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Insiemi numerici e funzioni.

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Academic year: 2021

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(1)

M × S

Matematica per Scienze

2012 - Maurizio Cailotto - maurizio@math.unipd.itc

(2)

disegni) come supporto didattico per un corso di Matematica dei corsi di laurea triennali scientifici dell’Universit`a di Padova.

Il testo `e organizzato per presentare la teoria in modo preciso e diretto, rimandando con dei link ad approfondimenti, esempi ed esercizi, ed eventualmente da questi alle soluzioni. `E pensato quindi per essere consultato su portatili, tablet o smartphone dotati di un lettore pdf che supporti i link interni, e non per essere stampato.

Si consiglia quindi, e si richiede, di non stampare il file pdf: sia per evitare l’uso indiscrimi- nato di carta, sia perch´e in tal caso si perde la possibilit`a di usare i link del testo. L’estensore delle note `e anche convinto che la matematica si impari meglio provando a svolgere da s`e gli argomenti suggeriti, piuttosto che leggendo tutto da un libro stampato.

Il file `e stato scritto inizialmente nel settembre 2012 e diffuso tramite la pagina web dell’autore http://www.math.unipd.it/~maurizio/; chi trovasse errori o inesattezze pu`o segnalarle all’autore usando l’indirizzo maurizio@math.unipd.it.

2012-∞c Tutti i diritti di questo testo (incluse le eventuali edizioni precedenti) sono riservati all’autore Maurizio Cailotto. Non ne `e consentito alcun uso a scopi commerciali.

Sono consentite la riproduzione e la circolazione su supporto elettronico portatile ad esclusivo uso scientifico, didattico o documentario, purch´e il documento non venga alterato in alcun modo, ed in particolare mantenga le corrette indicazioni di data e fonte originale e la presente nota di copyright.

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Indice

1 Insiemi numerici e funzioni. 1

1.1 Insiemi e Numeri.. . . 1

1.1.1 Insiemi e relazioni. . . 1

1.1.2 Numeri naturali. . . 3

1.1.3 Numeri interi.. . . 5

1.1.4 Numeri razionali. . . 5

1.1.5 Numeri reali. . . 6

1.1.6 Numeri complessi. . . 7

1.2 Funzioni. . . 11

1.2.1 Funzioni e loro propriet`a. . . 11

1.2.2 Limiti. . . 12

1.2.3 Successioni. . . 13

1.2.4 Serie. . . 16

2 Calcolo in una variabile. 20 2.1 Funzioni reali elementari. . . 20

2.1.1 Propriet`a. . . 20

2.1.2 Potenze e radici. . . 21

2.1.3 Esponenziali e logaritmi.. . . 21

2.1.4 Funzioni trigonometriche e inverse. . . 22

2.1.5 Funzioni iperboliche e inverse.. . . 23

2.2 Limiti e continuit`a. . . 25

2.2.1 Limiti. . . 25

2.2.2 Continuit`a. . . 28

2.3 Derivate.. . . 30

2.3.1 Derivate. . . 30

2.3.2 Massimi e minimi locali. . . 32

2.3.3 Propriet`a fondamentali. . . 32

2.3.4 Regole di De L’Hˆopital. . . 33

2.3.5 Derivate seconde e convessit`a.. . . 34

2.3.6 Studio di funzioni. . . 35

2.3.7 Approssimazioni e sviluppi di Taylor.. . . 35

2.4 Integrali.. . . 39

2.4.1 Somme e integrali alla Riemann. . . 39

2.4.2 Primitive. . . 40

2.4.3 Primitive di funzioni elementari. . . 42

2.4.4 Applicazioni. . . 44

2.4.5 Integrali generalizzati. . . 48

2.4.6 Approssimazioni e sviluppi di Fourier. . . 50

2.5 Equazioni differenziali. . . 53

2.5.1 Problema generale. . . 53

2.5.2 Prim’ordine. . . 53

2.5.3 Second’ordine. . . 56

i

(4)

3 Geometria lineare. 59

3.1 Spazi numerici, funzioni e sistemi lineari.. . . 59

3.1.1 Punti e vettori. . . 59

3.1.2 Funzioni lineari e Matrici. . . 63

3.1.3 Soluzione di sistemi lineari. . . 67

3.2 Piano. . . 69

3.2.1 Rette. . . 69

3.2.2 Distanze. . . 70

3.2.3 Aree.. . . 70

3.2.4 Coniche. . . 70

3.3 Spazio. . . 72

3.3.1 Prodotto vettore e prodotto misto . . . 72

3.3.2 Rette e piani. . . 73

3.3.3 Distanze. . . 74

3.3.4 Angoli. . . 75

3.3.5 Aree e Volumi. . . 75

3.3.6 Quadriche. . . 76

A Addendum 314

S Soluzioni 3141

(5)

Capitolo 1

Insiemi numerici e funzioni.

Questo capitolo `e dedicato ad un veloce ripasso dei sistemi numerici pi`u usati e delle loro propriet`a, nonch´e alle nozioni di relazione e funzione. Introduciamo inoltre un concetto generale di limite che useremo subito nel caso di successioni (il caso pi`u semplice di funzioni numeriche), e poi nel caso di funzioni di una o pi`u variabili reali.

1.1 Insiemi e Numeri.

Non faremo una teoria formale degli insiemi, ma faremo uso del concetto ingenuo: per evitare paradossi diciamo di aver fissato una volta per tutte un ambiente che contenga gli oggetti di interesse.

1.1.1 Insiemi e relazioni.

Definizione 1.1.1.1 (Insiemi, elementi). Un insieme `e una qualsiasi collezione di oggetti, che si dicono gli elementi dell’insieme. Un insieme pu`o essere quindi definito enumerando i suoi elementi (se `e finito), oppure dichiarando una propriet`a caratteristica dei suoi elementi (ovvero quali propriet`a devono avere gli oggetti per esserne elementi).

Indicheremo con lettere maiuscole A, B, C, . . . gli insiemi, con lettere minuscole a, b, c, x, y gli oggetti, e scriveremo a ∈ A (“a appartiene ad A”) per dire che a `e un elemeto di A, x /∈ A (“x non appartiene ad A”) per l’opposto.

1.1.1.2 (Vuoto). Uno dei pi`u importanti insiemi `e l’insieme vuoto: si indica con ∅ ed `e definito dalla propriet`a di non avere alcun elemento. Dunque ∅ ⊆ A per ogni insieme A) 1.1.1.3 (Inclusione). Se A e B sono insiemi dati, scriveremo A ⊆ B (“A sottinsieme di B”) per dire che ogni elemento di A `e elemento anche di B (x ∈ A ⇒ x ∈ B). Diremo che due sottinsiemi sono uguali A = B se A ⊆ B e B ⊆ A (hanno gli stessi elementi).

Tra gli insiemi definiamo alcune operazioni:

1.1.1.4 (Unione). Se A e B sono insiemi dati, definiamo la loro unione come A ∪ B = {x : x ∈ A oppure x ∈ B} (`e il pi`u piccolo insieme contenente sia A che B). Naturalmente A ∪ ∅ = A, A ∪ A = A, e in generale A ∪ B = A se e solo se B ⊆ A.

1.1.1.5 (Intersezione). Se A e B sono insiemi dati, definiamo la loro intersezione come A ∩ B = {x : x ∈ A e x ∈ B} (`e il pi`u grande insieme contenuto sia in A che in B).

Naturalmente A ∩ ∅ = ∅, A ∩ A = A, e in generale A ∩ B = A se e solo se B ⊇ A. Due insiemi si dicono disgiunti se la loro intersezione `e vuota.

1.1.1.6 (Distributivit`a). Valgono alcune facili relazioni tra le due operazioni introdotte:

A ∪ (B ∩ C) = (A ∪ B) ∩ (A ∪ C) A ∩ (B ∪ C) = (A ∩ B) ∪ (A ∩ C)

(si consiglia di provare a verificarlo da soli; per una possibile soluzione, vediA.1.1) 1

(6)

1.1.1.7 (Complementare). Se A `e un insieme dato, definiamo il complementare come {A = {x : x /∈ A} (`e il pi`u grande insieme con intersezione vuota con A). Naturalmente si ha {{A = A e A ⊆ B se e solo se {A ⊇ {B.

