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2. Interazioni farmacologiche e reazioni avverse ai farmaci (ADR).

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Capitolo primo

1. La farmacocinetica e la farmacodinamica nel paziente anziano: le alterazioni organiche che influenzano la risposta al farmaco.

L’invecchiamento della popolazione pone problematiche farmacologiche specifiche in quanto nel paziente anziano sono prevalenti patologie

croniche che richiedono spesso il ricorso ad una polifarmacoterapia, aumentando così il rischio per queste persone di incorrere in reazioni avverse ed in esiti sfavorevoli. Conoscere, quindi, come l’età influenzi la farmacocinetica e la farmacodinamica risulta fondamentale per ottimizzare al meglio la terapia farmacologica. Nel considerare l’impatto

dell’invecchiamento, che in ogni caso comporta la progressiva

compromissione della riserva funzionale di organi e sistemi, bisognerebbe, inoltre, separare gli anziani in buona salute da quelli cosiddetti “fragili”, un sottogruppo di pazienti nei quali non è l’età di per se, ma la presenza di patologie multiple ad essere responsabile delle variazioni farmacocinetiche e farmacodinamiche osservate [12].

Nonostante sia riconosciuto che gli anziani possano mostrare una maggiore alterazione nella risposta ai farmaci rispetto ai pazienti più giovani, è da sottolineare che i primi sono generalmente esclusi dalle sperimentazioni cliniche che precedono la messa in commercio di un farmaco: ne consegue che le linee guida utilizzate in pratica medica derivanti dai trial clinici pre-marketing hanno un’utilità limitata nei

pazienti geriatrici. Infatti, i pazienti anziani sono poco rappresentati negli studi clinici randomizzati e questo fenomeno rallenta inevitabilmente il progresso della conoscenza sugli effetti che i processi biologici

dell’invecchiamento e le patologie età-correlate determinano sulla risposta ai farmaci [13].

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1.1. Cambiamenti farmacocinetici correlati all’età.

L’invecchiamento può alterare i processi di assorbimento, distribuzione, metabolismo ed eliminazione di un farmaco (spesso indicati con

l’acronimo ADME).

Nella Tabella 1 sono riassunti i principali cambiamenti fisiologici età- correlati con le relative conseguenze farmacocinetiche nel paziente geriatrico.

Tabella 1. – Cambiamenti fisiologici età correlati e conseguenze farmacocinetiche nel paziente geriatrico [12].

Parametro Cambiamento fisiologico Effetto farmacocinetico

Assorbimento

Aumento pH gastrico

Svuotamento gastrico ritardato

Lieve riduzione dell’assorbimento (raramente clinicamente rilevante)

Diminuito flusso ematico splancnico

Ridotta superficie di assorbimento Ridotta motilità gastrointestinale

Distribuzione Aumento del grasso corporeo Aumento V e t1/2 di farmaci lipofili Riduzione della massa magra

Riduzione dell’acqua corporea totale

Aumento concentrazione plasmatica di farmaci idrofili

Riduzione albumina serica Aumento frazione libera nel plasma di farmaci acidi altamente legati alle proteine Aumento della a1-glicoproteina

acida

Riduzione frazione libera nel plasma di farmaci basici

Metabolismo Riduzione flusso ematico epatico Metabolismo di primo passaggio meno efficace

Riduzione massa epatica Metabolismo di fase I lievemente ridotto per alcuni farmaci

Eliminazione Riduzione flusso ematico renale Riduzione filtrazione glomerulare

Eliminazione renale dei farmaci ridotta in percentuali diverse

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1.1.1. Assorbimento del farmaco.

Con l’avanzare dell’età, a livello gastrointestinale si possono verificare delle alterazioni che vanno a ridurre l’assorbimento di tutti quei farmaci assimilati dall’organismo con un meccanismo di trasporto attivo (ad esempio ferro, calcio, vitamina B12). Tali modificazioni riguardano principalmente il tempo di svuotamento gastrico, la secrezione acida gastrica, la motilità e il flusso ematico, che subiranno una riduzione o un rallentamento della funzionalità. Nel caso di farmaci assorbiti per

diffusione passiva (come, ad esempio, gli antiaritmici), l’entità

dell’assorbimento resta invariata. Nella pratica clinica sono pochi i farmaci che subiscono una significativa riduzione dell’assorbimento, quindi le eventuali modifiche risultano di scarsa rilevanza.

