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Come una scatola cinese: cornice e struttura narrativa della trilogia

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Academic year: 2021

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ABSTRACT

Il mito di Lord Byron continua ad affascinare e ad avere grande importanza anche nel panorama letterario contemporaneo. Nella sua trilogia ispirata al poeta, il romanziere Benjamin Markovits ne analizza l’eclettica personalità: da dissoluto libertino, celebrità sprezzante e marito indifferente, a uomo tormentato dalle proprie insicurezze e fragilità. Per approfondire queste ed altre tematiche relative a Byron e collegate anche al mondo contemporaneo, l’autore esula dalle convenzioni letterarie proprie del postmodernismo e sfida continuamente le certezze del lettore intrecciando elementi reali e fittizi, confondendo l’arte con la vita.

Il presente elaborato introduce ed analizza la trilogia di Benjamin Markovits (ritenuto da Granta uno dei 20 migliori romanzieri britannici nel 2013), dal punto di vista strutturale e tematico: dopo un approfondimento iniziale su biografia e bibliografia dell’autore, contesto letterario e presentazione delle tre opere in questione, il primo capitolo focalizza l’attenzione sulla particolare struttura delle stesse e sulle strategie narrative utilizzate da Markovits: cornice, metafinzione, differenza tra historical fiction e historiographic metafiction, intertestualità e citazione.

Nel secondo capitolo si analizzano le differenze tra autobiografia, biografia e memoir ed il loro rapporto con la finzione narrativa all’interno della trilogia. Si procede, poi, all’analisi e al confronto delle identità dei vari personaggi, soffermandosi, in particolare, sulle figure del “doppio” e del “triangolo”.

Il terzo capitolo mette in luce i lati oscuri delle identità, caratteristica condivisa da tutti i personaggi. Partendo da Lord Byron, definito “the darkest figure” a causa di inclinazioni e comportamenti sovversivi, particolare enfasi è data alla metafora del vampirismo, al tema della sessualità, e alle caratteristiche proprie dell’estetica gotica presenti nella trilogia.

Nel quarto ed ultimo capitolo, infine, si esamina il “mito” di Lord Byron nella storia e nella letteratura e, più in particolare, in riferimento alla biofiction di Markovits e ai confronti impossibili con Annabella, Polidori, Peter Sullivan/Pattieson, e con l’immagine di se stesso in quanto celebrità.

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Il lavoro si conclude con la mia intervista all’autore avvenuta nella sua casa di Londra il 9 ottobre 2015: si approfondiscono alcuni importanti aspetti della trilogia dal suo personale punto di vista.

Trattandosi di un’opera molto recente (2005-2011), il materiale critico sull’autore e sulle sue opere è estremamente limitato; di grande aiuto, invece, oltre all’intervista, è risultata l’analisi dei propri romanzi, operata da Benjamin Markovits nella cornice narrativa di Childish Loves: la citazione delle fonti utilizzate per la stesura si è rivelata utile per la selezione del materiale da esaminare, insieme alle opere di consultazione generale su Postmodernismo e metafiction.

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ABSTRACT

The myth of Lord Byron continues to fascinate and to have great significance in the contemporary literary scene. In his trilogy about the poet’s life, Benjamin Markovits analyses his eclectic personality: dissolute libertine, contemptuous celebrity and absent husband, but also a man tormented by his own weakness and uncertainties. To gain deeper insights into Lord Byron and his relevance to the contemporary world, the author adopts a style that partly disregards the literary conventions of postmodernism and continuously challenges the certainties of the reader, confused by the interconnection of real and fictional elements, of art and life.

The aim of the present work is to introduce and analyse the trilogy of Benjamin Markovits (considered one of the 20 best young English novelist by Granta in 2013), from a structural and thematic point of view: after an introduction on the biography and bibliography of the author, the literary context and the three novels in question, the first chapter focuses the attention on the peculiar structure and narrative strategies used by Markovits: the framing device, metafiction, the difference between historical fiction and historiographic metafiction, intertextuality and quotation.

The second chapter analyses the differences between autobiography, biography and memoir, and their relationship with narrative fiction inside the trilogy. Then, the different characters’ identities are compared, focusing on the figures of the “double” and the “triangle”.

The third chapter highlights the dark side of identities, a characteristic which is shared by all the characters in the novels. Starting from Lord Byron, defined “the darkest figure” because of his inclinations and subversive behavior, special emphasis is given to the metaphor of vampirism, to the theme of sexuality and to the features of gothic esthetic present in the trilogy.

Finally, the fourth and last chapter examines the “myth” of Lord Byron in history and literature and, more specifically, with reference to Markovits’ biofiction and the impossible comparisons with Annabella, Polidori, Peter Sullivan/Pattieson and the image of himself as a celebrity.

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The study ends with my interview with the author, which took place in his house in London on the 9th of October 2015. The interview explores some important aspects of the trilogy from his own point of view.

Given that the three novels are very recent (2005-2011), the available material about the author and the critics is limited. Besides the interview, Markovits’ analysis of his own works, operated within the frame of Childish Loves, has been of great help: the quotation of the sources he used has proved to be very helpful in selecting the material to examine, along with the general consultation works about postmodernism and metafiction.

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INDICE

Prefazione……….1

Introduzione Benjamin Markovits: biografia e opere………..…...5

Lord Byron: la vita………....7

Imposture………...9

A Quiet Adjustment………...11

Childish Loves………...15

Il contesto letterario……….19

1- Come una scatola cinese: cornice e struttura narrativa della trilogia……..23

1.1 La cornice narrativa………...25

1.2 Metafinzione………..27

1.3 Historical fiction vs Historiographic metafiction………...33

1.4 Intertestualità e citazione………...37

2- Autobiografia, biografia e memoir: identità a confronto……….43

2.1 Autobiografia, memoir, biografia e fiction………....44

2.2 Tra arte e vita……….48

2.3 Identità a confronto………....55

2.4 La figura del doppio………..57

2.5 Rapporti triangolari………....63

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3- Il lato oscuro delle identità ………...68

3.1 Lord Byron: the darkest figure………...………...69

3.2 Il vampirismo……….72

3.3 La sessualità………...78

3.4 Altre “dark stories”………....83

3.5 Elementi gotici nella trilogia……….86

4- Confronti impossibili: Lord Byron, tra mito e biofiction ………...90

4.1 Il mito di Lord Byron nella letteratura………..……….90

4.2 Dalla biografia alla biofiction………96

4.3 La biofiction di Benjamin Markovits……….99

4.4 “Impossible comparisons”………...102

Conclusions: An interview with the author………...108

Bibliografia………...116

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PREFAZIONE

Benjamin Markovits is an intriguing, sophisticated and accomplished writer. He is one of those who does not need to announce his mastery with an overly worked plot or exaggeration of speech or style.

Kirsty Gunn1

Il panorama letterario attuale ci offre un’ampia selezione di romanzi post- moderni che ricorrono all’uso del pastiche, ovvero l’imitazione di opere preesistenti, della historiografic fiction che reinventa le vite di personaggi famosi e della metafiction, che focalizza l’attenzione sulla natura artificiosa del romanzo. Ma cosa succederebbe se si andasse oltre? Se la spiegazione da parte dell’autore della finzionalità dell’opera fosse essa stessa una finzione? Spesso gli scrittori tentano di rendere i propri romanzi realistici2, con episodi di vita e personaggi verosimili, o scritti in modo tale da farci credere che i mondi e le storie più incredibili possano esistere davvero. Benjamin Markovits sfida tutto questo, esula dai confini delle convenzioni letterarie e gioca con le certezze del lettore, inserendo, nei suoi romanzi, diversi piani narrativi che si intersecano tra loro.