1.1.1.8 (De Morgan). Le tre operazioni sono legate dalle leggi di De Morgan, il comple- mentare scambia unione con intersezione, e viceversa:

{(A ∩ B) = {A ∪ {B {(A ∪ B) = {A ∩ {B

(si consiglia ancora di provare a verificarlo da soli; per una possibile soluzione, vediA.1.2) 1.1.1.9 (Differenza). Se A e B sono insiemi dati, definiamo la differenza A r B come A ∩ {B = {x : x ∈ A e x /∈ B} (gli elementi di A che non stanno in B).

1.1.1.10 (Prodotto cartesiano). Se A e B sono insiemi dati, definiamo il loro prodotto cartesiano come A × B = {(x, y) : x ∈ A e y ∈ B} (dove (x, y) indica la coppia ordinata dei due elementi).

Per esercizio, si trovino le relazioni dell’operazione di prodotto cartesiano con le precedenti introdotte; per qualche suggerimento di veda A.1.3

1.1.1.11 (Abbreviazioni). Useremo spesso le operazioni precedenti tra pi`u di due insiemi, e addirittura tra infiniti insiemi in un colpo; useremo allora delle abbreviazioni simili a quelle che si usano in aritmetica, per esempio:

n

[

i=1

Ai= A1∪ A2∪ · · · ∪ An= {x : ∃i con x ∈ Ai}

n

\

i=1

Ai= A1∩ A2∩ · · · ∩ An= {x : ∀i si ha x ∈ Ai}

n

Y

i=1

Ai= A1× A2× · · · × An= {(x1, x2, . . . , xn) : ∀i si ha xi∈ Ai} e daremo per scontate le propriet`a di queste operazioni.

Definizione 1.1.1.12 (Relazioni). Una relazione tra due insiemi `e un sottinsieme del loro prodotto cartesiano. In termini immaginifici, la relazione contiene le coppie di elementi che si considerano in relazione tra di loro.

Per esempio, la relazione di incidenza tra punti e rette del piano `e il sottinsieme del prodotto cartesiano dell’insieme dei punti e dell’insieme delle rette formato dalle coppie tali che il punto appartiene alla retta.

1.1.1.13 (propriet`a delle relazioni interne). Le relazioni pi`u interessanti sono quelle tra un insieme A e s`e stesso, quindi sottinsiemi di A2= A × A (quindi si visualizzano come sottinsiemi del quadrato), e diremo che una relazione `e:

(R) riflessiva se contiene tutte le coppie (x, x) (contiene tutta la diagonale principale), ovvero ogni elemento `e in realzione con s`e stesso;

(S) simmetrica se contiene anche (y, x) quando contiene (x, y) (`e simmetrica rispetto alla diagonale principale);

(A) antisimmetrica se quando contiene sia (y, x) sia (x, y) implica x = y (`e antisimmetrica rispetto alla diagonale principale);

(T ) transitiva se contiene anche (x, z) quando contiene (x, y) e (y, z).

1.1.1.14 (Equivalenze). Una relazione su un insieme A si dice una equivalenza se essa

`

e riflessiva, simmetrica e transitiva. Una equivalenza `e determinata da una partizione di A, cio`e da una divisione di A in tanti sottinsiemi disgiunti, ciascuno dei quali rappresenta un sottinsieme di elementi tra loro in relazione. Questi sottinsiemi di dicono le classi di equivalenza per la relazione data, e l’insieme formato dalle classi di equivalenza di chiama l’insieme quoziente rispetto alla relazione, e si indica con A/∼ se ∼ indica la relazione di equivalenza. Per qualche esempio, vedereA.1.4

(7)

1.1.1.15 (Ordini). Una relazione su un insieme A si dice un ordine se essa `e riflessiva, antisimmetrica e transitiva. Si dice totale se ogni coppia di elementi `e in relazione, parziale altrimenti.

Di solito gli ordini si indicano con 6 o simboli simili. In generale in presenza di un insieme ordinato A e di un suo sottinsieme B usiamo le seguenti nozioni:

• minimo (min) per un sottinsieme: se esiste `e un elemento di m ∈ B tale che m 6 B (abbreviazione di m 6 b per ogni b ∈ B);

• massimo (max) per un sottinsieme: se esiste `e un elemento di M ∈ B tale che M > B (abbreviazione di M > b per ogni b ∈ B);

• limitato inferiomente per un sottinsieme: se esiste a ∈ A tale che B > a;

• limitato superiomente per un sottinsieme: se esiste a ∈ A tale che B 6 a;

• minoranti per un sottinsieme: tutti gli elementi a ∈ A tali che a 6 B;

• maggioranti per un sottinsieme: tutti gli elementi a ∈ A tali che a > B;

• estremo inferiore (inf): il massimo dei minoranti;

• estremo superiore (sup): il minimo dei maggioranti.

Per qualche esempio, vedere A.1.5

1.1.2 Numeri naturali.

1.1.2.1 (Numeri naturali). L’insieme dei numeri naturali si indica con N = {0, 1, 2, 3, . . . }

ed `e supposto noto: si usano per contare gli elementi degli insiemi finiti. Tra i suoi elementi sappiamo fare la somma +, il prodotto ·, e conosciamo un ordine naturale totale 6.

1.1.2.2 (Propriet`a). Ricordiamo solo che: la somma + ha elemento neutro 0 (cio`e n+0 = n per ogni n ∈ N), `e commutativa (cio`e n + m = m + n per ogni n, m ∈ N), `e associativa (cio`e (n + m) + l = n + (m + l) per ogni n, m, l ∈ N);

il prodotto · ha elemento neutro 1 (cio`e n · 1 = n per ogni n ∈ N), `e commutativo (cio`e n · m = m · n per ogni n, m ∈ N), `e associativo (cio`e (n · m) · l = n · (m · l) per ogni n, m, l ∈ N), e che distribuisce rispetto alla somma (cio`e n · (m + l) = n · m + n · l per ogni n, m, l ∈ N).

Si noti infine che l’ordine rispetta le operazioni, e ha l’importante propriet`a che ogni insieme non vuoto ammette minimo (principio del minimo).

1.1.2.3 (Primi, decomposizioni). Si dice che m divide n se esiste l ∈ N tale che n = lm.

Ogni numero `e diviso da 1 e da s`e stesso; i numeri che non hanno altri divisori si dicono primi. Ogni numero naturale `e prodotto di numeri primi, in modo unico a parte l’ordine dei fattori. Il lettore dovrebbe anche conoscere la divisione con resto tra numeri naturali, e le nozioni di Massimo Comun Divisore (MCD) e minimo comune multiplo (mcm). Vedere eventualmenteA.1.8

1.1.2.4 (Principio di induzione). Il principio di induzione dice che per ogni sottinsieme A di N avente le seguenti due propriet`a:

(1) contiene lo zero: 0 ∈ A;

(2) per ogni x, se contiene x contiene anche x + 1: ∀x ∈ N, x ∈ A ⇒ x + 1 ∈ A, allora A = N (A `e tutto N).

Per visualizzare l’asserzione, basta pensare a degli oggetti in una fila: se cade il primo e ognuno fa cadere il successivo allora cadono tutti...

1.1.2.5 (Definizioni per induzione). Il principio di induzione pu`o essere usato per definire infiniti oggetti Ai indiciati da i ∈ N usando due soli passi:

(1) definire A0;

(2) per ogni i, definire Ai+1 usando eventualmente Ai, o anche tutti i precedenti.

Per esempio definiamo per induzione i fattoriali dei numeri interi: per n = 0 poniamo 0! = 1, e nel passo induttivo poniamo (n + 1)! = (n + 1) · n!. Si vede subito che n! risulta

(8)

il prodotto dei primi n numeri interi. Analogamente si definisce il semifattoriale n!! tramite 0!! = 1, 1!! = 1 e (n + 1)!! = (n + 1) · (n − 1)!!.

Per esempio definiamo le potenze naturali di un numero x per induzione: x0= 1, e poi xi= x · xi−1(si capisce subito che `e la solita potenza).

Altro esempio, definiamo i numeri di Fibonacci Ni ∈ N (descrivono la crescita di una popolazione di conigli immortali tali che ognuno con almeno un anno fa un figlio all’anno) tramite: F0= 1, F1= 1, Fi= Fi−1+ Fi−2 per ogni i > 2.

I numeri sono allora 1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, . . . ma darne una formula esplicita `e piuttosto difficile!

