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5.1. Trilogia dello sconforto

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Academic year: 2021

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i

5. TRADUZIONE

5.1. Trilogia dello sconforto

5.1.1. Le contaceci

Al caso rendo grazie per tre doni:

essere nata donna, di classe bassa e nazione oppressa.

E il torbido azzurro dell’essere tre volte ribelle

1

.

Maria-Mercè Marçal

A mia madre, per tanto, per tutto

[C’è IL DOMATORE che non muove le palpebre e ride sempre.

E poi c’è LA TRAPEZISTA che non parla, perché è MUTA.

…ma non sono soli]

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Quanta dignità c’è in un mucchio di merda?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il nome delle cose è la cosa stessa…

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Cosa vorresti dire?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Voglio dire che la merda non è nient’altro che quello, merda. E nella merda non c’è dignità.

[C’è lo specchio davanti a cui si trucca LA CONTORSIONISTA.

E c’è il tavolo dove lavora la moglie

…ma non ci sono solo quelle cose:

accanto allo specchio, un catino.

E accanto al tavolo, a terra, una piccola valigia]

1 M.M. MERÇAL, Divisa, in Cau de Llunes, Barcelona, Proa 1998, p. 15.

La traduzione dal catalano è mia.

(2)

ii

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Quanto tempo resteremo questa volta?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non molto.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Allora i bauli e le valige…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non si disfa nulla. Le lasceremo qui…

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Perché questo paese?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Portami il piatto.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Quanti spettacoli faremo?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Portami il piatto.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Nessuno, vero?

Sempre uguale. Da quanto tempo è così… Nessuno spettacolo.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Mettiti a lavorare. Non perdere tempo.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Perdere tempo? Ho la testa piena di ceci. Conto ceci tutto il giorno, 43 ceci per piatto.

Li metto a bagno, li cuocio, li servo, li butto via… A me piacciono così, crudi, come un nocciolo duro. Dopo no, dopo diventano molli, si spogliano… smettono di essere ceci.

Un giorno mi sono guardata allo specchio e ho visto che in viso avevo tante grinze come uno di questi ceci… io credo che sia a forza di contarli… sì, mi sono venute le rughe a forza di contare ceci. Ma siccome non ho il coraggio di smettere, ho deciso di coprire gli specchi.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ma cos’è questo? Sei

impazzita! Ci sono 45 ceci in questo piatto.

(3)

iii

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Di notte i ceci neri popolano i miei incubi.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Vuoi forse ammazzarlo, idiota? 45 ceci nel piatto del domatore di leoni! 45! Che intenzioni hai? Quante volte ti ho detto che ne devi mettere 43?! 43! Di più gli danno senso di pesantezza e di meno non gli placano la fame.

Getta il piatto a terra.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ricomincia da capo!

Raccoglili e ricomincia da capo. Così imparerai.

IL DOMATORE DI LEONI emette una fragorosa risata. E la testa gli si accende, rossa come un semaforo.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7…

Perché pensi che lo faccia apposta? Non è così. Impossibile. Io so contare solo fino a 43. «Non avrai bisogno di imparare altri numeri», mi disse lui, «non serve essere un genio per vivere sotto il tendone». Brilla poco un cielo con 43 stelle… 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15… «Il tuo nome è Sacrificio», mi dice, «E ricorda, il nome delle cose è la cosa stessa». Io non sono affatto una cosa.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ma ti chiami Sacrificio, cara.

LA MOGLIE sfiora la sua valigia con la punta delle dita.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Se sogno ancora è perché ho un segreto.

[Sta suonando un telefono.

Chi sarà?]

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Cos’è questo?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Il mio telefono.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: E da quando hai un

telefono?

(4)

iv

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Dove l’hai preso? (Al DOMATORE) Le ha dato lei il permesso? (Alla MOGLIE) A cosa ti serve? Parla!

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il mio basta e avanza, hai capito?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: (Al DOMATORE) Glielo chieda lei, ché a me non risponde… (Alla MOGLIE) Hai capito?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì.

LA CONTORSIONISTA: O forse non posso sapere chi ti chiama?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Dov’è? Ti sto chiedendo dov’è… Dammelo, cazzo!

LA MOGLIE prende il telefono da un cassetto e si dà premura.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Chi è?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non lo so.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: (Al DOMATORE) La sente? Dice che non lo sa… (Alla MOGLIE) Chi ti chiama?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non lo so.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non lo sai?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: No.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Stammi a sentire, bastardo!

Se chiami un’altra volta ammazzo te e lei, chiaro?

(5)

v

E riattacca…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Vedi? Tutto sistemato.

Quello lì non ti darà più fastidio. Il tuo nome è Solitudine e il nome delle cose… lo sai già, vero amore mio?

(Alla TRAPEZISTA) E tu cos’hai da guardare? La cecità è la virtù dei prudenti.

[C’è LA TRAPEZISTA che si benda gli occhi.

E qui non è successo niente.

È tutto come all’inizio]

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Anche mia madre contava ceci. E la madre di mia madre. E la madre della madre di mia madre… e così via fino alla donna originaria. Non ci hanno mai permesso di essere nient’altro. Nemmeno qui, sotto questo tendone, sono estranea a questo destino… meno che mai qui.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: E cosa speravi?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Si spera sempre in qualcosa di meglio… dicono che il circo è un mondo di sogni, no?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: E lo è. Ma ricorda che, anche se lavori per il circo, non ne fai parte.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Lo so.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il circo siamo noi artisti, fattene una ragione.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Lo so, ma non dimenticare che anche la rosa più straordinaria deve il suo profumo a del buono sterco.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Dovere… cosa, a chi? No.

Non dobbiamo niente a nessuno. Noi artisti dobbiamo il successo a

noi stessi. Nessuno corre più rischi di noi quando ci lanciamo alla

grande arena; io metto a repentaglio la mia vita per fare del circo

qualcosa di grande. Per questo sono il circo, perché senza di me

non ci sarebbe niente.

(6)

vi

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Parli come se avessi dimenticato che non calchi più l’arena…

LA CONTORSIONISTA: E tu con il rancore di chi non è mai stato importante e mai lo sarà… Nel circo è tutto diverso, mia cara. So che usi i miei trucchi e ti provi i miei costumi di nascosto …

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Questo non è vero.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Goditi pure quella consolazione furtiva… non per questo sarai più vicina alla grande arena.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Lo so.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Se invece di contare ceci nel retrobottega, li contassi sulla grande arena e il pubblico ti ammirasse per quello, non faresti tante storie.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ti sbagli.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non essere ipocrita. In fondo ti succede come a tutti. La grande arena ti attira più che a qualunque altro… perché sai che stare lì, con la gente ai tuoi piedi, ti fa sentire desiderata, unica, potente.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Tutto ciò che entra lì, esce inerte.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: E il potere ti arrapa, confessalo. Come ti rode non ottenerlo.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: L’unica cosa che mi rode è contare ceci contro la mia volontà.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non esagerare, potrebbe essere più dura. Alla fin fine noi artisti apprezziamo il tuo lavoro, ché è raro che ti si attacchino i ceci, cazzo.

Ce ne sono altri che non sono così fortunati… quelli che puliscono le gabbie delle bestie, per esempio. Qualcuno li conosce?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì, io.

