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Limitandoci a questo esempio, si possono fare alcune precisazioni iniziali per restringere il campo di studio:

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(1)

3. Attuatori

Fino a questo momento non avevamo ancora dato specifiche meccaniche sul tipo di apparato sterzante presente sull'auto di serie da noi considerata, né sulla modifiche che si ad esso si vuole apportare introducendo lo steering - by -wire.

E' qui invece opportuno precisare ancora meglio il tipo di sistema steer-by- wire che si sta prendendo in considerazione: effettueremo una scelta di massima degli attuatori elettrici da utilizzare in un sistema da impiantare in un veicolo da turismo prodotto in serie, con completo disaccoppiamento meccanico tra il volante e gli organi di sterzata delle ruote.

Limitandoci a questo esempio, si possono fare alcune precisazioni iniziali per restringere il campo di studio:

- si esclude la presenza nel sistema di attuatori che non siano elettrici - l'alimentazione a monte del sistema, di cui dovranno servirsi o circuiti di potenza, sarà in tensione continua a 12V o anche a 48V, secondo i più recenti sviluppi nel settore automotive

- non considereremo l'interazione tra il nostro sistema ed eventuali altri sistemi x-by-wire implementati sul veicolo (ABS, Iniezione, etc.) nè dal punto di vista costruttivo, nè dal punto di vista elettrico e elettronico - il nostro sistema di guida sarà assistito, non automatico. Il pilota umano del veicolo deve aver la possibilità di controllare la traiettoria in ogni momento e a suo piacimento

- l'organo di guida sarà un comune volante per auto da turismo.

(2)

Queste scelte non necessariamente portano a un sistema di controllo della sterzata più efficiente. Ad esempio, l'utilizzo di attuatori idraulici (idroguida) è molto presente nel settore automotive; inoltre non esistono studi reali di sistemi steer-by-wire che escludano la presenza di altri dispositivi di aiuto alla guida, come le sospensioni "intelligenti" o la frenatura controllata, che migliorano di molto l'efficacia della guida assistita e il comfort di marcia e sono controllabili con la stessa centralina elettronica che gestisce la sterzata. L'origine delle semplificazioni sta soltanto nella necessità di limitare gli estremi di un campo di studio altrimenti troppo ampio, per favorire la chiarezza a scapito della generalità.

Ancora, non si terrà conto delle ridondanze necessarie nel sistema di controllo e attuazione per garantire la sicurezza del veicolo in caso di failure del sistema di guida. Il disaccoppiamento meccanico cos' come è stato ipotizzato renderebbe infatti il veicolo totalmente privo di controllo in caso di guasto in un punto qualsiasi della catena di controllo o di azionamento, con conseguenze disastrose per il guidatore, i passeggeri e le persone presenti nell'ambiente circostante. Un analisi degli accorgimenti per rendere il sistema più robusto ad un problema del genere non è effettuata perché ritenuta inutile laddove l'analisi si fermi ad aspetti qualitativi del problema. Peraltro, seguendo l'esempio del fly - by - wire aeronautico, la robustezza viene raggiunta con l'utilizzo di più circuiti di controllo e azionamento agenti in parallelo, rendendo quindi identica l'analisi qualitativa in presenza o meno di considerazioni di sicurezza.

Infine, l'organo di guida potrebbe essere tranquillamente una cloche o un

joystick. Si è preferito mantenere il volante nella configurazione trattata

perché esso viene ritenuto molto più "friendly" verso un pilota di tipo

tradizionale, abituato a rispondere al tipo di sollecitazioni da esso

trasmesse.

(3)

In virtù di queste ipotesi, oltre agli attuatori presenti sulle ruote per imporre loro l'angolo di sterzata, il nostro sistema richiederà anche un ulteriore attuatore che permetta al pilota umano di percepire tramite l'azione sul volante il comportamento delle ruote, vista l'assenza di collegamenti meccanici tra le ruote e il pignone dello sterzo.

Nel capitolo presente, dopo un breve ritorno ad aspetti controllistici e un accenno alla meccanica degli organi tradizionali di sterzata, verranno studiati separatamente questi due problematiche di azionamento, e per ognuno verranno fornite le specifiche di massima richieste agli attuatori.

Verranno inoltre descritti nel dettaglio tre tipi di attuatori che si adattano molto bene al caso in esame e sono già stati utilizzati in sistemi analoghi.

3.1 Ancora sul controllo: influenza del comportamento dinamico dell'attuatore sulla stabilità

Nel §2.1 abbiamo visto come si possa ottenere un disaccoppiamento robusto unilaterale rendendo la velocità di imbardata non osservabile dall'accelerazione laterale sull'assale anteriore.

