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Aggiornamenti in educazione terapeutica e oltre

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Academic year: 2021

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Dalla Letteratura

Aggiornamenti in educazione terapeutica e oltre

M. Agrusta 1 , N. Visalli 2

1

UOD Endocrinologia e Diabetologia, Ospedale Cava-Costa d’Amalfi, ASL Salerno 1, Salerno;

2

UOC Diabetologia e Dietologia, Polo Ospedaliero Santo Spirito, Roma

Questa rassegna stampa pone l’accento su alcuni punti fondamentali da presidiare nella relazione medico-paziente nella ma- lattia cronica che trovano la realizzazione più alta nel percorso di educazione terapeutica strutturata.

Nel primo articolo, si fa riferimento al progetto DAFNE, diffuso in diversi Paesi europei, finalizzato al trasferimento al paziente delle competenze per la gestione di una terapia insulinica flessibile.

Viene proposto un programma educazionale in 5 giorni per adulti con diabete di tipo 1 focalizzato sull’aggiustamento della terapia insulinica sulla base dei dati ottenuti all’autocontrollo, dal calcolo dei carboidrati e dell’eventuale esercizio fisico programmato.

Dubbi sono stati sollevati più volte sull’impatto psicologico negativo del trasferimento al paziente della responsabilità di pren- dere ogni giorno decisioni sulla dose di insulina da somministrarsi.

In particolare questo articolo sottolinea l’importanza del contratto educativo in cui si condividono gli obiettivi con il paziente.

Naturalmente la capacità dell’educatore deve consistere nel fissare obiettivi raggiungibili e personalizzati per poter incremen- tare l’autoefficacia del paziente, elemento cardine nell’autogestione della malattia cronica.

Obiettivi. Esplorare l’impatto dell’eduzione e la definizione degli obiettivi su storie di vita dei pazienti con diabete a 10 anni dalla partecipazione allo Studio DAFNE.

Metodi. Interviste qualitative e semi-strutturate sono state condotte prima e dopo i corsi DAFNE per raccogliere i resoconti narrativi dai partecipanti di tre centri del Regno Unito. I corsi sono stati supervisionati. I dati sono stati raccolti da 21 parte- cipanti su 32 interviste e 146 ore di osservazione, e sono stati analizzati con ap- proccio narrativo.

Risultati. I risultati suggeriscono che l’educazione del paziente può creare trasfor- mazioni positive nella vita delle persone con diabete che non sono completamente misurabili da semplici punteggi di qualità della vita. Tuttavia, una revisione di altri studi dimostra che i risultati della glicemia raccomandati dallo studio DAFNE sono fuori dalla portata anche dei pazienti più motivati e ben informati. Questa informazione non è stata condivisa con i partecipanti DAFNE, che sono stati spronati a puntare su livelli di HbA

1c

quasi normali. Dopo il corso, i partecipanti talvolta hanno percepito di avere fal- lito nei loro sforzi, anche quando avevano raggiunto un miglioramento dei risultati medi di glicemia.

Conclusioni. Obiettivi specifici e misurabili di riduzione dell’HbA

1c

possono essere auspicabili per ridurre il rischio di complicanze del diabete, ma non sono raggiungibili o realistici anche per i pazienti DAFNE più aderenti. Si suggerisce che la definizione degli obiettivi, senza informazioni su come raggiungerli, potrebbe essere contropro- ducente in termini di supporto e mantenimento dell’auto-efficacia del paziente a lungo termine.

Utilizzo di target clinici nell’educazione del paziente diabetico: analisi qualitativa delle aspettative e dell’impatto di un programma strutturato di self-management nel diabete di tipo 1

Diabet Med 2014;31:733-8

Snow R, Sandall J, Humphrey C

Florence Nightingale School of

Nursing and Midwifery, King’s

College London, London, UK

G It Diabetol Metab 2014;34:220-223

(2)

