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LA REGOLAZIONE DEI MERCATI NON DOMESTICI

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CAPITOLO III

LA REGOLAZIONE DEI MERCATI NON DOMESTICI

1. Superamento della visione monopolistica e liberalizzazione dei mercati

L’ostilità nei confronti dei monopoli e delle restrizioni contrattuali affonda le proprie radici in tempi assai lontani. Segni si rinvengono nell’Alto Medioevo, nel diritto romano e nel periodo Rinascimentale per poi assumere maggiore regolazione nel periodo Seicentesco quando le Corti di giustizia inglesi predispongono dei limiti ai monopoli e ai privilegi concessi dalla Corona

1

.

Anche la stessa legislazione inglese è intervenuta sulla questione, con il fine di circoscrivere maggiormente la distribuzione dei monopoli da parte dell’esecutivo, piuttosto che garantire una condizione di mercato concorrenziale

2

. L’ottica è quindi quella di un sistema particolarmente lacunoso nel quale si lascia ampio spazio d’azione al potere di mercato delle imprese, già piuttosto forti, e alla libertà di contrarre che contrasta con la libera competizione economica. Proprio per questo, la Giurisprudenza successiva cerca di contrastare soprattutto i monopoli che traevano la loro origine in concessioni del potere pubblico, mentre tollera maggiormente quelli prodotti dalla crescita di un’impresa sul mercato

3

.

L’origine del diritto antitrust è comunque da ricondurre a epoche più antiche, basti pensare alla civiltà fenicia, greca, egizia, mentre, nella Roma imperiale si sanziona  con la lex Iulia de Annona  l’incetta di derrate con l’obiettivo di aumentare i prezzi dei beni alimentari. Allo stesso modo, sotto Diocleziano, al fine di limitare le conseguenze delle crisi alimentari, si procede

1 G. Cervigni, M. D’Antoni, Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione, Roma, Carrocci, 2001, p. 39 ss.

2 A. Giuliani, Giustizia e ordine economico, Milano, Giuffrè, 1997, pp. 123 ss.

3 M. D’Alberti, Globalizzazione, mercato e pubblici poteri, Bologna, Il Mulino, 2008, p. 67 ss.

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all’emanazione di un Editto che sanziona con la morte coloro che si fossero approfittati di stati di penuria alterando enormemente i prezzi

4

.

Cambiano quindi le dinamiche e le finalità all’interno della sfera economica per cui ciò che si intende salvaguardare sono gli equilibri perduti del mercato, capaci di assicurare garanzie ad hoc alle libertà economiche di coloro che vivono di e nello stesso.

La Comunità europea si ispira al principio liberistico al fine di introdurre la disciplina europea sulla concorrenza

5

.

Diverse sono le tipologie di liberalizzazione che possono venire a fondamento dell’ordinamento globale, le cui dimensioni possono in qualche modo influenzarsi ma non necessariamente l’una inglobare l’altra. La dottrina distingue tra liberalizzazione economica e amministrativa. La seconda consiste nell’abolizione dei vincoli pubblici gravanti su operatori economici, mentre la prima attiene all’eliminazione dei limiti all’entrata in settori economici determinati

6

.

Nello specifico, con il concetto di liberalizzazione si indica contemporaneamente sia un’azione, sia una politica che, pur ricorrendo in prevalenza a strumenti giuridici, non si esaurisce in essi ed ha quale risultato da conseguire, la predisposizione per le attività economiche di un contesto conforme ai principi di una economia di mercato, che pur sempre necessita di controlli di carattere pubblicistico

7

. Questi sono necessari non solo all’esatto andamento dei mercati, per motivi di sicurezza e di garanzia della concorrenza e dei consumatori, ma anche per il controllo degli interessi pubblici che con la libertà economica possono configgere

8

.

Contestualizzando la questione, verso la fine degli anni ’80 si registra, infatti, un’inversione di tendenza contrassegnata dal venir meno della mano

4 F. Ghezzi, G. Olivieri, Diritto Antitrust, Torino, G. Giappichelli, 2013, p. 2 ss.

5 S. Cassese, La nuova costituzione economica, Roma-Bari, Editori Laterza, 2000, p. 44.

6 G. Cocco, Liberalizzazioni, L. Ferrara, D. Sorace (a cura di), L’intervento pubblico nell’economia, Firenze, University Press, 2016, p. 287.

7 A. Travi, La liberalizzazione, in Riv. Trimestrale di diritto pubblico, 1998, p. 649; G. Corso, Liberalizzazione amministrativa ed economica, in S. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, p. 3495 ss.

8 N. Longobardi, Liberalizzazioni e libertà di impresa, in Riv. italiana di diritto pubblico comunitario, III-IV, 2013, p. 600 ss.

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pubblica dalla dimensione economica, che trova la sua matrice sia nel processo d’integrazione europea, e dall’altra, nella necessità di limitare la crisi che ha interessato l’economia italiana. In tale frangente, si assistite al ritiro dello Stato dai processi economici e alla modificazione del ruolo dei pubblici poteri. Si delinea la demarcazione tra le funzioni gestorie, tipiche di uno Stato- imprenditore e quelle regolatorie, che in precedenza erano esercitate dal monopolista

9

.

La scelta a favore del mercato segna, quindi, l’arresto, con successiva inversione di tendenza, dello Stato dirigista, estesosi nel corso del Novecento

10

. Si passa dunque da uno Stato amministratore a uno Stato regolatore, passaggio non di poco conto considerando il perenne “conflitto”

con il mercato, per cui gli operatori economici e il potere statale si scontrano all’interno di una sorta di arena contraddistinta dalla presenza di una molteplicità di soggetti privati e pubblici

11

. Lo Stato è quindi preposto all’esercizio di una delicata funzione regolatoria e di garanzia la cui finalità è di favorire lo sviluppo concorrenziale e pluralista del mercato, salvaguardare la capacità delle imprese di competere tra di loro in condizioni di parità, contenendo le politiche restrittive, tra cui quelle che si incanalano verso la formazione di monopoli o cartelli

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, attraverso la statuizione di linee guida relative alla disciplina del mercato, verificarne l’applicazione e salvaguardando i diritti dei cittadini-utenti

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.

La necessità che si viene, quindi, a profilare è quella di disciplinare lo spontaneo andamento del mercato, lasciando allo stesso la regolazione dell’economia, mediante un controllo ex post e la determinazione delle linee

9 V. Spagnuolo, La liberalizzazione delle telecomunicazioni: dal monopolio alla concorrenza regolata, Napoli, Esi, p. 9 ss.

10M. Mazzamuto, La riduzione della sfera pubblica, Torino, G. Giappichelli, 2000, p. 176 ss.

11 V. M. Sbrescia, Verso il superamento dello Stato regolatore? Poteri pubblici e mercati dopo la crisi economica internazionale, in Riv. giuridica del Mezzogiorno, III, 2011, p. 686.

12 A. La Spina, G. Majone, Lo Stato regolatore, Bologna, Mulino, p. 25 ss.

13 S. Valentini, Diritto e istituzioni della regolazione, Milano, Giuffrè, p. 6.

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guida attraverso attività di soft regulation da parte delle Autorità Amministrative indipendenti

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.

Modello perfetto di funzionamento del mercato seguito dalla teoria economica e giuridica, è quello della concorrenza perfetta, che rappresenta un ideale: si tratta di un mercato in forma astratta cui, però, il mercato dovrebbe tendere. Si concepisce quale mercato in concorrenza perfetta, quello nel quale si ravvisi la contemporanea presenza di più imprese in competizione tra di loro, nessuna delle quali sia però in grado di influenzare il prezzo delle merci vendute, assicurando l’eliminazione delle imprese meno competitive, ed incentivando l’accrescimento dell’efficienza produttiva che spinga verso la riduzione dei prezzi e dei costi di vendita.

