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Discrimen » Lex mitior e giustizia penale

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Academic year: 2022

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Collana diretta da

E. Dolcini - G. Fiandaca - E. Musco - T. Padovani - F. Palazzo - F. Sgubbi

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sue prevedibili prospettive di sviluppo? Ipertrofia e diritto penale minimo, affermazione simbolica di valori ed efficienza utilitaristica, garantismo individuale e funzionalizzazione politico-criminale nella lotta alle forme di criminalità sistemica, personalismo ed esigenze collettive, sono soltanto alcune delle grandi alternative che l’attuale diritto penale della transizione si trova, oggi più di ieri, a dover affrontare e bilanciare.

Senza contare il riproporsi delle tematiche fondamentali rela- tive ai presupposti soggettivi della responsabilità penale, di cui appare necessario un ripensamento in una prospettiva integrata tra dogmatica e scienze empirico-sociali.

Gli itinerari della prassi divergono peraltro sempre più da quelli della dogmatica, prospettando un diritto penale “reale” che non è più neppure pallida eco del diritto penale iscritto nei principi e nella legge. Anche su questa frattura occorre interrogarsi, per analizzarne le cause e prospettarne i rimedi.

La collana intende raccogliere studi che, nella consapevo-

lezza di questa necessaria ricerca di nuove identità del diritto

penale, si propongano percorsi realistici di analisi, aperti anche

ad approcci interdisciplinari. In questo unitario intendimento di

fondo, la sezione Monografie accoglie quei contributi che guar-

dano alla trama degli itinerari del diritto penale con un più largo

giro d’orizzonte e dunque – forse – con una maggiore distanza

prospettica verso il passato e verso il futuro, mentre la sezione

Saggi accoglie lavori che si concentrano, con dimensioni neces-

sariamente contenute, su momenti attuali o incroci particolari

degli itinerari penalistici, per cogliere le loro più significative

spezzature, curvature e angolazioni, nelle quali trova espressione

il ricorrente trascorrere del “penale”.

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LEX MITIOR

E GIUSTIZIA PENALE

G. GIAPPICHELLI EDITORE – TORINO

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http://www.giappichelli.it ISBN/EAN 978-88-348-2624-9

I volumi pubblicati nella presente Collana sono stati oggetto di procedura di doppio referaggio cieco (double blind peer review), secondo un procedimento standard concordato dai Direttori della collana con l’Editore, che ne conserva la relativa documentazione.

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A mia madre, Giovanna

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“Mai fia che de l’amor io mi lamente, senza del qual non voglio esser felice”

(GIORDANO BRUNO, Eroici furori, parte prima, dialogo quinto)

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Indice-Sommario

pag.

Prefazione XV

CAPITOLO I

Dirittointertemporaleedirittotransitorio nelsistemapenale

1. Lex mitior: diritto e tempo 1

1.1. Il diritto arcaico e il tempo ciclico 5

2. Modelli di relazione temporale 7

3. Relazione temporale tra soggetto e oggetto ed efficacia della legge

penale nel tempo 10

4. La relazione temporale tra oggetto e oggetto: sincronia e diacronia 11 5. Relazione temporale tra oggetti e successione di leggi penali 12 6. Abrogatio sine abolitione e modelli di relazione temporale 14 7. Sincronia e diacronia nel diritto penale 19 8. La genesi del concetto di diritto intertemporale 20 9. Le disposizioni intertemporali del codice penale (artt. 2 e 15) 22 9.1. L’art. 2 c.p. come disposizione intertemporale 22 9.2. L’art. 15 c.p. come disposizione intertemporale 25 10. L’originaria nozione di diritto transitorio e i suoi rapporti con il

diritto intertemporale 30

11. L’attuale nozione di diritto penale intertemporale 33 12. Gli odierni contrassegni delle disposizioni penali transitorie 34 12.1. La deroga ai principi di diritto intertemporale 34 12.2. La disciplina di un caso specifico 37

12.3. La natura giuridica di meta-norme 38

13. Le disposizioni transitorie “in senso stretto” 39

14. Le leggi di transizione 41

15. Disposizioni transitorie e norme penali di favore 44

(11)

pag.

CAPITOLO II

Il principio di retroattività della legge penale più favorevole dopo il caso “Scoppola”

1. Statica e dinamica del sistema normativo penale e principio di re-

troattività della lex mitior 47

1.1. Premessa 47

1.2. La modificazione in chiave “sfavorevole” del sistema 51 1.3. Il mutamento in senso “favorevole” del sistema 56

2. Il caso “Scoppola” 59

2.1. La vicenda processuale 59

2.2. La pronuncia della Corte di Strasburgo 61

2.3. La legge intermedia 65

2.4. La problematica esecuzione delle sentenze della Corte euro-

pea 69 2.4.1. La soluzione adottata dalla sentenza “Drassich” 69

2.4.2. L’intervento additivo della Corte costituzionale con la

sentenza n. 113 del 2011 73

3. Lo statuto costituzionale della retroattività della legge penale più

favorevole 78 3.1. Il necessario contemperamento del principio di retroattività

della lex mitior con gli altri diritti fondamentali 78 3.2. Il controllo sull’uguaglianza-disparità di trattamento 85 3.3. Il sindacato di ragionevolezza in senso stretto 88 4. L’anticipata conclusione del giudizio di costituzionalità nel caso di

conflitto di interessi solo apparente 95

5. La distinzione, sotto il profilo della tecnica di controllo di costitu- zionalità, del caso della abolitio criminis da quello della mera suc-

cessione modificativa 99

6. Il grado di tutela accordato al principio della lex mitior dal diritto

interno 102 7. Le conseguenze dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (cenni) 107

CAPITOLO III

Riserva di legge in materia penale e decisioni della Corte costituzionale.

Il sindacato di legittimità sulle norme penali di favore

1. Le decisioni della Corte costituzionale nel sistema delle fonti 111 2. Il principio della riserva di legge quale limite generale alle pronun-

ce di incostituzionalità in malam partem 115

2.1. Premessa 115

2.2. Cenni sugli obblighi comunitari di tutela penale e la riserva

di legge 118

(12)

pag.

2.3. Reviviscenza di norme abrogate e riserva di legge 121 2.4. Il divieto di decisioni additive in malam partem nella giuri-

sprudenza costituzionale 122

2.5. L’eccesso di delega (art. 76 Cost.) 125 3. Il caso dell’abrogazione del reato di associazione militare per scopi

politici 126 3.1. La mancanza di una espressa delega al Governo 126

3.2. Gli obblighi di penalizzazione desumibili dalla Costituzione

all’art. 18 comma 2 128

3.3. Le conseguenze dell’eventuale ripristino del reato di associa-

zione militare per scopi politici 131

4. Il controllo di costituzionalità delle norme penali di favore 132 4.1. La “rilevanza” delle questioni concernenti le norme penali di

favore 132 4.2. La classe delle norme penali di favore 138

4.3. Sincronia o diacronia nella relazione di specialità tra norme 140 4.4. L’incidenza delle sentenze di accoglimento nel giudizio a quo 146 4.5. Il bilanciamento tra principi costituzionali 150 4.6. Sindacato sulla legittimità costituzionale delle norme penali

di favore e separazione dei poteri 155

CAPITOLO IV

Illegittimità costituzionale di circostanze aggravanti e retroattività degli effetti favorevoli

1. La dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 61 n. 11-bis c.p. 161 2. La non applicabilità dell’art. 2 comma 4 c.p. nel caso d’incostitu-

zionalità di una circostanza aggravante 164 3. Abrogazione e annullamento di norme incriminatrici per illegitti-

mità costituzionale 167

4. La retroattività degli effetti favorevoli, anche oltre il giudicato, in caso di abolitio criminis e di annullamento di norme incriminatrici

incostituzionali 171 5. I primi orientamenti della dottrina e della giurisprudenza di meri-

to sulla declaratoria di incostituzionalità dell’aggravante di cui

all’art. 61 n. 11-bis 175 6. L’inapplicabilità della disciplina generale sugli effetti delle senten-

ze di accoglimento (art. 30 l. n. 87 del 1953) 178 7. L’interpretazione adeguatrice dell’art. 30 l. n. 87 del 1953: interpre-

tazione o creazione normativa? 182

8. La (im)possibile estensione analogica dell’art. 673 c.p.p. alla inco-

stituzionalità di una circostanza aggravante 188 9. L’irragionevolezza della scelta legislativa che esclude la modifica

del giudicato in presenza di una aggravante dichiarata incostitu-

zionale 192

(13)

pag.

