• Non ci sono risultati.

4.1 Definizione delle Unità Litologico Tecniche (U.L.T.)

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "4.1 Definizione delle Unità Litologico Tecniche (U.L.T.) "

Copied!
87
0
0

Testo completo

(1)

4

CAPITOLO

C ARATTERIZZAZIONE LITO - TECNICA

4.1 Definizione delle Unità Litologico Tecniche (U.L.T.)

La fase riguardante la campagna di rilevamento, oltre che dare informazioni concernenti la geomorfologia delle aree in esame, è stata effettuata con lo scopo di fornire una caratterizzazione litologico-tecnica degli ammassi rocciosi delle coperture affioranti nelle zone di studio. I dati che sono stati raccolti, (insieme a quelli ricavati dalle analisi effettuate in laboratorio, come vedremo nei capitoli successivi), sono serviti per la realizzazione di un elemento cartografico, la carta litologico-tecnica, che è stata successivamente utilizzata nella determinazione della stabilità potenziale.

La carta litotecnica esprime una zonazione del territorio secondo unità litologico-tecniche, che sono riunite per caratteristiche fisico-meccaniche simili.

La legenda che è stata presa in esame per la realizzazione della carta litotecnica fa riferimento a “Valutazione degli effetti locali-Programma VEL: Istruzioni tecniche per le indagini geologico-tecniche, le indagini geofisiche e geotecniche, statiche e dinamiche, finalizzate alla valutazione degli effetti locali dei comuni classificati sismici della Toscana” (Ferrini et al.,1998).

Le Unità Litologico Tecniche (U.L.T.) vengono descritte attraverso sigle alfanumeriche che ne riassumono le caratteristiche fisiche e inserite nella carta litotecnica con diversi colori.

Sono previste sei U.L.T. principali:

 Substrato: Unità Litologico Tecniche A e B;

 Materiali a comportamento intermedio: Unità Litologico Tecniche C e D;

 Coperture: Unità Litologico Tecniche E e F.

Vengono ora riportate le schede descrittive delle U.L.T. tratte dal programma VEL, con i

relativi colori da utilizzare nella cartografia.

(2)

UNITA’ LITOLOGICO-TECNICHE DEL SUBSTRATO

UNITA’ LITOLOGICO-TECNICA: A

Materiale lapideo costituito da un unico litotipo non stratificato (colore grigio:49-87/709)

1

L’ U.L.T. comprende le rocce lapidee massicce:

_________________________________________

1

La scala dei colori si riferisce alle matite Stabilo.

(3)

UNITA’ LITOLOGICO-TECNICA: B Materiale lapideo stratificato o costituito

da alternanze di diversi litotipi (colore celeste: 57-87/450)

L’ U.L.T. comprende sia le rocce stratificate (B

1

, B

2

), che quelle costituite da alternanze ordinate di livelli lapidei e livelli pelitici (con contrasto di competenza) (B

3

, B

4

, B

5

), nonché quelle costituite da alternanze disordinate (caotiche) (B

c

).

Le rocce pelitiche ricadono nella U.L.T. B

5

.

(4)

Le Unità Litologico Tecniche A e B vengono definite ulteriormente tramite alcune caratteristiche fisiche :

 Resistenza a compressione monoassiale della roccia intatta;

 Discontinuità dell’ammasso roccioso.

Vediamole adesso singolarmente.

RESISTENZA A COMPRESSIONE MONOASSIALE DELLA ROCCIA INTATTA

Questo parametro viene calcolato attraverso prove indirette eseguite in campagna tramite prove manuali e sclerometriche (martello di Schmidt), sia in laboratorio con la prova al carico puntuale (Point Load Test) (tab 4.1).

Tab. 4.1 : Classi di resistenza per gli ammassi rocciosi adottata nell’ambito del programma VEL.

(5)

DISCONTINUITA’ DELL’AMMASSO ROCCIOSO

Vengono considerati sia il grado di fatturazione, la cui quantificazione viene espressa dal parametro d, sia le condizioni delle discontinuità attraverso il parametro c.

Per quanto riguarda il grado di fratturazione si considerano stratificazione, foliazione e fratturazione; la spaziatura media delle discontinuità (X

m

) si calcola con la seguente relazione:

X

m

=S/n

d

Dove S : lunghezza dello stendimento (cm);

n

d

: numero delle discontinuità intercettate.

Per una valutazione corretta di X

m,

lo stendimento deve intercettare perpendicolarmente i piani di discontinuità considerati, per una lunghezza di almeno 10-20 m; tuttavia nella maggior parte dei casi l’area indagata non presenta la possibilità di effettuare stendimenti di tale lunghezza. Se le famiglie di discontinuità rilevate sono più di una, il grado di fatturazione dell’ammasso roccioso viene ricavato calcolando X

m

per ogni famiglia.

Come dicevamo è così possibile calcolare i valori medi e le deviazioni standard della spaziatura media per ogni unità litotecnica e da questa valutare l’ RQD (Rock Quality Designation) relativo, mediante la relazione empirica di Priest-Hudson (1976):

RQD= 100(1+0,1λ) e

(-0,1λ)

Con λ frequenza delle discontinuità espressa dal reciproco della spaziatura media in m:

λ =1/X

m

Con tali valori è possibile individuare la classe corrispondente (d

1

/ d

5

) dell’unità litotecnica in

esame (tab. 4.2)..

(6)

Tab. 4.2 : spaziatura delle discontinuità e valori di RQD adottati dal programma VEL.

La condizione dei giunti viene valutata attraverso l’analisi visiva, effettuata in fase di rilevamento in campagna, di alcuni aspetti, quali:

 Scabrezza ;

 Separazione (apertura);

 Persistenza (continuità);

 Pareti delle discontinuità (alterazione);

 Acqua nelle discontinuità (condizioni idrauliche).

Tab. 4.3 : Condizioni delle discontinuità adottati nel programma VEL.

(7)

UNITA’ LITOLOGICO-TECNICHE DEI MATERIALI A

COMPORTAMENTO INTERMEDIO

UNITA’ LITOLOGICO-TECNICA: C Materiali granulari cementati

(colore arancio -18)

In questa U.L.T. sono comprese rocce e rocce deboli costituite da materiale prevalentemente granulare con grado di cementazione medio basso, che presentano caratteristiche intermedie fra quelle delle rocce e quelle dei terreni in s.s..Possono rientrare in questa U.L.T. anche le rocce lapidee intensamente degradate ed alterate (es. blocchi di arenaria “Macigno” in matrice sabbiosa residuale poco cementata).Le brecce ed i conglomerati ad elevato grado di cementazione possono essere considerate rocce lapidee e pertanto ricadono nell’ U.L.T. A. Le arenarie molto cementate ricadono nell’ U.L.T. A o B. Le sabbie ed il detrito grossolano non cementato, ricadono fra i materiali di copertura, cioè nell’ U.L.T. E. Il limite fra U.L.T. C e l’

U.L.T. E può essere considerato convenzionalmente corrispondente ad un numero di colpi

della prova Spt uguale a 50.

(8)

Per la caratterizzazione dell’unità litologico-tecnica “C”, vengono valutati i seguenti parametri:

RESISTENZA COMPRESSIONE UNIASSIALE/GRADO DI CEMENTAZIONE

Tab. 4.4 : Classi di resistenza per i materiali granulari cementati adottate nell’ambito del VEL.

DISCONTINUITA’ DELL’ AMMASSO

L’ eventuale grado di fatturazione è espresso dalla spaziatura media delle discontinuità (X

m

), la cui procedura di calcolo è stata descritta in precedenza a proposito degli ammassi rocciosi.

Tab. 4.5 –Spaziatura delle discontinuità e valori di RQD per i materiali granulari cementati adottati dal VEL.

CONDIZIONI DEI GIUNTI

Tab. 4.6 : Condizioni delle discontinuità per i materiali granulari cementati adottati dal VEL.