Risultati sperimentali in [21, 24] hanno però dimostrato come il presentarsi di cicli limite in alcune manovre di guida richieda prestazioni maggiori agli attuatori. Si può cercare di esaminare questi cicli limite [43].

Utilizzeremo in questo paragrafo un modello semplificato linearizzato del

sistema sufficiente a cogliere le incertezze sulla velocità v e sui coefficienti

(4)

di attrito tra strada e pneumatico µ. Di questo modello adesso servirà soltanto la funzione di trasferimento, data da:

) ( ) ( )

(

) (

) ) (

(

/

2 2 2 1

2 02 2 01

1 0 /

s s G s r

s v e vs e uv e e

vs f f s v

G

F r

r

δ

µ µ

µ µ

δ δ

=

+ +

+

= +

(3.1)

Nella Fig. 3.1 è riportato il range Q dei parametri incerti v e µ.

Fig. 3.1: Range di Q

Il controllore ideale per ottenere il disaccoppiamento dovrebbe essere un semplice integratore 1/s, così da rendere la caratteristica in anello chiuso

3 2 2 2 1 2 02 2 01 2 1 2

0

( )

)

( s f v f v e e v s e vs e v s

p = µ + µ + µ + µ + µ + (3.2)

che può essere fattorizzata in sostituendo i parametri del veicolo come

 

 

 + +

 

 

  +

= ma

s c mav

c s l mbv

c s l v abm s

p ( )

2 2

µ

F0 2

µ

R0

µ

R0

(3.3)

L'ingresso di riferimento è δ

L

, che è l'angolo del volante moltiplicato per il rapporto di trasmissione del riduttore dello sterzo. Nel nostro sistema steer- by-wire un segnale retroazionato δ

C

sarà sommato a questo, così che

δ δ

δ + = (3.4)

(5)

L'angolo addizionale δ

C

è fornito da un attuatore, che era stato assunto come ideale nella trattazione del capitolo 2. Vediamo cosa succede se si utilizza una funzione di traferimento G

a

(s) più realistica per rappresentare il servomotore.

Ad esempio si avrà:

) ( )) ( ) ( 1 (

s G s r s

S r

ref a

C

= −

δ (3.5)

dove r

ref

(s) = F(s)δ

L

è generata dall'ingresso del volante attraverso il prefiltro F(S).

L'attuatore è modellato con

2 2

2

) 2 (

a a a a

s s

G ω ω

ω +

= + (3.6)

e una serie di limitazioni prevengono danni dovuti ad eventuali sovraccarichi.

Lo smorzamento è fissato essere 2

1 , la frequenza caratteristica ω

a

verrà scelta nel progetto dell'attuatore.

Nello schema di Fig. 3.2 è illustrato un possibile schema a blocchi dell'attuatore.

Fig. 3.2: Schema a blocchi di un attuatore con dinamica lineare e limitatore

(6)

L'ingresso all'integratore non potrà superare il limite R, quindi l'uscita δ

Clim

del limitatore soddisfa

Clim

R

δ & . (3.7)

Ciò che interessa nell'analisi di cicli limite ad anello chiuso è la risposta δ

Clim

ad un ingresso sinusoidale

t A

t A

Cref Cref

ω ω δ

ω δ

cos sin

=

=

& (3.8)

La risposta a regime nelle condizioni operative in cui si ha comportamento lineare è:

t A t

Cref

C

δ ω

δ

lim

( ) = = sin per A ω ≤ R . (3.9)

Per Aω>R si attiva il limitatore e l'uscita viene ridotta in ampiezza e ritardata in fase. La Fig. 3.3 mostra le risposte del sistema schematizzato per quattro diversi valori di Aω/R.

Fig.3.3: Risposta a regime (tratteggiata) del limitatore per ingresso sinusoidale (linea

continua)

(7)

Si noti come per valori più grandi di 1.862 di Aω/R l'uscita divenga una onda triangola. L'ampiezza tende a 0 e la fase a -90° con il crescere di Aω/R. E' proprio questo ritardo di fase che può portare la presenza di cicli limite in anello chiuso. La stabilità verrà esaminata con una funzione descrittiva in funzione della frequenza.

Il controllore disaccoppiato robusto (3.5) genera δ

Cref

tramite un altro integratore. Si può allora limitare il suo ingresso allo stesso valore ±R così che il limitatore non si attivi mai.

Un esempio di questo procedimento è illustrato nella schema a blocchi di Fig. 3.4. L'elemento in saturazione garantisce δ &

Clim

R , così il limitatore non viene mai attivato e può essere omesso; l'elemento di saturazione tra l'altro non introduce alcun ritardo di fase, ma solo una riduzione di guadagno.