10. I possibili rimedi: l’intervento del legislatore; la sentenza additiva

della Corte costituzionale che riscrive la regola del conflitto 195

CAPITOLO V

Le conseguenze di diritto intertemporale prodotte dalle sentenze che dichiarano l’incompatibilità tra la norma incriminatrice

interna e il diritto dell’Unione europea

1. Il criterio del “primato del diritto dell’Unione” che risolve l’antino-

mia tra norma interna e norma comunitaria 201 2. La disapplicazione della norma incriminatrice interna incompati-

bile con quella comunitaria 206

3. Il conflitto tra norme disposte su distinti livelli nella gerarchia del-

le fonti 212

4. Gli effetti dell’applicazione del principio di retroattività della lex

mitior sui processi penali 214

4.1. I processi penali ancora in corso: le formule di assoluzione 216 4.2. Le sentenze di condanna irrevocabili e l’applicazione in via

analogica dell’art. 673 c.p.p. 218

4.3. Il possibile fenomeno della c.d. abrogatio sine abolitione:

esclusione 221 5. Il nuovo decreto legge in materia di immigrazione: gli esiti della

trasformazione della sanzione prevista per l’art. 14 comma 5-ter da

detentiva in pecuniaria 222

CAPITOLO VI

Eius est abrogare cuius est condere

La retroattività del diritto giurisprudenziale favorevole

1. L’emersione del tema nella recente giurisprudenza in materia di im-

migrazione clandestina 233

1.1. Premessa 233

1.2. La riformulazione del reato di inottemperanza all’ordine di esibizione del documento da parte dello straniero e l’inter-

vento delle Sezioni unite “Alacev” 237

1.3. La questione da risolvere 240

2. Le differenti opinioni in dottrina sugli errores in iudicando e la re-

voca della sentenza definitiva 242

2.1. La tesi negativa 242

2.2. La tesi affermativa 244

3. I modelli tipici di abrogazione e l’esclusione di vicende abrogative

a carattere giurisprudenziale 246

(14)

pag.

4. Il carattere non vincolante del precedente 252 5. Overruling giurisprudenziale favorevole e revoca del giudicato 257 5.1. L’ipotesi del testo legislativo inalterato 258 5.2. L’ipotesi dell’espressa innovazione legislativa 262 6. Mutamento di giurisprudenza e “diritto vivente” 263 7. Produzione vs. interpretazione di testi normativi 268 8. Decisioni della Corte europea e revoca del giudicato di condanna 272 8.1. L’intervento delle Sezioni unite penali “Ercolano” 276 8.2. I rapporti tra la sentenza Scoppola e l’ordinanza delle Sezioni

unite 278 8.3. Interpretazione autentica in malam partem e principio di ir-

retroattività 281 8.4. L’indispensabile presenza di un ricorso individuale a Stra-

sburgo per la revoca o la modifica immediata del giudicato di

condanna 284

8.5. Diritto senza autorità? 287

Bibliografia 291

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(16)

Prefazione

Lo studio che qui si presenta è concepito secondo una linea di ideale continuità con il precedente lavoro dal titolo L’abrogazione della norma incriminatrice (Jovene, 2008).

Oggetto della prima monografia sono state le regole codicistiche del- l’art. 2 c.p.: regole che impongono la retroattività della norma penale più favorevole. In quella occasione si è quindi esplorata la natura e la disci- plina del fenomeno abolitivo e la sua differenza con quello della semplice modificazione in senso favorevole della legge penale. Temi questi ultimi che, a partire dallo studio pionieristico di Tullio Padovani del 1982 (Tipi- cità e successione di leggi penali, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1982, p. 1382 ss.), hanno visto dottrina e giurisprudenza affaticarsi nel trovare le solu- zioni più adeguate e coerenti col sistema giuridico penale. E che sembra- no oggi trovare finalmente stabilità esegetica, sulla scorta delle fonda- mentali sentenze pronunciate dalle Sezioni unite penali nel corso del de- cennio appena trascorso (Cass., sez. un. “Giordano” del 2003; Cass., sez.

un. “Magera” del 2007; Cass., sez. un. “Rizzoli” del 2009).

Oggetto della nuova monografia è invece il principio di retroattività della lex mitior: principio nei confronti del quale si è ora trasferita tutta l’attenzione della comunità scientifica penalistica. A fare da detonatore a questo cambio di paradigma è stata la sentenza della Grande Camera della Corte europea “Scoppola” del 2009, che ha ricondotto allo spettro di tutela dell’art. 7 Cedu – oltre l’irretroattività della nuova legge incrimi- natrice – altresì la retroattività della legge penale più favorevole al reo.

Nel libro si esamina, dunque, il principio di retroattività della legge pe- nale più mite: principio che deve essere annoverato a pieno titolo fra i di- ritti fondamentali dell’uomo (così F. Palazzo, Correnti superficiali e cor- renti profonde nel mare delle attualità penalistiche (a proposito della retro- attività favorevole), in Dir. pen. proc., 2012, p. 1174). Ad esso va ricono- sciuto un vero e proprio statuto costituzionale di tutela; e le eventuali de- roghe da parte del legislatore nazionale devono superare il vaglio dell’art.

7 Cedu, il quale – attraverso il parametro dell’art. 117 Cost. – assume il ruolo di norma interposta di legittimità costituzionale (cfr. Cass., sez. un., ord. 19 aprile 2012, n. 34472, Ercolano).

L’affermarsi del principio di retroattività in mitius – come va pian pia- no chiarendosi – non esclude invero né le possibili deroghe fondate su in-

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teressi o principi costituzionali ritenuti prevalenti (cfr. Corte cost. n. 236 del 2011), e neppure il possibile sindacato di costituzionalità in malam partem delle cosiddette norme penali di favore: norme che sottraggono una determinata classe di soggetti o di condotte dall’area applicativa di un’altra norma più generale attribuendogli una disciplina giuridica privi- legiata (cfr. Corte cost. n. 394 del 2006).

In particolare si è indagata l’operatività del principio della lex mitior con riferimento alla pronuncia ablativa della Corte costituzionale avente ad oggetto una circostanza aggravante. La ricerca ha mostrato che in tale ipotesi non è applicabile la disciplina generale sulla retroattività degli ef- fetti favorevoli, anche oltre il giudicato, prevista in caso di annullamento di norme incriminatrici incostituzionali (art. 30 l. n. 87 del 1953; art. 673 c.p.p.). E come siffatta scelta legislativa appaia ai nostri giorni non più conforme al criterio di ragionevolezza: non potendo il principio di cer- tezza dei rapporti giuridici esauriti limitare gli effetti iperretroattivi delle decisioni di incostituzionalità rispetto a norme che comunque incidono sul diritto fondamentale della libertà personale ex art. 13 Cost.

