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Lo sviluppo dell’eolico nel contesto italiano

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Academic year: 2021

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Capitolo I

Lo sviluppo dell’eolico nel contesto italiano

1.1 – Lo sviluppo dell’eolico nel contesto europeo.

Il vento rappresenta una fonte di energia pulita, gratuita ed inesauribile. Fin dall’antichità è stato impiegato per il movimento delle imbarcazioni sulla superficie del mare, consentendo un notevole sviluppo alle popolazioni sulle coste.

Nel corso del tempo inoltre l’energia del vento è stata sfruttata, seppur con sistemi di conversione aventi rendimenti molto scadenti, per la macinazione del grano nei mulini a vento, per la macinazione dei cereali, per spremere le olive oppure per pompare l’acqua.

È stato solo nel 1887 che a Cleveland, in Ohio, Charles F. Brush (1849-1929) costruì il primo impianto completamente automatico per la generazione di energia elettrica. Tale impianto era costituito da una rotore avente diametro di 17 metri formato da 144 pale in legno di cedro e produceva al massimo 12 kW.

Pochi anni dopo in Europa iniziò l’utilizzo della risorsa eolica mediante la

costruzioni di piccole centrali eoliche per fornire, con l’ausilio di piccoli generatori,

energia elettrica a ristrette comunità rurali.

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Oggigiorno, la necessità di generare energia in maniera “pulita” ha dato un forte impulso all’industria produttrice di macchine in grado di convertire l’energia posseduta dalla corrente eolica in energia elettrica.

Gli aerogeneratori sono diventati quindi una tra le tecnologie di produzione di energia elettrica che ha raggiunto standard tecnici elevati. Oltre all’idroelettrico può essere ritenuta la tecnologia rinnovabile più matura.

Lo sviluppo tecnologico e la diffusione sul territorio di aerogeneratori tripala è avvenuto principalmente nei paesi sede delle aziende produttrici di turbine eoliche, come la Germania (Enercon e Repower) e la Danimarca (Vestas).

La presenza di condizioni climatiche ottimali (vento forte e costante) e le politiche dei governi nazionali, i quali hanno incentivato l’utilizzo e la diffusione delle energie rinnovabili a discapito di quelle derivanti da fonti fossili, hanno permesso alle aziende di sviluppare nel tempo, i settori della ricerca e dello sviluppo, al fine di proporre sul mercato delle macchine eoliche sempre più tecnicamente soddisfacenti. Ad esempio uno dei principali problemi derivanti dal funzionamento degli aerogeneratori, sui primi modelli era il rumore derivante dalle pale in movimento, dal generatore, dal sistema idraulico e da altri ingranaggi meccanici. Oggi, a poche centinaia di metri dalla macchina, il rumore generato può essere ritenuto trascurabile.

L’azione della ricerca e dello sviluppo ha permesso la nascita delle prime

mappature territoriali, sulla base dell’intensità del vento a diverse quote di altezza sul

livello del terreno. È infatti danese lo European Wind Atlas [1], pubblicato nel 1987

che è il primo atlante del vento a livello mondiale . Le caratteristiche morfologiche dello

stato danese, un territorio regolare con colline dolci e isolate, fornisce un flusso di vento

che può essere rappresentato tramite la teoria di Jackson e Hunt, la quale si riferisce a

un flusso di una corrente eolica, turbolenta sopra una collina isolata. Sono così stati in

grado di realizzare un software, il WA S P, in grado di costruire i campi di moto del vento

sulla superficie terrestre, utilizzando proprio come base fisica del modello le formule di

Jackson e Hunt. L’atlante del vento e il relativo software sono stati presi a modello per

l’impiego sul territorio tedesco per creare siti produttivi di energia eolica, tanto che

risulta essere lo stato con la maggior diffusione di impianti ed energia prodotta a livello

mondiale (2005).