(7)

vii

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Certo, tu, ma tu non conti…

No, a parte te, chi li conosce? Chi sa i loro nomi? Sono invisibili…

fantasmi che trascinano uno spazzolone. I loro animali valgono di più… In tutto il tempo che ho passato sotto questo tendone credo di non aver mai guardato uno di loro negli occhi o di avergli rivolto parola.

Con te parlo, vedi? Sei fortunata. Sì, quelli che puliscono le gabbie delle bestie stanno peggio.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Siamo legate dalla stessa corda; o tiriamo insieme fino a romperla o loro continueranno a essere invisibili e io a contare ceci.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: E cosa suggersici tu, eh?

Fondare il sindacato degli esclusi dal circo? Questo numero sì che è comico! Ti chiami Angoscia, mia cara. Impara a portare il tuo nome.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Conta-ceci… lo siamo sempre state. Te compresa.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: No, cara mia. L’unica cosa che io sono stata, sono e sarò sempre è una contorsionista. E una delle migliori, beninteso.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: 43 ceci nel piatto, la brava sposa. 43 ceci nei resoconti, la brava segretaria. 43 ceci nella culla, la brava madre. 43 ceci di piacere a letto. 43 ceci di morale nella scollatura e nella lunghezza della gonna. Per depilarti le ascelle e i baffi, 43 ceci. Per le tette sode, 43 ceci. Per i fianchi stretti e il culo alto, 43 ceci… sempre lo stesso, 43 ceci.

LA MOGLIE sfiora di nuovo la sua valigia con la punta delle dita.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Se sopravvivo è perché ho un segreto…

[Il telefono sta suonando di nuovo.

Chi sarà? Lo sapremo alla fine?]

(8)

viii

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Tu, mutina, mettiti un’inferriata a quelle orecchie!

LA TRAPEZISTA si tappa le orecchie.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Chi è?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA (Al DOMATORE) La colpa è sua perché è troppo generoso. Di qui in avanti, tuteli meglio il suo patrimonio. (Alla MOGLIE) Chi è?!

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non lo so.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: D – i – m – m – i – c – h – i – è ?!

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Porco Dio, di me non ride nessuno!

[Ci sono la frusta e l’anello del DOMATORE nelle mani della CONTORSIONISTA]

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: E adesso salta… passa dentro l’anello… Non mi capisci? Ti ho detto salta!

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sei forse tu il domatore…?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Allora tu non voler fare la leonessa… Attraversa l’anello! Hop!… Hop!… Hop! E adesso di nuovo, ma perbene, senza sfiorare il cerchio… Hop!… Le bestie lo fanno meglio di te… Ancora una volta… Hop! Salta… dài, passa dentro l’anello! Hop, hop, hop!

IL DOMATORE DI LEONI ride fragorosamente. E la sua testa si accende di nuovo come una lanterna di carta.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non per niente ti chiami

Diana, cara.

(9)

ix

LA CONTORSIONISTA getta il telefono in una delle valige ed esce.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non per niente ti chiami Diana… Diana… I cacciatori chiudono un occhio per affinare il colpo… guerci che credono di vedere da distante quello che non distinguono nemmeno da vicino.

[Ci sono LA MOGLIE e LA TRAPEZISTA MUTA.

Ma, anche se così sembra, non sono sole…]

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Di quanti ceci c’è bisogno per perdonare? Tre? No, ce ne vogliono di più… molti di più… per esempio, dieci. Sì, dieci. Dieci ceci di perdono… Pensi che basteranno? Dimmi, bastano? No, vero? Venti, venti ceci.

Trenta forse? Quaranta? Più di quaranta? Quanti!? Io so contare solo fino a 43, mi ascolti? Solo fino a 43.

[Tra virgolette e in corsivo c’è quello che LA TRAPEZISTA MUTA esprime nel linguaggio dei segni]

LA TRAPEZISTA MUTA: «Scappa».

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Scappare?

Scappare… Non provare pietà per me. Hai di meglio da offrirmi.

LA TRAPEZISTA trascina LA MOGLIE.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Dove mi porti? Cosa vuoi?

LA TRAPEZISTA MUTA: «Sali sul trapezio».

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Arrampicarmi? No, non ce la faccio. Soffro di vertigini.

LA TRAPEZISTA MUTA: «Devi salire per poter guardare e…»

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Arrampicarmi e

guardare? …

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x

LA TRAPEZISTA MUTA: «Non è solo guardare…»

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Per guardare cosa?...

LA TRAPEZISTA MUTA: «Non è solo guardare, ma scoprire…»

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Va bene, ma non lasciarmi cadere.

LA TRAPEZISTA MUTA: «Sali… non aver paura. Sali… E adesso chiudi gli occhi, respira profondamente e quando ti senti serena aprili, lentamente; aprili. Fallo. Cosa vedi? È cambiato qualcosa?»

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Da quassù, quello che c’è laggiù sembra un posto così assurdo.

LA TRAPEZISTA MUTA: «Ma le tue labbra continuano a essere due rondini oscure che non riescono a volare».

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: La moglie di un domatore di leoni non ha molte ragioni per sorridere.

LA TRAPEZISTA MUTA: «Ma io conosco il nascondiglio dei sorrisi schivi…»

LA TRAPEZISTA prende un coltello da un cassetto del tavolo e lo fa tintinnare su un piatto, richiamando l’attenzione come i direttori d’orchestra.

LA TRAPEZISTA MUTA: «Attenzione, per favore. Oggi ballerò per te».

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ballerai per me? Oh, grazie. Sono lusingata.

[E balla. E con i fiori sta fecondando vuoti senza bellezza.

E sta facendo scorrere dei chiavistelli.

E quando la sua danza sarà finita, forse,

avrà girato un certo angolo scuro e rancoroso]

(11)

xi

LA TRAPEZISTA MUTA: «Scappa».

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Come sarà la vita lontano da qui?… Sì, forse dovrei. O no? E se anche su altre rive si afflosciano le acacie? Qui almeno c’è un ordine, no?… Un ordine che mi protegge. Duro, sì, come una pietra… ma una pietra è pur sempre terraferma, no?

LA TRAPEZISTA MUTA: «Scagliala. Scaglia quella pietra. Ora che il primo verde delle piante intacca la roccia, scagliala.

Raschiare il muschio non serve. E nemmeno limare la pietra. Se combatti l’inevitabile, fallirai. Per attaccare o per difenderti, scagliala. Scaglia quella pietra».

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: E tu? Se sei così sicura perché non lo fai tu?

LA TRAPEZISTA MUTA: «Per certe cose è tardi per me… Ma se tu gridi, griderai la tua rabbia e la mia».

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non mi dare questa responsabilità. Ognuno è padrone delle proprie paure.

LA TRAPEZISTA MUTA: «Grida e il mio silenzio non sarà eterno».

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Mi dispiace.

LA TRAPEZISTA MUTA: «Scappa!… Scappa!»

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Se perdono è perché ho un segreto… Il mio segreto… Chi non ha un segreto? I segreti sono le storie che raccontano gli specchi a bocca chiusa.