Si è assodato inoltre che il principio di retroattività della legge penale più favorevole ha esteso il suo raggio di azione in virtù della acclarata su- premazia (primauté) del diritto dell’Unione su quello interno degli Stati membri. La disapplicazione della norma incriminatrice nazionale contra- stante con la norma comunitaria sovraordinata provoca effetti retroattivi in bonam partem, in grado di travolgere anche le pronunce irrevocabili di condanna. Allo stesso modo dell’abolitio criminis, anche nell’ipotesi di di- sapplicazione comunitaria si configura una antinomia giuridica: risolvi- bile però non attraverso il criterio cronologico (come nel fenomeno abo- litivo), bensì mercé quello di prevalenza della norma comunitaria provvi- sta di effetto diretto sulla norma interna incompatibile.

In questo quadro, sembra assumere sempre più importanza nel dibat- tito giuridico il tema del mutamento giurisprudenziale favorevole: il con- cetto di una lex mitior che origina da fonte non legale, bensì giurispru- denziale. Si è pertanto cercato di stabilire quale valore bisogna assegnare al nuovo diritto giurisprudenziale favorevole scaturito da una pronuncia delle Sezioni unite penali, oppure da una decisione della Grande Camera della Corte europea; escludendosi tuttavia che l’overruling giurispruden- ziale in mitius possa essere, quanto agli effetti penali, pienamente equi- parato ad una abrogazione normativa di origine legislativa (cfr. Corte cost. n. 230 del 2012).

Senza il sostegno amichevole che mi è giunto da molte persone, il li- bro non avrebbe mai visto la luce: a tutti loro va il mio personale ringra- ziamento. Mi sia consentito, in particolare, di esprimere la mia gratitudi- ne al professor Francesco Palazzo per i consigli e il sostegno ricevuto per la pubblicazione del lavoro.

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Desidero altresì ringraziare il Max-Planck-Institut für ausländisches und internationales Strafrecht di Friburgo per l’ospitalità e la borsa di stu- dio concessami per portare a termine le ricerche.

Come in ogni libro, anche qui si scorge il tentativo di salvare «dagli a- bissi consueti dell’infelicità» una parte della propria vita che altrimenti ne resterebbe irrimediabilmente imprigionata.

Roma, novembre 2012

M.G.

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C

APITOLO

I

Diritto intertemporale e diritto transitorio nel sistema penale

SOMMARIO: 1. Lex mitior: diritto e tempo. – 1.1. Il diritto arcaico e il tempo ciclico. – 2.

Modelli di relazione temporale. – 3. Relazione temporale tra soggetto e oggetto ed efficacia della legge penale nel tempo. – 4. La relazione temporale tra oggetto e oggetto: sincronia e diacronia. – 5. Relazione temporale tra oggetti e successione di leggi penali. – 6. Abrogatio sine abolitione e modelli di relazione temporale. – 7.

Sincronia e diacronia nel diritto penale. – 8. La genesi del concetto di diritto inter- temporale. – 9. Le disposizioni intertemporali del codice penale (artt. 2 e 15). – 9.1.

L’art. 2 c.p. come disposizione intertemporale. – 9.2. L’art. 15 c.p. come disposi- zione intertemporale. – 10. L’originaria nozione di diritto transitorio e i suoi rap- porti con il diritto intertemporale. – 11. L’attuale nozione di diritto penale inter- temporale. – 12. Gli odierni contrassegni delle disposizioni penali transitorie. – 12.1. La deroga ai principi di diritto intertemporale. – 12.2. La disciplina di un ca- so specifico. – 12.3. La natura giuridica di meta-norme. – 13. Le disposizioni tran- sitorie “in senso stretto”. – 14. Le leggi di transizione. – 15. Disposizioni transitorie e norme penali di favore.

1. Lex mitior: diritto e tempo

Nell’ambito del diritto penale coll’espressione “lex mitior” (legge più favorevole, doctrine of mercy) si suole designare un concetto necessaria- mente di relazione. Un rapporto collegante due leggi che si avvicendano nel tempo, nel quale la seconda legge genera effetti giuridici più vantag- giosi (o benevoli) di quelli che si produrrebbero in virtù della prima legge nei confronti della medesima fattispecie1.

Il concetto di lex mitior presuppone allora l’esistenza di un diverso ter-

1Cfr. F. PALAZZO, Il principio di determinatezza nel diritto penale, Cedam, 1979, p.

248 ss., p. 256 ss., secondo cui quello di “norma favorevole” è un concetto di relazio- ne: «di per sé sola considerata, una norma non può essere detta favorevole o sfavore- vole, ma solo giusta o ingiusta, opportuna o inopportuna: la “favorevolezza” o la “sfa- vorevolezza” presuppongono in ogni caso una comparazione».

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mine di riferimento che si dispiega, in posizione anteriore, lungo la linea del tempo. Come vedremo, si tratta di una relazione temporale tra ogget- ti (o eventi) che implica una nozione di tempo in senso “fisico”.

La legge è mitior, è più favorevole, non ontologicamente (o intrinseca- mente), quale caratteristica incorporata nella stessa legge in virtù di un suo contrassegno obiettivo, bensì solo perché viene commisurata a un’al- tra legge che la precede nel tempo. In relazione a quest’ultima, unica- mente, la legge può essere designata come più favorevole, mitigatrice delle conseguenze sanzionatorie penali.

Nella lex mitior il diritto inevitabilmente si lega col tempo, lo implica:

soltanto l’eventualità di un mutamento legislativo nel fluire del tempo rende possibile la qualificazione come mitior di una legge cronologica- mente successiva.

Mitior (più favorevole) è il grado comparativo dell’aggettivo qualifica- tivo latino mitis2; esprime perciò una qualità stabilendo un confronto:

qui tra due leggi in successione temporale. L’espressione “lex mitior” va pertanto riferita al fenomeno di avvicendamento cronologico tra norme rispetto alla disciplina penale della stessa fattispecie.

Dal concetto di “lex mitior in senso stretto”, va distinto quello più am- pio di “legge (o norma) favorevole”. In quest’ultima ipotesi, si prendono in considerazioni leggi «che operano cioè non già in funzione costitutiva della responsabilità penale o, più genericamente, delle conseguenze giu- ridico-penali, bensì in funzione esclusiva, estintiva o attenuativa di dette conseguenze»3.

Alla luce di siffatte osservazioni, occorre in primo luogo annoverare nel concetto di lex mitior in senso stretto la legge sopravvenuta nel tempo che rende penalmente irrilevante una condotta che in precedenza era sanzionata con una pena criminale. Tale legge subentrante può operare sia abrogando espressamente (e senza sostituirla) la norma incriminatri- ce preesistente, sia abrogandola in modo tacito attraverso la sua sostitu- zione con una norma incompatibile (la quale, dunque, elimina la sanzio- ne penale per una classe di fattispecie o la trasforma in sanzione non-pe- nale).

Nell’ambito del concetto di lex mitior in senso stretto, viceversa, non può essere collocata la legge che inserisca o dilati una causa di giustifica- zione.

Ora, se si muove dall’idea che le cause di giustificazione sono conte-

2Cfr. A. FORCELLINI, Lexicon totius latinitatis, tom. III. L’uso di “mitior” nel senso di irrogare una pena più mite si rinviene già in M. Fabio QUINTILIANO, L’istituzione oratoria (VI, 4, 16), a cura di R. Faranda, Utet, 1968, opera portata a termine intorno all’anno 95 d.c.