(9)

UNITA’ LITOLOGICO-TECNICA: D Materiali coesivi consistenti

(colore verde -36)

In questa U.L.T. sono compresi i terreni coesivi con consistenza elevata. La consistenza può essere stimata mediante prove manuali o mediante la misura della resistenza alla penetrazione con penetrometro tascabile. Nel caso siano disponibili dati di prove in situ, la consistenza può essere stimata facendo riferimento a relazioni fra questa e le grandezze relative alle prove.

Le argilliti e le siltiti ricadono nell’ U.L.T. B. Le argille e i limi poco consistenti ricadono

nell’ U.L.T. F. Il limite tra U.L.T. D e U.L.T. F può essere considerato convenzionalmente

corrispondente ad un valore di resistenza a compressione uniassiale (non drenata) pari a 250

KPa. (Nspt=15).

(10)

I parametri per la definizione litotecnica dell’ unità litologico-tecnica “D” sono:

CONSISTENZA

Questo parametro può essere stimato tramite prove manuali o mediante la misura di resistenza alla penetrazione con penetrometro tascabile o, ancora, facendo riferimento a prove penetrometriche in situ realizzate nelle medesime zone.

Tab. 4.7 –Classi di stato di consistenza per terreni coesivi molto consistenti adottate dal VEL.

DISCONTINUITA’ DELL’ AMMASSO

Tab. 4.8 –Classi per grado di fessurazione dei terreni coesivi consistenti adottate nell’ambito del VEL.

(11)

UNITA’ LITOLOGICO-TECNICHE DELLE COPERTURE

UNITA’LITOLOGICO-TECNICA: E

Materiali granulari non cementati o poco cementati (colore giallo-24)

In questa U.L.T. sono compresi i terreni con stato di addensamento da addensato a sciolto costituite da materiale prevalentemente granulare non cementato o con lieve grado di cementazione.

Per le diverse granulometrie può essere valutato lo stato di addensamento mediante prove manuali. Nel caso siano reperibili prove in situ, lo stato di addensamento può essere valutato facendo riferimento al numero di colpi della prova Spt, od a relazioni tra N(Spt) ed altre grandezze relative ad altre prove.

Le sabbie, le brecce ed i conglomerati con grado di cementazione medio basso, ricadono nell’

U.L.T. C. Il limite fra l’ U.L.T. C e l’ U.L.T. E può essere considerato convenzionalmente corrispondente ad un numero di colpi della prova Spt uguale a 50.

Per la valutazione della granulometria dominante, oltre alle osservazioni in campagna sui

depositi, sono stati prelevati campioni di terreno che sono stati sottoposti ad analisi

granulometriche tramite vagliatura e sedimentazione.

(12)

I parametri utilizzati per la descrizione dell’ U.L.T. “E” sono:

STATO DI ADDENSAMENTO

Questo parametro, che indica il grado di compattazione dei terreni granulari, può essere valutato attraverso prove manuali o prove penetrometriche Spt.

Tab. 4.9 –Classi di addensamento per i terreni granulari sciolti adottate nell’ambito del VEL.

TESSITURA

Una volta individuata la granulometria dominante, il terreno può essere ulteriormente definito indicando la frazione granulometrica secondaria più abbondante.

Tab. 4.10 -Classi tessiturali adottate nell’ambito del VEL.

DISCONTINUITA’ DELL’ AMMASSO

Tab. 4.11 -Classi per grado di fessurazione per i terreni granulari sciolti adottate nell’ambito del VEL.

(13)

UNITA’ LITOLOGICO-TECNICA: F Materiali con consistenza limitata o nulla

(colore beige-39)

In questa U.L.T. sono compresi i terreni coesivi a bassa consistenza.

La consistenza può essere stimata mediante prove manuali o mediante la misura della resistenza alla penetrazione con penetrometro e/o scissometro tascabile.

I terreni a consistenza elevata sono classificati nell’ U.L.T. D. Il limite tra U.L.T. D e U.L.T.

F può essere considerato convenzionalmente corrispondente ad un valore di resistenza a compressione uniassiale (non drenata) pari a 250 KPa.

I parametri utilizzati per la descrizione dell’ U.L.T. “F” sono:

 Stato di consistenza;

 Tessitura;

 Discontinuità dell’ammasso.

(14)

STATO DI CONSISTENZA

Indica il grado di compattezza dei materiali coesivi; viene valutato con prove manuali.

Tab. 4.12 : Classi di addensamento per i terreni coesivi a bassa consistenza adottate nell’ambito del VEL.

TESSITURA

Tab. 4.13 : Classi tessiturali per terreni coesivi adottate nell’ambito del VEL.

DISCONTINUITA’ DELL’ AMMASSO

Tab. 4.14 : Classi per grado di fessurazione per i terreni coesivi adottate nell’ambito del VEL.

(15)

4.2 La caratterizzazione degli ammassi rocciosi

Nella valutazione delle proprietà meccaniche relative ad un versante roccioso, raramente si hanno informazioni dettagliate sulle caratteristiche di resistenza e di deformabilità dell’

ammasso roccioso interessato; diventa allora importante poter utilizzare uno, o più, schemi di classificazione, in modo da avere delle risposte ai quesiti richiesti.

Nella sua evoluzione, la classificazione geomeccanica è stata sviluppata in tre fasi:

a) Deve descrivere la qualità della roccia secondo un sistema di classificazione quantitativo, con un linguaggio universalmente riconosciuto e correlabile in condizioni differenti tra loro.

b) Descrivere la risposta della roccia in modo tale da definire quelle che saranno le problematiche ed i rimedi da adottare nel corso della realizzazione dell’ opera.

c) Correlare la qualità della roccia con la sua risposta.

In base all’ ultimo punto sono “nati” i sistemi di classificazione più usati, che come tipo, possiamo suddividere in:

 Generale: per una caratterizzazione generica

 Funzionale: per una particolare applicazione e sono espressi a loro volta in forma:

 Descrittiva: i dati di ingresso sono puramente descrittivi

 Numerica: i dati di ingresso sono coefficienti numerici funzione delle caratteristiche dell’ ammasso.

Tutti i sistemi cercano di arrivare ad una caratterizzazione dell’ ammasso roccioso basata sull’

importanza dei fattori geologici che influiscono sulla stabilità. Una caratteristica che ogni sistema di classificazione deve possedere è l’ utilizzo di un linguaggio comune, basato su parametri facilmente rilevabili in campagna e facilmente ricavabili in laboratorio e deve includere tutte le proprietà più significative dell’ ammasso.

In pratica dividiamo, dove è necessario, una regione geologica in unità strutturali in cui le caratteristiche si mantengono più o meno costanti.

Infatti gli ammassi rocciosi sono discontinui in natura, essi però possono essere raggruppati in

regioni dove il tipo di roccia e il suo grado di fratturazione si mantengono uguali o molto

simili.

(16)

I sistemi classificazione più noti e utilizzati sono riportati nella tabella sottostante:

Tab. 4.15 : Sistemi classificativi maggiormente utilizzati a livello mondiale (da Bruschi, 2004).

Nel presente elaborato, per determinare la qualità e valutare le proprietà meccaniche degli

ammassi rocciosi, è stata utilizzata la classificazione di Bieniawski. La scelta di questo

sistema di classificazione piuttosto che un altro è stata effettuata basandoci sulle

caratteristiche geologico-strutturali dell’ area in esame e in funzione delle strumentazioni

necessarie per la determinazione dei vari parametri.

(17)

4.2.1 Classificazione di Bieniawski

La classificazione di Bieniawski, nota come “Rock Mass Rating” (RMR), propone il tentativo di introdurre una valutazione quantitativa dell’ influenza che i vari parametri fisici, meccanici e geologico-strutturali hanno sulla qualità della roccia. Esiste una prima classificazione (1973) che suddivide gli ammassi rocciosi in funzione della resistenza a compressione monoassiale della roccia intatta e della spaziatura delle discontinuità, attribuendo a ciascuna delle quattro classi individuate anche un valore di coesione e di attrito (fig. 4.1).