Preferenze del paziente rispetto ai farmaci per il diabete non insulino-dipendente:

una rassegna sistematica Diabetes Care 2014;37:2055-62 Purnell TS

1

, Joy S

2

, Little E

3

, Bridges JF

2

, Maruthur N

4

1

Division of General Internal Medicine, Department of Medicine, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore, Welch Center for Prevention, Epidemiology, and Clinical Research, Johns Hopkins Medical Institutions, Baltimore;

2

Department of Health Policy and Management, Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health, Baltimore;

3

Division of General Internal Medicine, Department of Medicine, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore;

4

Division of General Internal Medicine, Department of Medicine, Johns Hopkins University School of Medicine, Baltimore tpurnel1@jhmi.edu

Obiettivo. È necessaria una sintesi delle preferenze del paziente per la gestione del- l’iperglicemia. Il nostro obiettivo era quello di rivedere sistematicamente le preferenze del paziente adulto con diabete di tipo 2 rispetto ai farmaci per il diabete non insulino- dipendente.

Disegno dello studio e metodi. Abbiamo cercato nei database PubMed, Embase, CINAHL ed EconLit articoli pubblicati prima del 23 gennaio 2013. Abbiamo incluso studi in lingua inglese di pazienti adulti con diabete di tipo 2 che hanno valutato le pre- ferenze del paziente per il trattamento. Titoli, abstract e articoli sono stati rivisti da al- meno due revisori indipendenti.

Risultati. Dei 2811 titoli individuati nella nostra ricerca originale, 10 articoli hanno ade- rito ai criteri di inclusione per la revisione sistematica. Gli studi sono stati condotti tra il 2007 e il 2012 tra diverse popolazioni di pazienti in Stati Uniti, Svezia, Danimarca, Regno Unito, diversi i metodi utilizzati per valutare le preferenze del paziente tra cui le survey. Le caratteristiche dei farmaci associate con le preferenze del paziente inclusi i benefici del trattamento (per esempio, il controllo glicemico e perdita di peso/con- trollo), l’impegno del trattamento (per esempio, l’amministrazione, la frequenza del- l’assunzione e il costo) e gli effetti collaterali (per esempio, aumento di peso, effetti gastrointestinali e ipoglicemia).

Conclusioni. Vari fattori clinici e legati alla qualità di vita influenzano le preferenze del paziente rispetto ai farmaci per il diabete non insulino-dipendente. L’efficacia del trat- tamento per quanto riguarda il controllo glicemico e perdita di peso/controllo e il rischio di ipoglicemia correlata al trattamento e gli effetti gastrointestinali sono segnalati quali importanti fattori di selezione di trattamento da parte del paziente. Lavori futuri sono necessari per individuare metodi pratici per considerare le preferenze del paziente per un trattamento paziente-centrato.

Nei due articoli successivi si pone l’accento sulle modalità del coinvolgimento del paziente nel percorso di cura. Gli Annali di- mostrano chiaramente la ridotta aderenza dei pazienti diabetici alla terapia e alle indicazioni su un corretto stile di vita.

Nel primo articolo si suggerisce, preliminarmente alla messa in atto di percorsi che potenzino l’empowerment del paziente, la valutazione delle preferenze del paziente con diabete di tipo 2 rispetto alla terapia farmacologica prescritta. Ciò non significa renderlo protagonista della decisione terapeutica, ma farne un attore del percorso di cura, articolando insieme necessità clini- che, rispetto degli atteggiamenti del paziente, consapevolezza della necessità di alcune scelte, tutti elementi fondamentali per la realizzazione dell’alleanza terapeutica.

Nel secondo si pone l’attenzione sull’importanza della dimensione soggettiva esperienziale riguardo alle modifiche della gestione del quotidiano imposte dalla malattia diabetica.

Il coinvolgimento del paziente è inteso come un percorso continuum che si realizza in diverse fasi. Importante per un intervento realmente orientato sul paziente, è sviluppare strumenti di valutazione delle diverse fasi del coinvolgimento della persona con diabete per poter tarare e personalizzare il supporto necessario.

