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Sviluppi ed orientamenti della responsabilità professionale medica nei confronti dell’embrione. Prof. Vincenzo Carbone

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Sviluppi ed orientamenti della responsabilità professionale medica nei confronti dell’embrione

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Prof. Vincenzo Carbone*

1. L’EVOLUZIONE DELLA RESPONSABILITÀ DEL MEDICO: DALLA BENEVOLA INTERPRETAZIONE DELL’ART.2236 C.C. AL RISCHIO DI OVERDETERRENCE

La responsabilità del professionista in generale e del medico in particolare, nell’ultimo decennio, va incrementandosi con progressione geometrica1. Com’è lontano lo scenario normativo del codice civile del 1942, in cui il professionista godeva di un’ampia zona di irresponsabilità, giustificata dal profilo creativo del prestatore d’opera intellettuale, lontano dall’esercizio professionale di un’attività economica organizzata dall’imprenditore commerciale. In quest’ambito, l’art. 2238 c.c.2 a chiusura del cap. II, tit. III, lib. V, ritiene il prestatore d’opera intellettuale ai margini del sistema economico e produttivo, rifiutandosi di disciplinare l’attività del professionista, assurta al rango di impresa, sulla scia di posizioni dottrinali che negavano natura economica alle attività professionali, ritenendole esercitate senza scopo di lucro, sulla base di un preteso difetto di economicità, ultimo tributo del disprezzo pre-calvinista delle attività mercantili3. Era la valutazione “qualitativa”

dell’attività esercitata e dei servizi prestati dalla classe “colta” dei professionisti intellettuali4 con origini nella cultura medievale5, un’élite nei confronti della massa

* Presidente della V Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione; Roma.

1 Cass., sez. III, 15.1.1997 n. 364, in Danno e responsabilità, 1997, 179; per una nota dissenziente, ma si trattava di tatuaggi: Cass., sez. III, 8.4.1997, n. 3046, in Corr. giur., 1997, 546. Cafaggi, La responsabilità del professionista, in Dig. disc. priv. sez. civ., Torino, 1998, vol. XVII, 137 ss.; Stanzione, Zambrano, Attività sanitaria e responsabilità civile, Milano 1998; De Matteis, La responsabilità medica, Padova, 1995; Id., Consenso informato e responsabilità del medico, in Danno e responsabilità, 1996, 215; Id., La responsabilità medica, tra prospettive comunitarie e nuove tendenze giurisprudenziali, in Contr. impr., 1995, 489 ss.; A. Baldassari, S. Baldassari, La responsabilità del professionista, Milano, 1993, 609 ss.; Princigalli, La responsabilità del medico, Napoli, 1983, 165. La responsabilità medica in ambito civile, a cura di Fineschi, Milano 1989. Per profili di diritto comparato, Le «responsabilità speciali».

Modelli italiani e stranieri a cura di Autorino Stanzione, Napoli, 1994.

2 Nella Relazione al Re per l’approvazione del libro V del codice civile i §§ 109 e 110 (divenuti 916 e 917 secondo la numerazione progressiva dell’intero codice) emerge chiara l’ideologia attraverso la precisazione che l’esercizio di un’attività professionale è “profondamente influenzato dall’ordinamento sindacale e corporativo delle professioni”, tant’è che l’art.2231 c.c. sancisce per chi non è iscritto all’albo la perdita del diritto al pagamento della retribuzione. Si fissa il principio che “l’esercizio di un’attività professionale, non costituisce di per sé esercizio di un’impresa, neppure quando l’espletamento dell’attività professionale richiede l’impiego di mezzi strumentali e dell’opera di qualche ausiliario”.

3Oppo, L’iniziativa economica, in Riv. dir. civ., 1988, I, 317; Id., Impresa e imprenditore, in Scritti giuridici, vol. I, Diritto dell’impresa, Padova, 1992, 263 ss.; Spada, Impresa, in Dig. disc. priv., sez. comm., Torino, 1992, vol. VII, 32.

4 Perulli, Il lavoro autonomo, in Tratt. dir. civ. comm. diretto da Cicu, Messineo e Mengoni, vol. XXVII, t.1, Milano 1996, 530 ss. Sulla distinzione, nell’ambito del lavoro autonomo, tra professioni non protette e professioni protette:

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2 dei profani, che giustificava l’esonero dalla disciplina di diritto comune, il c.d.

“privilegio” 6 del ceto dei professionisti7.

Lo sviluppo della società moderna, le mutate esigenze di tutela del soggetto più debole, le nuove situazioni emergenti che legittimano il controllo sull’operato del professionista, hanno comportato l’insostenibilità di posizioni privilegiate, non più tollerabili anche per la diffusa estensione del ceto professionale. Del resto, la disciplina tutta italiana della responsabilità del professionista nel codice civile8, ben lontana da quella degli altri stati europei che pur fan parte della CE, non tiene il passo rispetto alla prospettazione di un codice europeo che intenda dar conto delle incisive trasformazioni della società dei possidenti, non più ancorata al latifondo e alla proprietà immobiliare, in una società imprenditoriale, in cui è esaltata l’attività economica e anche i rischi di chi agisce9.

Non mancano sostegni normativi concreti a questa prospettazione: basti pensare che l’art.25 della l. 6.2.1996 n.52 (l. comunitaria per il 1994) nell’introdurre nel codice civile un apposito capo XIV-bis sui contratti del consumatore (artt.1469-bis e ss.) ha delineato una generica figura di imprenditore-professionista, finora sconosciuta, ma simile al professionnel di tipo francese10 o all’Unternehmer tedesco11, comprensiva sia dell’attività di impresa che di quella professionale in senso proprio. Il legislatore italiano, nel limitarsi a recepire la direttiva comunitaria, strutturata sul modello della legislazione tedesca (l’AGB-Gesetz del 9.12.1976)12, con alcune precisazioni terminologiche francesi13, ha superato i vecchi steccati,

Porcelli, Il lavoratore autonomo e le professioni protette, in Diritto privato europeo, a cura di Lipari, Padova, 1997, vol. I, 202; Masucci, Le professioni protette. L’associazione tra professionisti, ivi, vol. I, 226.

5 Le Goff, La civiltà dell’occidente medievale, Torino 1981, 238 ss, in relazione al trattato di Teofilo, De diversis artis.

6 Galgano, L’imprenditore, Bologna 1970, 26.

7 Spada, op.cit., 57.

8 Sacco, Il codice civile: un fossile legislativo? in Pizzorusso Ferreri, Le fonti del diritto italiano, vol. I, Le fonti scritte, in Trattato di diritto civile diretto da Sacco, Torino, 1998, 441 ss..

9 Ferri, La formazione del «civilista europeo», in Contr. e impr./Europa, 1996, 479.

10 Il riferimento è alla legge francese del 10 gennaio 1978 n. 23, nota come loi Scrivener, avente ad oggetto la protection des consommateurs contre les clauses abusives. Sul punto Ghestin, Le contrat, Paris 1980, 483 ss.; Ghestin- Marchessaux, L’elimination de clauses abusives dans les contrats types en Europe, in I.R.A.E., 1991, 21 ss.

11 Da ultimo, § 24a des AGB-Gesetzes, così come novellato dalla recente legge del 19 luglio 1996, in Bundesgesetzblatt Jahrgang, Teil I Nr. 36 del 24 luglio 1996.

12Si tratta della Gesetz zur Regelung des Rechts der Allgemeinen Geschäftsbedingungen, emessa il 9 dicembre 1976 ed entrata in vigore il 1 gennaio 1977. La normativa è stata oggetto di numerose modifiche: Gesetz del 29 marzo 1983;

Gesetz zur Neuregelung des Internationalen Privatrechts del 25 luglio 1986; Gesetz zur Neustrukturierung des Post und Fernmeldewesens dell’8 giugno 1989; Gesetz del 22 dicembre 1989, e da ultimo la citata Gesetz del 19 luglio 1996, che ha modificato proprio il § 24a relativo ai Verbraucherverträge. Sul contributo al dibattito offerto dall’avvento in Germania dell'AGB-Gesetz del 1977, Basedow, Il controllo delle condizioni generali di contratto nella Repubblica federale tedesca, in Contr. impr., 1985, 435 ss.; Weil-Puis, Le droit allemand des conditions générales d'affaires revu et corrigé par la directive communautaire relative aux clauses abusives, in Rev. int. dr. comp., 1994, 125 ss.; Klesta Dosi, Il controllo delle clausole abusive: la direttiva 93/13 alla luce della giurisprudenza tedesca, francese, inglese, in Nuova giur. civ. comm., 1994, II, 426 ss.