Fig.3.4: Introduzione dell'elemento di saturazione a monte

La funzione di trasferimento in anello aperto diventa adesso:

s s G s G s

G

r a

1

) ( ) ( )

( =

/δ

(3.10),

ed essa soddisfa le ipotesi per l'applicazione del metodo della funzione

descrittiva.

(8)

Secondo questo metodo approssimato, un ciclo limite in anello chiuso avviene se

) ( ) 1

( j N A

G ω = − (3.11), dove N(A) è il guadagno per un ingresso sinusoidale.

Questa relazione ha un immediato riscontro grafico sul piano di Nyquist, come mostrato in Fig.3.5. Un ciclo limite di ampiezza A* e frequenza ω*

avviene se il diagramma della funzione G(jω) alla frequenza ω = ω*

interseca il luogo dei punti della funzione descrittiva negativa inversa -1/N(A) per A = A*.

Fig. 3.5: La condizione di ciclo limite tramite la funzione descrittiva di un elemento di

saturazione sul diagramma di Nyquist.

(9)

La funzione descrittiva di un elemento di saturazione è una retta sull'asse reale del piano di Nyquist che va da -1 a -∞ (per A → ∞). Non interessa comunque l'ampiezza A* del ciclo limite o la sua stabilità, ma l'evita strettamente che il nostro attuatore soddisfi la condizione di ciclo limite. In altre parole: per una fase di -180° il guadagno in anello deve essere più piccolo di 1.

Il procedimento per il calcolo della ω

a

caratteristica dell'attuatore si esegue scegliendo un punto di lavoro ammissibile tramite una coppia di valori di v e di µ compatibili con i limiti definiti dalla Fig. 3.1 e verificando che il grafico dell'azionamento non intersechi la retta della funzione descrittiva dell'elelemento saturazione sul diagramma di Nyquist.

Per un'analisi di robustezza si determina l'intorno libero da cicli limite del punto di funzionamento e poi si vede se questo è compreso nel range operativo Q. In genere, il bordo della regione libera da cicli limite è dato da tre condizioni:

- La condizione di radici reali per G(0). Nel nostro caso questo non avviene perché G(0) = -∞.

- La condizione di fase, data dai valori dei parametri per cui il diagramma di Nyquist diventa tangente alla negativa inversa della funzione descrittiva. Questo si traduce in tre condizioni:

. 1 ) ( Re

) 0 ( Im

0 ) ( Im

∂ =

=

ω ω

ω ω

J G

j G

j G

(3.12)

- La condizione di guadagno, data dai valori di guadagno per cui il

valore di intersezione con l'asse reale del diagramma di Nyquist

(10)

oltrepassa -1. Devono essere per questo soddisfatte le due seguenti condizioni:

0 ) ( Im

1 ) ( Re

=

= ω ω j G

j

G (3.13)

Si possono mappare i risultati ottenuti sul piano di Nyquist nel piano (v,µ) per ottenere una valutazione immediata del valore di ω

a

da assegnare al nostro attuatore.

In Fig. 3.6 si possono vedere due esempi di questo procedimento grafico molto utili; nel primo caso, preso un punto di lavoro al bordo di Q il limite per la condizione di guadagno (linea tratteggiata) interseca Q, quindi non tutto il range operativo è libero da cicli limite. Nel secondo caso otteniamo il soddisfacimento delle condizioni richieste aumentando la ω

a

.

Fig. 3.6: a) wa = 2π · 2Hz; b) wa = 2π · 3.15 Hz.

(11)

3.2 Cenni sul sistema meccanico tradizionale di sterzata

Il cinematismo di sterzo di una autovettura è costituito essenzialmente da due parti: il cinematismo di accoppiamento delle ruote, che dovrà imporre la legge di sterzata relativa di una ruota rispetto all'altra, e il cinematismo di comando, che dovrà trasmettere il movimento di sterzata dall'organo di comando (volante) al cinematismo di accoppiamento.

In generale il moto di sospensione è progettato in modo tale da non influenzare il cinematismo.

Fig. 3.7: Sistema meccanico tradizionale

(12)

Negli autoveicoli moderni (Fig. 3.7), il cinematismo di comando è costituito da un asse detto piantone, comandato dal movimento rotatorio del volante, incernierato ai tiranti di una delle due ruote attraverso un accoppiamento cremagliera - pignone (in realtà il collegamento è un po' più complesso) racchiuso nella scatola dello sterzo. L'azione sui tiranti regola l'angolo di sterzata dello ruota.