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Le ratifiche ed i trattati a livello europeo (come la direttiva europea 2001/77/CE) e del Protocollo di Kyoto hanno incentivato molti paesi appartenenti all’Unione Europea (oltre a quelli già citati) a promuovere sul territorio nazionale l’installazione delle tecnologie rinnovabili. In questo modo negli ultimi anni la potenza eolica installata su ogni territorio è cresciuta enormemente come si nota dalle figura 1.1 e 1.2 che mostrano la potenza installata per ogni nazione.

Figura 1. 1 – Potenza eolica installata in Europa alla fine del 2003

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Figura 1. 2 - Potenza eolica installata in Europa alla fine del 2006

1.2 – Lo sviluppo dell’eolico nel contesto italiano.

La situazione italiana riguardante la diffusione dell’energia eolica sul territorio, se esaminata mediante un confronto rispetto ad altri paesi, è da ritenersi molto particolare, se non un’anomalia.

Basti pensare che la Riva Calzoni, la AERITALIA, la Fiat e la IWT sono state le

prime industrie a svilupparsi in Europa alla fine degli anni ’80 nella produzione di

aerogeneratori. Le strategie industriali di queste aziende, le quali hanno puntato

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principalmente sulla ricerca e sviluppo delle bipala, monopala e monopala sdoppiabili, si sono rivelate nel tempo infruttuose, portandole ad un lento declino.

(a) (b)

Figura 1. 3 - Aerogeneratori monopala (a) e bipala (b) sui quali l’industria italiana ha puntato alla fine degli anni ’80 senza molto successo.

Contemporaneamente, la scelta da parte di ditte straniere di puntare sulla ricerca e sviluppo di modelli tripala si è rivelata vincente portando queste aziende ad essere oggi ai vertici del mercato europeo come le principali detentrici di tale tecnologia.

L’anomalia del caso Italia non risiede solo nella scelta strategica poco felice delle industrie, ma deriva anche da scelte ed indirizzi a livello politico talvolta sbagliati.

Se negli altri stati la promozione e diffusione delle fonti rinnovabili è incentivata in

primo luogo dagli enti governativi nazionali, in Italia l’intenzione di indirizzare la

politica energetica del paese verso fonti alternative c’è stata, ma ha subito

immediatamente un indirizzamento verso fonti energetiche cosiddette assimilabili,

portando da un lato ad un’elevata diffusione di quest’ultime e dall’altro la limitata, se

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non assente, diffusione ed incentivazione delle fonti energetiche realmente rinnovabili.

Cerchiamo di capire meglio il quadro normativo italiano.

Nel 1988 tramite il Piano Energetico Nazionale veniva stabilito che l’Italia doveva raggiungere una soglia di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile per l’anno 2000 pari a 300 – 600 MW. La legge attuativa del PEN emanata il 9 gennaio 1991 ed il connesso provvedimento CIP 6 del 1992 sono stati i primi strumenti che hanno permesso lo sviluppo, seppur limitato, delle fonti eoliche. Il provvedimento stabiliva dei prezzi con cui l’ENEL doveva comprare l’energia prodotta da impianti a fonti rinnovabili o a fonti assimilate. L’introduzione di questi incentivi di ugual valore sia che l’impianto fosse costituito completamente da una o l’altra fonte, ha spalancato le porte alla diffusione sul territorio di questa seconda tipologia, oscurando le “vere”

rinnovabili. In ogni caso dal 1993 al 2001 la produzione di eolico in Italia è cresciuta da un valore nullo fino a 697 MW.

Con la successiva delibera CIPE del 19/11/98 in merito alle linee guida per la riduzione delle emissioni dei gas serra e l’uscita del Libro Bianco 1 per la valorizzazione energetica delle fonti rinnovabili approvato dal CIPE nel 1999, è stato fissato un obiettivo, per l’anno 2010, di arrivare a produrre, sul territorio nazionale, un quantitativo di energia da fonti rinnovabili pari al 25% del consumo elettrico nazionale, ripartendo tale quota per ciascuna fonte. Questo ha portato a fissare una quota pari a 2500 MW per l’energia prodotta per mezzo di aerogeneratori.