Come coinvolgere i pazienti con diabete di tipo 2 nel management della loro salute:

implicazioni nella pratica clinica

BMC Public Health 2014;14:648 Graffigna G, Barello S, Libreri C, Bosio CA

Facoltà di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma

Premessa. Il coinvolgimento del paziente (patient engagement, PE) è sempre più consi- derato come un fattore chiave per il miglioramento dei comportamenti e dei risultati nella gestione delle malattie croniche, come il diabete di tipo 2. Questo articolo studia (1) i mo- tivi del ridotta aderenza dei pazienti diabetici e degli atteggiamenti personali rispetto alla loro esperienza e (2) gli elementi che possono ostacolare il PE nella gestione della salute.

Metodi. Ventinove pazienti con diabete di tipo 2 non controllato sono stati invitati a te- nere una settimana di diario in relazione alla loro esperienza di gestione della malattia, se- condo l’approccio di intervista qualitativa narrativa. Sono stati intervistati per studiare le ragioni del PE. I racconti sono stati sottoposti ad analisi interpretativa del contenuto.

Risultati. I risultati suggeriscono che i pazienti incontrano il loro diabete e la sua ge- stione attraverso una cornice complessa di dimensioni soggettive esperienziali (co- gnitivo/comportamentali, pensiero/conativa ed emotivo/sensazione) che hanno un impatto sulle sfere della vita quotidiana che sono considerate cruciali nella gestione del diabete (dieta, attività fisica, terapia, rapporto medico-paziente) per ogni paziente.

Questi risultati suggeriscono che il PE si sviluppa lungo un continuum con quattro fasi

Dalla Letteratura - Aggiornamenti in educazione terapeutica e oltre 221

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Importante è avere a disposizione strumenti che permettano di intraprendere percorsi strutturati di Educazione Terapeutica che rap- presentano un momento di eccellenza nella cura del diabete, di dimostrata superiorità rispetto alle “cure abituali”. A tali strumenti si richiede di favorire un aumento delle conoscenze e un miglioramento degli outcome clinici, ma soprattutto di dare al paziente la per- cezione del raggiungimento degli obiettivi, elemento fondamentale per aumentare l’autoefficacia e la motivazione del paziente.

Uno studio nazionale sull’educatore certificato del diabete. Implicazioni per futuri esami di certificazione

Obiettivo. Le finalità di questa analisi nazionale condotta dal Consiglio Nazionale di Certificazione per Educatori del diabete sono: 1) mantenere l’esame per Certified Diabetes Educator

®

(CDE

®

) come strumento valido di valutazione delle conoscenze, 2) garantire la presenza di una parte pratica negli esami di certificazione e 3) definire le aree di contenuti che devono essere considerate in futuri esami di certificazione.

Prioritario è identificare il percorso formativo dell’educatore, figura professionale trasversale che deve essere in grado di trasferire contenuti educativi, con attenzione alla persona con diabete. All’educatore si chiede la capacità di conoscere il proprio inter- locutore e al tempo stesso di osservare se stesso per ottimizzare quelle caratteristiche di apertura, sospensione del giudizio, empatia che devono caratterizzare la sua figura professionale. In questo articolo si propone un percorso educativo che parta dall’esperienza sul campo di chi fa educazione e risponda ai reali bisogni formativi orientati al contesto sociale.

Contesto e scopo. Questo articolo presenta i risultati della sottopopolazione spa- gnola di uno studio di confronto Conversation Map™ (CM) con cure regolari (RC) nel diabete mellito di tipo 2 (DM2).

Pazienti e metodi. Pazienti adulti con diabete di tipo 2 considerati non complianti nella gestione della malattia sono stati assegnati in modo casuale a CM o RC con va- lutazioni seguenti (Visita 2), e al follow-up 6 mesi dopo (Visita 3), la sessione CM finale.

L’endpoint primario è la conoscenza del diabete alla Visita 3.

Risultati. Trecentodieci pazienti sono stati randomizzati a ricevere l’istruzione CM (n

= 148) o RC (n = 162). Punteggi mediani di conoscenza sono stati classificati signifi- cativamente più alti nel gruppo CM rispetto al gruppo RC alla Visita 2 e alla Visita 3 (p

< 0,001). Non ci sono differenze significative nei risultati clinici e negli altri outcome identificati, tranne la soddisfazione con cura (p < 0,001, Visita 2, p = 0,055, Visita 3) e la percezione del raggiungimento degli obiettivi (p < 0,001 e p = 0,046, rispettiva- mente) che erano entrambi più elevati nel gruppo CM.