3Così F. PALAZZO, Il principio di determinatezza, cit., p. 248 ss.

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nute in autonome norme, non a rigore di natura strettamente penale4, che si pongono in conflitto con le singole norme incriminatrici, autoriz- zando o imponendo la realizzazione di una condotta conforme a una fi- gura di reato, l’introduzione o l’ampliamento dell’ambito di applicazione di una scriminante, pur incidendo sulla complessiva area di illiceità pe- nale del nostro ordinamento penale, non determina effetti abrogativi ex art.

2 comma 2 c.p.; giacché l’abolitio criminis è fenomeno legato esclusiva- mente alla riduzione o all’eliminazione di una norma incriminatrice5.

L’innovazione legislativa, perché possa dar luogo alla vicenda abroga- tiva, deve incidere sulla fattispecie astratta di una incriminazione: non ri- leva che l’ambito normativo di una incriminazione possa “in concreto”

ridursi a seguito dell’innesto di una nuova o più ampia norma scriminan- te. In tale ultima ipotesi la modificazione si ripercuote sull’ordinamento penale in genere, e non sulle singole figure di reato. Mentre, per aversi il fenomeno abrogativo, ex art. 2 comma 2 c.p., l’innovazione legislativa deve investire una norma incriminatrice e non una norma scriminante che si pone in conflitto con la prima. L’abolitio criminis è vicenda che colpisce il singolo e specifico tipo di illecito penalmente sanzionato così come è descritto dal legislatore, e non può determinarsi in presenza di una mera modificazione favorevole di una autonoma norma autorizzati- va o di liceità, che oltretutto non è necessariamente subordinata al prin- cipio della riserva di legge6.

Le modifiche in mitius alle norme scriminanti si applicano allora sol- tanto se il procedimento penale è in corso, non possono disciplinare i fatti storici verificatisi anteriormente alla loro entrata in vigore se rispetto a questi ultimi vi è stata una pronuncia di condanna definitiva; e dunque siffatte modifiche favorevoli non possono determinare la revoca della sentenza di condanna passata in giudicato ex art. 673 c.p.p.7.

4Nel senso che le norme che prevedono cause di giustificazione sono norme di na- tura extrapenale, cfr. ad es. G. MARINUCCI, Cause di giustificazione, in G. MARINUCCI- E. DOLCINI, Studi di diritto penale, Giuffrè, 1991, p. 97 ss.; F. PALAZZO, Corso di diritto penale, Giappichelli, 2011, p. 367 ss.; G. FIANDACA, voce Fatto nel diritto penale, in Dig.

disc. pen., vol. V, Utet, 1991 p. 158 ss.; F. VIGANÒ, Stato di necessità e conflitti di doveri, Giuffrè, 2000, p. 227 ss.

5Cfr. G. MARINUCCI, Cause di giustificazione, cit., p. 115 ss.; M. GAMBARDELLA, L’abrogazione della norma incriminatrice, Jovene, 2008, p. 156 ss. In senso contrario, però, M. ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, vol. I, Giuffrè, 2004, p.

57, secondo cui se la nuova legge introducesse una causa di giustificazione per alcune delle condotte previste dalla norma, si applicherebbe, con riferimento a quei tipi di comportamento, l’art. 2 comma 2 c.p.

6In tal senso cfr. M. GAMBARDELLA, L’abrogazione della norma incriminatrice, cit., p. 157 ss.

7In questo senso si è espressa parte della dottrina, secondo cui «l’applicazione re- troattiva della norma che prevede una nuova o più ampia causa di giustificazione del

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E tutto ciò a meno di non voler valorizzare il ruolo delle scriminanti nell’identificazione del modello di comportamento penalmente illecito, attribuendosi di conseguenza una attitudine abolitiva (ex art. 2 comma 2 c.p.) all’ipotesi d’innesto o dilatazione di una causa di giustificazione8.

In tale prospettiva, solo combinando la norma incriminatrice con le norme scriminanti è invero possibile affermare che la condotta tipica e lesiva integra un determinato “tipo di illecito”. Con il risultato di estende- re alle scriminanti gran parte delle garanzie e dei principi penalistici, tra cui quello della retroattività in mitius; giustificandosi pertanto l’applica- zione della disciplina dell’abolitio criminis alle scriminanti con l’effetto di travolgere anche le pronunce definitive di condanna (art. 2 comma 2 c.p.

e art. 673 c.p.p.)9.

Bisogna inoltre ascrivere alla nozione di lex mitior in senso stretto, la legge che introduce una mitigazione della risposta punitiva penale rispet- to a una determinata condotta. Può trattarsi sia di uno dei due casi disci- plinati dall’art. 2 comma 4 c.p.: quello cioè dell’introduzione di una nuo- va legge meramente modificatrice in mitius; sia di una ipotesi di c.d.

“specialità sincronica sopravvenuta favorevole”: relazione di specialità tra norme incriminatrici coesistenti nel medesimo tempo (in cui si applica e- sclusivamente la norma speciale ex art. 15 c.p.).

Tale ultima relazione normativa si determina non attraverso la con- temporanea entrata in vigore delle due norme, bensì mediante il soprag- giungere della norma speciale favorevole che si aggiunge alla norma ge- nerale, sottraendogli la disciplina di una tipologia di fatti prima puniti più gravemente da quest’ultima. La norma generale non è espunta dal- l’ordinamento e continua a sanzionare la restante classe di fatti non ri-

fatto non comporterà il venir meno della sua antigiuridicità esistente al momento del fatto ... bensì imporrà solo che si decida – agli effetti penali – come se quella norma successiva fosse già in vigore al momento del fatto, in quanto “disciplina più favorevo- le al reo” » ai sensi del comma 3 (oggi comma 4) dell’art. 2 c.p. (così G. MARINUCCI, Cause di giustificazione, cit., p. 115 ss.).

8Per questa soluzione, cfr. ora V. VALENTINI, Diritto penale intertemporale, Giuffrè, 2012, p. 309 ss., che assegna valore abolitivo all’ampliamento o all’inserimento di una causa di giustificazione, con effetti iperretroattivi di travolgimento delle condanne de- finitive. L’autore, prendendo in considerazione in modo approfondito sia le scrimi- nanti c.d. tassative sia le scriminanti c.d. aperte, fonda la sua soluzione «oltre che su recenti inputs europei, su convincenti “valutazioni” di carattere sistematico attinenti alla funzione e ai contenuti del giudizio penalistico di antigiuridicità». In tal senso, v.

altresì G. DE VERO, La successione di leggi penali, in La legge penale, il reato, il reo, la persona offesa, a cura di G. DE VERO, Trattato teorico-pratico di diritto penale, diretto da F. Palazzo e C.E. Paliero, Giappichelli, 2010, p. 60; M. ROMANO, Commentario siste- matico del codice penale, vol. I, cit., p. 57.

9Cfr. ancora l’approfondito studio di V. VALENTINI, Diritto penale intertemporale, cit., p. 317 ss., con ricchi richiami di dottrina non solo italiana, ma anche straniera.

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cadente nella norma speciale. In definitiva, si può dunque parlare anche qui di lex mitior, perché una norma successivamente nel tempo va a di- sciplinare in modo più favorevole una classe di fattispecie specifica già disciplinata da una norma generale in modo più afflittivo, norma genera- le che tuttavia non viene abrogata ma resta vigente nel sistema giuridico.

Occorre poi includere nel concetto di lex mitior, essendone la fonte, anche la decisione della Corte costituzionale che invalida una norma incri- minatrice (o una circostanza aggravante del reato).