Fig. 4.1 : Prima classificazione semiquantitativa di Bieniawski, 1973.

Tale classificazione è stata più volte ripresa e ampliata dallo stesso autore, fino ad arrivare alla versione attuale che si basa su un punteggio da assegnare alla roccia (Bieniawski, 1989).

Il valore di RMR è dato dalla:

RMR = (A1 + A2 + A3 + A4 + A5) + A6

dove:

(18)

A1 - Resistenza alla compressione uniassiale

Valore numerico derivato dalla resistenza della roccia intatta, espressa come resistenza alla compressione monoassiale. Essa può essere valutata sia direttamente (prova di compressione uniassiale), sia indirettamente da prove effettuate in campagna (martello da geologo e Martello di Schmidt), che su campioni in laboratorio (Point Load Test). Le tavole di attribuizione dei valori numerici hanno il difetto di non essere lineari e di presentare dei bruschi cambiamenti di valore al passaggio da una categoria all’ altra. Per ovviare a tale inconveniente, Bieniawski propone un grafico di interpolazione (fig. 4.2 e tab. 4.16) usando delle funzioni continue. In termini computazionali risulta più agevole esprimere tali grafici in forma di equazioni, seguendo la tabella sotto riportata:

Fig. 4.2 : Grafico per la determinazione dell’indice da assegnare al parametro A1 (Bieniawski, 1989).

Tab. 4.16 : Tabella con le equazioni per la determinazione dell’indice da assegnare al parametro A1 (Bruschi, 2004)

A2 – RQD

Valore numerico derivato dall’ indice RQD. L’ RQD (Rock Quality Designation), rappresenta

la percentuale di recupero modificato di un sondaggio, ed è dato dal rapporto tra la somma

degli spezzoni di carota aventi lunghezza maggiore di 10 cm e la lunghezza totale della

carota. Poiché non sempre sono disponibili carote per poter determinare in modo diretto

questo parametro, lo si valuta attraverso formule empiriche (Palmstrom, 1982; Priest Hudson,

1976) basate sul numero

(19)

delle discontinuità presenti. Dopo aver calcolato l’ RQD, possiamo ricavare il parametro A2 o tramite via grafica (fig. 4.3), o tramite equazioni (tab. 4.17):

Fig. 4.3 : Grafico per la determinazione dell’indice da assegnare al parametro A2 (Bieniawski, 1989)

Tab. 4.17 : Tabella con le equazioni per la determinazione dell’indice da assegnare al parametro A2 (Bruschi, 2004)

A3 – Spaziature delle discontinuità

Valore numerico derivato dalla spaziatura media delle discontinuità. Le discontinuità vengono contate lungo uno stendimento ortogonale alla loro direzione e si calcola la spaziatura media da immettere come dato nel grafico (fig. 4.4), o come precedentemente, utilizzando le equazioni (tab. 4.18):

Fig. 4.4 : Grafico per la determinazione dell’indice da assegnare al parametro A3 (Bieniawski, 1989)

Tab. 4.18 : Tabella con le equazioni per la determinazione dell’indice da assegnare al parametro A3 (Bruschi, 2004)

(20)

A4 – Condizioni delle discontinuità

Valore numerico derivato dalle condizioni delle discontinuità. La procedura corretta per il calcolo di A4, è quella di sommare i parametri numerici attribuibili alla persistenza del giunto, all’ apertura, alla rugosità, al grado di alterazione delle pareti e al materiale di riempimento presente, secondo la seguente relazione:

A4 = v1 + v2 + v3 + v4 + v5

dove i valori dei vari indici vengono calcolati utilizzando le tabelle riportate di seguito (Bruschi, 2004):

v1 – persistenza (continuità) del giunto

PERSISTENZA (m) v1

<1 6

1 ÷ 3 4

3 ÷ 10 2

10 ÷ 20 1

> 20 0

( da Bruschi, 2004)

v2 – apertura del giunto

APERTURA (mm) v2

Completamente chiuso 6

< 0,1 5

0,1 ÷ 1 4

1 ÷ 5 1

> 5 0

( da Bruschi, 2004)

v3 – rugosità del giunto

RUGOSITA’ v3

Molto rugosa 6

Rugosa 5

Leggermente rugosa 3

Liscia 1

Levigata 0

( da Bruschi, 2004)

(21)

v4 – alterazione delle pareti

ALTERAZIONE v4

Non alterate 6

Leggermente alterate 5

Mediamente alterate 3

Molto alterate 1

Decomposte 0

( da Bruschi, 2004)

v5 – riempimento della discontinuità

RIEMPIMENTO (mm) RIEMPIMENTO v5

- Assente 6

< 5 Compatto 4

> 5 Compatto 2

< 5 Soffice 2

> 5 Soffice 0

( da Bruschi, 2004)

A5 – Condizioni idrauliche

Valore numerico derivato dalle condizioni idrauliche, espresse come portata degli afflussi idrici in galleria o come rapporto tra la pressione d’ acqua nei giunti e le sollecitazioni naturali in sito, oppure, come è stato fatto nel presente elaborato, in termini di condizioni generali.

Sono previste cinque classi, ad ognuna delle quali corrisponde un punteggio come indicato nella tabella di seguito riportata:

Tab. 4.19 : Tabella per la determinazione delle condizioni idrauliche dei giunti (Bieniawski, 1989)

(22)

A seconda della tipologia di applicazione, viene applicato un coefficiente di correzione A6 per l’ orientamento delle discontinuità (tab. 4.20).

A6 – Orientamento delle discontinuità

Tab. 4.20:Tabella per l’ orientamento delle discontinuità (Bieniawski, 1989)

La somma dei parametri permette di determinare RMR:

RMR corretto = RMR

C

= (A1 + A2 + A3 + A4 + A5) + A6

Il parametro A6 pone un limite alla classificazione, in quanto non specifica le modalità della sua esecuzione, ma fornisce solamente dei valori da assegnare nelle diverse situazioni. Inoltre nelle situazioni più sfavorevoli il parametro A6 viene proposto con valori estremamente alti (- 60 per condizioni molto sfavorevoli), condizione tale che il valore di RMR potrebbe raggiungere valori negativi e quindi far perdere di significato alla stessa classificazione geomeccanica.

Nel presente lavoro, per i motivi appena elencati, è stato appunto valutato RMR

b

senza determinare quindi il parametro A6.

Alla luce di quanto detto precedentemente, riguardo la descrizione dei vari parametri e più precisamente riguardo il parametro A6, ne risulta che l’ indice RMR utilizzato per determinare le caratteristiche degli ammassi rocciosi è il seguente:

RMR di base = RMR

b

= A1 + A2 + A3 + A4 + A5

Una volta attribuiti tutti i coefficienti numerici, sulla base di RMR

b

calcolato, si identificano

cinque intervalli, cui corrispondono altrettante classi di ammasso roccioso, a ognuna delle

quali corrisponde una valutazione della qualità dell’ ammasso ( tab. 4.21):

(23)

Tab. 4.21 : Tabella riassuntiva delle classi di qualità degli ammassi rocciosi (Bieniawski, 1989)

Nella classificazione di Bieniawski sono proposte formule empiriche che, correlate all’ indice RMR

b

, forniscono informazioni su dei parametri caratteristici dell’ ammasso che assumono i valori:

coesione c (KPa) = 5 RMR

b

angolo di attrito φ = 0,5 RMR

b

+ 5

modulo di deformazione E (GPa) = 2 RMR

b

– 100

(24)

4.2.2 Strumentazioni e metodologie

In questo paragrafo andremo ad analizzare i vari parametri che occorrono per una valutazione degli ammassi rocciosi e come abbiamo fatto per avere tali dati.