Il cinematismo di accoppiamento delle ruote è invece costituito da un quadrilatero articolato, composto da diverse leve di rinvio, che trasmettono il movimento dei tiranti della ruota comandata all'altra ruota.

Questo quadrilatero articolato è detto quadrilatero di Jentaud, in onore di uno dei pionieri del settore automobilistico che per primo impiegò una struttura articolata per comandare la sterzata reciproca delle ruote.

Il quadrilatero di Jentaud è però soltanto una soluzione empirica al problema del rapporto tra l'angolo di sterzata delle due ruote. Si è visto infatti nel secondo capitolo come gli angoli di sterzo delle due ruote durante una curva siano diversi e legati da una relazione piuttosto complessa. Quadrilateri articolati che realizzino in modo perfetto il collegamento cinematico sono stati studiati, ma si è giunti a versioni così complesse da renderle inutili per qualsiasi implicazione pratica. D'altra parte, l'enorme esperienza maturata nel settore ha garantito l'affidabilità del sistema meccanico descritto e l'ininfluenza delle sue imperfezioni sul comportamento della vettura in ogni condizione.

3.3 Azionamenti sulle ruote

Abbiamo visto come la variabile su cui si agisce per impostare la voluta

traiettoria del veicolo e regolarne la dinamica sia l'angolo di sterzata δ

S

,

(13)

definito genericamente come l'angolo tra l'asse del veicolo e la direzione delle ruote.

Gli attuatori dovranno quindi provvedere alla corretta rotazione delle ruote a seconda degli ordini impartiti dal controllore e dal pilota del veicolo.

Nei sistemi da noi considerati esistono due possibili configurazioni di attuatori per ottenere questo risultato.

La prima configurazione prevede il mantenimento del quadrilatero di

Jentaud come organo meccanico di conversione del movimento rotatorio

del piantone dello sterzo nel movimento delle ruote. Il piantone verrebbe

rimosso ma si manterrebbe l'accoppiamento cremagliera-pignone da

utilizzare mediante un motore elettrico opportunamente comandato in base

ai sensori presenti sull'organo di guida. (Fig. 3.8).

(14)

Questa soluzione, senz'altro più semplice dal punto di vista dell'impatto sulla produzione in serie, possiede molti punti a suo sfavore, in particolare perché i legami meccanici non garantiscono la sufficiente precisione richiesta da un controllo fine della traiettoria. Il quadrilatero di Jentaud rappresenta infatti una semplificazione empirica di un modello più complesso [17] la cui realizzazione pratica comporterebbe spese inaccettabili dal punto di vista della progettazione e della costruzione.

La seconda configurazione prevede invece l'utilizzo di una coppia di attuatori lineari (Fig. 3.9) che posti in parallelo regolino la rotazione della ruota. Questa configurazione, che comporta da un lato un nuovo progetto del telaio del veicolo, presenta notevolissimi vantaggi rispetto alla prima:

- possibilità di un controllo molto raffinato e rapido

- possibilità di controllare indipendentemente le due ruote anteriori e di disporre di una tipologia attuativa valida sia per le

ruote anteriori che posteriori.

- possibilità di particolari configurazioni che portano alla realizzazione di ruote sterzanti per angoli molto ampi (≈90°) con

movimenti innovativi come il lateral parking e maggiore finestra di controllo del moto.

- riduzione dello spazio richiesto all'interno del vano motore.

(15)

Fig. 3.9: Sterzata mediante azionamenti lineari

La seconda configurazione è certamente la più interessante ai fini dello studio, e ad essa limiteremo la trattazione seguente.

3.3.1 Analisi delle prestazioni richieste

Agli attuatori presenti sulle ruote si richiede un moto lineare alternato. Già questo limita molto la scelta dei dispositivi: infatti gli unici due candidati che soddisfano questa specifica sono gli attuatori x-screw e gli attuatori elettrici lineari.

Per scegliere tra le varie tipologie realizzative di questi due dispositivi

vediamo di dare le necessarie indicazione sul compito ad essi richiesto. Per

i motori x-screw le considerazioni seguenti vanno intese a valle del

meccanismo a vite; per il dimensionamento del motore elettrico a monte di

(16)

Il carico da azionare è prettamente inerziale, quindi caratterizzato dall'equazione

F = m dv/dt (3.14)

essendo trascurabili in prima approssimazione le varie perdite da attrito, unica altra forma di coppia resistente da vincere da parte del motore. Le perdite per attrito vengono trascurate ipotizzando il contatto tra strada e pneumatico istantaneamente puntiforme, cosa che rispecchia la realtà soprattutto alle alte velocità di marcia.