1.1.2. Metabolismo di primo passaggio e biodisponibilità.

Durante il processo di invecchiamento si può avere una riduzione del metabolismo di primo passaggio epatico, a causa della diminuzione della perfusione e della massa del fegato; come diretta conseguenza si avrà un aumento o una diminuzione della biodisponibilità di un farmaco in base alle sue caratteristiche. La biodisponibilità dei farmaci polari e idrosolubili non subisce variazioni correlate all’età perché tali farmaci non subiscono un’elevata metabolizzazione presistemica; i farmaci liposolubili al

contrario subiscono una marcata estrazione epatica per cui anche una piccola variazione nella funzionalità può provocare una variazione della biodisponibilità ed un esteso metabolismo di primo passaggio (per questi farmaci sono consigliati dosaggi iniziali inferiori).

Al contrario, l’attivazione di primo passaggio di alcuni pro-farmaci (ad esempio, enalapril) potrebbe essere rallentata fino a causare una ridotta biodisponibilità del farmaco.

1.1.3. Distribuzione.

Con l’avanzare dell’età si verificano cambiamenti significativi nella composizione del corpo umano, come una progressiva riduzione della massa magra e dell’acqua corporea totale. Ciò si traduce in un aumento relativo del tessuto adiposo in rapporto al peso corporeo totale: è stimato

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che esso aumenti tra il 18% ed il 36% negli uomini e tra il 33% ed il 45%

nelle donne. Di conseguenza, nel paziente geriatrico la distribuzione dei farmaci polari ed idrosolubili, come digossina, aminoglicosidi, teofillina e litio, si riduce perché ha un minor volume apparente di distribuzione ed un’elevata concentrazione plasmatica. In questo caso la riduzione del volume di distribuzione tende ad essere bilanciata da una riduzione della clearance renale, con un minore effetto sull’emivita di eliminazione.

Viceversa, i farmaci liposolubili, come, ad esempio, diazepam,

benzodiazepine e amiodarone, sono meno solubili in acqua, quindi il loro volume di distribuzione aumenta con l’età e provoca un aumento

dell’emivita di eliminazione, con conseguente prolungamento dell’azione farmacologica e aumento del rischio di effetti avversi.

Il processo di invecchiamento comporta anche alcune variazioni

riguardanti il legame del farmaco con le proteine plasmatiche. Con l’età si vanno a ridurre i livelli di albumina sierica per cui i farmaci con

caratteristiche debolmente acide, come il warfarin, i salicilati e la

fenitoina, verranno meno legati e saranno quindi più disponibili a svolgere la loro azione farmacologica (nei pazienti anziani e in buona salute,

comunque, questo effetto è minimo). Viceversa, i livelli plasmatici di alfa- 1- glicoproteina acida aumentano con l’età per cui i farmaci basici come i betabloccanti, gli antidepressivi e gli antipsicotici mostrano un maggior legame proteico nei pazienti geriatrici. Tutte queste variazioni sembrano comunque avere una scarsa rilevanza clinica, ad eccezione dei casi in cui i farmaci impiegati abbiano un elevato legame con le proteine plasmatiche, un basso volume di distribuzione ed un indice terapeutico ristretto.

1.1.4. Metabolismo epatico.

Durante il processo di invecchiamento si possono evidenziare anche delle lievi variazioni fisiologiche a livello epatico, lievi perché il fegato ha una discreta capacità di rigenerarsi e mantenere le sue funzioni nel tempo.