Le opere su cui mi concentrerò nel corso di questo elaborato, compongono una trilogia collegata alla figura di Lord Byron e scritta da Benjamin Markovits, che ne attribuisce la paternità all’autore fittizio Peter Sullivan/Pattieson, oltre ad inserire il personaggio “Ben Markovits”, suo alter ego, nella veste di curatore dei tre romanzi. La confusione tra finzione e realtà, dunque, si presenta fin da subito al lettore: “Although we begin each historical interlude aware that this is Markovits pretending to be Peter Sullivan pretending to be Byron as edited by "Ben Markovits", the perfect period detail and speech rapidly achieve a conventional suspension of disbelief”3, scrive Mark Lawson. Nella sua trilogia, Benjamin Markovits si propone di analizzare la personalità

1 Cfr. Kirsty Gunn, “Is this the real life? Is this just fantasy?”, The Guardian,

http://www.theguardian.com/books/2007/jan/07/fiction.features (ultimo accesso: 20/10/2015).

2 Cfr. Roland Barthes, L’analisi del racconto, trad. di Luigi Del Grosso Destreri, Paolo Fabbri, Bompiani, Milano 2003.

3 Cfr. Mark Lawson, “Childish Loves by Benjamin Markovits”, The Guardian,

http://www.theguardian.com/books/2011/aug/26/childish-loves-benjamin-markovits-review (ultimo accesso 20/10/2015).

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di Byron da diversi punti di vista: da libertino e dissoluto studente, a uomo affascinante e sicuro di sé, mentore di Polidori che si finge egli stesso addirittura Lord Byron nel tentativo di imitarlo in ogni aspetto; a marito assente ed indifferente nei confronti della giovane moglie Annabella Milbanke; fino all’ultima immagine del poeta fornita da Benjamin Markovits, che si allontana da quella di mito irraggiungibile e celebrità sprezzante, per rappresentare un uomo in lotta con le proprie paure, debolezze e insicurezze. Curando, inoltre, particolarmente, l’aspetto psicologico ed emotivo dei personaggi, che coinvolge empaticamente il lettore, Markovits riesce ad esplorare molte tematiche estremamente attuali: il senso di fallimento nelle proprie aspirazioni, l’esclusione, le crisi di identità e di personalità, la sessualità e le conseguenze che derivano da scelte giuste o sbagliate.

La genialità dell’autore, inoltre, mette in atto una complessa struttura narrativa che alterna realtà e finzione, sfidando le certezze del lettore ed incoraggiandolo a porsi numerose domande durante la lettura: la spiegazione stessa della finzionalità dell’opera da parte dell’autore nella cornice metafinzionale, infatti, si rivela essa stessa fallace.

Benjamin Markovits, inconsapevolmente, supera le convenzioni letterarie del postmodernismo anche se i suoi romanzi riflettono una delle caratteristiche principali della condizione attuale: la mancanza di punti di riferimento stabili che diano un senso di fermezza.

La scelta di tale argomento per questa tesi è scaturita dalla mia determinazione ad approfondire un autore contemporaneo da poter, eventualmente, contattare.

Supportata validamente dal mio Relatore, il Prof. Diego Saglia, e accogliendo alcuni suoi suggerimenti, ho individuato in Benjamin Markovits l’autore a me più congeniale, sia per il suo interesse nei confronti di Lord Byron, sia per la possibilità di poterlo incontrare ed approfondire alcuni aspetti del suo lavoro. La rilevanza di questa figura mi è parsa confermata dal fatto che, nel 2013, Markovits è stato ritenuto da Granta uno dei venti migliori romanzieri britannici, riconoscimento che, in passato, ha aiutato a lanciare le carriere di importanti scrittori come Martin Amis, Salman Rushdie e Zadie Smith.

Dopo un’introduzione su biografia e bibliografia dello scrittore, contesto letterario e presentazione delle tre opere in questione, nel primo capitolo si focalizzerà l’attenzione sulla particolare struttura e su alcune strategie narrative utilizzate

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dall’autore: la cornice, la metafinzione, la differenza tra historical fiction e historiographic metafiction, intertestualità e citazione. È importante sottolineare che, nonostante la presenza di questi stilemi caratteristici del postmodernismo, l’intenzione di Benjamin Markovits non era quella di scrivere un’opera in tal senso, bensì una trilogia contemporanea, ambientata nell’Ottocento.

Nel secondo capitolo si analizzeranno la differenza tra autobiografia, biografia e memoir ed il loro rapporto con la finzione narrativa all’interno della trilogia. Si procederà, quindi, all’analisi ed al confronto delle identità dei vari personaggi, collegati tra loro nei diversi “playful narrative layers”4, soffermandosi, in particolare, sulle figure del “doppio” e del “triangolo”.

Nel terzo capitolo verranno messe in luce altre caratteristiche condivise dai vari personaggi, sicuramente più sediziose: i lati oscuri delle identità. Partendo dalla figura di Lord Byron, definita “the darkest figure” a causa di inclinazioni e comportamenti sovversivi, particolare enfasi verrà data alla metafora del vampirismo, che coinvolge diversi personaggi; al tema della sessualità, fil rouge dei tre romanzi; e alle caratteristiche proprie dell’estetica gotica presenti nella trilogia.

Nel quarto ed ultimo capitolo, infine, si esaminerà il mito di Lord Byron: in generale, nella storia e nella letteratura, citando opere a lui ispirate e riscritture romanzate della sua vita, più in particolare con riferimento alla biofiction di Markovits e ai confronti impossibili con Annabella, Polidori, Peter Sullivan/Pattieson, e con l’immagine di se stesso in quanto celebrità.

Nelle conclusioni presenterò la mia intervista con l’autore avvenuta a Londra il 9 ottobre 2015, in cui si approfondiranno alcuni importanti aspetti della trilogia grazie al suo personale punto di vista.

Trattandosi di un’opera molto recente (2005-2011), il materiale critico a disposizione è stato esiguo; di grande aiuto, invece, è risultata l’analisi dei romanzi operata dallo stesso Benjamin Markovits nella cornice narrativa di Childish Loves: la citazione delle fonti utilizzate per la stesura mi ha aiutata nella selezione del materiale da consultare per l’analisi della trilogia, insieme alle opere di consultazione generale sul

4 Cfr. Tom Wright, “Benjamin Markovits”, http://literature.britishcouncil.org/benjamin-markovits (ultimo accesso: 21/10/2015).

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4 Postmodernismo e la metafiction.

L’obiettivo di questo lavoro è presentare la trilogia di Benjamin Markovits: si analizzeranno sia l’intricata struttura narrativa a scatola cinese, che rende difficile il confronto tra arte e vita, sia le diverse tematiche legate alla vita di Lord Byron e le modalità con cui l’autore le rende estremamente attuali.

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5 INTRODUZIONE

Benjamin Markovits: biografia e opere.

Figlio di una tedesca di religione cristiana e di un ebreo americano di origini bavaresi, Benjamin Markovits nasce nel 1973 in California e cresce tra il Texas e Berlino. Dopo aver studiato Inglese all’Università di Yale, si sposta in Germania per unirsi al team di basketball “TG Landshut”, con sede a Monaco. Lascia la carriera sportiva per dedicarsi ad un Dottorato di ricerca sulla letteratura dell’epoca romantica e, quindi, insegna per un anno in una scuola privata a New York. Dal 2000 risiede nella zona nord-est di Londra con la moglie Caroline e i due figli, e insegna creative writing alla Royal Holloway University of London. Nel 2010 è stato inserito da Lorna Bradbury del “Daily Telegraph” tra i venti migliori romanzieri inglesi under 40, riconoscimento confermato dalla prestigiosa rivista Granta nel maggio 2013. Oltre che un romanziere con sei romanzi al suo attivo, Markovits è anche autore di racconti e articoli per varie testate giornalistiche.