13 Il termine professionnel è adoperato per designare un esperto, uno specialista in un determinato settore e si contrappone a profane: Ghestin, Le contrat, in Traité de droit civil, vol. II, Paris, 1980, 409. Nella stessa Inghilterra trova applicazione l'Unfair Contract Terms Act del 1977 e le successive modificazioni, tra cui l’Unfair Terms in Consumer Contracts Regulations, dell’8 dicembre 1994, n. 3159. Sul punto Woodroffe, Unfair terms in consumer contracts: England, in I contratti standard nel diritto interno e comunitario, a cura di Alpa-Bessone, Torino, 1991,

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3 omologando a tutti gli effetti, con riferimento ai contratti con i consumatori, l’attività dell’imprenditore e quella del professionista. Nell’art. 1469-bis c.c., secondo comma, c.c. per ben due volte, si afferma la piena parificazione dell’attività imprenditoriale o professionale, anzi si precisa didascalicamente che il

“professionista” è chi esercita attività «imprenditoriale o professionale».

In definitiva, si completa l’accerchiamento del rapporto di lavoro autonomo esplicato dal professionista intellettuale che viene parificato o all’imprenditore, nei rapporti in cui il professionista esplica piena autonomia, o al lavoratore dipendente, allorché la prestazione d’opera del medico “anche se non a carattere subordinato”

restando “prevalentemente personale” é “continuativa e coordinata” e rientra nelle controversie di lavoro secondo le previsioni dell’art. 409 co.1 sub c)14

2. L’OBBLIGAZIONE DEL MEDICO NON È PIÙ UN’OBBLIGAZIONE DI MEZZI, MA DI RISULTATO

Il professionista, sia nel caso di rapporto professionale diretto con il cliente, sia se

“entra in contatto” con il paziente nell’ambito di una struttura sanitaria pubblica o privata, non riesce più a trincerarsi dietro l’obbligazione di mezzi o di comportamento15, o sotto l’usbergo di una responsabilità attenuata, delineata per il

224 ss. Secondo Atiyah, Il ruolo attuale della “contract law”, in Riv. crit. dir. priv. 1993, 171, l’Unfair Contracts Terms riconosce tre diverse categorie contrattuali: imprenditore-consumatore, imprenditore-imprenditore, consumatore-consumatore.

14 Cass., sez. un., 19.10.1998, n. 10371 in Giust. civ. Mass. 1998, 2123; nell'ipotesi di collaborazione coordinata e continuativa stipulata come collaborazione autonoma, la rivendicazione in giudizio della natura subordinata del rapporto implica la domanda al giudice di verificare se il regolamento formale «voluto» dalle parti dissimuli (ovvero sia stato superato da) un diverso regolamento contrattuale che consenta di qualificare il rapporto – in relazione alle sue concrete modalità di svolgimento – come rapporto subordinato; nel caso di collaborazione di medici con strutture ospedaliere, siffatta verifica sarebbe inutile, posto che – stante la disciplina, legale, regolamentare e collettiva, della collaborazione del medico/libero professionista con strutture operanti all'interno del servizio sanitario nazionale – non vi sono concrete modalità di svolgimento del rapporto che si possano ritenere indici inequivocabili della subordinazione: Pret. Milano, 3.3.1997, in Dir. e pratica lav., 1997, 2941 con nota di Rocco di Torrepadula. Secondo Trib. Bologna, 1.3.1995, in Informazione prev., 1995, 796 é configurabile un rapporto di lavoro subordinato tra la casa di cura ed i medici addetti alla guardia medica allorché ricorrano i seguenti elementi: 1) forma della retribuzione in cifra fissa e non in quota percentuale sugli introiti della casa; 2) obbligo di osservanza di un orario rigido; 3) continuità del servizio attraverso turni a cadenza fissa, pur con possibili sostituzioni; 4) direzione, controllo, coordinamento e organizzazione degli stessi medici di guardia esercitata dalla casa di cura attraverso uno dei sanitari addetti.

15Sul superamento della distinzione, Carbone, Obbligazione di mezzi e di risultato tra progetti e tatuaggi, in Corr.

giur.1997, 550 ss.La distinzione tra obligation de moyen e obligation de résultat si è diffusa in Francia ad opera di Demogue, Traité des obligations en général, vol. V, Paris 1928 n.1237 e fu poi ripresa in Italia da Mengoni, Obbligazioni «di risultato» e obbligazioni «di mezzi», in Riv. dir. comm. 1954, I, 185 ss; ma già Id., L’oggetto dell’obbligazione, in Jus 1952, 158, ed utilizzata per le professioni intellettuali, Lega, La libera professione, Milano 1952, 230 ss. La giurisprudenza parte ormai dal presupposto che l’obbligo del professionista sia una tipica prestazione di mezzi (pluralizzando l’espressione francese, obligation de moyen, intesa pure come comportamento, diligenza o contegno:Betti, Teoria generale delle obbligazioni, vol. I, Milano 1953, 130). La distinzione non ha avuto vita facile a cominciare dalle forti opposizioni di Nicolò, L’adempimento dell’obbligo altrui, Milano 1936, 62, ed ivi nota 79;

Giorgianni, L’inadempimento, Milano 1975, 226; Id., Obbligazioni (diritto privato), in Noviss. dig. it., vol. XI, Torino 1965, 598; Schlesinger, Riflessioni sulla prestazione dovuta nel rapporto obbligatorio, in Riv. trim. dir. proc. civ.

1959, 1280; Rescigno, Obbligazione (nozioni), in Enc. dir., vol. XXIX, Milano 1979, 190 ss.; Cottino, L’impossibilità sopravvenuta della prestazione e la responsabilità del debitore, Milano, 1955, 43; Rodotà, Diligenza, in Enc. dir., vol.

XII, Milano, 1964, 542. Parimenti contrari, ma con una posizione più morbida, Natoli, L’attuazione del rapporto obbligatorio, in Trattato Cicu Messineo, vol. XVI, t.2, Milano, 1984, 47; Bianca, Inadempimento delle obbligazioni, in Commentario del cod. civ., II ed., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1979, 31 ss.; Alpa-Bessone-Zeno

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4 solo professionista dall’art.2236 c.c.16, che deroga e si distacca dal paradigma generale delineato dall’art.1218 c.c. per l’inadempimento dell’obbligazione da parte dell’imprenditore come di qualsiasi cittadino 17.

Da una ricerca anche sommaria dei nostri repertori di giurisprudenza, cartacei o digitali, emerge che il professionista, sia esso notaio18, avvocato19 o ingegnere20, sempre più spesso è chiamato a rispondere, nei confronti del cliente, del risultato richiesto, collegato o direttamente all’attività espletata, ovvero ai c.d. doveri accessori, ma integrativi rispetto all’obbligo primario della prestazione (Nebenpflichten). Si tratta di doveri accessori ancoràti al principio di buona fede, quali gli obblighi di protezione (Schutszpflichten) e, primo fra tutti, quello di informazione e di avviso21, indispensabili per il corretto adempimento della prestazione professionale in senso proprio.

I doveri accessori che, specie nei rapporti professionali a forte asimmetria informativa o conoscitiva delle parti, sono stati individuati al fine di tutelare la posizione del soggetto più debole, trovano la loro fonte non nel contratto22, bensì

Zencovich, I fatti illeciti, II ed., in Trattato Rescigno, vol. XIV, 1995, 85. A ragioni pratiche si richiama Di Majo, Delle obbligazioni in generale, Bologna 1985, 448. La situazione non è diversa in Francia, terra d’origine della distinzione, ove si afferma “le caractère artificiel de cette distinction”: Piedelièvre, L’efficacité des lettres de confort, in Droit et patrimoine 1996, 34, 56 ss.Sull’attuale rilevanza della distinzione, Visintini, Trattato breve della responsabilità civile, Padova, 1996, 171 ss.; De Lorenzi, Obbligazione di mezzi e obbligazioni di risultato, in Dig.

disc. priv. sez. civ., vol. XII, Torino, 1995, 397 ss.

16 Sull’ascesa e sul declino dell’art. 2236 c.c., Natoli, Consenso informato e obbligazioni di risultato tra esigenze di compensation e esigenze di deterrence, in Danno e responsabilità, 2000, 730.