Queste alterazioni, come la riduzione del flusso ematico all’organo e la diminuzione della massa epatica, possono produrre delle variazioni

specialmente sull’eliminazione dei farmaci ad alta clearance. La clearance del farmaco dipende dalla capacità del fegato di metabolizzare il farmaco stesso dal sangue che passa attraverso l'organo (rapporto di estrazione epatica). I farmaci possono essere classificati in tre gruppi in base al loro

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rapporto di estrazione (E): alto (E > 0,7, come destropropossifene,

lidocaina, petidina e propranololo), intermedio (0,3< E< 0,7, come acido acetilsalicilico, codeina, morfina, e triazolam) e basso rapporto di

estrazione (E <0,3, come carbamazepina, diazepam, fenitoina, teofillina e warfarin). Quando E è alto, la clearance dipende solo dal flusso

sanguigno. Quando E è basso, i cambiamenti nel flusso sanguigno

producono piccoli cambiamenti nella clearance. Pertanto, la riduzione del flusso sanguigno epatico con l'invecchiamento colpisce principalmente la clearance dei farmaci con un elevato rapporto di estrazione.

Oltre che dal flusso ematico, la clearance epatica dipende anche

dall’attività di enzimi responsabili della biotrasformazione del farmaco. La maggior parte dei farmaci è metabolizzata attraverso reazioni di fase I dipendenti dall’enzima citocromo P-450 (ossidazione e riduzione) e/o

meccanismi di fase II (glucuronidazione e acetilazione). Le reazioni di fase I sembrano subire una riduzione con l’avanzamento dell’età, mentre le reazioni di fase II non appaiono alterate negli anziani in buona salute.

Come conseguenza, nei soggetti anziani si evidenziano alterazioni della clearance soprattutto per quei dei farmaci che subiscono un elevato

metabolismo di fase I (molti farmaci comunque non sono coinvolti in uno solo di questi meccanismi ma spesso subiscono sia in reazioni di fase I che di fase II). Ad esempio, il diazepam non è un farmaco completamente sicuro per il soggetto anziano perché va incontro a metabolismo ossidativo e in parte viene anche biotrasformato in un metabolita attivo, il

desmetildiazepam, aumentando notevolmente la sua emivita e

prolungandone così l’azione. Altre benzodiazepine, come ad esempio il lorazepam, subiscono principalmente reazioni di coniugazione e non

vengono convertite in metaboliti attivi, per cui presentano un metabolismo inalterato e sono più adatte al paziente geriatrico.

Caso a parte è quello dei soggetti fragili nei quali l’attività degli enzimi epatici può essere significativamente depressa, con conseguente aumento delle concentrazioni plasmatiche dei farmaci e del rischio di comparsa di reazioni avverse.

1.1.5. Eliminazione renale.

Durante l’invecchiamento sia la capacità funzionale che quella di riserva del rene diminuiscono a causa di cambiamenti strutturali che riguardano soprattutto la massa e la fisiologia del rene (assottigliamento dell’intima

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vascolare intrarenale, riduzione del numero di glomeruli, infiltrazione di cellule infiammatorie croniche e fibrosi nello stroma).

La maggior parte dei farmaci polari o dei loro metaboliti è eliminata a livello renale dopo filtrazione glomerulare.La funzione tubulare renale alterata potrebbe inoltre condurre ad una compromissione del trasporto di acqua, sodio e glucosio negli anziani. È stato calcolato un calo della

filtrazione glomerulare approssimativamente di 8 mL/min per decade, dopo l’età di 30 anni. Di conseguenza, una persona di età superiore ai 70 anni potrebbe avere una riduzione della funzionalità renale del 40-50%.

A causa di queste alterazioni età- correlate, molti farmaci possono accumularsi raggiungendo livelli tossici per il paziente anche se somministrati a dosaggi normali (ad esempio digossina e amiloride).

La determinazione della clearance della creatinina può essere utile per decidere se sia necessario ridurre il dosaggio di un determinato farmaco nei pazienti anziani, ma questo dovrebbe essere associato a monitoraggio terapeutico, se disponibile, specialmente nei casi di principi attivi a basso indice terapeutico.

1.2 Cambiamenti farmacodinamici correlati all’età.

L’entità dell’effetto di un farmaco dipende sicuramente dalla

concentrazione del farmaco stesso a livello del sito d’azione (canali ionici, recettori, trasportatori di membrana) ma anche dal numero dei recettori, dal grado di occupazione recettoriale, dalla risposta del secondo

messaggero e dai processi che si innescano per regolare l’equilibrio funzionale di origine.