Io ero giovane e mia madre mi fece un vestito giallo bellissimo… mi stregò, sognavo di sfoggiarlo al più presto e non vedevo l’ora di farlo. Non so nemmeno quante volte aprii la cassapanca: avevo voglia di ballare, di ridere, di saltare, di…

vivere. Finalmente il giorno arrivò: una domenica come tante altre,

di un mese come tanti altri, per fare una passeggiata assolutamente

uguale a tante altre, eppure io lo celebrai come si celebrano le cose

straordinarie.

(12)

xii

Lì lì per uscire, sulla soglia della porta, raggiante come una principessa mentre ammiravo il mio impero giallo, l’ombra di mio padre offuscò la mia gioia. La sua voce riempì il portico e un fulmine si interpose tra il mio vestito e me… il mio pomeriggio, il mio grande pomeriggio domenicale si ricoprì di crepe.

Si lascia scivolare fino a scendere dal trapezio

Mio padre sentenziò che il vestito mi fasciava il corpo più di quanto era rispettabile, così… Fu la prima volta che ebbi la consapevolezza di essere perseguitata da un uomo… La colpa non era del vestito. Allora qualsiasi abito mi avrebbe avvolta senza pudore, io ingrassai a base di fame ed ero tonda come una palla.

Feci l’unica cosa che mio padre mi permetteva di fare: stare in silenzio, abbassare lo sguardo e correre a cambiarmi… A volte la paura pesa più della rabbia.

Dopo, con la decenza ormai al sicuro, potei uscire; con decenza, sì, e… e un segreto in una borsa di plastica: il mio vestito giallo. Quel pomeriggio portai a spasso il mio vestito per le strade principali del paese, e a quello seguirono altri pomeriggi, non molti… la mia felicità era gialla e aveva la tessitura della muselina… Ci mise poco mio padre a scoprire la mia sfrontatezza e ancora meno a infliggere il suo castigo: mi diede a un domatore di leoni… e fu così che finii in questo circo.

Ah! I segreti sono le storie che gli specchi raccontano a

bocca chiusa… Anche oggi, come allora, ordisco segreti… Il mio

segreto…

(13)

xiii

LA MOGLIE apre la sua valigia. Ma la valigia è vuota. Entrambe si precipitano invano sul resto delle valige e dei bauli: o sono anch’essi vuoti o pieni di gabbie che rinchiudono vestiti, lettere, libri… oggetti che appartengono alla MOGLIE. LA CONTORSIONISTA torna con una valigia identica in mano. LA TRAPEZISTA sale di corsa sul trapezio e si tappa le orecchie.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Cercavi questo, cara?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ridammela…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA (Al DOMATORE) Gliel’avevo detto, sì o no? E, come vede, più che ceci conta ribellioni.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ridammela.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Sentimi bene, sacco di schifezze, lui non lo freghi. Non si possono avere segreti né con il domatore di leoni né con me!

Fa il gesto di aprire la porta.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: No! Ridammela.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Avresti dovuto fermarti prima di nascondere tutta questa merda.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Io non ho nascosto niente.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Allora cos’è questo?

Rispondi! Cos’è questo?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Il mio mondo…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il tuo mondo è sotto questo tendone, insieme a lui.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: …Il volto dei miei

sogni, la mia maniera di sopravvivere, di perdonarlo…

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xiv

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Cos’hai tu da perdonargli?

È lui quello che è stato insultato, non tu. Tu, tu lo insulti con i tuoi inganni. Bugiarda, donna schifosa.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI:… Il modo di scappare…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: E così tramavi di abbandonarlo! (Al DOMATORE) L’ha sentita? Progettava di abbandonarla. Lei, che l’ha accolta, che ne ha avuto pietà non curandosi del fatto che fosse una poco di buono… così la ripaga.

(ALLA MOGLIE) È questo che ti ha insegnato tua madre?

Non capisci niente. Lui è la tua unica famiglia e una famiglia è sangue, sudore e lacrime, e bisogna essere molto donna per preservarla. Scappare…!

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì, scappare.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Dove? Non hai nemmeno gli occhi per piangere…

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Quando Orione scompare, il cielo non rimane al buio…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Vuoi essere libera, vero?

Come le trapeziste! È così, credi di avere l’anima della trapezista, giusto? Guarda quella lì, non sembra che si stia godendo molto la sua libertà. Ti sei mai chiesta se, con tutte quelle piroette, la mutina è felice? Dài, chiediglielo!

So come ti senti. Tutte, a un certo momento della nostra vita, abbiamo sognato di essere trapeziste. Dev’essere l’altezza, ma lassù abbagliano il pubblico. Sembrano dee dell’aria. Quando saltano, la gente trattiene il respiro, nei loro occhi si percepisce una luce che non hanno con nessun’altra artista. Affascinati, vi si arrendono e seguono i loro intrecci a bocca aperta, prima di premiarle con l’applauso più forte di tutto lo spettacolo. Ti capisco, quando arrivai al circo ammaliarono anche me.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: No, non è questo.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Certo, così belle, così libere,

così eteree… invece noi contorsioniste provochiamo disagio,

(15)

xv

addirittura repulsione. Loro sono la poesia e noi i fenomeni da baraccone… ma io non corro il rischio di cadere nel vuoto.

Immagina che proprio nel cambio di trapezio, mentre è sospesa nell’aria, alla nostra mutina scivolino le dita dalla sbarra…

quella sera il pubblico non griderebbe più per l’emozione, ma per la paura.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Lo spettacolo non ci sarà nemmeno stasera.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Se sbagli ti spappoli a terra… Non si può essere molto felici così, non trovi? Al circo è tutto diverso. Sei fortunata a contare ceci. E a poter parlare. Tutto

‘sto popo di trapezista, e poi non può nemmeno fiatare.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì che parla.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ah, sì?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì, con me parla, con suoni e segni.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: No, con te scimmiotta, come fa con tutti. È fortunata a dover salire su un trapezio, ché sennò la esibiremmo come uno scimpanzé.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Zitta!

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Chi vuoi essere, la trapezista muta che si spacca la testa a terra o la moglie del domatore di leoni che conta ceci?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: No, non è così.

Smettila!

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xvi

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Certo che è così! Non vuoi essere libera come la trapezista? Beh, pare che le trapeziste le inghiottano gli abissi e che non possano nemmeno gridare perché sono mute; e sono mute perché, forse, hanno parlato più del dovuto.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Cosa? Sei diventata matta? Cosa stai dicendo?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Dico che le idee sono bellissime qui, capito? Qui …

Indica, arrivando a toccare la testa della MOGLIE

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: …Ma la vita, la vita è un’altra cosa. Quindi fa’ attenzione, cara mia.