17 Sulla ratio della deroga alla disciplina comune, Giacobbe, Professionisti, in Enc. dir., vol. XXXVI, Milano 1987, 1084; Vigotti, La responsabilità del professionista, in Alpa-Bessone, La responsabilità civile. Aggiornamento 1988- 1996, Torino 1997, vol. II, 781 ss.

18 Cass., sez. III, 3.1.1994 n. 6, in Corr. giur., 1994, 1268, con nota di Porcari, Obbligo di informazione: monito della cassazione ad avvocati e notai. Ricci, La responsabilità civile dell’avvocato, in Alpa-Bessone, La responsabilità civile. Aggiornamento 1988-1996, Torino 1997, vol. II, 793 ss. Di recente, Cass., sez. III, 15.6.1999, n. 5946, in Giust.

civ. Mass. 1996, 1400; Cass. civ., sez. II, 19.1. 2000, n. 566, ivi., 90.

19 Cass., sez. III 8.5.1993 n. 5325 in Corr. giur. 1964, 1270 con nota di Porcari cit. Lepri, La responsabilità civile del notaio, in Alpa-Bessone, La responsabilità civile. Aggiornamento 1988-1996, Torino 1997, vol. II, 801 ss.

20 Cass., sez. II, 21.3.1997 n.2540 in Corr. giur., 1997, 547 con commento di Carbone. Musolino, La responsabilità del professionista tecnico - ingegnere, architetto, geometra, II ed., Rimini, 1997; Salce, La responsabilità civile dell'architetto: una proposta di inquadramento sistematico della materia, in P. Q. M., 1996, 3, 17; Franzoni, Responsabilità degli ingegneri progettisti, in Dir. ed economia assicuraz., 1993, 591.

21I doveri di informazione e di avviso, definiti integrativi e accessori rispetto all’obbligo primario della prestazione (Nebenpflichten), sono ancorati al principio di buona fede integrativa, Di Majo, Delle obbligazioni in generale, in Commentario del cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1988, 315 ss.; Benatti¸ Doveri di protezione, in Dig. disc. priv. sez. civ., vol. VII, Torino 1989, 221. In Germania i doveri di protezione hanno efficacia anche verso terzi ed hanno costituito il primo nucleo della responsabilità del produttore. Negli anni trenta (il cd. Gasunfall) fu ritenuta responsabile la ditta produttrice di contatori a gas per una fiammata che aveva ustionato la domestica, e non la controparte contrattuale: Larenz, Lehrbuch des Schuldrechtes13, vol. I, München, 1982, 208. In giurisprudenza, cfr.

Cass. 25.11.1994, n. 10014, in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, 937, con nota di Ferrando, Chirurgia estetica,

“consenso informato” del paziente e responsabilità del medico, in Foro it., 1995, I, 2913, con nota di Scoditti, Chirurgia estetica e responsabilità contrattuale.

21 Cass. 8.8. 1985, n. 4394, in Giur. it. 1987, I, 1, 1136, con nota di Romano, Considerazioni in tema di responsabilità contrattuale del medico per violazione del dovere di informazione, in Foro it., 1986, I, 121, con nota di Princigalli, Chirurgia estetica e responsabilità civile, in Giust. civ., 1986, I, 1432, con nota di Costanza, Informazione del paziente e responsabilità del medico.

22 Come suggerisce Atiyah, Il ruolo attuale della contract law, cit., 163, dobbiamo cercare di liberarci dalla tendenza a considerare il contratto come fenomeno monolitico.

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nell’ordinamento e, in particolare, nelle clausole generali di correttezza, diligenza, professionalità23.

La configurazione dei doveri di protezione come obblighi insiti in ogni rapporto obbligatorio è sintomo della esigenza di una maggiore ed effettiva tutela della parte che, di volta in volta, si trova in una posizione di debolezza rispetto alla situazione concreta. In questa prospettiva possono intendersi il dovere di informare da parte del medico, il dovere di effettuare le visure catastali da parte del notaio, il dovere di redigere progetti idonei a ottenere i finanziamenti sperati da parte del progettista o del direttore dei lavori.

Sul medico, in particolare, si addossa l’obbligo di cura che tende al risultato della guarigione del paziente, obbligo di cura che rientra nella tutela del fondamentale diritto alla salute24 – i cui parametri normativi sono gli artt. 13 e 32 cost. e l’art. 5 c.c. – sia se si tratta di medicina estetica, sia, in generale, per qualsiasi malattia, anche in un soggetto dalle condizioni non ottimali. L’interpretazione giurisprudenziale afferma, infatti, che se un intervento chirurgico ha avuto esito negativo, rendendo immediata, anziché allontanare nel tempo o evitare, una menomazione, e tale esito sia imputabile alla responsabilità del medico per non avere correttamente informato l'interessato circa i rischi dell'intervento stesso, la compromissione arrecata alla salute del paziente va identificata, ai fini della liquidazione dei danni, tenendo presente il momento in cui la stessa si sarebbe prodotta naturalmente25.

In altri termini, per la sussistenza della responsabilità professionale del medico ospedaliero, a seguito di intervento chirurgico, è necessario preliminarmente, secondo i principi generali di cui all'art. 2697 cod. civ., che il paziente dimostri il nesso di causalità tra l'evento lesivo della sua salute e la condotta del medico.

Pertanto, se il giudice del merito ritiene mancante tale prova, viene meno la necessità di accertare se vi sia prestazione del consenso da parte del paziente e se l'esecuzione dell'intervento sia facile e abituale, ovvero implichi la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà, perché tali accertamenti rilevano ai fini del profilo soggettivo, onere probatorio anch'esso spettante al paziente, ma successivo e diverso (in particolare, nel primo caso è sufficiente che il paziente provi il peggioramento

23 Clausole e principi generali nell'argomentazione giurisprudenziale degli anni novanta a cura di Cabella Pisu e Nanni, Padova 1998, 331 ss.; Vigotti, La responsabilità del professionista cit., 781 ss.

24 La salute è un bene costituzionalmente protetto, la cui tutela è riconosciuta sia dalla Corte costituzionale (Corte cost.

24.5.1985, n. 161, in Foro it. 1985, I, 2162 sulla legittimità dell’attività medica richiesta dai transessuali), sia dai giudici ordinari: ex pluris Cass., sez.III., 25.11.1994 n.10014, leading case di responsabilità del medico per difetto di informazione in un intervento su una donna che a seguito di una cura dimagrante aveva perso 30 chili di peso e presentava una vistosa deformazione definita “addome a grembiule”. La sentenza si legge in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, 937 ss., con nota di Ferrando, Chirurgia estetica, “consenso informato” del paziente e responsabilità del medico, in Foro it. 1995, I, 2913, con nota di Scoditti, Chirurgia estetica e responsabilità contrattuale.

Sul problema, Cendon, Non di sola salute vive l’uomo, in Studi in onore di Rescigno, vol. V, Milano 1998, 137;

Romboli, Art. 5, in Commentario del cod. civ., a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1988, 225 ss.; Tamburrino, Le persone fisiche, in Giur. sist. dir. civ. comm. Bigiavi, Torino 1990, 160 ss; Vincenzi Amato, Art. 32, Rapporti etico- sociali, in Commentario alla Costituzione, a cura di Branca, Bologna-Roma 1976, 146 ss.

25 Cass., sez. III, 12.7.1999, n.7345, in Giust. civ. Mass. 1999, 1624.

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delle condizioni di salute, mentre il medico, per liberarsi dalla presunzione di colpa, deve dimostrare di aver eseguito la prestazione secondo la diligenza richiesta dall'art.

1176 co.2 cod. civ.; nel secondo caso è necessario che il paziente provi il dolo o la colpa grave del medico, ai sensi dell'art. 2236 c.c.26)

Il dovere di informazione che grava sul sanitario, in tema di terapia chirurgica è funzionale al consapevole esercizio, da parte del paziente, del diritto che la stessa carta costituzionale, agli art. 13 e 32, 2º comma, a lui solo attribuisce – salvi i casi di trattamenti sanitari obbligatori per legge o di stato di necessità – alla scelta di sottoporsi o meno all'intervento terapeutico. Dalla peculiare natura del trattamento sanitario volontario scaturisce, al fine di una valida manifestazione di consenso da parte del paziente, la necessità che il professionista lo informi dei benefici, delle modalità di intervento, dell'eventuale possibilità di scelta tra diverse tecniche operatorie e, infine, dei rischi prevedibili in sede post-operatoria, necessità, quest'ultima, da ritenersi particolarmente pregnante nel caso della avvenuta violazione del diritto all'informazione, da parte dei sanitari, circa i rischi di possibili anomalie o malformazioni del nascituro e del diritto all'interruzione della gravidanza27.