Altro esempio, definiamo i coefficienti binomiali per induzione (doppia): n0 = 1 = nn e poi ni = n−1i  + n−1i−1. Si vede subito che otteniamo il noto triangolo di Tartaglia:

1

1 1

1 2 1

1 3 3 1

1 4 6 4 1

1 5 10 10 5 1

1 6 15 20 15 6 1

1 7 21 35 35 21 7 1

1 8 28 56 70 56 28 8 1

Per altri esempi, vediA.1.6

1.1.2.6 (Dimostrazioni per induzione). Il principio di induzione pu`o essere usato per dimostrare infinite affermazioni Ai indiciate da i ∈ N usando due soli passi:

(1) dimostrare A0 (caso iniziale);

(2) per ogni i, dimostrare che Ai implica Ai+1, cio`e mostrare che Ai+1 `e vera se suppo- niamo che Ai sia vera (si dice ipotesi induttiva)!

Per esempio, dimostriamo per induzione la formula del binomio:

(x + y)n =

n

X

i=0

n i

 xiyn−i nei due passi:

(1) per n = 0: (x + y)0= 1; oppure per n = 1: (x + y)1= x + y;

(2) per n + 1:

(x + y)n+1= (x + y)(x + y)n

= (x + y)

n

X

i=0

n i



xiyn−i (ipotesi induttiva)

= x

n

X

i=0

n i



xiyn−i+ y

n

X

i=0

n i

 xiyn−i

=

n

X

i=0

n i



xi+1yn−i+

n

X

i=0

n i



xiyn−i+1

=

n+1

X

j=1

 n j − 1



xjyn+1−j+

n

X

j=0

n j



xjyn+1−j

=

n+1

X

j=0

(

 n j − 1

 +n

j



)xjyn+1−j

=

n+1

X

j=0

n + 1 j



xjyn+1−j che `e la formula voluta.

Per altri esempi, vediA.1.7

(9)

1.1.3 Numeri interi.

1.1.3.1 (Numeri interi). L’insieme dei numeri interi si indica con Z = {0, ±1, ±2, ±3, . . . } = {. . . , −3, −2, −1, 0, 1, 2, 3, . . . }

ed si costruisce a partire da N aggiungendo per ogni elemento x ∈ N non nullo un elemento

−x /∈ N che sommato con x faccia 0 (opposto di x). Tra i suoi elementi sappiamo fare la somma +, la differenza −, il prodotto ·, e conosciamo un ordine naturale 6.

Pi`u precisamente, nell’insieme N2 definiamo la relazione (a, b) ∼ (a0, b0) se a + b0= a0+ b (di solito scriviamo a − b = a0− b0). Si vede che `e una relazione di equivalenza, e Z ne

`

e l’insieme delle classi di equivalenza (ogni coppia `e equivalente a una del tipo (n, 0) = n, oppure (0, n) = −n).

1.1.3.2 (Propriet`a). Oltre alle propriet`a gi`a vere nel caso degli interi, ora vale anche che ogni numero n ha un opposto −n, cio`e un numero che sommato con lui d`a zero: n+(−n) = 0, che permette appunto di definire la differenza tra due numeri: n − m = n + (−m). Ne segue che −(−n) = n per ogni n ∈ Z.

Si noti invece che l’ordine ha perso la propriet`a del minimo.

1.1.3.3 (Regole dei segni). L’operazione di prodotto `e definita in modo che n · (−1) = −n, da cui seguono le usuali regole dei segni: n · (−m) = −(n · m), (−n) · m = −(n · m), (−n) · (−m) = n · m.

1.1.3.4 (Ordine e modulo). Per l’ordine di Z si ha che n 6 m se e solo se −n > −m (notare l’inversione), e l’insieme N `e formato da n ∈ Z con n > 0.

Il modulo di un numero intero n si indica con |n| ed `e definito come n se n > 0, come

−n altrimenti. Quindi |n| ∈ N.

1.1.4 Numeri razionali.

1.1.4.1 (Numeri razionali). L’insieme dei numeri razionali si indica con Q = {p/q : p, q ∈ Z e q 6= 0}

ed si costruisce a partire da Z in modo tale che ogni elemento non nullo x abbia un inverso (y tale che xy = 1; di solito si scrive y = 1/x). Si ricordi che due scritture ab e pq sono da considerare uguali quando aq = bp. Tra i suoi elementi sappiamo fare la somma + (usando il denominatore comune: pq+mn = pn+qmqn ), la differenza −, il prodotto · (facile: pq·mn = pmqn), il quoziente /, e conosciamo un ordine naturale 6 (per confrontare due numeri, si confrontano i numeratori a parit`a dei denominatori).

Pi`u precisamente, nell’insieme Z × Z6=0definiamo la relazione (a, b) ∼ (a0, b0) se ab0= a0b (di solito scriviamo a/b = a0/b0). Si vede che `e una relazione di equivalenza, e Q ne `e l’insieme delle classi di equivalenza.

1.1.4.2 (Propriet`a). Oltre alle propriet`a di Z, qui abbiamo anche l’esistenza di inversi moltiplicativi per ogni pq 6= 0: l’inverso `e qp (esiste perch´e p 6= 0).

1.1.4.3 (Scritture dei numeri razionali). I numeri razionali possono essere rappresentati usando la “divisione con virgola” come scritture del tipo “numero-intero, parte-decimale”

dove la parte decimale pu`o essere di due tipi:

(1) limitata, come nel caso 112 = 5, 5

(2) illimitata ma periodica, dopo eventualmente un antiperiodo, come nei casi: 103 = 3, 3333 · · · = 3, 3 ovvero 1190 = 0, 1222 · · · = 0, 12.

Viceversa, ciascuna di queste espressioni, tranne quelle che terminano con 9 periodico rap- presentano un unico numero razionale (come? se non ci si ricorda, si veda A.1.9).

Naturalmente, il numero dieci non ha alcuna specialit`a, se non che noi abbiamo dieci dita (probabilmente i cartoni animati contano in base 8, e le scimmie quadrumani in base 20), e le espansioni con virgola si possono fare in ogni base: vedi A.1.10

(10)

1.1.4.4 (Non completezze). L’insieme Q con le due operazioni, l’ordine e le loro propriet`a si dice un campo (ordinato). Esso `e tuttavia incompleto in vari sensi: per esempio non tutti i polinomi a coefficienti in Q hanno radici in Q (si dice che non `e algebricamente chiuso), altro esempio se scriviamo Q = A ∪ B con A 6 B (ogni elemento di A minore di ogni elemento di B), non `e detto che esista un elemento separatore tra A e B (si dice che non `e completo per l’ordine).

1.1.4.5 (Radici). Mostriamo per esempio che Q non ha la radice quadrata di 2, ovvero non possiede alcun x tale che x2= 2. Infatti, se cos`ı fosse sarebbe x = p/q con p, q coprimi. Ma allora da p2= 2q2vediamo che 2 divide p, quindi 4 divide p2, dunque 4 divide 2q2, ma allora 2 divide q, assurdo perch´e p e q erano coprimi! Questo era il grande segreto dei Pitagorici:

la diagonale del quadrato non `e commensurabile con il lato.

1.1.5 Numeri reali.

1.1.5.1 (Numeri reali). L’insieme dei numeri reali si indica con R = {espansioni decimali arbitrarie}

Tra i suoi elementi sappiamo fare la somma +, la differenza −, il prodotto ·, il quoziente /, e conosciamo un ordine naturale 6.

Possiamo definire il valore assoluto, o modulo, come

|x| =

(x se x > 0

−x se x 6 0

e verificare facilmente che |x| = 0 se e solo se x = 0, |xy| = |x||y| (moltiplicativit`a), |x + y| 6

|x| + |y| (subadditivit`a).

1.1.5.2 (Approssimazione con numeri razionali). Nessuna delle operazioni in realt`a

`e facile da definire in R, e lo si fa (sia definizione che calcolo) mediante “approssimazione con numeri razionali”: per ogni numero reale r ∈ R e per ogni naturale n ∈ N possiamo trovare numeri razionali che “distano da r meno di 10−n”: basta troncare opportunamente lo sviluppo decimale di r.

1.1.5.3 (Completezza per l’ordine (Dedekind)). Vi sono vari modi per esprimere il fatto che R contrariamente a Q `e completo per l’ordine, e questa propriet`a permette di definire in R molte operazioni (radici, potenze, esponenziali, logaritmi, ecc.) non definite nell’insieme Q.

