 86/1994; il valore della quota attribuita non può eccedere tale stima.

 Acquisire una valutazione di un intermediario finanziario (abilitato), incaricato di accertare la compatibilità dei conferimenti rispetto alla politica di gestione e agli obiettivi d’investimento del fondo e la loro redditività (anche riguardo all’attività di sollecitazione all’investimento svolta dal fondo). Tale valutazione può essere prodotta dall’esperto di cui sopra, se in possesso dei necessari requisiti professionali.

Su tutta la struttura s’esprime il potere di vigilanza del Ministero dell’Economia e della Banca d’Italia:

 Il primo, sentita la Banca d’Italia, autorizza la costituzione della S

GR

“immobiliare” (ai sensi dell’art. 1 della L. n. 86/1994);

(anche se garantiti), a meno che non siano stati "cartolarizzati" o "quotati sul mercato monetario", sì da garantirne la circolabilità.

(9)

 La seconda tiene l’elenco delle S

GR

autorizzate; tale albo è tenuto dalla Banca d’Italia, che è pure competente per approvare – anche col meccanismo del silenzio-assenso – il regolamento del fondo.

3. Segue: le “finestre” e la quotazione sull’M

TF

.

Come accennato, è il regolamento del fondo a definire non solo la durata del periodo – comunque non superiore a 18 mesi – di sottoscrizione delle quote del fondo (e l’ammontare minimo e massimo di tali sottoscrizioni;

cfr. l’art. 14, comma II, del D.M. n. 228/1999), ma anche la possibilità di reiterare tale periodo nel corso della durata del fondo (v. sempre il sopra citato art. 14, commi III-IV), nonché la possibilità di prorogarne la durata medesima (ibidem).

In tal modo, la S

GR

può – nell’esercizio del proprio potere d’iniziativa economica – definire “finestre” all’interno delle quali sia possibile non solo il “rimborso anticipato” (totale o parziale; cfr. l’art. 14, comma VI/bis) delle quote, ma anche la sottoscrizione delle stesse in momenti successivi alla costituzione del fondo.

È chiaro che la definizione di una certa “liquidità” dell’investimento sia un notevole fattore di successo per i prodotti finanziari, in particolare per quelli che si riferiscono al c.d. “risparmio diffuso” (corrispondente spesso anche alla clientela “retail”).

In tal senso, una possibile alternativa – che, peraltro, consente

all’investitore di evitare di far dipendere la liquidabilità del proprio

investimento principalmente dalla controparte – è costituita dalla scelta di

quotare le quote sull’M

TF

. La possibile controindicazione (capace di

incidere negativamente pure sul successo di questo prodotto finanziario sul

mercato – attiene allo scarto tra il valore “contabile” (N

AV

) della quota e il

valore in concreto realizzabile sul mercato.

(10)

Dunque, il “trade-off” che si propone all’investitore – che abbia optato per la sottoscrizione di quote di fondi immobiliari chiusi – è il seguente:

 Accettare d’interfacciarsi sempre con la S

GR

“emittente”, quindi attendere sempre la prima “finestra” disponibile (e sperare che, a fronte delle richieste di liquidazione della quota sussistano richieste di nuove sottoscrizioni per un ammontare corrispondente o addirittura superiore). In caso contrario, la S

GR

potrebbe anche ridurre proporzionalmente il rimborso, rimanendo l’investitore – per la parte restante – soggetto al rischio dell’investimento;

 Acquistare i vantaggi della quotazione sul M

TF

, ma sopportare il rischio di deprezzamento della quota (indicato supra alla nota 9).

4. Segue: la possibilità per la S

GR

di ottenere prestiti per migliorare la propria operatività.

Ai sensi dell’art. 12/bis, comma VII, del D.M. n. 228/1999, il fondo immobiliare può ottenere prestiti – nei limiti del 60% del valore dei beni immobili, dei diritti reali immobiliari e delle azioni di società immobiliari presenti nel fondo, e del 20% degli altri beni (ad es., crediti ed A

BS

). Questi prestiti possono essere funzionali all’acquisto o anche alla valorizzazione dei beni del fondo.