Ciò comporta la collocazione della responsabilità del professionista nella «terra di nessuno tra contratto e fatto illecito» in ragione di un inevitabile, lento e progressivo affievolimento dei tradizionali confini tra responsabilità da inadempimento e responsabilità aquiliana, tanto da rendere possibile il cumulo delle responsabilità28, anche in linea con l’orientamento della legislazione comunitaria, che impone specifici obblighi ex lege al professionista nei confronti del cliente (consumatore o utente); obblighi di protezione che sovrastano il contingente ed eventualmente personalizzato vincolo contrattuale, dovendo essere osservati da chiunque sia collegato ad un certo status professionale.

Lo sforzo volto a fare del dovere d’informazione un dovere legale, che sorge prima ancora che le parti si impegnino con un contratto, senza distinguere tra responsabilità contrattuale o aquiliana, comporterebbe una maggiore tutela per il

26Cass., sez. III, 23.2.2000, n. 2044, in Giust. civ. Mass.2000, 444; Cass., sez. II, 21.1.2000 n. 632, ivi, 100.

27 Cass., 24.3.1999, n. 2793, in Giust. civ., 1999, I, 1598, in Danno e responsabilità, 1999, 766, con nota Gorgoni;

Cass., 6.10.1997, n. 9705, in Giust. civ. 1998, I, 424.

28 La Cassazione ha sempre considerato legittima, rientrando nel potere dispositivo della parte, la proposizione cumulativa dell'azione contrattuale e di quella extracontrattuale, qualora si assuma che, con un unico comportamento, sono stati violati sia gli obblighi derivanti dal contratto sia il generale dovere del neminem laedere : ex multis, Cass., sez. un., 4. 11.1996, n.9522, in Danno e responsabilità, 1997, 15, con nota di Carbone, Responsabilità aquiliana della P.A. per danno all’integrità fisica del dipendente. Il rimedio del cumulo (o concorso) di azioni contrattuale e aquiliana, sorto nell’ambito del lavoro dipendente per dare una tutela più effettiva al lavoratore infortunato, si è estesa al trasporto e attualmente, ogni volta che l’interprete non riesce ad allargare l’ambito della responsabilità contrattuale a discapito di quella extracontrattuale, fa riferimento al cumulo di responsabilità:. Cass., sez. I, 21.6.1999, n. 6233 in Giust. civ. Mass. 1999, 1444, in tema di contratto di agenzia. Ove uno stesso fatto si configuri sia come illecito aquiliano che come inadempimento contrattuale, il danneggiato, senza conseguire in concreto duplicità di tutela, potrà scegliere tra le azioni: Cass., 26.10.1998, n. 10629, in Foro it., 1998, I, 3109.

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danneggiato, che potrebbe invocare sempre la tutela risarcitoria di cui all’art. 1218 c.c., con il termine di prescrizione decennale, anziché quinquennale29.

In questo senso si parla sempre più spesso di responsabilità transtipica30, che tocca trasversalmente i due tradizionali tipi di responsabilità, con particolare riferimento alla responsabilità medica, una zona franca senza frontiere tra responsabilità aquiliana e contrattuale, in cui campeggia la figura del malato che solo un medico, laureato, abilitato e iscritto all’albo, può curare. L’obiettivo è la ricerca della c.d. “giusta disciplina”, da applicarsi al caso concreto, da coniugare pur sempre con la norma di cui all’art. 2236 c.c., sul c.d. privilegio del professionista, che sancisce una limitazione della responsabilità intellettuale per inadempimento del professionista ai soli casi di dolo o colpa grave, qualora la prestazione implichi la soluzione di «problemi tecnici di speciale difficoltà». Negli altri casi, in cui non trova applicazione il c.d. privilegio del professionista, spetta a quest’ultimo provare l’assenza di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero che, nonostante le apparenze, la responsabilità del medico vada esclusa, perché il caso era di particolare difficoltà31. Infatti, secondo la casistica giurisprudenziale, nel caso di intervento chirurgico di facile o routinaria esecuzione, non riuscito a causa di complicazioni insorte in seguito all'anestesia, incombe sull'anestesista l'onere di provare che l'insuccesso dell'intervento non è dipeso da un proprio difetto di diligenza, e la casa di cura nella quale l'intervento è stato praticato risponde, a titolo contrattuale ex art.

1218 c.c., del danno causato dal chirurgo, anche nei casi in cui quest'ultimo non faccia parte dell'organizzazione aziendale della casa di cura32.

L’evoluzione della responsabilità del medico, come di altre professioni protette, trova anche sostegno nella normativa sulle professioni protette, per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi, anche al fine di ottenere il compenso per la prestazione eseguita (art.2231 c.c.), con rilevanza sotto il profilo penale, tant’è che ne è vietato l’abusivo esercizio (art. 348 c.p.) e l’attività professionale è considerata di pubblica necessità, essendo il cittadino obbligato per legge a rivolgersi a chi esercita professioni “forensi o sanitarie o altre professioni il cui esercizio” richiede “una speciale abilitazione dello Stato” (art. 359 n.1 c.p.).

La giurisprudenza ha iniziato una lunga marcia interpretativa per raggiungere posizioni come quella in esame, diretta chiaramente al superamento dell’alternativa tra responsabilità contrattuale ed aquiliana, in caso di responsabilità medica. Di fronte a queste decisioni, basate sull’irrilevanza del tipo di contatto con il medico, in cui non rileva se il malato sia un cliente o un paziente accettato da una struttura

29 In tal senso, in materia bancaria, Cass., sez. I, 8.1.1997, n. 72, in Banca, borsa, 1997, II, 653, con nota di C.

Scognamiglio, Ancora sulla responsabilità della banca per violazione di obblighi discendenti dal proprio status.

30 L’espressione è mutuata da Busnelli, Itinerari europei nella «terra di nessuno tra contratto e fatto illecito»: la responsabilità da informazioni inesatte, in Contatto e impr. 1991, 539, Palazzo, Doveri di protezione e di tutela della persona, in Danno e responsabilità, 1999, 585.

31 Cass., 19.5.1999, n. 4852, in Danno e responsabilità 1999, 1104, con nota di Comandé, in Foro it. 1999, I, 2874 con nota di Filograna

32 Cass., sez. III, 8.1.1999, n. 103, in Danno e responsabilità, 1999, 779, con nota di De Matteis; in Arch. civ. 1999, 437.

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ospedaliera pubblica o privata, l’interprete si pone il quesito se si tratti di

“disinvolture della giurisprudenza”33, ovvero di tentativi di liberarsi dalla gabbia di schemi aprioristici che impediscano di comprendere e regolare la realtà, offuscata dalla presenza di blocchi culturali accompagnati dalla pretesa di definitività, nonché da gerarchie ed ordini di valori ritenuti immutabili34, anche perché al di là delle espressioni di rito, la distinzione in esame, mentre in Francia35 rappresenta ancora una summa divisio valida per tutte le obbligazioni, in Italia opera soltanto all’interno della categoria delle obbligazioni di fare36, ambito certamente più ristretto, in cui gioca un ruolo oscillante, in relazione all’oggetto o contenuto dell’obbligazione e all’onere della prova.

L’esigenza di tutela del “paziente” o del malato ha comportato uno spostamento del punto di equilibrio precedente, come appare dalla tendenza, già manifestata in alcune decisioni sia di merito che di legittimità, a qualificare il contratto stipulato tra paziente e struttura sanitaria in termini di atipicità, discostandosi in tal modo dal rigido schema del contratto d’opera intellettuale37.

A parte, infatti, il rilievo della inconciliabilità tra la natura personale di tale tipo contrattuale e quella tipica del servizio pubblico dell’amministrazione ospedaliera o sanitaria che ne è parte38, assume particolare pregnanza la natura “composita” del servizio prestato dall’ente, sia sotto il profilo oggettivo, che sotto quello soggettivo39. Una siffatta ricostruzione trova specifici addentellati nella legislazione speciale istitutiva del servizio sanitario nazionale, ove l’espressione “assistenza sanitaria” meglio rappresenta la pluralità di obbligazioni scaturenti in capo alla struttura medica ed in favore del paziente, soprattutto con riferimento agli aspetti consensualistici del rapporto che spazia nell’ambito di una prestazione di un servizio pubblico e non del contratto40.