Il modo pi`u semplice `e di dire che ogni decomposizione di R in due insiemi uno maggiore dell’altro (nel senso dell’ordine: gli elementi dell’uno sono tutti maggiori o uguali degli elementi dell’altro) ammette un elemento separatore.

Un modo equivalente `e di dire che ogni insieme superiormente limitato ammette estremo superiore (che, se esiste, per definizione `e il minimo dei maggioranti).

1.1.5.4 (Definizione di potenze, radici, ecc.). La propriet`a precedente permette di definire in R molte costruzioni impossibili in Q.

Per esempio, per definire le radici n-esime di un numero x ∈ R con x > 0 possiamo procedere cos`ı: consideriamo A l’insieme dei razionali negativi e di quelli positivi a tali che an < x, B l’insieme dei razionali positivi b tali che bn 6 x; si vede subito che A 6 B e l’unione d`a Q: quindi esiste un unico numero reale (positivo) che separa i due insiemi, e lo chiamiamo √n

x.

Altro esempio, per definire le potenze ad esponente reale di numeri positivi, si approssima l’esponente con due classi di numeri razionali.

1.1.5.5 (Non chiusura algebrica). Resta il problema in R che non tutti i polinomi reali hanno radici: essendo un campo ordinato, tutti i quadrati sono positivi, e quindi i numeri negativi non possono avere radici quadrate in R.

(11)

1.1.5.6 (Numeri algebrici e trascendenti). Ne approfittiamo per ricordare che i numeri reali possono dividersi in due tipi a seconda che siano zeri di qualche polinomio a coefficienti razionali (o interi) e allora si dicono algebrici, oppure no e allora si dicono trascendenti.

Dimostrare che un numero `e trascendente (per esempio e, π) `e estremamente difficile, ma in qualche senso ci sono molti pi`u numeri trascendenti che algebrici!

1.1.5.7 (Equazioni e disequazioni). Daremo per scontato che il lettore abbia acquisito le competenze per risolvere facili tipi di equazioni e disequazioni in R, per esempio A.2.2e A.2.3.

1.1.6 Numeri complessi.

1.1.6.1 (Problema della radice di −1). Come appena detto, −1 non pu`o avere radici quadrate in R. Tuttavia `e possibile aggiungere ad R un elemento immaginario i tale che i2=

−1, definire nell’insieme esteso le operazioni di somma e prodotto ottenendo un sovrainsieme che `e ancora un campo, completo e algebricamente chiuso, ma naturalmente non ordinato (se chiediamo che l’ordine rispetti le operazioni).

1.1.6.2 (Numeri complessi (forma algebrica)). L’insieme dei numeri complessi si indica con

C = {z = a + ib : a, b ∈ R}

Tra i suoi elementi definiamo:

• la somma + (tramite (a + ib) + (a0+ ib0) = (a + a0) + i(b + b0), si tratta della classica regola del parallelogramma),

• il prodotto · (tramite (a + ib) · (a0+ ib0) = (aa0− bb0) + i(ab0+ a0b), che siamo obbligati ad usare perch´e valga la distributivit`a: ne vedremo pi`u avanti l’interpretazione geometrica).

Diciamo che a `e la parte reale di z (scritto a = <z) e che b `e la parte immaginaria di z (scritto b = =z). Chiamiamo reali i numeri complessi con parte immaginaria nulla (`e un sottinsieme di C che possiamo identificare con R, con tutte le sue operazioni).

1.1.6.3 (Propriet`a). Si verifica facilmente che C ha tutte le propriet`a di R riguardo alle operazioni d somma e prodotto, non naturalmente per l’ordine. Per esempio, 0+i0 `e elemento neutro della somma, 1 + i0 `e elemento neutro del prodotto, entrambe le operazioni sono commutative e associative, ecc.

1.1.6.4 (Coniugato). Il coniugato del numero complesso z = a + ib per definizione `e il numero z = a − ib. Naturalmente z = z, z + w = z + w, zw = z w, e vale che z = z se e solo se z ∈ R.

1.1.6.5 (Norma). La norma di un numero complesso z = a + ib `e per definizione |z| =

√zz =√

a2+ b2, numero reale non negativo. Si osservi che |z| = 0 se e solo se z = 0, che

|zz0| = |z| |z0| (moltiplicativit`a, facile) e |z + z0| 6 |z| + |z0| (subadditivit`a, si pu`o controllare a mano, ma la vedremo pi`u in generale in geometria).

1.1.6.6 (Inversi). L’inverso moltiplicativo di z = a + ib `e il numero complesso dato da z/|z|2= (a − ib)/(a2+ b2), come si controlla subito

1.1.6.7 (Piano di Gauss). Spesso conviene rappresentare i numeri complessi come coppie di numeri reali e usare il piano cartesiano (detto piano di Gauss, quando si intende che rappresenti i numeri complessi con le loro operazioni). Allora la somma dei numeri complessi corrisponde alla somma di vettori del piano, mentre il prodotto ha una interpretazione pi`u complicata per la quale introduciamo la forma trigonometrica dei numeri complessi.

1.1.6.8 (Argomento). Se un numero complesso w ha modulo 1, allora appartiene al cerchio unitario del piano di Gauss, e si scrive unicamente w = cos(θ) + i sin(θ) dove θ ∈ [0, 2π[ si dice argomento di w, ed `e l’angolo che w forma con l’asse reale.

Per ogni numero complesso z non nullo definiamo allora il suo argomento come quello di z/|z| (che `e numero complesso di modulo 1).

(12)

1.1.6.9 (Numeri complessi (forma trigonometrica)). Dunque ogni z ∈ C non nullo

`

e determinato da norma e argomento nel modo seguente: z = ρ(cos(θ) + i sin(θ)) con ρ =

|z| ∈ R>0 e θ ∈ [0, 2π[. Questa si dice la forma trigonometrica di z (corrisponde ad usare coordinate polari nel piano cartesiano).

La forma trigonometrica permette di capire geometricamente l’operazione di moltiplica- zione:

zz0 = ρ(cos(θ) + i sin(θ))ρ0(cos(θ0) + i sin(θ0))

= ρρ0 (cos(θ) cos(θ0) − sin(θ) sin(θ0)) + i(sin(θ) cos(θ0) + cos(θ) sin(θ0))

= ρρ0 cos(θ + θ0) + i sin(θ + θ0)

da cui si vede che il prodotto `e il numero complesso di norma il prodotto di quelli dati, e di argomento la somma di quelli dati.

In particolare, moltiplicare un numero z per un numero unitario w significa ruotare z dell’argomento di w.

z = x+iy = %(cos ϑ+i sin ϑ) = %e y = % sin ϑ

x = % cos ϑ

% =p x2+ y2 ϑ = arctan(y/x)

rappresentazioni cartesiana trigonometrica ed esponenziale dei numeri complessi

x + iy = z

z0 = x0+ iy0

z + z0 = (x+x0) + i(y+y0)

somma

di numeri complessi

z = %e z0= %0e0 zz0= %%0ei(ϑ+ϑ0)

prodotto

di numeri complessi

1.1.6.10 (Radici (formule di De Moivre)). La scrittura trigonometrica permette un facile calcolo delle radici n-esime di un numero complesso.

Si osservi prima di tutto che elevare alla potenza n `e molto facile: se z = ρ(cos(θ)+i sin(θ)) allora zn= ρn(cos(nθ) + i sin(nθ)). Anche nei disegni:

z z2 z3 z4

z5 z6

potenze di numeri complessi

di modulo < 1

z z2 z3 z4

z5 z6

potenze di numeri complessi

di modulo = 1

z z2 z3 z4

z5

z6

potenze di numeri complessi

di modulo > 1

Se ora vogliamo trovare tutti i v = σ(cos(η) + i sin(η)) tali che vn = z basta impostare σn(cos(nη) + i sin(nη)) = ρ(cos(θ) + i sin(θ)), da cui si trova:

• modulo σn= ρ, quindi σ = √n

ρ (numeri reali positivi);

• argomento nη = θ + 2kπ, da cui η = θn+ 2nkπ per k = 0, 1, . . . , n − 1.

Quindi ogni numero non nullo ha esattamente n radici n-esime (sono gli zeri del polinomio xn= z, che ha grado n), e si trovano da una data ruotando di 2π/n per n − 1 volte.