IL DOMATORE scoppia di nuovo in una fragorosa risata rilucente. LA MOGLIE trema. LA CONTORSIONISTA la stringe fra le braccia.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Perché? Tranquillizzati… E se provassi ad avere un figlio? A questo tendone farebbe proprio bene un bimbo vivace e allegro… e come se ne vanterebbe il domatore di leoni. In più potrebbe insegnargli il mestiere, qualcuno dovrà pur continuare la tradizione, no? E anche a te farebbe bene. I figli aiutano a non ingigantire il vuoto…

…O un lavoro extra. Anche se i tempi sono cambiati, sotto il tendone ci sono ancora molte cose da fare, le mani non bastano mai; così ti sentirai più utile, più completa…

LA MOGLIE DLE DOMATORE DI LEONI: Più schiava. Così mi sentirò ancora più schiava.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: La tua superbia sarà la tua rovina.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: La vita è cambiata davvero? Io continuo a essere un ostaggio.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ssssst…

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xvii

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: La sera è lenta come un’amnistia impossibile.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ssssst… sei così bella.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Gli oggetti guardano con una quiete così dimessa che viene voglia di piangere.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Parole, parole…. Vieni, se voglio, anch’io so ballare…

[E le impronte della CONTORSIONISTA

ricoprono già i fianchi, le cosce e i seni della MOGLIE.

LA MOGLIE è abbandonata al palpeggiamento e all’indolenza.

E il trapezio è vuoto, perché LA TRAPEZISTA, a questo spettacolo ha deciso di non assistere.

…È volgare la luce che non riflette

e lascia i suoi strascichi di peste sugli specchi]

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Perché ti affliggi? Per il domatore di leoni? Entrambe sappiamo che lui è felice con te… E che a modo suo ti ama. Ti ama… te lo dice continuamente, o non è così?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì, è vero.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: È lavoratore, affettuoso…

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì, affettuoso.

Quando andava tutto bene sulla grande arena era molto affettuoso.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: E allora? Perché ti tormenti?

È un uomo, non un mostro.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: No, non è un mostro.

Ma a volte…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: A volte niente… i domatori

di leoni hanno le loro manie. Ascoltami, nulla è perfetto; sii

paziente… sii dolce… e passerà. Al circo è tutto diverso…

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xviii

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì, ma a volte…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: A volte niente, te l’ho già detto. Gli uomini hanno le loro manie e noi le nostre.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì, ma a volte mi fa paura…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Paura? Fammi il piacere, è il colmo… la moglie di un domatore di fiere che ha paura!

No, la paura è non servire a niente, essere uno dei tanti oggetti della stanza delle cianfrusaglie, sporco e dimenticato.

Prima io ero qualcuno sotto il tendone, pochissime al mondo si potevano paragonare a me. Tutte le sere c’erano centinaia di persone a guardarmi… nella grande arena, io da sola di fronte ai riflettori e tutta quella gente. Una sensazione grandiosa. Arrivai a credere che tutto quello sarebbe stato eterno, che io e solo io sarei stata la prima stella di questo tendone per sempre, e che il pubblico mi avrebbe sempre coccolata.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: La mia paura non ha quel volto.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Invece il pubblico non mi applaude più, nemmeno mi conosce. Hanno la memoria corta. E anche se gli artisti mi rispettano, rappresento il circo classico, quello che i più altezzosi chiamano vecchia scuola. La vecchia scuola! Capisci? Tu non sai di cosa parlo, per questo non mi capisci.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: So di cosa parli e ti capisco, ma non è la mia paura.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: No, non mi capisci. Devi essere felice, una conta-ceci non passerà mai per tutto questo. È il vantaggio dei mediocri.

La colpa è delle dannate cinesi. Sì, adesso vanno di moda le cinesine di tredici anni: incapaci di aprire gli occhi, orecchiute, sorridenti e annodano addirittura l’epiglottide… Sono delle ficcanaso quelle cazzo di cinesi. E che non mi vengano a dire che è dovuto alla filosofia orientale! Vaffanculo alla filosofia orientale…

anch’io farei quello che fanno loro se avessi mangiato solo riso

(19)

xix

bollito, ma mia madre mi ha dato la tetta, la tetta, capisci? La tet-ta, come la gente civilizzata… e per forza mi si sono calcificate le ossa… Cinesi del cazzo, se li avessero bombardati davvero, a quest’ora non andrebbe così male.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Che bombe?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Quelle bombe lì… nucleari.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: È stato in Giappone, non in Cina.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Fa lo stesso.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: E le hanno lanciate veramente.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Davvero? No, hanno detto così, invece no. Sennò come ti spieghi il fatto che siano così tanti e così allegri? Tutto il giorno a ridere! Se gli fossero cadute in testa quelle bombe non avrebbero tanta voglia di scopare, invece no.

Stanno sempre lì a scopare come conigli e a partorire contorsioniste. Giù a scopare e a partorire contorsioniste. Magari sparissero. Odio i cazzo di cinesi.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Io odio il circo.

[Il silenzio è aggrovigliato ai riccioli dell’ultima confessione]

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: No, tu odi quello che sei nel circo.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Odio quello che il circo è in sé e per sé. Come te, ma tu hai paura di ammetterlo.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Sei diventata matta.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Matta? Non sono io che mi trucco, giorno dopo giorno, per niente.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Cosa vorresti insinuare?

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xx

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Vivo in questo tendone da anni; quando arrivai, tu non ti esibivi già più nella grande arena, e però tutte le mattine, senza eccezione, un giorno dopo l’altro ti siedi di fronte allo specchio e ti trucchi per lo spettacolo. È un rito funebre che ti tiene viva.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Chiudi quella bocca nera!

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Per questo odio il circo. Perché, prima o poi, ci bastona tutti. È la sua natura. Animali e persone, tutti bastonati. Con una differenza: gli animali diventano docili e noi più miserabili. Non capisci? Il circo ti bastona da anni e tu continui a difenderlo.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Al circo è tutto diverso.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Al circo è tutto perverso… Dimmi perché. Dimmelo. Perché lo difendi?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Perché il circo è la mia vita.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non è vero.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Io sono stata la prima contorsionista di questo tendone, una grande stella.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ma adesso sei una marionetta.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Zitta, insolente! Io ero la migliore. Sarei potuta andare in altri circhi, in Russia o in Romania… ma ho rinunciato, perché il mio posto era qui, sotto questo tendone, con la mia gente.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Hai scelto il tendone, sì, ma ti sei offerta al circo in sacrificio.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non è così.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì, è così.

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xxi

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: No.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Menti inutilmente.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: E lo farei di nuovo, non mi pento. Il tendone era la mia famiglia e dovevo proteggerla…

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ma hai negato te stessa e da lì è nato il tuo odio.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: …Per questo sono ancora qui, e per questo mi trucco ogni giorno. Non mi trucco più per il pubblico, né per il circo. Mi trucco per il tendone, perché mi riconosca la mia gente.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Quanti artisti sono ancora nel tendone? Quanti? Quanti rimangono di quelli che hanno condiviso con te la grande arena…?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Pochi.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Nessuno.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Sì che ci sono.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non è rimasto nessuno.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ma, a volte, vengono a trovarmi. Chi lo ha provato in qualche modo torna sempre.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: È questo che ti fa paura.

Dire a voce alta che hai rinunciato a te stessa per questo tendone, che oggi ti guarda come se fossi un’intrusa.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: In questo tendone mi si rispetta ancora.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Come si rispetta ciò

che non è tuo… con lo stesso calore. Ti fa paura ammettere che sei

(22)

xxii

ancora qui perché non hai un altro posto dove andare. Proprio tu, sì!

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Bugiarda.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: La solitudine ha le sue lugubri abitudini.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Lasciami in pace!