33 L’espressione è di Castronovo, La nuova responsabilità civile, Milano 1991, 7.

34 Rodotà, Repertorio di fine secolo, Bari 1992, 3, che richiama il pensiero di Pietro Gobetti.

35 Carbonnier, Droit civil, vol. IV, Paris 1982, 235; Savatier, Le théorie des obligations, Paris 1974, 188.

36 Galgano, Diritto civile e commerciale, vol. II, 1, Padova 1990,10; Cantillo, Le obbligazioni, in Giur. sist. dir. civ.

comm., fondata da Bigiavi, Torino 1992, vol. I, 200; De Lorenzi, op. cit., 400. Non manca chi in tal caso configura una obbligazione di non facere senza prestazione «poiché sicuramente sul medico gravano gli obblighi di cura imposti dall’arte che professa, il vincolo con il paziente esiste e la violazione di esso si configura come culpa in non faciendo la quale dà origine a responsabilità contrattuale», Castronovo, L’obbligazione senza prestazione.Ai confini tra contratto e torto, in Scritti in onore di Mengoni vol. I, Milano 1995, 197.

37 Cfr. ad es. Cass. 1.3.1988, n. 2144, in Foro it., 1988, I, 2296; Cass. 4.8.1987, n. 6707, ivi, I, 1629, con nota di Mazzia; Trib. Verona, 15.10.1990, in Nuova giur. civ. comm., 1991, I, 357; Trib. Udine, 13.5.1991, in Foro it., 1992, I, 549; Trib. Lucca, 18.1.1992, ivi, 1993, I, 264; Galgano, Contratto e responsabilità contrattuale nell’attività sanitaria, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1984, 721, il quale, esclusa la natura di contratto di appalto o di contratto d’opera intellettuale, fa rientrare il contratto in parola nell’ampio schema della classica locatio operis, conservandogli però la qualifica di contratto atipico.

38 Galgano, op. cit., 720.

39 Particolari problemi pone ad esempio la natura degli obblighi dell’ente verso il neonato che non è parte del contratto di assistenza stipulato dalla partoriente, fattispecie, questa, per la quale è stata escogitata la felice soluzione del contratto con effetti protettivi a favore di terzo: Cass. 22.11.1993, n. 11503, in Corr. giur., 1994, 479, con nota di Batà, La tutela del concepito ed il diritto a nascere sano.

40 Così, in motivazione, Trib. Udine, 13.5.1991, in Foro it., cit., 550. Per un profilo comparativo, Nannini, Il consenso al trattamento medico. Presupposti teorici e applicazioni giurisprudenziali in Francia, Germania e Italia, Milano 1989.

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A questi profili di tutela della controparte debole si ispirano anche altre disposizioni di legge, rivolte ad assicurare uno spazio rilevante al consenso informato del paziente che sia entrato in contatto con la struttura sanitaria, eventualmente accompagnato da altri requisiti, come l’art. 33, co. 2, della l. 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del servizio sanitario, o come le leggi sul trapianto del rene (l. 26 giugno 1967 n. 458), o sull’aborto (l. 22 maggio 1987, n. 194), o sui transessuali (l. 14 aprile 1982, n. 164) o sulle tossicodipendenze (l. 26 giugno 1990, n. 162), o sulla stessa sperimentazione clinica (d.m. 27 aprile 1992, in applicazione della direttiva 91/507).

La più marcata sensibilità ed attenzione alle esigenze di tutela del malato ha finito con l’accentuare e moltiplicare i profili di responsabilità dell’ente ospedaliero, della struttura sanitaria ed ora anche del medico, che per l’espletamento del servizio ha il dovere di contattare chi dev’essere sottoposto ad un determinato trattamento sanitario, informandolo dei rischi che corre.

L’informazione del medico ed il consenso prestato dal paziente sono condizioni necessarie ai fini della validità del rapporto instauratosi, salvo che, data l’urgenza o la natura della prestazione, ricorrano gli estremi per un intervento immediato, o di tipo obbligatorio41. L’instaurazione di un rapporto di fatto, tra medico e paziente, si aggiunge a quella già intercorsa tra quest’ultimo e la struttura sanitaria, sia essa pubblica o privata, creando un’area di turbolenza42, collocata ai confini tra la precedente responsabilità aquiliana del singolo medico dipendente dell’ospedale, non sempre conosciuto dal paziente, e l’indiscussa responsabilità contrattuale, o da inadempimento della struttura ospedaliera.

Storicamente, il cavallo di Troia che ha fatto saltare le mura di confine della dicotomia obbligazione di mezzi, obbligazione di risultato, intesa come parametro e limite della responsabilità del medico, va identificato proprio nel dovere accessorio ed integrativo di informazione, ed ora di cura, che sempre più diviene l’elemento caratteristico della responsabilità nell’intero settore della medicina e chirurgia43, anche se nato in origine nel limitato settore della chirurgia estetica.

Il superamento della dicotomia obbligazione di mezzi-obbligazione di risultato ha avuto come “effetto valanga” la crisi della distinzione tra responsabilità contrattuale della struttura e responsabilità aquiliana del singolo medico di turno o di guardia che ha osservato o curato il paziente.

Il problema venne alla luce nel leading case44 della responsabilità dell’anestesista quando una signora, sottopostasi ad un’operazione chirurgica, riportò un’invalidità

41 Si pensi alla vaccinazione antipoliomielitica obbligatoria di cui alla l. 4. giugno 1966 n.51 e alla decisione della Corte costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità nella parte in cui non prevede un equo indennizzo a favore di chi subisca un danno dall’effettuata vaccinazione: Corte cost. 22.6. 1990 n.307, in Corr. giur. 1990 1018, ed i commenti di Ponzanelli, Lesioni da vaccino antipolio: che lo Stato paghi l’indennizzo e di Princigalli, Tutela della salute e vaccinazioni a rischio, in Foro it. 1991, I, 2694.

42 Castronovo, Liability between Contract and Tort, in Perspectives of Critical Contract Law, Aldershot 1993, 273 ss.;

Id, L’obbligazione senza prestazione. Ai confini tra contratto e torto, in Scritti in onore di Mengoni, cit.

43 Di Majo, op. cit., 463, nota 19.

44 Cass., sez. III, 15.1.1997 n. 364, in Danno e responsabilità 1997, cit.

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permanente in conseguenza del tipo di intervento anestesiologico, effettuato mediante puntura lombare. Rimasto sconosciuto l’anestesista che praticò l’anestesia epidurale, la paziente si rivolse direttamente alla struttura sanitaria pubblica, chiedendo alla U.s.l., quale datrice di lavoro del medico, il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità contrattuale45, sulla base del nesso eziologico tra il tipo di anestesia prescelta dall’équipe medica ed il processo patologico instauratosi, nonché del comportamento colposo dell’anestesista, rimasto sconosciuto, che avrebbe adottato uno dei tipi di intervento possibili senza il preventivo consenso informato. Il verdetto finale fu basato su una responsabilità da inadempimento sia della U.s.l. che del medico il quale risponde del danno a titolo di responsabilità contrattuale,

quale ausiliario dell’imprenditore46, secondo un indirizzo non sempre però costante47.

In verità la giurisprudenza, non da oggi, cerca di qualificare la responsabilità del medico dipendente della U.s.l. o dell’Ospedale come responsabilità contrattuale, e ciò per favorire la controparte più debole sotto il duplice profilo di un più ampio termine prescrizionale, ma soprattutto per l’inversione dell’onere della prova che governa la responsabilità da inadempimento, fino a pervenire all’ipotesi di cumulo, con una responsabilità aquiliana a carico dello Stato, quando l’assicurazione obbligatoria che sostituisce la responsabilità da inadempimento non sia sufficiente48.

Per raggiungere questa finalità l’indirizzo interpretativo aggira e supera anche l’ostacolo rappresentato dall’art.28 del d.p.r. 20.12.1979 n.761, che ha esteso ai medici delle U.s.l. la qualifica di pubblico impiegato con l’applicazione del t.u.

10.1.1957 n.3. Il tessuto normativo consentiva di ritenere che il medico dell’ospedale rispondesse a titolo di responsabilità aquiliana, ma la giurisprudenza

45 In particolare sulla responsabilità della struttura sanitaria, Santilli, La responsabilità dell’ente ospedaliero pubblico, in AA.VV., La responsabilità medica, Milano, 1982, 181; Clarich, La responsabilità del medico nelle strutture sanitarie pubbliche, ivi, 175 ss.; Coppari, Riflessioni in tema di responsabilità dell’ente ospedaliero per fatto dannoso del dipendente, in Foro it., 1993, I, 264, nota a Trib. Lucca 18.1.1992. Sulla responsabilità della struttura sanitaria, non più strutturata come responsabilità solidale o vicaria per il fatto dei propri dipendenti, ma come conseguenza della propria capacità di impresa di fornire all’utente quelle prestazioni sanitarie e assistenziali dovute in attuazione di una corretta gestione del servizio sanitario, De Matteis, Consenso informato, cit., 223.