Nella (3.14) m è la massa totale del sistema tirante + pneumatico (anche se la presenza di due attuatori usati in parallelo in pratica dimezza il valore dalla massa da azionare rispetto a quella totale) e v è la velocità lineare dal braccio dell'attuatore.

Questo carico è molto basso, quindi non si richiedono attuatori particolarmente potenti.

Il profilo di velocità del carico sarà a dinamica molto alta, perché l'azione del sistema steer-by-wire deve essere il più possibile rapida, visto che le variazioni delle condizioni di stabilità sono pressoché istantanee.

D'altro canto, lo spostamento lineare richiesto sarà molto breve, con una valore massimo l

max

≈ 20cm.

Naturalmente è richiesta una notevole precisione di posizione, dal momento che l'ottimizzazione della traiettoria e la risposta a disturbi esterni si effettua modificando l'angolo di sterzata di poche frazioni di grado.

Infine, le condizioni ambientali sono provanti, perché l'azionamento,

anche se protetto da un contenitore sigillato, è senz'altro soggetto a varie

forme di sobbalzo e urto dovuto all'irregolare profilo della strada, solo

lievemente attenuato dalle sospensioni. Sono quindi necessari ampi traferri

e sistemi dinamici di controllo delle sollecitazioni.

(17)

Vediamo adesso le due generiche configurazioni di attuatore e in base a queste considerazioni cerchiamo di definire il tipo di motore da utilizzare.

3.3.2 Attuatori x-screw

I primi attuatori ad essere utilizzati in sistema di guida steer-by-wire con azionamenti lineari sono stati i cosiddetti x-screw.

Questi attuatori, di concezione molto semplice, sono composti da una parte elettrica che fornisce un movimento rotatorio (tipicamente motori AC o DC a seconda del range di potenza, rapidità e precisione richiesta) accoppiata con una parte meccanica, costituita da una vite infinita accoppiata con un cilindro a madrevite mobile, che trasforma il movimento rotatorio in movimento lineare.

Questo genere di dispositivi hanno tra i loro vantaggi quello di essere

molto robusti e quindi adatti per un'applicazione dove sono soggetti a

lavorare in condizioni di forti vibrazioni ambientali. Inoltre sono composti

da un attuatore elettrico rotante e da un sistema meccanico molto

tradizionali, sul cui comportamento, progettazione e realizzazione si è

potuta sviluppare nel tempo una notevole esperienza, rendendo i prodotti

molto funzionali e di costo più basso.

(18)

Esistono fondamentalmente due tipi di attuatori x-screw: i ball-screw e i roller-screw, a seconda del tipo di elemento utilizzato nel cuscinetto.

I ball-screw sono già stati impiegati in azionamenti nell'ambito della sterzata nell'automotive. I roller screw sono tecnicamente identici ad essi dal punto di vista funzionale ma, proprio per l'elemento interno al cuscinetto, garantiscono una vita media più lunga e sopportano meglio le sollecitazioni esterne, permettendo l'impiego a velocità e accelerazioni più elevate e con una precisione maggiore.

Esistono tre disegni basilari di roller-screw: planetario, planetario differenziale e ricircolante; tutti e tre i tipi includono tre elementi basici: un albero filettato a vite, una madrevite filettata e una serie di cilindri in contatto sia con l'albero che con la madrevite.

I roller-screw planetari sono stati i primi ad essere prodotti fin dagli anni '50. La filettatura della vite e della madrevite è tale da imporre appunto ai cilindri un movimento planetario. Questo permette di non riccorere a nessun accorgimento per far ricircolare i cuscinetti, riducendo i potenziali problemi di queste genere di roller-screw alla rottura del metallo per fatica o per carico eccessivo.

Il tipo differenziale planetario è molto simile al planetario, ma si differenzia per la scelta del numero di partenze di vite sull'albero e sulla madrevite . In particolare, una tipologia molto usata è quella di non filettare la madrevite a vite ma con un solco circolare. Questa tipologia presenta notevoli problemi di posizionamento preciso e di affaticamento della filettatura, quindi non sarà da noi preso in esame.

Nel tipo ricircolante, anche i cuscinetti sono filettati, così da subire un

moto attorno all'asse e alla madrevite. Questo moto li sottopone

(19)

chiaramente ad un notevole stress meccanico aggiuntivo, ma permette una più raffinata guida della vite.

La differenza principale tra il roller-screw e il ball-screw sta nella maggiore superficie di contatto garantita dai primi, ed è proprio questo fattore che determina la capacità di portata di carico dinamica (dynamic load carrying capacity) C

a

del sistema.

13 8

. 3 1 2 1 86 .