Il mercato non si trova mai in una condizione di equilibrio perfetto, in quanto è sottoposto a mutazioni continue verso una concorrenza di stampo monopolistico, oligopolistica o comunque verso operazioni fondate sulla rischiosa ricerca del massimo profitto

15

.

Gli Stati europei, dal canto loro, non si pongono il fine di eliminare o limitare i consorzi industriali e i cartelli, ma cercarono di governarli. Infatti, gli accordi restrittivi della concorrenza sono stati in principio ritenuti leciti, poichè sono in linea con il principio dell’iniziativa economica e della libertà di contrattazione. Ciò che si pone in essere è la previsione di una regolamentazione più stringente che verrà, al termine degli anni ′50 e in Paesi come la Germania, Inghilterra e Francia, “bypassata” mediante la previsione di normative ad hoc per la tutela della concorrenza stessa

16

. La normativa italiana prevede il riconoscimento  art. 2596 c.c., dei cosiddetti patti limitativi della concorrenza, qualificandoli quali contratti aventi natura tipica  se ne richiede infatti la prova per iscritto , il cui scopo è quello di tutelare il soggetto che assume l’obbligo di non concorrenza, eludendo un’eccessiva compressione della libertà di iniziativa economica ( art. 41 Cost.).

14 A. Predieri, L’erompere delle autorità amministrative indipendenti. Firenze, Passigli, 1997, pp. 39-41.

15 M. Giusti, Fondamenti di diritto pubblico dell’economia, Italia, Cedam, 2013, pp. 6-9.

16 F. Ghezzi, G. Olivieri, Diritto Antitrust, Torino, G. Giappichelli, 2013, p. 10ss.

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In tempi più recenti, la teoria economica individua le ragioni della regolamentazione nella esistenza dei cosiddetti fallimenti del mercato, che lo allontano dalle condizioni della concorrenza perfetta. Tra di essi si annoverano il manifestarsi di esternalità, l’esistenza di agenti economici con potere di mercato e, non per ultimo, la nascita di asimmetrie informative tra gli agenti che operano nello stesso.

I processi sorti hanno dato origine, almeno in un primo momento, ad assetti asimmetrici, in cui l’impresa già esistente è “titolare” di una quota di mercato piuttosto estesa e beneficia di numerosi vantaggi, rispetto ai soggetti entranti e per quanto attiene al ruolo di fornitore unico.

Il rischio è che l’impresa di riferimento venga quindi a strutturarsi quale potere di mercato, ossia operi in condizioni di monopolio, al netto della presenza di competitori sul mercato del prodotto, aumentando il prezzo al di sopra del costo marginale e riducendone la quantità prodotta. In questo modo il monopolista incrementa i propri profitti, limitando al tempo stesso il benessere dei consumatori e diminuendo, in contemporanea, l’incentivo a produrre in maniera efficiente

17

.

Dal passaggio da un regime monopolistico a uno concorrenziale ciò che risulta l’elemento più rilevante sembra essere un approccio di carattere regolatorio, al prezzo di sortire una maggiore ingerenza dell’autorità pubblica nei meccanismi di settore

18

.

Diversi sono i comportamenti anticompetitivi che sono messi in atto all’interno di mercati monopolistici o oligopolistici

19

, con l’obiettivo di limitare l’entrata ai nuovi concorrenti e pregiudicarne la crescita

20

.

17 F. Baldi, La nascita dell’Antitrust negli Stati Uniti ed in Europa. L’Antitrust statunitense, in Filodiritto, I, 2002 pag. 1 ss.

18 S. Cassese, La liberalizzazione delle telecomunicazioni, in F. Bonelli, S. Cassese (a cura di), La disciplina giuridica delle telecomunicazioni, Milano, Giuffrè, 1999, p. 57 ss.

19 Forme intermedie tra il monopolio e un regime di libera concorrenza. In questo caso il controllo dell’offerta risulta appannaggio di poche grandi imprese che costringono le imprese minori operanti nello stesso ramo di attività ad adattarsi al prezzo da loro determinato. In C. Osti, Antitrust e oligopolio. Concorrenza, cooperazione e concentrazione: problemi giuridico-economici e proposte di soluzione, Bologna, Il Mulino, 1995, p. 8.

20 G. Cervigni, M. D’Antoni, Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione, Roma, Carrocci, 2001., p.

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Restrizioni all’entrata sussistono laddove le stesse imprese operanti nel mercato, realizzino profitti positivi, senza permettere l’accesso di altre imprese.

Possono dipendere da benefici assoluti di costo da parte delle imprese che vi operano o dall’esistenza di costi solo per gli entranti. Sono predisposte restrizioni all’accesso nel mercato anche da parte delle autorità governative, oltre che attraverso i cosiddetti “vantaggi di prima mossa”, con i quali le imprese realizzano comportamenti strategici al solo fine di pregiudicare l’entrata di nuovi competitori.

Barriere all’entrata possono essere determinate da fattori strutturali, quali l’entrata privilegiata per l’impresa esistente sul mercato a fattori produttivi limitati. In questo caso, il compito dell’ordinamento interessa la distribuzione tra le imprese contendenti dell’imput scarso, secondo modalità comunque compatibili con la struttura del settore desiderata, supervisionando la successiva attribuzione tra le imprese esistenti sul mercato e “preferendo”

quelle che ne fanno un uso migliore, di modo che tale attribuzione non costituisca uno strumento per esercitare il potere sul mercato.

Altra tecnica anticompetitiva è fondata sulla previsione di prezzi cosiddetti predatori. Si tratta di stabilire dei prezzi minori rispetto a quelli di fornitura, la cui funzione si circoscrive all’uscita e all’entrata dei concorrenti dal relativo mercato, non perchè profittevole di per sé. Si cerca di prevenire tali tipologie di comportamenti mediante la determinazione di price floor e di periodi ridotti nei quali vige tale capacità riduttiva

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. Controversa è invece la questione concernente la possibilità di realizzare degli investimenti di carattere irreversibile, che non costituiscono delle barriere all’entrata, ma rendono la concorrenza più intensa e quindi l’entrata nel mercato meno allettante. Altra tipologia di barriera all’entrata scaturisce dalla condivisione degli impianti del monopolista esistente nei confronti dei nuovi operatori.

Per contrastare condotte anticompetitive, l’ordinamento comunitario ha imposto alle imprese che si occupano in maniera congiunta di un’attività di

21 Id., Monopolio naturale, concorrenza, regolamentazione, cit., p. 78 ss.

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concorrenza e di monopolio, di distinguere le contabilità, affidando le relative attività a diverse divisioni  o società distinte  della stessa

22

. Tale disciplina trova il proprio antecedente nella direttiva del 1980, che imponeva alle imprese pubbliche di influenza dominante, di fornire alla Commissione l’accesso alle informazioni rilevanti al fine di visionare i flussi finanziari

23

.

Nello specifico, un obbligo generale di contabilità separata è previsto per le imprese private che beneficiano di diritti speciali, esclusivi o di privilegi finanziari in relazione all’attività svolta

24

; mentre obblighi di separazione, più o meno stringenti, sono previsti dalla disciplina di settore di tutti i servizi pubblici economici

25

.

La stessa disciplina antitrust prevede dei rimedi strutturali al fine di impedire la realizzazione di posizioni monopolistiche o comunque dominanti.