È stato successivamente emanato il Decreto Bersani (D.L. n. 79 del 16/03/1999

“attuativa della Direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica”) che sancisce la liberalizzazione del mercato elettrico in Italia:

tale delibera tende ad incentivare l’uso e la diffusione sul territorio delle fonti rinnovabili stabilendo anche che le società gestori della rete elettrica sono tenute a dispacciare l’energia prodotta da tali fonti. La sua attuazione ad oggi dovrebbe aver sostituito completamente il meccanismo previsto dal CIP 6/92 dato che sono trascorsi gli otto anni di passaggio tra le due normative e gli impianti hanno avuto il tempo necessario per l’adeguamento al sistema dei Certificati Verdi. Il Decreto Bersani stabilisce che il settore dell’energia elettrica è soggetto al controllo di un altro Ente:

l’AEEG (Autorità per l’energia Elettrica e il Gas). Questa struttura amministrativa,

1

Libro Bianco COM 1997 intitolato “Energia per il futuro: le fonti energetiche rinnovabili. Libro bianco

per una strategia e un piano d’azione della Comunità” adottato il 20 novembre 1997.

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indipendente, ha il compito di garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza nei settori sia dell’energia elettrica che del gas, assicurando al tempo stesso un livello elevato del servizio. Tale decreto, dando il via al mercato dell’energia dal 1 gennaio 2003, stabilisce che i produttori e gli importatori di energia elettrica abbiano l’obbligo di immettere nel sistema elettrico nazionale una quota pari al 2%

dell’energia importata o prodotta nell’anno precedente (2001 il primo anno con un aumento di tale quota dal 2005 al 2012 dello 0.3% annuo) derivanti da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio o ripotenziati, in data successiva a quella di entrata in vigore del decreto (1 aprile 1999). L’obbligo in ogni caso viene applicato solo nel caso in cui l’importazione o produzione ecceda i 100 GWh annui, al netto della cogenerazione, degli autoconsumi in centrale e delle esportazioni.

Prendendo in esame le fonti rinnovabili, il decreto consente l’autoproduzione di energia da fonte rinnovabile direttamente in loco, ma accentua, a differenza del CIP 6/92, gli incentivi destinati alla quota di energia prodotta da fonte rinnovabile (86%) rispetto alla quota destinata all’energia prodotta da fonti assimilate. Questa incentivazione e spinta in tale settore risulta essere in linea con le direttive e gli impegni assunti dal paese nel Protocollo di Kyoto, sebbene l’incentivazione destinata alle fonti assimilate (compresa la parte non biodegradabile dei rifiuti) non rientra né nel medesimo Protocollo né all’interno della direttiva europea 2001/77/CE la quale definisce esattamente quali sono le fonti da classificare come nella categoria fonti rinnovabili: sole, vento, geotermia,idraulica, onde, mare, gas di discarica, gas residuati da processi di depurazione, biogas e biomasse, comprendendo anche le frazioni biodegradabili dei rifiuti.

Successivamente al Decreto Bersani, il 16/02/2005 è entrato il vigore il

Protocollo di Kyoto, cui l’Italia è membro appartenente. Il governo nel periodo

compreso tra la direttiva 2001/77/CE e l’attuazione di tale patto tra nazioni, avrebbe

dovuto promuovere delle leggi e regolamentazioni, proprio per attuare la direttiva

europea. Il recepimento da parte delle nazioni di tale direttiva avrebbe dovuto consentire

una pianificazione energetica delle risorse rinnovabili sul territorio nazionale. In Italia,

il 29/12/2003, è stato emanato dal Governo, un Decreto Legislativo (numero 387)

intitolato “Linee guida per lo svolgimento del processo attuativo”, che non è stato

recepito né a livello nazionale, né a livello regionale.