Nel 2005 pubblica il suo primo romanzo, The Syme Papers, la cui narrazione si alterna tra il mondo di un accademico contemporaneo e quello di uno scienziato folle della Baltimora del 1820. Either Side of Winter (2006) intreccia, invece, le storie di quattro personaggi che narrano in prima persona alcuni momenti infelici della propria vita e, in tal modo, permette all'autore di esplorare sentimenti e stati d’animo con grande accuratezza, aspetto che rappresenta uno dei tratti distintivi della sua scrittura. Proprio a questo proposito, il recensore Todd McEwen ha commentato: “This is a writer who has considered the world, and how to describe it, with seemingly infinite care”5. Inoltre, McEwen sottolinea come il romanzo, seppur ambientato in una scuola privata della New York contemporanea, “has the ponderous and nuanced feel of Edith Wharton or Henry James”6. Come spiega lo stesso Benjamin Markovits, infatti, il suo interesse per

5 Cfr. Todd McEwen, “Thrilling Times” , The Guardian,

http://www.theguardian.com/books/2005/aug/20/featuresreviews.guardianreview13 (ultimo accesso:

16/07/2015).

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le epoche passate e, in particolare, per la letteratura dell'epoca romantica, gli nacque già in età adolescenziale: "When we moved to London when I was 14, I discovered this great bookshop in Hampstead in which you could buy 1880 Shelleys with uncut pages for £1"7; tale interesse, inoltre, lo ereditò dal padre, collezionista di oggetti vittoriani che era solito visitare negozi d’antiquariato e mercatini vintage con la sua famiglia.

Il XIX secolo diviene, a poco a poco, familiare per l’autore, che vi ambienta i primi romanzi, utilizzando la tecnica del pastiche per imitarne lo stile, sviluppando historical fictions e confrontando realtà passate e presenti per farne affiorare somiglianze. La giornalista Kirsty Gunn commenta alcuni di questi aspetti presenti nel romanzo Either Side of Winter:

The ravishing and disturbingly placid Either Side of Winter, also sets out a beautifully finished surface of self-consciously crafted stories that seem to fit, so neatly, one into the other – only to leave us with an exhilarating sense that nothing actually fitted after all. Next to this, it comes as no surprise to see that his debut novel, The Syme Papers, set itself up proudly from the outset as a piece of historical literary fakery, and that there is also a fictionalised memoir, Playing Days, among his published works.8

Queste tendenze e tecniche narrative saranno, poi, riprese e sviluppate nei suoi romanzi più maturi: Playing Days (2010), memoir sulla sua carriera sportiva, e Imposture (2007), A Quite Adjustment (2009) e Childish Loves (2011), che compongono la trilogia legata alla figura di Lord Byron, su cui si incentra il presente lavoro. Ognuno dei tre volumi analizza diversi aspetti della personalità del poeta dal punto di vista di personaggi realmente esistiti nella sua vita: per il suo medico John William Polidori, nel primo romanzo, Byron è mentore ed amico; per la moglie Annabella Milbanke, nel secondo volume, è un marito indifferente ed a tratti violento; mentre nel conclusivo

7 Cfr. Todd McEwen, “Thrilling Times” , The Guardian,

http://www.theguardian.com/books/2005/aug/20/featuresreviews.guardianreview13 (ultimo accesso:

16/07/2015).

8Cfr. Kirsty Gunn, “Childish Loves by Benjamin Markovits- Review”, The Guardian,

http://www.theguardian.com/books/2011/aug/28/benjamin-markovits-childish-loves-review (ultimo accesso: 19/06/2015).

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Childish Loves Byron stesso si racconta in prima persona, mettendo in luce le fragilità e le insicurezze che hanno caratterizzato gran parte della propria vita.

Lord Byron: la vita

George Gordon Byron nasce a Londra il 22 gennaio 1788 dal matrimonio poco felice tra Catherine Gordon, una giovane ereditiera scozzese e il capitano John Byron, noto come “Mad Jack”. Trascorre un’infanzia agitata ad Aberdeen, tra ristrettezze economiche causate dalle dissipazioni paterne, e la natura anaffettiva della madre. Dal soggiorno scozzese, però, gli deriva l’amore per le montagne e per il mare. Dal 1801 al 1805 studia ad Harrow, dando prova del suo carattere pugnace e immergendosi in disparate letture. Nelle vacanze estive del 1803 s'invaghisce della cugina Mary Ann Chaworth che, invece, non lo ricambia. Entrato al Trinity College a Cambridge nel 1805, si distingue subito per la sua condotta stravagante e proprio qui conosce il giovane corista John Edleston, al quale si affeziona molto.

Preso possesso nell'aprile 1808 di Newstead Abbey, il maniero degli avi, e occupato, nel marzo del 1809, il suo seggio alla Camera dei Lords, nell'estate del 1809 parte con l’amico Hobhouse da Falmouth per il suo grand tour (viaggio d'istruzione sul continente, giudicato allora indispensabile dall'aristocrazia britannica) nell’Europa meridionale, visitando Spagna, Portogallo, Albania e Grecia. È durante il soggiorno ad Atene che inizia a raccogliere le sue impressioni in versi che, al ritorno in Inghilterra, grazie all’editore Murray, pubblica nei primi due canti di Childe Harold’s Pilgrimage (1812), con un successo repentino e imponente. Tra il giugno del 1813 e l'agosto del 1814 escono i cosiddetti “racconti orientali”: The Giaour, The Bride of Abydos, The Corsair, Lara.

In questi anni, mentre è coinvolto in una relazione con Lady Caroline Lamb, donna dalla personalità “estrosa, eccentrica e impulsiva”9, ne nota anche la cugina

9 Cfr. Vincenzo Patané, L’estate di un ghiro: il mito di Lord Byron attraverso la vita, i viaggi, gli amori, le opere, Cicero Editore, Venezia 2013, p. 117.

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Annabella Milbanke, che egli stesso definisce: “a clever woman, an amiable woman, and also a woman of high blood”10. Nel frattempo, però, si riavvicina alla sorellastra Augusta Leigh, dopo quattro anni di separazione, e, come afferma Fiona MacCarthy, il rapporto tra i due diviene sempre più intimo: “At some stage in their renewed relationship Byron and Augusta began to sleep together.”11 I pettegolezzi sull’incesto e il desiderio di ristabilire le proprie finanze convincono Byron a sposare Annabella, giovane colta ed intelligente da cui avrà una figlia, Ada. La vita coniugale, però, si rivela ben presto burrascosa, e diviene del tutto impossibile quando si ripresenta la sorella Augusta, con la quale Byron non può resistere dal riprendere gli intimi rapporti.

Annabella, coinvolta suo malgrado nel pericoloso triangolo, abbandona il tetto coniugale e inoltra, poco tempo dopo, la domanda di separazione.

Il 25 aprile 1816 il poeta lascia l’Inghilterra e trascorre i successivi otto anni tra Svizzera, Italia e Grecia. A Ginevra si stabilisce a Villa Diodati con il medico personale John William Polidori, trascorrendo l’estate con i coniugi Shelley e Claire Clairmont, dalla quale avrà la figlia Allegra. È durante il soggiorno a Villa Diodati che Byron scrive il terzo canto di Childe Harold, pubblicato nel novembre 1816; Prisoner of Chillon, pubblicato nel dicembre 1816; The Dream e i primi due atti di Manfred, pubblicati nel giugno 1817 e ispirati dal suo viaggio sulle Alpi. Nell'ottobre del 1816 Byron raggiunge Milano, poi Verona, quindi si stabilisce a Venezia dove scrive Beppo (1818), il quarto canto di Childe Harold (1818), e i primi due canti del Don Juan, pubblicati anonimi in Inghilterra nel 1819; inizia il terzo canto nell'ottobre del 1819 che appare insieme al quarto e al quinto nell'agosto del 1821, poi interrompe l’opera a causa di un’accoglienza ostile da parte del pubblico, e della disapprovazione dell’amante Teresa Guiccioli.