(13)

Per esempio si osservi che le radici complesse dell’unit`a si dispongono nel piano di Gauss come i vertici del poligono regolare con n lati (un vertice in 1).

z=e2πi/3

z2

z3=1

n = 3

z=e2πi/4=i

z2= − 1

z3= − i z4=1

n = 4

z=e2πi/5 z2

z3

z4 z5=1

n = 5

z=e2πi/6 z2

z3

z4 z5

z6=1

n = 6 Si capiscano anche i disegni delle radici di −1 e di i:

n = 2 n = 3 n = 4 n = 5 n = 6

n = 2 n = 3 n = 4 n = 5 n = 6

L’immagine di copertina disegna le radici n-esime per n 6 90 dei numeri 49i e i/49.

1.1.6.11 (Teorema fondamentale dell’algebra). `E vero, ma assai difficile da dimostra- re, che il campo dei numeri complessi `e algebricamente chiuso, cio`e che ogni polinomio a coefficienti complessi (in particolare polinomi reali) ha una a dunque tutte le sue radici in C.

E importante osservare che per i numeri reali questo significa che: i polinomi reali irri-` ducibili sono di primo grado, oppure di secondo grado senza radici reali (dunque con due radici complesse, una coniugata dell’altra, come si vede subito dalla formula risolutiva delle equazioni di secondo grado). Infatti, se un polinomio reale ha una radice complessa, si vede subito che anche la coniugata `e una radice del polinomio, e che il prodotto (X − z)(X − z)

`e un polinomio reale per ogni z ∈ C (infatti `e X2− 2<(z)X + |z|2).

1.1.6.12 (Formule trigonometriche). Vale la pena di osservare che i numeri complessi permettono di ottenere facilmente formule di addizione o moltiplicazione di angoli per le funzioni trigono: basta usare lo sviluppo del binomio, e poi separare parte reale e parte immaginaria. Per esempio dalla formula per z3otteniamo

cos(3θ) + i sin(3θ) = (cos(θ) + i sin(θ))3

= cos3(θ) + 3i cos2(θ) sin(θ) − 3 cos(θ) sin2(θ) − i sin3(θ)

da cui cos(3θ) = cos3(θ) − 3 cos(θ) sin2(θ) = 4 cos3(θ) − 3 cos(θ) (parte reale) e poi sin(3θ) = 3 cos2(θ) sin(θ) − sin3(θ) (si possono poi migliorare usando la relazione fondamentale).

1.1.6.13 (Numeri complessi (forma esponenziale)). Si rivela molto utile (ma all’inizio sembra un trucco) introdurre la seguente definizione per ogni numero complesso unitario:

cos(θ)+i sin(θ) = e. Allora ogni numero complesso z si scrive nella forma ρe, e si scrivono facilmente:

• il prodotto ρeρ0e0 = (ρρ0)ei(θ+θ0),

• le potenze (ρe)n= ρneinθ,

• le radici n-esime di ρe sono √n

ρei(θ+2πk)/n per k = 0, 1, . . . , n − 1.

(14)

Non `e possibile non ricordare qui la formula e+ 1 = 0

che lega tra loro le pi`u importanti costanti numeriche 0, 1, e, π, i.

1.1.6.14 (logaritmi complessi). Il problema del logaritmo `e sempre quello, dato un nu- mero z = ρe ∈ C trovare gli eventuali numeri v = a + ib ∈ C tali che ev = z; tali numeri se esistono si dicono logaritmi (in base e) di z. Impostando l’equazione ea+ib = ρe si ot- tiene eaeib = ρe, da cui ea = ρ e b = θ + 2kπ per k ∈ Z. Quindi ogni numero complesso non nullo ha infiniti logaritmi, dovuto alla periodicit`a trigonometrica e sono della forma v = log ρ + i(θ + 2kπ).

Chiamiamo logaritmo principale quello con parte immaginaria compresa in [0, 2π[. Per esempio il logaritmo principale di −1 `e iπ, cio`e e= −1.

1.1.6.15 (potenze qualsiasi). Avendo a disposizione i logaritmi, possiamo definire le po- tenze di esponente qualsiasi: ma si tratta, come per i logaritmi, di famiglie di numeri (ma chiamiamo potenza principale quella determinata dal logaritmo principale).

La definizione `e quella ovvia: zv= ev log z. Per esempio la potenza principale ii vale e−π/2.

Esempi ed esercizi sui numeri complessi si trovano inA.1.11

(15)

1.2 Funzioni.

Le funzioni sono un tipo particolare di relazioni, in cui ogni elemento del primo insieme compare una unica volta. Si possono vedere quindi come una legge che permette di associare ad ogni elemento di un insieme un ben determinanato elemento del secondo.

1.2.1 Funzioni e loro propriet` a.

Definizione 1.2.1.1 (funzioni). Dati due insiemi X e Y , una funzione tra f : X → Y (da X a Y ) `e una regola che assegna ad ogni x ∈ X un unico f (x) ∈ Y . L’insieme X di dice il dominio, e Y si dice il codominio della funzione. L’insieme f (X) = {f (x) : x ∈ X} `e un sottinsieme di Y che si chiama l’immagine di f (o di X tramite f ).

1.2.1.2 (grafico). Il grafico di una funzione `e la relazione associata, cio`e il sottinsieme del prodotto cartesiano X × Y formato dalle coppie (x, f (x)) al variare di x ∈ X. Spesso il grafico `e la rappresentazione pi`u semplice per la funzione stessa, se `e possibile disegnarlo.

1.2.1.3 (immagini inverse). Dato un elemento y del codominio, la sua immagine inversa (o controimmagine) tramite f `e l’insieme degli elementi x del dominio tali che f (x) = y.

Dato un sottinsieme V del codominio, la sua immagine inversa (o controimmagine) tramite f `e l’insieme degli elementi x del dominio tali che f (x) ∈ V .

Che relazioni vi sono tra immagini, immagini inverse e le operazioni insiemistiche (unione, intersezione, complemento)?

1.2.1.4 (iniettivit`a). Una funzione si dice iniettiva se ogni elemento del codominio `e visto da al pi`u un elemento del dominio, cio`e se f (x) = f (y) implica x = y (o anche x 6= y implica f (x) 6= f (y)). Ci`o significa che le immagini inverse di elementi del codominio sono vuote o singoletti.

1.2.1.5 (suriettivit`a). Una funzione si dice suriettiva se ogni elemento del codominio `e visto da almeno un elemento del dominio, cio`e se f (X) = Y (l’immagine coincide con il codominio). Ci`o significa che le immagini inverse di elementi del codominio non sono mai vuote.

1.2.1.6 (biiettivit`a). Una funzione si dice biiettiva se `e sia iniettiva sia suriettiva.

1.2.1.7 (funzione identica). Per ogni insieme X, la mappa che ad ogni x associa x stesso

`

e una funzione biiettiva X → X che si chiama l’identit`a di X e si indica con idX.

1.2.1.8 (composizione). Date due funzioni f : X → Y e g : Y → Z, si definisce la funzione composta g ◦ f : X → Z tramite g ◦ f (x) = g(f (x)).

1.2.1.9 (propriet`a della composizione). Abbiamo come elementi neutri le identit`a: f ◦ idX= f = idY ◦ f .

Comporre `e operazione associativa: h ◦ (g ◦ f ) = (h ◦ g) ◦ f (questo significa: quando una delle composizioni `e definita, allora anche l’altra lo `e e sono uguali).

La composta di due mappe iniettive `e iniettiva; se una composta `e iniettiva, la prima mappa lo `e.

La composta di due mappe suriettive `e suriettiva; se una composta `e suriettiva, la seconda mappa lo `e.

La composta di due mappe biiettive `e biiettiva; se una composta `e biiettiva, la prima mappa `e iniettiva, la seconda suriettiva (ma in generale non biiettive!).

1.2.1.10. Nota: non ha senso chiedersi di solito se la composizione sia commutativa, per- ch´e una composizione potrebbe essere definita, e l’altra no. Quando anche siano entrambe definite, di solito f ◦ g e g ◦ f non sono uguali in generale. Vedi per esempi A.1.12.