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La carenza di linee guida a livello nazionale ha fatto emanare, da parte delle regioni, delle procedure autorizzative, relative agli impianti da fonti rinnovabili, che non permettono una diffusione ampia e differenziata delle varie tipologie di installazioni.

Ovviamente la diversificazione delle fonti sarebbe dovuta avvenire puntando principalmente sul potenziale energetico relativo al territorio in esame.

Mancando un indirizzo di sviluppo legislativo, per quanto concerne gli impianti eolici, da ogni regione sono state spesso emanate, nel corso degli anni, delle procedure di Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) [4] con lo scopo di controllare e regolamentare i progetti. Il controllo di questi si è allo stesso tempo rivelato nel più dei casi, estremamente limitante portando come conseguenza che le procedure di VIA risultano essere delle linee guida all’interno delle quali è presente una grande quantità di limitazioni ed impedimenti (vincoli paesaggistici ed ambientali) che rendono pressoché nulla qualsiasi possibilità di progettare ed installare un parco eolico sul territorio. Ciò porta come conseguenza che l’approvazione e la costruzione di nuovi impianti eolici in Italia viene dunque ad attuarsi solo nel caso in cui coloro che dimostrano interesse ad installare un impianto eolico riescano a collocarlo all’interno di una zona accidentalmente scartata dal VIA o siano riusciti a dimostrare che realmente l’installazione sul territorio apporti interessanti benefici alle istituzioni.

1.3 - Come viene promosso lo sviluppo dell’eolico sul territorio nazionale.

Sebbene esista sul territorio nazionale una carenza di normative sia a livello nazionale che regionale in materia, nel tempo la tecnologia della generazione elettrica tramite la risorsa eolica ha cominciato a diffondersi ugualmente. Questa diffusione non è dovuta dunque ad una pianificazione territoriale per identificare i luoghi più idonei, ma deriva semplicemente dall’interesse di tre operatori principali del settore:

 l’Enel che nel passato ha promosso una campagna di installazione di aerogeneratori nel sud Italia, per capire la reale producibilità di un parco eolico inserito nel contesto italiano,

• le aziende italiane produttrici di turbine eoliche per sperimentare la producibilità

effettiva delle pale eoliche da loro stessi prodotte (modelli mono e bipala come la

centrale di Tocco da Casauria (PE))

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• aziende e multinazionali estere produttrici di turbine eoliche al fine di installare sul territorio i propri aerogeneratori e vendere energia elettrica ad un prezzo conveniente.

Questo ha permesso alla fine del 2006 di avere una potenza eolica installata sul territorio italiano di 2100 MW [2] e [3]. La maggior parte delle installazioni sono state eseguite nel sud Italia e nelle isole maggiori, in accordo con i dati del CESI che indicano che la ventosità media annuale in quelle zone si aggira nell’intorno di 6 – 7 m/s.

Figura 1. 4 - Mappa del vento CESI a 25 m sul livello del terreno.

Ultimamente, dato che queste regioni hanno emanato nel tempo delle leggi

regionali per regolamentare ulteriori sviluppi di impianti eolici sul territorio rendendo

complesso l’iter autorizzativo per l’approvazione del progetto, l’interesse delle

multinazionali è stato dirottato su altre regioni nei quali risulta essere conveniente

procedere con la progettazione e l’installazione di un parco eolico.

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I principali modelli di turbina installati sul territorio nazionale risultano essere le Vestas – IWPC, le Gamesa, le Enercon e le GE, seguiti da altri come mostrato nel grafico 1.1

Vestas 34%

Gamesa 18%

Enercon 16%

GE Wind 11%

Siemens 6%

Repower 4%

Altri 11%

Grafico 1. 1 – Provenienza principale degli aerogeneratori installati sul territorio nazionale.

1.4 – La diffusione dell’eolico in Toscana.