Conclusioni. In questi pazienti provenienti dalla Spagna, CM era superiore a RC in ter- mini di conoscenza del diabete 6 mesi dopo l’intervento educativo, il che suggerisce che CM dovrebbe essere considerata per l’uso in pazienti che necessitano di forma- zione sul diabete.

Impatto della Conversation Map™, strumento di comprensione del diabete in pazienti spagnoli

con diabete mellito di tipo 2:

uno studio comparativo randomizzato

Endocrinol Nutr 2014 Jul 29.

[Epub ahead of print]

Penalba M

1

, Moreno L

2

, Cobo A

3

, Reviriego J

3

, Rodríguez A

4

, Cleall S

5

, Reaney M

5

1

Servicio de Endocrinología y Nutrición, Hospital Universitari i Politècnic La Fe, Valencia, Spagna;

2

Unidad de Gestión Clínica de Endocrinología y Nutrición, Hospital Universitario Virgen de la Victoria, Málaga, Spagna;

3

Lilly S.A., Alcobendas, Madrid, Spagna;

4

Lilly S.A., Alcobendas, Madrid, Spagna;

5

ERT, Peterborough, Regno Unito

rodriguez_angel@lilly.com

successive (blackout, di eccitazione, di adesione, di progettualità). Diversi bisogni insoddisfatti relativi alle diverse fasi del continuum PE sono state individuate e pos- sono suggerire possibili tipi di supporto.

Conclusioni. I nostri risultati sembrano confermare alcune caratteristiche di PE rilevato da ricerche precedenti, come per esempio una componente comportamentale. Siamo stati anche in grado di far luce sui ruoli sinergici interpretati da altre dimensioni sogget- tive dell’esperienza del paziente (cognitivo/pensiero e le componenti sensazione/emotiva) nel PE che possono orientare verso il processo di cura. L’articolo suggerisce un possi- bile quadro di riferimento per comprendere a fondo il processo PE utile per orientare le azioni in sintonia con il paziente e in grado di sostenerlo. Questi risultati suggeriscono l’im- portanza di sviluppare strumenti di valutazione del coinvolgimento del paziente che stu- dino profondamente l’esperienza individuale del paziente stesso.

Dalla Letteratura - Aggiornamenti in educazione terapeutica e oltre

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(4)

Esistono numerose definizioni dell’educazione terapeutica, che negli Stati Uniti chiamano Diabetes Self Management Educa- tion (DSME) e che in Europa chiamiamo educazione terapeutica del paziente (ETP) o educazione terapeutica strutturata (ETS):

tutte hanno in comune il fatto che si tratti di un processo sistematico di lunga durata che dovrebbe accompagnare tutta la cura (e quindi la vita del paziente) ed è volto a migliorarne la qualità di vita e il controllo metabolico. Le sue caratteristiche, da tutti ri- conosciute, sono che si tratti di un’attività centrata sul paziente e orientata al paziente, basata sulla moderna teoria andrago- gica per l’apprendimento di un adulto (Knowles), inserita in un approccio non più solo biomedico, ma in una visione più ampia di tipo bio-psico-sociale, misurata, modificabile sulla base delle verifiche periodiche e documentata.

La valutazione dei risultati si misura in base al raggiungimento degli obiettivi. Per obiettivi educativi si intende:

– migliorare la conoscenza della malattia, per prevenirne i rischi associati;

– migliorare le abilità necessarie per attuare correttamente la terapia, il monitoraggio della glicemia, la cura dei piedi;

– acquisire i comportamenti durevoli nel tempo atti a integrare la terapia nella vita quotidiana.