(16)

1.2.1.11 (inverse destre e sinistre, funzioni invertibili). Una funzione f : X → Y si dice invertibile a destra, o che ammette una inversa destra (risp. a sinistra, o che ammette una inversa a sinistra), se esiste una funzione g : Y → X tale che f ◦ g = idY (risp.

g ◦ f = idX), e in tal caso `e automaticamente suriettiva (risp. iniettiva).

Una funizione si dice invertibile se esiste una funzione g : Y → X tale che f ◦ g = idY e g ◦ f = idX (cio`e `e una inversa sia destra che sinistra). In tal caso la funzione g di chiama inversa di f , `e unica (cosa che pu`o non capitare alle inverse destre o sinistre) e merita il nome di f−1. Quindi f−1 : Y → X `e la funzione definita da f−1(y) = x se e solo se f (x) = y.

E importante notare che se una funzione ammette sia inverse destra sia inverse sinistre,` allora coincidono tra di loro e la funzione `e invertibile: infatti da f ◦ g = idY e h ◦ f = idX si ha g = idX◦ g = h ◦ f ◦ g = h ◦ idY = h.

Infine `e una facile ma importante osservazione che una funzione `e invertibile (risp. a destra, risp. a sinistra) se e solo se `e biiettiva (risp. suriettiva, risp. iniettiva).

1.2.1.12 (Propriet`a dell’inverse). Naturalmente, la funzione identica di ogni insieme in s`e `e una biiezione con inversa s`e stessa. Inoltre, se due funzioni sono componibili ed entrambe invertibili, allora la funzione composta `e invertibile, e vale che (g ◦f )−1 = f−1◦g−1(a parole:

l’inversa delle composte `e la composta delle inverse nell’ordine inverso).

1.2.2 Limiti.

Si pu`o parlare di limite di una funzione in un punto se per entrambi gli insiemi (dominio e codominio) abbiamo specificato per ogni punto la nozione di intorni di quel punto, cio`e di che cosa significa essere “vicini” a quel punto.

1.2.2.1 (Intorni di un punto). L’insieme degli intorni di un punto in X dev’essere un insieme di sottinsiemi di X che soddisfa ad alcune facili propriet`a: ogni intorno di x contiene x, l’intersezione di due intorni `e ancora un intorno, ogni insieme contenente un intorno `e ancora un intorno (di solito si dice che gli intorni di un punto contengono il punto e sono stabili per intersezioni finite e sovrainsiemi).

Spesso si chiamano intorni bucati di x gli intorni a cui viene tolto x stesso. Un punto si dice isolato se ha intorni che contengono solo lui stesso, di accumulazione altrimenti (significa che ogni intorno di x contiene punti di X diversi da x, cio`e nessun intorno bucato `e vuoto).

1.2.2.2 (Caso di spazi metrici). Il caso pi`u importante in cui sappiamo definire gli intorni di un punto `e quello di insiemi dotati di una metrica, cio`e un modo per misurare le distanze tra i punti. Una metrica `e una funzione d : X × X → R>0 tale che

• d(x, y) = 0 se e solo se x = y (punti diversi hanno distanza positiva),

• d(x, y) = d(y, x) (simmetria), e

• d(x, y) 6 d(x, z) + d(z, y) (disuguaglianza triangolare).

In tal caso definiamo le palle centrate in un punto x e di raggio ε come i punti che distano da x meno di ε. Gli intorni di x sono tutti gli insiemi contenenti una palla centrata in x. I casi di R e C sono particolari spazi metrici usando d(x, y) = |x − y|. Anche gli spazi numerici Rn sono metrici.

1.2.2.3 (metrica del taxi). Come esempio un po’ esotico, si consideri il piano R2 con la distanza definita (invece che dalla formula euclidea) come d((x1, y1), (x2, y2)) = |x2− x1| +

|y2− y1|, come se si potessero percorrere solo strade verticali e orizzontali. Che forma hanno le palle?

1.2.2.4 (metrica del max). Come altro esempio esotico, si consideri il piano R2 con la distanza definita come d((x1, y1), (x2, y2)) = max(|x2− x1|, |y2− y1|). Che forma hanno le palle?

1.2.2.5 (Intorni in R). Per x ∈ R definiamo i suoi intorni come un qualsiasi sottinsieme di R che contenga un intervallo ]x + ε, x − ε[ centrato in x e ampiezza ε > 0. Parleremo anche di intorni destri (risp. sinistri) per intendere insiemi che contengono intervalli [x, x + ε[ (risp.

]x − ε, x]) per qualche ε > 0.

(17)

Sar`a importante anche definire degli intorni di punti che non stanno in R, e in particolare dei seguenti:

 intorni di ∞: sono i sottinsiemi di R del tipo {[−M, M] per qualche M > 0;

 intorni di +∞: sono i sottinsiemi di R del tipo ]M, +∞[ per qualche M ∈ R;

 intorni di −∞: sono i sottinsiemi di R del tipo ] − ∞, M[ per qualche M ∈ R;

(dovrebbe essere chiaro il significato intuitivo: per esempio intorni di +∞ sono tutte le semirette positive).

1.2.2.6 (Intorni in C). Per z ∈ C definiamo i suoi intorni come un qualsiasi sottinsieme di C che contenga un disco di raggio ε > 0 centrato in z.

Siccome C non `e ordinato, possiamo definire solo gli intorni di ∞ (senza segno!) dicendo che sono gli insiemi contenenti un complementare di un disco centrato in 0.

1.2.2.7 (Intorni in Z e in N). Se ora definiamo gli intorni di punti di un punto in Z come le intersezioni con Z dei suoi intorni in R (o in C) succede una cosa strana: ogni punto (in quanto insieme formato da un solo elemento) `e intorno di s`e stesso, e quindi ogni insieme contenente il punto `e intorno del punto: si dice che i punti sono isolati.

Ci`o per`o non succede per gli infiniti: per esempio gli intorni di +∞ in N sono gli insiemi contenenti tutti i numeri da un certo M in poi.

Definizione 1.2.2.8 (generale di limite). Data una funzione f : Xr{x0} → Y , e suppo- niamo che nei due spazi sia definito per ogni punto l’insieme dei suoi intorni, diciamo che y0∈ Y `e il limite di f intorno a x0∈ X e scriviamo

lim

x→x0

f (x) = y0

se vale la seguente propriet`a: per ogni intorno V di y0 esiste un intorno U di x0 tale che f (U r{x0}) ⊆ V .

1.2.2.9 (unicit`a). Se supponiamo che x0 non sia isolato nel dominio di f , e che Y sia spazio metrico, dalla definizione segue subito che il limite, se esiste, `e unico: infatti due limiti devono avere distanza minore di qualunque ε > 0.

1.2.2.10. Si osservi che la definizione funziona anche per gli “elementi” come ∞, ±∞ che non appartengono all’insieme ma per i quali `e definito l’insieme degli intorni in X (o Y ).

1.2.2.11. Si osservi che la definizione non richiede che la funzione sia definita in x0. 1.2.2.12. Il significato intuitivo della definizione `e: “punti arbitrariamente vicini a x0(cio`e in intorni sempre pi`u piccoli) devono essere mandati in punti vicini a y0”, ed `e stata una grande conquista della matematica capire che questa condizione si scrive in termini di intorni (e di antimmagini, in effetti: si pu`o esprimere dicendo che per ogni intorno di y0 la sua antimmagine tramite f `e un intorno, eventualmente bucato, di x0).

Si osservi che `e invece completamente diverso chiedere che l’immagine di un intorno sia un intorno; per esempio si consideri il caso del punto origine per la parabola.

1.2.2.13. La nozione di limite serve a rendere “esatto, preciso” il procedimento di approssi- mazione di “essere vicino a”, che al limite (quando esiste) diventa “essere uguale a”. In un certo senso il calcolo dei limiti (e poi delle derivate e degli integrali) serve a rendere esatti i calcoli approssimati.

1.2.3 Successioni.

Definizione 1.2.3.1 (successioni). Le successioni numeriche sono funzioni con dominio N e codominio R (successioni a valori reali) oppure C (successioni a valori complessi). Di solito invece di scrivere f : N → R e indicare con f (n) ∈ R l’immagine di n ∈ N, si usa scrivere fn∈ R e indicare con (fn)n∈N tutta la funzione.