[Sta piangendo chi di solito provoca le lacrime.

A volte, quando fa notte nel deserto, si può sentire il pianto delle pietre]

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Io sono stata l’artista principale di questo tendone, una grande stella… con me il pubblico si è commosso come con nessun’altra contorsionista. L’ho visto nei loro sguardi, nelle loro espressioni di meraviglia, nelle loro ovazioni… io sono una grande stella del circo… posso andare dove voglio.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Certo… Una grande stella, persino da Mosca ti hanno chiamato.

Ma i tempi sono cambiati, lo dicevi tu stessa… ci sono altre alternative, ancor di più per una prima contorsionista. Forse esiste addirittura un circo differente, che infonde più speranza…

Per questo, accompagnami… Andiamocene, ma andiamocene davvero. Una volta per tutte, per non tornare più.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: No, non ce la faccio.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Certo che ce la fai, e, cosa più importante, lo desideri. Ne hai bisogno. Dài, coraggio!

Scappiamo! Lasciamoci tutto questo alle spalle. Quest’ambiente opprimente, queste tele come mezzo di sopravvivenza, pesanti come muri di cemento armato…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ci sono cose peggiori. Se pensi che il peggio sia questo, ti sbagli.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Abbi fiducia in me.

(23)

xxiii

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: No, non ce la faccio. Non voglio, voglio morire al circo.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Questo circo è già morto.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Un brutto periodo, tutto qui.

Un brutto periodo non sotterra nessuno.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ah, no! E cos’è un circo senza spettacoli? Il circo ti sta uccidendo. Abbi fiducia in me, non aver paura.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Paura? Non ho paura. Al circo è tutto diverso…

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Io sì, io ho paura…

perciò voglio dimenticare tutto questo, scappare dal domatore di leoni.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il domatore di leoni?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì, accompagnami.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: No. Fuori non c’è niente…

e dicono che faccia così freddo…

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Allora aiutami, almeno. Aiutami a uscire da questo dannato tendone. Per favore.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il domatore di leoni…

paura?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sì. Paura, sì.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ci siamo passate tutte.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Allora dovresti

capire.

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xxiv

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Capire? Non è così facile, mia cara. Qui svolgi una funzione. Chi preparerà i ceci domani, eh?

Per te se il circo muore di fame è lo stesso, vero?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Al diavolo il circo, questo tendone e i ceci…

LA CONTORSIONISTA schiaffeggia LA MOGLIE.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Chi ti credi di essere tu…

chi? Tu farai quello che abbiamo fatto tutte, perché non sei superiore a nessuno, hai capito? Non ti muoverai da qui e resisterai come abbiamo resistito noi e come continuiamo a resistere.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Come puoi augurarmi una cosa del genere?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non ti chiedo di capirmi, mi basta che tu mi obbedisca. Quindi smettila di darti arie da Antigone folclorica. Con il tempo imparerai che al circo è tutto…

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: …Diverso, lo so. Al circo è tutto diverso. No. Il circo non inganna, tutto è quel che sembra.

La cosa peggiore è la pioggia. È bello veder cadere la pioggia dietro l’enorme vetrata di un caffè o da dentro il portone di una casa. Da quei posti sembra che non bagni, sembra come se la pioggia fosse una metafora di se stessa. Elegante e bohémien come un film in bianco e nero… Invece non so cosa succede alla pioggia quando sferza questo tendone. Non lascia nulla di lirico al suo passaggio, solo fango. Fango… un’enorme palude… e una tristezza pesante impregna le giunture.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il circo è quel che è e non può essere nient’altro.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: E noi… cosa siamo

noi? Questa linea di desolazione negli occhi?

(25)

xxv

Signore e signori, entrino a vedere il non luogo più spietato del mondo… benvenuti al circo. Non portiamo nulla dal luogo dove veniamo; e non lasceremo niente quando ci allontaneremo da qui!

Ci vuole così poco per essere una di noi: forse l’espressione transitoria del fuggitivo. Tu nascondi la smorfia del dolore sotto quella maschera, che è il tuo balsamo e la tua forca.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non essere presuntuosa.

Forse non la vedi, ma anche tu porti la tua.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: …Quella maschera non ti basta e lo sai. Il tuo dolore è più profondo, si attacca alle ossa… non lo allevia il glorioso riflesso di uno specchio truccato.

Ma non mi fai pena… alla fin fine è una tua scelta. Ma non la mia, capisci? Non la mia.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Se cadessero le maschere sarebbe tutto insopportabile. Uno spettacolo terribile.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: E così è meglio?

Rispondimi! Perché devo sopportare che questo venditore ambulante muoia a bruciapelo?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Perché non è più indegno di qualunque altro.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Io non avrò mai abbagliato nessuno nella grande arena, ma sono troppo orgogliosa per ingannarmi.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Quando tutto è una mascherata, non portare maschera è già una maschera.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Né ricordi, né affetti, né speranza… ho il cuore pieno di procedure…

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Almeno non è vuoto.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Me ne vado.

(26)

xxvi

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non oserai.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Voglio camminare scalza per un campo di meli. Voglio contare stelle, vedova di ceci.

Me ne vado.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Qui le porte cambiano di posto in ogni momento e sono tutte chiuse.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Tu ormai hai scelto il tuo destino. Ora tocca a me impossessarmi del mio.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Oggi che nessuno vuol più bene a nessuno avere un uomo accanto è un sollievo.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Quanto più lui mi si avvicina, tanto più io mi allontano da me stessa.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ti ha dato un tetto per tutti questi anni… si merita un po’ di considerazione, non credi?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Me ne vado. Vado all’incontro con me stessa.

LA MOGLIE cerca di prendere la valigia.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Le cose si chiedono per favore.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Quello che è tuo lo prendi, non lo chiedi. E questo mi appartiene, non ho bisogno del tuo permesso.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Vediamo, cosa posso farci?

Forse al domatore di leoni viene in mente qualcosa… (Al DOMATORE) Ha qualche idea?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ridammela immediatamente!

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Accetto ordini solo da duchi

e marchesi…

(27)

xxvii

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ti ho detto di darmela!

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: …Per favore, le cose si chiedono per favore…

IL DOMATORE ride di nuovo. E la sua testa si accende ancora.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Sa che le fa paura? La conta-ceci ha paura di lei… per questo vuole scappare.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ridammela, ti supplico.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Vieni a prenderla.

LA MOGLIE si avvicina decisa.

LA CONTORSIONISTA nasconde la valigia.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il domatore di leoni…

paura! Cosa vuoi saperne tu, idiota?. Adesso ti parlo io della paura.

Paura è arrivare a cinquant’anni e non avere nessuno da aspettare a casa. Questa è la vera paura! Ascoltare l’eco del tuo stesso respiro mentre lecchi le pareti… il silenzio…questa è la vera paura. Perché il silenzio non è calma, né vigilia, né riposo... È il nulla, cespuglio secco nelle viscere. Veniamo scagliate in questo mondo per avere paura… adesso devi scegliere… che paura preferisci.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Se mostri paura a un cane furioso, se cerchi di scappare, più feroce sarà il suo morso…

fiutano la paura. E, come vedi, voglio mettermi a correre. Riesco già a sentire le dentate… ma preferisco correre.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Sono denti da latte, il tempo li farà cadere.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Anche i denti da

latte trapassano la pelle… e questi sono canini.