La risposta di ogni singolo individuo ad una definita dose di farmaco può variare con l’avanzare dell’età a causa di importanti cambiamenti dei processi farmacodinamici, i quali principalmente dipendono dalla compromissione dei meccanismi omeostatici e da variazioni a livello cellulare e recettoriale. Tali variazioni comunque possono essere correlate ai cambiamenti farmacocinetici o essere indipendenti da loro: è probabile che si dovranno effettuare aggiustamenti di dosaggio in un paziente

anziano a causa delle modifiche farmacodinamiche, anche se la sua farmacocinetica non risulta alterata.

L’età avanzata comporta anche delle modifiche nell’organo bersaglio, principalmente con la perdita delle unità funzionali deputate a svolgere le

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attività fisiologiche specifiche dell’organo di cui fanno parte (ad esempio, nefroni, neuroni e alveoli) ma anche con la soppressione di molti dei

processi che regolano l’interazione tra cellule ed organi.

Dal punto di vista cellulare, possono subire variazioni anche tutti quei meccanismi atti a mantenere i processi omeostatici per cui, con l’avanzare dell’età, si può avere una forte alterazione della risposta al farmaco ed effetti collaterali generalmente lievi possono avere conseguenze cliniche gravi negli anziani. Questi processi includono lo stress ossidativo, la disfunzione mitocondriale, l’apoptosi e vari meccanismi genetici.

È inoltre da specificare che l’effetto dell’età sulla sensibilità ai farmaci varia da principio attivo a principio attivo, per cui generalizzazioni in tale ambito sono spesso difficili. Alcune importanti modifiche

farmacodinamiche legate all'età sono illustrate nella Tabella 2.

Droga Effetto farmacodinamico Cambiamento legato all’età

Antipsicotici Sedazione, sintomi

extrapiramidali,

aumento dell’effetto Benzodiazepine Sedazione, influenza posturale Aumento dell’effetto

beta agonisti Broncodilatazione Diminuzione dell’effetto

beta bloccanti Effetti antiipertensivi Diminuzione dell’effetto Antagonisti della vitamina k Effetti anticoagulanti Aumento dell’effetto Furosemide Risposta diuretica di picco Diminuzione dell’effetto Morfina Effetti analgesici, sedazione Aumento dell’effetto

Propofol Effetto anestetico Aumento dell’effetto

Verapamile Effetto antiipertensivo Aumento dell’effetto

Tabella 2. - Cambiamenti farmacodinamici selezionati con l'invecchiamento [14].

Nei paragrafi seguenti vengono descritte alcune categorie di farmaci per i quali si osserva una variazione della risposta nei pazienti geriatrici.

È comunque da sottolineare che, soprattutto per quanto riguarda il paziente geriatrico, non sono presenti molti studi per valutare le alterazioni

farmacodinamiche con un impatto rilevante nella pratica clinica; è, quindi, necessario implementarli per permettere di poter sviluppare una miglior terapia farmacologica nell’immediato futuro.

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1.2.1. Farmaci che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale.

Molte droghe che colpiscono il sistema nervoso centrale causano una risposta esagerata nelle persone anziane e sembra che questo sia dovuto soprattutto a modifiche subite da alcuni processi biochimici che

coinvolgono cambiamenti ormonali, neurotrasmettitori, recettori e

alterazioni nelle riserve di glucosio ed ossigeno dovute alla riduzione del flusso ematico cerebrale. I pazienti anziani quindi sono particolarmente suscettibili a reazioni avverse da neurolettici, come disturbi

extrapiramidali, ipotensione ortostatica e aritmia. Gli agenti con effetti anticolinergici possono anche compromettere la cognizione e

l'orientamento nei pazienti con deficit colinergico come quelli con malattia di Alzheimer.