(18)

1.2.3.2 (propriet`a delle successioni). Una successione fn si dice:

• limitata superiormente se esiste M ∈ R tale che fn 6 M ;

• limitata inferiormente se esiste M ∈ R tale che fn > M ;

• limitata se esiste M ∈ R>0 tale che |fn| 6 M;

Inoltre, rispetto alla crescenza, diremo che la successione `e

• monotona crescente se n > m implica fn> fm;

• monotona decrescente se n > m implica fn6 fm;

(si aggiunge l’aggettivo strettamente se possiamo usare le disuguaglianze strette).

1.2.3.3 (limite di una successione). Trattandosi di funzioni definite su N, l’unico “punto”

in cui ha senso calcolare il limite `e ∞. La definizione in questo caso diventa: il limite di fn per n → ∞ `e ` se per ogni intorno V di ` si ha un nV ∈ N tale che fn∈ V per ogni n > nV

(si dice che per ogni V la successione prende definitivamente valori in V ; “definitivamente”

significa da un certo punto in poi, e descrive esattamente gli intorni di ∞).

Si scrive lim

n→∞fn= ` o anche fn→ ` (sottintendendo per n → ∞).

Si noti che ` pu`o essere in R (in questo caso la successione si dice convergente, e il suo grafico si stringe attorno alla retta y = y0) oppure ∞ o ±∞ (e allora la successione si dice divergente; cosa significa per il grafico?).

Si osservi anche che il comportamento del limite di una successione dipende solo da quello che succede “da un certo punto in poi”, e quindi possiamo alterare a piacere una qualsiasi parte iniziale della successione senza alterare il limite.

1.2.3.4 (successioni irregolari). Una successione si dice irregolare se non `e convergente n´e divergente, cio`e se non esiste il limite. Per esempio fn = (−1)n `e irregolare.

1.2.3.5 (carattere). Chiamiamo carattere di una serie la sua propriet`a di convergenza (irregolare, convergente, divergente).

1.2.3.6 (successioni monotone). Una successione monotona (crescente o decrescente) ammette sempre limite (eventualmente ±∞), uguale al sup o all’inf rispettivamente, quindi non `e mai irregolare.

1.2.3.7 (successioni infinitesime e infinite). Una successione si dice infinitesima (risp.

infinita) se il suo limite `e zero (risp. +∞). Per esempio le successioni fn= 1/n, fn = 1/n2, fn= 1/√

n, fn= 1/ log n sono infinitesime (le loro inverse sono infinite).

1.2.3.8 (successioni e criterio di Cauchy). Una successione fn si dice di Cauchy se per ogni p la successione xn+p−xn`e infinitesima. Si vede subito che una successione convergente

`

e di Cauchy (perch´e (xn+p− xn) → (x − x) = 0).

Il criterio di Cauchy afferma che una successione `e convergente (in R o in C) se e solo se

`e di Cauchy. Si tratta di un’altra caratterizzazione della completezza di R, e non `e facile.

1.2.3.9 (propriet`a algebriche dei limiti). Siccome ci occupiamo di successioni a valori numerici, `e utile vedere il comportamento dei limiti rispetto alle operazioni usuali: in linea di massima potremmo dire che il limite commuta con le operazioni algebriche.

Siano fn→ a, gn → b successioni convergenti a limiti finiti; allora:

• somma, differenza: fn± gn → a ± b;

• prodotto: fngn→ ab ;

• quoziente: fn/gn→ a/b se gn, b 6= 0;

• potenza: fngn → ab se fn, a > 0;

• confronto: se fn 6 gn (basta anche definitivamente) allora a 6 b;

• carabinieri: se fn6 hn6 gn (basta anche definitivamente) e a = b allora hn→ a;

Quando i limiti esistono ma non sono finiti, le regole si possono applicare in certi casi, ma non sempre; per esempio:

• il prodotto di successioni limitate per infinitesime `e infinitesimo ((< ∞) × 0 = 0),

• il prodotto di successioni illimitate per illimitate `e illimitato (∞ × ∞ = ∞),

• e altri: (±∞) + (±∞) = ±∞, (< ∞) + ∞ = ∞, ∞/(< ∞) = ∞, ecc.

(19)

1.2.3.10 (forme indeterminate). Ma alcuni casi danno luogo a successioni di cui non si pu`o a priori decidere il carattere, e per questo si dicono casi indeterminati (ma naturalmente in ogni singola situazione si pu`o decidere cosa succede); essi sono:

• ∞ − ∞ : usando le successioni n + fn e n (con fn limitata inferiormente), si vede che la successione differenza assume il carattere di fn, che pu`o essere scelto a piacere;

• 0 · ∞ : usando le successioni n + fn e 1/n (con fn limitata inferiormente), si vede che la successione prodotto assume il carattere di fn/n, che pu`o essere scelto a piacere;

• ∞/∞ : `e come il caso precedente;

• 0/0 : `e come il caso precedente;

e usando la regola ab= eb log a otteniamo ancora:

• ∞0 e 1 : corrispondono al caso 0 · ∞;

• 00: corrisponde al caso 0 · (−∞);

in tutti questi casi bisogna studiare accuratamente le successioni per determinarne il carat- tere.

1.2.3.11 (limiti fondamentali). Vi sono alcuni limiti fondamentali da conoscere a memo- ria:

successioni geometriche: sono le successioni del tipo fn= qn per q ∈ R fissato; ha i seguenti caratteri:

qn













+∞ se q > 1

1 se q = 1

0 se |q| < 1 irregolare se q = −1

∞ se q < −1

(si noti che per q > 0 si tratta di successioni monotone).

successioni esponenziali: sono le successioni del tipo fn= nαper α ∈ R fissato; ha i seguenti caratteri:

nα





+∞ se α > 0 1 se α = 0 0 se α < 0 (per α = 0 `e successione costante, in ogni caso monotona).

successione di Nepero: `e la successione che descrive fenomeni di crescita di una entit`a che ad ogni passo varia in proporzione allo stato di quel momento (sistemi biologici, interessi su capitali (!), decadimenti radioattivi): per esempio partendo da un valore C e variando di 1 + q in un fissato periodo, ma supponendo che la variazione sia continua, dovremmo calcolare (1 + nq)nC (abbiamo diviso il tempo in n intervalli uguali) e poi far tendere n a infinito.

Si `e ridotti quindi al limite della successione

 1 + 1

n

n

→ e.

(20)

La successione presenta una indeterminazione del tipo 1, ma `e convergente perch´e limi- tata e monotona crescente (non `e banale: vedi A.1.13), e il numero e = 2, 7182818284 · · · (trascendente) viene approssimato velocemente.

Vi sono molte variazioni su Nepero, tra le quali segnaliamo:

 1 + q

n

n

→ eq

 n

n + q

n

→ e−q  n + p n + q

n

→ ep−q.

rapporti di polinomi: usando la tecnica di raccogliere la potenza pi`u alta che si presenta, si pu`o facilmente calcolare il limite di rapporti di polinomi in n

P (n) Q(n) →





+∞ se grado(P ) `e maggiore del grado(Q)

a

b se grado(P ) `e uguale al grado(Q) 0 se grado(P ) `e minore del grado(Q)

(se a, b sono i coefficienti dei termini dominanti di P, Q risp.) o anche di espressioni che coinvolgono potenze e radici.

Si veda ancheA.1.15per qualche esercizio sui limiti di successioni.

1.2.3.12 (confronti e stime asintotiche). Il fatto che due successioni siano entrambe divergenti, o entrambe infinitesime non dice molto sui loro caratteri, che in effetti potrebbero essere molto diversi tra loro. Per confrontare tali caratteri, conviene studiare il quoziente delle due successioni, che si pu`o fare se almeno una `e (definitivamente) non nulla. Possiamo avere i seguenti casi: per fn e gn entrambe infinite o infinitesime

fn

gn









0 diremo che f ha ordine (di infinito/infinitesimo) minore di g

` 6= 0 finito diremo che f e g hanno stesso ordine (di infinito/infinitesimo)

∞ diremo che f ha ordine (di infinito/infinitesimo) maggiore di g irregolare non diremo nulla

Per due successioni qualsiasi, la seconda definitivamente non nulla, si dice che sono asin- totiche se la successione quoziente ha limite 1, nel qual caso le due successioni hanno lo stesso limite.

E molto utile, spesso, confrontare due successioni, una nota e una meno: se il limite del` quoziente `e finito e non nullo possiamo decidere del carattere e del limite di una noti quello dell’altra.