Tal tipologia d’interventi è stata prevista sia nel settore delle concentrazioni tra imprese, sia  con l’introduzione del Regolamento comunitario 1/2003  per l’abuso di posizione dominante e per le intese restrittive. A giustificazione di ciò, la stessa Commissione, laddove costati un’infrazione di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato, può ordinare alle imprese di adottare le necessarie soluzioni strutturali o comportamentali, al fine di far cessare l’infrazione anticoncorrenziale

26

.

Se in questi due casi l’adozione dei rimedi strutturali costituisce una misura eccezionale, nel caso delle concentrazioni ha trovato la propria massima espansione mediante la devoluzione di quote/stabilimenti o la scissione di imprese

27

. Caso pratico è quello che ha interessato il colosso petrolifero della Standard Oil, rispetto alla quale, attraverso l’istituto del trust, viene creato un sistema all’interno del quale gli amministratori della società

22 Rif. Dir. 2003/54/Ce, art 15.

23Direttiva, 25 luglio 1980, Trasparenza delle relazioni finanziarie tra gli Stati e le loro imprese pubbliche, n. 723.

24 Commissione, Direttiva 26 luglio 2000, n. 52.

25 L’obbligo di separazione societaria è previsto nei settori del trasporto ferroviario e dell’energia, per gli operatori di telecomunicazioni attivi anche nei mercati delle televisioni via cavo e mentre la separazione contabile si impone agli operatori di comunicazioni elettroniche e nei servizi postali.

26 Consiglio, 16 dicembre 2002, Reg. Ce 2003, n. 1, art. 7.

27 R.A. Posner, Antitrust Law, Chicago- London, University of Chicago Press, 2001, p. 100 ss.

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riconoscono al loro trustee che li rappresenta il diritto, in reciprocità, di votare all’interno dei diversi consigli. Si viene a costituire un importante strumento collusivo con l’obiettivo di monitorare l’attività dei concorrenti e sancire ex ante le strategie competitive che colpiscono in misura importante i soggetti più deboli

28

. Nel 1899 il gigante petrolifero modifica la propria ragione sociale divenendo una holding  Standard Oil Company of New Jersey  che, nel 1980, il Dipartimento americano di Giustizia sottopone allo Sherman Act, ritenendo che la vendita sottocosto con il fine di indurre i concorrenti al fallimento e l’avvio delle pratiche di acquisizione di concorrenti minori, debbano considerarsi dei veri e propri tentativi di monopolizzazione. Ne decreta così lo smembramento in 34 compagnie operanti in mercati e menagement distinti

29

.

Ulteriori interventi sono stati predisposti dalle autorità antitrust, nella propria attività di sviluppo della sfera concorrenziale, raccomandando ai legislatori statali di ridurre o comunque di abolire le barriere amministrative e normative che impediscono l’accesso delle imprese nei mercati

30

.

Incidono sull’accesso nel mercato anche le misure di antitrust enforcement, ossia le delibere promosse dalle autorità di concorrenza nei casi tipici di violazione della normativa antitrust. Per private enforcement

31

, si intende quel meccanismo che consente alle imprese o a privati cittadini  dal 2010 anche mediante azione collettiva , la tutela civilistica non solo di una situazione giuridica soggettiva che si ritiene danneggiata da un comportamento anticompetitivo, ma anche per favorire il rispetto delle regole comunitarie della concorrenza, al fine di ottenere sia il risarcimento del danno, sia le misure cautelari nei confronti di quelle imprese che abbiano violato le regole antitrust europee. Nel caso in cui non ci fosse stato l’intervento della Corte di giustizia, che riconosce il diritto delle vittime al risarcimento del danno antitrust, molto probabilmente gli Stati dell’Unione europea avrebbero continuato a procedere

28 F. Ghezzi, G. Olivieri, Diritto Antitrust, Torino, G. Giappichelli, 2013, pp. 5-6.

29 Standard Oil Co. of N.J. vs U.S., 221 U.S. 1, 31 S. Ct. 502 (1911).

30 M. D’Alberti, Globalizzazione, mercato e pubblici poteri, Bologna, Il Mulino, 2008, pp. 60-61.

31 G.A. Benacchio, Il private enforcement del diritto europeo antitrust: evoluzione e risultati, in L.F. Pace (a cura di), Dizionario sistematico della concorrenza, Jovene, 2013, p. 16.

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mancando di una disciplina unitaria. Oggi la situazione può ritenersi cambiata, grazie e soprattutto ad alcuni fondamentali interventi della Corte stessa che hanno contribuito alla formazione di una seppur embrionale forma di armonizzazione, grazie alla quale, il risarcimento del danno è riconosciuto in tutti gli Stati membri, alcuni dei quali si sono dotati di discipline normative ad hoc

32

.

Il Governo italiano ha pubblicato il testo preliminare relativo alle misure di attuazione e reperimento nell’ordinamento giuridico interno, della direttiva 2014/104/UE, riguardante determinate norme che disciplinano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale, per violazione delle disposizioni del diritto alla concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea. Prima di tale direttiva, mancava, quindi, una disciplina uniforme, tanto a livello nazionale quanto a livello di comunitario

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e lo strumento del private enforcement era quindi connotato da una grande incertezza e imprevedibilità

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.

Altri strumenti adottati con il fine di “scongiurare” condotte anti- monopolistiche sono i cosiddetti market access , ossia gli obblighi che il GATS ha previsto in capo agli Stati membri dell’OMC, per cui si limita l’adozione di misure pubbliche volte alla restrizione del numero dei fornitori di servizi, del numero, delle tipologie di società che possono erogare servizi

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.

La regolazione va, dunque, ridotta al minimo laddove il suo mantenimento possa condurre a un aumento esponenziale dei prezzi, ad una

32 L.F. Pace, Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, Milano, Juvene, 2013, p. 22 ss.

33 Alle scarne disposizioni normative sulla questione si contrappongono, invece, numerosi documenti, sia pur privi di efficacia vincolante, ma importanti punti di riferimento per i legislatori e le giurisdizioni nazionali. Si tratta di documenti della Commissione, come i Libri bianchi, i Libri verdi, le proposte di direttiva, le comunicazioni, le relazioni, le risoluzioni del Parlamento. Le proposte della Commissione, inoltre, anche se non hanno alcun valore vincolante, sono molto importanti non solo perché offrono ai legislatori e ai giudici un preciso indirizzo ma, soprattutto perché, la Corte di giustizia, quando valuta la conformità di una regola o di una prassi nazionale al diritto comunitario, molto spesso si avvale proprio delle valutazioni proposte dalla Commissione. Pertanto, la finalità dalla Commissione è di indirizzare i legislatori e giudici nazionali ad adottare soluzioni che consentono una più ampia convergenza possibile, in modo da giungere almeno a un insieme di modelli il più possibile armonizzati, allo scopo di impedire eccessive disparità di trattamento, di assicurare una concorrenza effettiva all’interno del mercato unico, oltre che garantire una più efficace tutela del danneggiato.

34 Corte di Giustizia, sentenza 13 luglio 2006, Manfredi c. Lloyd Adriatico, cause C-295/04 a C-298/04.

Corte di Giustizia, sentenza 20 settembre 2001, Courage c. Crehan, C-453/99.

35 Art. VI del GATS.

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inadeguata allocazione delle risorse e scarsa qualità dei servizi. Questa, trova giustificazione allora laddove i benefici siano superiori agli svantaggi che ne derivano. La regolazione può, inoltre, risultare necessaria nelle ipotesi in cui, dall’analisi del funzionamento di un determinato mercato, emerga con chiarezza che la libera concorrenza non consente il perseguimento dell’universalità della prestazione, almeno in termini di accessibilità, ritenuta essere obiettivo di interesse generale.