Nel settembre 1822 Byron si trasferisce a Genova e, sebbene indebolito fisicamente a causa di problemi di salute, accoglie con entusiasmo la sua nomina a membro del comitato per l'indipendenza della Grecia, formatosi a Londra nella primavera del 1823, e s'imbarca a Genova il 15 luglio per capitanare la rivolta dei greci.

Trascorre quattro mesi a Cefalonia, poi, chiamato da Alessandro Mavrocordato, giunge il 5 gennaio del 1824 a Missolungi, dove vive gli ultimi mesi della sua vita tra gli aspri contrasti dei ribelli. Qui si invaghisce del quindicenne Loukas, che vuole come suo

10 Cfr. Fiona MacCarthy, Byron: Life and Legend, John Murray, London 2002, p. 186.

11 Cfr. Ibid., p. 204.

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paggio, e muore il 19 aprile 1824, in seguito ad una febbre reumatica. Il compagno di viaggio Pietro Gamba testimonia la dedizione di Byron alla causa greca fino alla fine: “I have given her [Greece] my time, my money, and my health; what could I do more?

Now I give her my life”.12 La salma viene tumulata nella chiesa parrocchiale di St Mary Magdalene a Hucknall Torkard, non lontano da Newstead Abbey; solo nel 1969 gli viene consacrata anche una stele commemorativa nell’abbazia di Westminster.13

Imposture

Benjamin Markovits is an intriguing, sophisticated and accomplished writer…[Imposture] unfolds with a quietness and self-effacement that is the mark of true confidence in a storyteller.

Kirsty Gunn14

In Imposture, la metafinzione è presente sin dal Prologo. Oltre a creare la figura di un suo alter-ego nel personaggio “Ben Markovits”15, l’autore utilizza un ulteriore espediente già noto in letteratura, attribuendo la paternità dell’opera ad uno scrittore fittizio, in questo caso Peter Sullivan/Pattieson, suo collega in una scuola privata di New York. Il cupo e solitario professore parla un inglese ottocentesco, ha una suggestiva passione per Lord Byron e suscita ammirazione nei suoi studenti e nello stesso “Ben Markovits”. Proprio a quest'ultimo, Sullivan/Pattieson decide di lasciare in eredità, dopo la morte, i suoi manoscritti sulla vita romanzata di Byron, perché possa diventarne il curatore e farli pubblicare.

Dopo questa cornice introduttiva, il resto del romanzo è ambientato nella Londra

12 Cfr. Fiona MacCarthy, Byron: Life and Legend, op.cit., pp. 520-521.

13 Cfr. Vincenzo Patanè, L’estate di un ghiro, op.cit., pp.446-447.

14Cfr. Kirsty Gunn, “Childish Loves by Benjamin Markovits- Review”, The Guardian,

http://www.theguardian.com/books/2011/aug/28/benjamin-markovits-childish-loves-review (ultimo accesso: 19/06/2015).

15 Per evitare al lettore eventuale confusione, nel corso dell’elaborato ci si riferirà a Benjamin Markovits in quanto autore reale della trilogia, e a “Ben Markovits” in qualità di suo l’alter-ego romanzato.

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del XIX secolo e si concentra su John William Polidori, medico e doppëlganger di Lord Byron, assunto più per la sua somiglianza con lo scrittore che per le abilità professionali. “I like to admire myself […] in a youthful mirror”16 afferma appunto Byron durante il suo primo incontro col giovane medico. In effetti, il titolo dell’opera allude anche a questa somiglianza, che viene sfruttata da Polidori per sedurre l’ignara Eliza Esmond, convinta, invece, di aver conquistato il cuore del famoso poeta. Il medico e la giovane si incontrano per la prima volta allorché Polidori si reca dall’editore Henry Colburn per rivendicare i diritti su The Vampyre, ingiustamente attribuito a Byron per ragioni prettamente commerciali.

Polidori continua a celare la propria identità per godere dell’ammirazione della donna, che dichiara: “I am not worthy of your love. I feel you are… superior”17. Per una volta, non è lui a provare questi sentimenti nei confronti del suo mentore; per una volta è lui il mentore e l'oggetto del desiderio. Questa ingannevole rivincita personale gli conferisce sicurezza e potere, tanto da fargli affermare: “The pleasure of living pleasure is a wonderful thing: the freedom of living, that is, in the confidence of being loved”.18

La narrazione procede tramite flashback circa l'inizio del tour di Polidori, entusiasta di viaggiare al fianco di Lord Byron nonostante la premonizione del padre che si rivelerà fondata: “Lord Byron will be the end of you […]. You will not survive the heat of his amour propre”19. Premonizione, questa, che si collega in qualche modo a quella di Beatrice nei confronti della sorella Eliza: “Even if Lord Byron himself fell in love with you, what good could come of it? You haven’t any position in society; you daren’t risk the scandal. You don’t, for God’s sake, think he’d marry you?”20. Noncuranti del giudizio altrui, Polidori ed Eliza sono accomunati dal desiderio di seguire le proprie inclinazioni, che tuttavia non li condurranno ad un lieto fine.

Successivamente, durante la stesura di un secondo memoir sui suoi viaggi con Lord Byron, il giovane medico ricorda il loro rapporto conflittuale, il soggiorno a Villa Diodati con i coniugi Shelley e Claire Clairmont, le origini del racconto The Vampire

16 Cfr. Benjamin Markovits, Imposture, Faber and Faber Limited, London 2007, p. 7.

17 Cfr. Ibid., p. 90.

18 Cfr. Ibid., p. 92.

19 Cfr. Ibid., p. 15.

20 Cfr. Ibid., p. 59.

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grazie ad un’ispirazione del suo mentore, e l’arrivo a Milano, a cui seguiranno però il suo licenziamento e allontanamento forzato, inizio di un periodo di depressione e di debiti che culminerà con il suicidio per avvelenamento cinque anni dopo. I sentimenti che lo legano al poeta, tuttavia, lo inducono ad immaginare, negli ultimi istanti della sua vita, l’improvviso arrivo di Byron accorso a salvarlo nel momento fatale.

Imposture è, dunque, anche un’attenta analisi di cosa comporti l’essere esclusi dal mondo letterario e di come l’arte, in un impeto vampirico, possa “succhiare” la vita degli stessi scrittori. I vani tentativi di Polidori di rivendicare i diritti sulla sua opera e il continuo confronto con il mito di Lord Byron, infatti, accentuano il suo senso di inadeguatezza verso quel mondo letterario cui egli sognava di appartenere anche per soddisfare le ambizioni del padre21: “After all, Gaetano had always wanted him to write, to preserve the name of Polidori in the aspic of literature”22. Questa serie di insuccessi e l'allontanamento di Eliza in seguito alla scoperta della sua vera identità lo indurranno, infine, a commettere il gesto estremo.

A Quiet Adjustment

Divided into three discrete sections, 'Courtship', 'Marriage' and 'Separation' - A Quiet Adjustment is a beautifully crafted tale of tainted love, Austenesque in style, Byronic in its melodrama.

Toby Lichtig23

21 Gaetano Polidori, padre di John William, fu un politico, scrittore ed editore italiano. Studiò legge all'Università di Pisa e nel 1785 divenne segretario di Vittorio Alfieri, con il quale collaborò per i successivi quattro anni. Nel 1790, dopo essersi dimesso, Gaetano si stabilì a Londra, dove lavorò come insegnante di Italiano. Nel 1793 sposò la governante inglese Anna Maria Pierce, dalla quale ebbe quattro figli e quattro figlie. Di questi sono ricordati soprattutto John William, autore del racconto The Vampyre, e Frances, dal cui matrimonio con l’esule italiano Gabriele Rossetti nacque il celebre pittore e poeta Dante Gabriel Rossetti.