Invece, in base al successivo comma VIII, il fondo può ottenere altri prestiti in funzione del rimborso anticipato delle quote ma, in tal caso, per un importo che non supera il 10% del valore del fondo. In ogni caso tali limiti non si applicano ai fondi speculativi di cui al successivo art. 16 (del medesimo D.M. n. 228/1999).

A questi prestiti si deve aggiungere il valore delle somme che il fondo può

conseguire emettendo obbligazioni garantite dal valore dei beni inclusi nel

fondo, al netto del debito per la restituzione dei prestiti già ottenuti e per il

pagamento degli interessi compensativi. Ciò comporta che il fondo può

(11)

ottenere risorse ulteriori rispetto al valore degli investimenti effettuati per un ammontare pari al 160% complessivo tra prestiti che può aver assunto dalla banca depositaria e il valore delle obbligazioni garantite che può emettere.

Si deve sottolineare, dunque, che il fondo può ottenere finanziamenti non solo dalla banca depositaria ma anche dal mercato tramite l'emissione di particolari obbligazioni, i cosidetti covered bonds. Con questa denominazione, s’indicano le obbligazioni “garantite” da un patrimonio immobiliare sottostante corrispondente ad un fondo comune negoziato sul M

IV

, quando tali obbligazioni sono destinate pure ad investitori al dettaglio.

Esse sono state istituite con D.L. 23 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, regolamentazione completata col D.M. n. 310 del 14/12/2006 e con le Disposizioni di vigilanza della Banca d’Italia del 17.5.2007. Nel Decreto Ministeriale si precisa, in particolare all’art. 3, il rapporto massimo tra il valore nominale dei titoli emessi e il valore attuale netto degli attivi ceduti, che non solo non potrà mai scendere sotto l’unità, ma deve altresì essere oggetto di apposita garanzia da parte della banca cedente e della banca cessionaria. In sostanza, per ciascuno dei fondi immobiliari gestiti, la Sgr può ottenere risorse finanziarie in parte dalla banca depositaria e in parte dal mercato, emettendo covered bonds, per un ammontare di risorse ricevute in prestito pari al 160% del valore dei beni compresi in ciascun fondo.

L’entità dei flussi finanziari generati dal patrimonio del fondo immobiliare

deve essere tale da consentire il pagamento delle cedole nonché il rimborso

dei titoli alla scadenza, anche per effetto della garanzia prestata dalla banca

cedente e dalla banca cessionaria (art. 4, D.M. 310 2006). È da sottolineare,

peraltro, il rapporto – in termini percentuali – tra l'ammontare delle predette

obbligazioni e quello delle quote di fondi immobiliari “a garanzia”.

(12)

5. Fondi immobiliari e investimento sotto forma di “apporti”: le regole per la costituzione e il funzionamento del fondo.

Dal momento che per i fondi immobiliari non valgono i divieti di cui all’art. 12, comma III, del D.M. n. 228/1999, è possibile che i soci delle S

GR

che gestiscono fondi immobiliari, o società facenti parte del medesimo gruppo rilevante

13

in cui la stessa è inserita, acquisiscano quote del fondo effettuando conferimenti. Tali apporti, comunque, devono però sottostare alle seguenti condizioni:

a) Il valore del singolo bene oggetto di cessione, acquisito o conferimento non può eccedere il 10% del valore del fondo (N

AV

);

 il totale delle operazioni effettuate – anche indirettamente – con soci della S

GR

non si può superare il 40% del valore del fondo;

 il totale delle operazioni effettuate – anche indirettamente – con soci o con soggetti appartenenti al loro gruppo rilevante non può superare il 60 %

14

del valore del fondo.

13 La fattispecie del “gruppo rilevante” si ricava dall’art. 11, comma I, lett. a) TUF, in base al quale spetta la normativa secondaria della Banca d’Italia dare contenuto a quella nozione.