Nei settori di servizio pubblico le opzioni di regolazione coerenti con un mercato concorrenziale sono le autorizzazioni  denominate anche licenze, autorizzazioni generali, dichiarazioni  ed i contratti di servizio pubblico in luogo delle concessioni; le carte del servizio pubblico  con obblighi di prestazione e di indennizzo  in luogo dell’obbligazione legale di prestare il servizio nel rispetto dei principi di continuità ed uguaglianza di trattamento. Gli obblighi di servizio pubblico e di servizio universale consentono, poi, di perseguire obiettivi di interesse generale tradizionalmente soddisfatti dalla riserva ai pubblici poteri di interi settori di attività.

Nei settori delle comunicazioni elettroniche e dei servizi finanziari, sono previste limitazioni alla concessione

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delle autorizzazioni per l’esercizio delle attività economiche e amministrative. Tali strumenti, che possono portare le imprese ad assumere posizioni dominanti nei rispettivi mercati, devono pertanto rispondere a criteri imparziali e alla subordinazione  secondo la direttiva 2006/123/CEE , ad uno stringente onere di motivazione.

Con la direttiva 2014/23/CE si disciplina organicamente un settore finora solo parzialmente regolato a livello UE. L’aggiudicazione delle concessioni di lavori pubblici, infatti, è soggetta sinora alle norme di base della direttiva 2004/18/UE. Il legislatore europeo  agli artt. 10 e 16 

36La concessione è il contratto a titolo oneroso con il quale una o più amministrazioni aggiudicatrici affidano l’esecuzione di lavori o, la prestazione e la gestione di servizi a uno o più operatori, con un corrispettivo consistente nel diritto di gestire i lavori o servizi  o in tale diritto accompagnato da un prezzo .

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ritiene che l’esistenza di un diritto esclusivo possa essere considerato uno strumento attraverso il quale sia consentito derogare all’onere dell’esperimento della gara per l’affidamento della concessione. La medesima disposizione, essendo conseguenza della normativa europea sui diritti speciali ed esclusivi, comporta la deroga alle norme sulla concorrenza e, quindi, anche la possibilità del non esperimento, per le concessioni, delle procedure pubblicistiche.

Tali diritti si inseriscono all’interno delle deroghe consentite dall’art.

106, comma 2, del TFUE alla disciplina sulla concorrenza per i servizi di interesse economico generali, per le quali le pubbliche amministrazioni statali si avvalgono degli affidamenti concessori

37

.

Ciò che risulta singolare, ma comunque uniforme rispetto alla normativa generale odierna, verte sull’adozione di procedure di ri-regolazione da attivarsi mediante procedure di de-legificazione, al fine di accrescere non soltanto la concorrenza tra i mercati, ma, paradossalmente, anche un aumento di ciò che si vuol limitare

38

.

2. Verso l’instaurazione del Mercato Comune: il mercato concorrenziale e le politiche Antitrust

Con il cosiddetto Sherman Act statunitense del 1980 si può parlare dell’introduzione di una vera e propria disciplina concorrenziale; mentre in Europa permane la tendenza ad adottare delle politiche di stampo protezionistico e di tipo interventista, aventi il fine di favorire le imprese nazionali, all’interno di una dimensione nella quale le distorsioni che ledono il mercato concorrenziale non destino eccessive preoccupazioni giacché il mercato è in grado di equilibrarsi autonomamente

39

.

Il fondamento del principio della concorrenza e le sue garanzie risultano dunque codificate e sancite alla stregua di essenziali riferimenti

37 V. Ferraro, La disciplina della concessione nel diritto europeo: i principi giurisprudenziali e la sistemazione realizzata con la direttiva 2014/23/UE, in Riv. Italiana di Diritto Pubblico comunitario, III-IV, 2014, p. 835.

38 S. Cassese, Quattro paradossi sui rapporti tra poteri pubblici ed autonomie private, in Riv. trimestrale di diritto pubblico, 2000, pp. 389-394.

39 F. Baldi, La nascita dell’Antitrust negli Stati Uniti ed in Europa. L’Antitrust statunitense, in Filodiritto, I, 2002, pag. 3 ss.

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costituzionali oltre che nello Sherman Act, anche nel Clayton Act e nel Federal Trade Commission Act

40

.

Tale legislazione è vista inizialmente quale strumento per contrastare il potere economico privato, con il fine di tutelare la libertà di accesso al mercato, la cui deroga integrava, nei sistemi di common law, una felony da punire con sanzioni di carattere civile e penale

41

.

Solo dal secondo dopoguerra il diritto antitrust comincia a diffondersi in altri ordinamenti, come quello tedesco, asiatico e dell’Unione europea, per poi diramarsi in tutti i continenti negli anni Novanta del XX secolo. I trattati stipulati hanno, infatti, l’obiettivo di riequilibrare le forze in campo. Fu sottoscritto a Parigi nel 1951, il trattato CECA, che prevede la realizzazione di un’area di circolazione senza vincoli all’interno della quale devono ritenersi precluse le pratiche discriminatorie e restrittive che possano condizionare la concorrenza comunitaria nei settori di specie, le concentrazioni e gli abusi di posizione dominante

42

.

Il diritto alla concorrenza è divenuto uno dei principi costituzionali

“assoluti”

43

, fondanti l’architettura giuridica comunitaria, in quanto riveste un ruolo centrale all’interno della stessa Costituzione europea le cui dinamiche hanno attivato un profondo processo di revisione degli assetti nazionali

44

.

L’art. 2 del Trattato istitutivo della CE, affida alla Comunità il compito di favorire, attraverso l’introduzione di un mercato comune, uno sviluppo equilibrato, armonioso e sostenibile delle attività di tipo economico.

Enunciando, poi, all’art. 3, lett. g) la disposizione relativa alla tutela della concorrenza, che, nel mercato interno, non deve essere essere falsata.

Ciò che predispone la disciplina antitrust è di introdurre delle norme rivolte sia alle imprese  con il fine di vietare i comportamenti di

40 G. Priest, F. Romani, L’Antitrust negli Stati Uniti e in Europa. Analisi e psicanalisi di una divergenza, In Mercato, concorrenza, regole, II, 2002, p. 149 ss.

41 F. Ghezzi, G. Olivieri, Diritto Antitrust, Torino, G. Giappichelli, 2013, p. 6.

42 Id., Diritto Antitrust, Torino, G. Giappichelli, 2013, p. 18 ss.

43 G. Guarino, Il governo del mondo globale, Firenze, Le Monnier, p. 190 ss.

44 M. Clarich, Servizi pubblici e diritto europeo della concorrenza. L’esperienza italiana e tedesca a confronto, in Riv.

Trimestrale diritto pubblico, I, 2003, p. 85 ss.

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monopolizzazione, o di abuso di posizione dominante

45

, le concentrazioni

46

e le intese

47

, sia ai Governi degli Stati membri che sono tenuti a non concedere aiuti di Stato alle imprese e a incedere nell’attività di liberalizzazione dei mercati, permettendo l’ingresso di nuovi operatori in un mercato comunitario unificato ed aperto.

La finalità principale  art. 3 del TUE , è la promozione dello sviluppo armonico e sostenibile dell’Unione, fondato sulla realizzazione di un mercato interno, una condizione di crescita economica ed equilibrata, su di un’economia di mercato competitiva e sulla stabilità dei prezzi, al fine di pervenire ad un considerevole livello di tutela e di miglioramento dell’ambiente, attraverso cui si riesca a migliorare il processo di inclusione sociale.