22 Cfr. Benjamin Markovits, Imposture, op.cit., p. 13.

23 Cfr. Toby Lichtig, http://www.benjaminmarkovits.com/byron-trilogy/ (ultimo accesso: 16/07/2015).

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Il secondo volume della trilogia, A Quiet Adjustment (2009), racconta un altro momento della biografia di Lord Byron, questa volta dal punto di vista di Annabella Milbanke, il cui infelice matrimonio con lo scrittore durò poco più di un anno. “I fear very much you will find out you have married a devil”24 le confida il poeta durante la luna di miele. Il romanzo è diviso in tre parti: il corteggiamento di Annabella da parte di Byron; la breve ed infelice vita coniugale della coppia, il periodo della loro separazione. Tra i motivi centrali di questo allontanamento, l’affetto morboso di Byron nei confronti della sorellastra Augusta, terza protagonista di A Quiet Adjustment: stando alla versione fornita da Benjamin Markovits, lo scandalo riguardo alla natura del loro rapporto indurrà il poeta ad abbandonare per sempre l'Inghilterra per l’Italia e quindi per la Grecia, dove troverà la morte nel 1824.

In questo secondo romanzo della trilogia, il personaggio di Annabella occupa indubbiamente un posto centrale. La bellissima diciannovenne, sicura di sé, intelligente e arguta, ricorda la figura di Emma che, nell’omonimo romanzo di Jane Austen, è affascinata da Mr Knightley, l'unico a non assecondarla, a non dedicarle le dovute attenzioni e a farle notare i suoi difetti. Nello stesso modo, la giovane Milbanke sceglie Byron tra i suoi pretendenti per vincere una sfida con se stessa: conquistare il cuore dello scrittore e cambiare la sua indole schiva e misogina. Questa apparente somiglianza con il personaggio austeniano, tuttavia, potrebbe non essere del tutto casuale: Annabella era una grande ammiratrice di Jane Austen e dei suoi romanzi, e ciò che la affascinava maggiormente erano proprio i personaggi e la loro psicologia, come si evince da una lettera scritta nel 1813 alla madre Judith Noel:

I have finished the Novel called Pride & Prejudice, which I think a very superior work. It depends not on any of the common resources of Novel writers, no drowning, nor conflagrations, nor runaway horses, nor lapdog & parrots, nor chambermaids & milliners, nor rencontres and disguises. I really think it the most probable fiction I have ever read. It is not a crying book, but the interest is very strong, especially for Mr. Darcy. The characters which are not amiable are diverting, and all of them are consistently supported.”25

24 Cfr. Benjamin Markovits, A Quiet Adjustment, Faber and Faber Limited, London 2008, p. 128.

25 Cfr. Robert Morrison, Jane Austen’s Pride and Prejudice: A Routledge Study Guide and Sourcebook, Routledge, New York 2009, p.56.

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Emma e Annabella condividono molti tratti caratteriali: consapevoli del proprio intelletto, non si vergognano di mostrarlo in pubblico, venendo spesso considerate fredde e altezzose a causa dei loro pensieri in contrasto con le convenzioni dell'epoca, come si evince da un'affermazione di Annabella nel secondo romanzo: “What a terrible thing it seemed, to surrender your life to a man! How pleasantly she had always got on in the safety of her parent' love and free from the confinement of a husband's.”26 La giovane rifiuta, infatti, la proposta di matrimonio dell'ecclesiastico George Eden, che avrà un ruolo minore nel romanzo come suo consigliere e confessore, e rifiuta anche la prima proposta di Byron, turbata dalla sua reputazione di libertino ma allo stesso tempo intrigata dalla sua eclettica personalità. L'iniziale volontà d'indipendenza di Annabella verrà smentita, in seguito, dal suo innamoramento nei confronti del famoso e contestato poeta.

“A very good man and a notorious libertine have fallen in love with you. If you are a very good girl, you must marry Mr Eden; but if you are a bad one, Lord Byron may sympathize but won’t love you for it”27, - tale è il monito dell’amica Mary. Come Polidori ed Eliza in Imposture, però, anche Annabella decide di seguire con ostinazione il proprio istinto, sebbene cosciente del pericolo cui andrà incontro: “If I am not happy, it will be my own fault”28. La presenza di Byron nel romanzo, seppur limitata, sarà decisamente negativa: la generale indifferenza nella vita coniugale e i soprusi nei confronti della moglie sono narrati con chiarezza e senza reticenze, così come gli episodi di violenza domestica. Sfortunatamente, infatti, Lord Byron cambia il suo atteggiamento nei confronti della moglie già dal giorno dopo il matrimonio: Annabella diventa solo una presenza che gli ispira un’insuperabile avversione. Le fa immediatamente capire che il rapporto che lo lega ad Augusta è di carattere amoroso- sessuale, che ha avuto delle relazioni con uomini e che le avrebbe reso la vita un inferno. Byron comincia a tormentarla in ogni possibile occasione, e con i metodi più crudeli. Durante un litigio, ad esempio, Annabella viene ferita da una scheggia di vetro provocata dal colpo di pistola esploso dal marito in un impeto di follia. Lei sopporta

26 Cfr. Benjamin Markovits, A Quiet Adjustment, op.cit., p.51.

27 Cfr. Ibid., p.43.

28 Cfr. Ibid., p.116.

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tutto in silenzio, nella vana speranza di farlo cambiare e di poter ricevere da lui l’amore che tanto desiderava, ma è tutto inutile: dopo la nascita della loro figlia Ada, un anno dopo il matrimonio, Annabella lascia la casa di Lord Byron, e non vi ritorna mai più.

Così, il melanconico poeta descritto da Markovits in questo secondo volume appare senz’altro sotto una luce negativa e porta il lettore a provare sentimenti di empatia nei confronti della giovane moglie.

Come in Imposture, anche in A Quiet Adjustment la plausibilità storica è evidente. “It's hard to decide which is more remarkable”, dichiara Killian Fox in The Guardian, se l’abilità di Benjamin Markovits di esplorare “the psychology of a 19th- century Englishwoman or his control over the language of her thoughts.”29

Il personaggio di Annabella, in questo romanzo, è dipinto dall’autore con lucida chiarezza in tutta la sua complessità psicologica: l’iniziale volontà di volersi misurare con il mito di Byron e i rari momenti di serenità coniugale si trasformano ben presto nella rassegnazione di vivere accanto ad un uomo che, sicuramente, non ha mai provato per lei gli stessi sentimenti che lo legano alla sorellastra Augusta. Proprio durante un soggiorno presso quest’ultima, Annabella diventa consapevole della relazione e ne resta turbata, soprattutto quando Byron ricorda alcuni ambigui aneddoti riguardo alla loro infanzia: “Have you ever known such happiness as our quiet little escapes from other people? At Newstead? And Bennet Street, and once, on the road between Cambridge and Newmarket, on the floor of a post-chaise?”30.

L'imprudente triangolo amoroso che coinvolge le due donne (“A kiss for you, and a kiss for you […] Her husband’s state of excitement was undeniable”31), determina la decisione di Annabella di lasciare il marito e tornare dai genitori con la piccola Ada, che non rivedrà mai più il padre. Ella continua, tuttavia, gli scambi epistolari con Augusta che si dimostra comprensiva e complice nei suoi confronti. Una piccola rivincita finale, dunque, per Annabella: colei che il marito ha sempre venerato e preferito, ora, è dalla sua parte. “What most upset her was not the acrimony Lord Byron had showed towards her but the fact that she had never been granted so easy a relation

29Cfr. Killian Fox, http://www.theguardian.com/books/2009/jan/04/review-quiet-adjustment-byron-trilogy (ultimo accesso 02/09/2015).

30 Cfr. Benjamin Markovits, A Quiet Adjustment, op.cit., p. 187.

31 Cfr. Ibid, pp. 188-189.

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as a sister: someone to whom she could fell ‘unmixedly attached’. That she was jealous, not of her, but of him. She had always wanted a sister. She had Augusta now”.32 Come sappiamo dalle varie biografie su Lord Byron, infatti, il giorno di Pasqua del 1816 Augusta vide il fratellastro per l’ultima volta, prima che egli partisse per il continente.