L’annullamento da parte della Corte costituzionale di una norma pe- nale invalida, giacché in contrasto con un principio costituzionale, ha co- me effetto l’estinzione retroattiva della norma penale; si estingue, cioè, anche per il passato l’efficacia della norma penale dichiarata illegittima costituzionalmente. Cosicché, la dichiarazione di incostituzionalità di una norma penale (incriminazione o aggravante) produce, di regola, una modificazione in senso favorevole nel sistema normativo penale.

L’efficacia retroattiva della pronuncia di annullamento costituzionale determina in modo indiscutibile il venir meno delle sentenze di condan- na passate in giudicato, allorché è invalidata una vera e propria norma incriminatrice (art. 673 c.p.p., art. 30 comma 4 l. n. 87 del 1953). Per contro, più complesse appaiono le vicende legate alla declaratoria d’inco- stituzionalità di una circostanza aggravante (o del divieto di prevalenza di una circostanza attenuante) e alle sue conseguenze sul giudicato di condanna, di cui si dirà nel seguito del lavoro10.

1.1. Il diritto arcaico e il tempo ciclico

Eppure, lo stretto rapporto tra diritto e tempo come lo conosciamo og- gi, non pare rinvenirsi agli albori del diritto. Nelle prime raccolte legisla- tive del vicino oriente da noi conosciute, le leggi sono immutabili e per- petue: caratteri che derivano dalla loro genesi divina11. L’origine ultrater- rena del potere regale è, per esempio, alla base del diritto pubblico sume- ro-babilonese (e allo stesso modo delle antiche leggi greche)12: le norme sono considerate dunque immodificabili, attributo che impedisce che si

10Sul tema, cfr. ampiamente il cap. IV.

11Si pensi al codice sumero del monarca Ur-Nammu (circa 2112-2095 a.C.), o al famosissimo codice Hammurabi (re babilonese, 1792-1750 a.C.) conservato al Louvre di Parigi (cfr. C. SAPORETTI, Antiche leggi, I «codici» del vicino oriente antico, Rusconi, 1998, p. 36 ss. e 54 ss.; E. SZLECHTER, Les lois sumériennes, Roma, Pontificia Universi- tas Lateranensis, 1983, p. 9 ss., 77 ss.).

12Cfr. G. SEMERANO, L’infinito: un equivoco millenario, Bruno Mondadori, 2004, p.

231 ss.

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possa parlare di un’effettiva incidenza del tempo sul diritto13.

Nelle culture tradizionali non vale il principio, per noi “eticamente ovvio”, della lex posterior derogat legi priori (art. 15 disp. prel. c.c.); vale invece il principio opposto che la legge emanata in tempi ormai remoti è considerata migliore di quello che è stato concepito dal punto di vista giuridico in tempi più recenti14.

D’altronde, anche il concetto di tempo in queste antiche civiltà è inte- so in modo diverso: le società tradizionali, nel senso di presocratiche, ri- fiutano l’odierna concezione del tempo quale fenomeno continuo, con- creto, storico. Nell’ambito poi di una più ampia svalutazione degli avve- nimenti storici privi di una regolamentazione archetipica15.

Le civiltà arcaiche sono invece legate alla dottrina del tempo ciclico, tempo che si rigenera periodicamente all’infinito. Nelle culture antiche la credenza della ciclicità temporale conduce a respingere il moderno con- cetto di tempo lineare o continuo, reputandolo profano e contrario alla valorizzazione metafisica dell’esistenza umana16.

Ora, impiegando categorie logiche moderne, si potrebbe dire che – co- me nei sistemi di diritto naturale elaborati dal giusnaturalismo razionali- stico nei secoli XVII e XXVIII – siamo in presenza qui di sistemi di dirit- to a carattere nomostatico. Il loro fondamento di validità risiede non già nell’auctoritas di un legislatore (alla maniera dei sistemi nomodinamici), bensì nella veritas: nella sua intrinseca giustizia o razionalità. Le norme, in un ideale sistema completamente nomostatico, sono pertanto atempo- rali (oltre che del medesimo livello e “coerenti”, ossia non possono confi- gurarsi antinomie)17.

Diversa ci appare la situazione odierna.

Ebbene, se s’indaga sul rapporto tra diritto e tempo, inteso quest’ulti- mo in una prospettiva empirica18, si trova un evidente nesso tra nόmos e

13Nel codice di Hammurabi è stabilito che il trascorrere del tempo non può porta- re a un cambiamento delle leggi: le leggi devono valere per sempre nel paese da lui go- vernato (cfr. C. SAPORETTI, Antiche leggi, cit., p. 194 ss.).

14C. LUZZATI, Prìncipi e princìpi, La genericità del diritto, Giappichelli, 2012, p. 137 ss.

15Cfr. M. ELIADE, Il mito dell’eterno ritorno, Borla, 2007, p. 9 ss., 112 ss.

16Sul tempo ciclico in opposizione al tempo lineare, cfr. P. DAVIES, I misteri del tempo, Mondadori, 1997, p. 18 ss.

17Così L. FERRAJOLI, Principia iuris. Teoria del diritto e della democrazia, 1. Teoria del diritto, Laterza, 2007, p. 114 ss.

18Attualmente, a livello scientifico si ritiene comunemente che il “big bang” segni l’inizio del tempo e dello spazio: cfr. in proposito P.J. STEINHARDT-N. TUROK, Universo senza fine, il Saggiatore, p. 9 ss. Sulla distinzione fra tempo fisico e tempo gramma- ticale, cfr. A. MORO, Breve storia del verbo essere, Adelphi, 2010, p. 27 ss., il quale nota come in alcune lingue, quale l’inglese, si usano due termini diversi per ognuno di essi:

“tense” per il tempo grammaticale e “time” per quello fisico.

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chrόnos: col passare del tempo non solo avvengono spesso mutamenti le- gislativi, ma il tempo agisce talvolta anche all’interno della struttura dog- matica del diritto19.

Come scritto da Hans Kelsen, elemento costitutivo dell’ordinamento giuridico statale è non solo lo spazio (la sfera territoriale di validità), bensì pure il tempo (la sfera temporale di validità): «uno Stato non esiste soltanto nello spazio, ma anche nel tempo, e se consideriamo elemento dello Stato il territorio, dobbiamo altresì considerare elemento dello Sta- to la durata della sua esistenza»20.

Nel diritto penale moderno, poi, vi sono istituti o concetti che presen- tano una specifica impronta temporale: la consumazione, la prescrizione, il reato permanente, l’abolitio criminis, ecc.21.

2. Modelli di relazione temporale

Il chiaro legame esistente oggi tra diritto e tempo, rende allora neces- sario di occuparsi della nozione di tempo e della esperienza che faccia- mo di esso22, se si vuole tentare di delineare una teoria del diritto inter- temporale e transitorio nel sistema penale sostanziale. Nell’ambito della quale esaminare poi, nel corso del lavoro, lo statuto e le conseguenze del- l’introduzione di una lex mitior nell’ordinamento criminale.

A tal fine appare utile muovere dall’analisi logica dei concetti chiave della scienza fisica compiuta da Bertrand Russell, il quale – nel porre le basi per una fondazione certa del sapere scientifico – ha approfondito anche lo studio della nozione di tempo come variabile quantificabile (o

19Cfr. M. BRETONE, Diritto e tempo nella tradizione europea, Laterza, 2001, p. 33 ss.; S.