La valutazione deve essere misurata rispetto ai parametri iniziali concordati con il paziente. È ormai dimostrato che un’educa- zione terapeutica, così strutturata ed efficace, consenta di raggiungere importanti risultati: negli anni ’70 l’impegno prevalente sulla prevenzione delle complicanze acute; negli anni ’80 la prevenzione delle lesioni e delle amputazioni del piede; e negli anni

’90 il miglioramento della qualità di vita con l’introduzione di nuovi device e l’uso innovativo delle tecnologie. L’educazione te- rapeutica, però, pur nella sua riconosciuta importanza, ha sempre presentato delle problematiche complesse da risolvere:

– ricercare nuovi indicatori che dimostrino il raggiungimento degli obiettivi educazionali nell’ottica di un cambiamento com- portamentale e della sua durata nel tempo:

– stabilire chi educa e come vengono formati gli educatori:

• la proposta di utilizzare esperti formatori “laici” potrebbe essere fragile, perché questi operatori andrebbero a loro volta formati dal punto di vista biomedico;

• sono stati ancora proposti come formatori persone con diabete e i loro caregiver, ma questi avrebbero bisogno di due formazioni: una biomedica e una sulle abilità didattico-formative;

• il formatore-operatore sanitario, medico o infermiere, andrebbe supportato da corsi che implementino le capacità comunicativo-andragogiche che non fanno parte del bagaglio formativo biomedico. Per preparare gli educatori sono stati sviluppati dagli organismi internazionali diversi tipi di curricula formativi. L’American Association of Diabetes Educators ha proposto, infatti, un core curriculum, anche il DESG (Diabetes Education Study Group) ha creato un suo curriculum, così come l’IDF (International Diabetes Federation). A Ginevra c’è poi un corso della durata di tre anni, riconosciuto in Europa. Le iniziative italiane non sono organizzate in curricula sistematici;

– decidere se i medici debbano essere coinvolti direttamente in tutto il processo educativo.

Una risposta potrebbe essere quella di coinvolgere tutto il team che ruota intorno al paziente, a patto che utilizzi un linguaggio omogeneo e condiviso, che abbia funzioni differenziate e tempi dedicati. Esistono nelle varie regioni del mondo grandi differenze nella individuazione degli operatori che attuano l’educazione delle persone con diabete.

Sostanziamente esistono due approcci principali:

1) una “infermierocentrica”: la American way, secondo cui l’infermiera è essenziale e l’accento è posto su organizzazione, certificazione e miglioramento continuo della qualità;

2) l’altra “medicocentrica”: la European way secondo cui il medico è essenziale e l’accento è posto sulle competenze degli operatori sanitari e sulla necessità di cambiare atteggiamenti e ruoli professionali.

Tutti questi punti focali rappresentano ancora oggi un problema aperto: gli obiettivi da raggiungere sono complessi e spesso instabili da mantenere nel lungo periodo; il coinvolgimento reale del paziente richiede competenze e abilità sempre in evoluzione, e che la ricerca di strumenti educativi, raffinati e innovativi, non risolve di per sé.

Ciò nonostante continueremo a credere, a operare e a ricercare nuovi modelli perché l’educazione terapeutica sia, come da tutti accettato, uno dei pilastri fondanti nella terapia del diabete, nel rispetto della visione di un precursore, che riteneva che la terapia educazionale non fosse una parte della terapia ma la terapia stessa (Joslin, 1921).

Metodi. Si è organizzato un sondaggio rispetto a un elenco di attività di lavoro del- l’educatore del diabete. Sono state fatte 5053 interviste, sono state analizzate le ri- sposte di un campione multidisciplinare e geograficamente rappresentativo degli educatori del diabete certificati.

Risultati. Le interviste risultate adatte per l’analisi sono state 961, con i relativi sotto- gruppi demografici adeguatamente rappresentati. Sulla base dei dati dell’indagine, si è costruita una matrice con contenuti dettagliati che verrà utilizzata dal Consiglio Na- zionale di Certificazione per Educatori del diabete per organizzare esami futuri.

Conclusioni. I futuri esami conterranno 175 argomenti rispetto a specifici livelli co- gnitivi, all’interno di 3 aree principali di dettagliati contenuti.

Diabetes Educ 2014;40:470-5 Zrebiec J

Joslin Diabetes Center, Boston, USA

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