• Non ci sono risultati.

Lavori in corso sull’appello nel processo civile all’insegna della incomunicabilità tra avvocatura e magistratura - Judicium

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Lavori in corso sull’appello nel processo civile all’insegna della incomunicabilità tra avvocatura e magistratura - Judicium"

Copied!
3
0
0

Testo completo

(1)

www.judicium.it

1 Remo Caponi

Lavori in corso sull’appello nel processo civile all’insegna della incomunicabilità tra avvocatura e magistratura

Aggiorno il discorso avviato nel saggio Contro il filtro in appello e per un filtro in cassazione.

Nonostante l’imbarazzante diffondersi di sentimenti antitedeschi nella società italiana (peraltro cordialmente ricambiati dalle viscere della società teutonica), il codice di procedura civile tedesco, la Zivilprozessordnung, Zpo, continua ad attirare l’attenzione del Ministero della giustizia, complice forse la recente traduzione in lingua italiana (Codice di procedura civile tedesco.

Zivilprozessordnung, a cura di S. Patti, Milano, 2010). Nonostante le critiche rivolte contro il testo dell’art. 54 d. l. 22 giugno 2012, n. 83, il Governo si fa forte del parere favorevole del Consiglio superiore della magistratura (5 luglio 2012) e «rincara la dose», nell’emendamento presentato in Parlamento in sede di lavori di conversione in legge.

Oltre ad alcune ulteriori modifiche, che in questo momento possono essere tralasciate, si propone di sostituire il primo comma dell’art. 342 c.p.c. con un nuovo testo, intonato questa volta al § 520, comma 3, frase 2, nn. 1 e 2 Zpo. Si prevede cioè che l’appellante indichi specificamente, a pena di inammissibilità, le parti del provvedimento impugnate, le modifiche richieste alla ricostruzione dei fatti compiuta dal giudice di primo grado, nonché le circostanze da cui deriva la violazione di legge e la loro rilevanza ai fini della decisione impugnata.

La giurisprudenza tedesca interpreta tali requisiti in modo abbastanza generoso e così ritiene che, nel dubbio, il mezzo di impugnazione debba intendersi come indirizzato a colpire l’intera decisione rispetto alla quale si registra la soccombenza dell’appellante (BGH, 9 settembre 2008, VI ZB 53/07, indirizzo confermato recentemente da BGH, 29 marzo 2012, V ZB 176/11). Sui possibili motivi di questo atteggiamento ci siamo già interrogati: l’appello nel processo civile è un istituto su cui pesano notevolmente gli elementi strutturali di fondo di una esperienza processuale, tra cui in primo luogo gli abiti mentali e culturali condivisi dai protagonisti della vicenda, avvocati e magistrati. Tali elementi strutturali ricompongono i momentanei «sobbalzi» legislativi e giurisprudenziali entro la linea evolutiva di lungo periodo, che nei sistemi di civil law appare ancora oggi fortemente segnata da uno scopo del processo civile intonato all’attuazione del diritto oggettivo, nonché da una mentalità che concepisce la risoluzione giudiziaria della controversia come una partita in più istanze.

Niente però garantisce che quest’orientamento flessibile della giurisprudenza tedesca verrebbe seguito anche in Italia. Anzi, probabilmente accadrebbe il contrario: le nuove norme sono pensate come «trappole» per falcidiare gli appelli privi di una «ragionevole probabilità» di essere accolti.

Certamente anche nell’esperienza italiana gli elementi strutturali di fondo prevalgono sui sobbalzi momentanei. Però abbiamo a che fare con un «sobbalzo» abbastanza lungo, determinato dalla radicale incapacità della classe politica di governare la società civile, cioè di individuare priorità attinenti al bene comune e di dare direttive rigorose ed effettive per la loro realizzazione. Aver delegato il potere politico ad un «governo tecnico» (una contraddizione in termini), proprio in una situazione così drammatica, in cui ci sarebbe bisogno del massimo di visione politica, è l’ultima manifestazione di questa inettitudine.

La vergognosa situazione in cui versa attualmente la giustizia civile italiana rinviene in questo contesto una delle sue cause fondamentali. Assente una concezione convincente attinente al bene comune, assente un potere politico in grado di assicurarne la prevalenza sugli interessi di categoria, non può sorprendere che le riforme della giustizia civile siano sempre più frequentemente il terreno

(2)

www.judicium.it

2

di scontro tra avvocati e magistrati, ove la fisiologica contrapposizione di ruoli processuali tende a trasformarsi in un generalizzato conflitto tra categorie professionali.