Tramite il rilevamento effettuato in campagna, è stato possibile fare osservazioni e prove per la valutazione dei seguenti parametri:

a) Resistenza a compressione monoassiale;

b) R.Q.D. (Rock Qualità Designation);

c) Spaziatura media dell’ ammasso;

d) Condizione dei giunti;

e) Condizioni idrauliche dei giunti.

Andiamo ora ad analizzare singolarmente i vari parametri.

4.2.2.1 RESISTENZA A COMPRESSIONE UNIASSIALE

La resistenza a compressione semplice o uniassiale (UCS, Uniaxial Compressive Strength), è stata determinata elaborando i dati ottenuti, con prove sia in sito in fase di rilevamento in campagna mediante l’ uso dello “Sclerometro o Martello di Schmidt”, sia in laboratorio mediante il “Point Load Strength Test”.

PROVE SCLEROMETRICHE

Il martello di Schmidt, comunemente noto come sclerometro, è ampiamente utilizzato come prova non distruttiva su rocce e calcestruzzi, atto a misurare la “durezza di rimbalzo” del materiale sul quale si esegue la prova e fu sviluppato da Schmidt nel 1951.

In commercio esistono due tipi di sclerometro:

- tipo N : avente energia di impatto 0,225 Kgm, utilizzato prevalentemente per i calcestruzzi;

- tipo L : avente energia di impatto di 0,075 Kgm, utilizzato per le rocce.

(25)

Fig. 4.5a) : Sclerometro di “Tipo L” utilizzato per le prove in sito

Fig. 4.5b) : Particolare costruttivo dello sclerometro

“mod. 45-D0561” utilizzato

Il meccanismo e l’ esecuzione della prova sono molto semplici. Lo sclerometro per le rocce (fig. 4.5a e fig. 4.5b) è uno strumento portatile non distruttivo che, rilasciando una determinata energia immagazzinata da una molla, permette di misurare l’ indice di rimbalzo di una massa installata nello strumento in seguito all’ impatto con la superficie.

Premendo l’ asta dello sclerometro contro la superficie da esaminare si carica una molla;

quando l’ asta è tutta rientrata nello sclerometro si sgancia automaticamente una massa che colpisce l’ asta stessa nell’ estremità interna e attraverso questa la superficie della roccia. Per reazione l’ asta ritrasmette alla massa il rimbalzo che è tanto maggiore quanto più compatta è la roccia.

Nella corsa di rimbalzo la massa trascina un indice che rimane bloccato nel punto massimo di ritorno indicando contemporaneamente un valore di riferimento sull’ apposita scala.

Lo strumento deve essere impiegato su superfici per quanto possibile lisce e non vi devono essere fratture nell’ immediato intorno del punto di contatto (la distanza delle discontinuità non deve essere inferiore a circa 30 cm).

Sugli affioramenti dove è stata eseguita la prova, sono state effettuate una decina di misure.

Una volta effettuato questo, è stato necessario apportare una correzione ai valori ottenuti, in quanto lo strumento risente della forza di gravità e quindi dell’ orientazione rispetto all’

orizzontale che lo strumento assume durante la prova.

(26)

L’ ISRM consiglia, per ottenere un risultato significativo, di eseguire gruppi di dieci misure scartando le cinque minori e calcolandone il valore di rimbalzo rappresentativo come media aritmetica dei cinque valori maggiori. Quello che andiamo a misurare in realtà non è la resistenza a compressione uniassiale (σ

c

), ma la resistenza a compressione apparente (R). In letteratura vengono proposte molte metodologie per il calcolo della resistenza a compressione uniassiale attraverso la resistenza a compressione apparente, dove alcune si avvalgono di metodi grafici, mentre altre di formule empiriche ricavate da esperienze di laboratorio.Nel presente elaborato è stato adottato un metodo grafico (Deer & Miller, 1966) (il metodo grafico rappresenta la formula empirica di Deer & Miller), e due formule empiriche (Bruschi, 1998; Irfan & Dearman, 1978), per verificare anche il grado di coerenza fra i risultati ottenuti.

- Il primo metodo proposto è quello di Deer & Miller, 1966. I dati richiesti sono l’ indice di rimbalzo R, l’ orientazione dello strumento e il peso unitario della roccia, che vengono immessi in un grafico (fig. 4.6).

Fig. 4.6 : Grafico per la stima a compressione uniassiale a partire dall’ indice di rimbalzo R, dal peso unitario della roccia γ e dall’ orientazione dello strumento (Deer & Miller, 1966)

Alla fine si otterrà la stima σ

c

, in MPa, come media della serie di valori, con un errore dato

dalla media degli errori.

(27)

Come abbiamo precedentemente detto, tra i dati richiesti per poter utilizzare il grafico di Deer

& Miller, abbiamo anche il peso unitario della roccia (γ) che, è l’ ultimo elemento incognito che ci rimane; vediamo come conoscere il peso di volume delle litologie cui sono state effettuate le prove sclerometriche.

Il peso di volume delle litologie competenti viene determinato in laboratorio e per farlo si utilizza un picnometro e si segue la procedura descritta di seguito.

Si raccolgono alcuni (indicativamente cinque) campioni rappresentativi per ogni ammasso e si effettuano pesate degli stessi immersi in acqua distillata, utilizzando un contenitore analogo a quello esemplificato nella figura 4.7 :

Fig. 4.7 : Contenitore di vetro per le pesate dei campioni immersi in acqua

La procedura da seguire è la seguente:

a) Pulizia dei campioni ed eventuale riduzione delle dimensioni;

b) Pesata a secco dei campioni (P

c

);

c) Impermeabilizzazione dei campioni con vernice spray fissativa;

d) Nuova pesata a secco dei campioni per valutare l’ eventuale assorbimento dell’

impermeabilizzante e relativo aumento di peso (P

ci

);

e) Pesata del contenitore colmo d’ acqua fino al punto 0 (P

1

);

f) Pesata del contenitore colmo d’ acqua fino al punto 0 con immerso il campione (P

2

);

una volta fatta questa procedura abbiamo i dati per poter calcolare il peso di volume per ogni

campione con la seguente relazione:

(28)

dove:

P

V

= peso di volume;

P

C

= peso del campione a secco;

d

H20

= densità dell’ acqua alla temperatura di misurazione (gr/cm

3

) (Tab. 4.22);

P

1

= peso del contenitore colmo d’ acqua;

P

2

= peso del contenitore colmo d’ acqua insieme al campione impermeabilizzato immerso;

P

ci

= peso del campione a secco impermeabilizzato.

Tab. 4.22 : Tabella indicante le densità assolute dell’ acqua (g/cm3), in funzione della temperatura (°C) (da International Bureau of Weights and Measures, 1910).

Dobbiamo controllare che la differenza P

c

- P

ci

sia trascurabile rispetto ai pesi e relativi

volumi utilizzati nel calcolo. Mediando i valori ottenuti si calcola il peso di volume medio e la

deviazione standard. Per ogni ammasso roccioso si eseguono cinque misure e si assume come

valore quello risultante dalla media aritmetica di tali misure

(29)

- Il metodo empirico si avvale delle equazioni proposte da Bruschi, 1998 e da Irfan &

Dearman, 1978. Questi metodi necessitano di una normalizzazione preventiva della lettura rispetto alla posizione dello sclerometro secondo la tabella proposta da Barton & Choubey, 1977 (tab. 4.23):

Tab. 4.23 :Tabella di correzione dei valori di rimbalzo per l’ orientazione rispetto all’ orizzontale (Barton &

Choubey, 1977)

Seguendo i suggerimenti dell’ ISRM precedentemente enunciati, si ottiene un solo valore di R, che andiamo ad inserire nelle due formule empiriche:

σ

c

= 0,1146 R

1,687

da Bruschi, 1998

σ

c

= 0,775 R + 21,3 da Irfan & Dearman, 1978

dei due valori così ottenuti l’ autore (Bruschi, 1998) suggerisce di adottare quello inferiore.