46 Cass. 1.3.1988, n. 2144, in Foro it., 1988, I, 2296 con nota di Princigalli, Medici, pubblici dipendenti, responsabili come liberi professionisti?; in Nuova giur. civ. comm., 1988, I, 604, con nota di Puccella; sul punto Benedetti, Natura della responsabilità del medico e ripartizione dell’onere della prova, in Danno e responsabilità, 1997, 1, 101 ss. Cfr.

pure Pasetti, Note sulla responsabilità del medico tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Le

«responsabilità speciali». Modelli italiani e stranieri, cit., 79 ss.

47 Secondo Cass., sez. III, 13.3.1998, n. 2750, in Danno e responsabilità, 1998, 820, in Foro it. 1998,I, 3521 , in tema di responsabilità extracontrattuale del medico dipendente da ente ospedaliero per i danni subiti da un neonato a seguito di difettosa assistenza al parto, l'addebito al sanitario di grave imprudenza ben può essere correlato alla mancata predisposizione da parte sua, quando egli sia chiamato ad eseguire un intervento non privo di rischi, benché non implicante particolari difficoltà, delle misure idonee a superare le eventuali carenze organizzative, senza che inoltre l'addebitabilità dell'errore professionale produttivo del danno ad una delle persone che lo coadiuvano valga ad escludere la sua colpa, se egli non abbia predisposto e coordinato i compiti altrui in modo da evitare l'errore e non si sia posto nelle condizioni di poterli tempestivamente superare.

In dottrina, Monateri, La responsabilità civile, in Trattato di diritto civile diretto da Sacco, vol. III, Torino, 1998,770 distingue tra la responsabilità contrattuale dell’ente e quella aquilina del medico dipendente.

48 Cass. sez. un., 4.11.1996 n. 9522, in Danno e responsabilità 1997, 15 con nota di Carbone, Responsabilità aquiliana della P.A. per danno all’integrità fisica del dipendente.

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ha affermato che la responsabilità dell'ente ospedaliero, gestore di un servizio pubblico sanitario, e del medico suo dipendente per i danni subiti da un privato a causa della non diligente esecuzione della prestazione medica, inserendosi nell'ambito del rapporto giuridico pubblico, o privato, tra l'ente gestore ed il privato che ha richiesto ed usufruito del servizio, ha natura contrattuale di tipo professionale.

La responsabilità da inadempimento del medico, inserito organicamente nella organizzazione del servizio, è disciplinata, in via analogica, dalle norme che regolano la responsabilità in tema di prestazione professionale medica in esecuzione di un contratto di opera professionale, escludendo che possa trovare applicazione nei confronti del medico la normativa prevista dagli art. 22 e 23 del d.p.r. 10 gennaio 1957 n. 3 con riguardo alla responsabilità degli impiegati civili dello stato per gli atti compiuti in violazione dei diritti dei cittadini49.

3. IL CONTATTO SOCIALE E I RAPPORTI CONTRATTUALI DI FATTO Alla ricerca di una giustificazione razionale della ritenuta responsabilità contrattuale del medico che presta servizio nella U.s.l., nell’ospedale o nella clinica privata, la giurisprudenza è approdata, da ultimo, alla spiaggia della responsabilità

“da contatto”.

Già da tempo l’evoluzione degli studi in tema di contratto e dei contratti di massa50, aveva posto in luce l’eclissi della rilevanza e del ruolo della volontà dei contraenti, anzi, lo spostamento del baricentro dall’immagine ottocentesca del contratto, fondata sul forte individualismo elitario, ad una obiettivazione che rende fungibile la posizione e il ruolo di una delle parti (paziente, cliente, consumatore) tanto da lasciare in ombra l’elemento della dichiarazione contrattuale. Chi non ricorda la definizione di contratti automatici coniata per qualificare l’offerta, da parte di imprese, in favore del pubblico, mediante macchine distributrici di piccoli beni di consumo o di servizi di massa come tickets, scontrini o contrassegni per la fruizione di un servizio51.

Lo spostamento del baricentro è più evidente nelle contrattazioni standardizzate o di massa attraverso l’impiego di moduli, formulari per una massa omogenea ed indifferenziata di controparti che, pur di fruire della prestazione, aderiscono acriticamente, meccanicamente, allo schema pre-formulato, mediante un comportamento socialmente tipizzato, ma assai lontano dalla concezione ottocentesca della consapevole costruzione di una comune volontà contrattuale,

49 Cass., sez. III, 27.5.1993, n. 5939, in Alpa, Bessone, Carbone, Atipicità dell’illecito, 3 ed., vol. III, Milano 1995, 359: Travaglia, Sulla responsabilità del medico pubblico dipendente, nota a Cass., 1.3.1988, n. 2144, in Resp. civ., 1988, 997

50 Chiné, Contratti di massa, in Enc. dir., Aggiornamento, Milano 1997, vol. I, 403 ss.; Roppo, Contratti standard, Milano 1975; Mazzone, Contratti di massa e controlli nel diritto di privato, Napoli 1975; Aa.Vv., Le condizioni generali di contratto, a cura di Bianca, vol. I e II, Milano 1979.

51 Carbone L. P. Vendita attraverso distributori automatici a self service, in La vendita a cura di Bin, vol. I, Padova, 1994, 393 ss.; in giurisprudenza, Cass., sez. II, 30.8.1991, n. 9277, in Nuova giur. civ., 1992, I, 447 con nota di Carbone G., Responsabilità del distributore ex art. 1494 c.c. nell'ipotesi di vendita di prodotti industriali di massa.

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attraverso puntuazioni, discussioni, trattative.52 Basti pensare all’impatto burocratico amministrativo che è costretto a vivere il malato, allorché si rivolge ad una struttura pubblica o privata che gestisce un servizio sanitario.

È in Germania, intorno agli anni ’40, che si sviluppa la crisi del consensualismo e l’esaltazione del contratto di fatto (faktischen Vertragsverhältnisse) e a volte anche del mero obbligo sociale di prestazione (soziale Leistungverpflichtung), che nasce da un rapporto di fatto o da un contatto sociale o da un contratto di lavoro nullo che tuttavia non pregiudica il rapporto economico sottostante53.

Ovviamente non si tratta di un puro contatto sociale (soziale Kontakt), formulazione criticata nella stessa Germania per la sua eccessiva indeterminatezza, ma di contatti negoziali di fatto tra le parti (geschäftliche Kontakt), che danno luogo ad obblighi di comportamento (Verhaltenspflichten), anche in carenza di contratto – la cui mancanza non impedisce l’insorgere di “rapporti obbligatori senza obbligo primario di prestazione nascente da contratto”54.

Non sono mancate critiche a siffatta categoria, sia sotto il profilo dell’equiparazione dei contratti di fatto ai contratti consensuali, sia sotto il profilo della creazione di un unico comune denominatore paracontrattuale comprensivo sia dei contratti consensuali sia di quelli di fatto. Per questi ultimi, in particolare, non è stata individuata la regola propria della categoria, al fine di riscontrare la meritevolezza dell’interesse e di poter stabilire sotto quali condizioni il contratto di fatto tra medico e paziente dà luogo al prodursi di rapporti obbligatori vincolanti per il medico ed in quali ipotesi, invece, restano irrilevanti55.

Tuttavia, al di là delle critiche e delle riserve innegabili sulla figura del contratto di fatto, la giurisprudenza e la stessa dottrina utilizzano la formula in rapporto alle fonti dell’obbligazione, al fine di ampliare l’ambito della responsabilità da inadempimento. Quest’ultima ricorre anche quando l’obbligazione discende ex lege, come nell’ipotesi in cui l’ordinamento impone alle parti, in sede di trattative, di comportarsi secondo buona fede ai sensi degli artt.1175 e 1337 c.c., con una

52 Sui rapporti tra contratto e “contatto sociale”, Roppo, Il contratto, Bologna 1977, 268 ss.; Id., Il “contatto sociale” e i rapporti contrattuali di fatto, in Bessone, Casi e questioni di diritto privato, vol. V, Milano 1993, 1 ss.