Childish Loves

Childish Loves is much more layered than the previous novels in the trilogy, and in that sense is even more rewarding.

Amy Mathieson33

La trilogia si conclude con Childish Loves (2011), in cui finalmente Benjamin Markovits dà voce a Lord Byron, attingendo a lettere e diari, per esaminare tre momenti cruciali della sua vita. Quest’ultimo romanzo amplifica la complessità della self- conscious metafiction, di cui si dirà più oltre, intrecciando biografie romanzate di Byron, del personaggio fittizio Peter Sullivan/Pattieson (il collega dell’autore incontrato nel primo romanzo) e dello stesso “Ben Markovits”. In seguito alla morte di Sullivan/Pattieson, lo scrittore-narratore eredita una serie di manoscritti riguardanti la vita del poeta Romantico: due completi (Imposture e A Quiet Adjustment) e uno incompiuto, contenente tre capitoli apparentemente scollegati tra loro. Affascinato dalla prosa e incuriosito dai pettegolezzi sul defunto collega, “Ben Markovits” ottiene la pubblicazione dei primi due volumi e diventa il curatore del terzo. Il suo progetto è quello di unire i tre frammenti su Byron al racconto della vita di Sullivan/Pattieson, per scoprire se la reinvenzione dei perduti memoirs possa fornire una chiave interpretativa della vita dell'ex professore. Come spiega “Ben Markovits”, infatti: “I want to find out what you can learn about people from the books they write, how much is true”34. Si

32 Cfr. Benjamin Markovits, A Quiet Adjustment, op.cit., p. 303.

33 Cfr. Amy Mathieson, http://www.benjaminmarkovits.com/byron-trilogy/ (ultimo accesso: 19/06/2015).

34 Cfr. Benjamin Markovits, Childish Loves, Norton & Company, New York 2011, p. 111.

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delinea, così, una chinese box complessa e articolata, che pone scomode domande su infanzia e iniziazione sessuale, innocenza, desiderio e attrazione.

Nel capitolo iniziale del diario, scritto in prima persona da Byron e intitolato Fair Seed-Time, appare l’immagine di un ragazzino precoce e innocente, che sperimenta i primi desideri sessuali, non del tutto ricambiati, per la cugina Mary Chaworth. Byron descrive la loro gita in barca come uno dei momenti più intensi mai vissuti: “The journey lasted no more than a minute or two, but I don’t know that I have ever passed a minute of such intensity in my life before, and perhaps never will again”35.

Tuttavia, in seguito all’arrivo di Lord Grey, di 8 anni più vecchio, nuovo inquilino della tenuta dei Byron a Newstead, gli interessi del ragazzo iniziano a cambiare e i due trascorrono molto tempo insieme. L’episodio conclusivo della loro notte passata nello stesso letto è descritto in modo vago e volutamente ambiguo: alle avances ricevute da Lord Grey, “We may please each other as much as we like”36, Byron risponde scrivendo nel suo diario:“Afterwards I did sleep; and he slept, too”37, senza aggiungere alcun commento sull’accaduto. “Ben Markovits” collega questo episodio ai pettegolezzi sulla presunta tendenza pedofila di Sullivan/Pattieson, accusato di aver avuto dei rapporti con il suo studente Lee Feldman. In Fair Seed-Time Peter sceglie di raccontare l’episodio dal punto di vista della vittima, forse per curiosità o rimorso, o semplicemente per vedere se stesso attraverso occhi esterni.

Nel tentativo di ricostruire la vita dell’ex-collega, “Ben Markovits” decide, inoltre, di incontrarne la madre che vive in una “low-slung Victorian terraced city”38, quasi a rispecchiare la personalità ottocentesca di Peter Sullivan/Pattieson. La donna si dimostra schiva e reticente alle domande del detective-narratore, interessata quasi esclusivamente ai diritti sui libri del figlio e al possibile guadagno. Tutto ciò che emerge su Peter è un’infanzia triste e solitaria, vissuta senza amici o interessi particolari, unici contatti gli inquilini della casa della madre. “Maybe one day a lodger had used to get him into bed”39, è il primo pensiero di “Ben Markovits”, ricordando l’episodio

35 Cfr. Benjamin Markovits, Childish Loves, op.cit., p. 97.

36 Cfr. Ibid., p. 110.

37 Cfr. Ivi.

38 Cfr. Benjamin Markovits, Childish Loves, op.cit., p. 130.

39 Cfr. Ibid., p. 137.

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dell’infanzia di Byron. Successivamente, a Londra, egli incontra Kelly Kirkendoll, una vecchia conoscenza della sua infanzia ad Austin, e i due trascorrono tempo insieme ricordando, nostalgici, alcuni aneddoti.

Nel secondo capitolo, Behold Him Freshman!, Byron è un dissoluto studente diciassettenne a Cambridge quando conosce John Edleston, un corista orfano che vive in una casetta alle spalle della chiesa di St Nicholas. L’interesse reciproco è subito evidente, e il rapporto che li lega va presto ben oltre l’amicizia. “You have made a great change in my life, I am grateful for it”40 gli confida il giovane corista che, prima della partenza di Byron dal college, si presenta nella sua camera con una scatola contenente una piccola corniola. “I wanted to give you something in remembrance. I like to think that, poor as my company is, it has kept you out of worse”41. Il gesto viene molto apprezzato da Byron, che scriverà il breve componimento “The Cornelian” (1806) proprio in onore del suo affetto per il ragazzo. In seguito, i due si incontreranno occasionalmente con sentimenti inalterati, come si evince dai memoir fittizi di Byron:“I certainly love him more than any human being, and neither time or distance have had the least effect on my (in general) changeable disposition”42. Il definitivo allontanamento avviene consensualmente qualche tempo dopo.

Il romanzo torna, poi, ad occuparsi della figura di “Ben Markovits” con i suoi problemi coniugali e i tentativi di analizzare e ricollegare l’episodio di Edleston alla vita di Sullivan/Pattieson. Il curatore decide, infine, di incontrare Lee Feldman, l’alunno con cui Sullivan/Pattieson avrebbe intrattenuto rapporti extrascolastici, la cui versione dei fatti è molto esplicita: “My favourite teacher and the only adult I had any kind of trusting relationship with wanted me to touch his penis. So I touched his penis”43. Un connubio di ammirazione e repulsione aveva spinto il ragazzo ad assecondare le propensioni, non convenzionali, dell’adulto.

L’ultimo interludio byroniano, A Soldier’s Grave, racconta l’esperienza del poeta durante la guerra d'indipendenza della Grecia, dove morirà nel 1824 all’età di 36 anni. Il soggiorno ellenico lo affascina molto, così come Lukas, il suo paggio quindicenne che

40 Cfr. Benjamin Markovits, Childish Loves, op.cit., p. 197.

41Cfr. Ibid., p. 198.

42 Cfr. Ibid., p. 241.

43Cfr. Ibid., p. 305.

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si dimostra timido e riservato e non ricambia le sue attenzioni, considerandolo un uomo

“anziano”. Lo charme dello scrittore non ha alcun potere su di lui: “It is clear to me that I am nothing to him”44. Quest’ultima immagine del poeta romantico è molto diversa dalle precedenti: sofferente e malinconico, Byron deve fare i conti con la propria immagine e il proprio mito che inizia a sbiadire. A tal proposito, il commento di Lukas nei suoi confronti è eloquente:

If you are a great man, it is not what I expected. Your hair is grey and not very thick, and your teeth are brown. And then, your foot makes you limp, which no one remarks on; indeed, people often say to you what they know to be false, as if you were a woman or a child. And you do what I ask, which I would not in your situation.45

Abituato ad avere il controllo della situazione, a questo punto della sua vita Byron si ritrova dominato da un ragazzo molto più giovane di lui, di cui ammira le qualità che hanno caratterizzato la sua stessa giovinezza:

Lukas is proud, without being sensitive; and free, without being generous; and honest, without being faithful. In short, he possesses exactly one half of those qualities that have made a joy and a misery of my life.46

È raggiunto, così, l’obiettivo iniziale della trilogia: esplorare l’eclettica personalità di Lord Byron da diversi punti di vista. Da insicuro quindicenne, a libertino e dissoluto studente, cosciente dell’influenza esercitata sugli altri, a marito indifferente, incapace di amare poiché accecato dall’amour propre: l’immagine finale dello scrittore ne dimostra l'insicurezza e la fragilità, in un’ultima, disperata richiesta di essere salvato da se stesso.