L'età avanzata è anche associata ad una maggiore sensibilità agli effetti del sistema nervoso centrale delle benzodiazepine; ad esempio nelle persone anziane il diazepam induce sedazione ad un dosaggio inferiore rispetto a quello necessario nei soggetti più giovani (da un punto di vista clinico è stata notata una forte correlazione tra l’uso di benzodiazepine e rischio di cadute e fratture all’anca). Anche gli effetti degli analgesici oppioidi sembrano accentuarsi nei soggetti geriatrici (la sensibilità degli oppioidi aumenta di circa il 50%). Gli agenti anestetici mostrano generalmente un aumento della sensibilità negli anziani. Ad esempio, la sensibilità al

propofol aumenta con l'età. I bloccanti neuromuscolari non mostrano una maggiore sensibilità, i requisiti di dosaggio inferiori sono principalmente dovuti alla farmacocinetica alterata.

1.2.2. Farmaci che agiscono sull’emostasi.

Numerosi studi hanno dimostrato che la frequenza degli eventi emorragici associati alla terapia con anticoagulanti e alla risposta al warfarin aumenta con l'età e questa è stata associata ad un incremento del rischio di

emorragie nel paziente geriatrico. Ciò è probabilmente dovuto ad una diminuzione della sintesi dei fattori della coagulazione e all’aumentata clearance della vitamina K.

L’effetto anticoagulante dell’eparina non sembra invece modificarsi con l’invecchiamento.

Per quanto riguarda i nuovi anticoagulanti, come dabigatran, rivaroxaban e apixaban, i prescrittori dovrebbero essere consapevoli delle differenze tra

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gli studi controllati e la pratica quotidiana, in particolare per quanto riguarda gli eventi avversi da farmaco, perché sono pochi gli studi effettuati sul paziente anziano.

1.2.3. Farmaci che agiscono sull’apparato cardiovascolare.

Nei pazienti geriatrici si possono riscontrare cambiamenti nel processo di trasduzione del segnale e nella downregulation dei recettori beta-

adrenergici che comportano una ridotta sensibilità ai farmaci

betabloccanti. Il numero totale di recettori sembra non variare, ma gli eventi del postrecettore sono cambiati a causa di alterazioni dell'ambiente intracellulare.

Sembra che l’avanzare dell’età comporti anche delle variazioni nelle

risposte ai farmaci calcio-antagonisti. La somministrazione endovenosa di diltiazem, amplodipina o verapamil, è stata associata ad un maggior effetto ipotensivo in questa categoria di pazienti rispetto a quello evidenziato nei soggetti più giovani. Ciò potrebbe essere spiegato da una maggiore

sensibilità agli effetti inotropi e vasodilatanti negativi del verapamil, oltre che alla diminuita sensibilità dei barorecettori. Diltiazem mostra anche cambiamenti legati all'età nel metabolismo, ma questi cambiamenti non sembrano influenzare la pressione arteriosa o la risposta alla frequenza cardiaca.

È stata dimostrata una elevata sensibilità per i pazienti geriatrici ai calcio- antagonisti diidropiridinici (es. amlodipina, nifedipina) con effetti

transitori e che si normalizzano entro 3 mesi. È stata ipotizzata una risposta ridotta dei barocettori responsabili della regolazione della pressione [12] [14].

2. Interazioni farmacologiche e reazioni avverse ai farmaci (ADR).

2.1. Considerazioni generali e classificazione delle ADR.

Gli anziani, a causa delle alterazioni fisiologiche dovute al processo di invecchiamento, che comportano cambiamenti nella farmacocinetica e nella farmacodinamica e quindi nella risposta ai trattamenti farmacologici,

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rappresentano la popolazione maggiormente sensibile alle interazioni e alle reazioni avverse da farmaci [15].

Generalmente, con il termine di “reazione avversa al farmaco” (Adverse Drug Reactions - ADR) si indicano gli effetti nocivi e non voluti

conseguenti all’utilizzo di un medicinale; tale definizione, che è

indipendente dal tipo di uso del medicinale, comprende anche gli eventi avversi derivanti da errore terapeutico, abuso, misuso, sovradosaggio ed esposizione professionale.