A garanzia della realizzazione di un mercato unico comunitario, la normativa richiede l’attuazione di un sistema che garantisca che la concorrenza non sia falsata

48

. Si riconosce  art. 5 del Trattato sull’Unione Europea , rilevanza al principio di sussidiarietà, che circoscrive l’intervento della Commissione ai casi nei quali l’azione degli Stati non sia idonea al perseguimento degli obiettivi previsti, e a quello del decentramento, secondo la quale qualsiasi decisione è più efficace se adottata dal soggetto più vicino al destinatario

49

.

La disciplina della concorrenza a livello comunitario appartiene alla categoria delle competenze “esclusive” dell’Unione europea: l’art. 3 del TFUE sancisce testualmente la competenza esclusiva dell’Unione per quanto riguarda la «definizione di regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno».

Il numero sempre maggiore di Stati membri e l’aumento delle possibili trasgressioni del diritto europeo, hanno richiesto un allargamento dei soggetti,

45 Art. 86 TCEE, rinumerato nell’art. 82 e oggi nell’art. 102 TFUE.

46 Il Trattato non contemplava alcuna disposizione in materia di concentrazione, se non con l’adozione del Reg. 4064/89 (oggi sostituito con il Reg. CEE 139/2004).

47 Art. 85, rinumerato nell’art. 81 e oggi nell’art. 101 TFUE.

48 Protocollo 27, Sul mercato interno e sulla concorrenza, allegato al TFUE e al TUE.

49 S. Cassese, La nuova costituzione economica, Editori Laterza, Roma- Bari, 2000, p. 62.

(14)

109

pubblici o privati, che possano in qualche modo contribuire a fare emergere e reprimere tali violazioni: ciò costituisce l’orientamento fatto proprio dalla Commissione, e da altre istituzioni comunitarie, che hanno quindi premuto per una politica di decentramento nell’applicazione del diritto antitrust. Questo si è concretizzato mediante due strumenti, quello normativo e quello giurisprudenziale. Infatti, da un lato, il Reg. 1/2003

50

ha attribuito agli Stati membri, e in particolare alle varie autorità garanti amministrative, funzioni prima di competenza della Commissione, concorrenti l’accertamento delle violazioni di cui agli artt. 101 e 102 TFUE e l’applicazione delle relative sanzioni; dall’altro lato, la Corte di giustizia  seguita poi da alcune formali iniziative della Commissione , ha sancito il diritto dei soggetti, cittadini o imprese, ad agire presso le Corti nazionali per instaurare azioni civili volte sia a fermare condotte contrarie alle regole comunitarie, sia ad ottenere il risarcimento dei danni eventualmente subiti

51

.

La disciplina sulla concorrenza incentra, quindi, la propria attività su determinati obiettivi, ossia, quello di superare la politica degli aiuti di Stato, che favoriscono specifiche imprese in difficoltà, a prescindere dalla loro posizione sul mercato, oltre che realizzare un sistema fiscale quanto più omogeneo, superando le differenze legislative.

A livello giurisdizionale, la Corte di Giustizia dell’UE, interviene contro le intese e gli accordi volti a erigere le barriere e a compartimentare i mercati sulla base delle frontiere nazionali, considerano l’accordo concluso tra produttore e distributore suscettibile di reintrodurre le barriere nazionali nel commercio tra Stati membri, in quanto capace di recare pregiudizio alla realizzazione di un sistema integrato e unico

52

.

Tali regole non si sostituiscono comunque a una propria libertà di scelta, poichè si tratta di disposizioni che non introducono specifici obblighi di

50 Consiglio, Reg. 1/2003, 16 dicembre 2002, concernente l’applicazione delle regole di concorrenza di cui agli articoli 81 e 82 del trattato.

51 L.F. Pace, Dizionario sistematico del diritto della concorrenza, Milano, Juvene, 2013, p. 18.

52 Corte di Giustizia, C-501, 513, 515/06, P. GlaxoSmithkline.

(15)

110

fare  come le norme settoriali , non hanno una portata conformativa, né limitativa delle libertà economiche, non condizionano il numero degli operatori in determinati mercati, né si sostituiscono alle decisioni specifiche delle imprese in materia di orari e prezzi.

A sostegno di ciò la dottrina ha, infatti, precisato come, mentre la regolazione sia tesa ad affermare ed introdurre in via preventiva principi come la protezione dei consumatori, le misure asimmetriche a favore di nuovi soggetti entranti e il contenimento dei prezzi, la disciplina della concorrenza abbia l’obiettivo di controllare ex post l’osservanza del diritto antitrust, espressamente previsto da norme giuridiche statali e comunitarie ed applicate da un’Autorità pubblica indipendente

53

.

In questa dimensione, i pubblici poteri esercitano una funzione preventiva di regulation, che nel settore delle pubblic utilities è finalistica e non condizionale, ed è assegnata al controllo tecnico e alla vigilanza di Autorità indipendenti e si svolge secondo modalità di process oriented, fondate sul principio della trasparenza, del contraddittorio e della partecipazione

54

.

Successive disposizioni che avvallano l’adozione di una normativa di libera concorrenza sono sancite all’art. 106 TFUE (ex art. 86 TCE), secondo il quale gli Stati membri non possono emanare alcuna misura che contrasti oltre che con le norme del Trattato, anche con regole di concorrenza. Niente vieta, però, che uno Stato richieda a un’impresa  pubblica o privata , di porre in essere un obiettivo di interesse economico generale. Tale impresa non è tuttavia, per ciò solo, estromessa al rispetto delle disposizioni concorrenziali

55

, salvo che, ovviamente, la loro applicazione configga con il raggiungimento della missione pubblica

56

.

53 M. Orlandi, Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario,Napoli, Edizioni scientifiche italiane, p. 30 ss.

54 S. Cattaneo, “Agencies” e “Regulation” nel regno Unito, in S. Labriola (a cura di), Le Autorità indipendenti.

Da fattori evolutivi ad elementi di transizione nel diritto pubblico italiano, Milano, Giuffrè, pp. 247-305.

55 La procedura ad evidenza pubblica deve essere condotta in condizioni di trasparenza, pubblicità, parità di trattamento e non discriminazione.

56 V. Falce, Abusi di posizione dominante, in Concorrenza e mercato, I, 2007, p. 15 ss.

(16)

111

L’art. 92 del Trattato  ora art. 107 TFUE  stabilisce l’incompatibilità degli aiuti concessi dagli Stati, allorquando essi, favorendo alcune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza, andando a pregiudicare gli scambi tra Stati membri

57

. L’aiuto

58

è infatti, non solo una prestazione “in positivo”  come lo è la sovvenzione , ma anche un intervento che comporta sgravi in ordine ad oneri gravanti sul bilancio dell’impresa che chiaramente producono un effetto “benefico” per la stessa

59.

L’Italia fino agli anni ′90 non aveva una disciplina sulla concorrenza.

La disciplina generale è contenuta nella Legge 10 ottobre del 1990, n. 287, per cui il vuoto che ha caratterizzato l’ordinamento nazionale, è colmato dalle norme contenute nel Trattato di Roma e nel Reg. CE 4064/89, in materia di concentrazioni

60

.

Tale legge rappresenta una rottura all’interno di un ordinamento particolarmente orientato in senso corporativo e dirigistico. L’adozione tardiva da parte dell’Italia di una disciplina antitrust può essere riferita sia a motivazioni ideologiche sia dell’interesse dell’impresa pubblica e privata

61

. Rientrano nella prima, le tesi secondo cui un’eccessiva dose di mercato sarebbe considerata in contrasto con la cultura che trae le proprie radici dalla mediazione e cooperazione d’interessi, venendo, inoltre, a configgere con le classi lavoratrici.