Come possiamo vedere, le equazioni che più si adattano a correlare il rimbalzo R con la resistenza a compressione uniassiale, sono quella proposta da Bruschi (fig. 4.8) e quella di Irfan & Dearman (fig. 4.9 e fig. 4.10), che presenta, salvo casi particolari e probabilmente anomali, un errore di stima percentuale di +/- 50% (Bruschi, 1998).

Fig. 4.8 : Errore di stima della σc con l’

utilizzo della formula di Bruschi (1998).

(30)

Fig. 4.9 : Errore di stima della σc con l’ utilizzo dellr correlazioni con R proposte da vari autori (Bruschi, 1998).

Fig. 4.10 : Errore di stima della σc con l’ utilizzo della formula di Irfan & Dearman (1978).

Rispetto all’ applicazione grafica di Deer & Miller, 1966, l’ utilizzo delle formule empiriche

precedentemente descritte offrono il vantaggio di essere facilmente ottenibili, in quanto non

dipendono dal peso unitario della roccia che non deve essere, di conseguenza, calcolato.

(31)

POINT LOAD STRENGHT TEST (Indice di carico puntuale I

s

)

La prova Point Load Strenght Test, sviluppata da Franklin nel 1970, è una prova di tipo indiretto e distruttiva. Il point load test ha rapidamente ottenuto un vasto consenso sia per la sua semplicità che, e soprattutto, perché permette di sottoporre a prova provini di forma qualsiasi.

Lo strumento (fig. 4.11) è composto da un apparato di carico costituito da una pressa idraulica, un dispositivo di rottura costituito da due punte coniche in acciaio indurito con apertura di 60° e raggio di 5mm (fig. 4.12), in cui viene inserito il campione e un apparato di misura, costituito da un dinamometro, che visualizza e registra la forza applicata ( in daN) e il valore massimo raggiunto per portare a rottura il campione, con una accuratezza di +/- 2%.

Fig. 4.11 : Macchinario utilizzato per la prova Point Load Test

La prova viene eseguita inserendo il provino fra due punte coniche (fig. 4.13); si misura lo

spessore del provino grazie ad una scala graduata (precisione 1mm) solidale con lo strumento.

(32)

Successivamente si inizia ad aumentare il carico fino a che il provino non va a rottura (la rottura avviene per splitting, cioè spaccamento, fenditura) e si può leggere sull’ apparato di lettura in dotazione il valore di picco a rottura.

Fig. 4.12 : Particolare costruttivo della punta conica in acciaio indurito

Fig. 4.13 : Particolare di un provino cilindrico tra le due punte coniche (Hoeck & Bray, 1981)

L’ ISRM suggerisce per lo stesso campione di roccia di eseguire almeno 10 prove se il provino è uno spezzone cilindrico, ed almeno 20 prove se il campione ha dimensioni irregolari. I requisiti di forma dei provini sono sintetizzati nella figura 4.14.

Fig. 4.14 : Requisiti di forma nella prova point load test (Bruschi, 2004)

(33)

L’ apparecchiatura accetta provini di dimensioni comprese tra 25 – 100 mm, ma quelli utilizzati nel presente elaborato non superano i 70 mm, e questo per evitare di forzare il macchinario.

Alla fine avremo due serie di dati, dove da un lato abbiamo i valori relativi allo spessore del campione in mm (D) e dall’ altro la resistenza a rottura del medesimo campione espressa in kN (P); da questi dati si ricava il valore dell’ indice di carico puntuale (I

s

) attraverso la seguente relazione:

I

s

= P / D

2

Per confrontare i valori ottenuti dobbiamo normalizzarli. L’ ISRM consiglia di riferire il valore calcolato per provini con diametro D qualsiasi al valore di riferimento di 50 mm (I

s50

).

Nel presente elaborato i valori di I

s

(50) sono stati ottenuti ricavandoli per via grafica utilizzando la “Size Correction Chart” (rappresentazione grafica della formula:

I

s50

=(D/50)

0,45

× I

s

), proposta da Broch & Franklin, 1972 (fig. 4.15):

Fig. 4.15 : Size Correction Chart per Point Load Test (Broch & Franklin, 1972).

Il valore mediano di I

s

(50) va calcolato eliminando sistematicamente i valori minimo e

massimo di una serie di prove, fino a che non rimangono solo due valori e mediando

aritmeticamente questi ultimi.

(34)

Sempre a riguardo della normalizzazione dei dati ottenuti con il Point Load Test, l’ISRM consiglia anche un’altra metodologia oltre a quella spiegata precedentemente.

Il modo più affidabile per la determinazione del coefficiente correttivo di forma è quello di svolgere un certo numero di prove su provini di diverse dimensioni e di diagrammare la relazione ottenuta tra i valori di P e di D

2e

. In un grafico, dove in ordinata riportiamo i valori relativi a P e in ascissa quelli relativi a D

2

, otteniamo solitamente una correlazione lineare (fig.4.16).

Correlazione P - DxD

y = 2,6657x - 1193,5 R2 = 0,9277

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 9000

0 500 1000 1500 2000 2500 3000 3500 4000

DxD [mm x mm]

P [KN]

Fig. 4.16 : Procedura grafica per la determinazione di Is(50) da una serie di risultati ottenuti su campioni con diametro equivalente (De) diverso da 50mm. L’esempio si riferisce a dei provini di roccia analizzati in laboratorio.

I punti che si distanziano notevolmente da tale andamento possono essere trascurati (anche se non dovrebbero essere cancellati). Il valore di P

50

, corrispondente al D

2e

= 2500 mm

2

(D

e

= 50 mm), può essere ottenuto per interpolazione, o, se necessario, per estrapolazione. In questo caso il valore di Is(50) è ottenuto tramite P

50

/50

2

.

Questo secondo metodo ci permette, inoltre, di ottenere una verifica dei dati che abbiamo ottenuto con il Point Load Test. Infatti, se la retta di correlazione non è sufficientemente buona, significa che durante l’esecuzione manuale della prova abbiamo commesso degli errori, come ad esempio quello di avere preso in considerazione anche delle “rotture” dei provini non valide.

(I dati riguardanti la prova Point Load Test sono riportati nell’ appendice).

(35)

Sperimentalmente si sono osservate relazioni sufficientemente approssimate tra indice di carico puntuale I

s

e resistenza a compressione monoassiale σ

c

del tipo:

σ

c

= K I

s

(50)

dove K è un coefficiente moltiplicativo.

L’ ISRM suggerisce un valore di K, comunemente usato nella pratica, pari a 24. Il valore viene utilizzato indipendentemente dalla litologia della roccia, ma evidenze sperimentali indicano che tale valore è largamente variabile, ed il valore indicato di K può essere considerato un limite superiore.

In letteratura troviamo anche lavori (Palmström, 1995), dove è evidenziato il fatto che il valore di K tende a diminuire per bassi valori di resistenza a compressione e lo stesso Palmström suggerisce di variare K in funzione di I

s

secondo il seguente schema (tab. 4.26):

Tab. 4.26 : Valori di K in funzione di Is secondo Palmström (da Bruschi, 1998).

Ricerche bibliografiche ed esperienze dirette (Bruschi, 1998) inducono a ritenere che il valore di K sia funzione principale della litologia, come si può vedere dalla seguente tabella:

Tab. 4.27 : Costanti di correlazione IS(50)-σC suddivisi per litotipi secondo Bruschi (da Bruschi, 1998).

(36)

4.2.2.2 R.Q.D. (ROCK QUALITY DESIGNATION)

L’ R.Q.D. indica la qualità della roccia come grado di fratturazione e rappresenta la percentuale di recupero percentuale di carotaggio, considerando i singoli spezzoni di carota aventi lunghezza superiore ai 10 cm (fig. 4.17).