Le ADR possono essere classificate in:

• Reazioni avverse di tipo A (Augmented): possono dipendere da un aumento dell’azione farmacologica o da un’azione del farmaco su un sito diverso da quello su cui si voleva agire. Sono reazioni comuni, prevedibili e quindi anche evitabili che dipendono dalla dose e dalle caratteristiche del farmaco; pertanto, sono generalmente gestibili con una riduzione della dose o una graduale sospensione del farmaco.

Sono riproducibili con facilità in ambito sperimentale e per questo sono spesso note prima della messa in commercio del farmaco stesso; sebbene frequenti, generalmente non sono causa di decesso del paziente. Antibiotici, anticoagulanti, digossina, diuretici, agenti ipoglicemici, agenti antineoplastici e farmaci antinfiammatori non steroidei sono i principali responsabili di ADR di questo tipo.

• Reazioni avverse di tipo B (Bizzarre): diversamente dalle precedenti non sono riconducibili all’attività farmacologica del farmaco ma sono spesso di natura immunologica, idiosincrasica o allergica. Sono quindi imprevedibili e indipendenti dalla dose, difficili da riprodurre sperimentalmente e per questo non sono di semplice identificazione prima della messa in commercio del farmaco.

In questi casi, oltre alla sospensione immediata del farmaco, si rende necessario evitarne la somministrazione in futuro. La gravità di tali reazioni può andare da manifestazioni minori (es. esantemi cutanei da antibiotici) a quadri clinici potenzialmente letali (es. reazioni anafilattiche o anafilattoidi, ipertermia maligna o discrasie ematiche).

• Reazioni avverse di tipo C (Chronic): sono reazioni dipendenti dall’uso di farmaco per un lungo periodo di tempo e possono caratterizzarsi come una vera e propria malattia cronica o come

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una aumentata incidenza di una malattia verso cui esiste già una predisposizione individuale (es. aumento di incidenza di tumori della mammella, complicanze tromboemboliche indotte da

contraccettivi orali). Sono dose e tempo indipendenti, necessitano di diverso tempo per essere correlate al farmaco che le provoca, ma una volta individuate possono essere prevenute (ad esempio, discinesia tardiva da un uso protratto di neurolettici).

• Reazioni avverse di tipo D (Delayed): reazioni ad insorgenza tardiva e ritardata rispetto alla terapia farmacologica imputata come causa dell'ADR (ad esempio, la comparsa di sintomi parkinsoniani a seguito dell’uso prolungato di antipsicotici). Non è possibile

osservarle nelle fasi della sperimentazione pre-marketing e non è facile riconoscerne l’origine farmacologica.

Reazioni avverse di tipo E (End of use): sono reazioni poco frequenti e dipendono dalla sospensione del farmaco, spesso effettuata in

modo brusco. Si correggono in genere con la risomministrazione del farmaco stesso, seguita da una sospensione graduale (ad esempio, tachicardia e ipertensione da sospensione di betabloccanti).

Reazioni avverse di tipo F (Failure): rappresentano gli inaspettati insuccessi terapeutici di un farmaco. Spesso sono legate ad

interazione fra farmaci ma possono dipendere anche da errori nel processo di produzione di un lotto di farmaco o da polimorfismi genetici del singolo individuo. Un esempio è la riduzione dell’effetto anticoagulante del warfarin a seguito di concomitante assunzione di carbamazepina [16] [17].

Molti quadri clinici che si presentano comunemente nei pazienti anziani possono essere la manifestazione di una interazione tra farmaci e/o reazione avversa da farmaco. A causa delle modifiche fisiologicamente legate al processo di invecchiamento, gli anziani sono di per sé più suscettibili alle interazioni farmacologiche rispetto ai soggetti giovani, anche se uno dei principali responsabili di tali interazioni è l’uso di un numero elevato di farmaci a causa di più patologie concomitanti. Gli

effetti delle interazioni e le ADR si possono presentare in modo aspecifico

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nei pazienti anziani, poiché spesso assumono i contorni di una

riacutizzazione di una patologia preesistente o di una comune sindrome geriatrica, come per esempio delirium, confusione mentale, depressione, costipazione, incontinenza, disturbi dell’equilibrio, ipotensione o cadute [15]. La Tabella 3 mostra alcuni degli effetti avversi comuni negli anziani [14].