53 La tesi fu portata avanti soprattutto da Haupt, Über faktische Verhältnisse, in Festschrift für H.Siber, 1943; Simitis, Die faktischen Vertragsverhältnisse, 1957; Nikisch, Über faktische Vertragsverhältnisse, in Festschrift für Dölle 1963..

54 L’espressione sozialer Kontakt risale a Dölle, Aussergesetzliche Schuldpflichten, in Zeitschrrift für

die gesamte Staatswissenschaft 1943 (103), 85, mentre sia la critica che la costruzione di un’obbligazione senza prestazione contrattuale si riscontrano in di Larenz, Schuldrecht cit., 101

55 Sull’ampio dibattito dottrinale, Betti, Teoria generale delle obbligazioni, vol. III, Milano 1954, 117; Funaioli, I rapporti di fatto in materia contrattuale, in Annali Ferrara¸ vol. X, 1950-1952; Campagna, I negozi di attuazione e la manifestazione dell’intento negoziale, Milano 1958, 139 ss.; Ricca, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, Milano 1965, 33 ss., ove si critica l’idea del “contatto sociale”; Franceschelli, I rapporti di fatto, Milano 1984, 211 ss.; Vigotti, I contratti di fatto, in Alpa Bessone, I contratti in generale, in Giur. sist. dir. civ. comm., fondata da Bigiavi Torino 1991, vol. I, 411 ss.; Sacco, Il contratto di fatto, in Tratt. di diritto privato diretto da Rescigno, vol.10, 2 ed., Torino 1995, 54 ss.; Id, Il contratto di fatto, in Sacco De Nova, Il contratto, in Trattato di diritto civile diretto da Sacco, vol. I, Torino, 1993, 122 ss. ed ivi ulteriore bibliografia della dottrina tedesca sulla responsabilità da contatto e sui riflessi in Italia ed in Francia.

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responsabilità che sorge in anticipo e a prescindere dall’effettivo sorgere di un rapporto contrattuale56.

In definitiva, più che un contratto di fatto tra medico e malato, emerge che il medico, il quale esercita una “professione protetta”, anche sotto il profilo penale, venuto a contatto con il paziente, che a lui si rivolge e non potrebbe fare diversamente, assume dei doveri accessori – ma integrativi rispetto all’obbligo primario della prestazione, ancorati al principio di buona fede, di affidamento di protezione (Schutzpflichten), primo fra tutti quello di informazione e di avviso – indispensabili per ovviare all’asimmetria conoscitiva, e per il corretto adempimento della prestazione professionale in senso proprio.

In un settore assai delicato, perché costituzionalmente protetto, come il diritto alla salute, i doveri accessori che assume il medico a seguito del contatto, comunque instauratosi, tra medico e malato crea “una prestazione senza obbligazione”, “un vincolo con il paziente” (obligatio est iuris vinculum), un rapporto obbligatorio senza l’obbligazione primaria di prestazione nascente da contratto che non sussiste, la cui violazione, tuttavia, dà ugualmente origine a responsabilità da

inadempimento o contrattuale57.

In altri termini, l’espressione rapporti contrattuali di fatto assume una duplice valenza: l’una molto discussa, come equiparazione del fatto al contratto, con tutte le innegabili riserve; l’altra decisamente più accettabile, come fonte di obbligazione da cui scaturiscono obbligazioni disciplinate “secondo lo schema dell’obbligazione da contratto”58, il cui inadempimento dà luogo a responsabilità c.d. contrattuale o da inadempimento.

Se il malato è obbligato per legge a rivolgersi a chi esercita la professione sanitaria, siamo in presenza di un oligopolio di fatto, non dissimile da quello in cui si trova il cittadino costretto a rivolgersi ad imprese che esercitano la loro attività in situazioni di privilegio legale o di monopolio. Anche in questo caso si è sottolineato che più che di contratto imposto è preferibile porre l’accento sull’obbligazione che discende da un obbligo di “contrattare” e non di “contrarre” (art. 2597 c.c.)59. Il ricorso alla responsabilità da inadempimento offre, infatti, al malato-creditore una serie di vantaggi, in tema di risarcimento del danno, non altrimenti garantibili, specie sotto il profilo della prescrizione e dell’onere probatorio60.

56 Sintomatica è la ricostruzione di Turco, Interesse negativo e responsabilità precontrattuale, Milano 1990, 723 ss;

sul punto Carbone P.L., Un'occasione perduta: la cassazione riconferma la natura aquiliana della responsabilità precontrattuale, nota a Cass., 11.5.1990, n. 4051, in Corr. giur., 1990, 832; Carbone, Mutamenti giurisprudenziali alla tradizionale limitazione della tutela precontrattuale, nota a Cass., sez. III, 12.3.1993, n. 2973, ivi, 1993, 560; Musy, Responsabilità precontrattuale (culpa in contrahendo), in Dig. disc. priv. sez. civ., Torino, 1998, vol. XVII, 391.

57 Castronovo, L’obbligazione senza prestazione cit. 197.

58 Rescigno, Contratto (in generale), in Encicl. giur. Treccani, Roma, 1988, vol. IX, 8.

59 Carbone, L'obbligo del monopolista tra prestazione e contratto, nota a Cass., sez. II, 30.8.1994, n. 7575, in Corr.

giur., 1994, 1208.

60 Sul punto Carbone, Obbligazione di mezzi e di risultato tra progetti e tatuaggi, cit., 552.

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Un recente indirizzo giurisprudenziale61 introduce, come tentativo interpretativo, la responsabilità da contatto, per soddisfare sentite esigenze di tutela, in tema di danno alla salute, da parte del malato – cioè di un soggetto ontologicamente debole, il quale si è fidato dei medici abilitati dallo Stato, ai quali per legge è costretto a rivolgersi con risultati che, dalla casistica giurisprudenziale, appaiono per lo più negativi se non disastrosi.

Parafrasando una lettera di Tasso, è come se il malato rivolgendosi allo Stato gridasse: “comunque sia, non devi consentire ch’io rimanga in danno, perché mi sono fidato” di soggetti da te abilitati e autorizzati in via esclusiva ad esercitare la professione medica62.

4. LA PECULIARITÀ DELLA PROFESSIONE DEL GINECOLOGO: DUE SOGGETTI DA TUTELARE: PAZIENTE E NASCITURO

Il nascituro rappresenta il centro di una problematica settoriale, nell’ambito della professione medica, allorché le lesioni si sono prodotte a carico del nascituro prima della nascita, o si è verificata una nascita non voluta, in contrasto con le assicurazioni del medico, che aveva difettosamente eseguito una legittima, volontaria interruzione della gravidanza, ovvero un’errata sterilizzazione della donna o una imprecisa o inidonea vasectomia dell’uomo.

In queste ipotesi, che concernono non la sola gravidanza, ma anche l’assicurata incapacità alla procreazione, attraverso la non riuscita interruzione volontaria della gravidanza, praticata entro i primi novanta giorni, ai sensi dell’art.4 della legge 22.5.1978 n. 194; ovvero la non funzionale sterilizzazione, mediante inidoneo incollaggio delle tube nella donna o dei deferenti nell’uomo, sono sorti, specie di recente, nuovi profili di responsabilità del medico che era intervenuto, soprattutto in relazione al tipo di danno da risarcire.

Ed è sorto il dubbio se lo stesso bambino “non voluto”, ma nato per errore del medico, possa considerarsi “danno risarcibile”63 Kind als Schaden,64 o francese bèbè prèjudice65, o anglo americana wrongful birth66. Non senza aggiungere, come spesso succede, che le controversie non si limitano ai danni da responsabilità civile67. Per

61 Cass., sez. III, 22 gennaio 1999, n. 589, in Danno e responsabilità, 1999, 294 con nota di Carbone, La responsabilità del medico ospedaliero come responsabilità da contatto, ivi, 1999, 781, con nota di De Matteis, La responsabilità medica tra scientia iuris e regole di formazione giurisprudenziale, in Foro it., 1999, I, 3332, con note di Di Ciommo, Lanotte, in Corr. giur., 1999, 441, con nota di Di Majo, L'obbligazione senza prestazione approda in cassazione, in Giust. civ., 1999, I, 99.

62 L’espressione arieggia un passo di una lettera di Tasso, Lettere d’umor malinconico, Genova 1992, 70.

63 Un bambino non voluto è un danno risarcibile?, in L’alambicco del comparatista, a cura di D’Angelo, Milano1999.

64 Dassio, Il principio di irrisarcibilità della nascita indesiderata nell’ordinamento francese, in L’alambicco del comparatista, cit. 99ss.