0

tan (cos )

)

(cos α

W

α ϕ

c

a

f z D

C = (3.15)

con

2 ) 5 . 2

( p d

D

W

= (3.16)

dove f

c

è un fattore dovuto alla geometria del sistema, α = 45° per i roller- screw, z

1

è il numero totale di contatti attivi, D

w

è il diametro dell'elemento nel punto di contatto, φ è l'angolo guida della filettatura, dipende dalla filettatura dei cilindri e d

r

é il diametro dei cilindri. questa formula empirica definisce quanto carico il sistema riesce a portare dinamicamente, molto importante sia per la prestazione del dispositivo che per la sua vita utile.

Per quanto riguarda la velocità e l'accelerazione, il roller-screw planetario ha già operato a velocità superiori al metro al secondo con notevoli valori di accelerazione (7000 rad/sec

2

).

Uno dei problemi di questo tipo di attuatore e senz'altro la presenza di contatti striscianti nella parte meccanica. Comunque, è provato che i primi problemi di usura sorgono dopo almeno 15 anni di vita, tempo largamente sufficiente se paragonato alla vita media delle altre parti componenti il veicolo.

Il motore elettrico dovrà fornire il movimento rotatorio neccessario per muovere linearmente il complesso vite-cilindri-madrevite.

Tenendo conto che l'alimentazione è in tensione continua a basso voltaggio,

ll tipo di motore ideale da utilizzare a questo scopo è senz'altro un motore

(20)

brushless a campo trapezoidale, per la facilità di controllo della coppia e della velocità, per le buone prestazioni dinamiche e per la non eccessiva potenza richiesta. Il convertitore elettronico potrà essere un chopper con in serie un inverter con controllo a PWM.

Soluzioni più economiche anche se meno performanti sono gli ordinari motori a corrente continua.

Un'alternativa può essere l'utilizzo di motori elettrici in corrente continua con un meccanismo a vite detto x-screw, caratterizzato dalla possibilità di variare il rapporto di trasmissione tra madrevite e vite, così da poter avere velocità più elevate all'avvio del motore anche con l'ausilio del dispositivo meccanico [51]. Questo tipo di dispositivi a vite sono molto complessi da realizzare e anche molto costosi. Inoltre attualmente non sarebbero in grado di sopportare i vari stress e le vibrazioni date dall'applicazioni nell'ambiente automotive.

3.2.3 Attuatori elettrici lineari

Gli attuatori elettrici lineari, o LEA (linear electric actuator) sono dispositivi elettromeccanici che producono movimento unidirezionale o bidirezionale, senza bisogno di convertitori meccanici. Il movimento avviene grazie alle forze elettromagnetiche interne all'attuatore.

Questo tipo di attuatori ha già trovato numerosi impieghi nei più svariati

settori, dall'industria pesante alla microchirurgia.

(21)

Fig. 3.11: "Srotolamento" di una macchina elettrica

Analizzando il problema molto brutalmente, gli attuatori elettrici lineari potrebbero essere considerati come lo "srotolamento" di un normale motore elettrico rotante. (Fig. 3.11). Esistono quindi numerosi tipi di attuatori elettrici lineari, uno per ogni configurazione di motore rotante tradizionale.

Per l'utilizzo nel nostro sistema la tipologia che offre la migliore conformità

di caratteristiche saranno gli attuatori lineari sincroni a magneti

permanenti, da qui in avanti designati per brevità con l'acronimo LPMSA

(Linear permanent magnet synchronous actuator), che rappresentano la

controparte lineare dell'azionamento brushless. Analizzeremo alcuni aspetti

di questo tipo di attuatori, sia dal punto di vista della fase costruttiva, che

della fase di controllo, che dell'apparato di elettronica di potenza necessario

a renderli operativi.

(22)

Fig. 3.12: Disegno elementare di un'attuatore lineare

3.3.3.1 Dettagli costruttivi

I LPMSA possono essere piatti o tubolari, e in entrambe le configurazioni l'organo in movimento può essere il primario oppure il magnete permanente.

Fig. 3.13: LPMSA piatto

Per quanto riguarda i LPMSA piatti, il nucleo del primario è costituito da lamierini longitudinali con cave uniformemente distribuite. (Fig. 3.13) Spesso gli avvolgimenti sono trifase aventi da uno a quattro poli per fase.

La collocazione degli avvolgimenti nelle cave rende chiaramente l'effettivo

traferro superiore a quello ipotizzato.