COTTA, Il diritto nell’esistenza, Giuffrè, 1991, p. 257 ss.; G. DE SANTIS, Gli effetti del tempo nel reato, Giuffrè, 2006, p. 4 ss.; M. LEONE, Il tempo nel diritto penale sostantivo e proces- suale, Jovene, 1974; G. HUSSERL, Diritto e tempo, Giuffrè, 1998, p. 44 ss.; D. FALCINELLI, Il tempo del reato, il reato nel tempo, Giappichelli, 2011, p. 1 ss.; C. PUIGELIER, Temps et cré- ation jurisprudetielle, in AA.VV., La création du droit par le juge, Dalloz, 2007, p. 89 ss.

20H. KELSEN, Teoria generale del diritto e dello Stato, Etaslibri, 1994, p. 223 ss.

21M. BRETONE, Diritto e tempo, cit., p. 34 ss.; M. GAMBARDELLA, L’abrogazione del- la norma incriminatrice, cit., p. 192 ss. Sulla possibilità di classificazione dei reati in funzione della dimensione cronologica (reati istantanei, permanenti, abituali), cfr. ad esempio M. RONCO, Il reato: modello teorico e struttura del fatto tipico, in Il reato, ope- ra diretta da M. Ronco, tomo primo, Zanichelli, 2011, p. 141 ss.

22È noto come gli scienzati, a partire dall’inizio del ’900, tendono a parlare non più di tempo e di spazio come entità seperate, bensì di un unico spazio-tempo quadri- dimensionale (cfr. L. SUSSKIND, La guerra dei buchi neri, Adelphi, 2009, p. 51 ss.).

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misurabile) alla stessa maniera dello spazio23.

Per Russell, in particolare, la conoscenza del concetto di tempo otte- nuta attraverso l’analisi della sua esperienza, può portare a distinguere fra due differenti modelli di relazione temporale:

a) una relazione temporale tra oggetto e oggetto, da cui derivano le no- zioni di precedente, contemporaneo e successivo. Si designa con l’espres- sione “tempo fisico”, il tempo che discende dalle relazioni tra oggetti;

b) una relazione temporale tra soggetto e oggetto, da cui scaturiscono passato, presente e futuro. Si parla in questo contesto di “tempo menta- le”24.

Afferma, poi, Russell che «in un mondo in cui non ci fosse esperienza non ci sarebbero il passato, il presente, il futuro, ma potrebbero benissi- mo esserci il precedente e il successivo»25.

Anche secondo il fisico francese Étienne Klein – che più di recente ha compiuto degli approfonditi studi sul tempo –, disponiamo di due con- cetti o meglio di due esperienze distinte del tempo: e di conseguenza per parlare del tempo possiamo usare espressioni che indicano i) delle “rela- zioni temporali” vere e proprie, oppure ii) degli “attributi temporali”26.

i) Nella prima ipotesi, assimilabile al modello di relazione temporale fra oggetti, la nozione di tempo si risolve in una serie di relazioni stret- tamente cronologiche tra eventi, oggettive e indipendenti dall’esperienza umana. Esse non si modificano col passare del tempo, e così risulta sem- pre vero che mio fratello Francesco è nato prima di me (tra un anno, io avrò 46 anni e lui 47; tra due anni, io avrò 47 anni e lui 48; e così via).

Queste relazioni temporali tra eventi (di anteriorità, di posteriorità, di contemporaneità) si esprimono attraverso le espressioni: “prima”, “dopo”,

“durante”.

Invero, il concetto di tempo, indipendentemente dalla nostra situazio-

23Cfr. M. DI FRANCESCO, Logica e conoscenza: Russell e la Teoria del giudizio del

’13, saggio introduttivo a B. RUSSELL, Teoria della conoscenza, Newton & Compton, 1996, p. 7 ss.

In molte culture l’idea di tempo viene associata a quella di spazio, sicché nel lessi- co di molte lingue i termini che denotano concetti legati al tempo richiamano termini di natura spaziale: vocaboli come avanti/indietro, breve/lungo definiscono, ad esem- pio, una qualità spaziale, ma sono impiegati per designare anche il tempo (L. BORO- DITSKY, Come la mente percepisce il tempo, in Il Sole 24 Ore, 22 gennaio 2012). Ciò ac- cade perché tutto quello che noi osserviamo: lancette di orologi, oggetti che si muo- vono, la posizione del sole nel cielo etc., sono in realtà soltanto posizioni di oggetti, non il tempo in sé (C. ROVELLI, E se il tempo non esistesse?, in Sole 24 Ore, 15 gennaio 2012).

24B. RUSSELL, Teoria della conoscenza, Newton & Compton, 1996, p. 140 ss.

25B. RUSSELL, Teoria della conoscenza, cit., p. 140.

26É. KLEIN, Il tempo non suona mai due volte, Raffaello Cortina Editore, 2008, p.

79 ss.

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ne temporale, consente di postulare solo tre relazioni fisse tra gli eventi:

“anteriormente a”, “posteriormente a”, “allo stesso tempo di” (prima, do- po, durante).

ii) La seconda ipotesi, paragonabile invece al modello di relazione temporale tra soggetto e oggetto, presuppone fenomenologicamente una nostra (soggettiva) esperienza del tempo legata al fatto che ciò che acca- de avviene sempre al presente; esiste insomma un istante privilegiato:

quello presente27.

E per parlare del tempo s’impiegano i termini: “presente”, “passato”,

“futuro”; espressioni che indicano non relazioni temporali, bensì “attri- buti temporali”.

Gli attributi temporali non sono fissi, ma cambiano: di quello che è successo “oggi”, “domani” diremo che è accaduto “ieri” (mentre, come detto, nelle relazioni temporali quello che è accaduto prima non potrà mai essere successo dopo).

Il tempo è dunque qui definito da queste tre determinazioni: il presen- te (in rapporto al quale si pensano o si formulano), il passato e il futuro.

Il presente, il futuro e il passato sono determinazioni temporali di tipo soggettivo (o psicologico): il corso del tempo dipende dalla nostra soggettività, e la coscienza che ne abbiamo svolge un ruolo nella sua dinamica28.

In definitiva, seguendo le principali dottrine filosofiche sul concetto di tempo e la maggior parte dei fisici, si può asserire che nella “realtà” ci sono soltanto relazioni temporali tra eventi, sicché il tempo può essere pensato come un semplice ordine di anteriore/posteriore29. Se cerchiamo

27Se si osserva l’istante-presente sulla retta del tempo fisico, esso ha durata nulla, è tutto concentrato in un punto. Tuttavia, la nostra percezione dell’istante presente non è così fugace: «la nostra coscienza del presente unifica – o coagula – degli istanti successivi, che non coesistono nel tempo fisico: per la fisica, due istanti che si succe- dano non esistono insieme ... Cogliere il passare del tempo è come procedere a una lettura che sia contemporaneamente analitica e integrativa della successione degli istanti: un insieme di punti, all’inizio senza correlazione, si organizza in una linea continua, diventa un continuum temporale. È questa capacità d’integrazione – ed essa soltanto – che ci permette di immaginare che esista un “corso del tempo” ... L’inter- vento di una coscienza “integrante” sembra dunque necessario alla concettualizzazio- ne di un corso del tempo che sia continuo e omogeneo» (É. KLEIN, Il tempo non suona mai due volte, cit., p. 76 ss.).

28É. KLEIN, Il tempo non suona mai due volte, cit., p. 81 ss.

29Una divergente idea della natura del tempo si rinviene nel pensiero del fisico italiano Carlo Rovelli. Secondo lo scienziato infatti “il tempo non esiste” (C. ROVEL- LI, Che cos’è il tempo? Che cos’è lo spazio?, Di Renzo editore, 2010, p. 40 ss.). Ossia pur avendo tutti noi una percezione condivisa del tempo, non possiamo elaborare una descrizione della sua natura in modo indipendente dalla nostra percezione.