65 Brunetta d’Usseaux, Lo Schmerzensgeld e il risarcimento del danno patrimoniale per nascita indesiderata nell’ordinamento tedesco, in L’alambicco del comparatista cit., 121

66 D’Angelo, Wrongfull birth e wrongfull life negli ordinamenti inglesi e australiani, in L’alambicco del comparatista cit.,155. Sul problema, Monateri, “La marque de caïn” la vita sbagliata, la vita indesiderata, e le reazioni del comparatista al distillato dell’alambicco, in L’alambicco cit., 285.

67 Un bambino non voluto è un danno risarcibile ?, in L’alambicco cit.. I «diritti» dell’embrione (a cura di Vettori), in Testimoniananze n.412, luglio-agosto 2000, 31 ss., con articoli di Vettori, Dal concepimento alla nascita, di Busnelli,

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15 comprendere il caleidoscopio delle conseguenze, va ricordata una fattispecie giudiziaria, degna della trama di un romanzo di Vitaliano Brancati, che ha come protagonista la provincia siciliana e il torpore degli uomini che inseguono sogni impossibili di amori e di evasioni: dalla fattispecie si evince la presenza di un accordo familiare sulla sterilizzazione di un focoso professionista, per legittimare le sue evasioni extra moenia e renderle prive di effetti perversi, ma la vasectomia non riuscita ha comportato, oltre all’inevitabile responsabilità del chirurgo e della clinica, anche la dichiarazione giudiziale di paternità nei confronti di due gemelli, assolutamente non previsti, né voluti dal preesistente nucleo familiare, che aveva appunto insistito sulla sterilizzazione, anche per non dividere con terzi il consistente patrimonio68.

Il problema è oggi incentrato soprattutto sul danno da risarcire, mentre appaiono superate le questioni relative alla incapacità giuridica del nascituro, anche se i primi problemi che si sono posti ai giudici di legittimità concernono proprio la posizione giuridica del nascituro, del secondo soggetto oltre il paziente.

In proposito, in una decisione del 199369, relativa ad un caso torinese, i giudici di legittimità esaminano per la prima volta i danni subiti da un neonato affetto da cerebropatia irreversibile causata da un’asfissia neonatale. Il Tribunale di Torino aveva affermato che il neonato, prima della nascita, non era in grado di stipulare alcun contratto, per cui, trattandosi di responsabilità aquiliana, l’azione di risarcimento dei danni si era ormai prescritta, mentre la Corte d’appello spostò a monte il problema, ritenendo che il danno era stato subìto dal feto, cioè da un soggetto privo di personalità giuridica e quindi privo del diritto ad essere risarcito.

Di diverso avviso la Cassazione, che qualifica come contrattuale o da inadempimento la responsabilità dell'ente ospedaliero, per fatto dei dipendenti, nei confronti di una partoriente che lamenti una menomazione irrimediabile subìta durante il parto dal proprio neonato. L’ente assume l'obbligo non solo di fornire le prestazioni necessarie al parto, ma anche quelle accessorie, indispensabili perché nasca un individuo sano, e la violazione del diritto a nascere sano legittima anche il

Sulla soggettività del concepito, Zatti, Il diritto «materialista» e la continuità della vita prenatale, Barni, L’embrione tra scienza e diritto, Barbagallo, Diritto debole, bioetica e genoma umano, Franco, Etica, vita, responsabilità, Bigalli, Ridefinire ciò che è umano, Gorgoni, Principi in tema di procreazione artificiale e limiti della legge e con i testi della Convenzione per la tutela dei diritti dell’uomo e la dignità dell’essere umano (adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa il 19.11.1996) e della Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti dell’uomo.

68 Va dichiarata la paternità naturale, sulla scorta delle indagini genetiche esperite, pure quando risulti la sottoposizione del presunto padre ad intervento di vasectomia, prima del concepimento, che, secondo la letteratura medica più accreditata, non produce effetto immediatamente, ma solo qualche tempo dopo la sua effettuazione:Cass., sez. I, 3.9.1997, n.8451, in Famiglia e dir., 1998, 30, con nota di Figone

69 Cass., sez. III, 22.11. 1993, n.11503, cit., in Foro it., 1994, I, 2479, in Giur. it., 1994, I, 1, 550, in Corr. giur., 1994, 479, con nota di Batá, La tutela del concepito e il diritto a nascere sano, in Nuova giur. civ., 1994, I, 690, con nota di Zeno Zencovich, Il danno al nascituro, in Rass. dir. civ. 1995, 908 con nota di Vennneri, Diritto del nascituro a nascere sano,obbligo di prestazione del medico e sua responsabilità contrattuale. Sul dilemma se il concepito sia

“una persona in divenire” o un “un essere umano proteso a divenire persona”, Busnelli, Sulla soggettività del concepito, in I «diritti» dell’embrione (a cura di Vettori), in Testimoniananze n.412, cit., 39 ; D’Agostino, Bioetica e dignità dell’essere umano, Firenze 1998, 153

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minore ad agire per inadempimento contrattuale. Si afferma, infatti, che con il contratto di ricovero ospedaliero della gestante, l'ente si obbliga non soltanto a prestare alla stessa le cure e le attività necessarie al fine di consentirle il parto, ma altresì ad effettuare, con la dovuta diligenza, tutte quelle altre prestazioni necessarie al feto (ed al neonato), sì da garantirne la nascita evitandogli – nei limiti consentiti dalla scienza – qualsiasi possibile danno. Detto contratto, intercorso tra la partoriente e l'ente ospedaliero, si atteggia come contratto con effetti protettivi a favore di terzo nei confronti del nato, alla cui tutela tende quell'obbligazione accessoria, ancorché le prestazioni debbano essere assolte, in parte, anteriormente alla nascita. Ciò comporta, di conseguenza, che il soggetto che, con la nascita, acquista la capacità giuridica, può agire per far valere la responsabilità contrattuale per l'inadempimento delle obbligazioni accessorie, cui il contraente sia tenuto, in forza del contratto stipulato col genitore o con terzi, a garanzia di un suo specifico interesse.

Superato questo primo scoglio sulla presenza di un secondo soggetto che ha il diritto di nascere sano, accanto alla partoriente o ai genitori si colloca il nascituro, anch’egli legittimato a richiedere il risarcimento dei danni sia per non essere nato sano, sia per effetto stesso della nascita non voluta né programmata dai genitori.

Le controversie si intrecciano sul tipo di danno da quantificare nelle diverse ipotesi, di fronte ai vari modelli offerti dalla casistica interpretativa, nei casi di mancata interruzione della gravidanza o di sterilizzazione maschile o femminile non riuscita, affacciandosi per la prima volta il problema se conseguenza patrimoniale dell'inadempimento del sanitario sia anche il costo della nascita del figlio indesiderato e del suo mantenimento, educazione e istruzione, ove questo nasca sano, ovvero i danni subiti dai genitori e dallo stesso figlio, che non sarebbe nato, ove i genitori fossero stati correttamente informati delle malformazioni o del rischio di infezioni o di malattia.

Quest’ultima ipotesi si modella paradigmaticamente su un caso effettivamente verificatosi in Francia: una donna sposata, preoccupata che la rosolia contratta dalla bambina possa aver danneggiato l’incipiente gravidanza, si rivolge ad un centro di assistenza medica pre-natale, disposta ad interrompere volontariamente la gravidanza pur di non far nascere un bambino non sano; i medici al termine di approfonditi accertamenti dichiarano che la donna incinta è immune dalla rosolia ed escludono effetti riflessi negativi per il nascituro. Ma il bambino non nasce sano, come si accerta nel corso del primo giudizio iniziato dai genitori contro i medici che hanno sbagliato gli accertamenti e la diagnosi; i giudici francesi70 ritengono sussistere il nesso di causalità tra il comportamento dei medici, che hanno erroneamente accertato che la donna incinta era immune da rosolia e non aveva bisogno di interrompere la gravidanza, e la nascita nel gennaio del 1983 di un bambino affetto da disturbi neurologici dipendenti dalla rosolia contratta durante la vita intrauterina. Nell’altra causa, intentata direttamente dal diciassettenne Nicolas,

70 Cass. civ., 1e, 26.3.1996, in Dalloz 1996, Jur.35. Il giudice di merito è App. Paris 17.12.1993.

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