14 La percentuale sale fino al 160% del valore di quanto e incluso nel fondo se si tiene conto che:

1. la SGR potrebbe aver ottenuto dalla banca depositaria finanziamenti per circa in 60% del valore dei beni ricompresi nel fondo;

2. poi però la medesima SGR può provvedere ad emettere una quantità di obbligazioni garantite pari a circa il 100% del valore del fondo al netto di prevedere essere obbligazioni così che l'indebitamento del fondo - cui dovrà servite il suo rendimento prima di poter implementare il valore della quota dovrà essere pari quanto meno a ciò che serve per coprire il costo dell'indebitamento e provvedere al rimborso del medesimo.

3. Si deve altresì evidenziare come concorra a definire il valore della quota del fondo anche le sue quotazioni sul Miv, dal momento che non può mancare una loro ammissione su quel mercato regolamentato qualora le sue quote risultino

(13)

b) Dopo la prima emissione di quote il valore del singolo bene oggetto di cessione, acquisto o conferimento e, in ogni caso, il totale delle operazioni effettuate – anche indirettamente – con soci della S

GR

o con soggetti appartenenti al loro gruppo rilevante non può superare il 10% del valore complessivo del fondo su base annua;

c) I beni acquisiti o ceduti dal fondo devono essere stimati da esperti di cui all’art. 17 del D.M. n. 228/1999;

d) le quote del fondo sottoscritte a fronte del conferimento debbono essere detenute dal conferente (cioè, non possono essere cedute, né ne può essere richiesto il rimborso) per almeno il 30% e per un periodo minimo di due anni;

e) l’intermediario finanziario cui è richiesta la valutazione di cui all’art. 12/bis, comma III, lett. b), del D.M. n. 228/1999, non deve appartenere al gruppo del soggetto conferente;

f) La delibera dell’organo amministrativo della S

GR

deve illustrare l’interesse del fondo e dei suoi sottoscrittori all’operazione – con “parti correlate

15

” – e deve essere assunto anche il parere favorevole dell’organo di controllo.

Occorre poi rammentare che le cautele di cui all’art. 12/bis, comma IV, lett.

a-c) non si applicano ai fondi riservati ad investitori qualificati, di cui all’art. 15, e ai fondi speculativi (hedge funds), di cui all’art. 16 del D.M. n.

228/1999.

D’altro canto, le medesime regole non si applicano ai fondi immobiliari le cui quote siano uguali o superiori a 250.000 Euro. È evidente che l’entità dell’investimento richiesto sembra operare come “fattore di selezione”,

molto diffuse anche tra gli investitori al dettaglio, sulla base di quanto prevede il proposito la normativa del Reg. Mercati.

15 V. art. 3, comma I, lett. a), Reg. Op. Parti Corr., nonché i relativi allegati.

(14)

utile ad escludere la necessità (ma forse anche l’utilità) della regolazione disposta a tutela dei risparmiatori-investitori.

6. Fondi immobiliari con “apporto pubblico”.

In base all’art. 13 del D.M. n. 228/1999 (che rinvia a quanto disposto dall’art. 14/bis, della L. n. 86/1994), la costituzione di fondi immobiliari con “apporto pubblico” è riservata ai soggetti di cui al medesimo art.

14/bis, regolati da quella stessa disposizione. Ci si riferisce, in particolare, a fondi dove il 51% dello stesso è costituito da beni o diritti reali immobiliari apportati esclusivamente dallo Stato, da enti previdenziali pubblici, da Regioni, enti locali e loro consorzi, nonché da società interamente possedute dagli stessi soggetti. Peraltro, tali soggetti – nel regolamento del fondo (conforme alle disposizioni dell’art. 12, commi I e II, della L. n.

86/1994) – assumono il carattere di “investitori istituzionali”, ma la S

GR

non dev’essere controllata (ai sensi dell’art. 2359 c.c.), neanche indirettamente, da nessuno degli stessi soggetti che procedono all’apporto.

A tal fine, però, non si deve tener conto delle eventuali partecipazioni del Ministero del Tesoro. La quota minima dell’investimento di ciascuno nel fondo è determinata dal Ministero del Tesoro, ma non può eccedere l’1 %.

S’impone, in sostanza, che la scelta di costituire un fondo immobiliare sia coerente con una logica di privatizzazione e con una scelta di policy

“market friendly”.