Come in tutto il resto d’Italia anche la Toscana è carente di una normativa e di un piano energetico regionale che facciano chiarezza sulle modalità di sviluppo di tutte le fonti rinnovabili. Per quanto riguarda l’energia eolica esistono solamente le “Linee guida per la valutazione dell’impatto ambientale degli impianti eolici” costituite da una serie di vincoli paesaggistici ed ambientali da prendere in esame per l’installazione degli aerogeneratori di medio – grande taglia. Ad esempio vengono stabilite zone sottoposte a vincoli ambientali, poiché risultano essere parchi naturali o zone soggette a vincoli paesaggistici, in quanto ritenute belle paesaggisticamente oppure perché in prossimità della zona scelta è presente un’area archeologica dalla quale non si deve vedere l’impianto eolico.

Gli impianti costruiti fino ad oggi sul territorio regionale sono 3: Montemignaio, Scansano e Vitalba. In tutta la Toscana ultimamente però hanno cominciato a svilupparsi delle tavole di discussione tra le amministrazioni locali, i cittadini e le aziende produttrici di turbine al fine di far nascere altre centrali eoliche.

Recentissimamente sono stati indotti referendum sull’eolico dai comuni di

Montescudaio (PI) e Monteverdi Marittimo (PI) e altri paesi della zona, come Lajatico,

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stanno valutando la fattibilità tecnico – operativo di un’installazione eolica sulla loro zona comunale.

La spinta alla diffusione di questa tecnologia non nasce perciò da una programmazione territoriale a livello regionale, provinciale o comunale, ma da parte di terzi, cioè di coloro che producono tale tecnologia. Una volta individuate le zone più idonee per l’installazione, derivanti da una sorta di ottimizzazione a tavolino del luogo, vengono scelti i punti più elevati delle colline della regione in relazione alla facilità di accesso dei mezzi di trasporto (vicinanza alle vie di comunicazione e valutazione delle modiche da apportare alle vie di comunicazione provinciali e collinari – montane per far avvenire il passaggio dei mezzi per il trasporto degli aerogeneratori dalla fabbrica al sito di installazione). Non è da escludere la possibilità di creare nuove strade per facilitare l’accesso.

Figura 1. 5 Il trasporto della torre di un aerogeneratore sulle strade di montagna può creare dei problemi inerenti il passaggio dell'autoarticolato nelle curve.

Infatti, solo per casi eccezionali in cui l’autoarticolato non abbia la possibilità di

svoltare sui tornanti delle strade per arrivare alla zona interessata, il trasporto delle

strutture dell’aerogeneratore sono eseguite tramite via aerea utilizzando l’elicottero,

come pochi mesi fa è stato impiegato per il trasporto di un aerogeneratore da 1.2 MW in

Val Venosta.

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È per questo motivo che in Italia la taglia massima che viene installata è intorno agli 850 kW. Per questi aerogeneratori le dimensioni dei componenti che costituiscono l’aerogeneratore, se trasportati singolarmente al sito scelto per l’installazione, non sono eccessive ed il loro trasporto avviene abbastanza agevolmente.

Una volta individuati vari siti di indagine, queste aziende, effettuando delle convenzioni con i comuni, procedono allo studio in loco della ventosità del sito con campagne anemometriche sul territorio.

Contemporaneamente vengono effettuate delle analisi del territorio volte a capire se tutti i vincoli paesaggistici imposti dalle linee guida della regione possano ritenersi soddisfatti e vengono valutate le possibilità di allaccio alla rete.

Se la risposta di ventosità risulta avere esito positivo, il progetto del parco eolico viene presentato in Regione: solo pochi progetti riescono ad avere parere favorevole.