Nei tre romanzi, Markovits si dimostra, in generale, un attento osservatore dei caratteri dei vari personaggi: Polidori e il suo insoddisfatto desiderio di notorietà;

Annabella che vede deluse le proprie aspettative coniugali; Eliza che vive parte della sua vita nell’inganno; Augusta e la sua immorale esperienza affettiva. Di Byron in particolare, l’autore analizza tratti caratteriali da molteplici prospettive, che ne

44 Cfr. Benjamin Markovits, Childish Loves, op.cit., p. 373.

45 Cfr. Ibid., p. 374.

46 Cfr. Ibid., p. 375.

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forniscono un quadro complesso e articolato, ma soprattutto riescono, grazie alle abilità narrative manipolatrici di Markovits, ad attirare o ad allontanare le simpatie del lettore.

Lo stesso autore, infatti, afferma in un’intervista: “In both books I try to play on the reader’s sympathies, and change them, back and forth, over the course of the novel.”47

Il contesto letterario

Pubblicata tra il 2005 e il 2011, la trilogia si inserisce nel più ampio panorama della letteratura contemporanea e in particolare del postmodernismo, da cui non può prescindere. Tuttavia, come afferma Linda Hutcheon: “postmodernism cannot simply be used as a synonym for the contemporary”48, poichè una singola designazione non sarebbe sufficiente a rappresentare la cultura occidentale odierna, molteplice e frammentaria. Nell’ultimo ventennio del secolo XX, dopo i primi cenni degli anni Sessanta, si afferma sempre più una condizione indicata con il termine “postmoderno”, che abbraccia le varie forme della cultura influenzate dalla società industriale avanzata e dalla diffusione globale del capitalismo. Essa consiste nell'appartenere a un mondo che ha esaurito tutte le tendenze, gli ideali, le scelte della modernità. Utilizzato prima nel campo dell’architettura, il termine si diffonde poi nel settore filosofico e letterario, per indicare la fine delle ideologie che hanno caratterizzato il Novecento.

La cultura postmoderna nasce come una serie di stili e di idee contrapposti a quelli del precedente Modernismo, caratterizzato dal paradossale desiderio di riferirsi a valori morali ed estetici, pur constatandone l’inevitabile assenza. Il Postmodernismo, invece, si contraddistingue per lo scetticismo verso la natura totalizzante di quelle che nel suo La condition postmoderne: rapport sur le savoir (1979), Jean-François Lyotard definisce grands récits, ovvero spiegazioni onnicomprensive dell’esperienza storica o della conoscenza, utilizzate dagli uomini per dare un senso alla propria vita, e la cui assenza determina perdita di punti di riferimento, disorientamento e crisi d’identità. In

47Cfr. Joshua Lustig, “Writing against time: An Interview with Benjamin Markovits”,

http://www.openlettersmonthly.com/writing-against-time-an-interview-with-benjamin-markovits/

(ultimo accesso: 06/08/2015).

48 Cfr. Linda Hutcheon, A Poetics of Postmodernism, Routledge, London and New York 1992, p. 4.

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un contesto così composito, è inevitabile che la costruzione dell’identità diventi un processo sempre più difficile da realizzare con progettualità e sicurezze49.

In Contemporary British Fiction, anche Philip Tew afferma che, per analizzare il romanzo inglese contemporaneo, è necessario comprendere come gli scrittori, a partire dalla metà degli anni Settanta in poi, abbiano cercato di affrontare i cambiamenti culturali e sociali avvenuti all’interno del Regno Unito, riflettendone le relative problematiche nei romanzi.50

Il sociologo e filosofo polacco Zygmunt Bauman, ad esempio, definisce la nostra come “società dell’incertezza”, “modernità liquida”, “società individualizzata”51, ad indicare come in essa prevalgano l’incertezza, la perdita di senso e l’individualismo.

Con il venir meno di coordinate certe si registra, cioè, l’affievolirsi della fede e il fluttuare delle identità, ormai caratteristiche condivise e pregnanti del nostro tempo. In un volume dal titolo Intervista sull’identità, l’autore scrive infatti: “Il mondo attorno a noi è tagliuzzato in frammenti scarsamente coordinati, mentre le nostre vite individuali sono frammentate in una serie di episodi mal collegati fra loro”52. Come si vedrà in seguito nell’elaborato, tale caratteristica è centrale nella struttura narrativa della trilogia, in particolare dell’ultimo volume, composto dai frammenti di tre vite (reali e fittizie) collegate da alcuni elementi condivisi. Il lettore è continuamente disorientato dalla mancanza di punti di riferimento stabili, dal dubbio su ogni verità raccontata all’interno dei romanzi e dalla presenza di personaggi ed eventi reali e fittizi. L’intrusione stessa dell’autore nella narrazione e suoi commenti sul testo sono messi in dubbio.

Tra le caratteristiche stilistiche e tematiche del postmodernismo, una delle distinzioni principali riguarda ciò che in The Novel Today: Contemporary Writers on Modern Fiction (1977) lo scrittore Malcolm Bradbury definisce “the novel’s propensity

49 Per approfondire l’argomento si veda Jean-François Lyotard, La Condition postmoderne: rapport sur le savoir, Ed. de Minuit, Paris 1979.

50 Per ulteriori approfondimenti si veda Philip Tew, Rod Mengham and Richard Lane, Contemporary British Fiction, Polity Press, Cambridge 2003.

51 Cfr. Zygmunt Bauman , La società dell’incertezza, tr. it. di R. Marchisio, S. L. Neirotti, Il Mulino, Bologna 2014; Zygmunt Bauman , Modernità liquida, tr. it. di S. Minucci, Laterza, Roma-Bari 2011;

Zygmunt Bauman , La società individualizzata. Come cambia la nostra esperienza, tr. it. di G. Arganese, Il Mulino, Bologna, 2010.

52 Cfr. Zygmunt Bauman, Intervista sull’identità, a cura di Benedetto Vecchi, tr. it. di Fabio Galimberti, Laterza, Roma-Bari 2009, p. 4.

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towards realism, social documentation and interrelation with historical events and movements, and […] its propensity toward form, fictionality, and reflexive self- examination”53. Quest’opposizione binaria riflette l’idea avanzata da David Lodge, secondo cui il romanzo contemporaneo interiorizza l'esitazione dell’autore tra scrittura realista e pura scrittura finzionale. Molti romanzieri, infatti, incluso Markovits, si dedicano alla riscrittura di eventi storici introducendo elementi fittizi al punto da rendere quasi impossibile distinguere tra gli eventi realmente accaduti e quelli inventati dall’autore.

Inoltre, Theo D’Haen afferma a tal proposito:

The familiar humanist separation of art and life (or human imagination and order versus chaos and disorder) no longer holds. Postmodernist contradictory art still installs that order, but it then uses it to demystify our everyday processes of structuring chaos, of imparting or assigning meaning54.

Quanto detto finora riguardo al postmodernismo è stato ulteriormente specificato e riassunto da Ihan Hassan in quelli che chiama “Eleven ‘definiens’ of the term Postmodern” 55:

1. Indeterminacy: qualsiasi tipo di ambiguità o rottura in seno alla conoscenza e alla società.

2. Fragmentation: rispecchia la preferenza del genere postmoderno per le forme discontinue, collage o montage, a dispetto di un’idea totalizzante.