(28)

xxviii

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il tempo li farà cadere.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Anche il tempo che passo con lui è una vertigine che mi fa male.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ti chiami Dolores, cara, e il nome delle cose è la cosa stessa.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non nel mio mondo.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il tuo mondo? Ti riferisci a questo?

Agita la valigia.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Un mondo in cui non abita nessuno non è di nessuno… non appartiene nemmeno a te.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Ci abito io, questo è sufficiente.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il tuo mondo è una menzogna, non esiste. E quello che non esiste non si nomina.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: E lo dici proprio tu, che dai nomi alle cose prima che le cose esistano? Non si officiano battesimi al patibolo, no… non nel mio mondo.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Povera creatura; il suo mondo, dice! Non è buona nemmeno per rimanere incinta e si riempie la bocca parlando del suo mondo!… Io governo il tuo mondo.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Il mio mondo è irraggiungibile per te. Non puoi più cambiare niente.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Non esserne così sicura.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: So già cosa c’è in

fondo al cammino di piastrelle gialle… tu non puoi cambiare

niente. Né tu né lui. Non più.

(29)

xxix

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ma è ancora in mio potere…

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sei invecchiata così male che ormai ti accontenti di qualsiasi cosa.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Io rendo nuova ogni cosa, sempre e fino alla fine!

LA CONTORSIONISTA cerca di aprire la valigia.

LA MOGLIE impugna il coltello che riposa sul tavolo.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: No! Non farlo!

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Avanti, cerca di impedirlo!

[Il coltello sta fendendo l’aria.

E il sangue è impaziente di proclamarsi.

Il lutto sta chiamando a gran voce, LA TRAPEZISTA lo sente… e torna]

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Pensaci bene, mutina! Una volta ti ho tagliato la lingua, non mi importerebbe tagliarti anche le orecchie.

[È smussata la punta del coltello e la lama non taglia.

LA CONTORSIONISTA sta annunciando la sua vittoria.

LA MOGLIE è a terra e LA TRAPEZISTA paralizzata]

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Il tuo mondo è qui, sotto il tendone, insieme al domatore di leoni. Tutto il resto è una menzogna.

LA CONTORSIONISTA apre la valigia, stracolma di aereoplanini di carta, che rovescia nel catino.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: No! No.

(30)

xxx

[LA MOGLIE sta raccogliendo aerei.

Aerei affondati come navi da guerra]

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Vedi? Al circo tutto è diverso… Mi hai fatto sudare, troia. Prega che non mi si rovini il trucco.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Quest’acqua che scivola tra le mie dita è l’acqua che metto in mezzo. Come stare a galla in un pozzo di acque morte? Come non affondare, se queste pesanti sofferenze zavorrano il mio corpo?

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Tranquilla. La merda non ha dignità, ma alla fine galleggia sempre.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non ci sono correnti buone nell’Acheronte.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Ti converrebbe essere più, come dire, più rustica. Quando ti dai importanza mi… mi tormenti, mi mandi fuori di testa.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Nuoto tra due acque che mi arrivano fino al collo: tu, che sei acqua mite, e lui acqua burrascosa. Entrambi credete che io sia un naufragio ed entrambi vi dite salvagente… Naufragio… A forza di stare sul fondo ho imparato a respirare come i coralli.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Va bene, basta! Piantala con i lamenti e le prediche!

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non naufragio, sono immersione, onda e mulinello …

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: (Al DOMATORE) O la zittisce lei o lo faccio io!

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sua è l’acqua del tuo

mondo, questa che passa tra le mie dita… e acqua tua che passa,

non muove i miei sogni… Tu e lui, lui e te… siete melma nera

dello stesso pantano.

(31)

xxxi

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Porca madonna, questo sì che non te lo permetto.

LA CONTORSIONISTA afferra la frusta.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non ci provare nemmeno. Fai attenzione con me, perché ho affilato i nervi come schegge. Ancora un altro abuso e ti assicuro che, in questa guerra, dovrai vedertela con me.

Guardami bene. Ogni alba negata, ogni fiore strappato, tutti i nomi, le voglie, i passi, le speranze rubate mi hanno indurito la pelle. Non sanguino più, ma conosco il cammino del sangue. Non grido più, ma so dove alberga il dolore… invece tu hai il corpo molle come una lumaca.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Fa’ attenzione, mia cara!

Devi rispetto a me e a lui!

[La frusta sta fischiando nell’aria come un grido di iene.

Ma non c’è iena a cui non faccia paura un ruggito.

E qualche crudeltà sta ruggendo nel petto ed esplodendo nella gola di chi non parlava prima e non parlerà poi.

…Ma quando l’odio è ancestrale non c’è bisogno di lingua per gridare]

LA TRAPEZISTA MUTA: Calcola bene il tuo viaggio, perché sarà di andata e ritorno. Ho veleno a sufficienza per entrambe.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Tu non puoi parlare. È impossibile… Queste mani hanno sostenuto la tua lingua, quieta come un pesce morto, come un pezzo di carne inutile. Non può essere, te l’ho tagliata con le mie stesse unghie!

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Al circo è tutto diverso.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: (Alla TRAPEZISTA) Chi

sei? No, no, non è possibile. Come ti chiami? Chi sei?

(32)

xxxii

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Sono stata porta che l’aria attraversa da pari a pari, e finestra aperta sulla sera in cui si intrufola il sole. Acqua che cola dai burroni, questo sono stata.

Sono stata avena e miele… fino a oggi.

Prima o poi doveva succedere. Ti sei sforzata tanto a fare uscire il peggio di me… Se ti fossi impegnata così a volermi bene

… Ormai non rimangono ferite aperte… Ho veleno a sufficienza per entrambe.

Entrambe accerchiano LA CONTORSIONISTA.

LA MOGLIE recupera il coltello.

Con nastro adesivo le legano gambe e braccia alle gambe e ai bracci della sedia.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Cosa fai? Cosa hai intenzione di fare?

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non posso seppellire i suoi presagi senza i tuoi presagi seppellire…

(Al DOMATORE) Adesso non ridi, non lo trovi divertente? Se pensassi che sgozzandoti finirebbe tutto, non esiterei a farlo, te lo garantisco. Ma so che sei solo un povero figlio di puttana, l’ennesimo figlio di puttana tra tanti domatori di leoni…

La testa del DOMATORE si accende come un lampeggiatore.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Conficchi il tuo pungiglione senza compassione, ma con lo stesso pungiglione con cui uccidi, muori. E nonostante il tuo aspetto da boia, che lo sei, non hai colpa di tutto questo massacro. Il colpevole è questo circo macellaio che, per pietà, ha un epitaffio… e lo chiamano circo quando dovrebbe chiamarsi mattatoio.

Con un salto, copre la testa alla CONTORSIONISTA con una busta di plastica e gliela stringe al collo con del nastro adesivo.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Abbatti pareti e

muri. Apri il passo a chi è maledetto, ostile e infetto. Ridona ai

dimenticati il loro regno!

