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Conclusioni
Nella tesi ho tentato di analizzare il divorzio e le sue conseguenze sui membri della famiglia, mettendo a fuoco quelle che, a mio parere, sono le dinamiche essenziali del processo stesso di separazione.
Nella prima parte dell’elaborato, abbiamo visto come le strutture familiari siano cambiate, o per meglio dire, aumentate nel corso dei secoli.
A questo punto siamo in grado di affermare che la causa diretta di tali trasformazioni non è tanto l’instabilità coniugale in sé per sé, quanto piuttosto i numerosi e repentini mutamenti socio culturali che hanno riguardato il nostro Paese, e non solo, nel corso degli ultimi secoli.
L’instabilità coniugale, come la conosciamo al giorno d’oggi, è sì una
causa, ma soprattutto una conseguenza dei numerosi cambiamenti subiti
dalla società: le speranze di vita notevolmente aumentate grazie allo
sviluppo tecnologico e sanitario degli ultimi decenni hanno fatto si che la
fine del vincolo coniugale non fosse più collegata alla morte di uno dei
due coniugi, quanto piuttosto alle maggiori tensioni e possibilità di
conflitto che ci si ritrova per forza di cose a dover affrontare in
matrimoni di gran lunga più duraturi; dal punto di vista legislativo la
concezione di divorzio rimedio e non più sanzione, che ha fatto il suo
ingresso nel nostro Paese con maggior celerità rispetto ad altri paesi
europei, ha reso molto più semplice anche per le mogli ricorrere alla
separazione; le esigenze personali dei membri della famiglia sono iniziate
a cambiare soprattutto per le donne, che hanno conosciuto l’indipendenza
lavorativa ed economica rispetto al marito, non erano più solamente
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“l’angelo del focolare” il cui unico dovere era quello di accudire i figli, il marito e la casa, bensì sono divenute consapevoli della propria capacità intellettiva e pratica tanto da riuscire ad entrare nel mondo del lavoro a testa alta, ricoprendo anche ruoli un tempo riservati solo agli uomini.
Nell’analizzare le trasformazioni avvenute nella famiglia e le motivazioni alla base della scelta di interrompere il legame coniugale, penso di essere riuscita a dimostrare che anche e soprattutto il divorzio, come tutti i fenomeni sociali, sia legato a filo doppio con le trasformazioni sociali, economiche e giuridiche del Paese di riferimento, ciò non esclude quindi che nel futuro il fenomeno subirà ulteriori mutamenti.
Studiando le dinamiche del fenomeno ho scelto di soffermarmi maggiormente sugli effetti che ricadono sulla famiglia, in particolar modo sulla prole: nella maggior parte dei casi, infatti, la fine di un legame coniugale riguarda nuclei familiari con figli, che si ritrovano coinvolti in tutta una serie di situazioni, per lo più spiacevoli, senza averne alcuna colpa.
Il mio intento è stato quello di mettere in luce come al giorno d’oggi gli ex coniugi impegnati ad affrontare le dinamiche, di sicuro infelici, della separazione si concentrino molto di più sulle proprie emozioni, sul proprio dolore, sulle proprie ragioni e sugli strumenti legali a loro disposizione per averla vinta sull’ex piuttosto che sui loro figli, anch’essi coinvolti insieme a loro nella separazione, solamente con molti meno mezzi per affrontarla e comprenderla.
Un figlio, specie quando piccolo, non ha le capacità intellettive, emotive
ed esperenziali per comprendere ed affrontare in modo adeguato un
evento “catastrofico” come la separazione dei propri genitori, per tale
123 ragione ha bisogno di un valido sostegno, di una figura che contenga le
proprie ansie e gliele restituisca elaborate in modo corretto, così da poterle usare come “ancora di salvataggio” durante i momenti bui. Tale ruolo dovrebbe essere ricoperto dai genitori i quali sarebbe meglio mettessero da parte, almeno in presenza dei figli, le proprie divergenze e si occupassero del benessere emotivo e psichico dei loro bambini.
Quel che invece accade nella realtà è che i due ex tentino, ognuno a modo suo, di tirare il figlio dalla propria parte mettendo in cattiva luce l’altro, all’interno dei cosiddetti “processi di triangolazione”.