Come per i colori (che sono il risultato dell’interazione della luce con i recettori del-

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di pensare il mondo immaginando di non esservi presenti, le determina- zioni temporali passato-presente-futuro sembrano perdere di significato;

appaiono non avere quindi una realtà di per se stesse30.

3. Relazione temporale tra soggetto e oggetto ed efficacia della leg- ge penale nel tempo

Con riferimento al fenomeno giuridico della successione di leggi pe- nali nel tempo, se ci si pone sul piano del “tempo mentale”, ossia di quel tempo che deriva dalla relazione tra un soggetto e un oggetto, allora si può asserire che, rispetto ad un osservatore, le leggi che si avvicendano sono presenti, passate e future.

Nel rapporto osservatore-soggetto/legge-oggetto possiamo inoltre col- locare, sotto l’aspetto temporale, i concetti di retroattività, efficacia im- mediata (tempus regit actum), ultrattività. La legge può avere un’efficacia retroattiva (passato), un’efficacia immediata (presente), un’efficacia nel- l’avvenire (futuro)31.

In ultima analisi, è solo all’interno della relazione temporale tra sog- getto e oggetto che possiamo cogliere l’esatto piano fenomenologico dei concetti di retroattività, tempus regit actum (lex temporis) e ultrattività (sopravvivenza della vecchia legge), riferiti ai tre momenti diversi di effi- cacia di una legge nel tempo. Per contro, in tale relazione temporale non è logicamente inquadrabile il fenomeno della successione di leggi penali, in quanto – come meglio si dirà – è possibile disporre quest’ultimo esclu- sivamente in una relazione che s’instaura tra due oggetti i quali si avvi- cendano tra loro nel tempo.

la retina; e che sono in realtà radiazioni elettromagnetiche di una certa lunghezza di onda), è unicamente la nostra percezione del tempo a esistere. Il tempo dunque esiste nella nostra esperienza quotidiana, ma non esiste come variabile fondamentale per- ché deriva dall’interazione delle altre variabili fisiche (C. ROVELLI, in La Repubblica, martedì 3 agosto 2010, pp. 36-37).

30É. KLEIN, Il tempo non suona mai due volte, cit., p. 80 ss.

31Cfr. P. ROUBIER, Le droit transitoire (conflits des lois dans le temps), Dalloz, Paris, 1960, p. 9 ss.

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4. La relazione temporale tra oggetto e oggetto: sincronia e dia- cronia

All’interno del modello di relazione temporale tra oggetto e oggetto – modello che appartiene al c.d. “tempo fisico” – bisogna in primo luogo distinguere il fenomeno della sincronia (simultaneità) da quello della dia- cronia (successione).

La sincronia (o simultaneità) designa una relazione tra entità, la quale intercorre fra oggetti che sono presenti in una singola (unica) esperien- za32.

Pietro Ispano nel suo Tractatus definisce simultanei nel tempo quegli oggetti la cui generazione avviene nello stesso tempo, e nessuno di essi è anteriore o posteriore33. E già prima, secondo Aristotele, simultanei si di- cono gli oggetti la cui origine cade nel medesimo tempo; tra due oggetti simultanei, infatti, nessuno è anteriore o posteriore34.

Invece, la diacronia (successione) è una relazione data tra oggetti che si realizza quando ad un evento ne succede un altro, il primo è chiamato precedente (anteriore) e il secondo successivo (posteriore). Diciamo che A è precedente a B, se B succede ad A; e nello stesso caso diciamo che B è successivo ad A35.

Riferendo quest’ultima ipotesi di relazione temporale (diacronica) tra due oggetti al diritto, possiamo dunque affermare che una relazione tem- porale tra due leggi (oggetti) si instaura allorché al posto di una legge precedente ne subentra una successiva. Sicché rispetto ad una legge, la legge che abroga o modifica è successiva, la legge abrogata o modificata è precedente.

Nella relazione temporale tra oggetti non si può parlare di passato, presente e futuro: da essa non promanano invero siffatti modi della tem- poralità. Non ha senso dire che un oggetto è “futuro” rispetto ad un altro oggetto; e dunque sostituendo al concetto generico di oggetto quello spe- cifico di legge, che una legge è “futura” rispetto ad un’altra.

Soltanto la presenza di un osservatore, e dunque di una relazione temporale tra soggetto e oggetto, può rendere sensatamente definibile una legge passata, presente o futura in rapporto ad un’altra legge: nei confronti di un osservatore – si è detto – le leggi che si avvicendano sono definibili, appunto, quali presenti, passate o future.

Una legge – in una relazione temporale tra oggetti – può essere defini-

32B. RUSSELL, Teoria della conoscenza, cit., p. 141 ss.

33PIETRO ISPANO, Trattato di logica, a cura di A. Ponzio, Bompiani, 2004, p. 93.

34ARISTOTELE, Organon, a cura di G. Colli, Adelphi, 2003, p. 49.

35B. RUSSELL, Teoria della conoscenza, cit., p. 151 ss.

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ta come anteriore (precedente) o posteriore (successiva) rispetto ad un’altra. Si tratta di una relazione logica oltre che cronologica, fondata sui concetti di anteriorità e posteriorità tra oggetti (dati) e non sui tre momenti classici della temporalità: passato, presente e futuro.

5. Relazione temporale tra oggetti e successione di leggi penali

Il fenomeno della successione di leggi penali s’iscrive nel modello di relazione temporale tra oggetti. Qui la legge può essere designata unica- mente come anteriore (precedente) o posteriore (successiva) rispetto ad un’altra legge, nel senso di una relazione non solo cronologica ma anche logica di anteriorità o posteriorità fra dati, e non nel senso temporale del prima (passato) e del poi (futuro) quali modi della temporalità36.

Si produce il fenomeno della successione di leggi penali (e non il bi- nomio abrogazione/nuova incriminazione) quando ha luogo un avvicen- damento nel tempo di due (o più) leggi penali nella qualificazione giuri- dica di un accadimento storico; leggi penali che devono essere però in rapporto di specialità tra loro, pena la violazione del principio costituzio- nale di irretroattività37. Una legge penale è, dunque, anteriore o posterio- re rispetto ad un’altra in relazione alla disciplina giuridica di un determi- nato avvenimento.

In particolare, occorre unicamente che vi siano due leggi penali in rapporto di specialità tra loro, le quali si succedano nel tempo nella qua- lificazione giuridica di un certo avvenimento concreto e determinato.

Non è indispensabile, invece, che le due leggi si avvicendino pure tra loro nel tempo; ma è solo necessario che esse disciplinino in sequenza tempo- rale lo stesso fatto storico. Sicché le due leggi, come vedremo, origina-

36Sul fatto che anteriore e posteriore non sono necessariamente il prima o il poi temporali, cfr. M. HEIDEGGER, Il concetto di tempo, Adelphi, 2008 (1924), p. 46. Al ri- guardo, inoltre, v. É. KLEIN, Il tempo non suona mai due volte, cit., p. 79 ss.

37Per garantire il rispetto del principio costituzionale di irretroattività (art. 25 comma 2 Cost.), occorre rilevare la presenza di una relazione di specialità tra norme incriminatrici che si avvicendano nel tempo. Difatti, la subentrante norma speciale punisce una classe di condotte, per definizione, ricompresa anche nella norma gene- rale. I fatti astrattamente sanzionati attraverso la norma speciale rappresentano an- che una parte degli astratti fatti già puniti dalla precedente norma generale. In assen- za di una relazione di specialità tra norme, manca il presupposto per fondare la conti- nuità normativa: si è in presenza, da un lato, di un’abrogazione di una norma incrimi- natrice (art. 2 comma 2 c.p.); e, dall’altro lato, si è al cospetto di una nuova incrimina- zione (art. 2 comma 1 c.p.) (cfr. M. GAMBARDELLA, L’art. 2 del codice penale tra nuova incriminazione, abolitio criminis, depenalizzazione e successione di leggi nel tempo, in Riv. it. dir. e proc. pen., 2009, p. 1212 ss).