Allo stesso tempo le imprese sostengono l’inutilità di una normativa di carattere nazionale in difesa della concorrenza, trovando già applicazione la normativa comunitaria

62

.

L’art. 1 della legge nazionale sulla concorrenza del 1990 dispone come la normativa comunitaria prevalga su quella di diritto interno, per cui la legge si

57 C. Malinconico, Aiuti di Stato, in M.P. Chini, G. Greco (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo, I, Milano, 1997, p. 50 ss.

58 Non si considera aiuto la misura di politica economica avente portata generale, rivolta non a una o più imprese o a un settore produttivo, ma alla generalità del sistema produttivo ed economico.

59 G. M. Roberti, Gli aiuti di Stato nel diritto comunitario, Padova, CEDAM, p. 130 ss.

60 S. Cassese, La nuova costituzione economica, Editori Laterza, Roma- Bari, 2000, p. 60 ss.

61 F. Saja, L’Autorità Garante della concorrenza e del mercato: prime esperienze e prospettive di applicazione della legge, in Giur. comm., 1991, p. 450 ss.

62 F. Ghezzi, G. Olivieri, Diritto Antitrust, G.Giappichelli, Torino, 2013, pp.22-23.

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112

applica a tutti i casi che non ricadono nell’ambito di applicazione della normativa medesima. L’interpretazione delle norme contenute nel titolo primo della suddetta Legge deve, inoltre, essere realizzata sulla base dei principi dell’ordinamento delle Comunità europee in materia di disciplina della concorrenza

63

.

Nell’ordinamento italiano poi con il D.L. 4/7/2006 (Decreto Bersani), convertito in L. 248/2006, si sono adottate le misure necessarie e urgenti per garantire il rispetto di quanto stabilito dal Trattato istitutivo della Comunità europea, assicurare l’osservanza di quanto previsto dalla Commissione Europea all’interno delle raccomandazioni e dei pareri, dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, dalle Autorità di regolazione e di vigilanza di settore, con il fine di rafforzare la libertà di scelta del consumatore e la promozione di assetti di mercato maggiormente concorrenziali.

Nel 2010, al fine di dare attuazione alla direttiva 2006/123/CE  direttiva Bolkestein , si assiste all’introduzione di una normativa in tema di semplificazione e liberalizzazione del mercato dei servizi. Lo scopo, è quello di modificare i regimi autorizzatori, di agevolare lo scambio delle prestazioni intra-comunirie e di far venir meno quei regimi che non trovano più la loro giustificazione perchè non più rispondenti ai principi di non discriminazione e di proporzionalità e che contrastino con i motivi imperativi di generale interesse

64

. Il principio generale di liberalizzazione, trova quindi giustificazione all’interno di un assetto nel quale si da accoglimento al principio di proporzionalità, oltre che di giustificazione di eventuali limitazioni e circoscrizione dell’iniziativa economica

65

. La normativa comunitaria, sotto la spinta della Commissione Europea e con il contributo della giurisprudenza della Corte di Giustizia, ha condotto alla liberalizzazione del mercato

63 Art. 1, IV, Legge 10 ottobre 1990, n. 287  Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.

64 Rif. Art. 14, D.lgs 26 marzo 2010, n. 59.

65 Corte Costituzionale, sentenza 20 luglio 2012 n. 200 del 2012. Corte Costituzionale, sentenza del 6 gennaio 2013, n. 8.

(18)

113

dell’energia elettrica, del gas, delle telecomunicazioni, dei trasporti aerei, marittimi, automobilistici e in parte di quelli ferroviari, dei servizi portuali

66

.

Con il d.l. del 2012

67

 cosiddetto decreto “cresci Italia”, si tende a dare attuazione ad una razionalizzazione della regolazione, mediante lo snellimento degli oneri gravanti sull’esercizio dell’iniziativa economica, eliminando ciò che è “superfluo” o sproporzionato e mantenendo le norme necessarie a far sì che le dinamiche economiche non collidano con l’utilità sociale.

All’art. 47 della L. 23 luglio del 2009, n. 99, è stato presentato, per la prima volta, il tentativo volto a istituire la legge annuale per la concorrenza e il mercato con l’obiettivo di eliminare gli ostacoli di carattere normativo, amministrativo e regolatori, all’apertura dei mercati, al fine di garantire la tutela dei consumatori e incentivare lo sviluppo della concorrenza.

La Legge annuale per il mercato e la concorrenza

68

pubblicata in G.U. il 14 agosto del 2017  , aggiorna svariati temi inerenti le assicurazioni, le banche, le farmacie, gli alberghi oltre il mercato dell’energia

69

, delle poste

70

, dei trasporti e della telefonia. Non tutte le disposizioni in essa contenute sono già operative, poichè per alcune mancano i decreti attuativi.

Sia l’ordinamento comunitario che quello nazionale, devolvono la garanzia del gioco della libera concorrenza, a un’autorità specializzata. Per l’Italia, la tutela della concorrenza è riconosciuta all’Autorità garante della

66 E. Picozza, I fondamenti comunitari delle politiche e misure di liberalizzazione, in E. Sticchi Damiani (a cura di), Studi in tema di liberalizzazioni, Torino, Giappichelli, p. 30 ss.

67 D.l. 24 gennaio 2012, convertito in l. 24 marzo del 2012, n. 27.

68 Legge, 4 agosto 2017, n. 124

69 I commi 75, 76 e 77 demandano a un decreto del MiSE la disciplina delle modalità di erogazione ed eventuale rimodulazione del bonus elettrico e del bonus gas, ossia dei favori economici a sostegno dei clienti economicamente svantaggiati e dei clienti domestici presso i quali sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l’utilizzo di apparecchiature medico- terapeutiche, alimentate ad energia elettrica, necessarie per il loro mantenimento in vita.

70 I commi 57 e 58 sopprimono, a decorrere dal 10 settembre 2017, l’attribuzione in esclusiva alla società Poste italiane Spa, quale fornitore del Servizio universale postale, dei servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari nonché dei servizi inerenti le notificazioni delle violazioni del codice della strada.

(19)

114

concorrenza e del mercato

71

, esercente attività di regolazione e supporto della Commissione, alla quale sono riconosciute competenze di accertamento e repressione degli illeciti antitrust, funzioni di supervisione circa l’uniforme applicazione del diritto comunitario dalle autorità nazionali preposte alla tutela della concorrenza. L’Autorità svolge compiti inerenti il controllo dei comportamenti delle imprese, attraverso il riconoscimento del libero accesso a tutti gli operatori economici e non per ultima l’attività di garanzia di consumatori per il contenimento dei prezzi e il miglioramento della qualità dei prodotti

72

. Si riconosce poi all’Autorità anche la competenza in materia di pubblicità ingannevole

73

.

Da questa panoramica, si può dunque affermare come il mercato deve convivere con interventi che ne assicurino uno spazio appropriato, proporzionato, adeguato al raggiungimento dei valori che lo unificano. Un mercato completamente liberalizzato è dunque da considerarsi un’astrazione

74

.

3. Il governo dell’economia globalizzata: il caso WTO

L’odierna globalizzazione dell’economia trae, in gran parte, la sua origine dalla disciplina prevista dal trattato istitutivo dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC o WTO) e dagli accordi che sono a esso collegati, in special modo il GATT. Il contenuto dei Trattati è stato negoziato nell’ambito dell’Uruguay Round e perfezionato dalla Conferenza Internazionale

71 Può  art. 22 L.287/1990  esprimere pareri sulle iniziative legislative relative la concorrenza e il mercato, emanate di propria iniziativa o perchè sollecitate dal presidente del Consiglio dei ministri per quanto riguarda le iniziative regolamentati o legislative. A tale autorità si riconoscono  art. 21 L.