Da situazioni simili possono scaturire diversi effetti, come la cosiddetta PAS o sindrome da alienazione genitoriale, patologia della quale ho volutamente scelto di non parlare nella trattazione in quanto oggetto di dibattito e di esame, sia in ambito scientifico che giuridico e tuttora non riconosciuta dalla maggioranza della comunità scientifica e legale internazionale, di conseguenza il materiale raccolto in merito sarebbe stato molto discutibile.
In questa sede, dato che comunque è capitato che i media la citino parlandone come se fosse una patologia effettivamente diagnosticata, mi limito ad accennarne le linee generali, secondo quelle che sono le teorie dello psichiatra statunitense Richard Gardner.
Egli la definisce come disturbo che insorge nel contesto delle controversie per la custodia dei figli, quando la separazione dà luogo ad aspri conflitti dove i figli divengono armi per ferire l’altro coniuge e vengono attuati comportamenti finalizzati a separarli dall’altro genitore.
Questa patologia sarebbe, secondo lo psichiatra, frutto di una sorta di
lavaggio del cervello operato sui figli dal genitore definito “alienante”,
124 operazione che li porterebbe ad esibire disprezzo continuo e ingiustificato
verso l’altro genitore, detto “alienato”. Il genitore “alienante” opererebbe attraverso l’uso di espressioni denigratorie riferite all’altro genitore, false accuse di trascuratezza e incuria, generando nei figli sentimenti di paura, diffidenza e astio verso l’altro genitore.
A questo punto, sempre secondo la teoria di Gardner, i figli si alleerebbero con il genitore ai loro occhi più sofferente appoggiando la sua visione ed esprimendo, sia in pubblico che in privato, sentimenti di denigrazione e disprezzo verso l’altro genitore.
Chiarisco nuovamente che tale teoria, insieme ai risultati delle ricerche effettuate da Richard Gardner sull’argomento, sono state e continuano tuttora ad essere oggetto di critiche da parte della comunità scientifica, perché mancanti di validità, tant’è che nemmeno il DSM (Manuale Diagnostico e statistico dei disturbi mentali) la riconosce come sindrome o malattia.
Ciò per dimostrare come gli atteggiamenti spesso egoistici messi in atto dai genitori potrebbero causare potenziali effetti devastanti nei loro figli, sia a breve che a lungo termine.
In caso di separazione, dunque, è necessario che i due ex si impegnino il più possibile nel loro ruolo genitoriale, continuando a portare avanti le funzioni genitoriali e affrontando insieme i problemi dei propri figli oppure, se proprio non riescono perché i rapporti tra loro sono troppo tesi, cerchino di non scaricare su di loro la propria rabbia e di mascherare l’astio nei confronti dell’altro genitore in loro presenza.
Al fine di tutelare l’interesse del minore, il legislatore ha introdotto lo
strumento giuridico dell’affido condiviso perché, anche in caso di
125 separazione dei genitori, il figlio ha comunque diritto di mantenere un
rapporto continuativo con entrambe le figure di riferimento, di ricevere da loro cura, educazione e istruzione, continuando a coltivare i legami con le famiglie di origine.
Si affermano, in tal modo, il principio della bigenitorialità, della biparentalità e dell’assoluta parità tra i due genitori per quel che riguarda cura ed educazione della prole.
È questo che intendo quando parlo di “sfide” per la famiglia moderna: di certo non è semplice mantenere un rapporto, per lo meno civile, proprio quando si decide di finirlo, ma è necessario fare uno sforzo e lavorare assieme nell’esclusivo interesse dei figli, i quali continuano ad essere tali qualsiasi cosa accada. Anche dopo la separazione, capiterà molto spesso che i due genitori si troveranno a dover prendere delle decisioni o a fare qualcosa di concreto insieme per il bene dei loro figli: questo perché, per assurdo, è proprio nel momento in cui si decide di dividersi che inizia il percorso più difficile e importante da intraprendere assieme.
In presenza di figli la “famiglia non finisce con la separazione della coppia, in quanto viene sciolto il patto coniugale mentre persiste per tutta la vita il patto genitoriale” 1 .
Per tale ragione è indispensabile che l’impegno genitoriale continui e che, anzi, si intensifichi a seguito e durante il processo di separazione, in modo tale da preservare e rafforzare la capacità di resilienza del figlio coinvolto: un’adeguata vicinanza e il sostegno dei genitori lo aiuteranno ad affrontare questo ostacolo e non solo.
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