Farmaco reazione avversa al farmaco

Anticonvulsivanti Sonnolenza

farmaci antiparkinsoniani allucinazioni, ipotensione posturale

farmaci antipsicotici sonnolenza, disturbi del movimento e cadute

antagonisti della vitamina K Emorragia

Digossina nausea, bradicardia, cadute

Litio delirio, nausea, atassia, nefrotossicità da

sonnolenza, disturbi della tiroide

Oppioidi stitichezza, sonnolenza, cadute

Sulfaniluree ipoglicemia, cadute

antidepressivi triciclici sonnolenza, ipotensione posturale, disturbi del movimento e cadute

verapamile, diltiazem Bradicardia, ipotensione, stitichezza, cadute Tabella 3 – Reazioni avverse al farmaco comuni negli anziani [14].

2.2. Epidemiologia delle interazioni farmacologiche.

Si verifica un’interazione tra due o più farmaci quando la loro

contemporanea somministrazione comporta effetti diversi da quelli attesi con la somministrazione di uno dei due singolarmente. Queste interazioni farmacologiche generalmente hanno conseguenze negative nei pazienti:

possono provocare ad esempio l’insorgenza di reazioni indesiderate o la diminuzione dell’effetto terapeutico di uno dei farmaci cosomministrati. In alcune situazioni invece possono determinare un potenziamento

dell’azione farmacologica: questo aspetto è ben sfruttato nelle

chemioterapie, nelle terapie antibiotiche e in quelle immunosoppressive dove è spesso consigliabile la deliberata somministrazione di farmaci che agiscono con differenti meccanismi d’azione al fine di potenziare

l’efficacia terapeutica.

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Numerosi studi epidemiologici hanno dimostrato che gli anziani, essendo spesso colpiti da patologie croniche concomitanti, hanno un rischio di sviluppare interazioni farmacologiche e reazioni avverse quasi doppio rispetto ai soggetti più giovani. Nonostante questo, sono ancora pochi gli studi che hanno valutato l’impatto e il reale significato clinico delle

interazioni nei pazienti della terza e quarta età. La maggior parte di essi fanno infatti riferimento alle potenziali interazioni, raccolte a partire dalle cartelle cliniche ambulatoriali o ospedaliere su pazienti domiciliari o

ospedalizzati. Inoltre la frequenza di queste potenziali interazioni varia dal 6% per i pazienti ambulatoriali al 53% per quelli ospedalizzati, in quanto questi ultimi soggetti sono spesso trattati con complessi regimi terapeutici, per altro non sempre necessari, a causa dell’elevato numero di patologie croniche.

In uno studio condotto su pazienti anziani arruolati in sei Paesi Europei, il numero medio di farmaci utilizzati risulta 7 e nel 46% dei pazienti è

presente almeno una potenziale interazione considerata grave nel 10%

dell’intero campione di popolazione. Inoltre, la prevalenza di interazioni potenzialmente pericolose aumenta dal 7,8% dei soggetti di età inferiore ai 55 anni al 18,4% rilevato negli ultrasessantacinquenni.

Il numero di farmaci non è però l’unico fattore di rischio di interazioni farmaco-farmaco: ad aumentare la probabilità di tali interazioni

contribuiscono anche il numero di medici consultati dal paziente e la contemporanea assunzione di farmaci a effetto ipotensivo, sedativo o anticolinergico additivo.

I soggetti maggiormente a rischio di interazioni tra farmaci sono senza dubbio coloro che necessitano di una politerapia per patologie

concomitanti (croniche e non) ma anche i pazienti con insufficienza

d’organo e gli anziani che risentono delle modificazioni farmacocineticge e farmacodinamiche dovute all’avanzare dell’età. Il rischio di interazioni aumenta inoltre quando vengono utilizzati farmaci che agiscono sullo stesso sito d’azione o sullo stesso distretto anatomico. Infine è opportuno sottolineare che i farmaci il cui indice terapeutico, ovvero il rapporto tra effetti terapeutici ed effetti tossici, è particolarmente piccolo sono

estremamente sensibili ad interferenze con altri farmaci (nella Tabella 4 sono elencati alcuni esempi di interazioni farmacologiche rilevanti per i pazienti geriatrici).