(23)

Nei LPMSA tubolari i lamierini del nucleo del primario possono essere sia longitudinali sia a forma di disco, mentre il nucleo del secondario è generalmente costituito da un solido di materiale magnetico. L'utilizzo di magneti permanenti a minerali rari, come il NdFeB, sono in grado di creare un flusso magnetico adeguato con appena 1mm di traferro, ed inoltre riescono a determinare una distribuzione molto precisa del flusso nell'azionamento, cosa che si rivela molto utile per il successo del controllo. Normalmente i tubolari con lamierini a disco sono preferiti agli altri perché molto più facili da assemblare.

Cuscinetti lineari supportano e guidano il moto della parte mobile e mantengono il traferro voluto.

Il primario di un LPMSA trifase può essere alimentato con correnti sfasate di 120°, delle quali due presenti contemporaneamente, oppure con eccitazione sinusoidale. In entrambi i casi si utilizza un inverter VSA a PWM.

Esamineremo nei prossimi paragrafi l'aspetto elettromeccanico e controllistico in entrambe queste configurazioni.

3.3.3.2 Aspetti elettromeccanici

Modello con corrente sinusoidale

Nell'analisi degli aspetti e per la definizione delle caratteristiche meccaniche del motore lineare saranno utilizzate delle semplificazioni. In particolare:

- verrà considerato un motore lineare piatto con avvolgimenti

distribuiti solo da un lato del primario.

(24)

- la struttura a cave del primario sarà rimpiazzata da una struttura liscia con proprietà magnetiche anisotrope, con permeabilità magnetica lungo l'asse x e y date da

) 1 ( 1

0

− +

=

r s s

r

x

b µ

τ µ µ µ

 

 

 

 

 − +

=

s s r s s y

b b

µ τ µ τ

µ

0

1 (3.17)

dove µ

r

è la permeabilità magnetica relativa, b

s

è l'apertura delle cave e τ

s

la profondità delle cave.

- le regioni contenenti magneti sono considerate isotrope con µ

x

= µ

y

= µ

0

- si trascura la saturazione del ferro

- si considera solo la componente fondamentale della Fmm, data da

x M

M

PM PM p

τ π τ πτ π 4 sin 2 sin

1

= (3.18)

con una corrispondente corrente equivalente pari a x

M

A

m PM p

τ π τ πτ τ 4 sin 2 cos

1

= (3.19)

- la componente fondamentale della corrente di reazione di armatura A

1s

è data da

 

 

 +

=

1 1 1 0

1

3 2 cos γ

τ π τ K N I x

A

s

p

w

(3.20)

dove K

w1

è il fattore di avvolgimento del primario, N

1

I

1

la Fmm del primario, p il numero di poli, τ la profondità dei poli e γ

0

lo

spostamento tra il foglio di corrente del primario e del secondario.

(25)

Per analizzare l'aspetto elettromagnetico del dispositivo si usano le trasformazioni dq.

Compiendo l'analisi, peraltro non troppo complessa grazie alle semplificazioni effettuate, si perviene ai seguenti risultati [44]:

La potenza elettromagnetica sviluppata è pari a )

2 ( 3

1 d q qd

e

i i

P = ω Φ − Φ (3.21)

dove Φ

d

e Φ

q

sono il flusso diretto e in quadratura, i

d

e i

q

sono le componenti diretta e in quadratura della corrente e ω

1

è la frequenza della componente fondamentale.

La forza lungo l'asse x (spinta) è espressa da

q pm

x

i

F = Φ

τ π 2

3 (3.22) dove

av yPM A w

PM

2 K N l ( B )

1 1

1

τ

= π

Φ (3.23)

e la forza normale e data da

 

 

∂ Φ + ∂

∂ Φ

= ∂

i g i g

F

na d d q q

2

3 . (3.24)

Si ricava che per i

d

= 0 e con una data tensione V

1

, la relazione spinta -

velocità è simile a quella di un motore in corrente continua con eccitazione

serie. (Fig. 3.14)

(26)

Quando la spinta aumenta, alle basse velocità la saturazione limita il flusso e si ottiene una caratteristica praticamente lineare. Per variare la forza si varia la tensione, mentre la frequenza varia implicitamente per mantenere nulla la corrente diretta e la corrente in quadratura in fase col moto del secondario.

Fig. 3.15: Caratteristica Spinta-posizione angolare

Spinta e forza normale in funzione di γ

0

sono mostrate nelle Figg. 3.15 e 3.16.

Si noti il grande valore della forza normale in rapporto alla spinta.

(27)

Fig. 3.16: Caratteristiche forza normale-posizione angolare

Modello con corrente rettangolare

Nel modo di funzionamento con corrente rettangolare la corrente di fase ha

idealmente la forma mostrata in Fig. 3.17, dove due fasi sono

contemporaneamente in conduzione, ipotizzando tempi di commutazione

nulli.