Inoltre, il regolamento del fondo “ad apporti” deve necessariamente

prevedere l’obbligo in capo ai partecipanti di “integrare” l’apporto con

versamenti in denaro – chiaramente di entità proporzionale al proprio

apporto – complessivamente pari al 5 % del valore del fondo. L’obbligo

non sussiste se partecipano al fondo oltre ai soggetti che liberano la propria

quota con un apporto anche soggetti che invece effettuano un investimento

con l’integrale versamento di denaro, sempre che il relativo apporto di

(15)

denaro raggiunga almeno il 10 % del valore del fondo. È precluso l’impiego della liquidità conseguita con apporti in denaro per l’acquisto di immobili, a meno che non siano indispensabili all’attività del fondo e il loro valore non ecceda il 30 % dell’apporto di liquidità.

Gli immobili oggetto d’apporto sono poi valutati ai sensi dell’art. 8.

Quando l’apporto proviene da soggetti diversi (da quelli di cui allo stesso art. 14/bis, comma I), applicandosi le previsioni dell’art. 14, commi VI e VI/ter, della medesima L. n. 86/94, occorre prestare una certa attenzione al rischio di conflitto d’interessi lì regolato, che impone una serie di divieti a pena di nullità (rispetto alla cessione o all’acquisto di attività direttamente dai soci o dagli esponenti aziendali della S

GR

).

Nel testo si fa riferimento a prodotti finanziari che vengono normalmente utilizzati anche dagli investitori al dettaglio mentre sussistono fondi immobiliari riservati ad investitori qualificati ai sensi del punto II, Sezione III, Cap. I, Tit. V nel Reg. Gest. Coll. Risp. (a proposito degli O

ICR

).

7. Quote di fondi immobiliari disponibili sul M

IV

.

La regolazione non ha provveduto a definire direttamente dei limiti quantitativi, se si esclude quanto previsto espressamente dall'art. 5, comma II, ma anche del successivo art. 12, comma II e II-bis Reg. gest. coll. risp

16

. Da quest’ultimo è agevole desumere direttamente l'identificazione di prodotti finanziari che sono o meno destinati alla generalità degli investitori.

In sostanza, però, è possibile desumere indicazioni abbastanza univoche rispetto agli orientamenti espressi in concreto dal regolatore. Questi ha provveduto a definire in termini abbastanza univoci delle dimensioni

16 Per i quali si ricava, rispettivamente, che la quota dei fondi chiusi non può scendere sotto i 50.000€mentre, d'altro canto, la SGR [nell'amministrazione del fondo) può assumere prestiti per il rimborso delle quote], ma solo nei limiti del 10% del valore del fondo stesso.

(16)

d'investimento da reputare non compatibile con l'offerta del prodotto finanziario anche agli investitori al dettaglio.

Inoltre, nel Reg. Emittenti

17

, è possibile agevolmente trovare delle norme da cui ricavare una dimensione minima dell'investimento – non inferiore a 25.000 euro (per quanto prevede l'art. 5, comma II, Reg. gest. coll. risp,) ma non superiore a 250.000 euro – che, nel caso dei prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione, come anche delle azioni o quote degli strumenti finanziari del "risparmio gestito

18

", indica la destinazione degli stessi anche agli investitori al dettaglio. Nel caso di collocamento di questi prodotti finanziari, si tratta di una sollecitazione all’investimento rivolta alla generalità degli investitori e quindi al mercato nel suo complesso, piuttosto che a una categoria di investitori qualificati.

17 E, più specificamente, all'art, 2, comma V, nonché all'art. 2-bis, comma I, Reg.

Emittenti.

18 Il c,d. Risparmio gestito corrispondente alla "gestione in monte", ossia alla gestione collettiva del risparmio che si realizza attraverso il collocamento e la gestione degli OICR (ai sensi già del Tit. II, Capo I, ma poi sopratutto alla testo dell'art. 93-bis TUF ma anche degli artt. 16-17 Reg. Emittenti. È da riferire l'espressione risparmio gestito, tuttavia, anche alla c.d. "Gestione su base individuale", soggetta tuttavia alle regole diverse dettate dall'art. 38 e 39, nonché 48, 54 e 55 Reg. Intermediari.

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