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Figura 1 (Grafico relativo a detriti di taglia superiore a 10 cm; fonte NASA 2 Agosto

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Academic year: 2021

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Introduzione

Con il termine space debris si identifica tutto ciò che orbita attorno alla terra, creato dall’uomo, e non più utile. Space debris sono i satelliti non più funzionanti (Spacecraft), la maggior parte di uso militare, gli stadi propulsivi di razzi che vengono rilasciati nella fase finale di lancio (Rocket bodies) nonché gocce di refrigerante (NAK) e aggregati di materiale (SLAG), elementi di uso su satelliti come bulloni, coperture termiche e di sensori, scaglie di vernice e detriti operazionali (Mission related debris); ma la gran parte dei frammenti è dovuta alle circa 170 esplosioni in orbita (delle quali circa il 30%

intenzionali per evitare il rientro di satelliti o per effettuare test) e dalle pochissime collisioni (Fragmentation or Breakup).

Dal lancio dello Sputnik 1 (4 Ottobre 1957) più di 6000 oggetti sono stati lanciati nello spazio; parte di essi sono rientrati in atmosfera e parte di essi è ancora in orbita [1].

Figura 1 (Grafico relativo a detriti di taglia superiore a 10 cm; fonte NASA 2 Agosto

2007)

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Figura 1-a (Possibili cause del fenomeno degli space debris)

Considerando poi che ogni anno avvengono in media dai 50 ai 60 lanci il problema dei detriti spaziali è diventato di rilevante importanza per le missioni già avviate e ovviamente per quelle future [2].

Figure 2 (Numero di lanci a partire dal 1957)

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Figura 3 (Numero di oggetti per agenzie a partire dal 1957)

In figura 2 e 3 si possono apprezzare dei dati, forniti dalla NASA, sul numero di lanci e sul numero di oggetti in orbita, relativi all’Ottobre 2006, mentre in figura 4, fornita dall’ESA, si può osservare una distribuzione dei detriti alle varie orbite.

Figura 4

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La maggior parte dei dati riguardanti gli space debris è collezionata dall’USSPACECOM usando una SPACE SURVEILLANCE NETWORK (SSN) ovvero una rete di sensori radar ed elettro-ottici, dedicati e non, che rivela ed infine identica gli oggetti orbitanti attorno alla Terra. I cataloghi contengono quindi informazioni sul numero di oggetti rilevati di una data misura (in questo caso si fa riferimento a detriti di taglia superiore a 10 cm) in una certa regione di spazio ad un dato tempo.

Figura 5 (Space Surveillance Network)

Tuttavia la valutazione del rischio per veicoli spaziali e satelliti operativi non è facile, dato che l’analisi cambia a seconda che si valuti il rischio di collisione con un oggetto catalogato o meno.

Per valutare il rischio rappresentato dagli oggetti orbitanti gli scienziati dell’ESA, della NASA e di altre agenzie adottano modelli probabilistici avanzati

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nei quali il rischio viene predetto in base alla superficie trasversale del velivolo spaziale e ad altri fattori variabili a seconda dell’oggetto come orbita, tempo di vita orbitale, traiettoria, velocità media ecc.

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Un esempio può essere rappresentato dal software DAS (Debris Assesment Software)

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Questi modelli tengono anche conto di quella che è la popolazione dei detriti orbitanti e della sua evoluzione negli anni a seconda delle possibili collisioni o esplosioni, dell’introduzione di misure di mitigazione e di tutti quei fenomeni che incidono sulle proiezioni future del problema

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. In aggiunta vengono poi esaminate le superfici esposte a impatti (Long Duration Exposure Facility) con detriti una volte che i satelliti, o altri oggetti orbitanti, ritornano a Terra per poter validare i modelli proposti e valutare l’entità dei danni [2].

Figura 6 (LDEF)

In figura 6 si può vedere un esempio dei danni effettuati dai detriti spaziali sui pannelli delle LDEF esaminati al momento del rientro a Terra.

Nonostante gli sforzi della comunità scientifica per comprendere, valutare e rendere noti i rischi la situazione degli space debris non sembra destinata a migliorare se non verranno adottate misure precise e coordinate per la riduzione degli stessi.

Nel 1993 è stata fondata un’agenzia internazionale chiamata IADC (Inter – Agency Space Debris Coordination Comitee), i quali membri sono: ESA, JAXA (Giappone), NASA (U.S.A), ROSCOSMOS (Russia), CNSA (Cina), BNSC (UK), CNES (Francia), ISRO (India), ASI (Italia), DLR (Germania), NSAU (Ucraina), con lo scopo di

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Modello ORDEM (Orbital Debris Engeenering Model) LEGEND (LEO to GEO Enviroment Debris

Model) ENVOLVE (Orbital Debris Evolutionary Models) della Nasa e modello ESA MASTER

(Meteoroid and Space Debris Terrestrial Reference Model) dell’ESA

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facilitare la cooperazione tra le varie agenzie per i programmi di ricerca sugli space debris ed individuare possibili misure di mitigazione [3].

Figura 7 (Organigramma della IADC)

L’obiettivo di questo lavoro sarà quindi quello di inquadrare il problema relativo agli scenari attuali e alle proiezioni future degli space debris individuando quindi quelli scenari considerati di maggior interesse.

Successivamente verranno presentate una serie di simulazioni, adottando un software della NASA, che forniranno dati concreti sulla popolazione dei detriti relativamente alle ipotesi fatte in precedenza. La chiave di questa tesi sarà però la simulazione della RCS (Radar Cross Section) dei detriti orbitanti descritta nel terzo capitolo e che ci fornirà un possibile ventaglio di tali valori espressi in dBsm. Tali simulazioni verranno fatte per semplici strutture al variare della frequenza e dell’angolo di vista; molta importanza verrà data alla simulazione della sfera che permetterà di valutare la correttezza di tali simulazioni. Poi, anche mediante lo studio di alcuni sensori esistenti, si andranno a ricercare le caratteristiche ottimali per la loro rivelazione.

Verranno infine individuate alcune frequenze ottime per la rivelazione degli space debris e che verranno usate in seguito come base per la stima dei parametri del radar.

Come appena accennato si studieranno le caratteristiche di alcuni elementi radianti di possibile utilizzo valutandone geometrie e guadagni e verranno quindi esaminati tutti i parametri del radar alle frequenze scelte.

Questo ci porterà alla fase del lavoro che prevede l’inserimento di tutti i dati fin qui

collezionati nell’equazione del radar per stilare una tabella sulle potenze di picco

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necessarie per effettuare la rivelazione di detriti di determinata taglia, ad una data frequenza, in regioni di spazio ben precise e con caratteristiche altrettanto precise sul tipo di sensore.

La fase conclusiva del lavoro prevede uno studio sulle caratteristiche dei sistemi radar di tipo bistatici (con estensione al caso multistatico) per la rivelazione dei detriti spaziali. Tale trattazione risulterà necessaria per comprendere come poter applicare le caratteristiche di questi sistemi in un contesto nazionale per la realizzazione di una

“Network” in grado di coadiuvare lo studio di questo fenomeno.

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