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Le interazioni più frequentemente responsabili di ospedalizzazione o con esito fatale sono quelle in cui sono coinvolti i FANS, gli antiaggreganti piastrinici e gli anticoagulanti orali in combinazione tra loro.

Per quanto concerne i pazienti ospedalizzati, particolare attenzione

dovrebbe essere posta soprattutto alle fasi iniziali di un nuovo trattamento:

è infatti stato osservato un aumentato rischio di ospedalizzazione dovuto a interazioni clinicamente rilevanti tra i pazienti anziani che vengono

dimessi con interazioni generate durante il ricovero o in fase di dimissione e sulle quali non è stata posta la dovuta attenzione nell’aggiustamento dei dosaggi, nei monitoraggi richiesti o nella scelta dei principi attivi. Da ricordare a tal proposito alcuni esempi di frequente osservazione clinica:

l’uso di claritromicina nella settimana precedente è significativamente associato al ricovero in ospedale per intossicazione digitalica, l’uso di cotrimossazolo è connesso al ricovero per ipoglicemia, l’uso di diuretici risparmiatori di potassio associati ad ACE- inibitori è correlato a ricovero per iperkaliemia.

Farmaco farmaco interagente Effetto

ACE- inibitori FANS iperkaliemia,riduzione della

funzionalità renale Antiipertensivi FANS, vasodilatatori,

antidepressivi, antipsicotici

ipotensione posturale

acido acetilsalicilico FANS ulcera peptica

corticosteroidi per via orale FANS ulcera peptica

Digitale diuretici, chinidina,

verapamile, diltiazem

intossicazione digitalica

Felodipina succo di pompelmo aumento della biodisponibilità

Metformina Risperidone ridotto effetto ipoglicemizzante

Chinoloni FANS crisi epilettiche

sedativo-ipnotici Etanolo eccessiva sedazione

Tetracicline antiacidi, ferro ridotta biodisponibilità

Warfarin fenilbutazone, acido

acetilsalicilico, metronidazolo

Emorragia

Sulfaniluree sulfafenazolo,

cloramfenicolo, warfarin, fenilbutazone

Ipoglicemia

Tabella 4 – Esempi di interazioni farmacologiche nell’anziano [18].

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Anche le interazioni farmaco-patologia rivestono particolare rilevanza clinica nell’anziano. Dal momento che la comorbidità e la corrispondente polifarmacoterapia che ne consegue rappresentano una costante nella pratica clinica geriatrica, non si può ignorare la possibilità che alcuni farmaci possano determinare una riacutizzazione di patologie croniche.

Tra le più comuni interazioni farmaco-patologia sono da menzionare l’uso contemporaneo di calcio antagonisti di prima generazione in pazienti con coronaropatia, l’uso di acido acetilsalicilico in pazienti con ulcera peptica e l’uso di calcio antagonisti in pazienti con scompenso cardiaco

congestizio.

Il processo di attribuzione o esclusione di un evento avverso ad un

farmaco può essere, dunque, molto complicato e difficile e non deve essere gestito con superficialità e in maniera poco approfondita. Questo processo di attenta valutazione è essenziale se si vuole evitare il rischio di

prescrivere una errata terapia o un secondo farmaco per curare o inibire un sintomo insorto a seguito della prescrizione di un altro farmaco,

determinando la cosiddetta “cascata prescrittiva”.

Infine, è utile ricordare che non tutte le interazioni tra farmaci richiedono necessariamente la sospensione di uno dei due farmaci; molte volte può essere sufficiente un aggiustamento del dosaggio o delle modalità/tempi di somministrazione, in particolare per le interazioni che avvengono a livello dell’assorbimento gastrointestinale. Di fronte ad un soggetto anziano in politerapia, è da sottolineare il ruolo essenziale della valutazione del rischio di potenziali interazioni, al fine di identificare i potenziali farmaci responsabili, i possibili effetti indesiderati ed eventualmente i parametri clinici da monitorare [15] [18] [19].

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