La vicenda attualmente in corso sulla riforma del giudizio d’appello ne è una conferma paradigmatica. Indipendentemente da come andranno a finire le cose, essa ha già rivelato il suo tratto essenziale. La riforma proposta dal Governo divide profondamente gli animi. Però non li divide tanto lungo una linea segnata dal confronto e dallo scambio tra argomenti giuridici (come sarebbe auspicabile), bensì soprattutto lungo la linea segnata dai ruoli professionali di magistrato ed avvocato. L’ufficio legislativo del Ministero della giustizia è composto da magistrati, che dialogano con altri magistrati, quelli che compongono in prevalenza il Consiglio superiore della magistratura:

è il lato della barricata che propugna il giudizio sommario d’inammissibilità dell’appello fondato sul difetto di «ragionevole probabilità». Dall’altro lato ci sono gli avvocati: il Consiglio nazionale forense, in un parere del 4 luglio 2012, ha espresso notevoli perplessità sull’art. 54 d.l. n. 83 del 2012. Gli avvocati professori che compongono prevalentemente l’Associazione italiana tra gli studiosi del processo civile hanno manifestato analoghe perplessità in un documento del 29 giugno 2012. Analoga è l’opinione dei relatori di maggioranza, on. Capano e on. Contento, altri due avvocati, nella loro relazione del 3 luglio 2012 alla Camera.

Si scopre così che sono un’eccezione in Italia (e son presenti soprattutto negli ambienti degli Osservatori sulla giustizia civile) quegli abiti mentali e culturali condivisi dai protagonisti della esperienza processuale che – insieme ad un potere politico da sempre vigilante sulle sorti della giustizia civile statale - costituiscono il motore propulsore dell’efficienza e della effettività della giustizia civile tedesca.

Detto questo, chi non appartiene a nessuno di questi due ambienti (magistratura ed avvocatura), ma cerca di assolvere solo al proprio compito di studioso della giustizia civile, non può esimersi dal prendere francamente posizione.

Suscita profonda tristezza, come cristallina manifestazione di arroganza, la motivazione che sorregge l’emendamento governativo all’art. 54 cit.: sembra che nel frattempo solo il Consiglio superiore della magistratura si sia interessato della riforma dell’appello; tutti gli altri pareri e documenti tamquam non essent.

Merita invece di essere pienamente sostenuto l’emendamento dell’art. 54 cit. presentato dagli onorevoli Capano, Contento, Napoli e Ria, espressione dell’ampia maggioranza che sostiene il Governo. Il cuore di questo intervento è rappresentato dall’aggiunta di un quarto comma all’art. 350 c.p.c.: «nella stessa udienza il giudice, ove ritenga l’impugnazione manifestamente fondata o manifestamente infondata, pronuncia sentenza dando lettura del dispositivo e della concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, anche mediante il rinvio agli elementi di fatto riportati in uno o più atti di causa e il riferimento a precedenti conformi. La sentenza così pronunciata s’intende pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la contiene».

A vantaggio di questa soluzione si possono invocare ragioni di metodo e di sostanza. Essa si colloca sul solco del precedente intervento legislativo di appena qualche mese fa (le modifiche degli artt.

351 e 352 c.p.c., introdotte dalla l. 12 novembre 2011, n. 183), poiché valorizza un modulo decisorio analogo all’art. 281-sexies c.p.c. Inoltre, essa persegue l’obiettivo di accelerare il giudizio di appello introducendo il parametro decisorio della manifesta infondatezza (o fondatezza). Quindi fa un passo coraggioso per soddisfare nel modo migliore quell’esigenza che il Governo intende perseguire attraverso l’ambiguo parametro della «ragionevole probabilità» di accoglimento dell’impugnazione.

(3)

www.judicium.it

3

Riferimenti

Documenti correlati

La motivazione dei provvedimenti giurisdizionali sta all’indipendenza del giudice: il giudice è indipendente da ogni altro potere dello Stato e soggetto soltanto alla legge

La pronuncia di merito rende giustizia sia alla parte che ha ragione sia a quella che ha torto (la cui posizione è comunque meritevole di considerazione) e dunque assolve alla

396, che adesso contemplano la possibilità di trascrivere negli archivi istitui- ti presso lo stato civile, negli atti di matrimonio e negli atti di nascita gli ac- cordi raggiunti

del codice dell’organizzazione giudiziaria francese, per introdurre la possibilità, in caso di emana- zione di una nuova disposizione, non solo per i giudici chiamati

Per la verità, per quanto riguarda le parti costituite, quantomeno in linea generale, la norma maggiormente rilevante è quella contenuta nell'articolo 136, la quale prevede

Oggi, il processo civile non va più concepito come un work in progress, che si dipana in più stadi e volto al progressivo accertamento della realtà materiale, bensì,

5 ( 41 ), per cui la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale e che, dalla stessa data, la domanda di mediazione

Né si comprende che fine farà la condanna alle spese, accessoria alla dichiarazione di inammissibilità, se verrà accolto il ricorso in cassazione contro la sentenza