(33)

xxxiii

LA TRAPEZISTA svuota le gabbie. Poi bagna il tendone con delle taniche di benzina. LA MOGLIE ne prende una e cosparge IL DOMATORE e LA CONTORSIONISTA.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Io ho fatto del mio meglio.

Ho cercato di fare del mio meglio… È facile giudicare gli altri.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Non aver paura. Tra poco sarà tutto finito… persino il dolore.

LA CONTORSIONISTA RITIRATA: Pensi di essere innocente?

Qui nessuno è innocente… È solo questione di tempo, nessuno è innocente. Nessuno! Nessuno!

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Questa è la cerimonia della seta e del piombo. Piombo al piombo, affinché prevalga la seta…!

LA TRAPEZISTA accende un fiammifero e prende co ogni cosa. Circondata dalle fiamme, LA MOGLIE, prima di andarsene, rimette nella sua valigia tutti gli aeroplanini di carta che riesce a trovare. LA TRAPEZISTA torna al suo trapezio.

LA MOGLIE DEL DOMATORE DI LEONI: Lo spettacolo non ci sarà nemmeno stasera.

[E una tempesta di fumo, cenere e fiamme

sta ruggendo come un animale ferito gravemente:

stanno bruciando le tele, le paure e tre corpi]

(34)

xxxiv

5.1.2. A Genova non fa giorno

I lupi e i briganti non si divorano tra loro

2

Conte di Lautrémont, I canti di Maldoror

I barbari non guardano negli occhi quando parlano

3

Leopoldo María Panero, Réquiem

[Opprime la corda attorno ai polsi;

due piaghe in pariglia.

Sangue secco sulla corda che lega l’INFAUSTA:

una camicia da notte penosa, intrisa di piscio.

Opprime la corda, il sangue, il piscio e il freddo;

soprattutto il freddo]

L’INFAUSTA: Strinsi le gambe. Le strinsi forte. Le strinsi una contro l’altra come due cornacchie ammalate. E strinsi, strinsi, strinsi ancora. Le chiusi perché non passasse nemmeno un filo d’aria. E soffocò.

IL RE: Non è ancora abbastanza inferno? Non è ancora abbastanza inferno?

L’INFAUSTA: Lo sentii soffocare a poco a poco. Aveva un’espressione da vecchio. Io so che fece un’espressione da vecchio e soffocò. Mi senti?

IL RE: Dannata nebbia! Dannata nebbia che confonde la notte con il giorno!

L’INFAUSTA: Lo strinsi dentro e soffocò. E una volta soffocato…

il silenzio.

IL RE: Questa nebbia mi sta arrugginendo i polmoni. A che mi serve essere re, se non ho aria pulita da respirare? Tu… tu sei il mio giardino. Fai qualcosa.

2 I. DUCASSE COMTE DE LAUTRÉMONT, I canti di Maldoror, trad. it. Nicola M.

Buonarroti, Milano, Feltrinelli 2010, p. 34.

3 L.M. PANERO, Réquiem, in El último hombre, Libertarias, Madrid 1984, la traduzione dallo spagnolo è mia.

(35)

xxxv

[Nonostante lamenti già qualche dolore, – gemiti da morituro –

IL RE non sa

che sta marcendo dentro]

L’INFAUSTA: La cosa peggiore delle rovine è il silenzio.

IL RE: A nulla mi serve essere re, se non ho aria pulita da respirare.

L’INFAUSTA: Il silenzio è un insetto maligno che chiama a raccolta altri insetti e tutti insieme rosicchiano la tranquillità del sonno.

IL RE: Aprite le finestre! E se lo sono già, fatene di nuove!

L’INFAUSTA: Mentre stringevo le gambe gli insetti mi mordevano. Più stringevo, più aumentavano.

IL RE: Dannata nebbia, ritira i tuoi ghiacciai! Non è abbastanza?

Non è ancora abbastanza agonia? Tu… tu sei il mio giardino, e i giardini conoscono gli scherzi del firmamento. Dimmi, in che nicchia fiorisce la brezza di mezzogiorno?...

L’INFAUSTA: Perché io?

[E il silenzio conficca le unghie nella pietra]

IL RE: Perché tu? E perché no?

L’INFAUSTA: Questa non è una ragione sufficiente.

IL RE: Non ci sono mai ragioni per niente. E se ci fossero, non sarebbero mai sufficienti… ma avevo bisogno di un giardino. Aria pulita.

L’INFAUSTA: Quante estati sono maturate nel fico da allora?

IL RE: Tutti i re, tutti i palazzi hanno bisogno di un giardino.

L’INFAUSTA: Era estate e tremavo dal freddo. Qui fa sempre

freddo.

(36)

xxxvi

IL RE: Ho avuto altri giardini, ma si sono dissanguati. Tutti.

L’INFAUSTA: Le pareti ululano umidità e nostalgia.

IL RE: Ho avuto altri giardini, ma si sono dissanguati. E un giardino che si dissangua è un giardino inutile. Diffonde ombre che poi ti perseguitano.

L’INFAUSTA: Fiori morti in bocca.

IL RE: Un re non dorme mai. Gli imperi si perdono di notte, per questo non dorme. Un re riposa nei suoi giardini, ma se si dissanguano…

L’INFAUSTA: Da mesi si ammassano fiori morti nel cielo della bocca. È lo schifo. Lo schifo.

IL RE: Presto partiremo per Genova. Là i cieli sono sereni.

L’INFAUSTA: Non farà giorno nemmeno a Genova.

IL RE: Aria pura! Questa corte di ladri, corvi, arlecchini e lacchè non mi fa respirare né ridere.

L’INFAUSTA: Sorriso mellifluo. Marcito anch’esso per lo schifo.

IL RE: Giullari! Ho bisogno di giullari! Giullari che facciano fiorire speronelle nell’incavo delle mani e portino aria pura sotto il cappello.

L’INFAUSTA: Attanagliato dall’orrore nel tuo stesso palazzo…

IL RE: No. Deve ancora nascere l’uomo, l’esercito o la sostanza che possa accerchiare il mio palazzo.

L’INFAUSTA: Intrecci della stessa corda porranno presto fine a tutto: al mio tormento e al tuo impero.

IL RE: Io splendo come i metalli antichi. La mia luce non si pente né decade. Undicicolpi!

L’INFAUSTA: No! No. Non è ancora l’ora.

(37)

xxxvii

IL RE: Undicicolpi!

[Rimbomba la voce che chiama alla morte.

Così risuona il nome di colui che uccide]

L’INFAUSTA: Non si ode il pianto dei campanili. Non è ancora l’ora!

IL RE: L’ora giunge in qualsiasi momento.

L’INFAUSTA: Non viene meno la tua collera?

IL RE: Undicicolpi!

L’INFAUSTA: Quante miserie alberga il tuo cuore?

IL RE: Non sono io. Sono loro a rivestire i muri di mattoni, non io.

Non sono io.

L’INFAUSTA: Uno squittio di gracchi forgia il tuo disprezzo.

IL RE: Una sola ragione, ti chiedo una sola ragione che mi convinca… Che colpa ho io se non trovi una sola ragione!

Undicicolpi!

L’INFAUSTA: Queste terre aride, che non danno nemmeno un cattivo raccolto, serbano nelle loro viscere più speranze di te.