Quando si prendono in considerazione ammassi rocciosi, come quelli presi nel seguente lavoro, essi si trovano in condizioni non confinate (versanti), spesso non sono disponibili carotaggi. Per ovviare a questo, esistono formule empiriche che permettono di stimare l’ RQD a partire dai rilievi strutturali effettuati in campagna.

La prima è stata formulata da Palmström (1982) e mette in relazione RQD con il numero di giunti per m

3

(Jv) in base alla seguente relazione:

RQD = 115 – 3,3 Jv

dove Jv = 1/S1 + 1/S2 + ….. + 1/Sn, essendo S1, S2, …, Sn la spaziatura media per ogni famiglia di discontinuità.

Jv è invece l’ indice volumetrico delle discontinuità ( n° giunti / m

3

).

Fig. 4.17 : Procedura per la misura e il calcolo di RQD (Deere, 1989)

(37)

La seconda formulazione empirica proposta e presa in considerazione nel presente lavoro, è quella proposta da Priest & Hudson (1976), che lega l’ RQD alla frequenza delle discontinuità (λ), espressa dal reciproco della spaziatura media (X

m

) espressa in metri. Di seguito riportiamo la relazione:

RQD = 100 (1 + 0,1 λ) e

(- 0,1 λ)

dove:

λ = 1/ X

m

, e X

m

= S / N

d

, essendo S la lunghezza dello stendimento e N

d

il numero di discontinuità che interessano l’ ammasso roccioso.

Nel presente elaborato è stata presa in considerazione la formula proposta da Priest &

Hudson, in quanto si prestava meglio per il lavoro che è stato svolto, rispetto a quella proposta da Palmström.

4.2.2.3 SPAZIATURA DELLE DISCONTINUITA’

La spaziatura viene comunemente intesa come la distanza fra discontinuità adicenti parallele o subparallele, della stessa famiglia,misurata ortogonalmente alle superfici. Nel presente lavoro, questo parametro è stato valutato per ogni famiglia di discontinuità, contando il numero delle intercette lungo uno stendimento e dividendo per la lunghezza dello stendimento stesso :

χ

m

= S / N

d

dove:

χ

m

= spaziatura media;

S = lunghezza dello stendimento;

N

d

= numero di discontinuità della stessa famiglia.

Nelle aree di rilevamento sono stati presi in considerazione solo i sistemi di discontinuità più

costanti, cioè quelli che presentano minori variazioni di orientazione.

(38)

4.2.2.4 CONDIZIONI DEI GIUNTI

Per quanto concerne la valutazione delle condizioni dei giunti, questa deriva dall’ analisi semiquantitativa di cinque parametri che andremo ora ad analizzare singolarmente.

a) lunghezza del giunto : esprime la continuità del giunto all’ interno di un ammasso roccioso;

maggiore è la lunghezza, peggiore è la qualità dell’ ammasso roccioso. Questo parametro viene valutato direttamente in campagna tramite l’ ausilio di un metro.

b) apertura del giunto : esprime la distanza esistente fra le pareti aperte di un giunto il cui spazio può essere riempito o da aria o da acqua o anche da materiale parzialmente dilavato. Si parla di apertura se le pareti del giunto non sono state riempite o sono state dilavate (fig. 4.18 a,b), di spessore se al contrario le pareti presentano un riempimento di qualsiasi natura (fig.

4.18 c).

Fig. 4.18a), b), c) : Disegni illustrativi della definizione suggerita di “apertura” di una discontinuità aperta e di

“spessore” di una discontinuità riempita.

Tale parametro può dare informazioni interessanti riguardo lo stato tensionale dell’ ammasso

roccioso cui appartengono. Infatti l’ apertura delle discontinuità fornisce informazioni sullo

stato di allentamento e rilassamento del versante e condiziona notevolmente la permeabilità e

la conducibilità idraulica dell’ ammasso roccioso. Un aumento determina una diminuzione

della resistenza al taglio poiché, diminuendo la superficie di contatto fra le pareti diminuisce il

contributo della coesione. Questo parametro è stato valutato in fase di rilevamento in modo

visivo.

(39)

c) rugosità : la rugosità o scabrezza, rappresenta le irregolarità e le ondulazioni presenti sulla superficie di discontinuità rispetto al piano medio della discontinuità stessa, ed è quindi un parametro geometrico. E’ uno dei parametri che più influisce sulla resistenza a taglio lungo la discontinuità, soprattutto nel caso di fratture senza senza riempimento. La sua importanza diminuisce con l’ aumentare dell’ apertura e dello spessore del riempimento. Infatti, su una superficie di discontinuità, prima di arrivare a rottura, una parte dello sforzo applicato viene utilizzato per “scavalcare” le asperità. Questo parametro viene valutato qualitativamente facendo riferimento a profili standard (fig. 4.19).

Fig. 4.19 : Profili di comparazione per determinare visivamente la rugosità dei giunti (Barton & Choubey, 1977)

d) riempimento : è rappresentato dal materiale, di varia natura, interposto fra due superfici di

discontinuità. Il riempimento di solito è meno resistente della roccia e può essere costituito da

sabbia, limo, argilla, ecc… Questa differenza si manifesta quindi, anche, per quanto riguarda

le caratteristiche meccaniche e la possibile influenza sulla resistenza al taglio (τ) lungo le

discontinuità. L’ influenza del riempimento varia in funzione delle sue caratteristiche fisiche e

del suo spessore. Infatti se all’ interno delle discontinuità è presente materiale molle, come ad

esempio argilla, con un determinato spessore, questo può annullare l’ effetto della rugosità e

creare quindi piani preferenziali di scivolamento. Il materiale di riempimento presente tra i

giunti, controlla anche la permeabilità e la filtrazione di acqua all’ interno dell’ ammasso

(40)

roccioso. Se il riempimento è abbondante, la sua resistenza può essere stimata con prove manuali o campionata per prove da effettuare in laboratorio.

e) alterazione : esprime il grado di alterazione delle pareti del giunto. E’ correlata negativamente alle condizioni meccaniche del giunto. Questo parametro è stato valutato visivamente e si è tenuto conto dei termini dettati da Bieniawski (tab. 4.28).

TERMINE

Non alterato Leggermente alterato Moderatamente alterato

Altamente alterato Decomposto

Tab. 4.28 : Termini di alterazione utilizzate durante la fase di rilevamento in campagna (Bieniawski)

4.2.2.5 CONDIZIONI IDRAULICHE

Questo parametro serve a determinare la quantità di acqua presente nei giunti. Infatti la presenza di acqua può determinare una diminuzione della resistenza a taglio, facendo, di conseguenza, aumentare le pressioni neutre a discapito delle pressioni normali, date dal peso dell’ ammasso roccioso. Un altro effetto che produce la presenza di acqua, è quello di favorire l’ alterazione chimica e fisica lungo i giunti. Le condizioni idrauliche degli ammassi rocciosi presi in esame, sono state determinate visivamente seguendo le indicazioni riportate nella tabella 4.29.

TERMINE

Completamente asciutto Umido

Molto umido Stillicidio Severi problemi idraulici

Tab. 4.29 : Termini utilizzati per descrivere le condizioni idrauliche durante la fase di rilevamento (Bieniawski)

(41)

4.3 Caratterizzazione dei materiali di copertura

Nell’ area in esame sono presenti numerose coperture detritiche, composte da materiale eterometrico. Le suddette coperture si differenziano tra loro per forma ed estensione; talvolta ricoprono vaste porzioni di versante, altre tendono ad accumularsi negli impluvi.

4.3.1 Strumentazioni e metodologie

La caratterizzazione è stata effettuata tramite il rilevamento di campagna, dove sono state effettuate delle prove manuali e tramite prove di laboratorio volte a definire la granulometria e il comportamento meccanico delle coperture. La parte inerente le prove da effettuare in laboratorio sono state rese possibili poiché è stato messo a disposizione il laboratorio di

“Geologia Applicata e Geotecnica di Scienze della Terra”.