287/90 , poteri di segnalazione, non vincolanti per i destinatari, in merito a situazioni distorsive della concorrenza derivanti da norme di legge, di regolamento o da provvedimenti amministrativi generali indicandone, eventualmente, anche i rimedi. A tali competenze si aggiungono quelle di vigilare sulle intese restrittive della concorrenza, sulle operazioni di concentrazione e sugli abusi di posizione dominante che non ricadono nell’ambito di applicazione degli artt. 65- 66 del Trattato istitutivo della Comunità Europea, degli artt. 85-86 del Trattato istitutivo della Comunità economica europea, degli atti comunitari aventi efficacia vincolante e dei regolamenti. Nell’ambito dell’elargizione delle intese, all’Autorità è attribuita la facoltà di autorizzare, per un periodo circoscritto, intese o categorie d’intese di per sé vietate dall’art.4. Tale intesa diviene quindi valida anche dal punto di vista civilistico, limitando azioni risarcitorie a seguito di dichiarazioni di nullità da parte di soggetti terzi danneggiati.

72 M. Clarich, Autorità indipendenti. Bilancio e prospettive di un modello, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 96 ss.

73 Rif. D.lgs, 25 gennaio 1992, n. 74.

74 G. Cocco, Liberalizzazioni, L. Ferrara, D. Sorace (a cura di), L’intervento pubblico nell’economia, Firenze, University Press, 2016, p. 293.

(20)

115

di Marrakech del 1994. Si presenta quale insieme coordinato di molti accordi internazionali: infatti, all’Atto finale che predispone l’OMC, si aggiungono gli accordi “orizzontali” volti alla regolazione del suo funzionamento, quelli definibili come “verticali”, con cui si determinano le regole tese alla risoluzione di problematiche particolari e quelli volti a dare un’interpretazione autentica di talune disposizioni del GATT.

L’OMC ha assunto un ruolo centrale nella delineazione dell’andamento e dei flussi del commercio extra-europeo, tanto da aver ridimensionato il ruolo degli altri organismi internazionali

75

.

Tale organizzazione conta ad oggi 164 Stati, tra i quali anche l’Unione Europea, alla quale, in virtù del Trattato di Roma è stata riconosciuta una competenza esclusiva in materia di politica commerciale. Tale attribuzione fa sì che essa rappresenti 27 Stati membri, a Ginevra

76

.

La partecipazione degli Stati passa per l’adesione agli accordi GATT

 l’Accordo generale sulle tariffe doganali ed il commercio  , agli Accordi in materia di commercio di servizi (GATS), di investimenti (TRIMS), di proprietà intellettuale (TRIPS) e di risoluzione delle controversie (DSU).

L’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) rappresenta, dunque, il più importante foro negoziale per i rapporti commerciali multilaterali a livello globale, con settori che si ampliano oltre al commercio di beni, anche ai servizi e agli aspetti commerciali della proprietà intellettuale.

Scopo del GATS è la realizzazione di un sistema di regole che incentivi il commercio di servizi attraverso una progressiva liberalizzazione internazionale dell’accesso ai mercati

77

.

Gli accordi e le disposizioni rientranti all’interno del quadro giuridico dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, vertono, quindi, verso la liberalizzazione degli scambi commerciali, ed impediscono, sotto un’ottica

75 L. Sbolci, Il commercio nella disciplina internazionale e dell’Unione Europea, in P. F. Lotito, O. Roselli (a cura di), Il commercio tra regolazione giuridica e rilancio economico, Torino, G. Giappichelli, 2012, p. 71 ss.

76 A. Parenti, Il Wto, Bologna, Il Mulino, 2011, p. 60 ss.

77 A. Argentani, Il principio della concorrenza e la regolazione amministrativa dei mercati, G. Giappichelli, Editore, 2008, p. 133 ss.

(21)

116

prettamente commerciale, che gli stessi Stati importatori possano eludere i vantaggi competitivi delle imprese esportatrici sulle imprese domestiche, ivi inclusi quelli che discendono dalla diversa regolamentazione vigente in ciascuno Stato membro dell’Organizzazione

78

.

Più in generale, il WTO collabora con le altre organizzazioni internazionali per agevolare l’elaborazione di politiche economiche globali, facilita l’attuazione, l’amministrazione e il funzionamento dei diversi accordi commerciali, vigila sulle politiche economiche degli Stati membri e interviene nella risoluzione delle dispute mediante l’organo di conciliazione.

L’OMC presenta la struttura tipica delle organizzazioni internazionali:

organi decisionali, rappresentativi degli Stati membri e organi amministrativi.

La Conferenza ministeriale, presieduta da un rappresentante ministeriale, si riunisce ogni due anni e ha il potere di decidere su qualsiasi questione. A tale istituzione si aggiunge il Consiglio generale, costituito da ambasciatori e rappresentanti delle delegazioni di ogni Paese membro, che ha le medesime competenze della Conferenza ministeriale nell’arco temporale in cui questa non si riunisce, assommando la funzione di organo di risoluzione delle controversie e di controllo delle politiche commerciali. Il Consiglio si occupa poi della trattazione di specifici aspetti, quali il commercio, le merci, i servizi e gli aspetti attinenti alla proprietà intellettuale

79

.

A questi si affiancano altri sei organi dipendenti dal Consiglio generale, detti comitati, a cui partecipano tutti gli Stati membri. Gli organi amministrativi, invece, rappresentano l’apparato burocratico e gestionale della OMC: sono indipendenti dagli Stati membri e coordinati dal Direttore generale che viene nominato dalla Conferenza ministeriale ed è a capo del segretariato dell’Organizzazione. Le decisioni in seno ai vari organi sono adottate attraverso la procedura del consensus e, solo qualora ciò sia impossibile, a maggioranza dei voti espressi.

78 D. Arcidiacono, Concorrenza sleale, core labour standards e violazioni in materia ambientale, in Riv. di diritto industriale, VI, 2014, pag. 328 ss.

79 G. F. Ferrari, Diritto pubblico dell’Economia, Milano, Egea, 2010, p. 165 ss.

(22)

117

L’organismo per la soluzione delle controversie commerciali internazionali rappresenta un meccanismo di enforcement degli accordi molto più sviluppato rispetto alle organizzazioni internazionali tradizionali in quanto, nel caso costati che una misura nazionale violi gli accordi, questo raccomanda che la stessa sia resa compatibile con quanto concordato e, pur non potendo comminare sanzioni, vigila sull’attuazione delle raccomandazioni.

Il Wto è, pertanto, un’organizzazione autonoma, con personalità giuridica propria, dotata di potere esecutivo poichè contiene i meccanismi che vincolano sull’attuazione delle norme commerciali. I paesi-membri sono tenuti al rispetto delle sue norme, potendo però sottrarsi ad esse, previo consenso.

Secondo quanto previsto dall’articolo IX, l’OMC si attiene alla prassi del processo decisionale attraverso in consensus, in conformità con quanto previsto dal GATT 1947. Questa disposizione ha un duplice significato: da una parte si esorta a proseguire le trattative fino al raggiungimento dell’unanimità, instaurando una sorta di negoziato permanente; dall’altra, si riconosce il diritto di veto di ogni Stato-membro che può obiettare a una determinata decisione che non condivide. A differenza dei decreti del GATT, quelli del WTO sono automaticamente vincolanti, non richiedono l’unanimità neppure nell’applicazione delle sanzioni. Il consensus è richiesto soltanto per bloccare un’azione

80

.