Vi sono alcuni confronti molto utili:

logaritmi/potenze: per ogni a > 1 e ogni α > 0 abbiamo logan

nα → 0 (ogni potenza diverge pi`u velocemente di ogni logaritmo);

potenze/esponenziali: per ogni a > 1 e ogni α > 0 abbiamo nα

an → 0 (ogni esponenziale diverge pi`u velocemente di ogni potenza).

Il secondo confronto `e facile da verificare (basta fare il rapporto tra elementi successivi), ma vedremo entrambi usando la regola di De L’Hˆopital. In alternativa si possono verificare usando i criteri di Cesaro, che in un certo senso sono il corrispondente per le successioni della regola di De L’Hˆopital: vediA.1.14

1.2.4 Serie.

Lo studio delle serie permette di estendere l’operazione di somma ad un numero infinito di addendi sotto opportune condizioni. Per esempio `e ragionevole, pensando alla divisione in tratti di un segmento di lunghezza 2, aspettarsi che i numeri 1,12,14,18, . . . ammettano una somma pari a 2.

(21)

Definizione 1.2.4.1 (serie). Data una successione reale o complessa (ak), diciamo serie associata l’espressione

X

k=0

ak

(gli ak si dicono i termini della serie) e chiamiamo somme parziali della serie i termini

sn=

n

X

k=0

ak

che a loro volta formano una successione sn (successione delle somme parziali). I termini ak si ottengono come differenza sk− sk−1.

1.2.4.2 (carattere di convergenza). Una serie si dice convergente, divergente, irregolare a seconda che la successone delle somme parziali sia convergente con limite finito (che, quando esiste, si chiama la somma della serie), divergente, irregolare. Si chiama carattere di una serie la sua caratteristica di essere convergente, divergente o irregolare.

E chiaro che il carattere di una serie non `` e modificato se si altera un numero finito dei suoi termini.

1.2.4.3 (convergente implica infinitesima). Se una serie converge, allora il termine generale `e infinitesimo, cio`e il limite della successione dei termini `e zero. Infatti ak = sk− sk−1→ s − s = 0 (per k → ∞, abbiamo chiamato s la somma).

Il viceversa per`o `e falso: esistono serie infinitesime non convergenti, come vedremo negli esempi successivi.

1.2.4.4 (criterio di Cauchy). Usando il criterio di Cauchy per la convergenza di suc- cessioni, si traduce subito per la convergenza di serie: una serie di termine generale ak `e convergente se e solo se per ogni p la successione |ak+ · · · + ak+p| `e infinitesima.

1.2.4.5 (esempi). serie geometrica: si chiama serie geometrica quella di termine generale ak = qk con q ∈ R. Poich´e le somme parziali sono date da

sn= 1 + q + q2+ · · · + qn= 1 − qn+1 1 − q si vede subito il carattere a seconda dei valori di q:

n

X

k=0

qk=





1

1−q se |q| < 1 +∞ se q > 1 irregolare se q 6 −1 (si osservi il diverso comportamento per valori positivi e negativi).

serie armonica: si chiama serie armonica quella di termine generale ak = 1k. Essa

`

e infinitesima ma divergente: si vedr`a facilmente con il criterio integrale, ma si pu`o capire con un metodo elementare: i termini compresi tra 2−r (compreso) e 2−r−1(escluso) hanno somma maggiore di 1/2, quindi si stanno “sommando” infinite volte valori maggiori di 1/2...

serie di Mengoli: si chiama serie di Mengoli quella di termine generale ak= k(k+1)1 . Si tratta di un caso di serie “telescopica” in cui ogni termine sommato semplifica il precedente e permette di calcolare esplicitamente le somme parziali: infatti k(k+1)1 = 1kk+11 da cui

sn= 1 1−1

2

 + 1

2 −1 3



+ · · · + 1 n− 1

n + 1



= 1 − 1 n + 1 e quindi la somma della serie `e 1 (e la serie convergente).

serie armonica quadratica: `e quella di termine generale ak = k12. Converge perch´e (cambiando l’indice di 1) `e minore di quella di Mengoli.

La serie di termine (−1)k `e irregolare.

(22)

1.2.4.6 (serie a termini non negativi). Se la serie ha termini non negativi, allora la successione delle somme parziali `e crescente, e dunque il limite coincide con l’estremo su- periore: quindi `e convergente o divergente (la conclusione sul carattere vale anche per serie definitivamente a termini non negativi). Vi sono in questo caso vari criteri utili per capire il carattere di convergenza.

criterio del confronto (o di Gauss): se abbiamo due serie con ak> bk > 0, risulta:

seP ak converge alloraP bkconverge, seP bkdiverge alloraP akdiverge. Da questo segue subito per esempio che la serie k1α con α 6 1 diverge (per confronto con la serie armonica) e che per α > 2 converge (per confronto con la serie armonica quadratica); in realt`a la serie (detta armonica generalizzata, o delle potenze) converge se α > 1.

criterio asintotico: se due serie a termini non negativi hanno termini generali asinto- tici, allora hanno lo stesso carattere di convergenza (ma non lo stesso limite, di solito). Per esempio, la serie di Mengoli e quella armonica quadratica hanno termini asintotici: la prima converge a 1, l’altra a π2/6 (difficile!). Il criterio asintotico si verifica usando il criterio del confronto.

criterio della radice (o di Cauchy): se una serie di termini ak > 0 `e tale che

k

ak → ` ∈ R allora essa converge se ` < 1, diverge se ` > 1, e non si pu`o concludere nulla se

` = 1. Il criterio segue dai criteri precedenti, osservando che ak `e asintotica a `k (confronto con la serie geometrica). Per esempio possiamo determinare cos`ı i caratteri delle serie (a/k)k, kαak.

criterio del rapporto (o di D’Alambert): se una serie di termini ak > 0 `e tale che ak+1a

k → ` ∈ R allora essa converge se ` < 1, diverge se ` > 1, e non si pu`o concludere nulla se ` = 1. Il criterio segue dai criteri precedenti, osservando che ak `e asintotica a a0`k (confronto con la serie geometrica). Per esempio possiamo determinare cos`ı i caratteri delle serie k/ek, 1/k!, kk/k!.

1.2.4.7 (serie a termini alternati (Leibniz)). Data una serie con termini della forma (−1)kakcon ak> 0, allora se ak`e infinitesima decrescente, la serie converge a un limite ` ∈ R tale che s2n+1 6 ` 6 s2n (le somme parziali dispari sono minoranti, quelle pari maggioranti), e ` dista da una somma parziale meno del (modulo del) primo termine trascurato. Per verificare l’enunciato, basta osservare che le somme parziali di indice dispari formano una successione crescente e limitata (dal primo termine), e analogamente per gli indici pari.

Si vede cos`ı che convergono le serie di termini (−1)k/k, (−1)k/k2, (−1)klog k.

1.2.4.8 (convergenza assoluta). Una serie di termini ak si dice assolutamente convergente se la serie avente come termini i valori assoluti |ak| `e convergente.

Si vede quasi subito che una serie assolutamente convergente `e convergente.

Il viceversa in generale `e falso: per esempio la serie armonica non `e convergente, mentre la serie di termine (−1)k/k `e convergente per il criterio di Leibniz, quindi non assolutamente convergente.

1.2.4.9 (serie di potenze). Intendiamo con serie di potenze le serie

X

k=0

akxk

con ak∈ R e x ∈ R. Uno dei principali problemi `e determinare per quali valori di x la serie converge.

Raggio di convergenza: poniamo (se esiste il limite)

R = 1

lim

k→+∞

p|ak k|

allora: per |x| < R la serie di potenze converge assolutamente, per |x| > R la serie diverge, mentre per |x| = R non si pu`o dire a priori il carattere. Questo risultato si vede facilmente con il criterio della radice.

(23)

Per esempio `e facile determinare il raggio di convergenza delle serie di potenze kxk, xk/kk, xk/k, xk/k!.

1.2.4.10 (criterio integrale). Anticipando la nozione di integrale (generalizzato), indi- chiamo solo che data una funzione reale continua f (x) definita almeno per x > 0, allora vale che

la serie

X

k=0

f (k) converge se e solo se l’integrale Z +∞

0

f (x)dx converge (si vede per confronto delle aree).

VediA.1.16per alcuni esercizi sulle serie.

Riferimenti

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