3. Decanonisation: quella che Lyotard definisce “delegittimazione” delle metanarrazioni, demistificazione della conoscenza, decostruzione del linguaggio.

4. Self-less-ness. Depht-less-ness: rimanda all’idea che il Postmodernismo sovverta l’idea tradizionale del ‘sé’, promuovendo un’immagine di identità monotona o il suo contrario, la moltiplicazione del sé.

5. The Unpresentable, Unrepresentable: la letteratura postmoderna sfida i propri limiti, contesta i metodi della propria rappresentazione, mettendo in mostra

53 Cfr. Malcolm Bradbury, The Novel Today: Contemporary Writers on Modern Fiction, Manchester University Press, Manchester 1977, p.8.

54Cfr. Linda Hutcheon, A Poetics of Postmodernism, op. cit., p.7.

55 Cfr. Ihab Hassan, “Pluralism in Postmodern Perspective” in Charles Jencks ed., The Postmodern Reader, Academic editions, London 1992, pp.196-207.

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quello che Julia Kristeva definisce “intolerable, unthinkable: the horror, the abject”.

6. Irony: il ricorso all’allegoria e all’ironia esprime le reazioni della mente alla mancanza di punti di riferimento stabili.

7. Hybridisation: indica la mescolanza dei generi, quali, ad esempio, la parodia, il travestimento, il pastiche.

8. Carnivalisation: termine notoriamente usato da Bakhtin in riferimento ai concetti di indeterminatezza, frammentazione, decanonizzazione, ironia, ibridità e anche ‘polifonia’ del linguaggio.

9. Performance, Participation: la caratteristica del testo postmoderno di interagire con il lettore mettendolo alla prova e coinvolgendolo nella ricerca di significato.

10. Constructionism: tipicamente figurativo e irrealista, il genere postmoderno procede alla “costruzione” della realtà attraverso la narrazione.

11. Immanence: la crescente capacità della mente di generalizzare se stessa e le proprie abilità, utilizzando simboli e sperimentando l’estensione dei sensi.56

In quanto veicolo di queste tematiche e questioni, la letteratura postmoderna si sgancia da ogni prospettiva storica e ideologica: non inventa qualcosa di nuovo, bensì riutilizza, combinandole in vario modo, forme già sperimentate. Per questo motivo, tratti caratteristici del postmodernismo possono essere considerati il citazionismo, l’imitazione e il pastiche, ovvero deliberate imitazioni dello stile di scrittori nel passato.

La fiction letteraria britannica di fine Novecento, infatti, mette in discussione la Storia, la sua natura e i suoi resoconti in vari modi, che condividono tutti, però, una critica alle grand narratives o “metanarrazioni” moderne, come quelle della ‘nazione’, del tempo e della Storia e alla loro universalità. Emerge, così, una testualità fatta di mondi instabili e storie multiple che riflettono il bisogno psicologico di trovare radici, colmare il vuoto e l’irrisolto che perseguita la sensibilità postmoderna ormai scettica e disillusa.

56 Per ulteriori approfondimenti si veda Ihab Hassan, “Pluralism in Postmodern Perspective” in Charles Jencks ed., The Postmodern Reader, op. cit., pp.196-207.

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Capitolo 1

Come una scatola cinese: cornice e struttura narrativa della trilogia

In questo capitolo si vogliono analizzare e approfondire inquadramento teorico e struttura narrativa della trilogia, attraverso tutti quegli studi sul postmodernismo oggi riconosciuti come i più importanti. Durante un’intervista, Benjamin Markovits racchiude la sua intera poetica nella seguente affermazione:

Well, I had a certain amount of information to impart, and I didn't want to impart it in the historical novel itself. I wanted to treat it as a contemporary novel that happened to be set 200 years ago. It seemed a suitably Romantic frame... Maybe, I'm too naive to be a proper postmodernist. I'm interested in taking real events and real texts, and seeing if I can weave a story round them so that I can't tell the difference between what's real and what isn't... I just want to make things that are intimate and alive and feel true.57

Si intuisce, quindi, che l’intenzione narrativa dell’autore non è di comporre una semplice historical novel, ma un romanzo contemporaneo ambientato 200 anni fa. Ciò che gli interessa, infatti, è attingere da eventi realmente accaduti e da testi esistenti per dipingervi attorno una storia fittizia che faccia confondere tra loro i piani narrativi di realtà e finzione.

In verità, forse anche inconsapevolmente, Benjamin Markovits va ben oltre il suo intento iniziale: egli non si limita, infatti, ad utilizzare la tecnica del pastiche per creare l'illusione di un romanzo scritto nell'Ottocento, né ad una riscrittura della vita romanzata di un mito della modernità. La confusione tra arte e vita, realtà e finzione, epoca contemporanea ed epoca passata percorre tutti e tre i romanzi e contamina i vari piani narrativi in cui si intrecciano la biografia romanzata di Lord Byron, quella totalmente fittizia di Peter Pattieson ad una alquanto incerta dell'alter-ego autoriale “Ben Markovits”, il quale, tra l’altro, commenta ed analizza alcuni passaggi dei romanzi attribuiti all’ex collega Pattieson, ma ovviamente scritti da Benjamin Markovits. E' impossibile stabilire, dunque, senza consultare i materiali originali, quali episodi della

57 Cfr. Christina Patterson, “Benjamin Markovits: Leaps in the dark”,

http://www.independent.co.uk/arts-entertainment/books/features/benjamin-markovits-leaps-in-the- dark-431684.html (ultimo accesso: 21/07/2015).

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vita di Byron siano realmente accaduti e quali siano stati inventati dall'autore, così come è difficile distinguere eventi e persone realmente presenti nella vita dello stesso Benjamin Markovits, da quelli fittizi. La giornalista Amy Mathieson commenta a tal proposito:

All three [novels] are beautifully written and reel you in to a disturbing world of fictions and a genuine attempt to answer the question about the essential unknowability of history…if the postmodern 'revival' of the historical novel is, as Anderson argues, about 'a desperate attempt to awaken us to history,' then few can have done it as entertainingly as Markovits.58

L’appena citato “disturbing world of fictions” rappresenta, dunque, un elemento importante del romanzo contemporaneo. Nel suo studio Postmodernist Fiction (1987), anche Brian McHale approfondisce quest’aspetto e lo classifica come elemento dominante caratteristico della letteratura modernista e postmoderna. Secondo quest’autore, la letteratura modernista si pone soprattutto domande epistemologiche, riprendendo Alan Wilde59, mentre quella postmoderna si concentra per lo più sugli aspetti ontologici:

The dominant of postmodernist fiction is ontological. That is, postmodernist fiction deploys strategies which engage and foreground questions like […]:

Which world is this? What is to be done in it? Which of my selves is to do it?

Other typical postmodernist questions bear either on the ontology of the literary text itself or on the ontology of the world which it projects, for instance: What is a world? What kinds of world are there, how are they constituted, and how do they differ?; What happens when different kinds of world are placed in confrontation, or when boundaries between worlds are violated?; What is the mode of existence of a text, and what is the mode of existence of the world (or worlds) it projects?; How is a projected world structured? And so on.60

Queste sono solo alcune delle domande ontologiche che il lettore della trilogia di Markovits è ripetutamente invitato a chiedersi. Più di tutti gli altri, infatti, i romanzi maturi dell’autore mettono in dubbio l’esistenza del mondo fittizio appena creato, spronano il lettore a riflettere sulla sua relazione con il mondo reale e, soprattutto, sui

58 Cfr. Amy Mathieson, http://www.benjaminmarkovits.com/byron-trilogy/ (ultimo accesso: 19/06/2015).

59 Si veda Alan Wilde, Horizons of Assent: Modernism, Postmodernism, and the Ironic Imagination, University of Pennsylvania Press, Pennsylvania 1987.

60 Cfr. Brian McHale, Postmodernist Fiction, Methuen , London 1987, p. 10.

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