Quello che sappiamo con precisione è che solitamente l’avente diritto sul terreno che può essere un comune (nel caso di terreni in demanio) o un proprietario privato (sono molto più brevi i tempi di fattibilità dell’impianto se il terreno appartiene ad un’unica persona) stipula una sorta di compromesso con le aziende produttrici – installatrici, le quali si trovano a pagare un affitto annuale del terreno, mentre la vendita dell’energia è gestita tra loro ed il gestore della rete. Solitamente questi tipi di contratti durano per tutto l’arco di tempo del funzionamento dell’impianto e svolgono una funzione di tutela nei confronti dell’installazione in quanto risarciscono il proprietario del terreno in caso di fallimento della multinazionale, coprendolo anche dalle spese da sostenere per smantellare, a fine ciclo di vita, l’impianto stesso.

Inoltre il comune interessato da tale installazione, stipulando un’ulteriore convenzione con queste multinazionali, beneficia in parte dell’energia prodotta dall’impianto, ricavandone una piccola percentuale.

L’Ente gestore della rete elettrica solitamente impone, assieme alla costruzione

dell’impianto, anche la costruzione della linea elettrica dal sito di produzione

dell’energia fino alla sottostazione elettrica più vicina. Usualmente le linee elettriche di

collegamento tra i due siti, sebbene presentino dei costi di creazione elevati rispetto a

quelle aeree, vengono realizzate interrate e in media tensione.

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1.5 – Inquadramento delle problematiche connesse al problema e scenari futuri di sviluppo

La tecnologia dell’eolico presa in esame in questo capitolo, negli anni sta lentamente diffondendosi sul territorio grazie alla maturità tecnologica raggiunta dalle macchine per produrre energia. Grazie al loro campo di velocità operativo sempre più ampio, gli aerogeneratori possono oggi essere collocati anche in località caratterizzate da un regime di ventosità irregolare.

Emerge in ogni caso dagli scenari politico – economici esistenti, che l’Italia risulta essere un mercato appetibile per molte aziende estere. L’interessamento e la costruzione di centrali eoliche appartenenti a queste multinazionali merita considerazioni più approfondite. In particolar modo deve essere affrontato il problema della diffusione sul territorio delle centrali eoliche, in modo da programmare adeguatamente l’installazione della potenza derivante da fonte eolica. Emergono quindi delle questioni di tipo tecnico – amministrativo degne di essere prese in esame.

In primo luogo emerge la necessità di definire un quadro chiaro in termini economico – gestionali della risorsa eolica. La diffusione in Italia di centrali rinnovabili costituite da aerogeneratori dovrebbero essere programmate e gestite da organismi preposti all’interno di regioni o dello stato centrale in modo tale da organizzare uno sviluppo omogeneo di tutte le centrali a fonti rinnovabili. Ad oggi invece, la gestione è prevalentemente in mano a multinazionali estere che si occupano della costruzione, della produzione e della vendita di energia, in cambio dell’affitto del territorio ove sorge l’impianto e, in alcuni casi, di una piccola percentuale dell’energia prodotta. Sarebbe auspicabile che, detta gestione, non sia delegata a chi produce l’impianto, ma che ci sia un coinvolgimento diretto dei proprietari dei siti, o altre aziende locali preposte.

Sarebbe interessante se divenissero promotori e gestori di tutto il sistema dei consorzi di comuni limitrofi al parco eolico. I cittadini avrebbero dei vantaggi diretti legati all’investimento e sarebbero più interessati a questo tipo di installazioni energetiche.

I terreni dove vengono costruiti gli impianti eolici sono a volte delle proprietà

private: abbiamo così una trattativa diretta fra le aziende che propongono l’investimento

e il singolo cittadino. I comuni entrano in gioco a trattativa già avviata e determinano le

concessioni edilizie necessarie. A questo punto intervengono le regioni che possono

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approvare o mettere un veto all’impianto a seconda del responso dato dall’analisi dei vincoli paesaggistico – ambientali.