3.1 Dal GATT all’istituzione del WTO

La volontà di realizzare un apparato istituzionale che agevoli e si occupi del regolare svolgimento del commercio internazionale deriva dalla necessità, di non veder reiterate le vicende che caratterizzarono gli anni Trenta del secolo passato. A ragioni prettamente economiche si sommano poi quelle di opportunità commerciale, aventi la finalità di evitare disordini sui mercati non domestici nonchè motivazioni di carattere politico

81

.

80 L. Wallach, M. Sforza, Wto. Tutto quello che non vi ho mai detto sul commercio globale, Milano, Feltrinelli, 2003, p. 181 ss.

81 A. Parenti, Il Wto, Bologna, Il Mulino, 2011, p 34.

(23)

118

L’OMC, realizza nel 1995 un progetto fallito a seguito della Seconda guerra mondiale, quando la Carta dell’Avana

82

, istitutiva dell’Organizzazione internazionale del commercio  International Trade Organization (ITO)

83

, non è stata ratificata dagli Stati firmatari e, quindi, non era entrata in vigore. La disciplina giuridica del commercio internazionale rimase quindi attribuita all’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio

84

. La mancata istituzione dell’ITO, fece sì che il GATT, pur privo di istituzioni permanenti, operi anche come organizzazione.

Il suo ordinamento giuridico è stato oggetto, nel corso del tempo, di importanti trasformazioni, sia sul piano istituzionale che normativo, che lo rendono l’istituzione cardine per la disciplina del commercio globale, oltre che del contesto giuridico. Ciò avviene, in particolar modo, grazie alle successive sessioni negoziali  Rounds , che portano alla negoziazione di nuovi accordi commerciali .

I Round commerciali tra i paesi-membri mirano alla riduzione delle barriere tariffarie

85

, mentre dagli anni Settanta l’accento è stato posto soprattutto sulle barriere non tariffarie, ossia quelle che non si esauriscono nei dazi, che indipendentemente dalla loro origine  privata o pubblica , hanno quale effetto quello di impedire l’entrata di prodotti di origine straniera all’interno di un mercato nazionale, ossia l’intervento di misure antidumping o di sovvenzione, le quali possono portare a un innalzamento discriminatorio dei prezzi

86

.

Con il Kennedy Round (1963-67), i risultati raggiunti sono modesti, anche se si perviene a una riduzione tariffarie pari al 50%. Nel corso del Tokio

82 Atto diretto ad agevolare lo sviluppo del commercio internazionale. Si erge su alcuni principi base:

quali la condanna al protezionismo, il rifiuto di qualsiasi forma di cartello internazionale-privato, la normalizzazione e non discriminazione degli scambi, la riduzione progressiva di ogni tariffa doganale.

83 L’ITO non vide però la luce in quanto alcuni governi, e in particolare gli USA, non ratificarono la Carta.

84 G. Venturini, L’Organizzazione mondiale del commercio, Milano, Giuffrè, 2015, p. 3.

85 I primi 4 round sono: il Ginevra Round del 1948 (quello istitutivo), Annecy Round del 1949, Torquay Round del 1951 e il Fourth Round tenutosi a Ginevra nel 1956. In seguito (1961-1962) si assiste al il Dillon Round.

86 T. Trebilcock, M. Fishbein, International trade: barriers to trade, in Guzman, in A. Sykes, T. Guzman, Research handbook in international economic law, Cheltenham and Northampton, 2007, p. 35 ss.

(24)

119

Round viene adottato lo Standard code, il primo accordo dedicato alle barriere di tipo non tariffario, attraverso il quale si disciplinano l’applicazione e l’adozione delle disposizioni normative, le procedure di valutazione di conformità, i sistemi di certificazione, l’assistenza tecnica e l’informazione

87

. Tale Round assume netta importanza anche perchè è il propulsore di un notevole cambiamento istituzionale che prevede la concessione, ai Paesi in via di sviluppo, di una deroga decennale per quanto riguarda la clausola della nazione più favorita al fine di permettere la realizzazione di un sistema di preferenze generalizzate che consenta l’adozione di dazi preferenziali non reciproci sulle loro esportazioni.

Sarà con l’Uruguay Round (1986-94) che i 123 membri decidono di creare il WTO, rafforzando la struttura istituzionale del GATT ed estendendone l’ambito di competenza. Alla debolezza del regime vigente si contrappone un sistema che, da un lato, elimina la frammentarietà che ha caratterizzato l’epoca precedente e, dall’altro, suddivide la materia in due diversi accordi: quello sugli ostacoli tecnici degli scambi  Technical Barriers to Trade  e quello sulle misure sanitarie e fitosanitarie  Sanitary and Phitosanitary Measures .

Questi intervengono e introducono un certo livello di discontinuità rispetto al modello proprio del GATT, incentrato sulla liberalizzazione degli scambi attraverso l’eliminazione delle misure nazionali discriminatorie. Tali atti, procedono, dunque, verso un sistema di armonizzazione, al quale consegue l’estensione a tutti i membri  da intendersi anche come enti locali e entità non governative , delle disposizioni normative elaborate dagli enti extra-nazionali di standardizzazione.

Ruolo fondamentale è quello svolto dal processo di normatizzazione, che sposta su un piano più tecnico la liberalizzazione degli scambi, incentradola sull’adozione di standard comuni e producendo la realizzazione di

87 V. Boisson de Heiskanen, The Regulatory Philosophy of International Trade Law, in LWT, 2004, pp. 5-6.

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120

una governance multilivello nella quale i beneficiari e i destinatari degli obblighi annoverano anche entità distinte da quelle statali

88

.

Al termine di tale processo, durante la Conferenza ministeriale di Marrakech, il 15 aprile 1994, si assiste alla sottoscrizione dei cosiddetti Accordi di Marrakech, con i quali si diede vita all’Organizzazione mondiale del commercio.

3.2 Le regole del commercio internazionale e l’insorgere di controversie Tutti i membri dell’OMC devono garantire verso gli altri membri dell’organizzazione lo status di most favourite nation: le condizioni applicate al paese più favorito, ossia quello cui sono applicate il minor numero di restrizioni.

Ciò costituisce, insieme al divieto di quote all’importazione, all’esportazione e alla riduzione progressiva dei dazi, uno dei fondamenti su cui il GATT e il WTO hanno strutturato la loro politica volta a favorire il commercio internazionale, mediante la liberalizzazione dello stesso.

Nel WTO, gli Stati-membri negoziano i livelli massimi che un dazio doganale può raggiungere, il quale si considera consolidato una volta depositato. Vige comunque, la possibilità di aumentarlo, previa compensazione dei paesi esportatori del bene in riferimento e mediante una diminuzione dei dazi su ulteriori beni dei paesi che più esportano il prodotto colpito.

Regole specifiche sono previste in materia di trasparenza, attraverso la previsione di licenze di importazione, che consistono in una autorizzazione governativa, al fine di importare un certo prodotto. Gli stessi paesi membri hanno l’onere di non discriminazione dei prodotti simili, il quale deve essere equiparato a quello nazionale.

88 V. Boisson de Chazournes, Standards et normes techniques dans l’ordre juridique contemporain: quelques rèflexions, in Boisson de Chazournes e Kohen, International law and the quest for its implementation: Liber amicorum, Vera Gowlland-Debbas, Leiden/Boston, 2010, p. 350 ss.

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