(28)

Fig. 3.17: Correnti ideali di fase

Questo tipo di correnti richiedono accorgimenti costruttivi molto particolari per evitare le pulsazioni di spinta.

Per determinare la spinta e la forza normale di questo tipo di LPMSA assumiamo che esso abbia un avvolgimento a doppio strato con un solo polo per fase e con solo due fasi in conduzione, come mostrato in Fig. 3.17.

Fig. 3.18: LPMSA piatto a doppio strato

(29)

Si può ricavare [45] che

=

 

 

 

 −

=

1

cos( 2 1 ) 6

) 6 1 2 64 cos(

) (

m m s

x c

C m m ut

w Il t n

F π

τ π π

=

 

 

 

 −

=

1

cos( 2 1 ) 6

) 6 1 2 64 sin(

) (

m m

s c

na

C m m ut

w Il t n

F π

τ π π

(3.25)

Manipolando queste espressioni si nota che per evitare le pulsazioni di spinta si richiede un traferro molto ampio, e questo riduce chiaramente il valore assoluto della spinta. Per evitare questo fatto si deve passare a correnti sinusoidali o aumentare il valore medio della corrente aumentando di conseguenza anche le perdite nel rame.

Per questi motivi questo tipo di configurazione non appare molto adatta all'applicazione in sistemi di sterzata assistita.

3.2.3.3 Aspetti dinamici e di controllo

Un controllo di elettronica di potenza è necessario per far funzionare un LPMSA.

Le due strategie base sono il controllo rettangolare o sinusoidale di corrente. In entrambi i casi, la dinamica del LPMSA può essere formulata in coordinate di fase, poiché le autoindattanze del primario sono indipendenti dalla posizione dell'elemento mobile. Se L

s

è l'induttanza sincrona per un primario trifase si ha

a a s a

a

R i L pi e

v =

1

+ +

(3.26)

b b s b

b

R i L pi e

v =

1

+ +

c c s c

c

R i L pi e

v =

1

+ +

(30)

dove ∑

=

 

  + − −

=

1 0

,

,

3

) 2 1 ( cos

n n

c b

a

ut i

u C

e γ π

τ

π , u è la velocità dell'organo mobile

e R

1

è la resistenza di fase del primario.

La spinta può essere espressa in termini elettromagnetici nel modo seguente

(

a a bb cc

)

x

e i e i e i

F = u + +

2

1 (3.27)

Le equazioni meccaniche sono

u x

F F u

M

x load

=

=

&

& (3.28)

Queste equazioni descrivono un sistema dinamico con i

a

, i

b

, i

c

e x come variabili di stato.

Controllo di corrente rettangolare

Il controllo di corrente rettangolare usa un sensore di posizione a sei elementi mentre l'ampiezza della corrente è mantenuta costante da un chopper. (Fig. 3.18).

Fig. 3.19: Diagramma a blocchi di un controllore di corrente rettangolare

Questo tipo di controllo si applica ai LPMSA tubolari.

In pratica, si ha che il sensore (ad esempio una sonda di Hall) produce il

segnale per comandare, nell'apposita sequenza, le due fasi in conduzione.

(31)

L'uscita della corrente rettangolare è controllata da due controllori di posizione e velocità in cascata la cui uscita è l'ampiezza della corrente di riferimento I*.

In questo modo, la frequenza di commutazione dell'inverter è ridotta, perché il segnale di apertura o spegnimento per la commutazione delle fasi e richiesto solo una volta ogni 60°. Grazie all'uso di magneti alla ferrite la spinta ha una pulsazione perché le magnetizzazioni sull'asse diretto e in quadratura sono diverse. Per approfondire sulla natura oscillatoria di questo dispositivo, che lo rende inadatto ai nostri scopi, si rimanda a studi specifici, come in [46].

Controllo di corrente sinusoidale

Un esempio di questo tipo di controllo è mostrato in Fig. 3.18.

Fig. 3.20: Controllo vettoriale indiretto della corrente in quadratura

(32)

I controllori di velocità e posizione provvedono a fornire la spinta F

x

* di riferimento, che è proporzionale alla corrente in quadratura di riferimento i

q

* con la costante 2τ/(3πΦ

PM

). Il sensore lineare di posizione genera anche l'angolo della trasformazione di Park θ

r

, che viene moltiplicato per -1 se l'organo mobile è costituito dal primario. Un microcontrollore è utilizzato per condurre tutte le funzioni di controllo.

Al limite il sensore di posizione, che deve essere molto preciso, può essere

sostituito da un osservatore di posizione basato sulla rilevazione dei

voltaggi, delle correnti e dei flussi.

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