UNDICICOLPI: Signore…

[Potrebbe essere chiunque, un uomo comune,

se non fosse che i suoi vestiti puzzano di polvere da sparo

e gli scurisce il dito un macchia rugginosa:

l’ossido del grilletto accarezzato undici volte.

Ogni volta, undici volte.

Undici, solo undici.

Sempre undici]

IL RE: Undicicolpi, vecchio amico… come vanno i tuoi occhi?

(38)

xxxviii

L’INFAUSTA: Il deserto è già in agguato. Un uomo che non ha fratelli non ha niente. È il deserto.

IL RE: Undicicolpi, sono secchi i giardini del mio palazzo.

Annaffiali. Vederli così ispidi mi deprime. Annaffiali, che il verde allieti i miei svaghi.

[Sa bene L’INFAUSTA cosa questo voglia dire:

non è la prima volta che l’urina nera di UNDICICOLPI, sentenza di un rene scaduto, inzuppa le sue gonne]

IL RE: Non posso indurre la pelle giovane al riso, ma i tuoi passi mai sono stati allegri. Tu sei il mio giardino. Dovresti irrigare i boschi, non propiziare con la nebbia i tuoi auspici, altra nebbia ancora!… Se svolgessi il tuo compito, il mare avvolgerebbe il mio udito per cullarmi con il suo canto. Non me lo merito, forse? In tutti questi anni non mi hanno mai abbandonato la penombra e i soprassalti. È stato difficile continuare. Difendere queste terre dalle insidie del tempo. Proteggere le loro genti…

L’INFAUSTA: Proteggerli? Li uccidi.

IL RE: Se loro hanno diritto di vivere con me, io ho diritto che muoiano con me.

L’INFAUSTA: Non muoiono. Li uccidi.

IL RE: Meglio la lama del mio coltello che un coltello straniero.

Almeno danno la vita per il loro re.

L’INFAUSTA: No. Il loro re strappa loro l’anima.

IL RE: Delle tue parole di sfida nulla mi importa. Le parole sono

cenere quando escono dalla bocca. Ma nei tuoi occhi arde il

disamore come arde la ginestra secca. Cos’è che non capisci?… Il

dorso della tua mano, la sua pelle calda sulla mia fronte basterebbe

per alleviare quest’angoscia. Cos’è che non capisci? Dammi quello

che puoi. Se non puoi darmi compagnia, dammi almeno

tranquillità. Ma dammi qualcosa… Undicicolpi, vecchio amico,

dimmi la verità.

(39)

xxxix

UNDICICOLPI: La verità, signore?

IL RE: Sì, qualcosa deve pur essere vero.

UNDICICOLPI: Perché ha bisogno della verità, signore? Nessuno sa che farsene.

IL RE: Come può il tramonto sapere che è tramonto, se non conosce la verità? Come saprà di non essere alba?

UNDICICOLPI: Il tramonto penserà sempre di essere alba. E l’alba penserà sempre di essere tramonto.

IL RE: Ma si è quel che si è; non quello che si crede di essere.

UNDICICOLPI: Signore, per quanto il tramonto chiuda il giorno, se crede di essere alba, non sarà tramonto.

IL RE: Alba… tramonto… che importa! Entrambi sono neri come la bocca di un pozzo. Nebbia marcita! Le tenebre mi si scagliano contro!

UNDICICOLPI: Signore, affanni così violenti invecchiano l’anima.

E impeto siffatto non giova nemmeno al corpo.

IL RE: Sì, forse hai ragione, mio vecchio amico… Sento l’anima ammalarsi. Non ho più nulla a cui appoggiarmi.

UNDICICOLPI: Il mio affetto è fermo come la terra che calchiamo, signore.

IL RE: Lo vedo. Vedo nei tuoi occhi la lealtà.

UNDICICOLPI: Fortuna che riesce a vedere qualcosa nei miei occhi, perché i miei occhi non vedono niente.

IL RE: Non ci vedi più?

UNDICICOLPI: A malapena. Gli specchi mi restituiscono un

abisso indistinto.

(40)

xl

IL RE: Sarà colpa degli specchi, mio vecchio amico, che non sanno più riflettere.

UNDICICOLPI: Sarà che i miei occhi si sono abituati a non vedere. La nebbia veemente accecò mio padre e la stessa veemenza si rifugiò sotto le mie palpebre… Non rimarrà un solo uomo senza quella benda sugli occhi.

IL RE: Presto arriveremo a Genova, mio buon amico, là i tuoi occhi guariranno. Abbi coraggio.

UNDICICOLPI: Il coraggio non mi manca, signore. Quello che mi manca sono immagini nelle pupille.

IL RE: Riesci a vedere il mio volto?

UNDICICOLPI: Il suo volto lo vedrei anche se perdessi gli occhi, non la vista. Signore, quando il tenue bagliore che ancora mi guida scomparirà…

IL RE: …Io sarò la tua torcia.

UNDICICOLPI: Grazie, signore. Ma chi sarò io? Chi sarò io davanti allo specchio, quando non potrò più dire chi sono? Quando solo potrò dire quel che sono: questa bruma… questa bruma…

IL RE: Sarai quello che sei sempre stato: un uomo buono e un amico nobile.

UNDICICOLPI: La luce non scaccia gli uomini buoni. È un segnale, signore, un castigo…

IL RE: I tuoi occhi bramano l’immagine chiara e il mio petto l’aria pura. Sì, forse gli dei ci castigano perché aneliamo l’assoluto…

Perdonali, perché non sanno ciò che fanno!

UNDICICOLPI: E gli uomini… perché sono così lontani? Anche loro ci castigano?

IL RE: Gli uomini castigano più degli dei.

(41)

xli

UNDICICOLPI: Castigati dagli dei, dalla luce e dagli uomini…

che facciamo, signore?

IL RE: Faremo quello che abbiamo sempre fatto. L’unica cosa che sappiamo fare.

L’INFAUSTA: Hanno le case ricolme di coltelli, di bastoni. E le strade pullulano di pietre e sampietrini. Quando meno te lo aspetti annunceranno che sono armati. Allora la verità sarà un’altra…

diversa… nuova. Che farai allora, quando la paura ti starà alle calcagna?

IL RE: Undicicolpi, al muro.

L’INFAUSTA: No! Non è ancora l’ora.

UNDICICOLPI: Signore… a malapena vedo da vicino; da lontano ancora meno…

IL RE: Sarà un buon esrecizio per i tuoi occhi.

UNDICICOLPI: Dov’è?… Dov’è? Lì, signore? (Si dirige nella direzione sbagliata)

IL RE: Proprio lì. Aspetta, mio buon amico, ti aiuto io. (Lo reindirizza). Vedi? I tuoi occhi ti mostrano ancora il buon cammino.

L’INFAUSTA: Sei il brivido che annuncia la barbarie. Fiera velenosa e immonda! Fiera velenosa e immonda!

IL RE: Undicicolpi…

[Schiaccia il muso contro l’artefatto.

Dura pelle sopra pelle dura.

Con il dorso della mano

si gratta i quattro giorni di barba, e sfiora il grilletto.

Pronti… mirare…!]

L’INFAUSTA: No! No, per favore. No.

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