PROVE MANUALI

Durante la fase di rilevamento in campagna sono state effettuate delle prove manuali

seguendo le indicazioni del Programma VEL. Tramite l’ utilizzo di una pala è stato stimato in

prima approssimazione lo stato di consistenza; la tessitura, ossia la granulometria dominante è

stata valutata sia visivamente, sia tramite la sensazione al tatto che ne risultava una volta

bagnato il campione di terra (tab. 4.30).

(42)

Tab. 4.30 : Determinazione in campagna delle classi di tessitura

(43)

4.3.1.1 CAMPIONAMENTO

Durante la fase di rilevamento in campagna sono stati effettuati dei campionamenti necessari per determinare, successivamente in laboratorio, la granulometria del detrito e le sue proprietà meccaniche. Il detrito è stato campionato tramite l’ infissione nel terreno di fustelle cilindriche aventi un diametro di circa 40 mm. Per prima cosa è stato asportato dalla copertura detritica, con una pala, uno spessore di alcune decine di centimetri di terreno superficiale. Il passo successivo è stato quello di infiggere le fustelle nel detrito tramite un martello. Una volta estratte, le fustelle sono state sigillate per preservare il più possibile il contenuto naturale in acqua.

4.3.1.2 ANALISI GRANULOMETRICA

Uno dei principali elementi che concorre all’ identificazione di un terreno è la dimensione dei granuli che lo compongono e, l’ analisi granulometrica, permette di determinare la distribuzione percentuale in peso dei grani in base alle dimensioni.

Entro le 24h dal prelievo, il campione viene estratto dalla fustella tramite l’ utilizzo di un estrattore ( fig. 4.20).

Questa operazione è estremamente importante poiché tramite l’ estrattore si evita di rompere i clasti che sono presenti nel campione prelevato. Una volta estratto dalla fustella, il campione viene immesso in un contenitore (fig. 4.21) e pesato; il passo successivo è quello di mettere il campione in forno alla temperatura costante di 105 ° C per almeno 24h.

Una volta essiccato, il campione viene nuovamente pesato; questa procedura ci permette di determinare il contenuto naturale in acqua ( W

N

) attraverso la seguente relazione:

W

N

(%)=[( P

W

− P

S

)/P

S

]×100

Dove :

P

W

= peso netto del campione umido ( appena estratto dalla fustella)

P

S

= peso netto del campione secco ( appena estratto dal forno)

(44)

Fig. 4.20 : Macchinario utilizzato per l’ estrazione dei campioni dalle fustelle

Fig. 4.21 : Ecco come si presenta il campione appena estratto dalla fustella

ANALISI PER VAGLIATURA

L’ operazione successiva consiste nella disgregazione del campione per via umida. Per effettuare questa operazione, si utilizzano almeno tre setacci impilati con diametro della maglia decrescente verso il basso. L’ ultimo setaccio utilizzato è sempre quello avente diametro delle maglie di 0,075 mm, gli altri setacci vengono scelti in base alle caratteristiche granulometriche presunte del campione (fig. 4.22). Il detrito viene disgregato e lavato con acqua distillata e il materiale passante all’ ultimo setaccio viene raccolto dalla carta filtro che, quindi, trattiene quei grani aventi dimensioni inferiori a 0,075mm. Una volta terminata la disgregazione per via umida, i setacci utilizzati con i relativi grani trattenuti e la carta filtro, vengono messi in forno ad essiccare alla temperatura di 105°C (fig. 4.23).

Successivamente il campione viene ricomposto, ad esclusione della frazione raccolta nella carta filtro e, sottoposto ad analisi granulometrica per vagliatura (fig. 4.24). Questa operazione consiste nell’ impilare 10 setacci di diametro decrescente dall’ alto verso il basso e di mettervi al loro interno il campione di detrito. L’ ultimo setaccio è posto sopra il recipiente basale, messo per evitare che il materiale che passa dall’

ultimo setaccio vada perso; il setaccio con maglia più grande (cioè quello posto

più in alto nella pila) viene tappato con un coperchio per evitare, come prima, che del

materiale fuoriesca e vada perso. Una volta fatto questo, la pila di setacci viene

(45)

Fig. 4.22 : Apparato utilizzato per la disgregazione per via umida dei campioni

Fig. 4.23 : Materiale trattenuto dalla carta filtro dopo essiccamento

(46)

ancorata a delle apposite aste e a questo punto viene acceso il macchinario che imprime un movimento sia di rotazione, sia di basculamento alla pila di setacci; la durata è regolata da un timer.

Successivamente è stata calcolata, per ciascun setaccio, la percentuale del passante rispetto al peso totale secco del campione. I risultati sono riportati in un diagramma di frequenza cumulativa, che ha sull’ asse delle ascisse il diametro equivalente delle particelle (definito dall’ apertura dei setacci) e sull’ asse delle ordinate la percentuale (in peso) delle particelle con diametro inferiore.

Denominazione (ASTM)

Diametro maglia (mm)

1 in 25

½ in 12,5

¼ in 6,3

No 10 2

No 18 1

No 40 0,425

No 60 0,250

No 100 0,150

No 140 0,106

No 200 0,075

Fig. 4.24 : A sinistra immagine del vagliatore meccanico; a destra tabella indicante i setacci utilizzati nella vagliatura meccanica e relativa denominazione ASTM.

(47)

ANALISI PER SEDIMENTAZIONE

Per il materiale più fine si ricorre all’ analisi per sedimentazione basata sulla “legge di Stokes” e utilizzando il densimetro (fig. 4.25). L’ analisi per sedimentazione viene eseguita sul passante al setaccio 0,075 mm di diametro; vediamo come procedere.

Viene preparato un campione di 10 g di peso in modo tale che sia rappresentativo delle abbondanze delle frazioni granulometriche presenti.

I 10 g rappresentativi del campione da analizzare vengono diluiti in una soluzione composta da:

 250 ml di acqua distillata;

 8,75 g di esametafosfato di sodio;

 1,75 g di carbonato di sodio.

La soluzione che si ottiene viene mescolata per 10 minuti tramite un agitatore (fig. 4.26) e viene versata in un cilindro graduato nel quale si inserisce il densimetro (fig. 4.27a e fig.

4.27b). La lettura viene effettuata ad intervalli di tempo standard e, tra una lettura del densimetro e l’ altra, il densimetro deve essere tolto dalla soluzione.

Fig. 4.25 : Agitatore elettrico ad elica per mescolare la soluzione

Fig. 4.26 : Densimetro utilizzato per misurare la densità della soluzione

(48)

Fig. 4.27a :Cilindro con all’ interno la soluzione acqua-terreno con il densimetro in posizione di lettura

Fig. 4.27b : Si vede chiaramente dall’ immagine come le particelle più grandi sedimentano prima di quelle più fini

Attraverso l’ analisi per sedimentazione le dimensioni dei granuli vengono determinate indirettamente misurandone il tempo di sedimentazione. Il diametro viene calcolato basandoci, come abbiamo detto inizialmente, sulla Legge di Stokes, che lega la velocità di sedimentazione di un insieme di sfere in un fluido viscoso al diametro D e alla densità delle sfere in sospensione:

v = [(γ

s

– γ

w

)/1800η]×D

2

dove:

γ

s

= peso specifico della particella (g/cm

3

);

γ

w

= peso specifico del liquido (g/cm

3

);

η = viscosità dinamica del liquido (g×sec/cm

2

);

D = diametro della sfera;

nel corso della prova si misura quindi la velocità di caduta delle particelle, cioè il tempo che

la singola particella impiega per percorrere una determinata distanza, quella compresa fra il

pelo libero della soluzione e il baricentro del densimetro stesso ( fig. 4.29).