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riamente potrebbero anche essere state temporalmente coesistenti.

Sulla scorta di queste considerazioni, non appare condivisibile quel- l’orientamento giurisprudenziale secondo cui il fenomeno della succes- sione di leggi penali nel tempo ha come presupposto un avvicendamento cronologico tra leggi, nel senso del prima (passato) e del poi (futuro) temporali.

In tal senso, le Sezioni unite penali “Avitabile”, ad esempio, hanno ri- tenuto che l’abrogazione del delitto di oltraggio (art. 341 c.p.) non ha fat- to ricadere la classe dei fatti già puniti da quest’ultimo illecito sotto il do- minio della diversa e coeva figura della ingiuria aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale (artt. 594 e 61 n. 10 c.p.), perché qui non si è in presen- za di una successione in senso strettamente cronologico tra leggi, ma so- lo di una riespansione di una legge generale preesistente38.

Sennonché, il fenomeno della successione di leggi penali si verifica anche quando la legge subentrante era in realtà già vigente, ma non era applicabile al tempo della commissione del fatto in virtù della regola di prevalenza contenuta nell’art. 15 c.p. Regola che, in presenza di due nor- me incriminatrici in rapporto di genere a specie le quali coesistono nel sistema penale allo stesso tempo, impone l’applicazione unicamente del- la norma speciale (cfr. sub § 9.2.).

La norma generale diviene applicabile alla vicenda da giudicare solo successivamente, a seguito dell’espulsione dall’ordinamento della norma speciale.

Nel concetto di “legge posteriore” (o successiva) ex art. 2 c.p. va inclusa, allora, anche quella che, pur preesistente, non poteva operare in una determi- nata epoca per la presenza del principio di specialità di cui all’art. 15 c.p.39.

Questa impostazione è stata accolta di recente dalle Sezioni unite penali

“Rizzoli”: si è affermato infatti nella motivazione della decisione che: «“leg- ge posteriore” non è necessariamente quella introdotta dopo la commis- sione del fatto, può essere anche la disciplina divenuta applicabile al caso concreto a seguito dei mutamenti normativi intervenuti dopo il fatto»40.

38Cass., sez. un., 27 giugno 2001, n. 19, Avitabile, in Cass. pen., 2002, p. 482, con nota di C. LAZZARI, L’abrogazione del reato di oltraggio: la parola delle Sezioni unite.

39Cfr. G. MARINUCCI-E. DOLCINI, Corso di diritto penale, Giuffrè, 2001, p. 280 ss.;

D. PULITANÒ, Diritto penale, Giappichelli, 2009, p. 669 ss.; T. PADOVANI, Tipicità e suc- cessione di leggi penali, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1982, p. 1367 ss.; G.L. GATTA, Aboli- tio criminis e successione di norme “integratrici”: teoria e prassi, Giuffrè, 2008, p. 156 ss.; M. GAMBARDELLA, L’abrogazione della norma incriminatrice, cit., p. 198; ID., L’art.

2 del codice penale tra nuova incriminazione, cit., p. 1223 ss. Già in tal senso R.A. FRO- SALI, Concorso di norme e concorso di reati, Città di Castello, 1937, p. 325 ss., per il quale nel caso di una successiva abrogazione della norma speciale si ha successione di leggi penali ex art. 2 c.p.

40Cass., sez. un., 26 febbraio 2009, n. 24468, Rizzoli, in Cass. pen., 2009, p. 4113

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6. Abrogatio sine abolitione e modelli di relazione temporale

Nel paragrafo precedente si è detto che la successione di leggi penali è fenomeno ascrivibile al modello di relazione temporale tra oggetti (even- ti). E perciò tale fenomeno si determina a prescindere dalla presenza di due norme che si succedono nel tempo nella relazione che coinvolge l’osservatore: e dunque non si può parlare qui di categorie temporali vere e proprie (presente, passato, futuro).

Da ciò consegue, ulteriormente, che non appare ammissibile una dif- ferenza di trattamento giuridico tra l’ipotesi in cui vi è un avvicendamen- to cronologico tra due norme penali, e quella in cui in origine le norme risultano simultaneamente vigenti.

In quest’ultima ipotesi si ravvisa il fenomeno della cosiddetta abroga- tio sine abolitione: espressa abrogazione di una disposizione da cui si ri- cavava una norma speciale quando nel sistema è presente un’altra dispo- sizione esprimente una norma generale che riespande la sua portata ap- plicativa, così da comprendere la classe dei fatti prima riconducibili alla lex specialis eliminata.

Rispetto a tale fenomeno, appaiono opportune alcune sintetiche chia- rificazioni. La vicenda denotata con la locuzione “abrogatio sine abolitio- ne” sottintende la distinzione tra il concetto di “disposizione” e quello di

“norma”, secondo una elaborazione ormai abbastanza diffusa sia tra i teorici generali del diritto che nella dottrina costituzionalistica41.

Invero, si designa così con il termine disposizione «ogni enunciato le- gislativo contenuto in una fonte di diritto»; e con il termine norma «non

ss., con nota di M. GAMBARDELLA., L’abolizione del delitto di bancarotta impropria com- messo nell’ambito di società in amministrazione controllata (art. 236 cpv. n. 1 l. fall.).

41Mantengono separati i concetti di “disposizione” e “norma”, ad esempio, R.

GUASTINI, L’interpretazione dei documenti normativi, Giuffrè, 2004, p. 99 ss.; R. GUA- STINI, Teoria e dogmatica delle fonti, Giuffrè, 1998, p. 15 ss.; G. TARELLO, L’interpre- tazione della legge, Giuffrè, 1980, p. 24 ss.; V. CRISAFULLI, voce Disposizione (e norma), in Enc. dir., vol. XIII, Giuffrè, 1964, p. 195 ss.; G. ZAGREBELSKY, Manuale di diritto co- stituzionale, vol. I, Il sistema delle fonti del diritto, Utet, 2006 (rist.), p. 68 ss.; C.E. AL- CHOURRON-E. BULYGIN, Norma giuridica, in Analisi e diritto, Ricerche di giurispruden- za analitica, Giappichelli, 1997, p. 2 ss.; F. SORRENTINO, Manuale di diritto pubblico, a cura di G. Amato-A. Barbera, vol. I, il Mulino, 1997, p. 118 ss.; O. MAZZA, La norma processuale penale nel tempo, Giuffrè, 1999, p. 1 ss.; R. BIN-G. PITRUZZELLA, Diritto costituzionale, Giappichelli, 2011, p. 308 ss. E più in generale, sul tema cfr. L. FERRA- JOLI, Principia iuris. Teoria del diritto e della democrazia, cit., p. 217 ss.; A. VIGNUDELLI, Interpretazione e costituzione, Giappichelli, 2011, p. 91 ss. Segnala poi opportunamen- te il punto, sotto un’ottica più strettamente penalistica M. DONINI, Tecnicismo giuridi- co e scienza penale cent’anni dopo. La prolusione di Arturo Rocco (1910) nell’età dell’eu- ropeismo giudiziario, in Criminalia, 2010, p. 170 ss.; ID., Europeismo giudiziario e scienza penale, Giuffrè, 2011, p. 87 ss.

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