Questa gestione, a prima vista semplice, potrebbe generare dei conflitti fra le varie parti chiamate in causa: un comune potrebbe non essere interessato all’impianto;

le comunità montane potrebbero difendere l’integrità del proprio territorio; la regione potrebbe valutare negativamente un impianto già approvato in sede comunale da realizzare su territori demaniali. Inoltre i comuni limitrofi, spesso interessati dall’impatto visivo dell’impianto, sono hanno neppure voce in capitolo.

Nell’ottica dell’individuazione delle competenze merita un approfondimento la gestione della rete elettrica: come già evidenziato in precedenza, oggi, coloro che realizzano l’impianto, sono tenuti a costruire la rete di allaccio dal sito di realizzazione fino alla sottostazione elettrica indicata dal gestore, il quale pretende degli standard qualitativi dell’energia immessa nella rete pubblica, che fa capo a tre fattori principali: i cavi interrati o la linea aerea in un generico istante di tempo t non deve risultare sovraccaricata; le variazione di tensione, a regime stazionario, devono mantenersi entro un certo intervallo per garantire la qualità dell’energia elettrica immessa in rete; l’effetto Flicker non deve eccedere oltre un certo livello. L’ente gestore diviene proprietario della linea elettrica dal punto di consegna fino all’installazione, dal momento della messa in servizio pur non avendo contribuito in nessuna maniera alla sua realizzazione.

Estendendo il quadro di analisi, si possono individuare degli scenari di sviluppo futuri che siano indirizzati verso una gestione ottimale di questa risorsa.

In quest’ottica emerge la necessità di una pianificazione della potenza

complessiva eolica da poter installare sul territorio nazionale: non è possibile puntare

sulla produzione di energia da questa fonte rinnovabile più di una certa percentuale,

perché potrebbero crearsi dei black out che si ripercuoterebbero sull’intero sistema

elettrico del Paese, dovuti all’assenza di vento in uno o più siti produttivi. La

programmazione giornaliera, da parte del gestore, deve prevedere la possibilità di

utilizzare delle centrali cosiddette programmabili (come le termoelettriche) da

impiegare nelle improvvise calme di vento, in modo da sopperire alla inaspettata

carenza di energia, entrando a lavorare in tempi brevissimi a pieno carico e di adeguati

sistemi di accumulo, a partire dai gruppi di pompaggio.

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La diffusione sul territorio delle centrali eoliche deve essere il prodotto di un’analisi energetica volta all’individuazione dei siti più idonei. Essa dovrà tenere presente sia della presenza di una ventosità adeguata, che i vincoli paesaggistici ambientali a cui queste centrali sono soggette. Potrebbe essere valutato l’impiego anche in Italia di un modello simile a quello danese: questi hanno stilato una mappatura del territorio europeo, concentrandosi sul loro, dal quale hanno individuato i siti maggiormente produttivi. Dato che la conformazione morfologica del nostro Paese risulta essere molto differente da quella danese, caratterizzata anche da una densità popolativa maggiore, oltre al problema energetico, nella valutazione dell’installazione degli aerogeneratori sarebbe opportuno tener conto dell’intrusione visiva che questi provocano nel paesaggio circostante. Oltre ad una mappatura indicante l’intensità del vento sarebbe necessario creare anche una mappa con indicazioni sulle zone interessate dall’impatto visivo.

Una problematica che spesso viene sollevata quando si parla di centrali eoliche è l’impatto acustico. Più avanti verrà affrontato il problema nel dettaglio, ma le ultime generazioni di macchine generano un rumore che può essere già considerato nullo a qualche centinaio di metri di distanza.

Valutare la producibilità di un sito eolico in ogni caso presenta alcune difficoltà

in quanto c’è la necessità di disporre di periodi di rilevazione annuali o triennali in

maniera da ricavare il comportamento dei venti sia mensile, che stagionale e osservare

se in tale arco di tempo vi siano dei fenomeni tali da poter ipotizzare una variazione

climatica. Dovremmo così ottenere una descrizione dettagliata dei venti della zona e in

base a questo scegliere il tipo e il modello di aerogeneratore più idoneo.

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