(49)

Questa distanza è data dalla seguente relazione:

H

r

= H

1

+ ½ (H

B

– V

B

/S

C

)

dove :

H

1

= distanza della singola lettura alla base dello stelo;

H

B

= altezza del bulbo;

V

B

= volume del bulbo;

S

C

= sezione del cilindro di sedimentazione.

Da mettere in evidenza è che quando parliamo di baricentro del densimetro, parliamo del baricentro geometrico; il termine V

B

/S

C

tiene conto del fatto che introducendo il densimetro nel cilindro, il pelo libero dell’ acqua si solleva di una quantità pari, appunto, a V

B

/S

C

. La distanza H

r

è correlata alla misura del densimetro R; per far questo, dobbiamo definire la grandezza R

h

:

R

h

= (R-1)×V

dove :

V = volume della soluzione (ml).

Andando a diagrammare R

h

e H

r

andiamo ad ottenere una retta di equazione:

H

r

= a + b × R

h

Il valore dei parametri a e b, varia a seconda del densimetro e del cilindro di sedimentazione

utilizzati: nel nostro caso la relazione si può desumere dal grafico (fig. 4.28), dove è inoltre

riportata l’ equazione della retta con i relativi valori dei parametri sopra citati a e b.

(50)

Retta correlazione Rh-Hr

y = -0,7046x + 14,164

0 2 4 6 8 10 12 14 16

0 1 2 3 4 5 6

Rh

Hr

Fig. 4.28 : Retta di correlazione fra le letture al densimetro e la distanza di caduta dei granuli

La lettura che viene effettuata allo stelo del densimetro, non corrisponde esattamente al pelo libero dell’ acqua all’ interno del cilindro, ma alla posizione del menisco che si forma per fenomeni di adesione (fig. 4.28).

Per poter ottenere la lettura effettiva del pelo libero dell’ acqua, che indichiamo con R

h

, dobbiamo correggere la lettura al menisco R

h

con un termine, appunto, di correzione C

M

:

R

h

= R

h

+ C

M

Il diametro, espresso in mm, viene invece calcolato utilizzando la legge di Stokes espressa nel seguente modo:

D = √(1800η

L

/ γ

s

- γ

w

)×√( H

r

t

)

dove :

η

L

= 1,81 × 10

-5

/ 0,034 T + 0,00022 T

2

; γ

s

= peso specifico della particella (g/cm

3

);

γ

w

= densità dell’ acqua distillata (g/cm

3

);

δ

t

= intervallo di tempo (sec) misurato a partire dall’ inizio della fase di sedimentazione;

T = temperatura espressa in K.

(51)

Fig. 4.29 : Densimetro immerso nella soluzione: la zona cerchiata sta ad indicare li menisco che si forma per fenomeni di adesione.

Poiché le particelle più piccole sedimentano più lentamente di quelle con diametro maggiore, la determinazione della densità della sospensione a istanti di tempo successivi consente di calcolare la percentuale di particelle corrispondenti a un determinato diametro equivalente. Di seguito riportiamo la relazione che mi permette di calcolare le particelle passanti all’ ideale setaccio di apertura pari al diametro D:

% = R

h

× (100 / P

S

) × (γ

s

/ γ

s

- γ

w

)

Dove con P

S

indichiamo il peso secco di materiale utilizzato per la prova, cioè 10 g.

(52)

Le procedure di calcolo per la determinazione dei diametri equivalenti, sono state effettuate utilizzando un foglio di lavoro Exel (fig. 4.30), dove, come imput iniziali abbiamo dato:

 Volume della soluzione;

 Percentuale di passante al setaccio 0,075;

 Massa del campione sottoposto a sedimentazione;

 Tempi di lettura, in secondi;

 Letture al densimetro.

ANALISI GRANULOMETRICA PER SEDIMENTAZIONE

CAMPIONE C1

Volume= 252 passante al φ= %passante= 17,9 ms= 10

t Rh Rh (250ml) Rh' Hr D p% %tot

30 1,023 5,796 6,296 13,0552744 0,068679136 99,993072 17,89875989 60 1,0175 4,41 4,91 13,299349 0,049015339 77,98062 13,95853098 120 1,017 4,284 4,784 13,3215376 0,034687979 75,979488 13,60032835 180 1,016 4,032 4,532 13,3659148 0,028369752 71,977224 12,8839231 300 1,015 3,78 4,28 13,410292 0,022011566 67,97496 12,16751784 600 1,0135 3,402 3,902 13,4768578 0,015603109 61,971564 11,09290996 900 1,013 3,276 3,776 13,4990464 0,012750369 59,970432 10,73470733 2400 1,0115 2,898 3,398 13,5656122 0,007827202 53,967036 9,660099444 6000 1,0105 2,646 3,146 13,6099894 0,004958447 49,964772 8,943694188 7380 1,0095 2,394 2,894 13,6543666 0,004478165 45,962508 8,227288932 14400 1,0085 2,142 2,642 13,6987438 0,003211083 41,960244 7,510883676 28800 1,0075 1,89 2,39 13,743121 0,002274254 37,95798 6,79447842 Fig. 4.30 : Foglio di lavoro Excel utilizzato per il calcolo dei diametri equivalenti e le percentuali delle frazioni passanti durante l’ analisi per sedimentazione. I dati si riferiscono ad un campione analizzato in laboratorio

Dall’ intero procedimento, analisi per vagliatura e analisi per sedimentazione, si ricava la

composizione granulometrica del detrito, dove le percentuali di passante e i relativi diametri

equivalenti vengono utilizzati per costruire la curva granulometrica ( fig. 4.31).

(53)

Campione E

Diametro maglia

(mm)

Passante (%)

25 100

12,5 88,32 6,3 76,63 2 54,92 1 43,64 0,425 29,72 0,25 21,95 0,15 16,96 0,106 14,1 ANALISI PER VAGLIATURA MECCANICA

0,075 11,91 0,069 11,81 0,049 11,33 0,034 11,09 0,028 10,84 0,022 10,6 0,015 10,36 0,013 10,12 0,009 9,4 0,0063 8,91

0,004 8,67 0,003 8,43

ANALISI PER SEDIMENTAZIONE

0,002 8,19

Curva granulometrica

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

0,001 0,01

0,1 1

10 100

Diametro granuli [mm]

Passante [%]

Composizione granulometrica (%) GHIAIA SABBIA LIMO ARGILLA

45,08 43,32 3,41 8,19

Fig. 4.31 :Analisi granulometrica completa e curva granulometrica. Nella tabella a sinistra sono indicate le apertura dei setacci e le relative percentuali di materiale passante. L’ esempio si riferisce ad un campione analizzato in laboratorio.

Riferimenti

Documenti correlati

Per fortuna l’informatore decide di aiutare ancora l’ispettore fornendogli indizi proprio attraverso il computer. Il numero

Finalmente arrivano informazioni sul complice della Signora Violet, l’abilissima ladra arrestata da Numerik.. Gli indizi sono contenuti in una busta chiusa: l’ispettore Numerik la

La chiave esterna Medico della tabella Visite è in relazione con la tabella Medici mediante la chiave primaria Codice. La chiave esterna Medico della tabella

E’ evidente che sarebbe preferibile scegliere alimenti freschi, ma non potendone garantire la corretta conservazione, si sono preferiti alimenti più stabili per non mettere

76/2020, da espletare mediante richiesta di offerta (RdO) sul Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione per l’affidamento della fornitura di carta, cancelleria e altro

f) prova di avere comunicato quanta previsto sub e al proprio Ordine o Collegio. Nel caso di mancata risposta entro 30 giorni dalla regolare ricezione dell'invito

Il sistema operativo, quando c’è bisogno di eseguire un nuovo servizio (e quindi di mandare in esecuzione un nuovo processo) decide di mandarlo in esecuzione sul processore che

Se eseguiamo il test k volte sempre con lo stesso input, con k scelte indipendenti del valore casuale a, e se tutte le volte n supera il test positivamente con output “n è primo ”